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Full text of "Archivio Storico Siciliano"

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in  2009  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/archiviostoricos24soci 


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A 

AECHIYIO 

STOEICO  SICILIANO 

/pubblicazione  periodica 


DELLA 


SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


NUOVA  SERIE,  ANNO  XXIV. 


PALERMO 

TIPOGRAFIA   "   LO    STATUTO 
1899 


612030 


ELENCO 

DEGLI 

UFFICIALI  E  SOCI  DELLA  SOCIETÀ  PER  L'ANNO  1899 


SUA  MAESTÀ  LA  REGINA  MARGHERITA  DLSAVOJA 


UFFICIALI 


PRESIDENTE 

&r.  Ufflc.  Prof.  Aw.  ANDREA  GTIARNERI, 
Senatore  del  Regno 


PRESIDENTE  ONORARIO 

Sua  Eccellenza 

L'Avv.  Francesco  Grispi 

Cavaliere  deW  Ordine  Supremo  della  SS.  Annunziata, 
Deputato  al  Parlamento. 


VICE-PRESIDENTI 

Sua  Eccellenza 

MoNS.  Prof.  Comm.  Vincenzo  Di  Giovanni 

Vescovo  titolare  di  Teodosiopoli, 

Prelato  ordinario  di  S."  Lucìa  del  Mela, 

Membro    del    Consiglio   per  gli   Archivi   di    Stato 

Socio  corrispondente  dell'Istituto  di  Francia. 

Cav.  Uff.  Girolamo  Settimo,  Principe  di  Fitalia 
Oentikiomo  di  Corte  di  S.  M.  la  Regina. 


IT        .  ELENCO   DEI   SOCI 


SEGRETARIO  GENERALE 

Dottor    Cav.    Giuseppe    Lodi 
PìHmo  Archivista  di  Stato. 

VICE-SEGRETARI 

Cav.  Aw.  Carlo  Crispo-Moncada. 
Cav.  Avv.  Giuseppe  Falcone. 

DIRETTORI  DELLE  CLASSI 

Gan.  Cav.   Giuseppe  Beccaria 

Ufficiale  nelV Archivio  dì  Stato 

Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana 

Direttore  della  i"  Classe. 

Bar.  Comm.  Dott.  Raffaele  Starrabba 

Sopraintendente  Direttore  dell'  Archivio  di   Stato 

Vice  Presidente  della  Comm,issione  Araldica  Siciliana 

Direttore  della  2"  Classe. 

Comm.  Prof.  Antonino  Salinas 

Socio  cortHspondente  dell'Istituto  di  Francia 

Miembro  della  Consulta  Araldica  e  della  Comm,issìone  Araldica 

Siciliana 
Direttore  della  3"  Classe. 

CONSIGLIERI 

Prof.  Dott.  Cav.  Salvatore  Salomone-Marino. 

Cav.  Upp.  Dott.  Giuseppe  Tra  vali. 

Dott.  Prof.  Comm.  Giuseppe  Pitrè. 

MoNs.  Comm.  Gioacchino  Di  Marzo. 

Prof.  Cav.  Salvatore  Romano. 

Prof.  Cav.  Alfonso  Sansone. 

TESORIERE 
Comm   ^'A"'>r,RONK  Skiuano 


ELENCO   DEI    SOCI 


BIBLIOTECARIO 

DoTT.  Giuseppe  La  Mantia 

U/Ticiale   neW  Archivio  di  Stato. 

CORPI  MORALI  CHE  HANNO  PRESO  DELLE  AZIONI 

Ministero  dell'Istruzione  Pubblica  per  400  azioni. 
Ministero  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  per  5  azioni. 
Provincia  di  Palermo  per  20  azioni. 
Provincia  di  Catania  per  20  azioni. 
Municipio  di  Palermo  per  100  azioni. 
Municipio  di  Messina  per  10  azioni. 
Municipio  di  Acireale  per  4  a"2ioni. 
Municipio  di  Castrogiovanni  per  4  azioni. 
Municipio  di  Marsala  per  4  azioni. 
Municipio  di  Monte  S.  Giuliano  per  4  azioni. 
Municipio  di  Nicosia  per  4  azioni. 
Municipio  di  Noto  per  4  azioni. 
Municipio  di  Parco  per  4  azioni. 
Municipio  di  Siracusa  per  4  azioni. 
Municipio  di  Termini-Imerese  per  4  azioni. 
Municipio  di  Alcamo  per  2  azioni. 
Municipio  di  Salaparuta  per  1  azione. 
Biblioteca  Fardelliana  di  Trapani  per  4  azioni. 
Biblioteca  Comunale  di  Vicenza  per  4  azioni. 
Biblioteca  Nazionale  di  Napoli  per  4  azioni. 
Biblioteca  Nazionale  Braidense  di  Milano  per  4  azioni. 
Biblioteca  Universitaria  di  Messina  per  4  azioni. 
Biblioteca  Comunale  di  Verona  per  2  azioni. 
Circolo  del  Gabinetto  di  lettura  in  Messina  per  4  azioni. 
Cìrcolo  Bellini  in  Palermo  per  4  azioni. 
Nuovo  Casino  di  Palermo,  per  4  azioni. 
Direzione  dell'Archivio  di  Stato  di  Venezia  per  4  azioni. 
Ufficio  Regionale  per  la  Conservazione   dei    Monumenti  della 
Sicilia  per  4  azioni. 


TI  ELENCO   DEI   SOCI 


CORPI  MORALI  ASSOCIATI  ALLE  PUBBLICAZIONI 
DELLA  SOCIETÀ 

Ministero  dell'Inlerno  per  1  copia  di  ciascuna  pubblicazione. 
Ministero  della  Guerra,  idem  idem 

Camera  dei  Deputati,  idem  idem 

Biblioteca  Palatina  di  Parma,  idem  idem 

Archivio  di  Stato  di  Palermo,  idem  idem 

Archivio   di   Stato  in  Firenze    per  1  copia   del   periodico.. 
Archivio   di   Stato  in  Napoli  idem    idem 

Archivio   di   Stato  in  Cagliari  idem    idem 

Biblioteca  Labronica  di  Livorno  idem    idem 

Biblioteca  Comunale  di  Caltanissetta  idem    idem 

Biblioteca  Comunale  di  Castelvetrano  idem    idem 

E.  d'Oleire  (librairie  Triibner) — Strasburgo    idem    idem. 


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SLKNCO  DH   8001  TU 


PRIMA    CLASSE 


DIRETTORE 

Can.    Gav.   Giuseppe   Beccaria 

Ufficiale  nello  Archivio  di  Stato 
Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana. 

SEGRETARIO 
DoTT.  Carlo  Alberto  Garufl 

SOCI 

Accardi  Cav.  Uff,  Gioacchino  —  Palermo. 

Agnello  Cav.  Prof.  Angelo  —  Palermo. 

Albanese  Cav.  Carlo  —  Palermo. 

Alfani  Cav.  Prof.  Augusto  —  Firenze. 

Amato-Pojero  Gr.  Uff.  Michele,  Senatore  del  Regno — Palermo. 

Ardizzone  Prof.  Matteo  —  Palermo. 

Arenaprimo  Cav.  Giuseppe,  Barone  di  Montechiaro,   Membro 

della  Commissione  Araldica  Siciliajia  —Messina. 
Arezzo  Nob.  Pietro  —  Palermo. 
Armò  Cav.  Gr.  Cord.  Avv.  Giacomo,  Primo  Presidente  di  Corte 

di  Cassazione  a  riposo,  Senatore  del  Regno  —  Palermo. 
Atenasio  Barone  Francesco  Paolo  —  Palermo. 
Avarna  Nicolò,  Duca  di  Gualtieri  —  Palermo. 
Avellone  Avv.  Salvatore— Palermo. 
Battaglia  Dott.  Antonio  —  Termini-Imerese. 
Battaglia  Anton  Giuseppe  —  Termini-Imerese. 
Beccaria  Can.  Cav.  Giuseppe,  Ufficiale  nell'Archivio  di  Staio, 

Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana — Palermo. 
Bella  Can.  Prof.  Salvatore  —  Aci-Calena. 
Benfante  Avv.  Giovan  Battista — Palermo. 


▼in  ELENCO    DEI    SOCI 


Bonfiglio  Prof.  Parroco  Simone  —  Palermo. 

Bordiga  Erminia ,  Direttrice  del  Reale  Educatorio  M.*  Ade- 
laide —  Palermo. 

Borzi  Prof.  Gav.  Antonino,  Direttore  dell'Orto  Bota?iico  —  Pa- 
lermo. 

Bottalla  Cav.  Avv.  Pietro,  Segretario  della  Procura  Generale 
del  Re  presso  la  Corte  di  Cassazione  —  Palermo. 

Bova  Mons.  (S.  E.)  Gaspare,  Vescovo  di  SamaìHa  e  Ausiliare 
dell'  Arcivescovo  —  Palermo. 

Biioupensiere-De  Baggis  Albina  —  Palermo. 

Cali  Parroco  Andrea  —  Palermo. 

Calvino  Comm.  Angelo  —  Palermo. 

Canzone  Prof.  Salvatore  —  Palermo. 

Cappello  Comm.  Salvatore  —  Palermo. 

Caputo-Montalto  Francesco  —  Palma  di  Montechiaro. 

Caruselli  Giovanni  —  Cattolica  Eraclea. 

Cascavilla  Prof.  Cau.  Michele  —  Palermo. 

Castellana  Ambrogio  —  Palermo. 

Castelli  Sac.  Bartolomeo,  Decano  della  Cattedrale  —  Mazzara 
del  Vallo. 

Cataliotti-Valdina  Dott.  Ferdinando  —  Parigi. 

Celesia  (Sua  Emin.)  Cardinale  D.  Michelangelo  dei  Marchesi 
Celesia,  Arcivescovo  —  Palermo. 

Cervello  Comm.  Dott.  Prof.  Vincenzo — Palermo. 

Chiaramonte  Dott.  Socrate      Palermo. 

Cigliutti  Prof.  Corani.  Valentino,  Preside  del  R.  Liceo  E.  Qui- 
rino Visconti  —  Roma. 

Ciofalo  Avv.  Conmi.  Francesco  —  Palermo. 

Ciotti-Gra.sso  Cav.  Avv.  Pietro  —  Palermo. 

Civiletti  Sac.  Prof.  Micholang(ilo  --  Palermo. 

Coluraba  Prof.  Gaetano  Mario  —  Palermo. 

Colucci  Cav.  Gr.  Cr.  Avv.  Giuseppe,  Prefetto  al  riposo  — Roma. 

Conforti  Cav.  Uff.  Luigi,  Economo  generale  dei  Benefici  va- 
canti in  Sicilia  —  Palermo. 

Conte  I*rof  Anacleto  —  Palorrno. 


ELENCO    DEI    SOCI 


Corradi  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Costantini  Avv.  Costantino  —  Palermo. 

Crisafulli  Comm,  Ab.  Vincenzo  —  Palermo. 

Crisafulli  Lomonaco  Avv.  Calogero — Palermo.. 

Crispi  (S.  E.)  Avv.  Francesco,  Cav.  deirOrdine  Supremo  della 
SS.  Annunziata,  Deputalo  al  Parlamento  —  Roma. 

Calotta  Sac.  Paolo  —  Palermo. 

Curti  Cav.  Avv.  Achille  —  Palermo. 

Cusumano  Cav.  Uff.  Prof.  Vito — Palermo. 

D'Alessandro  Mons.  Gaetano  (S.  E.)   Vescovo  —  Cefalù. 

De  Ciccio  Benef.  Giuseppe  —  Palermo. 

DelPAgli  Antonio  —  Giarratana. 

De  Lorenzo  Mons.  Antonio  Maria  (S.  E.)  Arcivescovo  —  Roma. 

Deodato  Cav.  Pietro  —  Villarosa. 

De  Seta  Marchese  Gr.  Cord.  Francesco,  Prefetto  della  Pro- 
vincia di  Palermo, 

De  Stefani-Ficani  Cav.  Calogero,  K.  Ispettore  degli  Scavi  e 
Monumenti  —  Sciacca. 

Di  Bartolo  Can.  Dott.  Salvatore  —  Palermo. 

Di  Benedetto  Avv.  Vincenzo  —  Centuripe. 

Di  Blasi  Avv.  Agostino,  Barone  della  Salina  —  Palermo. 

Di  Blasi  Prof.  Andrea  —  Palermo. 

Di  Giovanni  Prof.  Leonardo  —  Palermo. 

Di  Giovanni  Mons.  Prof.  Coniin.  Vincenzo,  (S.  E.),  Vescovo 
titolare  di  Trodosiopoli  e  t-ri'lato  ordinario  di  S.  Lucia 
del  Mela,  Menihro  del  Consir/Ho  per  gli  Archivi  di  S'alo 
e  Socio  corrispondente  dt'W Istilulo  di  Francia — Palermo. 

Di  Girolamo  (^av.  Avv.  Andrea  —  Marsala. 

Di  Gregorio  Pasquale,  Perito  A(]rirnensoì'<'  -   Paleruio. 

Di  Lorenzo  Cav.  Dolt.  Niccolò  —  Palermo. 

Di  Martino  l'rot.  Mattia  —  Noto. 

Di  Piazza  Bartolomeo  —  Monreale. 

Di  Pietro  Dott.  Sac.  Salvatore  —  Palermo. 

Di  Salvo  Barone  Vincenzo  —  Palermo. 

Dominici-Morillo  Ab.  Dott.  Prof.  Luigi,  Bibliotecario  —  Poìhz'i- 
Generosa. 


ELEKCO    DEI    SOCI 


Donatuti  Cav.  Ing.  Lorenzo  —  Palermo. 

Drago-Calandra  Dott.  Giuseppe,  Giudice  presso  il  Tribunale — 
Palermo. 

Errante-Parrino  Parroco  Giovanni  —  Castelvetrano. 

Falcone  Avv.  Cav.  Giuseppe  —  Palermo. 

Ferrara  Dott.  Gaetano  —  Palermo. 

Ferrara  P.  Gaetano  Maria  —  Palermo. 

Fignon  Sac.  Giuseppe  —  Palermo. 

Fiorenza  Mons.  Giuseppe  (S.  E).  Arcivescovo  —  Siracusa. 

Firmaturi  di  Chiosi  Nobile  Caterina  —  Palermo. 

Floreno-Foschini  Alfonsina  — .Roma. 

Franciosi  Prof.  Cav.  Pietro  —  Palermo. 

Franco  Prof.  Girolamo  —  Palermo. 

Frùhwirth  ir.  Andrea,  Maestro  Generale  dell'Ordine  dei  Pre- 
dicatori —  Roma. 

Fucile  Bar.  Comm.  Luigi— Palermo. 

Galati  Giacomo  —  Messina. 

Garofalo  Avv.  Filippo  —  Ragusa. 

Garufi  Dott  Carlo  Alberto  —  Palermo. 

Giambruno  Avv.  Cav.  Salvatore,  Archivista  di  Stato— Palermo-.. 

Gianformaggio  Giovanni  —  Granmichele. 

Giliberti  Cav.  Angelo ,    Consigliere  Delegato  di  Prefettura  — 
Catania. 

Gioja  Cav.  Avv.  Vincenzo,  Consigliere  alla  Corte  di  Appello  - 
Palermo. 

Giordano  Can.  Prof.  Nicolò  —  Monreale. 

Gorgone- Caruso  Lorenzo,  Proc.  leg.,  —  Palermo. 

Gramignani  Luigi  Filippo  -  Palermo. 

Guarnen  .\vv.  Prof.  Gr.  Uff.  Audredi ,  Senatore  del  Pegno  — 
Palermo. 

Guarneri  Avv.  Eugenio  -  Palermo. 

Guarneri  Avv.  Luigi  —  Palermo. 

Guercio  Benef.  Silvestro  —  Palermo. 

Culi  Prof.  Sac.  Giovanni  —  Palermo. 

Gorgone  Sac.  Prof.  Antonino  -  Nicosia. 


ELKNCO    DEI    SOCI 


Ingroja  Cav.  Prof.  Biagio  —  Calataflrai. 

Inguagiato  Vincenzina — Palermo. 

La  China  Mons.  Federico  —  Vittoria. 

La  Colla  Cav.  Uff.  Avv.  Prof.  Francesco  —  Palermo. 

La  Corte  Prof.  Giorgio — Sassari. 

Lalia-Paternostro  Alessandro  —  Palermo. 

La  Manna  Gomm.  Avv.  Biagio  Presidente  della  Deputazione 
provinciale  —  Palermo. 

La  Mantia  Dott.  Francesco  Giuseppe,  Giudice  di  Tribunale — 
Palermo. 

La  Mantia  Gr.  Uff.  Vito,  Primo  Presidente  onorario  di  Corte- 
d'Appello,  Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana — 
Palermo. 

Lancia  (S.  E.)  Mons.  D.  Domenico   Gaspare,  Cassinese,  Arci- 
vescovo —  Monreale. 

Lancia  Nob.  dei  Marchesi  Giuseppe  —  Palermo. 

Lanza  Nob.  Giulia,  Principessa  di  Trabia  e  di  Butera— Palermo. 

Lanza  Ignazio,  Conte  di  S.  Marco  —  Palermo. 

Lanza  di  Scalea  Cav.  Lucio  —  Palermo. 

Lanza  Dott.  Cav.  Pietro,  Principe  di  Scalea,  Deputalo  al  Par- 
lamento —  Palermo. 

Lanza-Mantegna  Conte  Giuseppe — Palermo. 

La  Rocca-Impellizzeri  Cav.  Paolo  —  Ragusa-Inferiore. 

La  Rosa  Sac.  Giuseppe  M.  —  Pedara. 

La  Vecchia  Avv.  Gioacchino  —  Paleiino. 

Leone  Avv.  Giovanni  —  Palermo, 

Lombardo  P.  Maestro  Vincenzo   Giuseppe   dei   Predicatori  — 
Palermo. 

Longo  Dott.  Prof.  Cav.  Antonio  --   Palermo. 

Longo  Sac.  Prof.  Giovanni  —  Catania. 

Lorico  Avv.  Filippo  —  Palermo. 

Lumbroso  Prof.  Cav.  Giacomo  —  Ronja. 

Macaluso  Prof.  Comm.  Damiano  ~  Palermo. 

Maggiore-Perni  Avv.  Prof.  Cav.  Francesco  —  Palermo. 

Majorca  Morlillaro  signorina  Rosalia  —  Palermo. 


XII  ELENCO   DEI    SOCI 


Mangiameli  Dott.  Salvatore,  Sotlo-Archivista  di  Stato  —  Pa- 
lermo. 

Mangione  Francesco  —  Palermo. 

Manno  Sac.  Antonino,  Vicario  di  Coro^  Prefetto  maggiore  del- 
r Istituto  nautico  —  Palermo. 

Marino  Can.  Giuseppe  —  Lercara-Friddi. 

Marinuzzi  Coram.  Avv.  Antonio  —  Palermo. 

Marraffa  Avv.  Eduardo,  Giudice  di  Tiibunaie  —  Palermo. 

Mastropaolo  Nob.  Alfio  —  Palermo. 

Maurici  Prof.  Andrea  —  Palermo. 

Mazziotta  Cav.  Francesco  —  Messina. 

Mellina  Lorenzo,  Uffìziale  Commissario  di  Marina  —  Spezia. 

Messina  P.  Serafino  dei  Min.  Riformati  —  Palermo. 

Mestica  Prof.  Comm.  Giovanni ,  Deputato  al  Parlamento  — 
Roma. 

Mirabella  Prof.  Francesco  Maria  —  Alcamo. 

Montalbano  Cav.  Placido,  Consigliere  di  Cassazione  — Palermo. 

Mora  Sac.  Bernardo  —  Palermo. 

Morvillo  Avv.  Antonino  —  Palermo. 

Musso  Avv.  Giuseppe  —  Cefalo. 

Natoli  Prof.  Luigi,  Direttore  della  Scuola  Normale  e  Convitto 
di  Nuoro  (Sardegna*. 

Natoli-La  Rosa  Avv.  Antonino  —  Lipari. 

Notarbartolo-Merlo  Cav.  Leopoldo,  Capitano  di  Corvetta— Fsl- 

itTIIli». 

Notarbartolo  e  Santo  Stefano  Gaspare,  Duca  di  Serradifalco — 

Palermo. 
Oberty  Cav.  Dott.  Enrico,   Consigliere  di  Corte  di  Appello  — 

Napoli. 
Orlando  Francesco — Palermo. 
Orlando  Cav.  Prof.  V.  Emanuele,  Deputato  al  Parlamento  — 

Palermo. 
Ottone  Ing.  Giuseppe       Palermo. 
Paco  Prof.  .\vv.  Salvatore  — Palermo. 
Pa^^ano  Prof.  Avv.  Giacomo  —  Palermo. 


ELENCO    DEI    SOCI  XI 11 


Palizzolo  Gr.  Uff.  Nob.  Raffaele,  Deputato  al  Parlamento — Pa- 
lermo. 

Palizzolo-Gravina   Gav.    Gr.  Cr.  Vincenzo,   Bar.  di  Ramione, 
Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana — Palermo. 

Palomes  P.  Luigi  dei  (Conventuali  —  Palermo. 

Pandolfini  P.  Antonio  dei  PP.  Crociferi  ~  Palermo. 

Pandolfìni  Cnltrera  Francesco  —  Palermo. 

Pantaleo  Cav.  Uff.  Vincenzo  —  Palermo. 

Parisi  Benef.  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Passanisi  Bar.  di  Granville  Mario  —  Caltagirone. 

Passarello  Avv.  Alfonso  —  Leonforte.  < 

Patera  Dott.  Paolo  —  Partanna. 

Paterno  Comm.  Prof.  Emmanuele ,  Cavaliere  dell'  Ordine  del 
Merito  Civile  di  Savoja,  Senatore  del  Regno  —  Roma. 

Patiri  Giuseppe  —  Termini-Imerese. 

Patricolo  Corrado  —  Palermo. 

Pecorella  Dott.  Camillo,  Sotto-Bibliotecario  alla  Nazionale  — 
Palermo. 

Pelaez  Avv.  Cav.  Emanuele  —  Palermo. 

Perricoue  Francesco  —  Palermo. 

Piazza  Prof.  Salvatore  — Palermo. 

Pincitore  Dott.  Alberico  —  Palermo. 

Pinzolo  Prof.  Pietro  —  Palermo. 

Pizzillo  Dott.  Niccolò  —  Palermo. 

Pizzoli  Mons.  Parroco  Domenico — Palermo. 

PoUaci-Nuccio  Cav.  Fedele,  Sopraintendente  allo  Archivio  Co- 
munale, Membro  della  Comìnissione  Araldica  Siciliana — 
Palermo. 

Pollaci-Testa  Fedele,  Commissario  nelle  RR.  Dogane  —  Pa- 
lermo. 

Pulci  Sac.  Prof.  Francesco  —  Caltanissetta. 

Baciti  Romeo  Can.  Prof.  Vincenzo  —  Acireale. 

Raccuglia  Prof.  Salvatore,  R.  Ispettore  scolastico  —  Castroreale. 

Raimondi  Sac.  Pietro  —  Palermo. 

Raja-Sinatra  Sac.  Salvatore — Lercara-F riddi. 


XIT  ELENCO   DEI    SOCI 


Ramondelta-Fileti  Concettina  —  Palermo. 

Reber  Alberto  —  Palermo. 

•Restivo  Francesco  Empedocle  —  Palermo. 

Ricca  Salerno  Comm.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Rifici  Not.  Alfio  —  S.  Agata  Militello. 

Ryolo  Comm.  Domenico  —  Naro. 

Robbo  Gav.  Giuseppe  —  Palermo. 

Rodolico  Dott.  Niccolò  —  Modica. 

Romano  Prof.  Gav.  Salvatore,  Ufficiale  dell'Accademia  di  Fran- 
cia —  Palermo. 

Romano-Catania  Dott.  Gav.  Giuseppe,  Maggiore  Medico  nella 
riserva  —  Palermo. 

Rossi  Gav.  Avv.  Enrico,  Deputato  al  Parlamento  —  Palermo. 

Rossi  Prof.  Vittorio  —  Pavia. 

Rosso  Sac.  Giuseppe — Caccamo. 

Ruggieri  Vincenzo  —  Palermo. 

Russo  Dott.  Prof.  Angelo,  Uffic.nelV Archivio  di  Stato — Palermo. 

Russo  Can.  Prof.  Giuseppe — Girgenti. 

Russo-Giliberti  Dott.  Prof.  Antonino  —  Palermo. 

Russo-Onesto  Gav.  Avv.  Michele,  Sostituto  Procuratore  gene- 
rale —  Palermo. 

Russo-Riggio  Can.  Prof.  Luigi  —  Butera. 

Salemi-Battaglia  Can.  Emanuele  —  Palermo. 

Salvioli  Gav.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Salvo  Benigno,  Magazziniere  delle  privative— ^OY2iTai{^\c\\\2i). 

Sampolo  Comm.  Prof.  Luigi  —  Palermo. 

Sanfllippo  Gav.  Avv.  Giacomo,  Deputato  al  Parlamento— Fa,- 
lerrao. 

Sainte  Agathe  (de)  Conte  Giuseppe  —  Besan^on  (Francia). 

Sangiorgi-Di  Maria  .\vv.  Salvatore,  Deputato  Provinciale  — 
Palermo. 

Sansone  Gav.  Prof.  Alfonso  —  Palermo. 

Santangelo-Spoto  .\vv.  Enrico  —  Palermo. 

Sardofontana  Notar  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

JSavagiione  Avv.  Francesco  —  Palermo. 


ELENCO    DEt    SOCI  XV 


Savagnone  Dott.  Francesco  Guglielmo  —  Palermo. 

Scavo  Sac.  Parroco  Agostino  —  Palermo. 

Sciarrino-Russo  Giuseppe  —  Palermo. 

Settimo  Girolamo  Cav.  Uff.,  Principe   di  Fitalia ,    Gentiluomo 

di  Carle  di  S.  M.  la  Regina  —  Palermo. 
Siciliano  Giuseppe  —  Palermo. 
Siciliano  Prof.  Luigi  —  Palermo. 
Simiani  P.  Don  Pier   Giuseppe   dei   Benedettini  Olivetani  — 

Soulac-sur-mer  (Gironde)  ~  Francia. 
Sortino  Schininà  Cav.  Eugenio  —  Ragusa  Inferiore. 
Storiano  Can.  Arcip.  Gaspare  —  Marsala. 
Tamburello  Prof.  Giuseppe  —  Collesano. 
Terrasi  Sac.  Giovanni  —  Palermo. 
Testasecca   Conte   Ignazio,  Deputato  al  Parlamento  —  Calta- 

nissetta. 
Tirrito  Ing.  Rosario  —  Palermo. 
Tommasini  Comm.  Oreste,  Cav.  dell'Ordine  Civile  di  Savoja, 

Presidente   della  Società   Romana   di   storia  Patria  — 

Roma. 
Tosi  Cav.  Uff.  Gaetano,  Cancelliere  alla  Cassazione — Palermo. 
Traina  Sac.  Giuseppe  —  Castronovo. 
Varvaro  Pojero  Comm.  Francesco — Palermo. 
Vasi  Sac.  Prol".  Luigi  —  San  Fratello. 
Zangara  Avv.  Ignazio  —  Catania. 

Zenatti  Prof.  Albino,  R.  Provveditore  agli  Séudj  —  Catania. 
Ziino  Prof.  Giuseppe  —  Messina. 
JZuccaro  Mons.  Ignazio,  (S.  E.)  Vescovo  di  Caltanissetta. 


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XVI  ELENCO    DEI    SOCI 


SECONDA  CLASSE 


DIRETTORE 

Starrabba  Comm.  Dott.  Raffaele,  Barone  di  Ralbiato 

Sopraintendente  Direttore  dell'Archivio  di  Stato 
Vice  Pì^esidente  della  Commissione  Araldica  Siciliana. 

SEGRETARIO 

Travali  Cav.  Uff.  Dott.  Giuseppe 

SottoA?'Chivista  di  Stato 
Segretario  della  Comm,issione  Araldica  Siciliana. 

SOCI 

Avelie  Prof.  Cemm.  Corrado  —  Noto. 

Barrilà-Vasari  Proc.  leg.  Ignazio,  Sotto-Archivista  di  Stato — 
Palermo. 

Battaglia  Avv.  Giorgio  —  Palermo. 

Beccadelli-Acton  Comm.  Paolo,  Principe  di  Camporeale,  Sena- 
tore del  RegnOy  Membro  della  Commissione  Araldica  Sici- 
liana —  Palermo. 

Bellio  Cav.  Prof.  Vittore  —  Pavia. 

Beglino  Mons.  Can.  Luigi  —  Palermo. 

Bona  Ignazio,  U/Jlziale  nelV Archivio  di  Staio  —  Palermo. 

Bottino  Ing.  Prof.  Francesco  —  Palermo. 

Briquet  Carle  Mosò  —  Ginevra. 

Cappellani  Prof.  Gaetano — Cericene. 

Casano  Sac.  Ferdinando  —  Palermo. 

Chianello  Di  Maria  Zappino  Cav.  Uff.  Gievan  Battista,  Barene 
di  Boscogrande  -—  Palermo. 

Cianciolo  Avv.  Carlo  —  Palermo. 

Cosentino  Prof.  Cav.  (Jiusoppe,  Archivista  di  8/a^o— Palermo. 


ELENCO    DEI    SOCI  XVII 


Costantini  Cav.  Nob.  Costantino  Maria,  lenente  Colonnello  di 

Artiglieria  —  Vigevano. 
Cozzucli  Prof.  Can.  Giambattista  —  Palermo. 
Crispo-Moncada  Avv.  Cav,  Carlo,  Solto-Bibliotecario  alla  Na- 
zionale   -  Palermo. 

De  Gn^gorio  Marchese  Prof.  Giacomo  —  Palermo. 

DichÌLira  Dott.  Francesco  —  Palermo. 

Di  Marzo  Mons.  Comm.  Gioacchino,  Capo  Bibliotecario  della 
Comunale,  Metnbì^o  della  Commissione  Araldica  Siciliana — 
Palermo. 

Paraci  Parroco  Giuseppe  Emmanuele  —  Palermo. 

Favaloro  Prof.  Cav.  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Ferrante  Sac.  Prof.  Giuseppe .— Termini-Imerese. 

Giorgi  Cav.  Prof.  Dott.  Ignazio ,    Bibliotecario  della  Casana- 
iense  —  Roma. 

Gnoffo  Sac.  Domenico  —  Palermo. 

Guastalla  Avv.  Ernesto,  Sotto-Bibliotecario  alla  Nazioìiale — 
Palermo. 

Heinemann  Dott.  Prof.,  Lotario  —  Tubinga  (Germania). 

Inghilleri-Di  Bella  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Lagumina  Prof.  Can.  Giuseppe  —  Palermo. 

La  Mantia  Dott.  Giuseppe,  Uff.  nelV Archivio  di  5^a^o— Palermo. 

La  Via-Bonelli  Cav.  Avv.  Mariano,  Rapp.  il  Municipio  di  Ni- 
cosia  —  Nicosia.  » 

Lionti  Dott.  P'erdinando,  Archivista  di  Stato  —  Palermo. 

Lodi  Dott.  Cav.  Giuseppe,  Primo  Archivista  di  Stato  ^Palermo. 

Manasia  Sac.  Cav  Calogero,  Capo  Bibliotecario— Caìtanììsseita. 

Mango  Antonino,  Marchese  di  Casalgerardo  —  Palermo. 

Mantia  Avv.  Pasquale  —  Palermo. 

Manzone  Cav.  Gaspare,  Sotto  Assistente  nell'Archivio  di  Sta- 
to —  Palermo. 

Marano  Dott.  Giuseppe  —  Borgetto. 

Martines  Ing.  Amilcare  —  Palermo. 

iMasi  Mons.  Giuseppe,  (S.  E.)  Vescovo  di  Tempe  —  Palermo. 

Milazzo-Cervello  Dott.  Luigi  —  Palermo. 


rvm  KLBNCO    DEI    SOCI 


Montalbano  Can.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Montalbano  Can.  Saverio  —  Palermo. 

Nota  Comm.  Giovanni,  Consigliere  Delegato  di  Prefettura  — 

Roma. 
Palmeri  di  Villalba  Nob.  Cav.  Niccolò,  Tenente  Colonnello  di 

Fanteria  —  Palermo. 
Parlato  Avv.  Liborio  —  Palermo. 
Pennino  Mons.  Prof.  Antonino,  Vie.  Gen.  della  Archidiocesi  di 

Palermo. 
Piaggia  Cav.  Domenico,   Sotto    Assistente    nello   Archivio  di 

Stato  —  Palermo. 
Pipitone-Federico  Dott.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 
Pitrè  Dott.  Prof  Comm.  Giuseppe,  Membro  della  Commissione 

Araldica  Siciliana — Palermo. 
Randacio  Dott.  Comm.  Prof.  Francesco  —  Palermo. 
Romano-Polizzi    Bar.  Vincenzo  ,   Membro  della  Commissione 

Araldica  Siciliana  —  Catania. 
Russo   Cav.  Filadelfio  —  Palermo. 
Salomone-Marino  Cav.  Dott  Prof.  Salvj^tore  —  Palermo. 
Salvo-Cozzo  di  Pietraganzili  Nob.  Cav.  Giuseppe,  Bibliotecario 

della  Nazionale  —  Palermo. 
Savona  Can.  Dott.  Giuseppe  —  Palermo. 
Serio  Cav.  Simone  —  Palermo. 
Starrabba  Dott.  Comm.  Raffaele ,  Bar.  di  Ralbiato ,  Soprain- 

iendente  Direttore  dell' Aìxhivio  di  Stato,  Vice  Presidente 

della  Commissijone  Araldica  Siciliana  —  Palermo. 
Strazzulla  Dott.  Prof  Sac.  Vincenzo  —  Cefalù. 
Tasca-Lanza  Comm.  Giuseppe,  Deputato  al  Parlamento— Pbì- 

lermo. 
Trarali  Cav.  Uff.  Dott.  Giuseppe,  Sotto- Archivista  di  Stato,  Se- 
gretario della  Commissione  Araldica  Siciliana — Palermo. 
Vitrano  Giuseppe  Filippo  —  Palermo. 


feLBNOO    DBI    scoi  ZlX 


TERZA  CLASSE 


DIRETTORE 

Saunas  Prof.  Comm.  Antonino 

Socio  cotvnspondenfe  dell'  Istituto  di  Francia 
Membro  della  Consulla  Araldica  e  della  Commissione  Araldica 

Siciliana. 

SEGRETARIO 
Mangano  Aw.  Giuseppe 

SOCI 

Agnese-Pomar  Cav.  Ignazio  —  Palermo. 
Alagna  Prof.  Dott.  Francesco  —  Marsala. 
Alagna  Ing.  Vincenzo  —  Palermo. 
Allegra  Francesco  Paolo  —  Palermo. 
Alliata-Cardillo  Cav.  Filippo  Maria  —  Palermo. 
Armaforte  Prof.  Emanuele  —  Palermo. 
Armò  Cav.  Ing.  Ernesto  —  Palermo. 
Atenasio  Bar.  Giuseppe  —  Palermo. 
Basile  Comm.  Ing.  Prof.  Ernesto  —  Palermo. 
Beltrani  Vito  —  Palermo. 
Beuf  Rag.  Costantino  —  Palermo. 
Biondolillo  Ing.  Giovanni  —  Palermo. 
Bonfiglio  Dott.  Salvatore  —  Girgenti. 
Buonpensiere  di  Naduri  Prof.  Emilio  Claudio  —  Palermo. 
Busacca  Carlo,  Marchese  di  Gallidoro    ■  Palermo. 
Butera  Cav.  Uff.  Salvatore  —  Vicari. 
Cantone  Ing.  Salvatore  —  Girgenti. 

Chiaramonte-Bordonaro  Barone  Gabriele,  Senatore  del  Regno— 
Palermo. 


XX  KLBNCO    DEI    SOCI 


Cicchetti  Prof.  Eduardo  —  Palermo. 

Giofalo  Prof.  Saverio,  Bibliotecario  —  Termini-Imerese. 

Coppola  Ing.  Angelo  —  Palermo. 

Costa  Avv.  Giuseppe  -  Palermo. 

Cottone  Ing.  Vincenzo  --  Palermo. 

Crocco-Paterna  Giovanni  —Palermo. 

D'Antoni  Salvatore,  Duca  di  Feria  —  Palermo. 

De-Spuches  Cav.  Antonino,  Principe  di  Galati  —  Palermo. 

Destefano  Ing.  Salvatore  —  Palermo. 

Donati-Scibona  Ing.  Cav.  Francesco  —  Palermo. 

Fazio  Giuseppe,  Conservatore  al  Museo  Nazionale— Vz^ermo. 

Ferraro  Prof.  Ing.  Corrado  ~  Palermo. 

Genovese-Ruffo  Salvatore  —  Palermo. 

Giardìna  Dott.  Cav.  Giuseppe,  Medico  Provinciale  —  Pisa. 

Grasso  Doti.  Prof.  Gabriele  —  Ariano  di  Puglia. 

Grazia  Sac.  Pasquale,  H.  Ispettore  dei  Monumenti—  Calatafìmi. 

Greco  Comm.  Ing.  Ignazio  —  Palermo. 

Kirner  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Lagumina  Mons.  Bartolomeo  (S.  E.)  Vescovo  —  Girgenli. 

Lanza  Gr.  Uff.  Francesco,  Principe,  di  Scalea,  Settatore  del 
Regno  —  Palermo. 

La  Scola  Avv.  Virgilio  —  Palermo. 

Lo  Presti  Eduardo  —  Palermo. 

Lucit'ora  Comm.  Avv.  Giovanni  —  Palermo. 

Machi  Salvatore  —  Palermo. 

Majorca  Dott.  Luigi,  Visconte  di  Francavilla  —  Palermo. 

Maltese  Notar  Faustino  —  Rosolini. 

Blangano  Avv.  Giuseppe  —  Palermo. 

Mantegna  Benedetto,  Principe,  di  Cangi  —  Palermo. 

Marcellino  Prof.  Filomeno,  li.  Ispettore  scolastico  —  Genova. 

Marlorana  Sac.  (.larmelo  —  (^ianciana. 

Marvuglia  Cav.  Arch.  Domenico  —  Palermo. 

Mauceri  Cav.  Uff.  Ing.  Luigi,  Segretario  della  Direzione  ge- 
nerale per  le  ferrovie  sicule  —  Palermo. 

Mauro  Pi'of  Auloniiio  —  Palermo. 


ELENCO    DEI    soci  XXI 


Melfi  Corrado,  Barone  di  Santa  Maria—  Chiararaonte. 

Millunzi  Prof.  Can.  Parroco  Gaetano  —  Monreale. 

Mogavero  Gaetano  —  Palermo. 

Moncada  Cav.  Pietro,  Conte  di  Caltanissetta  —  Palermo. 

Mora  Rag.  Eugenio  —  Palermo. 

Mora  Can.  Vincenzo  —  Palermo. 

Naseili-Notarbartolo  Cav.  Leopoldo  —  Palermo. 

Natoli  Marchese  Cav.  Giuseppe       Palermo. 

Nicolosi  Ing.  Luciano  —  Catania. 

Orsi  Cav.  Prof.  Paolo,  Direttore  del  Museo  —  Siracusa. 

Paino  Nobile  Giulia  —  Palermo. 

Parenti  Ing.  Cav.  Vincenzo  —  Palermo. 

Parisi  Sac.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Patricolo  Achille  —  Palermo. 

Patricolo  Prof.  Comm.  Giuseppe,  Direttore  dell' Ufficio  Regio- 
nale per  la  conservazione  dei  monumenti  della  Sicilia — 
Palermo. 

Pennavaria  Cav.  Dott.  Filippo  —  Ragusa. 

Pepoli  Conte  Agostino,  Barone  di  Culcasi  —  Trapani. 

Perdichizzi  Antonio  —  Palermo. 

Pintacuda  Comm.  Ing.  Prof.  Carlo  —  Palermo. 

Piraino-De  Corrado  Ing.  Antonino  —  Palermo. 

Pitrè  Salvatore  Giuseppe  —  Palermo. 

Portai  Comm.  Emanuele,  Ufficiale  dell'Accademia  di  Francia^ 
Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana— 'PdXenTiO. 

Pugliesi  Vincenzo  —  Alcamo. 

Rao  Ing.  Giuseppe  —  Palermo. 

Renzi  Comm.  Ing.  Salvatore  —  Palermo. 

Rindello  Cav.  Niccolò  —  Palermo. 

Rocca  Cav.  Pietro  Maria,  /?.  Isjìettore  dei  Monumenti  —  Al- 
camo. 

Rosano  Prof.  Giambattista  —  Reggio. 

Rutelli  Prot.  Comm.  Mario  —  Palermo. 

Rutelli  Niccolò,  della  Heal  Accademia  di  S.  Fernando  di  Ma- 
drid—  Palermo.  • 


TTII  ELENCO    DEI    SOCt 


Rutelli  signorina  Teresita  —  Palermo. 

Rutelli  signorina  Vitina  Maria,  socia  della  /?.  Accademia  di 
S."  Cecilia  in  Roma  —  Palermo. 

Salemi-Pace  Gomm.  Ing.  Prof.  Giovanni  —  Palermo. 

Saliuas  Gomm.  Prof.  Antonino,  Socio  corrispondente  dell'Isti- 
tuto di  Francia  e  Direttore  del  Museo  Nazionale,  Mem- 
bro della  Consulta  Araldica  e  della  Commissione  Araldica 
Siciliana  —  Palermo. 

Salinas  Emmanuele  —  Palermo. 

Salvo  di  Pietraganzili  Nob.  Gomm  Rosario,  Prefetto  a  riposo- 
Palermo. 

Sanfilippo-Musso  Michele  —  Palermo. 

Sciangùla  Prof.  Agostino  —  Palermo. 

Siciliano  Cav.  Michelangelo  —  Palermo. 

Siciliano  Gomm.  Napoleone  —  Palermo. 

Sinatra  Raja  Ing.  Agr.  Giuseppe  —  Lercara-Friddi. 

Spadaro  Pietro  —  Palermo. 

Spata  Cav.  Dott.  Giuseppe,  Conservatore  delV Archivio  Notarile 
del  Distretto,  Membro  della  Commissione  Araldica  Sici- 
liana —  Palermo. 

Trigona  Gr.  Uff.  Conte  Domenico,  Principe  di  S.  Elia,  Duca  di 
Gela,  Senatore  del  Regno,  Presidente  della  Commissione 
Araldica  Siciliana  —  Palermo. 

Ugdulena  Giovanni  —  Palermo. 

Whilaker  Comm.  Giuseppe  —  Palermo. 

Whitaker  Tina  -  -  Palermo. 

SOCI  NON  ADDETTI  ALLE  CLASSI 

Aragona  Diego,  Principe  Pignatelli-Corles  —  Napoli. 

Benzo  Cav.   Or.  Cr.  Giulio,   Duca   di  Verdura,  Senatore  del 

Regno  —  Palermo. 
Blaodiui  Mons.  Giovanni  (S.  E.)   Vescovo  —  Noto. 
BoDanoo  Cav.  Eduardo  —  Palermo.  * 


KLEKCO    DEI    SOCI  XXIII 


Ciotti  Cav.  Pietro  —  Palermo. 

Crispo  Can.  Francesco  —  Palermo. 

Daddi  Avv.  Francesco  —  Palermo. 

De  Leonardi  Gaetano,  Rappr.  il  Municipio  di  Parco—  Parco. 

De  Spuches-Franco  Giovanni,  Marchese  di  Schissò  —  Palermo. 

Fignon-Prost  Rag.  Girolamo  —  Palermo. 

Florio  Gr.  Uff.  Ignazio  —  Palermo. 

Giuffrè  Prof.  Dott.  Liborio  —  Palermo. 

Gramaglia  Gaetano  —  Palermo. 

La  Manna  Comm.  Achille,  Primo  Presidente  della  Corte  d'Ap- 
pello —  Parma. 

Lancia  Marchese  Corrado,   Senatore  del  Regno  —  Roma. 

Lanza  Comm.  Pietro,  Principe  di  Trabia  e  di  Butera,  Depu- 
tato al  Parlamento  —  Palermo. 

Isa  Vaccara-Giiisti  Avv.  Benedetto ,  Rappresentante  la  Pro- 
vincia di  Callanissetta  —  Caltanissetta. 

Lecerf  Cav.  Alberto  —  Palermo. 

Monroy  Ascenso  Alonso  Alberto,  Principe  di  Maletto— Palermo. 

Nicotri-Guajana  Avv.  Gaspare  —  Palermo. 

Oliveri  Gr.  Uff.  Eugenio,  Sindaco  di  Palermo  e  Senatore  del 
Regno  —  Palermo. 

Salamone  Avv.  Rosario  —  Aragona  (Sicilia). 

Schiavo  Ben.  Achille —Palermo. 

Schininà  di  S.  Elia  Marchese  Giuseppe  —  Ragusa. 

Sinopoli  Di  Giunta  ciantro  Pietro,  Bibliotecario  —  Agira. 

Slarrabba  (S.  E.)  Antonio,  Marchese  di  Budini,  Cav.  dell'Or- 
dine Supremo  della  SS.  Annunziata  —  Roma. 

Struppa  Cav.  Salvatore,  R.  Ispettot^e  dei  Monumenti,  Rappre- 
sentante il  Municipio  di  Marsala  —  Marsala. 

Taibbi  Francesco  —  Palermo. 

Triolo  Cav.  Prof.  Vincenzo  —  Palermo. 

Varvaro  Comm.  Eduardo  —  Palermo. 

Venuti  Arciprete  Mauro  —  Cinisi. 

Venuti  Sac.  Saverio  —  Cinisi, 


XXIV  ELENCO    nEI    SOCI 


SOCI  ONORARII 


Bamberg  Dolt.  Felice  —  Germania. 
Benndorf  Prof.  Ottone.  —  I.  R.  Università  di  Vienna. 
Busolt  Dott.  Prof.  Georg  —  Università  di  Gottinga. 
Corsi  Nobile  Oav.  Gr.  Cr.  Carlo,  Tenente  Generale  —  Torino. 
Cozza-Luzi  Abb.  D.  Giuseppe,    Vice-Bibliotecario  della  Vati- 
cana —  Roma. 
De  Puymaigre  Conte  Th. — Francia. 
Engel  Arthur  —  Parigi  —  Cabinet  des  Médailles. 
Fhùrer  Dott.  Prof.  Giuseppe  —  Dillingen. 
Holm  Dott.  Prof.  Adolfo  —  Napoli. 
Liebrecht  Prol.  Felice. 
Paris  Prof.  Gastone  —  Parigi. 
Perreau  Cav.  Uff.  Pietro,  Bibliotecario  —  Parma. 
Pflugk-Harttung  Prof.  Giulio. 
Watkiss  Lloyd.  W.  —  Inghilterra. 


MEMORIE  ORIGINALI 


LE  COSÌ  DETTE  "  COLONIE  LOMBARDE .  DI  SICILIA 

STUDJ   STORICI    E   FILOLOGICI 

Parte  Prima. 
Storia,  Letteratura  e  Bibliografia. 


INTRODUZIONE 

Il  fatto  di  trovare,  nel  bel  mezzo  di  una  vasta  .provincia 
0  d'una  nazione,  alcune  città  isolate  o  gruppi  di  città,  nelle 
quali  si  parli  un  dialetto  dissimile  da  quello  comune,  per  ispe- 
ciali  caratteristiche  fonetiche,  per  peculiarità  morfologiche  e 
per  differenze  etimologiche ,  non  è  punto  nuovo  né  tampoco 
raro.  Basti,  a  cagion  d'esempio,  rammentare  il  dialetto  tede- 
sco dei  XllI  Comuni  veronesi  e  dei  VII  Comuni  vicentini  (1); 
il  valdese  di  Guardia  Piemontese  in  Calabria  Citeriore  (2);  il 
provenzale  di  Faeto  e  Cella  (3)  ;  il  romaico  delle  colonie 
neo-elleniche  dell'Italia  meridionale  (4)  ;  il  catalano  d'Alghero 


(1)  FiiANCESGo  e  Carlo  Cipolla,  Dei  colom  tedeschi  nei  XI JI  Comuni 
veronesi  (Archivio  glottologico  ilaliano,  (tiretto  tial  Prof.  G.  I.  Ascoli.  Voi. 
Vili,  pp.  161-362,  Lopsuhor,  Torino). 

(2)  GiusEPPK  Morosi,  Il  dialetto  valdese  di  Guardia  Piemontese  in 
Calabria  Citeriore.  (Arch.  gloit.  ita!,  cit.  Voi.  XI,  pp.  381-93). 

(3)  V.  Arch.  glott.  ital.  cit.  Voi.  XI,  p.  416.  —  Giambattista  Basile,  Ar- 
chivio di  letteratura  popolare,  diretto  da  Luigi  Molinaro  Del  Chiaro. 
Anno  II,  N.  1°,  Tipografia  di  Gennaro  M.  Priore,  Napoli. 

(4)  Comparetti,  Dei  dialetti  greci  dell'Italia,  Pisa,  1866  — Giuseppb 
Morosi,  Dialetti  romaici  del  Mandamento  di  Bora  in  Calabria.  (Arc-h. 
glott.  ital.  cit.  Voi.  IV,  pp.  1-116). 

Ardi.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  1 


LE    COSI    «E  ri  E    "  OoLO.MK    t-OMBAUrt:  „    DI    SICILIA 


in  Sardegna  (1),  e,  per  non  andar  tant'oltre  cercando,  la  par- 
lata delle  colonie  albanesi  (2),  nonché  i  vernacoli  di  Nicosia, 
Sperlinga,  San  Fratello,  Piazza  Armerina,  Aidone  e  Novara 
in  Sicilia,  i  quali,  con  troppo  generico  appellativo  d'  origine 
storica,  sono  slati  comunemente  denominati  «  lombardi  ». 

Questo  fatto  non  molto  raro ,  eppur  poco  comune ,  e  che 
da  un  lato  rientra  nella  cerchia  degli  studi  storici,  dall'altro 
in  quella  delle  discipline  linguistiche,  è  appunto  perciò  uno 
di  quei  soggetti  che  pienamente  si  prestano  a  ricerche  pa- 
zienti, geniali  e  di  non  lieve  importanza,  per  chiarire  curiosi 
fenomeni  glottologici,  la  cui  spiegazione  giova  spesso  a  col- 
mare qualche  lacunetta  della  storia.  Laonde  non  è  quasi  alcun 
dialetto  tra  quelli  sopra  enumerati ,  che  non  abbia  avuto  i 
suoi  dotti  e  pazienti  illustratori,  e  che  non  vanti  quindi  una 
piuttosto  ricca  e  pregevole  letteratura  critica. 

Anche  i  dialetti  delle  cosi  dette  colonie  lombarde  di  Sici- 
lia hanno  richiamato  da  un  pezzo  l'attenzione  dei  dotti  -  per- 
fin  d'  oltremonti  (3)  —  ma  i  relativi   studi    non    hanno    avuto 


(1)  GuARNERio,  Il  dialetto  catalano  di  Alghero  (Arch.  glott.  ital.  cit. 
Voi.  L\,  pp.  261-364). 

(2)  ScHiRÒ,  Saggi  di  letteraiura  popolare  della  colonia  albanese  di 
Piana  dei  Greci  (Archivio  per  lo  studio  delle  tradizioni  popolali,  diretto 
dai  Dottori  Giuseppe  Pitrè  e  Salvatore  Salomone-Marino,  Voi.  Vili, 
pp.  81-90,  e  Voli,  segg,  L.  Pedone-La iiriel,  Palermo). 

(3)  Se  no  sono  occupati,  chi  più  chi  meno  —  a  proposito  tlella  fonetica 
del  dialetto  siciliano  —  lo  Schnbbgans,  Laute  und  Lautenticickelung  des 
Sicil.  Dialectes.  Triibner,  i888;  ed  il  Mkvek-Lùbke  ,  Grammaire  des 
Langues  ronianes,  traduzione  francese.  E.  Welter,  i890.  l'aris;  e  ■•  Ita- 
lienische  Orammatik.  Leipzig,  i890.  Mu  prima  ancoiu  che  nei  detti  lavori 
dello  Schncegans  e  del  Meyer-Sùbke,  si  trova  fatto  cenno  di  questi  dialetti 
nella  pubblicazione:  Sicilianische  Màrchen  aus  Vollismund  gesammell  von 
Lauka  Gonzenuach  ,  mit  AnuierUungen  Ukinholu  Kohler'b,  und  einer 
Einleitung  /lerausgegeben  von  Uno  Hàktwiu,  ecc.,  Leipzig,  1870.  Erster 
Theil.  Seit.  XX  VJI.—U  Lott.  Felix  Liebrecht  aveva  mostrato  •  viva  pre- 


LE   COSÌ   DETTE    *  COLONIE    LOMBARDE  ;,    DI    SICILIA  3 

quel  preciso,  armonico  e  completo  svolgimento  scientifico,  che 
si  richiede  in  un  soggetto  come  questo,  importante  da  per  sé 
stesso,  e  al  quale  sono  per  giunta  indissolubilmente  connesse 
quistioni  di  ordine  storico  ed  etnico  di  non  lieve  momento, 
come  quelle  relative  all'epoca  dello  stabilimento  di  queste  co- 
lonie in  Sicilia,  e  al  luogo  o  ai  luoghi  della  loro  origine. 

Non  mancano  adunque  —  dicevamo  —  pubblicazioni  in  pro- 
posito ;  ma  esse  non  sono  tali  che  non  porgano  àdito  a  no- 
velle ricerche  più  sistematiche ,  più  esatte  e  meno  incom- 
plete. 

Il  vernacolo  che  conta  maggior  numero  di  illustrazioni  — 
pA  alcune  veramente  pregevoli  —  è  il  sanfratellano,  ma  anche 
per  questo  è  mestieri  fondere  sistematicamente  i  vari  mate- 
riali venuti  flnoggi  alla  luce,  e  ritoccarli  qua  e  là;  gli  altri 
vernacoli,  se  sono  conosciuti  —  benché  superficialmente  e  non 
sempre  esattamente —  nelle  loro  linee  generali,  difettano  però 
ancora  di  un  lavoro  speciale  che  ne  renda  noto  l'intero  tipo 
fonico;  di  tutti  poi  le  notizie  sono  sparse  a  spizzico  in  libri, 
riviste  e  giornali  disparatissimi ,  divenuti  già  antichi  e  rari, 
talché  da  un  pezzo  si  sentiva  il  bisogno  di  un  lavoro  che 
riassumesse  il  già  detto,  verificandone  l'esattezza  alla  stregua 
di  nuovi  studi  e  documenti,  e  completasse  o  per  lo  meno  ini- 
ziasse le  ricerche  relative  ai  dialetti  ancor  quasi  del  tutto 
inesplorati,  integrando  così  i  dati  della  storia  coi  risultati  della 
analisi  linguistica. 

A  colmare  appunto  questa  lacuna  tende  il  nostro  lavoro, 
che  abbiamo  perciò  diviso  in  tre  parti  :  nella  prima  abbiamo 
studiato  le  poche  e  vaghe  memorie  storiche,  che  delle  colonie 
lombarde  ci  rimangono,  e  riassunto  tutto  quanto  di  notevole  si 
è  detto  sia  storicamente  sia  filologicamente  intorno  ad  esse  (1); 


mura  di  conoscerne  qualche  saggio  ».  Vedi  la  risposta  in  PixRÈ,  Studi  di 
Poesia  Popolare.  L.  Pedone  Lauriel^  Palermo,  i872 ,  p.  303,  (Canti 
Popolari  Lombardi  di  Sicilia). 

(1)  Questa  prima  parte,  scritta  sette  aioni  or  sono  in  Piilermo,   vieive 


LE    COSI    DETTE    "   COLONIE    LOMBARDE  j,    DI    SICILIA 


nella  seconda  abbiamo  esposto,  esaminato  e  confrontato  i  loro 
sistemi  dialettali,  specie  quello  di  Nicosia,  comune  a  Sperlinga, 
che  è  uno  dei  meno  conosciuti;  nella  terza  infine  abbiamo 
tentato  di  rintracciare  le  origini  di  queste  colonie,  in  rapporto ■ 
al  tempo  e  al  luogo  delia  loro  partenza,  sulla  scorta  dei  loro 
monumenti  storici  e  linguistici. 

Non  presumiamo  pertanto  di  aver  detto  l'ultima  parola  su. 
questo  grave  soggetto,  ma  se  riusciremo  —  mercè  i  nuovi  do- 
cumenti ammanniti — a  facilitare  la  soluzione  dell' intricato ^ 
quesito  sulle  origini  di  questi  dialetti,  a  renderne  più  popo^ 
lare  l'argomento,  e  ad  invogliare,  infine,  altri  studiosi  suU'i- 
stessa  via,  il  nostro  scopo  non  sarà  del  tutto  frustrato,  e  ci 
reputeremo  adeguatemente  ricompensati  del  lungo  studio  e 
del  grande  amore,  che  abbiamo  consacrato  a  queste  pagine,. 
con  le  quali  vorremmo  poter  dimostrare  parte  almeno  di  queir 
l'afifetto  che  a  Nicosia,  nostra  patria,  ci  lega. 


I. 

Storia. 


La  più  antica  memoria  delle  cosi  dette   «  colonie  lombar- 
de* di  Sicilia  ci  è  stata  tramandata  da  un  diploma  (1)—  che 


con  ritardo  alla  luce,  per  motivi  inilipernUMiti  dallu  voloutft  dell'aiitoro,  il 
quale  ora  non  ha  mancalo  di  tener  conto  anciie  delle  ultime  pubblicazioni. 
dal  cui  tenore  però  non  è  indotto  a  mutare  V  originario  .sistcniii  del  suo 
lavoro. 

(1)  Giova  riferirne  il  testo  che  ricaviamo  dal  Gregorio,  Considerazioni, 
Voi.  I,  Lib.  1',  Gap.  IV,  noia  20:  'Ragerius  in  Christo  domino  nostro  piissimus 
rex.  Per  praesens  mandatum  mando  et  praecipio  omnibus  bajuHs  in  te- 
nimento  Mitatii  et  reliquorum,  ut  nemo  sit  ausus  injuriam  inferre  hor 
bìtatonbua  in  S.  Lucia  Lomlardis,  qui  solvnnt  marinariam,  ncc  etiam 
herhayium  ab  ovibu»  eorum  quis  exigat,  nec  aliquam  motcstiam  vel  an- 


LE    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LOMBAIlDi:  „    DI    SICILIA 


secondo  l'Amari  (1)  torna  alla  metà  del  secolo  XII,  e  propria- 
mente tra  il  1150  e  il  1153  —  col  quale  il  Re  Ruggiero  con- 
cedeva ai  Lombardi  di  Santa  Lucia  le  stesse  franchigie  che 
a  quelli  di  Randazzo  (2). 

Ugo  Falcando  e  Romualdo  Salernitano,  seguiti  dal  Fazel- 
lo  (8).  ci  fanno  poi  sapere  ,  che  le  jìopolazioni  lombarde  di 
Bufera^  Piazza  e  altre  città  consorelle,  mosse  dal  nobiluomo 
Ruggiero  Schiavo,  pigliaroLO  le  armi  contro  il  Re  Guglielmo  I 
e  i  Saraceni  rimasti  ad  abitare  in  Sicilia,    laonde   il   Re  di- 


gariam  scd  adjutorum  exigat  ab  eis.  Sed  sic  sint  liberi  et  sine  molestia, 
sicut  Lombardi  Randncii  *.  Que.sto  diploma,  scritto  originalmente  in  greco, 
fu  tradotto  ;d  tempo  del  Re  Pietro  d'Aragona  nel  1285,  e  ne  fu  allor  fatto 
transunto  pubblico ,  conservato  nell'  archivio  del  Comune  della  Terra  di 
S.  Lucia,  onde  ne  ebbe  copia  autentica  il  Gregorio  ,  che  fa  quest'avver- 
tenza. 

(ij  Storia  dei  Musulmani,  Voi.  Ili,  Parte  I,  p.  223,  nota  5. 

(2)  Il  D.r  Giaconio  De  Gregorio  nel  suo  pregevole  lavoro  «  Sulla  varia 
origine  dei  dialetti  gollo-italici  di  Sicilia,  con  osservazioni  sui  pedemon- 
tani e  gli  emiliani  »,  (in  questo  Arch.,  N.  S.,  Anno  XXII,  p.  397),  trova 
il  ricordo  più  antico  di  questi  centri  di  popolazione  in  un  atto  (contenuto 
nel  VII  dei  diplomi  pubblicati  dal  Garofalo,  Tabularium  regiae  ac  im- 
perialis  capellae  collegiatae  Divi  Petri  sacri  et  regii  Palatii  Panor- 
mitani ,  Panormi ,  ex  regia  tgp.  MDGGGXXXV)  del  H45,  col  quale  si 
concede  alla  Regia  Cappella  di  Palermo  la  terza  parte  delle  decime  di  Ga- 
strogiovanni  e  di  Aidone,  tpraeter  illas,  quas  capellani  Domini  Regis 
habituri  sunt  de  Balio  et  Lombardia,  quae  sunt  de  Capella  Castelli.  » 

(3j  11  Fazbllo,  {De  rebus  Siciliae,  ediz.  1558,  Dee.  II,  Lib.  VII,p.  459)  quasi 
con  le  slesse  parole  del  Falcando,  così  narra  il  fatto:  tRogerius  Sclavus  cum 
Tancredi  Ducis  fxliis  paucisque  aliis ,  qui  prius  a  Bonella  (Matteo)  di- 
scesserant,  Buteram,  Platiam,  caeteraque  Longobardorum  oppida,  quae 
pater  ejus  tenuerat,  sibi  occupavit,  atque  inde  una  cum  Lombardis  in 
Saracenos...  irruens,  quotquot  obvios  habuit ,  interfedt  >  —  Il  Falcando 
{Historia  Sicilia^  presso  il  Caruso,  Bibliotheca  historica,  Voi.  I,  p.  440) 
diflferisce  essenzialmente  soltanto  in  queste  frasi  :  «  Rogerius  Sclavus  cum 
Tancredi  Ducis  filio...  Buteriam,  Placiam,  caeteraque  Lombardorum 
■oppida  »  ecc.  Il  che  dimostra  come  non  si  facesse  distinzione  alcuna  tra 
Longobardi  e  Lombardi. 


LE    COSI    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 


strusse  Piazza,  e  ordinò  ai  ribelli  d'uscire  dall'  isola,  insieme 
col  loro  condottiero  (1161). 

Sappiamo  inoltre  dalla  stessa  fonte,  che  più  tardi  (1168), 
essendosi  i  Messinesi  ribellati  a  Stefano  di  Rotrou  dei  Conti  di 
Perche,  Gran  Cancelliere  del  Regno,  e  volendo  il  Re  Gugliel- 
mo II  muovere  contro  i  ribelli ,  le  popolazioni  di  Randazzo, 
Vicari,  Gapizzi,  Nicosia,  Maniace  e  di  altre  città  lombarde,  gli 
proflfersero  un  esercito  di  circa  ventimila  combattenti  (1). 
Notizie  questo  confermate  dagli  storici  posteriori  (2),  tra  cui 
il  Fazello  (3),  il  quale,  sulla  testimonianza  dei  sopravviventi  dia- 
letti, non  si  peritò  di  porre  nel  novero  delle  colonie  lombarde 
anche  Aidone  e  San  Filadelfo,  oggi  San  Fratello  (4). 

L'ultima  memoria  di  colonie  lombarde  ci  è  infine  traman- 
data da  un  diploma  dell'Aprile  1237,  col  quale  l'Imperatore 
Federico  II  di  Svevia  concedeva  a  Oddone  di  Camerana  e  ai 
Lombardi,  seco  lui  passati  in  Sicilia,  la  terra  di  Corleone,  in 


(1)  Falcando,  Op.  cit,  p.  480:  *  Inter  e  a  Randacini,  Vacarienses, 
Capiciani,  Nicosiani,  Maniacenses,  caeterique  Lombardi,  qui  Cancellarii 
parte»  oh  multa  ejtts  beneficia  tenebantur ...  legatos  Panormum  miserunt 
rogantcs  Cariceli artum...  ut  adversus  Messanenses  exercitum  confìdenter 
educeret.  Natn  eu/n  quidem  de  solis  Lombardorum  oppidis  XXM  prò- 
ptignaiorum  ubicumque  praeciperet  habiturum  ». 

(2)  BoNFiano.  Storia  di  Sicilia,  Parte  I,  Lib,  VI,  p.  242;  Gallo,  An- 
nali di  Messina,  Voi.  II.  p,  46;  Testa,  J)e  vita  et  rebus  gestis  Guilel' 
mi  11,  Uh.  II,  p.  150;  ed  altri. 

Co)  Op.  cil.,  Dee.  II,  Lil).  VII,  p.  467,  Non  fa  però  menziono  di  Vicari. 

(4)  •  Normanni  deinde  ducibus  Roberto  Guiscardo  et  Roger  io  Bosso 
germanis  fratribus,  Sarracenos  f'oelici  et  admir abili  vicloriaecursu  su- 
peratites,  tota  Sicilia  sunl  piitiii.  Qua  tempestate  Loinhardxjrum  intigna 
muitiludo  Siciliani  incoluit.  Urbcs  eorum  Nicosia,  Plalia,  Aydoms  et 
S.  Philadelphus  .  (Op.  cil.  edit.  cil..  Duo.  I,  lib.  I,  p.  27). 

•  .S,  Philadelp/ti  noci  nnminis ,  et  Longobardorum ,  ut  ex  ivcolnrum 
idiomate  colUgilur,  oppidum.  Qui  an  cum  liogeriu  Siciliae  Comite  in 
Sii'.dium  venerint ,  an  vero  alio  tempore  incompertum  habco  •  (Op.  cil,,. 
K  •.:/■.   m:.  De;.  F.  Lib.  IX,  p.  201). 


LE    COSÌ    DETTE    '^  COLONIE    LOMBAKDE  ,    DI    SICILIA  7 

cambio  di  quella  di  Scopello,  loro  precedentemente  concessa  (1). 
Questo  diploma  veniva  confermato  da  Federico  III  il  1°  Giu- 
gno 1305. 

Si  trova  anche  un  altro  diploma  di  Federico  II  del  20 
Febbrajo  1238,  col  quale  l'Imperatore  svevo  concedeva  a  Bo- 
nifacio di  Caraerana,  figlio  di  Oddone,  il  casale  e  il  castello 
di  Militello  Val  di  Noto,  in  cambio  della  terra  di  Corleone 
passata  al  Demanio,  ma  è  a  ritenersi  o  apocrifo  o  interpola- 
zione di  un  diploma  di  epoca  posteriore.  Ed  in  vero  non  si 
comprenderebbe,  come  si  sarebbe  potuto  confermare  da  Fe- 
derico III  nel  1305  la  concessione  di  Coi  leone,  se  questa  ter- 
ra fosse  stata  già  nel  1238  restituita  veramente  al  Demanio. 
Or  poiché  la  concessione  di  Militello  Val  di  Noto  non  può 
essere  una  pretta  invenzione',  noi  preferiamo  credere  coh  lo 
Starrabba  (2),  che  il  diploma  del  20  Febbrajo  1238  sia  inter- 
polazione di  un  diploma  di  epoca  posteriore  (1338). 

Gli  storici  non  fanno  menzione  di  altre  colonie  (3),  eppure  a 
quelle  fin  qui  rammentate  sono  da  aggiungere,  suirinfallibile 
scorta  del  loro  peculiare  linguaggio ,  anche  Sperlinga  presso 
Nicosia,  e  Novara  nella  provincia  di  Messina. 

Non  mancano  indizi  storici  di  popolazioni  continentali,  sta- 
bilitesi in  altre  parti  della  Sicilia,  come,  a  cagion  d'esempio, 
la  denominazione  di  «  Lornhai^dla  »,    data  ad  alcuni  quartieri 


(1)  V.  Raffaele  Starrabba  e  Avv.  Luigi  Tirrito,  Assise  e  Consuetudini 
della  Terra  di  Corleone.  (Nei  «  Documenti  per  servire  alla  storia  di  Sicilia  » 
per  cura  della  Società  Siciliana  per  la  storia  patria ,  2'  Serie  ,  Voi.  II, 
pp.  107-11;  e:  Huillakd-Brèholles,  Historia  diplomatica  Friderici  II,  Voi.  VI, 
p.  128,  Parisiis,  1849.— Il  fatto  è  rej^istralo  dal  Fazello:  «  Frederico  Secundo 
Caesare  Henrici  /ìlio  in  Sicilia  regnante^  Lombardi  complures  ex  Pla- 
centia  et  locis  aliis  Oddone  duce  Corilionem  incoluerunt  »  ("Dee.  I,  Lib.  I, 
p.  27).  E  riporta  il  testo  del  diploma. 

(2)  Op.  cit.,  ediz.  cit.,  pp.  117-18. 

(3)  Circa  le  colonie  sopra  etuimerate,  tutti  gli  storici  pcsleriori  al  Fa- 
zello non  fanno  che  ripetere  le  stesse  notizie  da  lui  riferite,  e  quindi  noi 
crediamo  poter  Aire  a  meno  di  occuparcene. 


LE   COSÌ    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE  ;,    DI    SICILIA 


in  San  Filippo  d'Argirò  ed  in  Castrogiovanni  (1),  la  quale  fa- 
rebbe, secondo  1'  Amari  (2),  supporre ,  che  parte  almeno  di 
quelle  città  fosse  stata  occupata  da  gente  «  lombarda  »  ;  e 
sono  assai  probabili  le  congetture  dello  stesso  Amari,  circa 
le  popolazioni  continentali  di  Mistretta  e  Caccamo,  alle  quali 
potrebbesi  aggiungere  Troina,  che  fu  tra  le  prime  città  —  e 
non  certo  delle  più  tranquille  —  espugnate  dai  Normanni  in 
Sicilia,  e,  come  tale,  dovette  ricevere  un  grosso  presidio  dei 
nuovi  conquistatori,  e  richiamare  le  loro  famiglie.  Laonde  ben 
di  leggieri  si  spiegano  e  la  potenza  cui  pervenne  Troina  du- 
rante la  dominazione  normanna,  e  le  concessioni  e  i  privilegi, 
dei  quali  godette,  come  il  Vescovado  di  cui  fu  la  prima  sede 
in  Sicilia.  Ma  le  cronache  e  le  storie  sono  affatto  mute  sul 
riguardo,  sicché  noi  dobbiamo  solamente  appagarci  di  pure  e 
semplici  congetture  ed  ipotesi,  suffragate  appena  da  qualche 
rara  sopravvivenza  etnica  o  dialettale  ,  come  a  suo  luogo  si 
vedrà. 

Più  che  una  semplice  congettura  però  è  la  tradizione,  rac- 
colta e  confermata  dallo  storico  Fazello,  secondo  la  quale  Cal- 
tagirone  sarebbe  stata  verso  il  mille  tolta  ai  Saraceni  da  un 
esercito  di  Genovesi  e  Pisani,  chiamati  in  aiuto  dai  cristiani 
caltagironesi.  Non  è  chi  ben  di  leggieri  non  comprenda  l'in- 
verosimiglianza di  questo  leggendario  racconto,  che  con  tanta 
facilità  —  malgrado  la  potenza  dei  Musulmani,  arrivata  in  quel 
torno  di  tempo  all'apogeo  —  fa  pervenire  un  esercito  di  Geno- 
vesi e  Pisani  fino  a  Caltagirone,  ossia  nel  centro  dell'isola; 
laddove  noi  sappiamo  quante  battaglie  abbia  dovuto  superare 
il  Conte  Ruggiero,  per  arrivare  nelle  parti  mediterranee  del- 


(1)  Rocco  PiRRi,  Sicilia  Sacra,  pp.  582-88.— La  supposizione  deirAmari  è 
•tiiLi  (li  reccnlc  oonfenuata  «lai  falli,  poiché  il  Doli.  Giacomo  De  Gregorio 
ha  annunziato  <li  avere  scopiMlo  nel  quarliore  FMmimt  di  Caslrogiuvanni, 
tracce  non  «Jubie  di  un  •lialcllo  trailo  italico.  (V.  Monte  Cuccio,  rivista  al- 
pinixticu  palcriuilana,  Anno  189i,  N.  2). 

(2)  Op.  cil.  \'A.  Ili,  Parlo  I,  p.  '>24. 


LE    COSI    DETTE    "   COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 


l'isola,  più  che  mezzo  secolo  dopo,  quando  già  la  potenza  de- 
gli Arabi  in  Sicilia  era  scossa  dalle  intestine  turbolenze  e  di- 
scordie. Preferiamo  adunque,  conciliando  la  tradizione  con  la 
storia,  anzi  integrando  l'  una  per  via  dell'altra,  opinar  con 
l'Amari  (1),  che  durante  il  periodo  in  cui  la  Sicilia  tutta  si 
ripopolò,  anche  Caltagirone  dovette  ricevere  nuovi  abitatori 
venuti  dal  continente  dell'Italia,  e  propriamente  dalla  Liguria, 
se  è  vero ,  siccome  aflferma  il  Dottor  Antonino  Cremona  (2), 
che  quel  vernacolo  conservi  ancora  elementi  del  dialetto  li- 
gure :  la  qual  cosa  noi ,  a  suo  luogo ,  ci  riserbiamo  di  esa- 
minare. 

E  non  solo  San  Filippo  d'Argirò,  Castrogiovanni,  Caccamo, 
Mistretta,  Caltagirone  e  Troina  —  a  prescindere  dalle  vere  e 
proprie  colonie  —  si  accrebbero  di  nuovi  abitatori ,  ma  tutte 
0  quasi  tutte  le  città  dell'isola,  specie  le  principali,  ricevet- 
tero un  certo  contingente  di  nuova  popolazione.  In  effetti  — 
senza  dir  dei  Giudei  che  in  Sicilia  si  sparsero  un  po'  da  per 
tutto  —  non  pochi  Italiani:  Amalfitani,  Genovesi,  Pisani,  Ve- 
neti, Lombardi,  Fiorentini,  Alessandrini  e  Lucchesi,  per  parlar 
solo  dei  più  comuni  e  dei  più  numerosi,  vennero  a  stabilirsi 
nell'isola,  riunendosi  a  mo'  di  colonie  in  ispeciali  quartieri, 
ai  quali  legarono  le  rispettive  denominazioni,  che  tuttavia  so- 
pravvivono. 

Ma  —  ripetiamo  —  la  storia  è  muta  sul  riguardo,  ed  è  an- 
cor di  là  da  venire,  per  quanto  sia  molto  desiderato,  un  la- 
voro che  studiando  minuziosamente  le  immigrazioni  di  codeste 
genti ,  ne  illustrasse  le  conseguenze  etniche  e  linguistiche 
sulla  popolazione  indigena  dell'isola  :  lavoro  ben  grave  e  dif- 
ficoltoso, perchè  queste  ultime  immigrazioni,  avvenute  certa- 


(1)  Op.  cit.,  Voi.  Ili,  Parte  I,  pp.  329-33. 

(8)  Delle  origini  di  Caltagirone,  pag.  16.  —  Fonetica  del  Caltagironeae 
con  riguardi  alle  principali  parlate  del  Siciliano.  Nella  *  Rassegna  della 
Letteratura  Siciliana  »,  diretta  da  M.  Puglisi-Pico  e  R.  Platania  D'Antoni, 
Tip.  Ei.  Saro  Donzuso,  Acireale  1895,  Voi.  II,  p.  154,  Num.  3  e  4. 


10  LE    COSÌ    DETTE    "  COLONI K    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 

mente  alla  spicciolata ,  non  poterono  lasciare  tracce  naolto 
profonde  e  ben  manifeste  nel  linguaggio,  nei  costumi  e  nelle 
consuetudini  giuridiche  degli  isolani ,  o  per  non  aver  dato 
origine  a  vere  e  proprie  colonie  o  per  essere  state  queste 
assorbite  da  preponderanti  elementi  locali. 

Non  ugualmente  però  è  a  dirsi  di  alcune  delle  colonie  so- 
pra mentovate,  le  quali  tuttavia  chiaramente  e  alla  bella  pri- 
ma si  riconoscono  dalle  ben  distinte  peculiarità  del  tipo  fo- 
netico e  morfologico,  nonché  da  qualche  particolarità  etimo- 
logica dei  loro  dialetti,  e  da  altri  indizi  etnici  della  popola- 
zione. 

Il  primo  tra  gli  storici  a  fare  queste  argute  osservazioni  fu 
Tommaso  Fazello  (1),  il  quale  a  proposito  di  Nicosia  così  scrive: 
«  Nicosia  populosmn  et  ingens  est,  Nicosinum  oppidum  a  Fre^ 
derico  Secundo  Caesare  in  diplomate  quodani  appellatmn, 
quod  Lombardi  et  Galli  cum  Rogerio  Siciliae  Cornile  in  Sir- 
cUiarn  advecti  promiscue  inhabitaìnint,  ut  Siculorum  Annales 
referunt  :  cuius  etiam  nunc  incolae  sermone  Lombardo  et  Gal- 
lico etsi  corrupte  uiuntur  »,  e  :  «  Nicosiani  utriusque  sexus  id 
etiam  habent  insigne,  quod  proceritate  corporis  simul  et  oris 
forma  vultuque  in  univei  sum  ferme  Siculis  praestanty  et  Fran- 
corum,  Normannorum  ac  Lombardorum ,  quorum  sunt  colo- 
nia, eos  esse  sobohìn  ostendunt  ». 

E  a  proposito  di  Aidone  :  «  Aydonurn  loìnbaì'dorum  oppi- 
dum, Normannorum  tem,pore ,  superatis  Saracenis^  a  Lom- 
bardis  qui  cum  Rogerio  Comite  in  Siciliam  traiecerunt  ^  in 
edito  monte,  cui  tota  Catanensis  planitles  subest ,  conditmn: 
quiims  adhuc  patrii  sermonis  est  usus  »  (2). 

Ma  il  Fazello,  dopo  averci  detto  che  i  Nicosiani  si  servona 
del  linguaggio  loml)ardo-gallico,  benché  corrotto,  e  gli  Aido- 
nesi,  del  patrio  linguaggio  ossia  del  lombardo,  non  scende  a 


(1)  De  ri.-t>U8  mìcuIN,  uJiz.  cil.,  Dee.  I,  Lìb.  X,  p.  210. 

(2)  Oj».  cil.,  eli/.,  cil.,  Dee.  I,  Lib.  IX,  p.  22.'). 


LE    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE  ^    DI    SICILIA  11 

maggiori  schiarimenti.  Né  egli  poi  né  gli  storici  posteriori 
fanno  cenno  della  natura  dei  vernacoli  delle  altre  colonie,  da 
essi  stessi  e  dagli  storici  più  antichi  rammentate  con  la  de- 
nominazione generica  di  colonie  lombarde,  giusta  i  rispettivi 
squarci  riportati  nelle  precedenti  note. 

Gli  stessi  storici  locali  non  chiariron  guari  meglio  la  qui- 
stione.  Lo  storico  di  Nicosia  (1)  credette  di  adempire  al  pro- 
prio dovere,  giudicando  il  vernacolo  patrio  «  un  gergo  di  fa- 
vella, misto  (fi  fi?'n'liorìo,  di  frmtcps^,  e  di  lombardo»,  e  rimet- 
tendosene pel  di  più  al  Fazello,  che,  come  abbiamo  veduto, 
ne  disse  anche  meno  di  lui. 

Cosi  si  chiude  il  periodo  degli  storici  propriamente  detti. 
La  quistione  non  fece  alcun  passo  verso  la  sua  soluzione,  se 
non  quando  se  ne  incominciarono  ad  occupare  gli  storici-filo- 
logi, dei  quali  passiamo  a  discorrere. 

n. 

Letteratura. 


L'inizio  degli  studi  relativi  all'  origine  dei  dialetti  delle 
«  colonie  lombarde  »  di  Sicilia  rimonta  al  1857 ,  anno  in  cui 
Leonardo  Vigo  pubblicò  la  sua  «  Raccolta  amplissima  dei 
canti  popolari  siciliani  »,  (2)  fra  i  quali  diede  pel  primo  alla 
luce  alcuni  canti  di  San  Fratello  e  di  Piazza  (3),  che  sono  i 
più  antichi  documenti  a  stampa  dei  dialetti  di  queste  colonie, 


(1)  Notizie  Sloriohe  »li  Nicosiu,  compilate  da  Giuseppe  Beritììi.li  e 
La  Via  Bakone  di  Spatako,  riordinate  e  continuate  per  Alessio  Narbonb 
D.  C.  I).  G.  p.  32.  (Stamperia  dì  Giovanni  Pedone,  Palermo,  1852). 

(2)  Tipografia   dell' Accadeiniu   Gioeniu  dì  G.  Gelatola,  Catania,  18:.'7.. 
In-8°,  pp.  372. 

(3)  Op.  cit..  pp.  382-37. 


12  LE   cosi    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 


e  formarono  oggetto  di  breve  studio  pel  nostro  autore  ,  il 
quale  se  ne  occupò  di  volo  nella  Prefazione  (1). 

Sventuratamente  però  le  opinioni  del  Vigo  non  potevano 
portare  vera  luce  nella  quistione,  perocché  egli  lavorò  sopra 
documenti  scorrettissimamente  trascritti,  per  imperizia  di  co- 
loro che  glieli  comunicarono ,  e  non  ebbe  nemmeno  la  pru- 
denza di  ponderare  ben  bene  la  gravità  e  difficoltà  del  sog- 
getto, prima  di  arrischiarsi  a  superficiali  giudizi.  Epperò  giu- 
dicando il  dialetto  di  San  Fratello,  ebbe  egli  di  primo  acchito 
a  qualificarlo  or  «  inainablle  gergo  più  inintelligibile  della  fa- 
vella di  Satanasso  »  or  «  linguaggio  ibrido,  da  secoli  imba- 
stardito »  or  «  bastardume  di  Lombardo,  inintelligibile  a  qual- 
siasi altro  fuorché  a  chi  V adopera "»  or  linguaggio  «vera- 
mente speciale...  la  cui  pronunzia  nulla  ha  di  comune  né  con 
quella  dei  Siciliani  né  con  quella  deW Italia  di  mezzo  ed  orien- 
tale »,  or  finalmente  «  linguaggio  in  cui  Vistessa  parola  riceve 
due  0  tre  modificazioni  di  pronunzia  e  due  o  tre  significa- 
zioni ».  Misericordia  !  E  aff'ermò  quindi,  che  avendo  tentato  di 
indagarne  la  genesi,  dopo  areici  riconosciuto  qualche  voce 
francese  o  dell'Alta  Italia,  null'altro  potè  trovarvi,  ignorando 
i  dialetti  degli  antichi  regni  di  Piemonte  e  di  Lombardia.  At- 
tribuì infine  l'origine  delle  relative  colonie  agli  abitatori  della 
Marca  Aleramica,  discesi  in  Sicilia  probabilmente  al  sèguito 
della  nipote  del  Marchese  di  Monferrato,  Adelasia,  andata 
sposa  al  Conte  Ruggiero,  e  ai  Longobardi  passati  con  Ro- 
berto Guiscardo  e  Ruggiero  Bosso  a  militare  in  Sicilia. 

L'oscitanza  e  le  parziali  inesattezze  di  queste  opinioni  non 
tardarono  ad  essere  rilevate  prima  e  di  passaggio  dal  Nigra  (2) 
in  un  suo  breve  scritto  bibliografico  sulla  cennata  «  Raccolta  » 
•del  Vigo,  e,  assai  più  tardi,  ma  con  maggiore  ampiezza  di  dimo- 
strazione, dal  De  Gubernatis  (3),  il  quale  ripubblicò,  rimaneg- 


(1)  0|).  cit.,  pp.  M-Ti^. 

(2)  V.  Il  Mondo  Lflttjr.uio,  Nutn.  4,  Torino,  25  Gennajo  1858. 

(3)  V.  Il  Politecnico,  Serie  IV,  voi.  Ili,  1867,  pp.  609-618.  (I  canti  lora- 
fiMUrdi  in  Sicilia.  LoKora  al  Prof.  Michele  Amari). 


LE    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE   „    DI    SICILIA  13 


giati  —  ma  ciò  non  di  meno  sempre  lontani  dalla  corretta  le- 
zione —  i  canti  tolti  in  esame.  L'uno  e  l'altro  sostennero  essere 
i  dialetti  di  Piazza  e  di  San  Fratello,  affini  a  quelli  del  Mon- 
ferrato, luogo  di  origine  delle  colonie  —  impropriamente  dette 
lombarde — venute  in  Sicilia  in  occasione  dei  matrimoni  del 
Conte  Ruggiero  con  Adelasia,  nipote  del  Marchese  di  Monfer- 
rato, di  due  sorelle  di  costei  con  Giordano  e  Goffredo,  figli 
del  Conte  Ruggiero,  e  di  Flandrina,  altra  figlia  di  costui,  con 
Arrigo  fratello  di  Adelasia,  che  fu  poi  nominato  «  Graii  Conte 
dei  villaggi  lotnhardi  ». 

Il  Vigo  rispose  piuttosto  benevolmente  al  Nigra,  coi  suoi 
«  Schiarimenti  »,  che  possono  leggersi  ripubblicati  nella  secon- 
da edizione  dei  €  Canti  popolari»  (1),  ma  con  un  po'  di  vi- 
vacità al  De  Gubernatis  (2),  tentando  a  ogni  costo  di  giusti- 
ficarsi e  dimostrare  infondate  le  critiche  da  lui  mossegli. 

Per  debito  di  critica  coscienziosa  c'incombe  però  l'obbligo 
di  far  osservare,  che  le  inesattezze  rimproverate  al  Vigo,  e 
messe  in  maggior  evidenza  dal  suo  stile  fiorito  e  cattedratico, 
non  erano  poi  poi  il  finimondo,  se  si  considerino  le  condizioni 
degli  studi  glottologici  nel  1857.  Al  postutto  i  suoi  stessi 
critici  non  fecero  avanzar  gran  fatto  lo  stato  della  quistione. 
Del  che  non  puossi  a  buon  diritto  lor  muovere  censura,  do- 
vendosi da  tutti  convenire,  che  un  retto  giudizio  sugli  ele- 
menti linguistici  dei  cosi  detti  dialetti  lombardi  di  Sicilia  non 
poteva  fondarsi  solo  su  poche  ottave  in  vernacolo  di  San 
Fratello  e  di  Piazza,  e  per  giunta  erroneamente  trascritte  e 
pubblicate,  mentre  le  parlate  delle  varie  colonie  sono  quale 
più  quale  meno  differenti  tra  loro. 

Ma  torniamo  alla  nostra  rivista  retrospettiva. 

Nel  1868  Michele  Amari  pubblicò  la  puma  parte  del  tanto 
aspettato  terzo  ed  ultimo  volume  della  sua  «  Storia  dei  Mu- 


(1)  Opere  di  Lionardo  Vigo,  Voi.  II,  Tipografia  Galatola,  Catania,  1870. 

(2)  V.  La  Sicilia,  N.  15,  Anno  III,  Palermo,  3  Aprile  1868. 


14  LE   COSÌ    DETTE    ^   COLONIE    LOMBARDE;,    DI    SICILIA 

sulinanl  di  Sicilia  »,  nella  quale,  seguendo  le  già  esposte  idee 
del  Prof.  De  Gubernatis  (meno  per  quanto  riguarda  l' inapor- 
tanza  da  costui  attribuita  ai  matrimoni  dei  Normanni  con  gli 
Aleramici)  (1),  egli  venne,  circa  l'origine  e  l'età  delle  nostre 
colonie,  a  queste  conclusioni  :  «  È  da  sperare  che  perfezionati 
«  vieppiù  i  metodi  della  linguistica ,  promosso  lo  studio  dei 
«  dialetti  in  Italia,  esaminati  in  più  larghe  proporzioni  i  nomi 
«  propri  e  topografici,  e  pubblicata ,  con  ciò ,  maggior  copia 
«  di  antichi  documenti,  si  arrivi  a  determinare  esattamente  i 
«tempi  e  i  luoghi  dell'emigrazione  di  cui  trattiamo,  i  quali 
«  rimarranno  vaghi  per  ora,  cioè  :  gli  ultimi  venticinque  anni 
«dell'undecime  secolo  e  i  primi  venticinque  del  duodecimo 
«  (1075-1125);  la  Marca  Aleramica  dalla  quale  moveano  a  ma- 
«  no  a  mano  le  colonie,  e  le  regioni  interiori  della  metà  orien- 
«  tale  dell'isola,  dove  qua  e  là  venivano  a  stanziare,  dileguan- 
«  dosi  innanzi  a  loro  le  popolazioni  dei  Greci  e  dei  Musul- 
«  mani  »  (2). 

Nel  1870  poi  vennero  fuori  i  prei: ovoli  «  Studi  di  Storia 
Siciliana  »  di  Isidoro  La  Lumia  (3),  il  quale,  dopo  aver  fatto 
l'enumerazione  delle  così  dette  colonie  lombarde  —  meno  Sper- 
linga  e  Novara,  delle  quali  non  fa  alcun  cenno  —  cosi  con- 
tinua :  «  In  quattro  o  cinque  delle  indicate  contrade  suona  an- 
che oggi  un  linguaggio  che  di  pronuncia  e  di  voci  differisce 
dal  restante  deW isola,  e  ritrae  dai  dialetti  più  settentrionali 
d* Italia:  se  non  che  appunto  le  scarse  reliquie  che  di  quel 
linguaggio  ci  avanzano^  sono  per  sé  stesse  un  dato  valevole  a 


(1)  L'Amari  (Op.  oit.,  Voi.  Ili,  Parte  I,  p.  225)  repula  *  più  verosimile^ 
al  contrario,  che  i  parentadi  del  Conte  e  dei  due  suoi  figli  fossero  stati 
comigliati  dalla  riputazione  della  Casa  Aleramica  nell'esercito  di  Rug- 
giero, una  parte  del  quale  noi  veggiamo  capitanata  {1078)  da  un  Otone 
o  Odone,  nome  frequente  nell'Italia  di  sopra  e  in  ispecie  nella  famiglia 
di  quei  Marchesi  ». 

(2)  Op.  eli.,  Voi.  III,  piuitì  I,  pp.  228-29. 

(8)  Slabilitnenlo  tipografico  Lao,  Palermo,  1870. 


LE    COSÌ    DKTTE    ^  COLONIE    LOMBAUDE   „    DI    SICILIA  15 


non  farci  spingere  troppo  oltre  le  congetture  circa  alla  esten- 
sione e  al  numero  delle  dette  colonie  (l).  »  Benché  si  debba 
deplorare  questa  lacuna  in  una  pregevole  storia,  come  quella 
del  La  Lumia,  tuttavia  dobbiamo  esser  grati  all'autore  di  non 
essersi  abbandonato  ad  arrischiate  affermazioni  dipendenti  da 
semplici  congetture  di  natura  storica,  anziché  da  un  esame 
accurato  dei  vari  vernacoli,  di  cui  in  quel  tempo  mancavano 
ancora  i  documenti  all'uopo  abbisognevoli. 

Lo  stesso  anno  il  Vigo  ripubblicò  i  «.  Canti  popolari  i^  nel 
secondo  volume  delle  sue  «  Opere  »  (2),  introducendo  nella 
«  Prefazione  »  non  lievi  modifiche ,  intorno  al  precedente 
suo  giudizio  sui  vernacoli  di  San  Fratello  e  di  Piazza;  poi- 
ché, ammettendo  la  loro  affinità  con  quelli  del  Monferrato, 
non  li  chiamò  più  «  inamàbili  gerghi  più  inintelligibili  della 
favella  di  Satanasso  »,  e  non  fece  più  contribuire  alla  loro 
origine  i  Longobardi,  che  guerreggiarono  in  Sicilia  con  Ro- 
berto Guiscardo  e  Ruggiero  Bosso. 

Anche  il  Pitrè  ebbe  ad  occuparsi,  due  anni  più  tardi,  dello 
stesso  tema,  nei  suoi  accurati  «  K^tudi  di  Poesia  Popolare  »  (3), 
ma  egli  più  che  ai  vernacoli  delle  colonie  lombarde,  rivolse 
la  sua  attenzione  ai  canti  e  alle  tradizioni  popolari  di  esse, 
facendo  sagacemente  notare,  come  anche  questi  elementi,  oltre 
il  dialetto ,  potessero  giovare  a  rintracciar  le  origini  delle 
rispettive  popolazioni.  Epperò  —  dopo  aver  esposto  lo  stato 
della  quistione  circa  l'origine  di  cotesti  vernacoli,  e  riferita 
l'opinione  del  De  Gubernatis  (4),  seguita  in  parte  dall'  Ama- 
ri (5),  e  da  Otto  Hartwig  (6)  —  cosi  egli  prudentemente  con- 


ci) Op.  cit.,  pp.  49-50  del  Voi.  I. 

(2)  Ediz.  cit. 

(3)  Luigi  Pedone-Lauriel,  Palermo,  1872  (Dei  canti  popolari  lombardi 
di  Sicilia,  pp.  303-328). 

(4)  Op.  cit.,  Ice.  cit. 

(5)  Op.  cit.,  loc.  cit. 

(6)  Nella  introduzione   ai  «  Sicilianische  Màrclien  »  delia  Gonze.nbach, 
op.  cit.,  loc.  cit. 


Irj  Le    COSÌ    DETTE    "'  COLONIE    LOMBAKDE  ;,    Dt    SICILIA 


chiudeva:  «  Un  voto  mi  rimane  adunque  a  fare  in  mezzo 
al  difetto  che  tuttavia  si  paté  di  tali  documenti,  ed  è  che 
qualche  egregio  uomo  di  quei  comuni,  persuaso  della  impor- 
tanza del  fatto,  voglia  una  buona  volta  mettersi  alla  ìncerca, 
di  quelle  tradizioni  poetiche,  le  quali  potranno  gettare  un  po'* 
di  luce  sulla  quistione.  Né  alle  poetiche  soltanto  dovrebbe  li- 
mitarsi, ma  passar  anche  a  quelle  che  si  dicono  orali,  come- 
i  racconti,  le  fiabe,  le  panzane,  e  tutto  quanto  riguarda  i  ca- 
stelli, le  grotte,  le  caverne,  i  monti  e  i  fiumi ,  ow*  è  sì  largo 
sussidio  alla  storia  di  un  popolo  ».  (1) 

Ma  questo  nobile  voto  non  fu  appagato,  e  la  natura  dei 
dialetti  delle  così  dette  colonie  lombarde  continuò  ad  essere- 
avvolta  nella  stessa  oscurità  di  prima.  Basti  dire  che  nel  1875 
Gaetano  Borghese  (2),  storico  di  Novara  Sicula,  discorrendo 
del  suo  dialetto,  affermava,  che  «^  un  misto  di  spagnuolo, 
arabo,  latino  e  francese:  vocabolo  tronco  e  suono  aspro.  È 
povero  di  voci  e  quindi  difettoso  nella  proprietà.  Diversifica 
non  poco  dal  vero  dialetto  siciliano,  e  diversifica  pure  da  quello 
parlato  nelle  città  vicine  e  perfino  nei  paesi  limitrofi.  Non  si 
esagera  certo  dicendo  che,  a  voler  parlare  il  pretto  dialetto' 
del  paese,  in  Messina  difficilmente  si  è  compresi.  »  (3) 

Non  si  parlava  più  adunque  da  parecchi  anni  delle  colonie 
lombarde  di  Sicilia,  quando    nello    stesso   anno    1875  il  Prof.. 


(1)  Op.  cit.,  p.  327. 

(2)  Novara  >ii  Sicilia,  Nolizic  storiche,  Tipo-Litografia  di  Regis  e  Coiup., 
MìIhiiu,  1875. 

(3)  Op.  cit,,  f).  i31.— Un  jitino  dopo  R'niitjio  Roccelln,  benemerito  iiutore 
del  «  Vocabolario  della  lingua  )>arlata  in  Piazza  Armerina  •  (Bartolomeo 
Mantelli  editore,  CaltagiroiK-,  1875;  mii  nell' ultima  pagina  leggesi  la  data 
«ivi  i876),  dopo  aver  notate  alcune  caratteristiche  ras.somiglianze  tra  il  dia- 
Itrtto  piemontese  e  il  vernacolo  pia/.zesi^,  così  concliiudcva  circa  l'origine 
«lei  Coloni  piaz/,esi  :  •  Dopo  caduto  t'Impero  latino,  epoca  di  silenzio  per 
la  storia  di  Piazza,  i  Longobardi  occuparono  Plutia...  Oli  occupanti 
Ltmyobardi  fWono  in  numero  rilevantissimo,  e  furono  quegli  stessi  che 
ai-rvuHii  iihitati)  le  terre  ftiemontesi,  yncvtre  se  fossero  stati  in  poco  nur 


LE    COSÌ    DETTE    '^  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA  17 

Luigi  Vasi,  nativo  di  San  Fratello ,  diede   alla    luce  un  «  Di- 
scorso-» sul  dialetto  della  sua  patria  (1),  nel  quale,  confutan- 
do, benché  tardi,  le  erronee  opinioni  già  manifestate  dal  Vigo 
nella  «  Prefazione  »  alla  sua  «  Raccolta  amplissima  dei  canti 
popolari  siciliani  » ,  si    propose    dimostrare  come  il   dialetto 
sanfratellano,  al  pari  di  tutti  gli  altri  dialetti  italici,  sia  neola- 
tino, e  come  alla  colonia  di  San  Fratello  siano  concorsi  non  solo 
Monferrini,  ma  eziandio  genti  di  altre  regioni  dell'Italia  setten- 
trionale e  della  Francia.  Il  suo  «  Discorso  »  fu  ben  diversamente 
giudicato    dal   sanfratellano   Giuseppe  Ricca-Salerno   (2)   (al- 
lora giovane  di  belle  speranze,  oggi  uno  dei  più  rinomati  eco- 
nomisti italiani)  e  da  Leonardo  Vigo  (3).  La  critica  ingiusta- 
mente severa  e  pretensiosa  di  costui    diede  al  Vasi  il  diritto 
di  difendersi  e  di  attaccarlo.  Ed  egli  cosi  fece,  rilevando — que- 
sta volta  in  modo    polemico  —  tutte  le  inesattezze  dette   dal 
Vigo  nella   prima  edizione   dei  «  Canti  popolari  »,  e  tutte  le 
contraddizioni  tra  la  prima  e  la  seconda  edizione  degli  stessi. 
Tornò  inoltre ,  con  maggior   numero  di  esempì ,  ricavati  dal 
vernacolo  di  San  Fratello,  sul  suo  primiero  assunto,  per  ve- 
nire a  queste  particolareggiate  conclusioni,  cioè  :  «  che  circa 
al  luogo  dal  quale  partirono  le  colonie  il  centina  sia  stato  l'E- 
milia :  Piacenza,  Modena,  Peggio,  coi  paesi  circonvicini;  che 


mero,  la  lingua  vernacola  piazzese  non  poteva  acquistare  la  caralteri- 
stéca  piemontese  >  (Op.  cif^,  pp.  12-13). 

La  stessa  opinione  egli  professa  circa  l'origine  delie  altre  colonie,  Aido- 
ne,  Nk'osia  e  San  Fratello  (le  sole  da  lui  nominate),  e  passa  sotto  silenzio 
la  congettura  riferita  dall'Amico  {Lexicon  topographicum  siculum,  alla 
voce  Platia),  dall'Arezio  e  dal  Cliiarandà,  storico  di  Piazza,  sulla  prove- 
nienza piacentina  dei  coloni  piazzesi.  t  Hanc  (Piazza)  et  opidum  non  mul- 
tum  remotum  Aidonem  Cisalpinos  Gallos  nunc  Lombardos,  a  Placentia 
urbe  deducta  Colonia,  imbuisse,  quod  eorum  utunlur  sermone,  ipsi  cre- 
dunt  ».  Così  l'Arezio. 

(1)  V.  Rivista  Euroi.ca,  Anno  1876. 

(2)  La  Libertà,  N.  327,  Roma,  23  Novembre  1875. 

(3)  Il  Precursore,  N.  318.  Palermo,  20  Novembre  1875. 

Avch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  2 


18  LB   cernì    D'ETTE    "  OùLONlE    LOMBARDE  ;,    DI    SICILIA 

altri  vocaboli  e  forme  di  rilievo  accennano  ad  ima  forte  mi- 
schianza  di  Lonibardi  remiti  dal  mezzogiorno  d'Italia,  e  che 
Ui  Puglia  segnatamente  dovette  formile  ai  conquistatori  7ior~ 
manni  grosso  numero  d'uomini  per  questi  novelli  inpianti  »  (1), 

E  allora  il  Vigo,  per  confutar  tutti  insieme  i  suoi  critici,  e 
superarli,  ideò  la  «  Monografìa  critica  delle  colonie  lombardo- 
siculo  (2),  la  quale,  a  suo  avviso,  doveva  chiuder  Tàdito  a  o- 
gni  ulteriore  quistione.  Vana  speranza!  Perocché  la  quistione 
delle  origini  delle  nostre  colonie  non  poteva  essere  non  dico  riso- 
luta, ma  almeno  avviata  verso  la  sua  più  probabile  soluzione, 
senza  precedere  un  accurato  e  profondo  esame  dei  vari  vernacoli: 
esame  che  al  Vigo  non  era  dato  di  poter  fare,  perchè  cotali 
studi  non  si  fondano  sopra  semplici  liste  di  vocaboli  più  o 
meno  esattamente  trascritti  da  indotti  corrispondenti,  sibbene 
sulla  larga  e  profonda  conoscenza  del  dialetto,  la  quale  il 
Vig»)  non  possedeva,  essendo  estraneo  alle  colonie  da  lui  stu- 
diate, e  digiuno  di  studi  glottologici.  Egli  tuttavia  corresse 
in  cotesta  «  Monografia  »,  sulla  guida,  in  ispecie,  dei  lavori  del 
Vasi,  parecchie  delle  sue  originarie  inesatte  opinioni,  ma  la- 
tdò-  la  quistione  nello  fvtesso  stato  in  cui  era  prima. 

Nel  1882  il  Vasi,  a  proposito  «  Delle  origini  e  vicende  di 
San  Fratello  »  (3),  dopo  aver  passato  in  rassegna  una  lunga 
serie  di  nomi  propri  personali  e  topogratìci,  e  messili  in  con- 
fronto con  altri  consimili  del  continente  italiano,  così  con- 
chiudeva :  «  Tutti  questi  nomi  di  luoghi^  di  famiglie  e  di  per~ 
sone  offrono^  se  mal  non  mi  appongo,  le  tracce  del  cammùio 


(1)  V.  Rivi.sla  Euru|»i':i.  IS7G.   Faauicoli  2"  e  3»  ilei  mesi  di   Ot- 

tobre e  N«n'f»ml>n'  :  Sul  dialeUo  nanfratellano.  (LcUeivt  al  Dot!.  Giuseppe 
Jttcca-Sali'rno;.  Questa  h^tfcra  é  sfatu  ripubblic.ita  dal  Vasi  noi  suoi  jnvge- 
voli  «Studi  glorici  e  filologici  »,  pp.  "vi-óO  (Tipografia  Michele  Araentii,  Pa- 
lermo, 1889). 

(8)  V.  Opnro  di  LiONARDo  Viao,  voi.  Ili,  (Opuscoli  inediti  e  nuij.  Sta- 
biUmenlu  tipografico  Bulliiii,  Catania,  1878,  pp.  166-206.     x 

(8)  V.  Archivio  Storico  Siciliano,  Nuova  Serie,  Anno  XI. 


LE    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE  „    PI    SICILIA  19 


tenuto  da  quei  Lombardi  ed  altri  Italiani  della  (ej'rafer.na, 
che  vennero  a  ripopolar  San  Fratello,  e  servono  ad  un'ora  a 
confermare  l'opinione  da  me  manifestata  alt)'ove,  che  di  lo?^o 
la  maggior  paiate  mosse  dalle  provincie  della  Puglia  e  del- 
l'Emilia  ». 

Egli  medesimo,  due  anni  dopo,  sia  per  fare  notare  le  ul- 
time inesattezze  e  contraddizioni,  in  cui  il  Vigo  era  caduto 
nella  «  Monografia  critica  »  dianzi  accennata,  sia  per  riven- 
dicare a  sé  quelle  idee  e  ricerche,  che  costui,  senza  neppure 
dominarne  1'  autore ,  aveva  messo  indebitamente  a  profitto, 
mandò  alle  stampe  le  «  Osservazioni  critiche  alla  Monografia 
critica  delle  colonie  lomhardo-sicule  di  Lionardo  Yigo»  (1),  nella 
quale  il  valoroso  autore,  avendo  per  la  prima  volta  impreso 
a  confrontar  tra  loro  e  studiare  anche  i  vernacoli  di  Nicosia, 
Piazza  Armerina  e  Aidone,  venne  a  queste  generali  conclu- 
sioni :  «  Alla  formazione  delle  cinque  colonie,  che  ancora  esi- 
stono, concorsero  per  metà  il  Genovesato  e  il  Piemonte ,  col 
Principato  di  Monaco  e  la  Contea  di  Nizza,  per  V altra  metà 
le  Provincie  del  mezzogior^no  e  T Emilia.  Quanto  a  prevalenza, 
per  Nicosia  e  Sperlinga  appaile  manifesto  il  predominio  asso- 
luto delle  Provincie  liguri  e  di  Cuneo;  per  San  Fratello,  poco 
meno  notabile,  ma  pur  sempre  chiaro,  della  provincia  di  Mo- 
dena e  della  Terra  di  Barn;  per  Aidone,  uno  leggerissimo  e 
quasi  nullo  della  provincia  d'Alessandria;  per  Piazza,  od  esso 
veramente  non  esiste,  o  la  natura  della  sua  versione,  troppo 
remota  dall'originale,  non  ci  permette  di  scorgerlo  ».  Il  Vigo 
all'incontro  nella  «Monografia»  aveva  escluso  dalla  forma- 
zione delle  grosse  colonie  il  centro  e  il  mezzogiorno  d'Italia, 
è  vi  aveva,  in  loro  vece,  compreso  il  Veneto  e  il  Milanese: 
regioni  che  —  secondo  il  Vasi  —  o  non  vi  parteciparono  af- 
fatto 0  in  modo  da  non  mutare  l'indole  dell'emigrazione   (2). 


(1)  Ripubblicate  negli  «  Studi  storici  e  filolofici  •  Edi2.  cit.,  pp.  137-69. 

(2)  Una  delle  più  evidenti  inesattezze  del  Vigo,  confutata  anche  dal  Vasi 
(Op.  cit.,  ediz.  cif.,  p.  148),  consiste   ncll'  escludore    Nicosia  dai  paesi  che 

•ancora  conservano  l'originaria  'parlatura. 


20  LE    COSÌ   DETTE    "■  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 


Ma  non  si  fermò  qui  il  movimento  degli  studi  sulle  cosi 
dette  colonie  lombarde  di  Sicilia.  Dal  1857,  anno  in  cui  la 
pubblicazione  della  «  Raccolta  ampUsshna  dei  canti  ^popolari 
siciliani  »  (1)  del  Vigo  aprì  la  discussione  sulla  natura  di 
questi  dialetti,  al  1884,  anno  in  cui  il  Vasi  pubblicò  le  sue 
^Osservazioni  critiche'»  (2)  dianzi  riassunte ,  gli  studi  della 
glottologia  avevano  già  raggiunto,  principalmente  per  opera 
dell'Ascoli  in  Italia,  un  perfezionamento  scientijfìco,  che  non 
era  stato  peranco  applicato  alla  diagnosi  dei  dialetti  dei  quali 
discorriamo.  Il  primo  a  far  questo  tentativo,  e  felicemente,  fu 
il  Dottor  Giacomo  De  Gregorio,  patrizio  palermitano,  il  quale 
lo  stesso  anno  1884  pubblicò  la  «Fonetica  dei  dialetti  gallo- 
italici di  Sicilia»  (3).  Non  è  questo  un  lavoro  completo,  ma 
un  saggio.  Il  vernacolo  meno  incompletamente  studiato  è  quello 
di  San  Fratello,  che  occupa  la  parte  principale  della  pubbli- 
cazione, mentre  solo  pochi  fenomeni  fonetici  caratteristici  dei 
dialetti  di  Piazza  Armerina  e  di  Nicosia  sono  indicati  nelle  note. 
Quanto  —  diremo  così  —  al  merito  delle  quistioni ,  che  noi  ci 
proponiamo  di  ristudiare,  è  pregio  dell'opera  riportare  le  te- 
stuali parole  del  De  Gregorio,  il  quale  così  ragiona  :  «  Non 
presumo,  almeno  per  ora,  di  venir  rintracciando,  per  via  del 
dialetto,  la  precisa  patria  di  codeste  colotiie,  che  volgarmente 
si  credono  lombarde,  o  di  stabilire  V  età  della  loro  immigra- 
zione; e  in  altri  termini  vuol  dire,  che  non  presumo  di  de- 
terminare sin  d'ora  il  preciso  posto  che  spetti  nel  sistema  dei 
dialetti  italiani  ai  vernacoli  che  io  qui  ristudio,  e  son  quelli 
di  San  Fratello,  Nicosia  e  Piazza  Aìmerina.  Mi  limito  a 
chiamaì^li  gallo-italici,  come  sicuramente  sono;  ma  non 
senza  avvertir  sùbito,  che  il  sanfraiellano  si  divaria  notevol- 
mente dagli  altri  due,  e  per  maniera   che  mal  può  spiegarsi 


(1)  Edlz.  olt. 

(2)  Ediz.  cil. 

(3)  Estratto  dall'  «  Archivio  Glottologico   Italiano  »,  voi.  Vili,  pniit.  II. 
Kni.atiiHi  T.McscIicr,  l'.oriKi,  ToriiKt,  Firenze,  188'»,  Iii-R",  pp,   15. 


LE    COSÌ    DETTE    '^  COLOXfK    LOMBARDE   „    DI    SICILIA  21 


dal  solo  fatto  che  egli  risentisse  metw  degli  altri  le  infìuenze 
siciliane.  Il  sanfratellayio  par  che  si  accosti  assai  notevolmente 
al  sistema  «  ladino  »  ;  ma  sarà  più  cauto  il  dire,  ch'egli  rap- 
presenti il  «  PEDEMONTANO  SETTENTRIONALE  »   in  Una  faSC  Ytiolto 

più  genuina  che  la  madre  patria  più  non  ci  serbi»  (1). 

Rileva  il  De  Grogorio  I'  errore  del  Vigo  che  aveva  soste- 
nuto essere  il  «lombardo-»  estinto  anche  in  Sperlinga;  afferma 
all'incontro  essere  il  dialetto  di  Nicosia  comune  anche  a  Sper- 
linga, e  quello  di  Piazza  Armerina  comune  ad  Aidone,  senza 
però  darne  o  richiamarne  in  prova  alcun  documento.  Nota 
inoltre  che  si  trovano  tracce  gallo- italiche  anche  in  parec- 
chie altre  città  dell'  isola,  e  che,  anzi,  l' intiero  tipo  fonico, 
sebbene  assai  più  pallido  che  non  nelle  altre  città  testé  enu- 
merate, si  discerne  sempre  a  Novara  nella  provincia  di  Mes- 
sina (2). 

In  questo  saggio  il  De  Gregorio,  per  la  trascrizione  delle 
parole  dialettali,  adoperò  i  segni  alfabetici  escogitati  dal  pro- 
fessore Ascoli. 

A  qualche  lacuna  di  cotesto  lavoro,  pel  solo  vernacolo 
•sanfratellano,  credette  poter  poco  dopo  riparare  il  Prof.  Giu- 
seppe Morosi,  con  le  sue  «  Osservazioni  ed  aggiunte  alla  Fo- 
netica dei  dialetti  gallo -italici  di  Giacomo  De  Gregorio  »  (3), 
delle  quali  avremo  occasione  di  dire  più  ampiamente  appresso. 
In  sèguito  lo  stesso  De  Gregorio  die  alla  luce  un  nuovo  studio 
■sulle  «  Affinità  del  dialetto  di  San  Fratello  con  quello  dell'E- 
milia», (4)  nel  quale  afferma  che  i  tre  dialetti  di  Piazza  Armerina 
(e  Aidone),  Nicosia  (e  Sperlinga),  San  Fratello  (e  Novara),  ap- 
partengono alla  famiglia  gallo-italica;  che  essi  non  hanno  una 
patria  originaria  comune,  nel  senso  che  si  colleghino  con  unico 


(1)  Op.  cit.,  pp.  3-4. 

(2)  Op.  cit.,  pag.  4,  nota  1. 

(3)  Nello  «  Archivio  Glottologico  Italiano  »  ediz.  cit.,  voi.  Vili. 
•(4)  Nello  «  Archivio  »  sopra  citato,  ediz.  cit.,  voi.  Vili,  1886. 


22  LB    così    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 

gruppo  della  famiglia;  che  il  dialetto  di  San  Fratello  va  con- 
siderato come  appartenente  al  gruppo  emiliano,  dato  pure  che 
qualche  scarso  fenomeno  della  sua  fonetica  possa  ricondursi 
ad  altra  origine  :  il  che  tradotto  in  termini  storici  varrebbe 
a  dire,  che  alla  formazione  di  San  Fratello  fossero  concorsi 
emigrati  dall'Emilia  e  da  altre  contrade,  ma  dall'Emilia  prin- 
cipalissimamente. 

Il  Vasi,  cogliendo  occasione  da  quest'ultima  pubblicazione, 
credette  opportuno  far  oggetto  di  un  ^  Cenno  Bibliografico  y^  (1) 
tanto  la  <ti  Fo/ietica  »  e  le  <i.  Affinità  y^  del  De  Gregorio,  quanto 
le  «  Osseì'vazioni  ed  Aggiunte  »  del  Morosi. 

Il  valoroso  autore  sostiene ,  innanzi  tutto,  d'  aver  egli  pel 
primo  dimostrato  le  atììnità  del  dialetto  santratellano  con  quello 
dell'  Emilia  (2),  e  passa  quindi  a  far  la  rassegna  di  non  poche 


(I)  Nello  «  Arch.  storico  sicil.  »  Aimo  1886. — Ripubblicato  negli  «  Studi 
storici  e  filologici*  dello  stesso  Anton»,  eliz.  cit.,  pp.  185-194. 

f2)  Per  lebito  di  lealtà  è  mestieri  riconoscere,  che  fin  dal  1876  il  Sa- 
cerdote Luigi  Vasi  in  una  lettera  al  Dolt.  Giuseppe  Ricca  Salerno,  pubbli- 
cata rella  *  Ricista  Europea  »  (fascicoli  2°  e  3°  del  1876),  aveva  nettamente 
affermato  in  sèguito  a  lunghe  dimostrazioni,  ribadite  più  tardi  nello  scritto 
t  Delle  origini  e  vicende  di  S.  Fratello  »,  che  il  centro  principale  di  par- 
lenza  dei  coloni  di  S.  Fratello  sia  stato  l'Emilia  :  Piacenza,  Modena,  Reggia 
Cui  luoghi  circonvicini. 

Ora  il  De  Gregorio,  in  un  suo  recente  lavoro  «  Sulla  varia  origine  det 
dialetti  gallo-italici  di  Sicilia  »  (Arch.  stor.  sic.  Nuova  Serie,  Anno  XXII, 
pag.  403,  in  nota)  assicura  eh'  egli  al  tempo  in  cui  scrisse  le  «  Affinità  » 
conosceva  del  Vasi  soltanto  il  «  Discorso  sul  dialetto  sanfratellano  »  e 
•  Delle  origini  e  vicende  di  S.  Fratello  »,  che,  a  suo  diro,  «  aff'astellano 
riscontri  disparatissimi  e  senza  metodo  linguistico  ». 

Notiamo  però  che  anche  nello  scritto  «  Delle  origini  e  vicende  di  San 
Fratello  »  il  Vasi  ripetè  la  proposizione  delle  origini  preponderantemente 
emiliane  dei  coloni  di  S.  Fratello.  L'  addebito ,  in  parte  giustificalo ,  che 
tale  conclusione  sia  stata  ricavata  da  riscontri  fatti  senza  rigoroso  metodo  lin- 
guistico, non  toglie  al  Vasi  il  merito  del  suo  felice  intuito  ;  come  la  lode- 
tributata  al  Vasi  non  scema  al  De  Gregorio  il  merito  di  avere  pel  primo- 
Ktudiato,  con  metodo  streltumenle  soiealiQco,  i  nostri  vernacoli.  Unicmque: 
iuum  ! 


LE    COSÌ   DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA  23 

parole  vernacole ,  eh'  egli  afferma  essere  state  inesattamente 
riportate  dal  De  Gregorio  e  dal  Morosi;  ma  lealmente  osserva, 
che  se  l'errore  nella  «.Fonetica»  del  De  Gregorio  è  l'eccezione, 
nelle  «  Osservazioni  ed  Aggiunte  »  del  Morosi  è  la  regola. 

L'  indole  di  questa  prima  parte  del  nostro  lavoro  non  ci 
permette  di  seguire  il  Vasi  nella  sua  lunga  e  minuziosa  disa- 
mina, della  quale  terremo  conto  nei  nostri  spogli  fonetici, 
ma  vogliamo  fin  da  ora  notare,  che  gli  appunti  del  Vasi  non 
vanno  presi  tanto  alla  leggiera,  come  fa  il  Salvioni  (l),  il 
quale  ritiene  che  di  essi  parte  dipenda  «da  ciò,  che  il  Vasi 
mal  si  raccapezza  in  mezzo  alle  nostre  grafìe  »,  e  parte  riguardi 
«  piccole  sviste  e  forse  errori  di  stampa  ». 

A  dimostrare  che  il  Vasi  non  mal  si  raccapezzò  in  mezzo 
alle  grafie  ascoliane,  e  che  non  si  limitò  a  emendare  piccole 
sviste  e  errori  di  stampa,  basta  rilevare  il  fatto,  che  lo  stesso 
De  Gregorio,  seguace  della  scuola  ortofonica,  insorse  contro 
il  Morosi,  il  quale  ebbe  lealmente  a  sconfessare  «certe  ine- 
sattezze ,  che  nessuno  meglio  del  dotto  siciliano  poteva  av- 
vertire »  (2). 

Scrive  il  Salvioni  (3) ,  che  V  autorità  del  Vasi  in  fatto  di 
studi  glottologici  è  troppo  scarsa,  come  se  bastasse  l'autorità 
d'  un  eminente  scrittore —  sia  pure  il  Morosi  —  contro  la  testi- 
monianza d'  un  modesto  studioso ,  quale  il  Vasi  —  Sanfratel- 
lano — per  dar  sussistenza  a  parole  che  in  San  Fratello  corrono 
sotto  forma  assai  differente  di  quella  riprodotta  dal  primo. 

Ed  in  vero  qualunque  sia  l'autorità  del  Morosi,  non  potrà 
però  revocarsi  in  dubbio,  che  le  parole  da  lui  scritte  cugiers 


(1)  e.  Salvioni,  Del  posto  da  assegnarsi  al  Sanfratellano,  nel  sistema 
dei  dialetti  gallo -inalici.  Neil' .-IrcA.  glott.  ital.  !  il' A'^..*  !i .  voi.  XIV, 
pp.  437-5ti. 

(2)  Emendazioni  e  complementi  alle  Osservazioni  ed  aggiunte  concer- 
nenti la  Fonetica  dei  dialetti  Gallo-italici  di  Sicilia.  Xe^VArch.  glott.  it. 
pp.  437-9. 

(3)  Op.  ci'.,  p.  437. 


24  LE    così   DETTE    "  COLONIE   LOMBARDE  ;,    DI    SICILIA 

(coricarsi) ,  caudera  (calda) a),  cauchiera  (fornace),  davannera 
(lavandaja),  dinar  (denaro) ,  oter  (altare) ,  parres  (padrastro), 
fébhrer  (febbrajo)  ecc.,  si  pronunziano  in  San  Fratello — anche 
a  volerle  rappresentare  coi  segni  grafici  comuni  —  curchers^ 
caudiera ,  carchiera ,  davaniera  ,  dinier  ,  auter ,  perrestr, 
friver  ecc. 

Come  del  pari  per  quanto  autorevole  sia  il  nome  del  De 
Gregorio ,  non  perciò  è  men  vero ,  che  le  parole  culuréru, 
ferrèru^  che  egli  dà  come  esempi  dei  riflessi  di  —  ARIO,  per 
la  parlata  nicosiana,  sono  verbi  [colorare ,  ferrare) ,  che  cin 
(cena)  non  esiste  né  in  Nicosia  né  in  Piazza  Armerina,  che 
in  Nicosia  non  si  dice  zara  (cera),  vedesti  (vedesti),  cauderaru 
(calderaj o),  w>iwa  (unde),pa^^(5  (pavone)  (1),  ecc.  ecc.,  siccome 
potrà  ampiamente  rilevarsi  nella  seconda  parte  di  questo 
lavoro. 

Saranno  sviste  di  corrispondenti,  magari  errori  di  stampa, 
che  non  scemano  i  pregi  dei  rispettivi  lavori,  ma  non  è  forse 
doveroso  rilevarli  in  omaggio  alla  precisione,  diremmo  quasi 
matematica,  che  in  questi  studi  si  richiede,  per  potere  istituire, 
senza  tema  di  errare,  i  debiti  confronti  tra  i  differenti  parlari 
delle  varie  regioni  d' Italia  ? 

Or  perchè  prendersela  contro  siffatti  appunti ,  presentati 
senza  acrimonia,  e  al  solo  scopo  di  far  esattamente  apprezzare 
i  nostri  dialetti  ? 

Con  queste  modeste  osservazioni  noi,  al  pari  del  Vasi,  non 
abbiamo  il  più  lontano  intendimento  di  menomare  i  ben  noti 
meriti  del  compianto  Morosi  e  del  De  Gregorio  (a  cui  augu- 
riamo lunga  vita,  per  poter  degnamente  continuare  ad  onorar 
la  nostra  isola  nel  campo  degli  studi  glottologici,  nei  quali 
ha  già  conseguito  tanta  meritata  rinomanza);  ma  crediamo 
d'avere  ormai  giustificato  l'utilità  di  un  nuovo  lavoro   sulla 


(1)  Saggio  di  fonetica  vxc,  cliz,  oit.,  \)\).  5,  0,  8,  9,  11.  in  nota. 


LE    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE   ,    DI    SICILIA  25 


fonetica  dei  dialetti  gallo-italici  di  Sicilia,  per  completare 
con  nuovi  materiali,  e  migliorare  alla  stregua  delle  fatte  osser- 
vazioni, i  saggi  venuti  finora  alla  luce. 

Ma  ritorniamo  —  dopo  questa  digressione  —  alla  nostra  ras- 
segna, per  aggiungere  che  se  il  Vasi  e  il  De  Gregorio  sosten- 
nero essere  emiliano  il  fondo  del  dialetto  di  S.  Fratello,  il 
Meyer-Liibke  (1)  all'incontro,  seguito  più  o  meno  decisamente 
dal  Gorra  (2)  e  dal  Renier  (3),  propugnò  l'antica  congettura 
dell'  origine  monferrina  dei  dialetti  gallo-italici  di  Sicilia,  ri- 
mettendo in  veduta  l'  opinione  del  Vigo  (4)  e  del  De  Guber- 
natis  (5),  che  era  stata  già  accettata  dall'Amari  e  dal  Pitrè  (6)  — 
benché  da  quest'ultimo  con  molte  prudenti  riserbe  —  e  condi- 
visa da  Giuseppe  Ferraro  (7). 

Contro  l'opinione  degli  uni  e  degli  altri  insorgeva  però  il 
Prof.  Carlo  Salvioni  (8) ,  il  quale  inclinava  a  credere  che  i 
nostri  vernacoli  siano  d'origine  piemontese. 

Su  questa  vexata  quaestio  è  tornato  di  recente  il  De  Gre- 
gorio (9) ,  per  confutare  le  congetture  del  Meyer-Liibke.  Non 
è  qui  il  luogo  opportuno  di  riassumere  l'analitico  lavoro  del 
De  Gregorio ,  denso  di    osservazioni    storiche  e  glottologiche; 


(1)  Italienische  Qrammatìk,  Leipzig,  Reisland,  1890,  pp.  6-8. 

(2)  Lingue  neolatine,  Milano,  Hoepli,  1894,  p.  97. 

(3)  «  Il  *  Gelindo  »  dramma  sacro  piemontese  della  Natività  di  Cristo. 
•Ciarlo  Glausen,  Torino,  1896,  p.  5,  n.  1. 

(4)  Op.  cit.,  Ice.  cit. 

(5)  Op.  cil.,  lod.  cit. 

(6)  Op.  cit.,  loc.  cit. 

(7)  Canti  popolari  del  Basso  Monferrato.  Clausen,  PaK'rnio,  1888, 
,pp.  XVI -XVII. 

(8)  Nel  «  Kritischer  Jahresbericht  uber  die  Fortschritte  der  roman.  Phi- 
lologie  herausgegeben  von  K.  Vollmòller  und  R.  Otto  »  Miinchen,  Aden- 
bourg,  1,  p.  120. 

(9)  Sulla  varia  origine  dei  dialetti  gallo-italici  di  Sicilia,  con  osser- 
vazioni sui  pedemontani  e  gli  emiliani.  In  questo  At'ch.  N.  S.,  Anno  XXII, 
pp.  390-439. 


26  LE    così    DETTE    "  COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA 


ci  limitiamo  quindi  a  riportarne  le  conclusioni  che  sono  le 
seguenti  : 

«  Nessuno  dei  dialetti  di  San  Fratello ,  Piazza  Armerina 
«  e  Nicosia  può  menomamente  ritenersi  come  Monferrino. 

«  Questi  dialetti,  pur  presentando  i  caratteri  generali  della 
«  famiglia  gallo-italica ,  non  si  connettono  con  unica  varietà 
«  di  questa  famiglia.  Il  sanfratellano  si  mostra  connesso  col 
«  bolognese,  il  piazzese  col  piemontese,  il  nicosiano  ben  pros- 
«  Simo  al  piazzese,  ma  più  influenzato  dal  dialetto  dell'  isola, 
«  specie  in  ciò  che  riguarda  le  atone  che  quantitativamente 
«  conserva 

«Dall'altra  parte  poi  è  ovvio,  che  nella  massa  degli  emi- 
«  granii  bolognesi,  che  venivano  a  stabilire  la  loro  sede,  ove 
«  sorse  San  Fratello ,  si  potessero  mescolare  alcune  famiglie 
«  di  altre  contrade  gallo-italiche.  E  pare,  ohe  ne  abbiamo  in- 

€  dizì  anche  per  via  del  dialetto  :  tene  tanti,  tucc  tutti,  dauQ 
«denti,  sembrano  innesti  lombardi,  il  suffisso  di  2^  pers.  plur.. 
«  ind.  pr.  —  uoma  sembra  innesto  piemontese;  ma  ciò  non  toglie- 
«  per  nulla  che  il  tronco  sia  sicuramente  e  decisamente  emi- 
«  liane. 

«  Ed  è  pure  ovvio  che  dal  piazzese  non  si  debba  escludere 
«l'elemento  lombardo,  che  in  buona  misura  dovette  mescolarsi 
«  al  pedemontano ,  e  che  ora  pur  troppo  riesce  ben  diffìcile 
«  poter  sceverare  ». 

Di  queste  conclusioni  non  si  è  però  appagato  il  Salvioni, 
il  quale  in  un  suo  recente  elaborato  scritto  (1)  è  da  varie  os- 
servazioni condotto  a  negare,  tanto  l'ipotesi  emiliano -bolo- 
gnese del  De  Gregorio,  quanto  l'ipotesi  pedemontano-monfer- 
riua  del  Meyer-Liibke ,  per  caldeggiarne  una  nuova ,  da  lui 
espressa  nei  seguenti  termini:  «La  parlata  sanfratellana  trova 
«  in  generale  le  sue  rispondenze  più  caratteristiche  e  più  nume- 


(I)  Del  posto  da,  anscynarsi  al  SaujrnteUano,  7icl  sislcuuc  dei  dialetti 
gallo-ilulici.  (Ardi.  glcH,  iL,  voi.  XIV,  pp.  4<J7-52). 


LE    COSÌ    DETTE    '^  COLONIE    LOMBAEDK  ;,    DI    SICILIA  27 

«  rose  nelle  alpi  e  prealpi  novaresi.  Più  specialmente  è  però 
«  indicato  il  tipo  ossolano-valmaggino,  e  specialissimamente  il 
«  valmaggino.  Non  si  vuol  di  certo  affermare  perciò  che  il  sanfra- 
«  tellano  sia  il  valmaggino.  Nel  giudicare  di  fatti  che  risalgODP 
«  a  pili  secoli  addietro,  bisogna  adoperare  una  certa  larghezza; 
«  e  ben  possiamo  ammettere  che  alcuni  fenomeni  i  quali  oggi 
«  hanno  trovato  in    questa  o  quella   valle  un    ultimo    rifugio, 

«  avessero  un  giorno  confini   più   estesi Abbracceremmo 

«  cosi  l'intiera  regione  dei  Laghi  Lombardi  »  fi). 

Alla  medesima  fonte  il  Salvioni  ricollega  l'  origine  degli 
altri  dialetti  gallo-italici  della  nostra  isola,  spiegando  nel  scr 
guente  modo  le  divergenze  che  passano  tra  gli  uni  e  gli  altri: 
«  Le  differenze  che  separano  questi  dialetti  tra  di  loro  e  dal 
sanfratellano  sono  parecchie;  ma  non  poche  provengono  certa- 
mente da  una  influenza  maggiore  che  il  siciliano  ha  esercitato 
sulle  altre  parlate  gallo-italiche,  sopratutto  sul  novarese.  Altr^ 
differenze,  direi  negative,  dipendono  all'  opposto  dal  fatto  ch^ 
il  comune  fondo  gallo  -  italico  appaja  meno  alterato  negli  altri 
dialetti  che  non  nel  sanfratellano.  Tuttatwlta  raccordo  persiste 
ed  è  notevole.,  in  parecehi  punti  »  (2>. 

Contro  queste  proposizioni  è  sceso  di  nuovo  in  campo  il 
De  Gregorio  con  la  sua  «  Ultima  parola  sulla  varia  origine 
del  Sanfratellano ,  Nicosiano  e  Piazzese  »  (3),  per  riaffermare 
ancora  una  volta,  con  maggior  copia  di  argomentazioni  :  a)  che 
i  nostri  dialetti ,  pur  presentando  i  caratteri  della  famiglia 
gallo -italica,  non  si  connettono  con  una  varietà  unica  di  questa 
famiglia  ;  h)  che  nessuno  di  essi  rispecchia  il  monferrino  at- 
tuale; e)  che  speciali  attinenze  ci  si  palesano  tra  il  sanfratellano 
e  l'emiliano  (della  zona  Modena-Bologna),  da  un  lato,  e  tra  il 


(1)  Op.  cit.,  pp.  449-50. 

(2)  Op.  cit.,  p.  451. 

(3)  Lavoro  inserito  nella  «  Romania  »  diretta  da  G.  Paris  e  P.  Mbyjsr,. 
tome  ^XVIII,  Paris,  1899,  pp.  70-90. 


28  LE    così    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE  j,    DI    SICILIA 


piazzese  e  piemontese,  dall'altro;  meno  sicura  restando  la  con- 
nessione tra  quest'ultimo  e  il  nicosiano.  (1) 

Quanto  poi  all'  opinione  del  Salvioni,  il  De  Gregorio,  dopo 
minuziosi  richiami  e  raffronti ,  conclude  che  «  se  si  volesse 
«  non  pensare  all'  emiliano,  oh  !  certo  il  monferrino  si  preste- 
«  rebbe  al  raffronto  immensamente  meglio  che  codesti  dialetti 
«  di  Novara  e  Valle  Maggia  !  »  (2) 

Di  altri  scritti  intorno  ai  dialetti  gallo-italici  di  Sicilia  non 
è  mestieri  qui  tener  parola,  o  perchè  riguardano  la  pubblica- 
zione pura  e  semplice  di  documenti  dialettali,  e  ne  parleremo 
nella  bibliografia ,  oggetto  del  capitolo  che  segue ,  o  perchè 
non  hanno  aggiunto  alcun  nuovo  elemento  alla  soluzione  del- 
l'intricata quistione  delle  origini  di  codesti  parlari. 

Crediamo  non  inopportuno  rammentare  soltanto  un  breve 
scritto  del  valoroso  folklorista  Gaetano  Amalfi  (3) ,  il  quale, 
traendo  occasione  dalle  nostre  pubblicazioni  di  documenti  dia- 
lettali nicosiani,  riassunse  succintamente  e  nitidamente  lo  stato 
della  quistione  al  1888  sulla  origine  di  questi  vernacoli.  E 
dire  che  dopo  un  decennio  la  quistione  è  più  viva  che  mai  ! 

Comunque,  non  è  ad  incolparsi  agli  studiosi  l'incertezza 
che  ancora  regna  sulle  origini  delle  «  colonie  lombarde  »  e 
dei  rispettivi  vernacoli.  La  vera  ed  unica  colpa  è  da  attribuirsi 
alla  scarsezza  dei  documenti  dialettali  dati  finoggi  alla  luce, 
e  dei  quali  al  tempo  delle  prime  pubblicazioni  vighian(?  si  de- 
plorava r  assoluto  difetto.  Attesa  la  difficoltà  del  tema ,  resa 
maggiore  dalla  scarsezza  dei  materiali  linguistici,  è  già  consi- 
derevole il  frutto  che  studi  pazienti,  ma  necessariamente  in- 
completi, han  saputo  darci. 


(1)  Op.  cil.,  p.  80- 

(2)  Op.  cit.  p.  90. 

(3)  Saggi  di  vernacolo  nicosiano.  Noi  *  Giambattista  Basile  »,  Arch.  di 
letteratura  -pop.,  Ulrelto  da  Luigi  Molinaro  Dbl  Chia.ro.  Anno  VI,  ii.  10, 
Napoli,  \'}  oli,  1888.  Tipogratiu  ili  Gentìuro  M.  Priore. 


LE    COSÌ    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE   „    DI    SICILIA  29 


III. 


Bibliografìa  dei  documenti  dialettali. 

Gioverà  qui,  per  comodo  degli  studiosi,  fare  una  sommaria 
rivista,  in  ordine  cronologico,  delle  pubblicazioni  relative  a 
documenti  dialettali  delle  colonie  da  noi  studiate. 

I  più  antichi  documenti  a  stampa,  che  noi  conosciamo  dei 
dialetti  gallo -italici  di  Sicilia,  sono  ventidue  versi  (un' ottava 
e  un  sonetto)  in  vernacolo  piazzese,  e  i  pochissimi  canti  san- 
fratellani,  pubblicati  dal  Vigo  (1)  nel  1858,  e  ripubblicati  con 
qualche  modificazione  di  scrittura  dal  De  Gubernatis  (2)  nel 
1867,  e  dallo  stesso  Vigo  (3)  nel  1870. 

Sia  gli  uni  sia  gli  altri  sono  scorrettamente  trascritti.  A 
prescindere  dal  giudizio  datone  dal  De  Gregorio  (4),  seguace 
della  scuola  ortofonica,  non  è  inutile  riportare  un'  ottava,  se- 
condo la  grafia  del  Vigo,  e  la  relativa  correzione  fattane  dal 
Vasi  (5)  coi  segni  comuni  della  nostra  lingua. 


(1)  Race,  arnpliss.  ediz.  cìt. 

(2)  Il  Politecnico,  ediz.  cit.,  loe.  cif. 

(3)  Opere,  voi.  II,  ediz.  cit. 

(4)  «  Quanto  ad  altri  documenti  di  questi  dialetti,  che  sieno  a  stampa, 
«  sia  lecito  qui  dire,  senza  offesa  di  chicchessia  e  senza  venire  a  particolari 
«  avvertenze  che  il  presente  Saggio  può  rendere  superflue,  come  punto  non 
€  formino  un  buon  testo  le  poesie  popolari  pubbHcate  da  Leonardo  Vigo, 
«  e  poi  ripubblicate  e  un  pò  manipolate  dal  De  Gubernatis  »  (Fonetica  dei 
dialetti  Gallo-Italici  di  Sicilia,  ediz.  cit.,  pag.  3,  in  nota). 

(5)  «  Delle  origini  e  vicende  di  San  Fratello  »  negli  :  Studi  storici  e  fi- 
lologici, Tipografia  Michele  Amenta,  Palermo,  1889,  pag.  109.  —  Anche  la 
grafia  adoperata  dal  Vasi   lascia  a  desiderare  sotto  il  riguardo    ortofonico. 


30  LE    COSÌ    DETTE    '^  COLONIE    LOMBARDE  «    DI    SICILIA 


Vigo 

M'  n'  consuol  d'  la  maia  cump'  gna, 

Gh'  ha  la  t'  sta  apàna  cu  la  tigna, 

Ch'  ha  buoca  d'  buofu  t'  rregna, 

La  nansc  di  lichieta  a  la  scichigna 

A  p'  rsuneg  na  nziula  d'  Spegna,  ^ 

I  giuo  e  sgriz  a  trof  d'  seigna 

Agnu  m'  nuzza  na  muntegna 

E  cau  caunt  a  cuvène  d'  vigna. 

Vasi 

Mi  ni  cunsuol  di  la  raaja  cumpegna 
Chi  hiea  la  testa  appanara  di  tigna, 
Chi  hiea  la  buocca  di  buofa  tirregna, 
U  nass  dilichiet  alla  scicchigna; 
A  pirsunegg  'na  'nziula  di  Spegna, 
I  giuoh  e  sgriz  a  trafa  di  seigna, 
Agnu  minuzza  chi  è  'na  muulegna, 
E  cau  caunt  a  envegri  di  vigna  (1). 

Pubblicò  inoltre  lo  stesso  Vigo ,  nella  «  Prefazione  »  alla 
sua  «  Raccolta  »  (2)  una  lista  di  vocaboli  nicosiani ,  che  non 
sono  trascritti  meno  scorrettamente  dei  canti  sanfratellani. 
Basterà  qui  citare,  a  cagion  d'  esempio ,  mucaturi  per  mu- 
caduru  fazzoletto ,  stivalu  per  stivalùn  stivale ,  giamhu  per 
giumbu  fiocco,  dampiun  per  ddampiùn  lampione,  ficu  per  cifu 
truogolo,  /ìca  per  /igu  fico,  aicuila  per  aicula  aquila,  frumi- 
giula  per  frumigula  formica,  ecc.  ecc. 


(1)  Eccone  la  Iv.iduzioiio,  per  quauto  possibilo,  letterale:  «  Me  ne  con- 
mtio  delta  mia  compagna  (sposa)  —  che  ha  la  testa  appannata  di  tigna  — 
éhe  ha  la  bocca  di  botta  terragna — il  naso  delicato  all'asinesca— il  per- 
sonale una  strega  di  Spagna— i  giochi  e  scherzi  (moine)  a  cespo  (a  rao') 
di  scimin—ogtn  ìnamrndla  che  è  wia  montagna — e  quel  conto  (in  senso 
igvfHtó)  a  paniere  di  vigna  ». 

<e)  E<li/.  olt. 


LE    COSÌ    DETTK    "   COLONIE    LOMBARDE  „    DI    SICILIA  31 

Nel  1872  Remigio  Roccella  diede  alla  luce  un  volume  di 
^L  Poesie  in  lingua  vernacola  piazsesey>  (1). 

Lo  stesso  anno  il  Pitrè  pubblicò  i  suoi  pregevoli  «  Studi 
di  Poesia  Popolare  »  (2),  in  un  capitolo  dei  quali,  dedicato  ai 
€  Canti  popolari  lombardi  di  Sicilia  i^  (3)  inseri  parecchie  poesie 
popolari  ed  erudite  di  Piazza  Armerina,  raccolte  e  trascritte 
dal  signor  Vincenzo  Velardita.  Eccone  un  saggio ,  sulla  cui 
grafia  facciamo,  al  pari  dello  stesso  Pitrè,  le  più  ampie  riserve  : 

Hoi  'n  dolor'  zza  n'  lu  me  cor', 
Guruzz,  e  non  lu  pozz  dulurer', 
Figghia  d'  l'arma  mea  e  du  me  cor' 
Seiupr'  hoi  cianciut  com'  t'hoi  amer*. 
E  t'  hoi  amer'  e  t'  secut  amer', 
E  t'  hoi  amer'  fina  eh'  s'  mor' 
L'  amor'  non  si  dev*  apaliser'  : 
Si  teng  pri  sigili  n'  lu  cor' 
E  quanu  è  l'ora  di  lu  trapasser' 
A  Deu  dogn  l'arm-.i  e  a  ti  lu  cor'.  (4) 

A  codesti  documenti  tenne  dietro  il  «  Vocabolario  della  lingua 
paiolata  in  Piazza  Armerina  »  di  Remigio  Roccella  (5),  il  quale 
adoperò  un  metodo  di  trascrizione,  che  non  solo  non  riproduce 
esattamente  i  suoni  del  suo  dialetto,  ma  rende  eziandio  illeg- 
gibili—cosi come  stanno  scritte— alcune  parole,  per  chiunque 


(1)  'lipograrw  di  Rosario  Orlali  lo,  Piazza  Armerina,  1872.  In-S". 

(2)  Ediz.  cit. 

(3)  Op.  cit.,  loc.  cit. 

(4)  Op.  cit.,  paj{.  30Q.  —  E«(X)rie  al  solilo  la  traduzione:  *  Bo  un  do- 
lore qua  nel  mio  cuore  —  cuoricino,  e  non  lo  posso  addolorare  —  figlia 
dell'alma  mìa  e  del  mio  cuore— sempre  ho  pianto  come  ti  debbo  amare — 
e  ti  debbo  amare  e  sèguito  ad  amarti — e  ti  debbo  amare  finché  si  muore^ 
l'amore  non  si  deve  palesare— si  tiene  per  suggello  nel  cuore— e  quando 
è  l'ora  del  trapassare  (morire)  —  a  Dio  do  V  anima  e  a  te  il  cuore  ». 

(5)  Bartolomeo  Mantelli  editore,  Caltagirone  1875.  (Ma  l'ultima  pagina 
porta  la  data  del  1876).  Iii-8°,  pp.  291.— Le  prime  34  pagine  sono  occupate 
dalla  «  Prefazione  »  e  dagli  «  Elementi  della  grammatica  piazzese  ». 


32  LE    così    DETTE    ^  COLONIE    LOMBARDE   „    PI    SICII.IA 


non  abbia  pratica  della  parlata.  A  voler  leggere  infatti,  come 
sono  scritte,  le  seguenti  parole:  ru' F nglana  (petronciana) 
m'nzagnu  (mezzagno)  p'  rf  cunada  o  p'  rr''  cunada  (ferita  di  mi- 
gliaruole)  p^  r' p' lì  {ca.cìoito)  p' ?'' p' tdcch  (giovinastro  che  si 
dà  importanza),  o  non  ci  si  riesce  affatto  o  si  ottengono  suoni 
del  tutto  differenti  da  quelli  reali. 

Seguirono  i  due  lavori  del  Vasi,  dei  quali  ci  siamo  già  oc- 
cupati :  «  Del  dialetto  Sanfratellano  »  e  «  Lettera  al  Dottor  Giu- 
seppe Ricca  Salerno'»  sullo  stesso  argomento,  contenenti  non 
pochi  materiali  (liste  di  vocaboli  e  versioni)  di  questo  vernacolo. 
Sui  documenti  dialettali  pubblicati  dal  Vasi  dobbiamo  una 
volta  tanto  notare,  che,  benché  l'autore  adoperi  i  segni  comuni 
di  nostra  lingua  nella  trascrizione,  tuttavia  questa  è  molto 
accurata,  e  non  riproduce  esattamente  solo  quei  suoni,  a  ren- 
dere i  quali  si  sarebbero  dovuti  adoperare  o  i  segni  della 
grafia  ascoliana  o  altri  espedienti  grafici  consimili. 

Nella  ricorrenza  del  V  centenario  di  Giovanni  Boccacci, 
il  Papanti  pubblicò  un  grosso  volume,  intitolato  «  I  pa?'lari 
italiani  in  Certaldo  »,  contenente  le  versioni  della  novella  IX, 
giornata  I,  del  Decamerone  del  Boccacci,  in  quasi  tutti  i  dia- 
letti della  nostra  Penisola:  tra  le  altre  comprende  le  versioni 
nei  rispettivi  dialetti  di  Nicosia  (autore  il  Notajo  Cav.  Luigi 
Bonelli),  di  San  Fratello  (autore  il  Sac.  Prof.  Luigi  Vasi),  di 
Piazza  Armerina  (autore  R'emigio  Roccella),  e  di  Aidone  (autore 
il  signor  Terranova).  Difettosa,  al  solito,  la  trascrizione. 

Una  novellina  di  Sperlinga,  raccolta  e  trascritta  dall'Avvo- 
cato Giuseppe  Cutrona-Scimonelli,  già  Pretore  in  Nicosia,  e 
un'altra  di  San  Fratello,  raccolta  e  trascritta  dal  Vasi,  furono 
inserite  dal  Pitrè  nella  sua  pubblicazione  :  «  Il  Vespro  nelle 
tradizioni popolaH  siciliane»  (1).  La  trascrizione  della  novella  in 
vernacolo   sperlinghese   è  infedelissima ,  sia  perchè  il  racco- 


(1)  E«lrallo  dui  «  Ricordi  o  documenti  del  Vespro  Siciliano,  publilicati 
n  cura  della  Societi'»  Siciliana  per  In  Storili  Palriii  ncllii  ricorrenza  del  VI 
C-nleiiario  ..  Tiput^ralla  dello  Statuto,  Palermo.  1882. 


LK    COSÌ    DETTE    "  COLONIE    LÓMBAKDE   „    DI    SICILIA  53 


glitore  adoperò  i  soli  e  insufficienti  segni  grafici  della  lingua 
comune,  sia  perchè  non  seppe  cogliere  i  suoni  di  molto  parole, 
le  quali  avrebbe  potuto  esattamente  rendere  anche  coi  segni 
comuni  di  nostra  lingua. 

Nello  stesso  anno  videro  la  luce  le  «  Origini  e  vicende  di 
San  Fratello  »  del  Vasi  (1),  nelle  quali  sono  riportate  trenta- 
nove poesie  in  vernacolo  di  San  Fratello  e  il  relativo  glos- 
sario. 

Seguirono  le  «  Osservazioni  critiche  alla  monografìa  criticd 
delle  colonie  lombardo-sicule  di  Lionardo  Vigo  »  dello  stesso 
Vasi  (2) ,  le  quali  contengono  liste  di  vocaboli  dei  vernacoli 
di  Nicosia,  Piazza  Armerina,  Aidone  e  San  Fratello,  tratte 
dalle  versioni  sopra  ricordate  della   novella  IX  del  Boccacci. 

Dal  1885  al  1887  vennero  fuori,  per  opera  nostra,  i  primi 
documenti  del  vernacolo  nicosiano  :  proverbi,  novelle,  giuochi 
ed  usi  popolari  (3).  La  grafìa  da  noi  adoperata  è  quella  comune, 
sia  perchè  l'indole  delle  pubblicazioni  è  prevalentemente  folk- 
lorica,  sia  perchè  la  tipografia  era  sprovvista  dei  segni  grafici 
ascoliani;  ma  procurammo  di  accostarci,  quanto  più  ci  fu  pos- 
sibile coi  mezzi  grafici  dei  quali  disponevamo,  alla  realità  dei 
suoni  dialettali,  e  crediamo  d'essere  in  qualche  modo  riusciti 
nell'intento,  se  dobbiamo  giudicarne  dai  benevoli  apprezzamenti 


(1)  Op.  cit.,  eiiz.  cit. 

(2)  Op.  cif.,  ediz.  cit. 

(8)  Proverbi  pojjolari  iiicosiani  di  Sicilia.  Neil'  «  Archivio  per  lo  studio 
delle  tradizioni  popolari  »  diretto  da  Giuse[)pe  Pitrè  e  Salvatore  Salo- 
mone-Marino, voi.  V,  pp.  68-74,  L,  Pedone-Lauriel,  Palermo,  1885. 

Nuova  raccolta  di  proverbi  nicosiani  di  Sicilia.  Neil'  «  Archivio  »  citalo, 
voi.  V,  pp.  549-55,  anno  1885. 

Novelle  popolari  nicosiane  di  Sicilia.  Neil'  «  Archivio  »  citato,  voi.  VI, 
pp.  97-112,  anno  1886. 

Giuochi  fanciullesclii  nicosiani  di  Sicilia.  ^tW  *  Archivio  »  citato,  voi.  VI, 
pp.  409-32,  anno  1886. 

Usi  festivi  e  religiosi  del  popolo  nicosiano  di  Sicilia.  I^qW  *  Archivio  > 
citato,  voi.  VII,  pp.  503-17,  anno  1887. 

Avch.  Star.  Sic  N.  S.  anno  XXIV.  3 


34  Lfi    così    DETTE    ^  COLONIE   LOMBARDE   „    DI    SICILIA 


d'un  valoroso  seguace  della  scuola  ortofonica ,  quale  il  Pro- 
fessore De  Gregorio  (1). 

Altri  documenti  ancora  avremmo  voluto  licenziare  alle 
stampe  in  questi  ultimi  anni,  ma  il  desiderio  di  far  precedere 
lo  studio  fonetico  del  dialetto,  per  definire  una  buona  volta 
la  difficile  quistione  della  trascrizione  ortofonica,  ci  ha  fatto 
ritardare  1'  esecuzione  del  nostro  proposito. 

Una  novella  popolare  nicosiana  da  noi  raccolta,  una  di 
San  Fratello,  raccolta  da  Luigi  Vasi,  una  di  Piazza  Armerina, 
raccolta  da  Remigio  Roccella,  ed  una  infine  di  Novara,  rac- 
colta dal  Sac.  Prof.  Salvatore  Di  Pietro-Puglisi,  videro  la  luce 
nel  1888  tra  le  «  Fiabe  e  Leggende  »  del  Pitrè  (2). 

Oltre  gli  scritti  del  De  Gregorio  e  del  Morosi ,  dei  quali 
si  è  fatta  largamente  parola  nel  secondo  capitolo  di  questo 
lavoro,  dobbiamo  qui  ancora  rammentare  una  nota  del  Morosi  : 
«  Emendazioni  e  complementi  alle  Osservazioni  e  aggiunte 
conceìmenti  la  Fonetica  dei  dialetti  Gallo-italici  di  Sicilia 
DI  G.  De  Gregorio  »  (3)  e  un  volume  del  De  Gregorio  :  «  Sag- 
gio di  fonetica  siciliana  »  (4).  Il  Morosi  si  occupa  al  solito  del 
solo  dialetto  di  San  Fratello  ;  il  De  Gregorio  accenna  qua  e 
là  ai  dialetti  di  Aidone,  Nicosia,  Sperlinga,  Piazza  Armerina, 
San  Fratello  e  Novara,  riportandone  alcuni  vocaboli,  a  dimo- 
strazione delle  leggi  fonetiche  più  caratteristiche. 

Parole  e  frasi  di  tutti  codesti  dialetti  si  trovano  anche  qua 
e  là  disseminate  negli  «  Usi  e  Costumi^  Credenze  e  Pregiudizi  del 


(1)  Sulla  varia  origine  dei  dialetti  gallo-italici  di  Sicilia,  edizione  citata, 
p.  403. 

(2)  L.  Pedo I io-La u ri el ,  Palermo,  1888.  La  novella  nicosiana  {'U  scar- 
paru)  è  a  PI).  4.j«)-8,  <iaella  di  S.  Fratello  'San  Dinirittu  di  S.  Frareu) 
a  \)\).  460-1,  quella  di  Piazza  .\rinerina  {U  g' sser)  a  p.  316,  e  quella  di 
Novara  (Lu  mestru  scarpau  e  Sentu  Petru)  a  pp.  156-4, 

(3)  Arch.  Glott.  cit.,  Kdiz.  eli.,  voi.  IX,  pp.  437-9. 

(4)  Tipografia  Michele  Amenta,  Palermo,  1890.  In-8",  pp.  138. 


LE    COSI    DETTE    "   COLONIE    LOMBARDE   „    DI    SICILIA 


popolo  siciliano'»,  (1)  e  nella  «  Medicina  popolare  siciliana»  (2) 
del  Pitrè. 

Nel  1891  vennero  fuori  i  nostri  «  Motteggi  popolari  nicosiani 
e  sperlinghesi  »  (3),  contenenti  alquanti  motti  vernacoli  satirici 
e  burleschi,  che  sono  stati,  non  ha  guari,  in  parte  riprodotti, 
insieme  con  altri  nuovi,  nella  nostra  pubblicazione  «  Rivalità 
e  lotte  tra  Mariani  e  Nicoleti  in  Nicosia  di  Sicilia  »  (4). 

Acciocché  poi  questa  rassegna  sia  completa,  dobbiamo  in 
fine  rammentare  il  nostro  recente  lavoro  sul  «  Vocalismo  del 
dialetto  gallo-italico  di  Nicosia  in  Sicilia  »  (5) ,  che  sarà  tra- 
sfuso nella  seconda  parte  di  questo  scritto. 

Così  compiuto,  per  sommi  capi,  quel  che  possiamo  chiamare 
r  inventario  storico  delle  così  dette  «  colonie  lombarde  »  di 
Sicilia ,  passeremo ,  senz'  altro ,  allo  studio  dei  loro  rispettivi 
dialetti,  per  procedere  poi  alla  ricerca  delle  loro  origini. 

M.  La  Via. 


-•«>^«>- 


(1)  Libreria  L.  Pedone-Lauriel  di  Carlo  Glausen,  Palermo,  1889,   volu- 
mi 4,  i  11-16°. 

(2)  Carlo  Glausen,  Toriiio-Palernao,  1896,  voi.  unico,  in-lG". 

(3)  Tipoyratìa   Vena.  Palermo,  1891.  In-8"',  pp.  11.  (Fuori   commercio. 
Per  nozze  Silvestri-Marino). 

(4)  In  questo  Arch.  N.  S.,  anno  XXIII  (1898),  fase.  III-IV. 

(5)  Negli  «  Studi  glottologici  italiani  »,  diretti  da  G.  De  Gregorio  (voi.  I, 
.pp.  222-234.  Loescher,  Torino,  1899). 


MISCELLANEA 


UNA  SEDIZIONE  IN  NOTO  NEL  1647 


Ho  tratto  questo  discarico  da  un  codice  in  foglio,  che  si  con- 
serta in  questa  Biblioteca  comunale,  il  quale  c'informa  delle  tur- 
bolenze che  avvennero  in  Noto  nel  1647,  eccitate  dai  tumulti  di 
Palermo,  capitanati  dal  D'Alessi. 

Il  La  Lumia  nella  dotta  memoria  :  «  Giuseppe  D'Alessi  e  i  tu- 
multi di  Palermo  del  1647  «  —  Palermo,  Lao,  1870— fra  le  città  che 
in  quel  tempo  tumultuarono  non  novera  Noto  :  una  dimenticanza 
che  non  riesco  a  spiegare,  perchè  nelle  filze,  che,  come  egli  scrive, 
esistono  nel  Grande  Archivio  di  Palermo  e  che  contengono  le  rela- 
zioni delle  Autorità  locali  trasmesse  ufficialmente  al  Viceré  del 
tempo,  non  deve  al  certo  niancare  questo  discarico.  —  Comunque 
mi  pare  utile  di  dare  a  luce  questo  documento,  che  di  quelle  tur- 
bolenze fa  una  minuta  relazione  finora  sconosciuta;  ciò  che  prova 
che  la  storia  delle  minori  e  anche  di  qualcuna  delle  maggiori  città 
dell'  Isola  è  tutta  da  rifare,  non  essendo  ancora  stata  scritta  con 
quel  corredo  di  documenti  che  le  danno  valore. —  Ciò  è  dipeso 
da  cause  che,  ^e  per  le  altre  città  non  tocca  a  me  d'indagare,  per 
Noto  mi  pare  sian  nueste:  la  vandalica  disper^^!one  degli  Archivj 
che  esistevano  a  Noto  Vecchio  (1),   quando   venne  quasi  distrutto 


(l»  Una  cronncu  im-flila  ci  iiarra  :  «  Nctnmeno  aiularoiKì  esenti  da  tali 
rovliHs  le  pul)hlielie  scrillure  «h'ir Archivio  e  dei  defunti  notari,  Racoonluai 
che  cessalo  il  lerreiiiolo  da  11  u  pochi  i^i(  mi  furono  vedute  alcune  |)ersone 
e  pri!icipalmc-nle  noliili,  li  quali  altro  non  facevano  che  veisarsi  nell'Ar- 
chivio (lui  Notai  p,  leggendo  alcuni^  scritture,  laijerarlc.  —  Lo  Archivio  su- 
dclto  CMcndo  rimasto  (iua«l  sepolto  in  «nczzo  alle   pidre,    le  scritturo  del 


MISCELLANEA  37 


dal  terremoto  del  1693  e  il  trafugamento  di  ciò  che  rimase,  dopo 
che  fu  trasportato  nella  Noto  attuale.  Se  ciò  non  fosse ,  non  sa- 
premmo spie^rarci  la  trascuraggine  degli  storiografi  notigiani,  i  quali 
ci  hanno  lasciato  la  storia  del  loro  paese  tessuta  su  tradizioni  di 
nessun  valore;  e  piena  di  lacune  in  epoche  nelle  quali  Noto  Vec- 
chio dovette  certamente  non  rimanere  inerte.  —  Ma  non  possiamo 
perdonar  loro  l'aver  trascurato  quei  pochi  documenti  rimastici,  che, 
come  questo  che  «tampo,  mostrano  che  Noto  segui  sempre  le  aspira- 
zioni delle  grandi  città  dell'Isola.  —  A  questo  bisogna  aggiungere 
una  grande  sventura:  la  vendita,  nel  1840,  del  Museo,  della  Bi- 
blioteca e  della  preziosa  raccolta  numisinatica  dell'archeologo  e  bi- 
bliografo barone  Antonino  Astuto.  Questo  insigne  cultore  dell'an- 
tichità classica,  il  quale  raccolse  tutto  ciò  che  di  monumentale  era 
rimasto  non  solo  a  Noto  Vecchio,  ma  presso  i  privati  della  Pro- 
vincia, aveva  inalzato  il  più  bel  monumento  nella  sua  patria 
adottiva  (1).  —  Fa  pena  pensare  che  nessun  iiotigiano  pensò  di 
acquistare  quel  ricco  materiale,  che  gli  eredi  Astuto  misero  in 
vendita  e  che  fu  comprato  e  trasportato  altrove.  Che  grave  ed  ir- 
reparabile perdita  per  gli  studiosi  notigiani  !  L' Astuto  era  giunto 
in  tempo  a  raccogliere  tutto,  prima  che  si  fosse  disperso  ;  ina  se 
tale  ricerca  giovò  agli  studiosi  in  genere ,  nocque  ai  notigiani  jn 
specie,  perchè,  data  la  fine  della  raccolta  astutiana  ,  sarebbe  stato 
meglio  che  tanto  raro  materiale  archeologico,  numismatico  e  libra- 
rio fosse  rimasto  nei  luoghi,  da  ove  fu  in  parte  asportato,  per  le 
ricerche  locali.  Dico  ciò  perchè  all'  Astuto  ai  suoi  tempi  fu  permesso 
tutto  :  pervenne  a  lui  la  famosa  biblioteca  tanta  celebrata  dal  Pirri 
del  Convento  di  S.*  Maria  di  Gesù,  abolito  nell'anno  1792.  —  Lo 
rilevo  da  un  ms.  conservato  in  questa  Biblioteca  Comunale  ove  si 
legge  :  «  Ai  tempi  del  Pirri  possedeva  questo  Convento  di  S.  Ma- 
ria di  Gesù  la  più  celebre  libreria  di  tutta  la  Sicilia   per  la  copia 


medesimo,  le  quali  potevano  estrarai  agevolmente,  scoverte  da  quel,  che 
erano  concorsi  per  escavare  qualche  cosa  di  buono  ;  trasportate  e  vendute 
per  cosa  inutile  iielli  ciraonvioini  paesi  e  priucipalmenle  in  Caltagirone 
per  uso  di  giuochi  di  fuoco  *. 

(i)  Il  Barone   Astuto  nacque  in    Licodia  il  1739,    e  morì    in  Noto  nel 
d822  di  9uni  83.  Vado  preparando  uno  9crìttQ  «u  questo  valente  antiquario. 


38  MISCELLANEA 


dei  suoi  manoscritti.  Ora  niente  più  esiste.  I  Padri  di  questo  Con- 
vento furono  espulsi  nel  17...  (il  cronista  ignorava  l'anno  dell'abo- 
lizione). —  Senza  verun  timore  di  scomunica  tutti  i  libri  e  mano- 
scritti passarono  nel  Barone  Antonino  Astuto  di  Licodia  e  stabi- 
lito in  Noto  ». 

Da  Noto  Vecchio  l'Astuto  asportò  due  titoli  greci,  che  ora  si  con- 
servano nel  Museo  Nazionale  di  Palermo,  che  acquistò  il  Museo  Astu- 
tiano,  e  che  furono  pubblicati  da  G.  Kaibel  nella  sujì  grande  raccolta 
delle  «  Inscriptiones  grecae  Siciliae  et  Italiae  additis  Graecis,  Galliae, 
Hispinniae,  Britanniae,  Germaniae  inscriptionibus  ».  Berlino,  1890 
in  fol.,  ai  numeri  241,  242:  uno  di  età  classica  riguarda  la  fontana 
di  Eurinda,  l'altro,  cristiano,  una  Atilia  (?),  oltre  ad  un  gran  nu- 
mero di  epigrafi  e  Marmi  di  origine  romana.  —  Credo  forse  per  le 
difficoltà  del  trasporto  o  del  segamento ,  lasciò  a  Noto  Vecchio 
il  gran  titolo  del  Ginnasio  della  greca  Noto,  pubblicato  anche  dal 
Kaibel  e  recentemente  dall'Orsi  nelle  sue  importanti  «  Escursioni 
archeologiche  in  Noto  Vecchio  (Netum)  »  Roma,  tipografia  dell'Acca- 
demia dei  Lincei,  1897,  -  perchè  altrimenti  non  avremmo  la  fortuna 
d'averlo  in  questa  Biblioteca  Comunale,  ove  fu  trasportato  nel  1894,. 
mercè  la  solerzia  dell'amministrazione  comunale  del  tempo,  intatto 
e  per  miracolo ,  dopo  tanti  secoli,  sfuggito  alle  mani  di  ignoranti 
violatori  !  C  è   anche  dell'altro. 

L'amore  per  l'antichità  classica  in  genere  e  per  quella  di  Noto 
Vecchio  in  ispecie  non  fu  pur  troppo  intenso  nello  animo  dei  ret- 
tori di  Noto,  nei  tempi  remoti. 

Abbandonata  la  vecchia  città,  la  quale  non  rovinò  del  tutto  co- 
me si  vuole  far  credere,  dopo  fabbricata  la  nuova,  e  obbligati  quelli 
che  ad  ogni  costo  volevano  rimanervi  e  che  non  sapevano  persua- 
dersi senza  alcuna  ragione  ad  abbandonarla,  il  sito  divenne  presto 
del  primo  venuto.  —  I  famosi  circaturi  di  truvaturi ,  i  violatori 
sistematici  della  Sicilia  sotterranea,  cominciarono  l'opera  di  deva- 
stazione. Tutto  fu  manomesso  senza  che  alcuno  se  ne  curasse  — 
tutto,  non  curato,  andò  rovinando  —  Da  un  contadino,  ora  avanzato 
negli  anni,  ho  avuto  narrato  che,  quando  egli  era  nell'età  di  dieci 
anni,  con  altri  suoi  compagni  che  stavano  li  a  far  da  bifolchi,  si 
divertiva  tutto  il  santo  giorno  a  buttare  per  aria  i  preziosi  vasi 
greco-siculi  che  trovavano  nelle  tombe,  che  violavano  in  cerca  di  quat- 
trini !  Quanta  devastazione  I  Quanta  perdita  per  la  storia   di   una 


MlSCl  M.ANEA  ;>9 


grande  e  famosa  città  1  Se  nelle  persone  cospicue  notigiane  del  buon 
tempo  antico  fosse  stato  vivo  l'amore  per  la  loro  vecchia  patria  e 
avessero  pensato  a  ristorare,  a  curare ,  a  raccoglier  tutto ,  avreb- 
bero potuto  metter  su  un  Museo  di  molto  valore  per  l'origine  e  la 
storia   preellenica  ed  ellenica  della  città. 

Ma  i  rettori  di  un  tempo  pensavano  a  far  quattrini  e  gabella- 
rono il  sito  della  città,  meno  noncuranti  degli  altri  più  recenti  che 
pensavano  a  disfarsene  nel  1874  censendolo,  senza  alcuna  riserva — 
Solenne  insipienza!  Cosicché  chiunque  volesse  praticare  degli  scavi 
sistematici  a  Noto  Vecchio  se  non  fosse  per  la  cortesia  dei  nuovi 
padroni,  i  quali  poi  a  tutl' agio  ,  volendolo,  possono  distrugger 
tutto  senza  che  altri  fiati,  sarebbe  impedito  di  farlo.  —  E  dire  che 
dotti  stranieri  si  sono  partiti  da  luoghi  lontani  per  visitare  i  ruderi 
di  una  città,  che  i  tardi  nepoti  hanno  imparato  a  dimenticare  ! 

È  in  questo  modo  che  i  rettoì'i  della  cosa  pubblica  di  Noto 
hanno  creduto  di  rispettare  i  ruderi  di  una  città  non  priva  di  un 
grande  passato,  facendo  onta  ai  loro  padri  e  mostrando  di  scono- 
scere clie  la  storia  ha  bisogno  dei  documenti  archeologici  e  dai 
ruderi  e  dai  rottami  trae  argomento  per  V  accertamento  di  fatti 
ignorati. — Ruderi  e  rottami  che  a  Noto  Vecchio  non  esistono  più; 
non  c'è  contadino  che  non  abbia  fabbricato  una  casuccia  in  quei 
dintorni  senza  aver  fatto  uso  di  quei  rottami ,  che  for.^e  saranno 
appartenuti  a  qualche  monumento,  a  qualche  lapide  o  a  qualche 
iscrizione. 

Tanta  noncuranz;»,  tanto  disprezzo  fa  orrore.  ■  Non  passeranno 
che  pochi  secoli  e  forse  fra  i  dotti  si  disputerà  sull'ubicazione  del- 
l'antica Netuni,  perchè  il  suo  silo  si  prepara  a  diventare  un  ricco 
oli  veto  ! 

Gli  eruditi  notigiani  bi  sono  da  tempo  deliziati  alla  lettura  delle 
pagine  di  Diodoro  Siculo,  il  quale,  unendo  meccanicamente  diver- 
se tra<.1izioni,  ha  portato  una  gran  confusione  nella  storia  greca 
e  romana  ,  e  delle  notizie  arcaiche  date  da  scrittori  di  ne^;sun 
conto,  ed  hanno  disputato  per  un  buon  tempo  a  stabilire  l'u- 
bicazione della  patria  di  Ducezio,  non  dandosi  cura  di  avvalorare 
le  loro  locubrazioni  con  documenti  archeologici ,  che  non  hanno 
ricercati.  —  Si  sono  contentati  di  ripetere  ciò  che  lianno  detto 
tutti  gli  antichi  scrittori,  i  (juali,  come  ha  dimostrato  la  critica  mo- 
derna, delle  cantonate  ne  han  prese  anche   troppe,   facendo  certe 


40  MISCELLANExV 


deduzioni  senza  valore  e  perciò  non  accettate  da  critici  di  vaglia. 
Questa  loro  eccessiva  passione  per  una  questione,  la  cui  soluzione 
è  impossibile,  ha  fatto  loro  curar  poco  ciò  che  dì  monumentale  ri- 
nianeva  nella  città,  il  cui  pnssato  cercavano  d'indagare,  e  l' hanno 
fatto  distruggere  dai  devastori  e  dal  tempo.  Se  essi  invece  di  per- 
dersi in  dispute  avessero  curato  di  ristorare  p.  es.  le  rovine  di 
Mendola,  sulle  quali  un  documento  del  1596,  che  è  una  concessione 
fatta  ai  notigiani  di  poter  praticare  scavi  per  ricercare  i  corpi  di 
S.  Lucia  e  Geniignano  e  che  io  ho  rintracciata  nel  Libro  Rosso  di 
questo  Comune  e  che  nessuno  s' è  dato  la  cura  di  leggere ,  dice  : 
«La  città  di  Noto  dice  che  li  anni  passati  se  ritrovavo  nelli  libri 
antiqui  del  Convento  di  S."  Maria  di  Gesù  di  essa  città  che  li  dui 
S."  martiri  Lucia  e  Geminiano  romani  erano  sepolti  nella  città 
della  Mendola  nel  territorio  di  essa  città  di  Noto  la  quale  città 
della  Mendola  con  tutto  che  doppu  fusse  stata  rovinata  non  di 
meno  di  presenti  se  vedono  gli  edìflzi  antiqui  »  noi  avremmo  po- 
tuto provare  l'esistenza  di  quella  MevSa^,  la  cui  ubicazione  non  s'è 
riusciti  di  identificare.  Se  avessero  curato  tutti  i  ruderi  che  il  Fa- 
zello  e  il  Cluverio  videro  alla  Pizzuta ,  e  li  avessero  interrogati, 
avrebbero  scoperta  qualche  città,  che,  ora  distrutto  tutto ,  non  si 
può  più  identificare  (1).  Fu  per  incuria  che  rovinò,  come  ci  racconta 
il  Littara,  la  colonna  alzata  »  in  loco  cui  Saccollino  est  nomen  » 
(Fazello,  Dee.  1,  lib.  5,  p.  217-218).  (Il  prof.  E.  Ciaceri  si  ostina  a 
crederla  tuttora  in  piedi,  v.  «  Studi  Storici  »,  voi.  Ili,  fas.  Ili,  Pi- 
sa, 1894,  non  ostante  ch'io  l'avessi  detto  nella  mia  monografia 
«  La  disfatta  degli  Ateniesi  all'Asinaro»;  Arck.  Storico  Siciliano, 
anno  XVIll);  se,  ristorata,  si  alzasse  ancora,  non  disputeremmo 
sulla  battaglia  all'Asinaro.  —  Un'altra  enorme  noncuranza  imperdo- 
nabile è  questa  altra:  lo  abbandono  di  un  cospicuo  monumento, 
che  non  si  riesce  ora  più  a  rintracciare.  —  Gli  eruditi  notigiani 
ne  hanno  ignorata  la  esistenza  ;  ma  esso  fu  minutamente  de- 
scritto da  Ignazio  Paterno  Castello ,  principe  di  Biscari,  nel  suo 
«  Viaggio  per  tutte  le  antichità  di   Sicilia  *,  Napoli  1781  :  sorgeva 


(1)  Meiilrv)  correifgo  le  bozze  di  questo  sorittarello,  apprendo  che  il  Cav. 
Orsi  h;i  coininoiafo  gli  scavi  alla  Pizzuta  e  falla  qualche  scoperta  ira- 
portarilo. 


MISCELLANEA  41 


nelle  vicinanze  di  Eloro  e  vi  si  accedeva  per  un  sotterraneo.  —  Cosa 
se  ne  sia  fatto,  non  mi  è  riuscito  di  sapere.  —  Noi  credo  distrutto, 
piuttosto  chiuso  da  qualche  roccia  scoscesa.  —  Nessuno  erudito  no- 
tigiano  se  ne  diede  pensiero,  e  non  so  perchè  non  è  indicato  dal 
Fazello.  —  Apparteneva  ad  Heloron  ? 

Per  tutte  queste  cause  non  abbiamo  ancora  una  storia  completa 
e  documentata  di  Noto. — Il  Cav.  prof.  Paolo  Orsi,  insigne  e  infati- 
cabile archeologo,  che,  sovrintendendo  alle  antichità  della  Sicilia  o- 
rientale,  ha  avuto  la  fortuna  e  l'onore  di  esplorare  e  illustrare  un 
prezioso  materiale  archeologico  che  porta  molta  luce  alla  storia 
preellenica  ed  ellenica  di  queste  contrade,  ha  apprestato  il  mate- 
riale che  servirà  di  fondamento  per  la  ricostruzione  di  una  storia 
di  Noto;  mi  auguro  che  a  scriverla  si  voglia  mettere  altri  più 
giovane  e  più  fortunato  di  me.  —  Io  chiudo  con  questa   speranza. 

Noto,  agosto  1898. 

M.\.TTiA  DI  Martino 


«  Discarico  che  danno  al  Visitatore  Generale  del  regno  Bartolomeo  Deo- 
<iato  come  Capitano  di  Noto  nell'anno  1647,  1648  ed  altri  Ofìiciali  di  Noto 
per  l'iocariche  contro  loro  fatte  da  detto  Visitatore  come  Otficiali  in  detto 
anno  in  cui  successero  molte  turbolenze  in  detta  Città,  ed  in  alcune  altre 
Città  del  Regno  successero  sollevazioni  per  alcuni":  imposizioni  ». 

IH. ino  Sig.  Visitatore  Generale  per  sua  Maestà  di  questo  Regno  di  Sicilia. 

Don  Btrtoloineo  D<!odalo  Gnpitaiio  di  Giustizia  che  fu  l<^  ìa  Città  di 
Noto  noi  :intio  1647  o  48<  Don  Gio.  Battista  Franco  Landolin  i  Patritio  e 
VinccMizo  DeuJaio  Sindaco,  e  Bliisio  Cannizzaro  Giurato  di  ùella  Citlà  nel 
detto  anno,  dicono  a  V.  S.  IH. ma  che  di  suo  urline  li  sono  state  notificate 
le  «eguenti  incariche  cioè: 

Cargos  que  resultan  de  la  Visita  G«'neral  conlra  Don  Bar  olomco  Dio- 
dato Capitano  do  Justicii  ({ue  fu  dft  la  Ciutad  de  Noto  e  nel  nno  de  1647 
eu  48  y  contra  D.  Juan  Baup.ta  Franco  Landolina  Jiirado  ò  Patricio  y  coti- 
tra  Vincenzo  Diodato  sindico  y  conira  Blas  Cani<jaro  Jurado  en  el  dicho 
afio.  —  HaQcseles  cargo  quc  embearon  a  la  Giudad  de  Palermo  a  Vincenzo 
Diodato  Sindico    por  ambasador  para  tratar  algunos  lu'gocios  de  la  dioha 


42  MISCELLANEA 


Ciudad  de  Noto  siendo  prohibido  por  deoretos  de  Ins  sig.res  Virreyes  que 
las  Ciudades  no  embien  ambasadores  sin  expresso  consentimento  de  lo» 
dichos  sig.res  Virreyes. 

HaQerles  cargo  a  lo  dicho  capitano  y  al  dicho  Patricio  y  a  lo  dicho  sindaco, 
ayste  por  hauer  scripto  quando  vino  por  arabasador  a  los  jurados  de  la 
dicha  Ciudad  y  remisidoles  los  capitulos  del  Infame  Jusepe  de  Alese  para 
quitarse  las  gabelas  de  la  dicha  Giutad  d(5  Noto  y  al  dicho  Capitano  y  Patri- 
cio por  hauer  sido  de  pareser  de  que  se  quitasen  corno  con  efecto  se  qui- 
taron  multos  de  la  Giutad  y  todos  los  que  tocavan  a  la  secrecia  sin  que 
troviesen  necesifad  de  aquielar  ci  publo  con  hacerle  este  benefìcio  por  que 
no  estava  al  borotado,  anles  el  dicho  capitano  y  Patricio  davan  ocassion 
semyante  nobetad  a  que  el  publo  hi^ieses  combenticulos  y  Juntas  y  que 
les  de  Mas  ciudades  del  Reyno  hiciesen  lo  raisrao  y  por  hauer  quitado  las 
gabelas  quedo  la  ciudad  decideva  a  las  tandas  regias  en  2325  onces;  unya 
cantidad  no  ha  pagado  a  la  Regia  Corte  y  depntacion  del  Reyno  ;  y  anti 
mismo  se  sequio  consi<leral)le  dano  al  que  havia  comprado  la  secrecia  de 
la  dicha  Ciudad  =  y  por  està  delito  fueron  presos  en  la  Ciutad  de  Palermo 
Don  Yusepe  Impellizeri,  y  Yuvanne  Pipi  ya  difunlas  y  Jurados  quo  oraa 
en  el  dioho  anno,  quo  danuosc  las  demas  sin  castigo  per  la  calaniidad  y 
tempestadcs  de  a  que!  tempo. 

Ouorum  t'.-iioreuì   [irotestanlar  sjhi  quatenus. 

Si  risponde  però  nettandosi  quella  ohe  tocca  contro  li  supplicanti,  salvo 
sempre  honore ,  e  con  la  debita  riverenza  rapprcscnlano  a  V.  S.  Ili. ma 
che  per  la  prima  incarica  dicono  che  lo  haversi  inviato  alla  Città  di  Pa- 
lermo Vincenzo  Deodato  Sindico  e  Procuratore  Generale  di  detta  Città  di 
Noto  non  fu  per  intenzione  ne  per  rispetto  e  ambitione  di  titulo  di  amba- 
sciatore. Ma  per  necessità  urgentissima  e  obUgatione  e  convenienza  di  rap- 
presentare al  tribunal  «lei  Real  Patrimonio  quanto  si  dovea  per  lo  servitio 
di  Sua  Maestà  e  per  questa  causa  fu  eletto  per  consiglio  il  detto  Sindaco 
bene  istruito  e  informato  a  cui  toccava  principalmente  per  obligatione  del 
suo  oflicio  di  Sindaco  e  Procuratore  Generale  di  detta  città  di  fare  le  sue 
parli  e  rappresentare  la  sua  fldelisaima  e  prontissima  obedienza  al  servitio 
di  S.  Maestà  e  ricevere  di  presenza  li  oniini  e  comandamenti  di  S.  E.  e 
per  acertarsi  meglio  il  servitio  del  Re,  nostro  signoro,  per  le  miserie  e  ca- 
lamiti che  correvano,  stante  le  qualità  del  tempo  che  fu  nel  mese  di  luglio 
dello  anno  1647  quando  nella  città  di  Palermo  o  molte  altre  parti  del  re- 
gno erano  commesse  turbolenze ,  rivoluttioni  e  pericoli  in  pregiudizio  del 
servitio  di  S.  Maestà  come  era  «tato  avvisato  dal  sig.  Marchese  de  los  Veles 
Viceré  in  quel  tempo  per  «ui*  lett<re  clelli  24  di  Mau'gio  al  e ipilano  e  (ìiu- 


MISCELLANEA  43 


rati  di  (letta  città  che  erano  li  supplicanti  et  li  quondam  Giovanni  Pipi, 
barone  di  Stallaini,  D,  Giuseppe  Irapellizzeri  e  Nicolao  Landolinu  altri  giu- 
rati che  avean  fatto  castigari  quelli  facinorosi  che  tennero  raanu  nel  risen- 
timento del  pane  e  iéUu  quiete  seguita  in  Palermo  por  si  giusta  punilione 
come  per  delta  lettera.  Dalli  quali  capitano  e  Giurati  si  fecero  le  incluse 
risposte  a  S.  E.  contiuenti  il  ilebito  rendimento  di  gratia,  e  che  si  otferi- 
vano  in  comune  e  in  particolare  al  servitio  di  S.  Maestà  come  suoi  -fìde- 
lissirai  vassalli  apparecchiati  in  ogni  evento  a  spendere  1' bavere  e  la  vita 
istessa  come  1'  havevano  sempre  demostrato  ;  non  ostante  la  calamittì  che 
correva  del  mancamento  del  pane  per  ingordigia  di  alcuni  frumeidarj;  non 
havendo  giammai  la  delta  città  appallatasi  punto  dulia  dovuta  ubedicnza 
del  Rv'al  servitio  mercè  alla  bontà  e  prudenza  di  S.  E.  come  per  l'incluse 
lettere  e  resposte  fatte  a  2  e  3  di  giugno  1647  per  le  quali  resposte  S.  E. 
scrisse  di  nuovo  alli  detti  Giurati  havendo  aggradito  le  loro  offerte  e  av- 
visi delle  sudette  due  carte  di  resposte  delti  2  e  3  di  detto  mese  di  giugno 
incaricandoli  di  proponersi  li  mezzi  che  disponessero  per  alleviamento  delti 
poveri  allinchè  considerati  si  disponesse  et  cxecutasse  quel  tanto  che  fosse 
più  corrispondente  al  suo  beneficio  e  buona  regola  come  per  l'inclusa  let- 
tera di  S.  E.  ai  detti  Giurati  autentica  data  in  Palermo  a  9  di  giugno  su- 
detto;  e  al  detto  Don  Bartolomeo  Deoiato  Capitano  volse  ringraziarlo  per 
la  tinozza  e  buona  lealtà  al  servitio  di  Sua  Maestà  in  occasione  di  tante 
turbolenze ,  come  per  l' inclusa  sua  lettera  autentica  a  19  dello  stesso,  al 
quale  Capitano  pure  per  1'  altra  inclusa  lettera  di  S.  E.  rispose  con  ag- 
gradirlo delli  servitij  che  faceva  a  S.  Maestà  e  a  S.  E.  nelle  occasioni  che 
correvano  manifestando  che  riconosceva  la  lealtà ,  e  pensriero  particolare 
che  avea  posto  nella  quiete  e  ossequio  di  detta  città  secondo  il  suo  zelo, 
sperando  che  l'haveva  continuato  in  quello  che  si  otferisse  in  detta  Città, 
come  per  l'inclusa  sua  lettera  delli  5  di  giugno  detto  anno  e  per  le  sudette 
cause  tanto  giuste  convenienti  e  necessarie  al'occasione ,  che  a  7  di  luglio 
di  detto  anno  si  era  congregalo  il  consiglio  per  imponere,  come  impose, la 
meta  alle  sete,  com'è  solito  per  esecutione  della  Pragmatica ,  come  costa 
per  la  inclusa  copia  di  dello  consiglio  ,  si  discorsi,'  del  tutto  con  li  c(jnsu- 
lenli  congregati  per  della  occasione  di  detta  meta  ;  e  parse  alli  detti  Giu- 
rali per  li  rumori  e  tumulti  popolari  che  vi  andavano  avvicinando  haven- 
dosi  intt'so  che  erano  successi  in  Caltagirone  e  Sortino,  palesare  la  detta 
lettera  del  sig.  Marchese  de  los  Veles  falla  alli  detti  Giurati  9  di  giugno, 
per  la  quale  incaricava  di  proponersi  e  avvisarsi  li  mezzi,  che  tlispones- 
sero  per  l'allievamento  «ielli  poveri  come  di  sopm  aflnchè  detto  Consiglio 
deliberasse  quello  che  li  paresse  di  maggior  servitio  di  Dio  e  di  S.  Maestà 
per  la  qual  causa  si  couchiuse  per  detto  Consigliu  di  mandarsi  come  si 
mandò  il  detto  sindaco  in  Palermo  e  l'incluse  lettere  delli  Giurali  sndetti 


44  •  M[SCELLANBA 


per  S.  E.  e  per  l'IU.ino  di  Polenzano,  Presidente  del  Patrimonio,  l'Illmo 
di  Denti,  Presidente  della  R.  G.  C,  secretano  di  S.  E.,  lU.mo  Marchese  di 
Gapizzi,  Dott.  D.  Mario  Gariddi  e  D.r  Don  Pietro  di  Gregorio  ai  presente 
presidente  di  Giustizia;  per  le  quali  lettere  rappresentarono  che  essendo 
stata  servita  S.  E,  con  le  sue  benignissime  lettere  delli  9  giugno  incari- 
carli che  dovessero  esporli  quelli  mezzi  che  fossero  giudicati  più  opportuni 
per  allievamento  del  popolo  in  riguardo  della  sua  quiete  e  obedienza  dan- 
dole però  li  dovuti  ringraziamenti  era  parso  al  Gonsiglio  di  inviare  la  per- 
sona del  detto  Viceiizo  Deodato  sindico  e  cavaliero  della  Città  eletto  dal 
consiglio  come  ben  informato  del  tutto,  per  rappresentare  a  S.  E.  quanto 
giudicava  di  maggior  servitio  a  S.  Maestà  e  benefitio  alia  fidelissima  ed 
obivlicntissima  Gittà  ,  et  supplicarne  S.  E.  ad  udirlo  e  dargli  intiera  cre- 
denza ;  come  più  largamente  si  vede  per  le  copie  autentiche  di  dette  lettere 
date  in  Noto  13  luglio  1647  e  per  la  copia  del  sudetlo  consiglio  autentica 
e  come  costa  della  detta  giusta  causa  e  necessaria  per  l' inclusa  fede  con 
giuramento  di  dodeci  testimoni  delli  più  qualificati  e' degni  di  fede  di  detta 
Città.  Il  sig.  Marchese  de  los  Veles  fece  la  sua  risposta  a  detti  Giurati  che 
havea  inleso  dal  detto  Sindaco  Vincenzo  Deodato  quanto  havea  proposto 
a  nome  loro  sopra  la  conservattione  e  allevamento  della  Gillà  e  per  la 
buona  direttione  della  materia  lo  havea  riroeso  a  la  Junta  e  al  tribunale 
del  Patrimonio  e  havea  goduto  che  si  disponesse  forma  che  assecurasse  di 
tutte  maniere  lo  allievamento  delle  università  come  per  la  inclusa  copia  di 
detta  resposta  autentica  data  in  Palermo  a  29  di  luglio  sudetto  —  E  fu  in 
detto  consiglio  confermato  da  S.  E.  e  tribunale  del  Real  Patrimonio  per 
sue  letterd  date  in  Palermo  a  7  agosto  1647. 

Quorum  tenorem  proteslantur  sibi  si  et  quatenus. 

Per  la  seconda  incarica  il  detto  Vincenzo  Deodato  sindaco  dice  che  non 
rimise  mai  capitoli  dello  infame  Giuseppe  di  Alessi ,  ma  scrisse  continua- 
mente alla  Città  quanto  trattava  esso  di  Deodato  come  sindaco  di  essa  con 
il  sig.  Marchese  de  los  Veles  Viceré  e  suo  secretano  e  con  l'Ili. mo  Rosso 
Potenzano  Presidente  del  Tribunale  del  Patrimonio  e  altri  Ministri  del  detto 
Tribunale  e  della  Giunta  per  lo  servitio  di  Sua  Maestà  e  in  resposta  delle 
lettere  dalli  Giurati  a  lui  scritte  di  detta  Città  incluse  nel  presento  incar- 
tamento aulhentico,  per  le  quali  si  vede  che  a  30  di  luglio  16'i8  scrissero 
a  8.  E.  di  un  cartello,  che  hì  trovò  ad  un  muro  poco  lungi  da  la  piazza, 
conlinenlo  minaccio  che  si  dovessero  levare  le  gabelle  e  in  particolare  quella 
del  vino  njul  volentieri  sopportata,  ma  liavendosi  potuto  sajìere  l'autore,  e 
la  supplicarono  dell'  ordine  per  lo  castigo  di  questo  sceleralo  e  pun;  per 
•  qniil<!tu'  ajiil')  ni  popolo  che  per  l'eccesso  di  un  solo  non  dovea  demeritare 


MISCELLANEA  45 


la  gratia  di  S.  E.  e  aimilmenle  al  «letto  di  Deodato  del  sudelto  cartello  e 
dell'avviso  datone  a  S.  E.  come  sopr»,  afiiiche  lo  portasse  si  come  lo  portò 
a  S.  E.  e  lo  rappresentasse  si  come  le  rapresentò  il  senso  delli  poveri  de 
la  detta  gabella  del  vino  e  dello  zagato  avvisandosi  pure  il  pericolo  per 
lo  malo  esempio,  che  s'iniendcva  di  Catania  e  Sortiuo  che  havea  tumul- 
tuato e  brugiato  le  scritture  delli  Archivi]  eligendosi  altri  giurati  per  sa- 
pere che  il  fuoco  era  vicino,  perchè  il  territorio  di  Sorlino  e  alli  confini 
del  territorio  di  detta  città  di  Noto  per  darsi  rimedio. 

Ai  13  <lello  slesso  scrissero  di  nuovo  a  S.  E.  che  la  matina  del  sudetto 
giorno  era  comparso  un  altro  cartello  alla  cantooera  di  detta  piazza  mag> 
giore  che  di  nuovo  replicava  la  stessa  abolizione  di  gabelle  allrimentc  sa- 
rebbe per  tagliare  a  pezzi  quella  nobiltà,  e  rappresentorno  à  S.  K.  che 
da  tutta  la  nobiltà  si  faeevano  le  dovute  diligenze  con  ogni  fatica  per  con- 
servare in  qurìla  città  la  dovuta  obcdienza  e  la  solita  quiete,  ma  se  qual- 
che scelerato  o  fosse  per  innata  sua  malignità  o  per  il  malo  esempio  dato 
da  diverse  città  e  terre  e  in  particolare  •  da  quella  di  Sortino  ove  pochi 
giorni  innanti  erano  successe  gravi  tumulti  e  sollevazioni  tentasse  di  far* 
il  simile  i.i  delta  città  di  Noto  obedientissima  al  servitio  di  S.  Maestà  delti 
Giurali  sarebbero  stati  pronti  con  tulli  li  nobili  a  spargere  il  sangue  e  l'ha- 
vere  al  servigio  del  Re  nostro  signore  e  per  la  quiete  del  popolo  e  sup- 
plicavano S.  E.  e  ordinare  con  la  sua  somma  sapienza  quelli  rimedij  che 
giudicasse  più  opportuni. 

Similmente  avvisorno  lo  slesso  fatto  al  detto  di  Deodalo  per  esistere  e 
rapprest'iitare  a  S.  E.  il  pericolo  in  che  si  trovavano  e  ottenere  qualche 
disgravio  <ii  gabelle  per  rimedio  h1  male  che  poi  si  andtria  trovando  il 
modo  di  ristorarlo  e  rinàcdiarl». 

Ai  13  di  aigosUi  avvisorno  al  detto  di  Deodato  che  erano  stati  ravvisati 
da  molti  confessori  e  padri  spirituali  che  se  si  bundeggiavano  le  gabelle 
era  per  succedere  tumulto  e  non  sapevano  che  cosa  risolvere  e  però  lo 
rappresentasse  come  lo  rappresentò  a  S.  E. 

Ai  20  dello  slesso  scrissero  di  nuovo  ad  esso  di  Deodato  incaricandoli 
la  celerilà  del  rimedio  per  obuiare  a  lutti  quelli  disordini,  che  Dio  guardi,, 
potevano  succedere. 

A  26  di  dello  mese  di  Agosto  li  8U<letti  giurati  di  nuovo  scrissero  a 
S.  E.  che  con  altre  loro  lettere  ci  havevano  dato  parte  di  alcuni  cartelli 
comparsi  su  diversi  luoghi  della  città  per  li  quali  si  minacciavano  soUe- 
valioni,  incendj  e  omicidj  se  non  si  havessero  levato  le  gabelle  e  che  ne 
era  comparso  un  altro  per  lo  quale  si  replicava  che  se  più  si  havesse  tar- 
dalo si  havrebbe  posto  in  exeque  opera  esecranda  il  giorno  festivo  del  glo- 
rioso san  Corrado  nostro  protettore,  che  venia  ad  essere  a  25  del  sudetto 
mese  di  Agosto,  onde  per  ditfugere  e  non  succedere  li  minacciosi   pericoli 


46  MISCELLANliA 


in  detto  giorno  in  cui  per  celebrare  la  festa  di  sì  gran  Santo  concorrono 
non  solo  tulio  questo  popolo  ma  diverse  persone  delle  città  e  terre  circon- 
vicine che  perciò  si  parse  per  minor  male  due  giorni  innanli  la  festa  su- 
spendere  la  gabella  delti  zagati  del  pane,  frutti  e  fogliame  con  grana  dui  per 
tumminu  della  macina  per  la  pubblica  quiete  delti  popob,  e  per  maggior 
servilio  di  S.  Maestà,  come  più  ditì'usamente  per  le  sudette  lettere  incluse 
e  autentiche  come  sopra  e  come  è  pubblico  e  notorio  a  tutta  la  città.  Et 
essendo  comparso  in  Palermo  il  Bando  d'ordine  del  sig.  Marchese  de  los 
Veles,  viceré,  con  li  capitoli  tra  li  quali  vi  era  1'  abolizione  per  tutto  il 
regno  eccettuate  quelle  necessarie  per  pagare  la  R.  C,  il  detto  di  Deodato 
sindaco  da  parte  di  detta  città  ricorse  di  notte  (per  causa  che  li  ministri 
regi  stavano  ruultati  (?))  all'llLmo  di  Potenzano  presidente  del  Patrimonio 
per  consigliarlo  e  ordinarci  come  dovea  scrivere  alli  Giurati  quando  ha- 
vessero  comparso  in  detta  città  di  Noto  le  copie  di  detto  Bando  dello  quale 
reputava  che  ogni  paesano  si  haveria  mandato  diverse  copie  come  face- 
vano tutti  li  regnicoh  che  ne  havevano  pigliato  la  copia  in  stampa  e  ri- 
messole per  tutto  il  regno ,  et  il  detto  sig.  Presidente  rispose  al  detto  di 
Deodato  che  havea  visto  e  rimesso  il  detto  Bando  ed  era  stalo  bisogno 
farlo  à  quella  maniera  et  però  scrivesse  alli  Giurati  che  in  tal  caso  faces- 
sero quella»  che  ci  pareva  meglio  e  che  si  rimetteva  alla  loro  prudenza 
come  pure  lo  discorse  con  l'Ili,  mo  Don  Petro  di  Gregorio  all' bora  menbro 
reale  del  Patrimonio  e  al  presente  Presidente  di  giustizia  e  come  fu  pub- 
blico in  quel  tempo  e  come  si  vede  per  la  inclusa  fede  con  giuramento  di 
testimoni  assistenti  all'hora  con  dello  di  Deodato  in  Palermo,  che  viddero 
e  intesero  il  tutto  —  Per  la  qual  cosa  esso  di  Deodalo  scrisse  alli  detti  Giu- 
rati quanta  avea  discorso  e  rappresentato  al  detto  Ill.mo  di  Potenzano 
presidente  e  la  sua  sopradetta  risposta  che  facessero  quanto  li  paresse  me- 
glio per  lo  servitio  di  S.  Maestà  e  il  detto  Posentano  li  disse  che  si  riiuet- 
tava  alla  discrettione  e  prudenza  di  detti  giurati  e  non  si  ricorda  esso  di 
Deodato  di  iiaverle  trasmesso  il  dello  bando  del  quale  in  delta  città  di 
Noto  ne  vennero  subito  molte  copie  in  stampa  come  è  pubblico  e  notorio 
ad  ognuno  e  come  costa  per  la  inclusa  fede  delti  consulenti  che  interven- 
nero al  consiglio  coi  tcslitìoanli  con  giuramento. 

Quorum  tenoretn  protestanlur  sibi  quatenus. 

Et  da  parte  delli  sudetii  Capitano  e  Patricio  per  la  sudetta  seconda  in- 
carica si  dice  che  foro  di  parere  di  sospendersi  l'esigenza  per  alcun  tempo 
delle  cinque  gabelle  seguenti  della  detta  città  cioè  grana  4  della  somma 
che  pnga  sulla  macina  per  ogni  tummino,  la  gabella  dello  grano  sopra 
ogni  rotolo  di  carne  e  pesci,  la  gabella   di  musti   e   vini    cittadini  e  fora- 


MISCELLANEA  47 


stieri,  i;i  g:iiiciia  dell'enlrata  del  l'ormento  e'orgiu  e  iu  gabella  doUi  Zagati 
del  paiu-,  frulli  e  fovrliame  di  della  città  di  Noto,  et  alcuni  altre  gai^elle  di 
persone  particolari  tra  le  quali  furono  quelle  delle  secretie  vendute  ilalla 
R.  C.  a  Don  Mariano  di  Lorenzo,  havendo  lasciato  tutte  l'altre  gabelle  della 
cìiiii  por  pagarsi  le  lande  della  R.  C.  e  l'occorrenze  più  necessarie  di  detta 
ciUà  per  cuiisiglio  pubblico  descorso  e  conchiuso  in  essa  città  ai  30  di  Ago- 
sto V  indizione  1647  per  nìaggior  servilio  di  S.  Maestà  e  per  atto  di  ne- 
cessità urgentissima  che  ol)ligava  a  darsi  il  sudetto  parere  per  raggione  del 
sudetto  servilio  di  S.  Maestà  «tante  che  vide  e  intese  da  tutto  il  Gonsigho 
e  da  tulta  la  città  nella  Piazza  publica  U  gravissimi  et  evidentissimi  mo- 
vimenti della  maggior  parte  del  popolo  e  delle  persone  più  basse  e  igno- 
ranti e  libere  e  insolenti  non  solamente  in  detto  giorno  ma  diverei  giorni 
inntinti  con  publicbe  querele  esclamalioni  et  istanze  tanto  alli  giurati  quanto 
aUi  supplicanti  per  levare  le  gabelle  o  qualche  parte  di  esse  per  la  penu- 
ria e  calamità  del  tempo  che  correva  come  dicevano  pubblicamente  di 
haversi  fallo  in  molte  parti  del  regno  finalmente  nel  detto  giorno  di  30  di 
agosto  si  viddero  a  mezza  hora  di  notte  in  circa  ragunati  in  detta  piazza 
publica  molla  quantità  delle  sudette  persone  popolari  con  publice  istanze 
e  proteste  e  voci  e  gridi  molto  vehementi  esclamando  domandando  e  in- 
sistendo di  levarsi  le  dette  gabelle  come  si  havea  fatto  all'altre  parti  e  di 
temperarsi  e  levarsi  quelle  che  si  sentivano  maggiormente  dalli  poveri  e 
venuti  per  questa  causa  li  Giurati  e  con  essi  li  detti  supplicanti  afflicti  e 
confusi  di  tali  accidenti  per  riparare  alle  male  conseguenze  che  havessero 
potuto  cagionare  in  pregiudizio  del  servilio  di  S.  Maestà  non  havendo  po- 
tuto ri{)urarli  né  quietarli  né  ratfrenare  le  sudette  esclamattioni  e  impeti 
popolari  notabilmente  pericolosi  e  maggiormente  in  detta  hora  che  per 
l'oscurità  non  si  vedevano  distinte  le  persone  et  li  capi  che  operavano  il 
male.  Per  tal  causa  che  fu  atto  di  necessità  per  lo  maggior  servilio  di 
S.  Maestà,  che  Dio  guardi,  e  per  conservare  l'obedieuza  di  detti  popoli  al 
suo  Real  servilio  e  riparare  alli  più  gravi  inconvenienti  e  pericoH  che  ha- 
vevano  potuto  succedere,  dubitandosi  per  li  molti  cartelli  e  minacele  che 
erano  comparsi  a  diversi  luoghi  pubblici  della  città  diverse  volte  e  diversi, 
giorni  innanti  come  si  é  detto  e  provato  nelli  precedenti  capitoli  con  le 
sudette  lettore  et  avvisi  autentici  e  per  la  instanza  e  pianti  e  lacrime  delli 
mercanti  di  S.  Corrado,  che  hàvevano  da  due  cento  mila  scudi  di  mercan- 
tie  nelle  loggie  de  la  fiera  in  detta  Piazza  temendo  lo  incendio  minaccioso 
per  li  cartelli  e  attesa  la  sudetta  urgentissima  necessità  per  le  sudette  rag- 
gioni  che  non  pativano  altro  rimedio  li  detti  giurati  fecero  chiamare  tutto 
il  consigho  per  discorrere,  esaminare,  considerare,  risolvere  e  conchiudere 
quanto  era  expedienle  e  necessario  per  lo  servilio  di  S.  Maestà  e  per  con- 
servare la  dovuta  fedeltà  e  obedienza  al  suo  real  servilio  e  come  fu  effet- 


■18  MISCELLANEA 


tivamente  osservato  da  tutti  li  consulenti  con  detti  Giurati  e  con  li  sup- 
plicanti tra  Ji  quali  discorso  examinato  e  considerato  il  tutto  per  la  sudetta 
necessità  e  maggior  servitio  di  S.  Maestà  per  cagion  del  timore  e  dei  pe- 
ricoli imminenti  e  evidentissimi  che  non  si  potevano  riparare  altramente 
per  detto  consiglio  senza  discrepanza  alcuna  fu  conchiuso  di  levarsi  per 
all'  hora  le  dette  cinque  gabelle  della  città  e  le  sudette  gabelle  di  altre  per- 
sone particolari  che  erano  le  più  pesanti  alli  poveri  e  lasciar  le  necessarie 
per  lo  pagamento  delle  tande  della  R.  G.  e  delle  occorrenze  più  urgenti, 
e  fu  il  lutto  disposto  e  operato  per  la  urgentissima  necessità  sudetta  a  mag- 
gior servitio  di  Dio  e  di  S.  Maestà  stante  le  miserie  e  condittioni  sudette 
e  stante  che  in  detta  città  erano  comparsi  in  mano  di  diversi  che  haveva- 
no  negolj  in  Palermo  lo  bando  di  S.  E.  in  stampa  con  li  49  capitoli  con- 
firmati da  S.  E.  ad  istanza  del  Senato  di  Palermo  da  parte  di  quelli  po- 
poli ,  e  per  parte  di  tutto  il  regno  per  li  quali  si  dicevano  abolite  tutte 
le  gabelle  del  regno.  Onde  maggiormente  si  esclamava  dalla  maggior  parte 
del  popolo  come  si  contiene  in  detto  consiglio  al  quale  intervennero  tutti 
li  consulenti  unitamente  con  li  Giurati  et  con  essi  supplicanti  come  si  vede 
per  l'inclusa  fede  con  giuramento  e  ....  ^ 

Costa  pure  come  è  pubhco  e  notorio  per  detta  Città  e  per  tutto  il  re- 
gno e  si  testifica  con  giuramento  per  la  inclusa  fede  autentica  di  ventitré 
testimoni,  li  più  qualificati  virtuosi  e  degni  di  fede  della  detta  città,  come 
nelli  mesi  Luglio  e  Agosto  dell'anno  1647  si  discorreva  publicamente  in 
detta  città  delle  rivolulioni  di  Palermo  e  di  molte  altre  città  e  terre  del 
Regno  che  havevano  levato  le  gabelle  e  si  erano  sollevati  molli  popoli  di 
dette  città  e  terre  in  grave  pregiudizio  del  Re  nostro  signore,  che  Dio  guardi, 
per  la  qual  causa  in  diversi  luoghi  di  detta  Città  in  diversi  giorni  com- 
parsero li  detti  cartelli  e  grandissime  minaccie  per  levarsi  le  gabelle  e  in 
particolare  quella  del  vino  delle  secretie  vendute  a  S.  Mariano  di  Lorenzo 
la  quale  si  paga  dalli  più  poveri  e  più  liberi  e  meno  timorosi  di  Dio  per 
l'opera  e  effetto  del  vino  che  bevono,  e  si  fecero  tutte  le  diligenze  più  esqui- 
site  del  detto  Don  Bartolomeo  Deodato  capitano  e  da  lutti  ot'Iiciali  e  rni- 
niàlii  (Iella  Città  e  non  fu  possibile  trovarsi  l'autore  di  detti  cartelli  e  gior- 
nalmente per  la  piazza  publica  le  persone  populari  più  basse  et  ignoranti 
parlavano  d«'lli  tomolli  e  rivolulioni  di  Palermo,  Catania,  Sortino  et  altre 
parli  del  Regno  e  delle  gabelle  levate  nella  maggior  parie  dol  Regno  per 
la  qual  causa  il  detto  di  Diodato  capitano  fece  carceri!  re  li  più  liberi  e 
arroganti  delle  suilelle  persone  che  parlavano  come  di  sopra  nel  castello 
di  questa  città  al  numero  di  Irentatre  come  per  la  inclusa  fede  autentica 
della  loro  carcere  senza  dichiarazione  di  causa  per  non  aocendei-e  nmg- 
glormenle  ma  estinguere  e  riparare  ogni  male   che   polea   succedere  della 


MISCELLAMKA  49 


libertà  del  parlare  e  ai  2  settembre  1647  mandò  carcerati  sei  persone  li 
più  pericolose  tumultuanti  e  capipopoli  della  città  nelle  carceri  della  terra 
di  Spaccaforno  per  maggior  servilio  di  S.  Maestà  per  mettere  timore  al 
popolo  e  levare  qualche  occasione  di  tumulto  e  furia  di  detto  popolo  che 
all'  bora  si  minacciava  come  appare  per  la  inclusa  fede  autentica  di  detti 
sei  carcerali  fatta  dal  carcerario  di  dette  carceri  di  Spaccaforno  le  quali 
sei  persone  carcerate  per  detta  causa  foro  scarcerali  a  lettere  del  capitano 
e  Giudice  successori  di  detto  Deodato  a  29  aprile  1648  in  virtù  delle  lettere 
incluse,  autentiche  di  S.  E.  e  R.  G  C.  date  in  Palermo  a  12  di  Marzo 
1648  con  espressa  dichiarazione  della  causa  del  tumulto.  Perchè  con  tutto 
ciò  ogni  giorno  avanzavo  la  libertà  e  si  trovavano  li  sudetti  cartelli  per 
li  discorsi  che  si  facevano  delli  tumolti  e  rivoluttioni  e  levate  di  gabelle 
quasi  per  tutto  il  regno  il  sudelto  di  Deodato  con  molti  suoi  interessi  e  a 
spese  proprie  che  passorno  la  somma  di  scudi  50  mila  fece  venire  e  trat- 
tenne in  detta  città  e  sue  strade  principali  per  lo  spazio  di  molti  giorni 
continui  mentre  correvano  li  sudetti  accidenti  da  cento  compagni  e  huo- 
raini  armati  per  dar  timore  a  tutti  e  reprimere  l'audacia  e  temerità  sudetta 
che  altramente  haveria  passato  molto  innanti  e  fu  di  grandissimo  servitio 
a  S.  Maestà  di  riparare  il  peggio  che  haveria  potuto  seguire  dal  malo  esem- 
pio degli  altri  sudetti  luoghi  e  la  sospensione  di  dette  gabelle  fatta  per 
detto  Consiglio  fu  lo  mighor  rimedio  e  di  maggior  servitio  di  S.  Maestà  e 
lo  meno  dannoso  alla  città  e  a  tutti  di  qualunque  altro  modo  per  conser- 
vare la  dovuta  fedeltà  e  obedienza  a  S.  Maestà,  che  Dio  guardi,  per  quiete 
delli  popoli  che  si  morivmo  di  fame  per  la  penuria  e  calamità  del  tempo, 
e  mitigare  la  disperattione  che  era  in  grado  pericolosissimi  come  infatti 
si  quietorno,  senza  la  quale  sospensione  era  impossibile  di  quietarsi,  et  per 
haversi  operato  quanto  di  sopra  la  detta  città  e  soi  popoli  si  conservano 
con  la  buona  fedeltà  e  obedienza  al  Re  nostro  Signore  e  al  suo  servitio  et 
fu  l'ultima  del  regno  a  fare  la  detta  sospensione  di  gabelle  per  rimedio  e 
necessiià  cohie  sopra  —  Essendo  stati  li  detti  Capitano  Patrizio  e  Giurati 
d'ogni  integrità  e  diligenza  e  fidelissima  obedienza  e  di  bono  esempio  e 
mai  di  malo  esempio  in  cosa  alcuna,  et  se  è  stalo  rappresentalo  e  notifi- 
cato diversamente  da  qualsivoglia  persona  nell'officio  di  Visita,  è  cosa  certa 
e  indubitata  essere  stato  per  passione  e  odj  privati  e  per  vendette  di  quelli 
che  r  havessero  verificato  ecc. 

Quorum  tenorem  sibi  protesta ntur  si  et  quatenus. 

Non  costa  quello  che  si  dice  per  detta  2»  incarica  che  per  tal  delitto  fos- 
sero stati  presi  nella  città  di'  Palermo  Don  Giuseppe  Impellizzeri  e  Gio- 
vanne Pipi,  già  morti,  e  Giurati  che  erano  in  detto  anno  restandosi  li  sup- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  4 


50  MiSCKLLANEA 


plicanli  senza  castiijo  per  la  caLimità  e  tempeste  di  quel  tempo;  perchè  li 
sudetli  Impellizzeri  e  Pipi,  conosciuta  la  causa,  e  vista  la  loro  innocenza 
per  S.  E.  et  tribunal  de  Real  Patrimonio  foro  scarcerati  liberi  e  foi-o  espe- 
dite le  incluse  lettere  autentiche  di  S.  A.  S.  et  detto  Tribunale  del  Patri- 
monio dati  in  Messina  a  26  di  giugno  1649  ad  istantia  di  detto  di  Pipi  per 
le  quali  si  dichiara  e  manifesta  ad  ognuno  che  essendo  stato  chiamato  per 
non  bavere  per  le  revolutioni  passati  curato  il  servitio  di  S.  Maestà  e  quie- 
tato li  popoli  della  oittà  ma  quelli  simulato  a  solevarsi  e  levare  le  gabelle, 
demostrar  non  solo  non  bavere  commesso  li  delitti  anteposti  ma  che  me- 
dianti  le  diligenze  di  esso,  come  foro  delli  supplicanti,  li  sudelti  popoli  non 
ai  sollevarono;  ma  essendosi  sedate  le  loro  turbolenze  furono  provvisti  di 
formanti  e  di  ogni  cosa  necessaria 

Perciò  supplicavano  V.  S.  Ill.mo  che  attese  le  sudette  ragioni  giustilicate 
e  interamente  verificate  come  sopra  sia  servita  ordinare  che  siano  cancel- 
late le  sudette  incarìche  e  li  supplicanti  non  habbiano  altra  molestia  per 
le  cause  sudette  e  molte  altre  cose  come  è  di  giustizia  che  lo  reciverauno 
a  grazia  della  santa  intensione  e  mente  di  V.  S.  Ill.ma. 

In  Noto  ai  13  di  Giugno  7.*  iuditione  1654. 


•-^^Ic-. 


LA  RIVOLUZIONE 

E 

L.\  GUERRA  MESSINESE  DEL  1674-8 


APPUNTI  E  DOCUMENTI 


Alla  storia  di  questa  rivoluzione ,  che  fu  per  Messina  la  più 
importante  dopo  quella  del  Vespro  e  prima  dell'  altra  del  '48-9, 
molti  studiosi  han  portato  tributo  di  osservazioni  e  di  documenti, 
fra'  più  recenti  Gioacchino  Di  Marzo,  Francesco  Grispi,  Isidoro 
Carini,  Anton  Maria  De  Lorenzo,  Giuseppe  Arenaprimo,  Salvatore 
Salomone  Marino ,  Francesco  Guardione ,  Vincenzo  Raciti  Romeo 
e  finalmente,  per  la  seconda  volta,  G.  Galatti,  con  una  grossa  mo- 
nografia (1),  malamente  stampata,  piena  di  errori  tipografici,  ma 
scritta  generalmente  con  ponderazione,  con  giusta  e  chiara  divi- 
sione della  materia,  con  uno  stile  spigliato  ed  efficace,  che,  quan- 
tunque qua  e  là  lasci  desiderare  una  qualche  maggiore  elezione 
di  forma,  pari  al  grave  argomento,  e  minor  uso  di  frasi  e  modi 
giornalistici,  pure  si  fa  leggere  con  piacere  da  chi  non  pretende 
che  lo  storico  moderno  debba  indossare  per  forza  il  lucco  fioren- 
tino del  Trecento. 

Tuttavia  siamo  ancora  lontani  da  un  lavoro  che  possa ,  appa- 
gando le  giuste  esigenze  della  moderna  critica  positivista,  chiamarsi 
difflnitivo,  pur  nel  limitato  senso  che  tale  adjettivo  suole  avere  in 
questa  materia;  e  ciò,  lo  diciamo  subito,  perchè  quest' A.,  il  quale 
solo  finora  ha  voluto  far  opera  completa,  e  che  conosce  e  cita  tra 
le  tante  fonti  rare  o  inedite  anche  un  manoscritto  della  Biblioteca 


(1)  G.  GxLATTi,  La  l'ivoltcjìme  e  l'assedio  di  Messina,  1674-8.  Mossina. 
Tip.  Econ.  1808.  (Un  voi.  di  pa^g.  11-664  in-8°). 


MISCELLANEA 


Nazionale  di  Parigi,  pare  ignori  completamente,  sebbene  altri  già 
gliel'habbia  positivamente  affermato  in  questa  stessa  Rivista,  l'esi- 
stenza in  Palermo  di  un  Archivio  di  Stato,  che  possiede  molti  do- 
cumenti sull'argomento,  i  quali  per  avventura  potrebbero  mutare 
completamente  l'economia  e  la  faccia  del  suo  libro. 

Da  ciò  son  venute:  numerose  omissioni  di  fatti  e  di  dati  impor- 
tanti; l'imperfezione,  o,  quando  meno,  l'imprecisione  nei  particolari 
di  alcuni  dei  narrati;  una  cert'  aria  di  fatterello,  di  cronaca  locale 
messinese,  data  alla  narrazione ,  dovuta  esclusivamente  alle  fonti 
a  cui  essa  è  stata  attinta  ;  la  trascuranza  di  fatti  importantissimi 
riguardanti  il  resto  dell'Isola,  mentre  si  dilunga  1'  A.  sulle  condi- 
zioni d'Italia,  della  Spagna,  dell'Europa  tutta;  la  soverchia  impor- 
tanza concessa  a  certi  aneddoti ,  alle  sciocche  commedie  recitate 
da  Dell' Hojo  e  da  La  Feuillade,  che  furono  come  il  principio  e 
la  fine  di  quel  disgraziato  dramma ,  e  alle  quali  i  Messinesi  del 
tempo,  non  meno  intelligenti  di  quelli  di  oggi,  fingevano  di  cre- 
dere, perchè  così  era  loro  necessario  o  conveniente,  tralasciando 
0  non  lumeggiando  abbastanza  fatti  ben  più  importanti  per  chi, 
poco  curando  quella,  che  il  buon  Niccola  Nisco  chiama  archeologia 
storica ,  crede  doversi  tener  specialmente  1'  occhio  alla  parte  del 
nostro  passato,  nella  quale  più  immediatamente  si  profondano,  ade- 
riscono e  traggono  il  loro  vital  nutrimento  le  radici  della  nostra^ 
vita  contemporanea;  e  sopratutto  quella  certa  diffidenza,  quei  tanti 
dubbi  senza  risposta,  che  si  affacciano  alla  mente  nel  leggere  un 
racconto,  condotto  con  intendimenti  e  metodi  non  critici,  ma  esclu- 
sivamente narrativi  e  descrittivi,  fondato  non  sopra  documenti 
autentici  ma  sopra  cronache  contemporanee  partigiane,  scritte  in 
uno  stile  spesso  fatto  a  posta  per  confondere  anziché  cliiarire  il 
pensiero  dello  scrittore,  senza  che  si  possano  valutare  da  quanto 
ce  ne  dice  1'  A.  le  ragioni,  che  hanno  potuto  spingerlo  a  far  propria 
l'una  0  l'altra  versione  dei  singoli  fatti  narrati,  dei  giudizi  emessi 
su  di  essi  dai  contemporanei  e  da  lui  stesso,  quantunque,  sia  detto 
a  sua  lode,  ci  pare,  che  egli  sia  stato  condotto  o  da  sana  critica, 
di  cui  ci  è  ignoto  il  processo,  o  da  una  felice  intuizione  a  risultati, 
che  generalmente  non  contrastano  coi  documenti  autentici. 

Pertanto  non  dispiacerà  ai  lettori  di  questo  periodico,  se,  riepi- 
logando a  modo  nostro  e  in  parte  colla  scorta  del  Galatti  la  storia 
di  quegli  avvenimenti,  si  riportano  qua  alcuni  tra'  molti  documenti 


MISCELLANEA  53 


altra  volta  venutici  alle  mani,  rovistando  per  ragioni  di  ufficio  fra 
le  carte  del  tempo ,  cedendo  in  ciò  anche  all'  efficace  invito  e  ai 
sapienti  sug^^erimenti  dell'illustre  Dottor  Giuseppe  Lodi,  cosi  amo- 
roso cultore  di  questi  studi  ed  aiutatore  instancabile  di  coloro, 
che  vi  si  dedicano,  e  riserbandoci  a  miglior  tempo  di  pubblicarne 
altre  serie. 

*  * 

Mentre  dappertutto  sulla  seconda  metà  del  sec.  XVII  per  leggi 
sociologiche  fatali  e  per  errori  di  governo  l' immane  organismo 
della  Monarchia  Spagnuola  ,  da'  confini  della  quale  ancora  non 
tramontava  il  sole,  declinava  e  si  dissolveva ,  colpita  da  paralisi, 
come  dice  il  Macaulay;  qua  e  là  in  Sicilia,  come  in  Italia  e  altrove 
pullulavano  teorie,  sentimenti,  aspirazioni,  moti  di  libertà  e  d'indi- 
pendenrza,  i  più  celebri  dei  quali  nell'Isola  presero  nome  da  Alessi, 
Vairo,  Barone,  Del  Giudice,  Pesce. 

L'  «  esemplare  e  fedelissima  città  di  Messina  e  chiave  d'Italia  » 
come  allora  veniva  nomata,  che  al  1647  aveva  dati  ingenti  aiuti 
al  Re  di  Spagna,  il  quale  con  quelli  restituii  rem,  non  rimase  nep- 
pure essa  lungamente  estranea  a  tali  manifestazioni  di  malcontento 
contro  il  dominio  spagnuolo  e  tutto  ciò,  che  ad  esso  si  collegava 
in  ogni  ordine  di  fatti. 

«  Gol  Portogallo  e  le  sue  Indie  perduto  e  nemico;  la  Catalogna 
insorta  ;  1'  Olanda  e  la  Francia  occupanti  vittoriose  le  Fiandre,  il 
Milanese  e  i  maggiori  porti  d'America;  Napoli  e  Palermo  ribellate; 
r  Andalusia  e  la  Gastiglia  rumoreggianti  ;  la  flotta  delle  Indie  di- 
strutta; le  rendite  reali  impegnate;  il  credito  estinto  »  come  dice  il 
nostro  A. ,  e  col  governo  affidato  a  ministri  inetti  o  disonesti ,  la 
Spagna  pareva  giunta  agli  estremi  e  Messina  si  sarebbe  potuta 
unire  ai  nemici  per  darle  l'ultimo  crollo;  invece  preferì  sopportare 
fame  e  sete  purché  fossero  domate  le  sorelle  Napoli  e  Palermo, 
la  rivalità  con  l'ultima  delle  quali,  sebbene  temperata  da  qualche 
entusiastica  ma  passeggiera  prova  di  solidarietà  e  di  affetto ,  era 
ritenuta  da'  ministri  spagnuoli  come  «  la  maggior  fortezza  che  Sua 
Maestà  Cattolica  avesse  in  Sicilia  »  ed  essendo  veramente  *  chiave 
•d'Italia  »  volle  ancora  restare  appesa  alla  cintola  dei  ciambellani 
•spagnuoli. 


54  MISCELLANEA 


Ma  COSÌ  operando,  non  certo  pei  begli  occhi  di  Filippo  IV  e 
di  Don  Giovanni  D'Austria,  essa  aveva  di  mira  il  proprio  esclusivo 
tornaconto,  che  intendeva  a  quel  modo  stesso ,  in  cui  disgraziata- 
mente lo  intendevano  allora  tutti  gli  altri  stati  d' Italia, 

Quel  re  e  quej  principe,  che  comprendevano  bene  il  latino  dei 
Messinesi,  non  mancarono  di  colmarli  continuamente  di  favori  (cosi 
a  quei  tempi  chiamavasi  dai  popoli  anche  la  giustizia  nelle  sue 
svariate  forme),  ma  del  favore  regio  e  principesco  assai  piiì  grandi 
eran  le  speranze,  le  pretese  e,  direi  quasi,  l'orgoglio  e  l'arroganza 
di  quei  cittadini,  i  quali,  varcando  gli  estremi  limiti  consentiti  dalla 
natura  delie  cose,  chiedevano  ciò  che  al  sistema  politico  della  Mo- 
narchia non  conveniva  accordare  senza  annullare  se  stessa,  e, 
qualche  volta,  senza  nuocere  all'interesse  dello  stato  ed  alla  giu- 
stizia distributiva  nell'  Isola. 

A  chi,  senza  il  pregiudizio  dei  nomi,  guarda  alla  sostanza  delle 
istituzioni,  Messina  di  quei  tempi  appare  come  una  vera  e  propria 
repubblica  sotto  il  protettorato  della  Spagna  (1). 

Oltre  i  diritti  costituzionali  e  i  benefici  di  altre  buone  leggi  e 
di  numerose  consuetudini,  che  divideva  con  le  consorelle  del  Regno, 
un  infinito  numero  di  privilegi  particolari,  le  mille  volte  ricon- 
fermati ,  regolavano  tutta  la  vita  dei  cittadini  entro  le  mura,  li 
rendevano  immuni  di  ogni  tassa,  prestazione  personale  o  molestia, 
rispettati ,  agevolati  nei  loro  negozi ,  fuori ,  nel  resto  della  vasta 
Monarchia;  ne  garentivano  i  diritti  e  la  dignità  dovunque. 

Amministravala  un  Senato  elettivo ,  i  membri  del  quale  eran. 
considerati  uguali  in  grado  ai  pari  di  Spagna  ;  stavano  col  capo 
coperto  davanti  al  re;  battevano  moneta  propria  della  città;  man- 
davano per  essa  ambasciatori  al  Papa  ed  ai  principi  d'Europa,  che 
venivano  accolti  e  riguardati  come  quelli  di  qualunque  altro  sovrano. 

I  funzionari  regi  vedevano  la  loro  azione   circoscritta  stretta- 


ci) 11  Mirello  nei  suoi  discorsi  stampali  nel  1649,  con  la  data  falsa  di. 
Venezia,  la  chiama  :  •  Fiore  dell'  Europa,  Monarchessa  del  Mondo,  stabù 
li^xiina  Repubblica  il  cui  governo  arislocralico  avaa  dritto  di  soprain- 
lendere  ni  regi  ministri*.  Vito  La  Manti\,  Sa  gli  antichi  privilegi  di- 
Messina  e  sulle  ultime  controversie  (1741-1800)  per  titolo  di  capitale  def 
Regno.  Pag.  LUI.  Palermo  18'J8.  A.  Reber,  Ed. 


MISCELLANEA 


mente  dalle  leggi,  dalle  consuetudini,  dall'  opinione  pubblica ,  che 
li  sorvegliava  rigorosamente  e  con  gelosia ,  e  fino  dalle  ingiuste 
esigenze  e  dai  capricci  del  Senato.  Se  tentavano  emanciparsi,  ve- 
nivano dichiarati  esosi,  immediatamente  resi  impotenti,  allontanati. 

Ogni  legge  poi,  ogni  statuizione  contraria  ai  diritti  ed  agli  in- 
teressi della  città,  o  che  comunque  dispiacesse  al  popolo  ed  a'  suoi 
amministratori  elettivi,  veniva  sospesa,  e  quasi  sempre  quindi  abro- 
gata.  usando  largamente  del  diritto  (non  abbastanza  noto  ed  ap- 
prezzato dagli  studiosi  di  storia  e  di  dritto  pubblico,  nostri  con- 
temporanei), chiamato  di  «  contro  privilegio  »  che  non  esitiamo  a 
paragonare  a  quello  di  nuUifìcazione ,  finora  preteso  invano  da 
quegli  uomini  politici  della  libéralissima  Unione  Americana,  i  quali 
parteggiano  per  la  più  ampia  autonomia  dei  singoli  stati ,  che  la 
compongono,  più  che  al  veto  dei  romani  tribuni.  Insomma,  come 
scriveva  un  contemporaneo  «  todo  era  privilegio,  toda  exempcion 
y  toda  libertad  ». 

Un  fatto  caratteristico,  ripetuto  durante  la  carestia,  che  fu  pre- 
ludio di  tale  rivoluzione,  mostra  chiaramente  in  che  modo  questa 
novella  Tiro  siciliana  intendesse  i  vincoli,  che  l'univano  a  quell'or- 
ganismo politico  di  cui  giuridicamente  faceva  parte.  Il  Senato,  a 
porre  rimedio  alla  scarsezza  di  frumento,  armò  in  corsa  vari  legni 
per  predare  quello,  che  transitava  lungo  lo  Stretto,  quantunque  ap- 
partenesse a  sudditi  del  Re  di  Spagna  o  a'  loro  bisogni  fosse  ne- 
cessario ,  opponendo  imperturbabilmente  alle  rimostranze  ed  alle 
ire  governative  i  propri  privilegi  (1). 

Cosiffatte  istituzioni  politiche,  giudiziarie  ed  amministrative  reg- 
gevano una  città  «  persuadée  »  come  maligna  un  altro  contempo- 
raneo -.  d' étre  la  capitale  du  monde»;  tanto  magnificamente  co- 
strutta da  venir  celebrata  dagli  stessi  Spagnuoii  e  Francesi;  e  per 
quella  serie  non  interrotta  di  palazzi  di  uniforme  disegno,  con  di- 
ciotto porte  di  marmo  sontuosissime,  fatti  innalzare  per  un  miglio 
lungo  il  porto  da  Filiberto  di  Savoja,  ascritta  «inter  nova  mundi 


(1)  Sarebbe  tempo  che  la  storia  del  diritto  italiano  si  arricchisca  di 
un'  edizione  criticfi  di  qnesti  privilegi ,  precedala  da  lavoro  dottrinai© 
sintetico,  e  poiché  sappiamo  che  vi  attonde  il  chiaro  giureconsulto  e  sto- 
rico, Vito  La  Mantia,  ne  auguriamo  a  questo  Archivio  qualche  primizie. 


5')  MISCELLANEA 


miracula  »  ;  fioi*entissima  per  agricoltui'a,  industrie  e  commerci; 
artisticamente  adornata  dal  Montorsoli,  dall'Antonello,  dal  Galdara 
e  da  altri  molti;  con  una  vita  intellettuale  sempre  rigogliosa  dalle 
prime  efflorescenze  poetiche  nel  volgar  nostro  di  Guido  delle  Co- 
lonne e  dei  suoi  contemporanei  a  quel  buon  fra  Tommaso  Caloria, 
di  cui  il  Petrarca  scrive  «  che  ornò  Messina  ed  or  Bologna  im- 
pingua »;  a  quelle  scuole  del  Rinascimento  in  cui  insegnava  un 
Lascaris  ed  imparava  un  B^nibo;  al  sommo  Maurolico;  al  Malpighi; 
al  Castelli;  a  quel  Boi*elli,  successore  di  Galileo  sulla  cattedra  pi- 
sana ed  anima  a'  suoi  tempi  dell'Accademia  del  Cimento,  patriotta 
non  meno  che  scienziato,  al  principio  di  questa  rivoluzione  man- 
dato in  bando  dal  governo  spagnuolo  ;  a  quelle  tante  accademie 
(principale  tra  esse  La  Fucina),  delle  quali  oggi  è  comune  abitu- 
dine dir  male,  senza  pensare  quante  scintille  di  fuoco  in  quei  tempi 
di  decadenza  e  di  oppressione  serbavansi  accese  sotto  la  scoria 
leggiera  e  vuota  dei  loro  atti,  e  che  esse,  esumando,  accumulando, 
ripetendo ,  ruminando  cose  e  fatti ,  pensieri ,  concetti  e  memorie 
anche  d'altri  uomini  e  d'altri  tempi,  compivano  allora,  come  fanno 
ora,  nell'economia  del  mondo  morale  l'indispensabile  funzione  che, 
secondo  Darwin,  nel  mondo  fisico  è  stata  assegnata  all'umile  verme, 
il  quale  elabora  gli  sterili  detriti  degli  strati  di  terra,  che  hanno 
già  dato  il  loro  prodotto,  e  li  riporta  su  nuovamente  fecondi  per 
r  agricoltore,  che  sa  adoperarli. 

E  in  tale  ambiente  abitavano  un  popolo  di  svegliato  ingegno, 
forte ,  ricco ,  guerriero  ,  educato  a  gloriose  memorie ,  a'  larghi  e 
liberi  orizzonti  di  una  vita  eminentemente  marinara,  del  quale  lo 
storico  Zurita  osservava  :  «  no  se  obliga  con  el  beneficio  ni  se  sujeta 
con  el  rigor  »;  cittadini  dei  quali  don  Giovanni  Alfonso  de  Lanzina 
scriveva:  «incostanti  e  variabili  in  tutto,  come  la  cori'ente  del 
Faro,  sono  solo  tenaci  in  mantenere  la  libertà  e  difendere  la  pa- 
tria, fino  a  perdei-e  la  vita  a  tale  oggetto,  adducendo  per  massima 
onde  opporsi  ad  ogni  umano  e  divino  dritto  qite  fueì^on  primiero 
Messineses  qu£  Christianos». 

Il  carattere  e  l'opinione  di  questo  popolo  non  temperavalo  la 
vecchia  e  fiera  nobiltà  siciliana  di  origine  normanna,  sveva,  ara- 
gonese (1);  non  inquinavalo  quella  improvvisata  sotto  i  viceré  dal 


(IJ  Fin  dal  Quattrocento,  quando  nelle  altre  città   dt^ll'  Isola  assolati 
domitLivatio  i  nubili ,  non  più  raffrenati  da  una  forto  Monarchia  Nazio- 


MISCKLl.ANKA  57 


governo  castigliano ,  poiché  solo  Palermo  era  allora  «  la  sede  re- 
golare '>  dei  nobili  siciliani.  I  suoi  più  illustri  e  potenti  cittadini 
dalle  origini,  dalle  quotidiane  occupazioni,  dall'ambiente  commer- 
ciale traevano  ispirazioni,  ideali,  modi  di  vita.  Questo  esodo  anzi 
della  nobiltà  anche  da  Messina  per  andare  a  stabilire  la  propria 
sede  a  Palermo  viene  lamentato  in  qualche  documento  dell'epoca, 
come  accadde  per  esempio  a  proposito  della  partenza  della  vedova 
di  un  Marchese  di  Villafranca,  perchè  toglieva  al  popolino  una 
fonte^  di  lucri,  e  furon  perfino  fatti  voti  al  Viceré  che  la  impedisse 
con  la  forza ,  ma  eran  voti  di  servitori  e  di  staffieri ,  i  più  poco 
se  ne  curavano.  Lo  storico  però  può  forse  con  ragione  considerare 
questi  fatti  come  la  causa  intima,  psicologica  del  secolare  duali- 
smo durato  tra  Palermo  e  Messina,  dove  delle  oligarchie ,  spinte 
dai  propri  interessi  e  da  diverse  tendenze,  si  contendevano  i  favori 
viceregi  e  spingevano  i  due  popoli  fratelli  alla  lotta  ed  al  pette- 
golezzo. 


* 

*  * 


In  tale  stato  di  cose  non  potevano  mancare  coloro  che  pensa- 
vano a  conseguire  una  libertà  più  grande,  un'indipendenza  assoluta 
e  il  nome  di  repubblica,  poiché  avevano  quasi  intera  la  cosa.  Questi, 
venuti  man  mano  crescendo  di  numero,  di  forze,  d'influenza  e  d'au- 
torità, si  erano  organizzati  sotto  la  direzione  di  una  società  segreta, 
chiamata  La  Setta,  e  formavano  il  nucleo  più  energico  ed  intra- 
prendente dei  Malvizzi ,  cioè  di  coloro  che  per  mantenere  e  cre- 
scere le  patrie  franchigie  combattevano  contro  i  Merli ,  che  più 
teneri  si  mostravano  della  regia  prerogativa. 

Finché  dimorò  in  questo  mondo  Filippo  IV,  il  quale  soleva  ri- 
petere di  «  viver  con  sosiego  mientras  Messina  se  mantenia  en 
fidelidad  »  le  cose  andarono  avanti  alla  meglio;  ma,  morto  questo 


naie,  in  Messina  la  borghesia  teneva  testa  onorevolmente  e  con  varia 
fortuna  all'aristocrazia.  Al  1448  finalmente  si  convenne  che  le  cariche  e 
gii  onori  del  Comune  venissero  divisi  per  metà  tra  nobili  e  borghesi,  e 
tal  patto ,  rinnovato  nel  1516,  fa  concretato  nei  celebri  capitoli ,  redatti 
dal  notaro  messinese  Cola  d'  Angelica. 


MISCKi  LANKA 


riconoscente  amico  e  protettore  della  città  (17  settembre  1635), 
caduto  in  disgrazia  Don  Giovanni ,  il  malanimo  e  l' imprevidenza 
dei  ministri  spagnuoli,  che  pensavano  di  stringere  i  freni,  proprio 
quando  i  Messinesi  più  gran  voglia  mostravano  di  allentarli ,  ed 
alcune  accidentali,  gravissime  calamità,  che  interessavano  la  salute 
e  r  economia  pubblica  ed  immergevano  nel  lutto  le  più  fiorenti 
città  dell'Isola,  in  ogni  tempo,  in  ogni  luogo,  se  non  causa  unica, 
certo  coefficiente  importante  di  sedizioni,  precipitarono  gli  eventi. 

Dopo  una  serie  di  moti,  cominciati  nel  1672 ,  e  di  oscuri  con- 
giuramenti, nei  quali  a  Roma  ebbe  parte  principale  con  altri  in- 
fluenti messinesi  il  genovese  Giovan  Stefano  Garibaldi ,  Generale 
dei  Crociferi,  il  7  luglio  1674  Messina  insorse. 

Seguirono  :  la  cacciata  degli  Spagnuoli;  la  chiamata  dei  Fran- 
cesi; trattative  diplomatiche;  battaglie  navali  e  terrestri  varie,  che 
non  possono  riassumersi ,  e  che  in  buona  parte  leggonsi  ben  de- 
scritte nel  libro  del  Galatti. 

Importanti  per  la  nostra  storia  militare  sono  i  documenti  che 
ci  rimangono  di  questa  guerra. 

La  combatterono  per  mare  i  migliori  ammiragli  del  tempo,  e 
il  Ruyter,  quel  nuovo  gran  Marte,  come  lo  chiamavano  i  suoi  com- 
pagni d'armi,  vi  lasciò  la  vita.  Vi  presero  parte  molte  navi,  costruite, 
armate,  riparate  in  Sicilia  e  da  siciliani  equipaggiate. 

Né  è  meno  utile,  malgrado  i  profondi  mutamenti  avvenuti  nella 
tattica  e  nella  strategia  moderna,  lo  studio  minuzioso  di  una  guerra 
terrestre  tra  due  valorosi  eserciti  stranieri  col  concorso  di  paesane 
milizie,  svoltasi  in  quel  terreno  stesso,  che  è  stato  pel  passato,  dai 
Romani  ai  Normanni  e  da  questi  al  Duca  di  Taormina,  e  probabil- 
mente sarà  anche  per  l'avvenire  il  campo  della  lotta  tra  chi,  posse- 
dendo Messina,  volesse  mantenerla  ed  allargarsi  nell'Isola,  e  chi  forte 
altrove  si  [)roponesse  opposto  objettivo. 

Molla  parte  degli  onori  di  tal  guerra,  dove  altri,  se  conferma- 
rono, non  accrebbero  la  loro  fama,  spettano  a  un  nostro  valoroso 
e  quasi  ignoto  soldato,  Don  Pietro  Paolini,  che  vi  conquistò  il  ba- 
stone di  Maestro  di  Campo  Generale. 

Poco  colto  ma  intelligente,  forte,  instancabile,  conoscitore  pro- 
fondo dei  luoghi  e  delle  persone,  fiero,  ambizioso,  audace,  egli  era 
il  vero  tipo  del  guerrtllero,  il  vero  duce  adatto  a  quel  teiTono,  a 
quei  combattenti  per  lo  più  reclutati  nel  paese. 


MISCELLANEA  59 


Di  quasi  tutte  le  imprese  e  le  fazioni  guerresche  tentate  od 
eseguite  fu  preparatore  od  aiutatore;  molte  a  lui  solo  furon  dovute, 
tra  cui  la  presa  della  Mola,  di  che  il  Duca  di  Bournoville,  Gover- 
natore Generale  delle  Armi,  vecchio  ed  esperto  soldato,  che  aveva 
passata  sui  campi  di  battaglia  la  vita,  scriveva  a  S.  M.  il  :^8  dicem- 
bre 1677: 

«  Este  que  ha  echo  de  la  interpresa  de  la  Mola  es  uno  de  los 
mas  particulares  que  he  visto  hazer  en  el  discurso  del  tieinpo  que 
à  que  sirvo  y  que  no  ay  segundo  del  en  estos  siglos». 

A  lui  si  dovette  principalmente  la  difesa  della  Fi^ontiera  di 
FrancaviUa,  considerata  come  la  chiave  del  Valdemone  e  molto 
più  rapidi  e  maggiori  successi  avrebbero  ottenuto  forse  le  armi 
spagnuole ,  se  si  fossero  sempre  ascoltati  i  suoi  consigli ,  se  egli 
quasi  durante  tutta  la  guerra  non  avesse  tenuto  gerarchicamente 
un  posto  assai  umile  nell'esercito,  per  la  qual  cosa,  essendo  ambi- 
ziosissimo di  avanzare  nella  milizia,  spesso  altamente  si  rammari- 
cava ,  esigendo  che  i  suoi  consigli  e  1'  opera  dal  loro  intrinseco 
valore,  non  dal  grado  di  chi  li  dava  fossero  apprezzati. 

Fui'ono  inoltre  quelli  tempi  aurei  per  le  nostre  fortificazioni, 
nelle  quali  si  distinsero  oltre  il  celebre  colonnello  Grunembergh, 
altri  ingegneri  militari. 

Durante  quella  guerra  fu  segnata  la  definitiva  condanna  degli 
ordinamenti ,  ancor  medioevali ,  delle  nostre  milizie  ,  dimostrati 
assolutameute  non  corrispondenti  ai  bisogni  ed  ai  progressi  del- 
l'arte militare,  ed  iniziossi  la  trasformazione  di  quelle  in  un  eser- 
cito regolare  moderno. 

Anche  nell'  artiglieria  fu  portata  qualche  innovazione ,  per  la 
spinta  data  dalle  invenzioni,  allora  famose,  del  Principe  Rupert. 
Ma  sopratutto  sono  interessanti  i  documenti  che  riguardano  la  pre- 
parazione e  la  condotta  diplomatica,  politica  e  finanziaria  della 
guerra. 

Gli  astuti  ministri  spagnuoli  contro  Luigi  XIV  fecero  quello, 
che  sogliono  fare  i  prepotenti,  quando  sono  costretti  a  lottare  con 
uno  più  prepotente  di  loro:  appellaronsi  cioè  alla  legalità  ed  alla 
giustizia  della  propria  causa;  alla  pace  secolare  procurata  all'Isola; 
alla  memoria  degl'innumerevoli  benefici  largiti. 

I  Gastigliani  in  Sicilia  si  erano  sempre  atteggiati  a  succesjori 
legittimi  e  naturali  di  Pietro  d'Aragona  e  di  queir  altra  «  Nepote 


60  MISCELLANEA 


di  Costanza  Imperatrice  »  che  dall'ava  si  nomava  ed  aveva  portato 
nella  casa  di  lui,  grande  e  glorioso ,  sangue  e  memorie  grandi  e 
gloriose  dei  nostri  re  Normanni  e  Svevi.  Ma  i  Siciliani  non  ave- 
vano mai  dimenticato  il  fatto  che,  il  28  ottobre  Ì4i2,  nel!' illegalis- 
simo  congresso  di  Caspe,  la  loro  patria,  non  rappresentata,  venne 
nelle  mani  del  Re  Cattolico ,  perchè  «  Ferdinandum  corona  decet 
•quia  noster  alumnus  est  »  aveva  decisivamente  pronunziato  San 
Tincenzo  Ferreri ,  e  quelli  del  sec.  XVII ,  i  quali  erano  contem- 
poranei di  Don  Abboiidio,  avevano  molte  più  ragioni  del  povero 
curato  di  Lecco  per  lamentarsi  che  anche  i  santi  fossero  loro  tor- 
nati fatali  I 

I  benefìci  poi  o  erano  individuali,  di  poca  importanza,  rimune- 
razione per  lo  più  di  servigi  ricevuti,  o  avevano  carattere  puramente 
negativo  :  consistevano  cioè  nel  non  violare  troppo  apertamente  e 
in  modo  insopportabile  quelle  savie  leggi,  che  gli  avi  provvidi 
avevano  posto  a  tutela  della  Nazione  e  a  freno  del  Fisco,  e  per 
cui,  secondo  un  proverbio  contemporaneo,  i  ministri  spagnuoli  che 
a  Milano  mangiavano  e  a  Napoli  divoravano,  in  Sicilia  non  pote- 
vano che  rodere. 

Ma  d'altro  canto  neppure  è  da  credere  che  il  danno  e  1'  onta 
della  perdita  del  bene  supremo  di  un'assoluta  indipendenza,  e  l'u- 
nione personale  del  Regno  di  Sicilia  con  quello  di  Spagna  fossero 
•dovute  esclusivamente  a  un'insidia  e  mantenute  per  più  di  tre  se- 
coli da  un'  esterna  coazione. 

Le  scarse  milizie  spagnuole,  che  presidiavano  l'Isola,  non  erano 
a  ciò  sufficienti.  Piuttosto  la  degenerazione  rapida  delle  nostre  stirpi 
reali ,  pur  sorte  da  cosi  fisiologicamente  vigorosi  ceppi  ;  la  estin- 
zione impreveduta ,  fatale ,  delle  linee  primogenite  ;  la  decadenza 
-del  moderatore  potere  monarchico  negli  ultimi  anni  dell'indipen- 
denza; la  diversa  origine  dei  componenti  dell'aristocrazia;  le  rivalità 
tra  le  varie  grandi  e  piccole  città,  tra  le  diverse  classi  sociali,  tra 
la  parzialità  latina  o  la  catalana;  la  potenza  eccessiva  di  alcune 
città,  ma  non  tanto  grande  in  una  da  parraetterle  di  soggiogare 
le  altre;  il  sorgere  intanto  dei  grandi  stati  nazionali  e  militari 
europei;  rin><tare  minaccioso  della  Mezzaluna;  tutto  spingeva  all'a- 
narchia od  alla  perdita  dell'indipendenza  patria.  La  Spagna,  colti- 
vando ed  artificiosamente  combinando  tutte  queste  debolezze,  potò 
venire  o  mantenersi,  ma  non  mai  diventar  foi'te  di  forze  proprie. 


MISCELLANEA  Gì 


Lo  spagnolismo  della  Sicilia ,  a  chi  studia  la  nostra  storia  se- 
riamente su'  documenti,  appare  se  non  una  favola,  certo  una  grande 
esagerazione.  Ministri  e  soldati  a  servizio  della  Spagna  nell'  Isola 
furono  spesso  e  per  molto  tempo  illustri  personaggi  o  avventurieri 
italiani,  come  già  un  tempo  lo  furon  molti  dei  cosidetti  militi  nor- 
manni, nati  e  cresciuti  nei  piani  lombardi;  il  poco  sangue  dei  forti 
Almugaveri  di  Pietro  e  di  Giacomo,  quello  degli  autentici  Spa- 
gnuoli  del  Terzo,  molto  tempo  dopo  mescolatosi  all'  indigeno  per 
lo  più  nelle  vene  dei  figli  di  qualche  donna  perduta,  perchè  i  sol- 
dati di  passaggio  non  contraevano  facilmente  stabili  nozze ,  non 
potè  mutare  né  l'indole,  né  la  razza,  né  la  vita  dei  Siciliani,  niente. 

Questa  «  acuta  Gens  Sicula  »  come  la  chiamò  Cicerone,  e  l'Isola 
che  le  fu  nido  aveva  da  secoli  o  espulsi  o  rapidamente  assorbiti 
e  trasformati  ben  altri  forti  e  numerosi  elementi  etnografici  ! 

Le  somiglianze ,  che  si  riscontrano  tra  il  nostro  popolo  e  gli 
abitatori  della  Penisola  Iberica,  se  maggiori  che  non  sieno  per  es. 
quelle  che  passano  tra  questi  e  i  Lombardi,  anche  essi  un  tempo 
soggetti  a  Spagna,  son  dovute  ad  altre  cause,  chequi  sarebbe  inutile 
esaminare.  I  nostri  mali  specifici  son  dovuti  a  cause  in  cui  la 
povera  Spagna  non  entra  punto ,  e  in  ogni  caso  si  tratterebbe  di 
analogia,  ìoóxtj?  Xóywv,  come  direbbero  gli  Aristotelici,  non  di  filia- 
zione. 

L'aristocrazia  e  l'alto  clero,  alcuni  componenti  dei  quali  ordini 
gloriavansi  delle  loro  origini  spagnuole,  come  suol  succedere  in 
simili  casi,  accettavano  specialmente  nelle  grandi  città  la  moda 
di  Spagna  e  ne  sostenevano  1'  unione,  ma  sol  perchè,  sebbene  go- 
vernare per  quella  nazione  fesse  sinonimo  di  sfruttare  i  popoli 
soggetti  ;  pure  in  tale  sfruttamento  la  miglior  parte  della  curèe, 
la  parte  del  leone  per  una  accorta  combinazione  di  cose  toccava 
proprio  a  loro;  tanto  che  tra  le  massime  dell'empirica  politica  ma- 
drilena  del  tempo  era  anche  l'ammonimento,  che  si  dava  ai  nuovi 
Viceré,  partenti  per  la  Sicilia,  di  ricordarsi  che  nell'  Isola  si  po- 
teva tutto  coi  nobili,  niente  senza  di  essi  (1). 


(1)  Salla  politica  dei  Viceré  Spagnuoli,  e  specialmente  per  quanto  ri- 
guarda i  loro  rapporti  col  Parlamento  Nazionale,  son  rimaste  celebri  le 
Adverlencias  à  Marco  Antonio  Colonna,  nombrado  Yirrey  de  Sicilia  di 


62  MCSCBLLÀ.KEA 

Ma  la  gran  massa  del  popolo  rimase  sempre  estranea  a  questi 
connubi  tra'  suoi  sfruttatori,  a  questa  politica  antinazionale;  e  nei 
yari  moti,  a  cui  abbiamo  accennato  di  sopra,  mostrossi  vogliosa  e 
pronta  non  solo  a  rompere  1'  odioso  legame  collo  straniero ,  ma 
sopratutto  a  spazzar  via  chi  ne  era  all'interno  il  sostegno  e  a  pro- 
cedere a  più  profondi  e  radicali  mutamenti,  cònscia  per  esperienza 
e  per  istinto  che  : 

«  In  principatu  commutando  civium, 

«  Nil  praeter  domini  nomen  mutant  pauperes  ». 

Tuttavia  di  fronte  ai  Francesi,  sempre  odiati  ed  ora  invocanti 
le  concessioni  papali  all'Angioino  e  cose  simili,  gli  apologisti  uffi- 
ciosi ed  interessati  del  governo  spagnuolo  ebbero  bel  gioco. 

La  Spagna,  il  Re,  il  suo  governo,  tutto  fu  levato  a  cielo;  coperti 
di  vituperi  e  d'imprecazioni  i  Francesi  e  i  Messinesi,  detti  «  mercato 
d'infedeltà»  da  notare  *con  nota  eterna  d'infamia»  dei  quali  doveva 
essere  «  odiato  non  tanto  il  commercio  quanto  il  nome  stesso  » 
come  nemici  della  patria  per  essersi  «  intruso  nelle  sue  viscere 
per  opra  loro  un  nemico  il  più  capitale  che  abbia  »  appartenente 
ad  «  una  nazione,  con  la  quale  i  Siciliani  hanno  una  naturale  av- 
versione », 

Da  ogni  parte  magistrature  municipali,  nobili,  preti,  impiegati, 
ufficiali  e  militi  fecero  a  gara  nello  sperperare  la  più  gran  quan- 
tità possibile  della  retorica  vuota  e  verbosa  del  tempo,  mandando 
laudi,  auguri,  fieri  consigli,  profferte  di  devozione  al  governo  e 
preci  al  Cielo  secondo  le  intenzioni  di  esso.  I  più  sennati  manda- 
vano anche  dolci,  frutta  e  capponi  per  temperare  ai  signori  Viceré 
ed  alla  signora  Viceregina  le  amarezze  della  guerra. 

Il  Senato  di  Catania  non  sapeva  darsi  pace  dei  dubbi  mossi  in 


Scipione  de  Castro ,  delle  quali  esistono  vari  esemplari  manoscritti  in 
lingaa  italiana  o  spagnaola;  nn'  edizione  imperfetta  ne  fti  fatta  a  .Milano 
nel  ì&biì  {Tesoro  Poliiico)  col  titolo  di  Avvertimenti  di  Don  Scipione  de 
Castro  circa  il  governo  di  Sicilia  dati  al  signor  Marco  Antonio  Colonna 
quando  andò  Viceré  nel  1577  ;  e  an'altra  completa  in  lingaa  italiana  e 
latina  a  Fraocoforte  nel  1618, 


MISCELLANEA  C-i 


alto  sulla  fedeltà  dì  quel  popolo,  sulle  voci  sparse  di   preparativi 
sediziosi,  di  aiuti  dati  ai  Messinesi  per  parte  dei  cittadini. 

Quello  di  Palermo,  con  gran  compiacimento  di  S.  M.  e  del  Vi- 
ceré, faceva  stampare  e  spargere  ai  quattro  venti  la  confutazione 
degli  scritti,  che  sostenevano  i  pretesi  dritti  della  Francia,  ed  allie- 
tava di  feste  gli  alleati  Olandesi. 

Trapani,  Siracusa,  Girgenti,  le  altre  città  tutte  li  imitavano. 

Ma  quando  fu  chiesto  aiuto  reale  di  denari  e  di  combattenti, 
gli  uni  e  gli  altri  furon  dati  scarsi  o  negati  addirittura  con  mille 
ragioni  e  con  più  pretesti.  Chi  doveva  badare  alla  vendemmia, 
alla  mietitura  e  ad  altri  lavori  campestri;  chi  difettava  d'  armi  e 
di  denari ,  chi  aveva  le  figlie  zitelle  da  custodire  e  da  maritare; 
chi  veniva  colto  da  qualche  febbre  nei  momenti  decisivi  dell'azion 
militare;  chi  accusava  la  tarda  età,  i  reumi,  la  sciatica,  il  mal  di 
pietra,  tutti  i  mali,  tutti  i  flagelli  d'Egitto;  e  i  pochi,  che  si  decide- 
vano a  servire,  lo  facevano  in  malo  modo,  per  non  non  compro- 
mettere la  propria  sorte,  magnificando  continuamente  l'opera  loro 
e  lo  zelo,  chiedendo  soccorsi,  premi,  ricompense,  promesse  per  l'av- 
venire a  chi  non  poteva  dare  neppure  regolari  stipendi  alle  truppe 
in  campagna. 

Gli  Ecclesiastici,  che  per  vivere  indipendenti  dai  loro  Vescovi 
e  dai  loro  Generali  non  facevano  che  invocare  i  diritti  àeW  Apo- 
stolica Legazia  e  della  Regia  Monarchia,  per  contribuire  alle  spese 
necessarie  a  respingere  l'invasione  straniera,  aspettavano  volta  per 
volta  il  tardo  permesso  di  Roma. 

Il  Senato  in  Palermo,  dopo  tante  profferte,  non  volle  che  nella 
cinta  delle  sue  mura  si  levassero  truppe;  esigeva  che  i  nobili  ivi 
dimoranti,  vale  a  dire  il  maggior  numero  e  i  piìi  potenti,  fossero 
esentati  dal  servire  in  campagna  ;  che  nessun  sacrificio  si  impo- 
nesse, che  nessuna  molestia  si  arrecasse  ai  privilegi,  alle  risorse 
economiche  della  città,  anzi  si  aumentassero  continuamente  i  soc- 
corsi pecuniari,  le  fortificazioni,  le  armi,  le  truppe  necessarie  alla 
sua  difesa.  Il  popolo  da  canto  suo  tumultuava  continuamente ,  e 
dopo  la  caduta  di  Taormina  s'impossessava  delle  armi,  dei  baluardi, 
dei  posti  di  maggiore  importanza,  tentando  di  bruciare  le  case  dei 
nobili,  dicendoli  tutti  traditori,  come  il  Conte  di  Prades,  a  cui  s'im- 
putava la  perdita  di  quella  città;  e  reclamava  che  fossero  banditi 
lutti  i  Messinesi,  prova  apparente  dì  zelo,  che  mise  nella  piìi  grave 


64  MISCELLANEA 


costernazioae  il  Viceré  e  i  ministri ,  non  solo  perchè  si  sapeva, 
che  quella ,  in  apparenza  crudelissima  domanda ,  era  pretesto  a 
tumulti  ulteriori,  ma  anche  perchè  le  molte  migliaia  di  Messinesi 
allora  in  Palermo ,  non  ne  costituivano  la  colonia  normale ,  ma 
erano  per  lo  più  Merli ,  devotissimi  a  Spagna ,  e  fuggiti  durante 
gli  ultimi  avvenimenti  avevano  ogni  diritto  al  soccorso  ed  alla  ri- 
conoscenza del  governo.  Le  Maestranze ,  cresciute  d'  importanza, 
capitanavano  questi  moti,  insolentivano  giornalmente  contro  i  no- 
bili e  i  pubblici  ufficiali,  che  dovevano  cedere  a  tutte  le  loro  vo- 
glie per  paura  di  peggio. 

I  fedelissimi  Gatanesi  tumultuavano  anch'essi,  aiutavano  i  Mes- 
sinesi, costringevano,  malgrado  il  forte  presidio,  a  recarsi  tempo- 
raneamente presso  di  loro  il  Viceré  per  tenerli  a  freno  con  la 
sua  presenza,  e  impedire  che  si  unissero  volontariamente  coi  Mes- 
sinesi e  coi  Francesi. 

II  5  febbraro  1677  S.  M.  scriveva  al  Viceré:  «  que  siendo  Ca- 
tania la  segunda  Ciudad  de  esse  Reyno,  y  la  mas  dispuesta  a  las 
ventajas  de  los  Enemigos ,  conviene  mucho  su  conservagion  y  por 
esto  haviais  asistido  en  ella  para  preservar  con  vuestra  presengia 
el  peligro  de  que  por  estar  avierta  y  tener  unidas  inteligencias 
con  Megina  se  entregase  voluntariamente  a  Frangia  ». 

Ma  queste  intelligenze  non  furono  troncate  e  il  30  maggio  dello 
stesso  anno,  l' arciprete  Don  Sebastiano  Puglisi ,  da  Francavilla, 
uno  dei  piìi  abili  e  solerti  informatori ,  scriveva  al  generale  Fra 
Don  Diego  Bracamonte,  comandante  della  cavalleria  e  di  tutte  le 
forze  militari  di  stanza  a  Catania  e  nei  dintorni  :  «  In  esecutione 
delli  comandi  di  V.  E.  sono  andato  alla  Colla ,  et  ho  parlato  con 
Giacomo  Golba,  e  D.  Geronimo  Lo  Indice,  et  informandomi  di  quel 
che  opera  il  nemico,  mi  hanno  detto  che  la  marcia  deve  fare  è 
per  Calatabiano,  Francavilla,  Randazzo,  Traina,  dove  hanno  intel- 
ligenza,  e  pure  mi  dicono  che  in  cotesta  Città  di  Catania  hanno 
intelligenza  ». 

A  Trapani,  dove  ancora  vedevansi  esposti  in  pubblico  entro 
gabbie  di  ferro  i  tèschi  dei  giustiziati  nelle  passate  rivolture ,  1 
cittadini,  all'ordine  di  consegnare  le  loro  armi,  rispondevano  pre- 
sentandone circa  quattrocento ,  inutili  ferri  vecchi ,  e  a  quello  di 
prestare  un  qualche  servizio  opponevano  l'  essere  disarmati ,  ciò 
che  succedeva  anche  a  Palermo  ed  in  altre  città,  dove  i  cittadini. 


MISCELLANEA  65 


portavano  le  armi  in  onta  ai  severi  bandi  che  ciò  proibivano;  ma, 
invitati  dagli  ufficiali  municipali  o  governativi  a  prendere  le  mu- 
nizioni per  la  ronda  ed  altri  servizi,  si  rifiutavano,  in  ossequio  a 
quegli  stessi  bandi,  che  essi  allora  fìngevano  di  temere. 

A  Girgenti  si  tumultuava  contro  il  Vescovo;  a  Siracusa  e  nelle 
minori  città  contro  qualcuno,  o  contro  qualche  cosa,  tanto  per 
cominciare ,  ma  in  sostanza  si  facevano  i  primi  tentativi  contro 
tutto  l'ordine  di  cose  imperante ,  salvo  ad  andar  oltre  secondo  i 
casi  della  guerra  messinese. 

Da  ogni  luogo  piovevano  alle  autorità  lettere  anonime  minac- 
ciose; richieste  impossibili  a  contentarsi;  consigli  insolenti;  rimo- 
stranze ufficiali,  ancor  più  temibili  nella  loro  temperanza.  Cartelli 
sediziosi,  che  erano  la  stampa  clandestina  del  tempo  e  di  cui  in 
Sicilia  si  faceva  allora  grande  uso  (1),  apparivano  affissi  alle  can- 
tonate, chiedenti  riparo  ai  mali  del  popolo,  additanti  all'  ira  pub- 
blica e  del  Sovrano  questcr  o  quel  funzionario. 

I  Viceré  se  ne  mostravano  molto  impensieriti.  Avendo  consi- 
derato, scriveva  S.  M.  il  5  febbraro  1677  al  Marchese  di  Castel 
Rodrigo  cf  que  tubisteis  avisos  de  que  el  dia  de  los  difuntos  querian 
en  Catania  degollar  a  los  Hespanoles,  y  que  el  de  San  Carlos  in- 
tentarian  en  Palermo  apoderarse  del  Castillo  disimulandose  el  echo 
con  el  concurso  a  la  celebracion  de  mis  aiios.  Apruevo  os  las  di- 
ligengias  qua  interpusisteis  para  preservar  estos  danos ,  y  Os  en- 
cargo  esteis  con  grande  cuydado  que  piden  los  atentados  desemejante 
calidad  en  la  peligrosa  costituQion  de  esse  Reyno». 

Chiaro  appare  che  la  guerra  di  Spagna  contro  i  Francesi,  pur 
essendo  questi  odiati  invasori,  non  era  considerata  come  nazionale, 
ma  come  una  lotta  tra  stranieri,  durante  la  quale  conveniva  stare 
alle  viste,  per  trarne  prima  o  poi  il  maggiore  profitto  possibile  e 
col  minor  rischio. 

Né  mancarono  le  aperte  ribellioni  di  alcune  città  vicine  a  Mes- 
sina, di  alcune  potenti  famiglie  aristocratiche,  di  alcuni  ordini  re- 
ligiosi come  i  Cappuccini,  che  diedero  allora  al  governo  di  Madrid 
più  filo  da  torcere,  che  non  avrebbe  fatto  un  corpo  d'esercito  nemico. 


(l)  V.  Ferdinando  Lionti,  Cartelli  sediziosi  del  1647 ^  neil' Arch.  Stor. 
Sic,  anno  XIX. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  •     5 


6G  MISCELLANEA 


Da  ciò  processi  e  persecuzioni ,  che  a  loro  volta  traevan  seco  1 
rancori  e  l'ira  delle  famiglie,  comunque  legate  alle  vittime. 

DOvVunque  si  ordivano  trame,  si  pigliavano  accordi  col  nemico: 
Dea  Diego  Beltran,  Sergente  Maggiore  di  Santa  Lucia,  vedendo  i 
ribelli  messinesi  e  i  loro  complici  andare  e  venire  liberamente 
dalla  città  e  comunicare  col  nemico;  vedendo  coloro  che  avevano 
prestato  giuramento  ai  Francesi  e  cantato  il  «  Te  Deum  laudamus  » 
in  loro  onore  essere  stati  eletti  giurati,  godere  la  protezione  vice- 
regia,  accusare  per  giunta  gli  ufficiali  spagnuoli  fedeli  al  Re  e 
trovar  spesso  credito  in  alto,  scriveva  il  27  giugno  1677  al  Viceré 
di  farsi  fradicio  e  di  non  dormire  ne  notte  né  giorno. 

«  Si  no  fuera  »  scriveva  da  Palermo  il  cappuccino  spagnuolo 
fra  Giuseppe  da  Ica  lin  dal  29  novembre  1675  «  porque  este  Seiior 
Virrej  y  Yuez  de  la  Monarchia  estan  sobre  el  aviso  muchas  vezes 
hubiera  peligrado  el  servigio  del  Rej  nuestro  Seiior  en  està  de- 
sgraciada  coyuntura  de  las  rebolugioaes  de  Mecina  ;  en  que  se 
necesita  que  cada  espanol  sea  un  Argos  para  penetrar  tantas  in- 
teligencias ,  comò  el  Franges  ha  movido  ;  y  tambien  se  necesitan 
aqui  Espanoles  de  to^ìas  profesiones,  para  ayudar  en  lo  que  pueden, 
causa  unica  que  me  ha  detenido  aqui  contra  mi  salud  y  quietud  j». 

Il  tradimento  si  annidava  finanche  nel  gabinetto  dei  Viceré.  Il 
5  febbraro  1777  S.  M.  sapendo  ciò,  senza  ira  o  meraviglia,  discu- 
tendo vari  argomenti  sottoposti  alla  sua  considerazione ,  scriveva 
tranquillamente  al  Marchese  di  Castel  Rodrigo  :  «  Punto  19.  Que 
en  las  cosas  politicas  ha  avido  mucho  desorden  porque  los  mai 
intengionados  han  hallado  con  el  dinero  disposigion  en  los  Mini- 
stros  y  en  la  Secretarla  de  Vuestro  antecesor  para  saver  lo  todo 
pasando  las  notigias  a  los  Enemigos  de  que  vienen  expressados 
algunos  cassos  ». 

t  Quedo  informado  desto  y  no  caviendo  la  enmienda  en  lo  que 
ya  ha  pasado ,  sera  bien  que  Os  sirva  de  adbertengia  para  velar 
sobre  esos  Ministros  atendiendo  en  la  forma  en  que  proceden  y  tam- 
bien los  que  sirven  en  vuestra  Secretarla».  E  soggiungeva  quindi 
di  conoscere  puro  :  «  Que  en  la  entrada  de  frutos  para  susteutar 
à  Megina  han  tenido  intervengion  sin  ningun  castigo  los  Ministros 
que  governau  a  Melazo,  la  Escaleta  y  otras  partes  ». 

Né  i  funzionari  rimasti  fedeli  prestavano  grandi  servigi:  al 
contrario  o  per  naturai  desidia,  o  per  le  cattive  consuetudini  pre- 


MISCELLANEA  67 


valse  da  secoli  o  per  rispetto  eccessivo  alle  formalità  imperanti, 
0  infine  per  amore  alle  leggi  ed  al  paese  nativo,  essi  opponevano 
air  azione  del  governo  ostacoli  insormontabili.  Gli  ordini  sovrani 
si  ripetevano  le  mille  volte  invano.  Il  Tribunale  del  Patrimonio, 
mutando  la  sua  ordinaria  funzione  contabile  e  giurisdizionale,  in 
difesa  costituzionale  e  patriottica  della  pubblica  pecunia ,  si  fece 
specialmente  ammirare  per  il  coraggio  con  cui  resistette  alle  in- 
giuste richieste  ed  alle  gravi  minacce  che   fioccavano  da  Madrid, 

Intanto  le  entrate  ordinarie,  già  scarse,  si  esaurivano;  i  beni  dei 
Messinesi  confiscati  non  trovavano  compratori,  vuoi  per  carità  di 
patria,  vuoi  pel  timore  che  si  aveva  di  rimetterci  il  prezzo,  se 
vincevano  i  Franco-Messinesi  ;  si  dovette  ricorrere  a  un  prestito, 
per  eufemismo  detto  volontario ,  e  metter  al  solito  le  mani ,  nei 
beni  del  Clero,  suscitando  gravi  e  pericolosi  malumori,  aperte  op- 
posizioni. 

Messina  invece  dal  canto  suo,  superate  le  prime  traversie,  pa- 
drona del  mare,  in  comunicazione  colle  Calabrie  e  colle  terre  e 
città  circonvicine,  aveva  frumento,  bestiame,  viveri  e  munizioni  di 
ogni  genere;  sicché,  come  ebbe  a  scrivere  il  Tenente  di  Maestro 
di  Campo  Generale  Don  Pietro  Paolini,  a  un  certo  punto  gli  asse- 
dianti  Spagnuoli  pativano  le  vere  strettezze  degli  assediati.  E  quasi 
ciò  non  bastasse,  la  Città  seguitava  a  coniar  moneta,  che  non  si 
poteva  eflflcacemente  impedire  di  entrare  e  di  aver  corso  legale 
nel  resto  della  Monarchia,  non  essendo  possibile  di  distinguere  la 
vecchia  della  nuova. 

Ma  tutto  ciò  era  poco  in  confronto  di  quanto  succedeva  non 
solo  tra  le  paesane  milizie,  ma  anche  nelle  forze  regolari  di  terra 
e  di  mare,  amalgama  di  varie  nazionalità,  genti  senza  disciplina, 
malgrado  le  fiere  pene  sancite  dai  vari  bandi  emanati  per  incul- 
carla e  mantenerla,  insufficienti  per  numero,  male  armate  e  mal 
nutrite ,  senza  medici  ne  medicamenti ,  lasciate  senza  paghe  per 
anni  interi,  costrette  a  rubare  i  viveri  suscitando  l'ira  delle  popo- 
lazioni meno  infide,  come  la  Catanese ,  con  un'amministrazione 
ladra,  che  faceva  comparire  i  soldali  sulla  carta  molto  più  di  quelli 
che  veramente  non  fossero,  consensienti  gli  ufficiali  che  coman- 
davano le  varie  unità,  i  quali  intascavano  i  relativi  stipendi,  truf- 
fati al  governo  centrale. 

Gruppi  numerosi  di  soldati  passavano  a  combattere  allegramente 


68  MISCELLANEA 


nelle  file  dei  Messinesi.  Lo  stesso  per  lo  più  facevano  quelli  caduti 
prigionieri ,  dando  molto  da  pensare  ai  Viceré ,  che  temevano  di 
dovere,  se  si  fosse  esteso  quel  contagio  della  diserzione,  restar  coi 
soli  pochi  spagnuoli,  e  chiedevano  pertanto  aiuti  di  uomini  e  di 
denari  a  Madrid.  Ma  S. 'M.  mandava  invece  per  lo  più  promesse 
e  insoliti  consigli  ed  ordini  di  mitezza  e  di  temperanza.  Pei  nobili, 
pei  preti,  pei  contribuenti  riottosi,  pei  soldati  e  gli  ufl3ciali  indi- 
sciplinati e  ribelli,  perfino  pei  delinquenti  politici  e  pei  rei  di  stato 
si  consigliavano  e  si  imponevano  «  los  medios  suaves»  i  quali  cor- 
rispondevano perfettamente  all'  «  adelante  Fedro,  con  juycio  »  che, 
nel  capolavoro  Manzoniano ,  andava  ripetendo  V  eccellentissimo 
gran  cancelliere  Don  Antonio  Ferrer  al  suo  cocchiere  mentre 
attraversavano  la  folla  dei  Milanesi  tumultuante  contro  il  Vicario 
di  provvisione. 

Anche  verso  gli  ufliciali  e  i  soldati  italiani  e  spagnuoli ,  che 
spesso  fra  loro  davan  luogo  a  zuffe  pericolosissime ,  si  imponeva 
di  usar  prudenza  «  siendo  »  scriveva  S.  M.  il  7  luglio  1678  «  està 
materia  gravisima  por  sus  consecueucias ,  haviendose  esperimen- 
tado  siempre  que  las  ordenes  rigurosas  han  servido  mas  de  au- 
mentar que  de  desvanecer  el  perjuycio,  que  de  ellas  resulta  a  mi 
servicio  ». 

Ma  tale  mitezza  non  valeva  più  di  certi  rigori  a  modificare 
l'ambiente  e  a  porre  riparo  a  tanti  pericoli.  Il  5  febbraro  1(577  il 
Viceré  Castel  Rodrigo,  scriveva  che,  quantunque  si  fosse  «  aplicado 
por  todos  medios  a  grangear  a  la  Nobleza  y  la  Pieve  »  riconosceva 
che  niente  era  «  vastante  a  venger  tan  embejecidos  males  *  e  che 
se  non  gli  si  fosser  mandati  14000  soldati  e  un'  adeguata  flotta, 
avrebbe  chiesto  il  permesso  di  servire  altrove  con  una  picca,  come 
semplice  soldato. 

In  tale  stato  di  cose  la  causa  verace  della  salvezza  spagnuola 
fu  il  contegno  dei  Francesi. 

Quantunque  gli  umori  sediziosi,  come  abbiamo  accennato,  ser- 
peggiassero da  Catania  a  Siracusa,  a  Girgenti,  a  Trapani,  a  Palermo 
a  Milazzo ,  e  si  tentasse  qualche  accordo ,  e  molte  manifestazioni 
di  simpatia  avvenissero  qua  e  là  pei  Messinesi;  pure  non  si  poteva 
•perare  da  questi  di  ridurle  tosto  ad  unità  di  pensiero  e  di  azione, 
e  nessuna  città  si  propose  in  sul  pi'incipio  di  aiutare  efflcgiceinente, 
checché  ne  nascesse,  la  soccorritrice  dello  straniero  noi  1647.  Le 


MISCKLLAXfiA  b;* 


vicende  non  liete  della  guerra  trattennero  poi  dal  dichiararsi  pei 
Messinesi  molti  che  ne  avevano  voglia.  Venezia  che  varie  volte 
in  quest' occ:!v!one  fu  eccitata  dalla  Francia  ad  impadronirsi  del 
Napolitano,  a  cui  la  Sicilia  sarebbe  stata  aggregata,  seguendo  la  scia- 
gurata politica,  adottata  dopo  la  Lega  di  Gambrai,  non  volle  mi- 
schiarsene. Il  Granduca  di  Toscana  non  volle  e  forse  non  potè  accet- 
tare la  corona  di  Sicilia  a  lui  pure  offerta  dal  Re  di  Francia.  I  Messi- 
nesi quindi  avevano  dovuto  chiamare  e  trattenere  i  Francesi,  come 
avrebbero  ricorso  al  Turco  (1),  se  questi  fosse  stato  in  guerra  eoa 
Spagna,  (poco  mancò  che  noi  fosse),  ma  fu  chiaramente  fatto  in- 
tendere loro  in  varia  maniera,  che  si  voleva  o  repubblica  o  un 
re  proprio  e  indipendente ,  e  quest'  ultimo  fu  esplicitamente  eoa 
documento  ufficiale  promesso  da  Luigi  XIV  il  giorno  li  otto- 
bre 1675. 

Fu  fatto  intendere  pure  che  non  si  sarebbero  tollerati  nuovi 
padroni  stranieri,  e  i  Francesi,  che  ben  lo  sapevano,  anzi  sospet- 
tavano di  peggio  dallo  antico  tradizionale  odio  siciliano  pel  loro 
nome ,  esitarono  molto  a  tentare  l' impresa  ;  e  quando  in  seguito 
colla  consueta  leggerezza  ed  insoleaza  parvero  averlo  dimenticato, 
contro  di  essi  ricominciarono  le  congiure,  le  dimostrazioni,  le  ri- 
bellioni, promosse  e  capitanate  da  quegli  stessi  Malvizzi,  da  quegli 
stessi  della  Setta,  che  li  avevano  chiamati,  combattendo  quindi  va- 
lorosamente a  fianco  loro,  e  fu  dato  agli  Spagnuoli  di  venire  eoa 
alcuni  cittadini  messinesi  a  segreti  accordi,  dai  quali  prima  si  era 
assolutamente  rifuggito,  e  che  del  resto  noa  furoao  mai  produttivi 
di  effetti  aotevoli. 

Luigi  XIV  e  i  suoi  consiglieri  avevano  accettata  l'impresa  come 
una  diversione  militare  nella  guerra,  che  combattevano  contro  la 
Spagna  sul  continente ,  continuata  con  incerto  animo ,   con  vario 


(1)  Pare  che  qualche  trattativa  con  1'  Impero  Ottomano  fosse  corsa 
durante  e  dopo  la  rivoluzione ,  ma  non  é  ben  provata  ;  ad  ogni  modo 
narrano  le  storie  sincrone,  che  il  popolo  messinese  esprimesse  tale  sua 
disperata  volontà  di  darsi  a  Francia,  a  Turchia,  al  diavolo,  piuttosto  che 
ricadere  sotto  Spagna,  cantando  per  le  strade  : 

e  Olà,  olà,  che  ai  fa  ? 

0  Monsieur,  o  Mastafà  !  » 


70  MISCELLANEA 


intento;  quindi  eran  tornati  al  primitivo  scopo,  e,  cessatane  l'utilità 
col  cessar  della  lotta  principale ,  risolvettero  di  abbandonare  la 
misera  ed  ingannata  città,  curando  di  salvar  tutti  coloro,  i  quali 
si  eran  compromessi  per  aver  posta  fede  in  loro.  E  in  ciò  gli  Spa- 
guuoli  si  mostrarono  rigidissimi,  consci  della  fretta,  che  avevano  i 
nemici,  di  trarsi  fuori  dall'  avventura  messinese. 

Ma  già,  ancor  prima  che  si  fosse  venuto  a  questo,  eran  risorti 
minacciosi  anche  in  Messina  i  ricordi  del  Vespro,  mentre  si  face- 
vano dappertutto  calorosi  appelli  al  sentimento  nazionale,  che  anche 
questa  volta  disgraziatamente  giovò  solo  agli  Spagnuoli ,  i  quali 
sulle  prime  lo  eccitarono  alacremente,  affrettandosi  poscia  a  smor- 
zarlo, quanto  fu  loro  possibile. 

Cessata  la  guerra,  partiti  i  Francesi,  tra  le  imprecazioni  e  le 
satire  (1),  il  Governo  di  Madrid  volle  procedere  guardingo  e  cauto 
nel  sistemare  le  cose  dell'Isola.  Esso,  che  aveva  visto  i  propri  or- 
dini negletti,  ad  ogni  passo  inciampare  i  suoi  ministri  e  trovar 
ritardo  o  insuperabile  ostacolo  in  qualche  capitolo ,  prammatica, 
privilegio,  costumanza  o  concessione  individuale,  volle  finalmente 
veder  chiaro  nella  intricata  matassa  della  costituzione  politico-am- 
ministrativa di  questo  regno  di  Sicilia,  ed  ordinò  che  fossero  rac- 
colte 6  mandate  a  Madrid  tutte  le  collezioni  di  leggi  presenti  e 
passate,  ordine  ripetuto  invano  al  solito  per  bon  tre  volte.  Fu  pure 
disposto  di  sbrigare  le  maggiori  cause  criminali  per  ragioni  poli- 
tiche, che  tenevano  inquieta  tanta  parte  dell'aristocrazia,  e  special- 
mente quelle  del  Conte  di  Prades ,  del  Principe  di  Buccheri ,  del , 
Principe  e  del  Conte  Valdina,  di  Don  Tommaso  Lazzari,  di  Pelle- 
grini. Furono  esaminate  ed  accolte  con  larghe  promesse  le  domande 
di  ricompense,  che  venivano  d'ogni  dove:  «  dilatais,  ripeteva  S.  M. 
il  3  gennaro  1679,  el  informarme  de  los  servicios  y  premios  que 
por  ellos  merecen  los  que  se  han  seiialado  en  mi  Real  servicio 
en  la  guerra  pasada  come  os  lo  mandò  en  despacho  de  29  marzo,. 


(1)  Oirolamo  Filocamo,  così  chiutleva  allora  nn  sno  sonetto  : 

«  Onde  dirai,  per  pena  del  tuo  fallo, 
•  Due  partenze  ci  fur  senza  ritorno  : 
<  Dall'arca  il  corbo  e  da  Messina  il  Gallo  ». 


MISCELLANEA  71 


pues  se  assegura  mas  su  fineza  con  la  esperanza,  que  despues  de- 
logrado  el  premio ,  siendo  cierto  que  nunca  sera  el  que  quieren 
dar  a  intender  tienen  merecido  » . 

Fu  fatta  anche  al  Cielo,  che  la  chiesa  per  mezzo  dei  rappre- 
sentanti terreni,  la  sua  parte,  ordinando  preci,  purgazione  di  co- 
stumi, esercizio  di  virtù  e  di  giustizia,  riconducendo  la  disciplina 
nel  clero.  E  merita  a  questo  proposito  di  esser  raccontato  l'aned- 
doto riguardante  una  quistione  fatta  nascere  nientemeno  che  tra 
il  Patriarca  San  Giuseppe  e  1'  Apostolo  Santiago  ,  la  più  celebre 
crediamo  che  sia  stata  a  quei  tempi  e  sotto  un  governo  pur  tanto 
famoso  per  la  smania  di  siffatte  contese  di  giurisdizione ,  di  pre- 
minenze, di  cerimoniale. 

S,  M.  Cattolica  ,  vedendo  quanto  male  andavano  le  cose  della 
Monarchia,  volle  metterla  sotto  la.tutela  di  un  potente  personaggio, 
(precisamente  come  facevano  allora  i  suoi  sudditi  pei  loro  privati 
negozi),  e  scelse  a  tal  uopo  il  padre  stesso  della  cristiana  provvi- 
denza. San  Giuseppe.  La  scelta,  non  v'  ha  dubbio,  fu  ottima,  ma  il 
posto  era  stato  già  occupato  da  tempo  dall'  Apostolo  Santiago,  al 
quale  con  vari  segni  celesti  era  stato  confermato  ;  epperò  i  mo- 
naci della  sua  celebre  basilica  incominciarono  a  strepitare  contro 
l'ingiusta  usurpazione;  e  poiché  Santiago  era  cittadino  spagnuolo 
e  San  Giuseppe  non  lo  era,  questi  perde  la  lite  e  l'ordinanza  regia 
e  il  breve  papale,  che  lo  avevano  chiamato  a  quell'eminente  posto, 
rimasero  lettera  morta,  come  tanti  altri  privilegi,  bandi  e  gride. 

Anche  a  Messina  si  procedette  sulle  prime  con  qualche  mitezza. 
Il  Duca  di  Bournoville  concesse  ai  ribelli,  tornati  in  patria,  indulto 
generale  per  le  persone  e  pei  beni,  e  promise  di  raccomandare  a 
S.  M.  il  mantenimento  e  la  conferma  di  tutti  gli  antichi  privilegi, 
il  ritorno  ad  ptisiinum. 

Quindi  allontanatosi  lui,  non  senza  suo  malumore,  fu  mandato 
come  viceré  Don  Vincenzo  Gonzaga,  un  vecchio  e  valoroso  gene- 
rale italiano,  il  quale  si  studiò  di  frenare  in  ogni  modo  l'insolenza 
dei  soldati  spagnuoli. 

Furon  però  messi  da  parte  tutti  i  nomi  dei  generali  da  lui  pro- 
posti come  possibili  governatori  della  città  di  Messina,  e  gli  fu, 
con  lettera  del  17  luglio  1678,  comunicata  la  scelta  a  tale  ufficio 
dello  spagnuolo  Don  Diego  di  Portogallo ,  membro  del  Consiglio 
di  guerra  e  governatore  di  Zeuta. 


72  MISCELLANEA 


In  quei  primi  giorni  agl'Italiani  della  sua  Compagnia  il  capitano 
Mancini  ordinava:  «dì  non  uccidere,  né  saccheggiare,  ma  di  ad- 
dolcire la  situazione  delli  sventurati  Messinesi  »  ed  ufficiali  e  sol- 
dati italiani  sentirono  così  bene  la  raccomandazione  che  a  Messina, 
ad  Augusta  ed  altrove  diedero  spesso  addosso  agli  ufficiali  ed  ai 
soldati  spagnuoli,  minacciando  di  decapitarli  e  di  decimarli  e  rac- 
cogliendosi perciò  anche  al  suono  dei  tamburri,  mentre  il  popolo, 
il  quale  voleva  andare  al  di  là  delle  intenzioni,  che  dettavano  quei 
miti  provvedimenti,  quelle  pietose  parole  e  quelle  patriottiche  ire, 
nelle  frequenti  contese  eccitava  gl'Italiani  a  picchiar  forte,  li  fian- 
cheggiava e  profferiva  di  levarsi  in  massa  per  aiutarli,  ripetendo 
in  certo  modo  con  l' ingenua  guida  del  cuore  quella  distinzione 
tra  nemici  italiani  e  stranieri,  che  già  ai  tem.ji  del  Vespro,  ammi- 
rando esempio ,  aveva  agli  assediati  Messinesi  pur  nel  calore  di 
orrenda  mischia  fatto  risparmiare  gli  assedianti  militi  toscani,  che 
seguivano  1'  Angioino. 

Questi  fatti  insieme  ad  altre  manifestazioni  di  sentimenti  nazio- 
nali, che  il  Viceré  tacque  a  S.  M. ,  il  quale  ne  fu  informato  dal 
Marchese  di  Villafìel,  parvero  così  gravi,  che  nel  luglio  del  1678, 
dopo  aver  i-improverato  il  Gonzaga  del  silenzio  gli  comunicò  l'or- 
dine ,  già  dato ,  di  far  passare  in  Spagna  tutti  i  soldati  italiani,  i 
quali  si  trovavano  nell'  Isola. 

Poco  dopo  fu  anche  mandato  via  lo  stesso  dubbio  e  pericoloso 
Gonzaga,  accusato  dal  consultore  Quintana  di  preparare  con  la 
sua  mitezza  una  più  terribile  ribellione,  e  sostituito  col  Conte  di 
Santo  Stefano,  spagnuolo  rapace,  duro,  fiero,  orgoglioso,  così  au- 
toritario e  violento  anche  nei  capricci  da  guastarsi  con  l'Arcive- 
scovo di  Palermo,  creatura  devota  a  Spagna,  e  in  quei  tempi  pe- 
ricolosi ,  sol  perché  qu(?sti  giustamente  non  volle  permettere  che 
un  chierico  cantore  pigliasse  parte  in  uno  scandaloso  melodramma, 
che  doveva  cantarsi  in  un  teatro  pubblico.  E  gli  fu  lasciato  a  fianco, 
di  lui  più  feroce,  il  consultore  Quintana. 

Allora  per  Messina  la  scena  si  mutò  completamente,  e  «  onde, 
come  scriveva  lo  Strada ,  dopo  averla  ridotta  una  balla  di  cera 
ammollita  dall'armi,  imprimervi  sensi  ragionevoli,  ubidienza  stabile, 
vas»allagio  sicuro  »  o  come  ^criveva  più  pulitamente  S.  M.  «  dejar 
muy  asegurada  à  Medina  en  la  mas  firme  obediencia  y  en  su 
mayor  quietud  »  i  magistrati  regi  furone  definitivamente  rimessi 


MISCELLANEA  73 


in  carica,  cresciutone  l'ufficio  e  l'importanza;  fu  data  l'amministra- 
zione della  città  a  pochi  eletti  dal  Viceré,  da  lui  presieduti  e  adu- 
nantisi  nel  suo  palazzo,  senza  onori  e  distinzione  di  sorta;  furono 
chiuse  ed  abolite  le  varie  accademie  e  l' università;  disarmati  tutti 
i  cittadini,  compresi  i  familiari  del  Santo  Ufficio,  che  tanti  servigi 
rendeva  alla  Spagna  anche  durante  questa  guerra;  tolti  i  sussidii 
ai  Merli  ;  fu  proibito  di  adunarsi  di  notte  a  porte  chiuse  alle  85 
Congregazioni  della  città,  e  permesso  solo  di  giorno,  a  porte  aperte 
e  con  la  presenza  di  uno  dei  14  l'egi  Assistenti,  nuovamente  a  ciò 
creati;  fu  menomato  slealmente  con  mille  pretesti  l' indulto  con- 
cesso dal  Bournoville  per  le  persone  e  per  tutti  i  beni  dei  ribelli, 
rimasti  in  patria  ;  e ,  dopo  rimproveriate  costui  delle  promesse  di 
interporsi  presso  S,  M.  perchè  fossero  mantenuti,  furono  annullati 
i  privilegi  tutti  della  città;  le  pergamene  che  li  contenevano,  chiuse 
alla  rinfusa  in  vari  sacchi,  furono  portate  via  come  vecchi  stracci 
dalla  stanza,  che  li  conteneva,  posta  sotto  il  campanile  della  catte- 
drale, la  quale  rimase  aperta  e  vuota,  perchè  il  popolino  potesse  pure 
ben  comprendere  il  mutamento  avvenuto  nelle  condizioni  politiche 
ed  amministrative  dell'  infelice  patria.  Anche  le  campane,  che  ave- 
vano invitato  ai  combattimenti  della  libertà  furon  perseguitate  e 
deposte  dalle  loro  altezze. 

Dopo  ciò  l'odio  più  fiero  prese  nel  cuore  dei  Messinesi  il  posto 
dell'insano  affetto  nudrito  da  tanto  tempo  per  la  Spagna,  e  anche 
molti  anni  dopo  questi  avvenimenti  troviamo  gli  esuli,  e  special- 
mente quelli  dimoranti  a  Livorno ,  in  Francia  e  a  Tunisi ,  che  il 
Governo  di  Madrid  sorvegliava  strettamente,  andar  procacciando 
occasioni  di  nuocere  alla  potenza  e  al  dominio  di  essa  ed  eccitarle 
contro  con  numerose  corrispondenze  i  parenti  e  gli  amici ,  ri- 
masti in  patria. 

In  Messina  non  vi  furono  più  ne  Merli  né  Malvizzi  <  tutti  quelli  » 
scriveva  il  Residente  Veneto  a  Napoli,  Vincenti,  fin  dal  2  agosto 
1678  «  che  conservavano  qualche  affetto  per  la  Spagna,  et  hanno 
cooperato  alla  sua  nuova  ridduzione,  bora  sono  anch'  essi  essacer- 
bati,  malcontenti,  e  di  più  maligne  intenzioni  delli  già  scoperti 
ribelli  ». 

Il  Conte  di  Santo  Stefano  con  le  sue  crudeltà  spinse  quest'av- 
versione per  la  Spagna  agli  estremi  limiti. 

Perchè  poi  anche  i  Palermitani,  i  Gatanesi,  i  Siracusani,  i  Tra- 


74  MISCELLANEA 


pauesi  e  gli  altri  tutti  scontassero  la  colpa  di  aver  dimenticato  in 
parte,  clie  quando  brucia  la  casa  del  vicino,  si  tratta  di  cosa  pro- 
pria, non  mancarono  anche  per  essi  in  generale,  ordini  di  disarmo, 
stringimenti  di  freni ,  atti  di  rigore  e  di  prepotenza ,  fieri  esempi 
di  repressione,  supplizi. 

La  Sicilia,  che  non  aveva  voluto  contribuire  alle  spese  di  una 
guerra  combattuta  per  essa  e  sul  suo  territorio,  fu  costretta  a 
concorrere  alle  enormi  spese  fatte  per  Gasale  e  ad  altre  simili  im- 
prese. Ma  in  fondo  in  fondo  le  cose  nelT  Isola  seguitarono  come 
per  lo  passato. 

Avendo  appreso,  fra  gli  altri  gu  à,  che  anche  i  ministri  tog;iti 
del  R.  Patrimonio  per  loro  particolari  fini  s'iaca minavano  a  ridurre 
le  cose  del  governo  «  allo  stile  antico  »  cioè  procedevano  con  la 
massima  lentezza,  come  prima  della  guerra;  che  le  fortezze  resta- 
vano al  solito  sprovvedute  di  tutto;  i  pezzi  dell'  artiglieria  sparsi 
a  terra  smontati;  S.  M.  con  dispaccio  del  9  luglio  1677  faceva  ap- 
pello allo  zelo  del  Viceré,  ed  ordinava  che  si  procedesse  in  tutto 
con  sollecitudine,  ma  invano. 

Il  30  agosto  1079  vediamo  il  sovrano  assoluto ,  per  poche  mi- 
gliaia di  scudi  da  spendersi  nel  paese  stesso ,  esser  costretto  ad 
ordinare  al  fiero  Viceré  di  cf^nvocare  il  Parlamento,  malgrado  il 
grave  timore  che  avessero  tutti  e  due  della  «  exorbitancia  de  mer- 
cedes  que  las  Giudades  y  Nobleza  pedirian  en  premio  de  los  grandes 
servicios  que  supponen  haver  echo  en  la  guerra  passada,  y  otras 
impertinegias  quo  trahen  sigo  los  Parlamentos»  i  quali  «ordina- 
riamente dan  à  esperimentar  muchos  embarajos  y  iiiconvenientes 
y  es  el  campo  mas  libre  de  esformar  el  vassallo  su  razon,  y  una 
feria  de  pretensiones  *  e  sopratutto  perchè,  si  scriveva,  «  despues 
de  un  accidente  tal  comò  el  de  la  guerra  de  Megina,  ;ipenas  estaran 
bien  templailos  esos  humores  a  todas  luces,  puede  ser  de  mucho 
tropiezo  y  desconveniencia  el  juntar  Parlamento  principalmente 
que podria  hacer  exemplo  y  conseguengia  al  Reyno  de  Napoles,. 

y  produQir  nuevos  y  mayores  cuidados  ». 

E  le  insolenze  non  mancarono,  in  quello  e  nei  successivi  par- 
lamenti, sopportate  con  cristiana  rassegnazione,  e  i  pericoli,  an- 
ch'essi furono  evitati  con  «medios  suaves  »  cioè  senza  intimidazioni, 
ma  corrompendo  coi  doni ,  gli  onori,  le  cariche  ,  le  esenzioni,  le 


MISCELLANEA  75 


immunità  di  ogni  sorta  i  più  influenti,  precisamente  come  avviene 
spesso  anche  ai  giorni  nostri  nei  governi  parlamentari  (1). 

In  conclusione  praticamente  il  risultato  di  tale  rivoluzione  fu 
quale  suole  essere  delle  non  ben  maturate,  eseguite  con  forze  im- 
pari e  discordi,  in  tempi  non  propizi,  con  vicini  incerti  o  avversi: 
un  assai  grave  peggioramento  delle  primitive  condizioni  di  chi  la 
promosse  ed  attuò.  Ma  quando  un  tentativo  sia  mosso  da  alti  ideali, 
destinati  a  trionfare,  resta  anche  di  esso  una  certa  benemerenza 
e  il  ricordo,  lievito  di  cose  maggiori  e  di  rinnovamento  ai  posteri. 

Neil'  ore  più  tetre  delia  vita  nazionale  i  padri  nostri  dai  più 
antichi  a  Michele  Amari  chiesero  in  parte  alla  storia  del  passato 
argomento  alla  speranza  e  all'opra  della  redenzione,  E  fin  dal '40 
con  accento  profetico  Gaetano  De  Pasquale  cantava  : 

«  sorge  un  nume 

Dalle  rovine  in  cai  sepolta  giace 

La  gloria  dei  grand'  avi,  e  la  possanza 

Di  quei  tempi  vetusti;  e  a  noi  tramanda 

Voce  di  daol  che  di  viltà  ne  accusa. 

Ove  gli  esempi  del  valor,  le  imprese. 

Le  magnanime  prove  e  i  bei  trionfi  ? 

Ahi  dura  età  !  Par  fra  1'  obbrobrio  e  1'  onta 

Vive  r  istoria  ancor,  vive  del  tempo 

Incontro  e  di  fortuna  :  audacemente 

Il  pensier  vi  trascorra,  e  una  favilla 

Accolga  ardente  dell'  eccelso  oprare 


Né  in  faccia  al  mondo  tua  virtude  è  spenta 
Come  dell'  Etna  il  fuoco  arde  e  non  muore, 
Ardono  i  caori  (2) 


(1)  Anche  il  De  Castro  nell'  op.  cit.,  enumerate  le  difficoltà  del  gover- 
no e  gli  espedienti  per  superarle,  concludeva  col  dire  :  «  A  questi  trava- 
gli, tanto  consueti,  è  impossibile  rimediare  altrimenti,  che  col  mostrarsi, 
ed  essere  infatti,  inclinato  all'osservanza  delle  prerogative,  che  il  Regno 
possiede  ». 

(2)  A,  Maurici.  L'indipendenza  siciliana  e  la  poesia  patriottica,  p.  80-1, 
Palermo  1898.  A.  Reber,  Ed. 


76  MISCELLANEA 


Tornando  poi  al  libro  del  Galatti,  che  si  legge  con  gran  pro- 
fitto, ci  auguriamo  che  1'  A.,  a  cui  non  manca  attitudine  letteraria 
e  quel  grande  amore  del  «  loco  natio  »  che  esclusivamente  a  questi 
chiari  di  luna  può  indurre  un  galantuomo  ad  affrontar  fatiche, 
dispendi  e  critiche  ire  per  iscrivere  di  cose  siciliane,  voglia  darcene 
una  terza  edizione,  completando  anche  alle  fonti  inedite  additategli, 
questa  pagina  della  storia  di  Messina,  che  tante  gloriose  ne  ha  ver- 
gato nei  fasti  della  gran  Patria  Italiana. 

DoTT.  Socrate  Ghiaramonte. 


MISCELLANEA  77 


DOCUMENTI 


I. 

(Real  Segreteria  —  Basta  N.  1672). 

Quattro  cartelli  sediziosi  trovati  affissi  in  Siracusa  sul  far  del 
giorno  una  domenica  della  prima  metà  di  febbraro  1672,  due  al- 
l' angolo  della  strada  chiamata  La  Corte  Civile  e  due  alle  porte 
della  chiesa  dei  Teatini,  presso  la'casa  del  Vicario  Generale  Prin- 
cipe di  Petraperzia,  dei  quali  furono  ricercati  inutilmente  gli  au- 
tori per  porli  in  carcere. 


Si  hoc  facies  eris  omnibus  magnas  apollo 

et 

Vitam  vitam  eternam  possidebis 

David  in  psalm. 

2.» 

Domine  volumns  a  te  signum  videre. 

I  populus  in  Evangelio  ad  Xptum. 

3.0 

lesus  christus   lesns  christus  Gens  tota  esclamat.  tolle  tolle  cruoi- 
fige  eos. 

Evangelium  in  Passione. 


MISCELLANEA 


Cicerone, 

Si  duo  de  nostris  tolles,  prò  nomina  rebus  ; 
jam  cessai,  et  omnia  tranquilla  forent. 

eie.  ad  Regera. 


II. 


(R.  S.  —  B.  1672). 

La  città  di  Gastrogiovanni,  pur  essendo  tra  le  piìi  ricche  e  di 
più  fertile  territorio  dotata  nel  Regno,  con  rappresentanza  del  15 
febbraro  1672 ,  fa  conoscere  al  Viceré  lo  stato  miserrimo  in  cui 
versa  per  la  carestia  e  per  le  crudeltà  fiscali,  implorando  l'aiuto 
di  lUL 

Eccellentissimo  Signore, 

Per  altre  nostre  habbiamo  portato  al  generoso  piede  di  V.  E.  le  sup- 
pliche, anzi  le  lacrime  di  questo  publico  afflittissimo  non  solo  dalla  fame, 
con  che  uiene  flagellato  da  Dio,  ma  dall'insolenze,  ed  estorsioni  tiranni- 
che de'  continui  delegati,  commissari,  ed  Algozini,  che  il  portano  all'ul- 
time disperazioni.  Adosso  al  crescere  del  male,  ueggiamo  ancora  crescere 
a  noi  le  instanze  di  rappresentarlo  a  V.  E.  e  supplicarla  di  rimedio. 

Supponiamo  che  sarà  per  inhorridirsi  1'  animo  pietosissimo  di  V.  E. 
a  racconto  cosi  funesto ,  pure  é  necessario  che  1'  oda  un  Principe  cosi 
zelante  del  seruitio  di  S.  Maestà  ;^che  Dio  guardi)  dal  quale  solo  si  può 
sperare  l'agginto. 

Qui  dopò  l'hauersi  cibato  per  più  mesi  il  Popolo  non  auezzo  a  queste 
sventure  di  pane  d'orzo,  per  essere  questo  in  tìne,  e  la  gente  poverissi- 
ma per  comprarlo,  si  riduce  a  pascersi  d'erbe  saluatiche,  che  inaece  di 
nutrirlo,  l'uccide,  si  che  si  vedono  caminar  per  le  strade  tante  larue , 
quant'  hnomini.  Non  s'odono  di  giorno  e  notte  che  pianti,  e  strida,  che 


MISCELLANKA  79 


singulti  di  moribondi.  Si  vede  l' lionore  di  molte  vergini ,  cacciate  da 
casa  dalla  fame,  esposto  alla  discrezione  di  chi  voglia  offenderlo,  e  per 
ultimo  si  trouano  ogni  mattina  le  strade  couerte  di  cadaueri ,  oltre  à 
quelli  che  fra  tante  sciagure  han  sorte  d'  esser  condotti  da  propri  pa- 
renti dietro  le  porte  delle  chiese.  A  tante  miserie  aggiungon  1'  ultime  i 
Delegati,  e  Commissarij,  che  scordatisi  d'esser  huomini  si  portan  da  fu- 
rie, dando  l'ultima  mano  alla  desolatione  di  questa  misera  Città.  Non 
portano  reuerenza  a  ferie,  non  rispetto  a  donne,  non  compassione  a  po- 
veri, non  consideratione  alla  calamità  de'  tempi.  Ancorché  la  modestia 
di  questi  populi  sia  grande,  non  può  in  queste  cattiue  circostanze  non 
dolersi  in  estremo  uedendosi  tanto  strapazzata  senza  ragione.  Alle  con- 
tinue istanze  che  ci  son  fatte  stimiamo  dar  auuiso  a  V.  E.  di  questi  di- 
sordini per  euitarne  maggiori,  suplicandola  humilmente,  accio  col  zelo, 
e  prudenza  solita  facesse  sospendere  da'  Tribunali  la  destinazione  per 
minorare  in  qualche  parte  le  sciagure  d'una  Città  delle  più  cospicue  del 
regno,  adesso  la  più  desolata,  la  conseruatione  di  questa  stimeremo  do- 
uuta  alla  pietà  che  aspettiamo  del  giusto  governo  di  V.  E.  che  oltre  al 
merito,  che  ne  bavera  appo  il  Ré  Nostro  Signore  (che  Dio  guardi)  ne 
sarà  ricompensata  da  Dio  à  misura  dell'opera,  e  delle  preghiere  che  gliene 
porj^eran  questi  popoli,  co'  quali  humilmente  tacciamo  a  V.  E.  reuerente 
inchino  ,  e  le  auguriamo  grandezza  maggiore.  Gastrogiovanni  a  di  lo 
febraro  1672. 
Ecc.mo  Sig.re. 

Di  V.  E. 

Hnmilissimi  seruidori 
Melchione  Grimaldi  Giurato 
Gilliberto  Carnazza  Barone  di  Piscopo  Giurato 


Giuseppe  Magdalena  Secretarlo 
L'altri  dui  Giurati  non  presero  possessione. 


III. 


(R.  S.  -  B.  1672;. 

Simone  Garibaldi  con  lettera,  data  a  Messina  il  26  febbraro  1672, 
avvisa  il  Segretario  del  Viceré  di  aver  inutilmente   sconsigliato  1 


80  MrSCELLAKEA 


giurati  di  Messina  dall'  armar  vascelli  in  corsa  per  la  scarsezza 
di  frumento  di  cui  pativa  la  città,  e  fornisce  alcune  notizie  su  quel- 
l'armamentOo 

Illustrissimo  Signor  mio  e  Padrone  altissimo. 

Merco  U  ad  bori  22  gionse  jn  questa  Città  tutto  esposto  alli  coman- 
damenti di  V.  S.  Illustrissima  et  di  subito  parlai  con  alcuni  di  questi 
giurati  per  trattenere  1  armamento  hanno  fatto  per  li  uascelli  del  fru- 
mento che  denouo  passare  pi  napoli  e  mi  fu  resposto  essere  impossibile 
per  retrouarsi  11  Senato  jmpegnato  per  la  cortezza  si  retroua  di  fru- 
mento et  per  detto  armamento  si  retroua  II  Senato  jn  dispendio  di  do- 
dici mila  scudi  come  jn  effetto  questa  sera  fecero  1  jmbarco  delli  Coman- 
danti di  detti  uascelli  quali  furono  11  signor  D.  francesco  Digiouanni  e 
Carlo  Lagana  accompagnati  da  tutto  11  senato  con  quantità  di  Carrozzi 
li  uascelli  sono  cinque  bene  armati  di  marinariggio  e  seicento  homini 
di  Combattito  oltre  di  quelli  che  ognuno  hauea  per  suo  seruioio  metten- 
doli per  reforzo  quatro  Cannoni  di  bronzo  per  ognuno  quali  presero  dalli 
bastioni  di  questa. 

Alla  ribba  del  mare  della  torre  del  faro  si  fece  un  bastione  di  tauoli 
e  fascini  nello  quale  ci  hanno  posto  quatro  Colombrini  di  bronzo  per 
batteria  per  seruire  nel  caso  detti  uascelli  passassero  per  li  mari  di  Ca- 
labria per  II  comando  di  detto  bastione  ci  posero  al  signor  D.  Diego  fa- 
raone et  Gioseppe  Calabro  con  soi  soldati  e  questa  notte  detti  uascelli 
farranno  uela  per  jncontrare  detti  uascelli  di  fromento  che  e  quanto  si- 
nhora  ha  occorso  quello  poi  andera  sequendo  ndi  darro  a  V.  S.  Illustris- 
sima aduiso  eh  e  II  fine  con  lo  quale  facendo  a  V.  S.  Illustrissima  reue- 

renza  mi  rathiflco  di  V.  S.  Illustrissima  humilissimo  servitore 

Messina  li  26  febraro  1672 

Humilissimo  seruitore 
Simone  Garibaldi. 

Sig.  Secretario  etc. 


MISCELLANEA  81 


IV. 

(R.  S.  —  B.  1678). 

Il  Senato  di  Catania,  con  rappresentanza  al  Viceré  del  15  ago- 
sto 1674,  dichiara  calunniosa  la  notizia  di  avere  quel  popolo  aiu- 
tato i  ribelli  Messinesi;  ricorda  l'affetto  e  i  sacrifizi  con  cui  essa  cor- 
rispose sempre  alla  speciale  benevolenza  della  Casa  di  Aragona, 
dai  più  antichi  tempi  fino  al  1647,  (anno  della  rivoluzione  paler- 
mitana, che  prese  nome  da  Giuseppe  D'Alessi),  quando  la  nobiltà, 
insieme  ad  altri  cittadini,  aveva  trucidato  i  capi  della  plebe  ribel- 
lata, dando  così  utile  esempio,  che  era  stato  seguito  poi  altrove; 
chiede  che  S.  E.,  assunte  informazioni  estese  e  sicure,  purghi  pie- 
namente da  tanta  macchia  la  città ,  che  i  serenissimi  Re  Arago- 
nesi avevano  onorato  col  titolo  di  chiarissima. 

l'iccellentissimo  Signore  e  Padrone  Ossequiabilissimo. 

Questa  mattina  ó  ritornato  il  corriero  oh'à  V.  E.  inviammo  colla  let- 
tera scrittane  dal  Senato  di  Messina  per  cooperarne  alla  restituzione 
delle  robbe  prese  da  questo  Gapitanio  di  giustizia  à  i  Maltesi,  che  di  qui 
passoruo,  e  se  bene  l'Umanità  di  V.  E.  si  serve  gradire  la  nostra  dovuta 
attenzione,  e  zelo  al  servigio  Reale  ne  correnti  accidenti  ;  non  di  meno 
il  prosentire,  che  da  nemici  di  questo  publico  si  sia  sparsa  voce,  che 
questa  città  s'habbia  mandato  à  detta  di  Messina  viveri  e  munizioni  di 
guerra,  e  quei  che  più  ne  apporta  rammarico  ,  ed  inconsolabile  cordo- 
glio, che  tali  voci  l'habbiano  fatto  penetrare  nella  santa  mente  di  V.  E. 
con  macchia  pur  troppo  ignominiosa  alla  fedeltà,  che  sempre  mai  Cata- 
nia ha  professato  al  Re  suo  signore,  ed  allo  spargimento  di  sangue,  che 
ne  passati  secoli  fece  in  mantenere  la  corona  di  questo  Regno  à  suoi  se- 
renissimi Regi  Aragonesi  perturbata  dalle  continue  fattioni ,  come  da 
Reali  privilegi  concessile ,  e  da  tutte  le  storie  si  legge ,  e  precisamente 
nelle  rivolture  in  questo  Regno  occorse  l'anno  1647,  quando  perturbata 
questa  quiete  dalla  gente  più  bassa,  ed  inconsiderata,  fu  dalla  nobiltà,  e 
Cittadinanza  sedata  colla  trucidazione  de  loro  capi,  con  esempio  d'ha  ver 
seguito  poi  lo  stesso  in  altre  parti:  E  però  se  mai  questa  Città  ha  ri- 
corso alla  benignità  di  V.  E.  per  grazie,  questa  volta  prostrata  a'  suoi 
piedi  La  sapplica   umilmente   di   esemplarissima   giustizia ,  per  restar 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  6 


82  MISCELLANEA 


servita  colla  sua  prudenza,  ed  autorità  ricavare  la  verità  di  questo  tra- 
sporto di  baslinienti,  e  munizioni,  anche  in  menoma  parte,  accioche  ri- 
trovatolo certo  sia  per  procedere  al  più  rigoroso  castigo,  che  tanto  de- 
litto merita  ;  giache  noi  ofTriamo  di  buona  voglia  le  nostre  teste  à  piedi 
di  V.  E.  quando  l'anteposizioni  ile  nostri  nemici  si  troverà  vera;  perch' 
avendosi  da  noi  sin  dal  principio  di  queste  turbolenze  impiegai'  ogni 
applicazione  e  diligenza  per  accerto  del  Real  servigio,  proibendo  non 
solo  l'estrazioni  di  frumenti,  ma  anche  di  cose  di  pasta  ed  altri ,  e  per 
terra,  e  per  mare,  che  s'havessero  potuto  trasportare  in  quella  Città,  ed 
insinuato  più  volte  in  questo  Capitanio  di  giustizia  di  far  lo  stesso  per 
assecurarsi  da  ogni  parie  il  servigio  di  S.  M. ,  Dio  guardi ,  si  come  oc- 
corse, eh'  essendone  riferito ,  che  nello  scai'o  dell'  ognina  tre  miglia  di- 
stanto da  questa  si  dovea  imbarcare  sopra  una  feluca  farina  e  l'  altre 
provisioni  di  vitto  per  Messina  spedimmo  all'istante  soldati ,  che  ritro- 
varno  vana  tal'  imbarcazione,  siamo  più  che  securi  eh'  in  affare  di  tanta 
premura  troverà  V.  E.  d'  haver  noi  compito  colle  nostre  dovute  obliga- 
zioi  i,  ed'  incontrato  il  suo  gusto,  e  servigio  ;  come  ancora  troverà  V.  E. 
lo  stesso  nella  somministrazione  di  cose  di  guerra ,  mentre  in  questa 
Città  non  ve  n' é  stata  da  molt'  anni  à  questa  parte  ne  anche  picciola 
quantità  di  qual  si  sia  specie,  in  maniera  tale,  che  questi  Sargente  Mag- 
giore e  Capitanio  d'Artigliarla  ne  hanno  scritto  a  V.  E.  con  lettera  data 
al  Padre  Leandro  di  Santaninfa  carmelita  scalzo  inviato  da  noi  per  dare 
gli  ordini  necessariì  :  E  sicome  sarà  atto  di  somma  giustizia,  e  di  dovuta 
demostra zione  il  castigo  esemplare  ritrovandosi  il  contrario  di  quanto 
di  sopra  habbiamo  espressato  ;  cosi  non  possiamo  con  buon  animo  sop- 
portare che  la  nota  fedeltà  di  qtsesta  Nobiltà  e  cittadinanza  sia  stata 
macchiati!  da  suoi  nemici  con  imputazioni  cosi  lorde,  quando  i  loro  an- 
tenati coU'abbondanza  del  sangue,  che  sparsero  in  servigio  de  suoi  Se- 
renissimi Ré,  e  Padroni  illustrorno  la  patria  col  titolo  di  Chiarissima,  e 
eh'  essi  in  tutte  l'occasioni  à  misura,  e  forse  più  delle  proprie  forze  non 
han  lasciato  mai  di  servirli  :  Siamo  dunque  a  supplicare  V.  E.  con  ogni 
più  viva,  e  riverente  espressione  possiamo  di  non  permettere  (ritrovan- 
done innocenti)  di  restare  con  ignominia  tanto  abbominevolo,  anzi  per 
consolare  questa  nobiltà,  e  publico.  eh'  impazienti  soi^portano  tanta  in- 
giuria, si  serva  procedere  a  rigorose  demostrazioni  contro  chi  ha  havuto 
animo  di  oscurare  la  lor  Chiara  fedeltà  con  macchia  tanto  sensibile  per 
memoria  de  posteri  ;  perche  con  questa  demostrazione  solamente  possia- 
mo restar  consolati ,  ed'  acquietati ,  e  risarcito  a  questa  Città  1'  honore 
che  tanto  stima,  e  del  quale  tanto  si  gloria  di  fedelissima  al  Rè  suo  si- 
gnore ed  ubbidientissima  à  V.  E.,  e  che  se  bene  oppressa  dalla  fortuna, 
noo  cede  però  à  qual  si  sia   Città   (che  tra  V  immensa  Monarchia  di  S. 


MISCELLANEA  83 


Maestà  si  racchiude)  in  fedeltà,  e  zelo  nel  suo  Real  servigio  :  Si  servirà 
perciò  V.  E.  secondare  colla  sua  somma  giustizia,  si  come  umilmente  la 
supplichiamo  queste  nostre  riverenti  intercessioni;  che  noi  con  profon- 
dissimo inchino  riverendo  V.  E.,  dal  Signore  le  prieghiamo  quelle  feli- 
cità e  grandezze  merita ,  ed  i  suoi  devotissimi  servitori  desiano.  Li  15 
di  Agosto  1674. 
Di  V.  Eccellenza 

Servitore 

11  Senato  di  Catania 

Carlo  Gioto  segretario. 


V. 


(R.  S.  —  B.  1678). 

Con  due  lettere,  date  a  Messina  11  20  luglio  1674,  Agostino  Spi- 
nato avvisa  Antonino  Guarnera  a  Sciacca,  che  i  fatti  di  Messina, 
dove  «  lo  che  seguirà  lo  sa  Dio  »  sono  favorevoli  al  loro  commer- 
cio del  salnitro,  il  quale  si  paga  ad  otto  onze  il  quintale;  lo  esorta 
ad  incettar  tutto  quello  che  potrà  e  spedirlo  a  Messina  con  una 
harca  passando  da  Capo  Passaro  e  senza  toccar  altri  porti. 


VI. 


(R.  S.  -  B.  1678). 

Con  lettera ,  data  a  Mazzara  il  24  luglio  1674  ,  il  cappuccino 
frate  Urbano  Beninati  da  Partanna  manda  al  Viceré  di  Sicilia  fieri 
consigli  per  domare  prontamente  i  ribelli  Messinesi,  anche  distrug- 
gendo la  loro  città,  prima  che  il  fuoco  si  appicchi  agli  altri  paesi 
del  Regno,  e  lo  esorta  a  vigilare  sulla  parte  orientale  dell'  Isola , 
donde  il  nemico  potrebbe  tentare  di  nuocere  più  facilmente. 


84  MISCELLANEA 


vn. 

(R.  S.  —  B.  1679). 

Minuta  di  lettera ,  data  a  Milazzo  il  1°  febbraro  1675 ,  colla 
quale  il  Viceré  fra  l'altro  manda  a  S.  M.  varie  notizie  riguardanti 
lo  spirito  pubblico  di  Trapani,  Catania  ed  Augusta. 

Senora 

Haviendo  Escrito  à  Don  Julio  Pinateli  las  noticias  que  havian  Uegado 
de  haver  pasado  a  frangia  las  dos  Persona»  de  Trapana  del  apellido  far- 
dela  de  qae  di  quenta  a  V.  Magestad  en  carta  de  8  de  Heuero  de  aste 
ano  me  a  respondido  que  estos  son  hixos  de  Un  Abogado  (1)  a  quien  higo 
a  justigiar  el  Marques  de  Vajona  en  la  ocasion  de  las  ynquietudes  de 
aquella  (^iudad  y  que  a  muchos  dias  se  hallnn  en  Roma  ampaxados  de 
el  Embajador  del  Rey  Christianisimo  y  que  no  solo  no  sou  personas  de 
suposigion  en  trapana  sino  mal  vistos  de  aquellos  Naturales  pasando  a 
discurrir  que  en  Virtud  del  Vando  Publicado  Por  el  Marques  de  Vaióna 
En  àquel  ln(;idente  para  que  todos  presentasen  sus  Armas  tan  solamente 
se  Recoxieron  quatrogientas  de  ningun  Servigio  haviendo  Reservado  las 
de  buena  calidad  y  que  aquel  Publico  Sentia  no  se  le  Restituyesen  y 
tambien  que  se  mantubiesen  en  el  lugar  publico  que  estaban  las  cave- 
zas  de  los  que  se  ajusticiaron  en  sus  pasadas  ynquietudes  ponderando 
tambien  el  mal  Estado  en  que  se  balla  aquella  Plaza  assi  cn  lo  que  toca 
a  fortiflcagiones  corno  en  la  falla  de  munigiones  de  Guerra  y  de  Solda- 
dos  y  baviendome  Escrito  En  Estos  mismos  puntos  el  senado  de  aquella 
Qindad  E  pasado  a  dar  en  el  Ultimo  de  ellos  la  providengia  que  à  cauido 
en  la  posiblidad  presente  ordenando  se  encamine  luego  ù  aquella  plaza 
Una  Compania  con  100  Imfantes  Espagnoles  de  los  pocos  que  se  hallan 
en  Palermo  por  ser  tan  Preciso  Acudir  a  està  Urgencia  Remitiendo  por 
bia  de  emprestido  mill'onzas  para  acudir  al  Reparo  de  las  fortitlcagio- 
nes  que  pidieren  mayor  pregision  por  no  haver  Efectos  Prontos  de  la 
dipatagion  de  el  Rey  no  que  es  de  adonde  deve  salir  oste  gasto  y  dado 
tambien  los  medios  y  òrdenes  negessarios  para  lo  que  toca  a  munigioncs 


(1)  Si  tratta  di  Don  Girolamo  Fardella. 


MISCELLANEA  85 


de  Guerra  disponiendo  por  lo  que  conda(^e  a  nuestro  Mayor  Resquardo 
que  la  quatralba  de  Espana  y  dos  Galeras  de  Genoba  que  se  Restituye- 
ron  a  està  Isla  de  la  de  Cerdena  pasen  a  quel  Puerto  à  asistir  a  los  Efeo- 
tos  de  el  Rea!  Servi(;io  que  puedeu  òfre^ersse  haviendo  yo  Escrito  al 
quatralbo  Don  Manuel  de  silba  lo  hlsecute  assi  sin  aguardar  Òrden  para 
elio  del  Marques  de  el  Visso  que  le  Remilo  despues  y  haviendo  obrado 
en  està  parte  lo  que  a  parecido  Combeniente  pase  a  discurrir  en  los  dos 
primeros  puntos  y  a  Considerar  que  el  Volneyly  las  Armass  se  devia 
ha(jer  por  Combenien^ia  propia  pues  no  haviendo  quedado  Enteramente 
desarmados  corno  se  deseaba  no  se  Consegui  a  ningun  fin  en  tener  Re- 
clusas  las  quatrogientas  Armas  Referidas  que  corno  Asienta  El  Vicario 
General  no  soii  de  Ningun  servigio  antes  Vien  se  abenturaba  el  que  con 
pretexto  de  Estar  desarmados  dejasen  de  asistir  a  la  defensa  de  la  Plaza 
En  el  accidente  que  se  teme  ademas  de  los  yncombenientes  que  en  la 
presente  Gompostura  de  las  Cosas  pueden  Emanar  de  tener  En  descon- 
flanza  aquellos  naturales  Goncurriendò  los  mismos  motibos  para  quitarles 
de  delante  de  los  ojos  las  Gavezas  de  los  ajustiv'iados  que  le  Caussa  tan 
Considerabili  desazon  He  determinado  con  pare^er  y  acuerdo  de  el  Pre- 
sidente del  Patrimonio  Don  Juan  de  Aliata  y  Consultor  Don  Sancho  de 
losada  CondesQcnder  à  Ambas  Motibando  al  senado  he  Venido  en  elio 
Atendiendo  a  las  Reyteradas  Representa^iones  que  el  Vicario  General 
me  a  suministrado  de  la  aten^ion  Con  que  aquel  Publico  procede  en  el 
Real  servigio  comò  Vuestra  Magestad  Se  sirvira  de  mandar  Ver  por  las 
adjuntas  Gopias  de  las  Cartas  de  Don  Julio  Pinateli  de  aquel  senado  y 
mis  Respuestas  y  espero  que  por  este  medio  sea  de  conseguir  que  aquel 
Publico  se  Enfervori^en  con  el  mayor  Amor  A  emplearse  en  el  Servicio 
del  Rey  nuestro  Senor  y  que  hemos  de  salir  enteramentte  de  las  sospe- 
chas  de  que  fran^eses  tengan  ninguna  entrada  por  aquella  parte  y  en 
«ste  particular  devo  tambien  poner  en  la  Real  notigia  de  Vuestra  Mage- 
stad que  haviendo  Venido  a  la  mia  que  un  Religioso  Dominico  de  el 
mismo  apellido  fardela  hermano  de  los  dos  Sugetos  de  que  queda  1  he- 
■cha  mengion  sea  Ausentado  de  el  Conbento  en  que  su  General  le  tenia 
Recluso  a  Istancia  del  cardinal  Nidardo  Esecutandolo  con  Seiìales  de  Ile- 
bar  algun  mal  fin  he  |)revenido  hecharle  la  mano  si  llegare  a  està  Isla 
aunque  se  disfra?e  de  traje  haviendome  balido  a  este  fin  de  el  Reservado 
medio  de  el  Tribunal  del  santo  ótìcio  (1)  Y  aunque  tambien  me  an  Uegado 


(1)  Nell'originale  è  posta  al  margine  con  un  segno  di  richiamo  la 
parola  «  cifra  »  per  avvertire  il  copista,  che  il  nome  di  questo  Tribunale 
doveva  essere  scritto  in  cifra. 


86  MISCELLANEA 


Avisos  de  aver  pasado  a  frangia  algunas  Personas  de  Augusta  y  Catenea 
no  se  à  Verificado  Annque  se  han  hecho  las  mayores  diligencias  Con 
que  Juzgo  no  tener  esto  sospecho  Ningun  fnndamento  manteniendose  am- 
bas  Qiudades  Como  las  demas  del  Reyno  eu  la  quletud  que  Combiene  y 
qoe  por  mi  parte  se  solidità  con  Incesante  aplicagion  guardo  Dios  la  Ga- 
tholica  Real  Persona  de  Vuestra  Magestad  Como  la  Ghristianidad  ha  me- 
nester. 

Melazo  1°  de  febrero  de  1675. 


Vili. 

(R.  S.  —  B.  1679). 

Con  due  lettere,  in  data  di  Catania  8  febbraro  1675,  il  Principe 
di  Baucina,  Vicario  Generale,  e  con  altra  lettera,  di  pari  data,  il 
Barone  della  Caruba  danno  notizie  al  Viceré  de'  Messinesi  e  delle 
molte  robbe  loro,  nascoste  nel  convento  di  Santa  Maria  di  Gesù, 
con  la  complicità  dei  Francescani  Riformati. 


IX. 

(R.  S.  —  B.  1679). 

Il  Maestro  di  Campo  Generale  Barbo,  con  lettera,  data  a  Santo 
Alessio  il  26  febbraro  1675,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari. 

Il  Mare  é  libero,  essendo  ì  Vascelli  nemici  entrati  in  Messina,  com'an- 
cora  le  Galere,  e  la  Terra  é  libera  havondo  i  ribelli  abbandonata  l' Itala 
■timo  anche  il  rimanente,  ma  il  Signor  Generale  non  mi  ha  fatto  la  gra- 
zia di  darmene  Paviso.  Spero,  che  V.  E.  debba  esser  fuori  di  aprensio- 
De,  sperando,  che  non  ritornerano  cosi  presto,  lo  non  sono  entrato  oggi 
nella  Soaletta,  come  poteva  farlo,  per  asistore  al  Capitan  Semproni,  che 
in  qnest'occaiione  ha  mostrato  la  sua  attività ,  e  zelo ,  poiché  dimani  a 
Dio  piacendo,  e  se  il  tempo  lo  permette,  introdurrò  otto  mila  razioni  di 


MISCELLANEA  87 


pane,  Vino,  e  qualche  altro  bastimento,  con  che  il  Signor  Generale  non 
haverà  ocasione  di  piangere  et  io  ancora  mi  porterò  al  mio  Terzo  vivo 
e,  che  se  non  vi  é  ocasione,  per  il  male,  che  mi  va  continuando,  ho  di 
bisogno  di  fare  una  purga  ,  e  perciò  supplico  V.  E.  a  darmi  licenza  di 
portarmi  a  Milazzo  a  piedi  di  V.  E.,  havendo  molto,  che  dirle,  et  in  par- 
ticolare d'una  materia,  che  ha  di  bisogno  di  provisione,  e  che  non  posso 
mettere  in  carta.  Quando  pero  vi  sij  qualche  dubbio,  che  i  ribelli  possi- 
no,  o  tornare,  o  fare  quaich'altro  tentativo,  io  mi  fermerò  per  fare  quél 
poco  potrò  ancorché  posso  assicurar  V.  E.  che  se  bene  sono  stato  fuori, 
ho  fatto  molto  :  e  forse  i  ribelli  hanno  abandonato  l'Itala  per  1'  attacco 
di  beri,  ancorché  sia  seguito  con  confusione,  e  poco  ordine,  ma  a  bocca 
dirò  a  V.  E.  il  perche.  Starò  attendendo  la  grazia  della  licenza  ,  e  con 
baciare  a  V.  E.  humilmente  le  mani  resto 
Di  V.  E. 

Santo  Alessio  26  febraro  1675. 

Umilissimo  servitore 
Teodoro  Barbo. 


X. 

(R.  S.  —  B.  1679). 

Il  Capitano  Don  Giuseppe  Gimbron ,  con  lettera  data  a  Santo 
Alessio  il  27  febbi^aro  1675,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari. 

Illustrissimo  Signore, 

Doppo  che  scripse  a  V.  S.  Illustrissima  del  caso  di  fiumidinisi ,  ha- 
vendosi  apontato  la  marcia  per  lunidi  matino  con  cinque  cento  homini 
di  savoca  e  casali  con  1'  altri  cinque  cento  di  D.  luisi  moncada  non  fa 
possibile  lunidi  matino  haversi  potuto  racogliere  delle  savocote  e  casali 
al  numero  di  230  anzi  se  ne  fugiro  la  notte  più  di  30  né  11  casale  di 
mandanice  volse  obedire  l'ordine  ,  et  nondi  venne  nessuno,  et  havendo 
la  sera  provisto  tutti  li  posti  della  marina  di  fiumidinisi  con  bona  guar- 
dia et  con  una  troppa  di  Cavalli  correa  Insino  a  capo  grosso  dove  erano 
dato  fondo  li  dui  Galeotti   che  guardavano  11  passo  et  havendo   la  notte 


88  MISCELLANEA 


recoDosciuto  li  posti  non  trovai  guardia  nessuna  di  savoca  se  non  II  ca- 
sale delli  pagliara  chi  erano  mese  nel  posto  che  Io  l'havia  meso  dentro 
una  torre  a  bucca  di  fiume,  perche  al  fortino  l'hanno  segnalato  al  cano- 
nico Castelli  con  tutti  suoi  soldati  di  savoca ,  et  avendo  un'  ora  Inante 
giorno  Con  II  mastro  di  Campo  barbon  andamo  a  reconoscere  II  fortino 
non  trovammo  nessun  soldato  solamente  II  prencipe  di  belvidere  et  suoi 
pochi  soldati  che  stavano  reposando,  buscamo  la  soldatesca  et  non  la  pot- 
timo  retrovare  in  quel  contorno,  in  questo  tempo  vittimo  che  veniano 
a  poco  a  poco  acostandosi  al  posto  li  galiotti  fecimo  toccare  arma  bu- 
scando li  genti  et  trovamo  che  in  un  casino  fora  del  posto  vi  erano  li 
savocoti  che  dormiano,  incominciamo  ad  animare  li  genti  di  metterli  in 
ala  con  molto  forzo  et  conoscendo  che  potiemo  bavere  qnalclie  pericolo 
con  le  galiotti  che  stavano  acostando  mandai  alcuni  soldati  della  mia 
Compagnia  a  quella  parte  del  fiume  per  farci  una  Imboscata  che  cossi 
fu  di  parere  II  Signor  conte  barbon  et  havcndo  scoperto  li  Galiotti  che 
la  cavallaria  passava  II  fiume  per  pigliare  l'albore  si  feciro  alla  mare 
sabito  et  andaro  alli  fascelli  che  bordiavano  quatro  miglia  lontano  del 
posto  et  In  alargarsi  li  galiotti  si  mesi  la  marcia  con  quelli  poco  genti 
Incominciando  ad  animare  la  gente  11  prencipe  di  belvidere  et  II  mastro 
di  campo  che  dovessimo  marciare  allegramente  havendoli  Io  provisto  di 
tutti  monittioni  di  polvere,  et  [lalli  et  anco  feci  carricare  380  rattione 
di  pane  3  carriche  di  vino  conbogliandoli  con  otto  soldati  miei  et  11  mio 
trombetta  appresso  et  Io  con  II  Signor  Conte  barbon  restamo  nella  marina 
per  carricare  tutte  le  tìluche  et  Imbarcare  il  sudetto  conte  barbon  con 
tatti  bastimenti  chi  erano  In  dette  filuche  per  causa  che  li  Galiotti  si 
aviano  alargato  del  passo  et  con  tutta  la  prexia  feci  salpare  li  tìluchi 
una  salpo  più  Inante  con  800  raitione  de  pane  et  una  botte  di  vino  et 
entro  li  altri  dui  chi  vi  era  11  conte  barbon  che  si  trovava  più  Indentro 
seapparo  et  venniro  alla  marina  di  savoca  dove  mi  trovai  che  stava  In- 
saccando la  farina  et  II  pane  che  trovai  et  li  carricai  sopra  una  spiro- 
nara  et  tengo  detta  spironara  con  altre  due  feluche  Garriche  di  vittova- 
glie  e  vino  a  questo  scaro  di  santo  Alesi,  et  In  questo  tempo  D.  Luisi 
Moncada  adviatu  per  li  collini  et  II  canonico  Castelli  della  parti  di  Eli, 
1  inimico  vidde  pigliali  li  collini  si  Ilvo  del  passo  della  Itala  et  della 
detta  Itala  et  piglio  per  li  collini  et  si  scopittaro  con  li  genti  di  fiumi 
dinisi  li  qoali  ci  sacchiaro  alla  Itala  e  bruggiaro  alcuni  casi  et  della  sca- 
letta ascerò  lì  genti  della  medesima  Terra  che  sapiano  li  passi  dettero 
al  nemico  ehi  era  sopra  S.  francesco  di  paula  et  lo  fecero  retirare  et  quelli 
che  rettaru  sopra  li  coUlni  della  Itala  procuraro  di  Imbestire  alli  savo- 
coti del  che  furono  obbligati  retirarsi  et  se  ni  venniro  una  altra  volta 
a  savoca,  et  si  lamentano  di  D.  Luisi  quando  oprò  da  Cavaliero,  non  la- 


MISCELLANEA  89 


sciando  di  dire  a  V.  S.  Illustrissima  che  Domenica  la  sera  che  arrivam- 
mo In  savoca  vi  era  II  scavo  di  D.  Japico  averna  con  lettere  benché  II 
canonico  mi  ha  confessato  chi  é  vero  con  alcune  altre  cose  che  mi  ri- 
servo dirle  a  V.  S.  Illustrissima  a  bocca  et  S.  E.  Intrati  saranno  questi 
bastimenti  che  spero  traserle  per  Terra  che  il  passo  ó  franco  et  libero 
stante  aver  mandato  li  mei  soldati  a  reconoscere  detto  passo  et  II  nemico 
s'ha  ritirato  che  li  fascelli  et  galiotti  Con  questa  borascata  non  parsiro 
dove  andaro  et  II  nemico  ha  lasciato  Tutti  li  porti  et  ritiratosi  et  questo 
si  conosce  che  li  Galiotti  vennero  In  terra  con  una  lancia  Imbarcare 
gente  che  aviano  portato  In  terra  delli  fascelli  et  non  ha  parso  più  nes- 
suno Mi  pariria  che  procurassimo  metterci  biscotto  che  qui  vicino  In 
Catania  vi  ni  sono  400  Cantara  In  potere  di  un  particolare  che  l'ha  fatto 
per  negozio  che  quando  succedesse  un  altro  Imbarazzo  si  trovano  pro- 
visti di  biscotto,  poi  ho  havuto  al  mastro  di  campo  barbon  amalato  Con 
febre  et  non  obstante  questo  se  ni  viene  questa  matina  Con  me  alla  sca- 
letta, da  eavoca.  11  canonico  non  ha  voluto  redepositare  li  denai'i  che  II 
Signor  Consultore  mi  haviso  quali  sono  d«po8itati  In  suo  potere  chi  ó 
quanto  posso  a  V.  S.  Illustrissima  rappresentare  supplicandola  mi  tenghi 
In  sua  bona  Grazia  et  humilmente  reverendo  li  bacio  le  mani.  Scaro  di 
Santo  Alesi  27  febraro  1675. 
Di  V.  S.  Illustrissima 


La  mayor  cerbidor  de  V.  S.  .  . 
.  .  .  don  Josepe  simbron. 


XI. 

(R.  S.  —  B.  1681). 

Bando  per  mantener  la  disciplina  uell'esepcito,  emesso  dal  Viceré 
a  Milazzo  il  18  marzo  1675, 

Don  Rodriqae  de  Toledo  Ossorio  Marques  de  Villafranca  y  de  Villa- 
nueba  de  Valdueza  Duque  de  fernandina ,  Prinzipe  de  .Montalban  Gonde 
de  Pena  Ramiro  Seiior  de  Cabrerà  y  Ribera.  Valle  de  Losada  ,  Colto  .le 
Valboa  y  Matilla  de  Arcon,  Freze  Comeiidador  de  Valderricote  eii  la  iiorden 
de  Santiago  Gentilhombre  de  la  Camara  de  su  Magestad ,  Virrey  y  Ca- 
pitan General  del  Reino  de  Sizilia. 


90  MISCELLANEA 


Por  quanto  hemos  rcconozido  Ics  muchos  abusos  que  se  han  introduzido 
en  el  ejercito  que  està  à  nuegtro  cargo  por  descindo  ò  negligenzia  de 
Ics  ofiziales  y  los  desordenes  grandes  que  cada  dia  se  ocasionan  en  me- 
Doscabo  de  la  militar  disziplina  y  nottable  deseruizio  de  su  Magestad; 
procurando  en  quanto  nos  es  posible  remediar  tan  graues  incombenientes; 
Nos  à  parezido  pnblicar  el  presente  Vando  de  delitos  militares ,  en  el 
qual  por  ser  tales  incurriran  no  solo  todas  aquellas  personas  que  gozan 
de  el  fuero  de  la  guerra  por  qualquiere  delìto  que  en  el  se  expressa  pero 
tambien  qualesquiere  otras  de  qualquiere  estado  grado  y  condizion  que 
sean;  pert^neziendo  todos  los  capitulos  à  la  bnena  conservazion  de  nue- 
stro  ejerzito  y  diminnzion  de  el  enemigo  y  para  que  tengan  el  deuiilo 
eflTecto  encargamos  à  uuestros  ofiziales  nos  den  notigias  de  las  contrauen- 
ziones  para  que  por  la  audienzia  General  se  prouea  de  Justicia. 

Primeramente  qualesquiera  personas  sean  soldados  ò  no  que  comber- 
sareo  ò  se  correspondieren  con  los  enemigos  de  su  Magestad  por  via  de 
cartas  ò  terzera»  personas,  sin  nuestra  lizenzia,  ù,  de  los  cabos  à  quien 
(por  las  pressentes  ocurrentias)  hubieremos  dado  falcudad  de  conzederl» 
incurran  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualesquiera  ^ean  soldados  ò  no  que  hizieren  ó  intentaren  hazer  cossa 
periudizial,  ò  (lanosa  al  seruicio  de  su  Magestad  corno  seria  dando  consejo 
ó  embiando  abisos  al  enemigo;  incurra  en  pena  tambien  de  la  vida  naturai. 

Qualesquiera  sean  soldados  ò  no,  que  intentaren  reuelarse,  huirse,  ò 
retirarse  pasandose  al  enemigo,  si  fueron  cojidos  en  ejecucion  de  la  tal  fuga 
ó  pasaxe  incurran  en  pena  de  la  vida  nataral. 

Qualesquiera  que  marchando  sus  companias  para  otras  partes  se  que- 
daren  en  el  alojamiento  y  no  las  seguieren  incurran  en  pena  de  zinco 
anos  de  galera  al  remo  si  lo  hizieron  maliziosamente  y  si  no  los  casti- 
goen  luego  los  ofiziales  à  su  arbitrio. 

Qualesquiera  personas  sean  de  el  fuero  de  la  guerra  ò  no  que  se 
atreaieren  à  ser  espias  de  el  enemigo  y  aquellas  que  las  conozieren  por 
tales  y  no  nos  diereii  luego  quenta  ò  à  los  cabos  que  estubieren  mas 
vezinos  para  que  contra  ellos  se  prozida  incurran  en  pena  de  la  vida 
naturai. 

Qualquiera  que  por  vileza  neglijenzia  f)  cobardia  desamparare  Castillo^ 


MISCELLANEA  91 


torre,  fortaleza,  trinceas,  torreon,  vaterias,  passo  puente  ò  qualquier  otro 
lugar  caia  guardia  y  custodia  se  le  aia  encomendado  quedando  à  su  cargo; 
incorra  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquiera  que  estando  de  guarnizion  en  castillo  fortaleza  ò  puesto 
de  importanzia  y  de  ellos  saliere  sin  lizenzia  de  el  superior  que  alli 
mandare  estando  à  vista  de  el  enemigo  incurre  en  pena  de  la  vida  na- 
turai y  no  estando  en  està  forma-  en  pena  à  arbitrio  de  el  oflzial  qae 
governarre. 

Qualquiera  sacare  la  espada  daga  pnnal  ò  otras  armas  ofensinas  centra 
su  oflzial  ò  algun  cabo  de  el  exerzito  y  qualquiera  oflzial  ò  cabo  qne  sacare 
dichas  armas  ò  qualquiera  de  ellas  contra  otro  que  sea  su  superior  in- 
curran  en  pena  de  la  vida  naturai;  si  no  fuere  en  casso  que  de  otra  manera 
no  pudiessen  salbar  sus  vidas  siendo  la'defensa  de  ellas  de  derecho  naturai. 

Qualquiera  que  aconsejare  ò  consentiere,  en  tratado  de  motin,  soleba- 
miento ,  tumulto  ò  sedizion  con  palabras  ò  obras  incurra  en  pena  de  la 
villa  naturai. 

Qualquiera  que  con  supercheria  hiriere ,  v,  diere  de  palos  à  otro  sol- 
dado,  corno  no  fuere  en  defensa  de  su  vida  ò  honrra  incurra  en  pena  à 
nuestro  arbitrio  reseruada  que  se  puede  estender  à  la  de  la  vida  naturai 
segno  fuere  el  casso  y  la  qualidad  de  las  personas. 

Qualquiera  que  tiniere  ò  se  métiere  ea  pendenzias  con  mas  armas  que 
espada  y  daga  corno  no  sea  oflzial  incurre  en  pena  à  nuestro  arbitrio 
reseruada. 

Qualquiera  sea  de  el  fuero  de  la  guerra  ò  no  que  escriuiere  dictare 
0  fijare  cartelos  infomatorios ,  escandalosos ,  ò  sediziosos  de  que  pueda 
nazer  algun  grabe  incombeniente  incurre  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquiera'  soldado  que  estando  el  ejercito  en  Campana  se  balere  de 
el  ademas  de  ser  reputado  por  infame  incurra  tambien  en  pena  de  la 
Vida  naturai. 

Qualquiera  que  se  atrebiere  à  tomar  qualquier  jenero  de  hazienda  de 
las  yglesias,  monasterios,  hospitales,  ò  Abbadias  y  aquellos  que  para  mal- 


92  MISCELLANEA 


tratarlos  pusieren  las   manos  en  los   sazerdotes ,   relixiosos  o   relijiosas 
yncurra  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qaalqoira  que  por  colera  por  capricho  ó  por  locura  se  atrnniere  à 
dar  golpes  ò  maltratar  qualquiera  imajen  de  nuestro  Senor  Jesu  Christo, 
de  la  Virjen  santissima  su  madre,  u,  de  qualquiera  de  sus  santos  sin  que 
se  le  admitan  las  tales  escusas  ihcurra  eu  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquiera  qae  forzare  alcuna  muyer,  aunque  sea  de  la  parte  de  el 
enemigo  incnrre  en  pena,  a  nuestro  arbitrio  reseruada  que  se  puede  esten- 
der segun  la  qualidad  de  las  personas  ò  zircuustanzias  de  el  casso  à  la 
de  la  Vida  naturai. 

Qualquiera  que  fuere  à  reconozer  el  campo,  fortaleza,  vateria  trincea, 
6  qualquiera  otro  puesto,  ò  trouare  escaramuza  ó  vatalla  con  el  enemigo 
sin  lizenzia  de  su  Cabo  Comandante  (por  la  buena  disziplina  naturai)  aun- 
que le  suzeda  bien  si  fuera  oflzial  incurre  en  la  pena  de  priuazion  de 
el  puesto  y  etra  à  naestro  arbitrio. 

Qualquiera  que  locare  arma  falsa  sin  lizenzia  de  quien  lo  puede  mandar, 
ò  gritarà  desordenadamente,  ó  pasara  palabra  en  escaramuza ,  asalto,  ò 
vatalla  diziendo  alto  alto ,  ò  atras  atras  ò  que  nos  cartan  ò  pidiere  à 
gritos  polbora,  balas,  cuerda,  ò  picas  incurra  en  pena  de  la  vida  naturai 
porque  estas  palabras  solo  pueden  pasarlas  los  oflziales  à  qnienes  in  tal 
casso  sera  lizito  en  el  mismo  hacto  execntar  dicha  pena. 

Qualquiera  que  entrando  en  vna  Ciudad  tierra  Villa  o  pueblo  por 
ftierza  ò  en  vatalla,  que  se  detubiere  en  saquear  ò  quemar,  dejanlo  de 
seguir  la  vittoria  y  su  vandera  à  qualquiera  parte  que  se  oncaminare, 
basta  que  el  cabo  no  mandare  lo  contrario,  incurra  en  pena  de  la  vida 
naturai. 

Qualquiera  que  se  desmandara,  6  se  apirtarà  de  el  orden  de  la  batalla, 
6  passara  delaute  do  el  oxerzito  quo  marcha  por  llegar  antes  al  aloja- 
miento,  ò  por  otra  razon  inourro  en  la  pena  de  el  vando  quo  hubiere 
mandado  echar  ci  Comandante  que  la  ^ecutarà  luogo  para  exemplo  de 
los  dcmas. 

Quslqaiera  qoe  en  la  ooassion  por  miedo  9e  pnsiere  en  fuga  incurra 
^•0  pena  de  la  vida  naturai. 


MISCELLANKA  93 


Qnalqaiera  sea  de  el  fuero  de  la  guerra  ò  no  que  intentare  ó  permi- 
tiere  introduzir,  vituallas,  muniziones,  armas,  ò  animales  de  qualqaiera 
jenero  qae  sean  en  el  Campo,  Plazas,  Gastillos,  puestos,  ò  trinceas  de  el 
enemigo  incurra  en  pena  de  la  vida  naturai.  . 

Qualquiera  que  no  se  aliare  con  su  vandera  à  qualquiera  parte  que 
fuere  prinzipalmente  si  para  elio  hubiere  orden  de  sus  oflgiales  incurra 
en  pena  à  ellos  arbitraria  para  que  luego  la  puedan  executar. 

Qualquiera  que  dejare  la  guardia  de  el  alojamiento  ò  tienda  de  el 
Jeneral  ò  otro  Cabo  fuera  de  tiempo  y  sin  lizenzia  incurra  en  la  pena  de 
tres  anos  de  galera  sii  Remo. 

Qualquiera  que  tratara  mal  à  la  jente  de  el  pais,  si  no  fuere  declarada 
reuelde  ò  con  mui  justa  caussa  incurra  en  pena  de  diez  anos  de  galera 
ài  Remo, 

Qualquiera  que  tendra  ò  reziuera  en  su  alojamiento  si  fuere  soldado 
ó  en  su  cassa  si  no  lo  fuere,  perssona  desconozida  ò  sospeciiosa  sin  dar 
primero  quenta  al  Cabo  Comandante  de  él  puesto  ò  lugar  donde  suzediere; 
incurra  en  la  pena  de  diez  aiios  de  galera  al  remo  y  si  se  aueriguare 
ser  la  tal  perssona  espia  de  el  enemigo  incurra  en  pena  de  la  vida 
naturai. 

Qualquiera  ofizial  que  pidiendole  la  relazion  de  la  jente  que  tiene 
efectiua,  por  los  oflzios  à  quien  perteneze  y  no  la  diere  justa  y  puntuale 
incurra  en  la  pena  de  priuazion  de  ofl>iio  y  otia  corporal  à  nuestro  arbitrio. 

Qualquiera  sèa  de  el  fuero  de  la  guerra,  ó,  no  que  cojiere  Jente  de  el 
enemigo  y  la  sellare  ò  dejare  ir  sin  dar  primero  quenta  al  Cabo  de  guerra 
que  se  aliare  mas  zercano  incurra  en  pena  de  seruir  sin  sueldo  por  seis 
aiios  en  vn  presidio  à  nuestro  arbitrio. 

Qualquiera  que  hauiendo  prezedido  el  vaudo  de  la  muestra  la  pasare 
dos  vezes  fraudando  la  hazienda  Real  incurra  en  la  pena  de  zinco  anos 
de  galera  al  remo  y  los  oflziales  que  lo  persuadieren  ò  mandaren  seran 
castigados  à  nuestro  arbitrio. 

Qualquiera  que  falsificare  decretos  ,  cartas ,   despachos   ò  el  sello  de 


94  MISCELLANEA 


Nuestra  Secretaria,  v,  de  Cabos  prinzipales  comandantes  de  nuestro  oser- 
zito  incorra  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualqualquiera  que  en  la  ocassion  dejare  las  arnias  por  huir  conar- 
demente  siendo  esto  tanto  corno  armar  el  enemigo  ;  incurra  en  pena  de 
Vida  naturai. 

Qualquiera  sea  de  el  faero  de  la  guerra  ò  no  que  robare  ò  hiriére  ó 
maltratare  grauemente  à  los  viuanderos,  ò  mercantes  que  Ueuaren  vi- 
tuallas  ò  ropa  ò  la  jente  de  nuestro  exercito   incurra  en   pena  de  zinco 

anos  de  galera  al  remo  por  leies  comunes,  v,  de  el  Rei  no  no  fuere  se- 
nalada  otra  maior  la  qual  s'  ejecntarà. 

Qualquiera  que  reuelare  el  nombre  de  la  guardia  à  los  eneinigos  ò 
otras  personas  à  qnien  no  le  fuere  lizito  por  las  ordenanzas  militares  in- 
curra en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquiera  que  se  durmiere  estando  de  zentinela  en  lugar  sospechoso 
comò  sea  dentro  de  el  termino  de  las  tres  oras  que  tocan  ,  encuna  en 
pena  de  galera  envida  remando  y  fuera  de  dicho  termino  incurra  en 
•pena  à  nuestro  arbitrio  roseraada  corno  los  ofizìales  que  no  mudaren  la 
zentinelas  cumplidas  las  tres  oras. 

Qualquiera  soldado  que  estando  de  zentinela  en  lugar  sospechoso  dejare 
entrar  ò  passar  perssona  alguna  aunque  sea  oflzial  de  qualquiera  estera, 
sin  tornar  primero  el  nombre  verdadero  incurra  en  pena  de  remar  en 
galera  en  vida  y  si  suzediere  algun  yncombeniente  se  estiende  dicba  pena 
à  la  de  la  vida  naturai. 

^  Qualquiera  que  dejare  la  zentinela  guardia  ò  puesto  en  que  le  hublere 
destinado  su  oflzial  sin  que  lo  venga  à  mudar  aquel  à  quien  le  toca  in- 
curra en  pena  de  quatro  tratos  de  cuerda  y  suzediendo  por  dicha  l'alta 
incombeniente  de  desernizio  de  su  Magestad  se  castigara  con  pena  de 
Vida  naturai. 

Qualquiera  que  siendo  de  ronda,  ò  contraronda  cometiere  qualquiera 
(leiito,  fi  diere  lugar  à  que  se  cometa  incurra  en  pena  à  nuestro  arbitrio 
r«teruada  que  seguo  las  zircunstanzias  de  el  casso  se  puede  estender  à 
la  de  la  vida  naturai. 


MISCELLANEA 


Qualquiera  SDldado  de  infanteria  ò  GMualieria  que  al  son  de  el  tambor 
ò  trompeia  estando  en  el  acto  de  la  ocassion  ,  no  siguiere  lo  que  signi- 
flcan  ,  si  no  fuere  con  jusla  caussa  de  impedimento  sus  oflziales  prom- 
ptamente  lo  puedan  castigar  à  su  arbitrio. 

Qualquiera  que  diere  vozes  haziendo  rnido  ò  causando  confnsion  en 
Balalla  ò  emboscada ,  ò,  en  parte  donde  importare  guardar  el  silenzio; 
porque  de  esto  se  pueden  turbar  las  ordenes  queda  el  castigo  à  arbitrio 
de  su  oflziale  que  lo  ejecutarà  luego  para  exemplo  de  los  demas. 

V 

Y  porgue  el  dia  que  el  soldado  està  de  guardia  està  totalmente  dedi- 
cado  al  seruizio  de  su  Magestad  si  en  el  referido  dia  saliere  desaflato, 
V,  desaflare;  incurre  en  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquiera  que  sacare  la  espada  ó  q^ualquiera  otra  arma  ofensiua  den- 
tro (le  nuestro  Palazio,  v,  de  el  districto  de  zinquenta  passos  de  el,  v, 
de  nuestra  tienda  ò  alqjamiento  y  asi  mismo  ea  los  cuerpos  de  guardia 
quarteles  dondu  estubieren  alqjadas  vanderas  plazas  de  armas  ò  Castillos 
de  este  Reino  incurra  en  pena  de  la  vida  naturai  sea  de  el  fuero  de  la 
guerra  ò  no  y  qualquii-ra  otìzial  que  estubiere  de  guardia  y  sauiendolo 
no  diere  quenta  y  las  zentinelas  à  los  oflziales  que  procuraren  tambien 
hazer   prender  à  los   delinquentes  incurran  en  pena  à  nuestro   arbitrio 

reseruada. 

• 

Qualquiera  sea  de  ei  fuero  de  la  guerra  ó  no  que  con  palabras  ò  obras 
de  resistenzia  hiziere  ò  intentare  hazer  contra  las  ordenes  que  tubiere 
ia  zentinela  ò  qualquiera  j^mardia  incurra  en  la  pena  de  la  vida  naturai. 

Qualquii'ra  que  blasfemare  à  Dios  à  la  Virjen  nuestra  Senora  ò  à  qual- 
quier  Santo  incurra  en  pena  reseruada  à  nuestro  arbitrio,  v,  de  el  ofl- 
zial  que  se  ballare  pressente,  que  la  ejecutarà  luego. 

Qualquiera  oflzial  que  fraudare  el  soldado  ò  le  quitare  el  socorro  in- 
curra en  pena  de  priuazion  de  el  puesto  y  otra  a  nuestro  arbitrio. 

Por  todos  los  demas  delitos  que  se  cometieren  en  el  ejerzito  por  qua- 
lesquiera  perssonas  aunque  no  sean  de  el  fuero  de  la  guerra,  y  los  titulos 
de  ellos  no  fueren  aqui  espresados  reseruamos  à  nuestro  arbitrio  las 
penas  segun  occurieren  los  cassos. 


96  MISCELLANEA 


Por  cumplimiento  de  todo  lo  qual  y  para  que  venga  à  notizia  de  todos 
y  ningano  alegne  ignoranzia  mandamos  que  este  vando  se  publique  ea 
las  partes  acostumbradas  en  està  Ziudad  y  en  la  demas  de  el  Reino  ea 
los  puestos  prinzipales  y  donde  parexiere  combenir  declarando  que  no 
se  entiende  por  el  pressente  vando  reuocados  los  otros  publiados  en 
tiempo  de  naestros  predezessores  antes  esten  en  su  fuerza  y  vigor  corno 
si  fueran  de  orden  nuestra  publicados;  en  quanto  no  coutradijeren  à  los 
pressentes  y  aVi  mismo  ordenamos  y  mandamos  que  se  obseruen  todos 
juntamente  con  este,  y  que  se  rejistre  en  el  ofizio  de  el  Auditor  Jeneral 
que  asi  lo  haga  ejecutar  y  obseruar  Melazo. 


XII. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Mentre  i  signori  Viceré  difettavano  di  denaro  per  le  spese  della 
guerra,  1  Messinesi,  come  risulta  da  alcuni  documenti  che  vanno 
dal  maggio  al  giugno  del  1675,  pi^ovvedono  alle  loro  necessità  se- 
guitando a  coniare  largamente  nuova  moneta  di  rame,  che  viene 
accettata  da  pertutto  e  specialmente  in  Sicilia  e  in  Calabria.  Non 
si  può  dichiararla  falsa  addirittura  e  proibirne  l'uso  perchè,  come 
ben  osserva  in  una  sua  lettera  degli  11  giugno  1675  Don  Diego 
loppolo,  Reggente  la  Presidenza  del  Patrimonio,  non  essendo  pos- 
sibile distinguere  la  nuova  dalla  antica,  legalmente  coniata,  questo 
provvedimento  ingiusto  produrrebbe  gravi  torbidi,  quindi  con  bando 
senza  data,  ma  che  pare  degli  ultimi  di  giugno  o  primi  di  luglio, 
se  ne  proibisce  soltanto  con  severissime  pene  V  importazione  a 
r  uso  sciente. 


XIII. 
(R.  8.  —  B.  1680). 
S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  25  novembre  1675,  invia 


MISCELLANEA  97 


al  Viceré  copia  della  dichiarazione  di  neutralità  emanata  dall'In- 
ghilterra durante  la  guerra  di  Messina. 

El  Rey. 

Illustre  Marques  de  Villafranca,  Primo,  Gentil  hiombre  de  mi  Camara, 
mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia.  Don  Fedro  Ronquillo 
Embiado  extraordinario  a  Inglaterra ,  tìa  remitido  la  copia  inclusa  del 
vando  en  que  a  quel  Rey  prohive  que  ninguno  de  sus  subditos  pueda 
Dar  favor  ni  ayuda  a  los  Reveldes  de  Mecina;  Y  aunqne  se  eotiende  que 
Don  Fedro  os  haurà  participado  està  noticia,  por  si  no  lo  hubiere  hecho, 
ha  parecido  embiaros  un  tanto  del  Flacarte  para  lo  tengais  entendido  y 
lo  hagais  publicar  corno  os  lo  encargo,  y  que  me  deis  quenta  de  haverlo 
execulado;  De  Madrid  a  25  de  Noviembre  de  1675  (1). 

yo  el  Rey 

Bartholome  de  Lega  sa 
Al  Illustre  Marques  de  Villafranca  ecc. 


XIV.. 

TR.  S.  -  B.  1684). 

Copia  di  rea!  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  28  novembre  1675, 
col  quale  si  incaric*  Don  Pietro  Valera  di  inquisire  sui  colpevoli 
di- aver  lasciato  introdurre  dai  Francesi  in  Messina  soccorsi  nei 
giorni  3  gennaro  e  11  febbraro  dello  stesso  anno  in  vista  della 
flotta  spagnuola  ,  mantertendo  intanto  ferme  le  pene  e  le  disposi- 
zioni date  dal  Principe  di  Montesarchio. 


(1)  Questo  bando,  dato  a  Whitehall  il  17-27  giugno    1675,  fu  emanato 
in  ossequio  ad  un  trattato  tra  la  Spagna  e  l' Inghilterra  del  1667. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  7 


98  MISCELLANEA 


XV. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Lettera  del  cappuccino  spagauolo  fra  Giuseppe  da  Ica  al  Car- 
dinal Nilhard ,  data  a  Palermo  il  29  novembre  1675,  riguardante 
la  condotta  dei  Cappuccini  durante  la  guerra. 

Eminentisimo  y  Reuerendisimo  Senor. 

Hauiendo  celebrado  el  Capitalo,  y  dado  en  el  toda  la  satisfazion  po- 
sible  me  paregia  se  hauia  sosegado  el  animo  de  mi  Padre  General  mas 
vio  qua  va  haziendo  gente  de  nuevo  y  armandose  para  dar  nueaos  asaltos 
a  està  Prouingia  ;  dejo  a  parie  las  malas  circunstangias  de  su  viage  a 
Napoles  y  que  vnicamente  era  para  passar  a  este  Reyno ,  corno  ya  le 
estanan  a  guardando  sua  confidentes,  y  solo  referire  a  V.  Eminencia  que 
hauiendo  el  Padre  fr.  Miguel  de  Palermo  sido  declarado  mal  vassallo  de 
S.  Magestad  de  el  senor  Marques  de  Astorga  antecesor  de  V.  Eminencia 
representando  su  excelencia  las  caosas  que  tenia,  a  mi  Padre  General  in 
scriptis  por  medio  de  Monsenor  Castrino  para  que  el  dicho  Padre  no 
andauiese  à  Gerdena  y  que  le  huniese  a  la  vista  ;  àhora  se  ha  partido 
este  Padre  para  essa  Corte  con  vna  obra  indeflnita  de  él  Padre  General 
y  que  Uanase  con  sigo  los  compaiieros  que  le  pareciere,  cossa  bien  irre- 
guiar  y  mas  la  que  el  Padre  fr.  Miguel  ha  hecho  pues  sin  auisar  à  su 
Padre  Prouingial,  y  a  mi  se  Ueua  con  sigo  a  los  Padres  fr.  Vruano  de 
Palermo,  y  fr.  Vicencio  de  Monrreal ,  que  con  otre  fr.  Luis  de  Paler- 
mo que  queda  aqui  han  inquietado  està  Prouingia,  y  obligado  a  mi  Padre 
General  à  que  aya  hecho  las  continuas  violengias,  y  extorgiones  que  V. 
Eminencia  sane,  y  aun  las  que  no  han  a  su  notigia,  que  no  son  menores,  ni 
menos,  y  lo  peor  ea  que  el  dicho  Padre  fr.  Miguel  por  todos  losmedios  posi- 
bles,  y  «ecretos  ha  procurado  hazer  sauer  a  los  frailes  que  va  a  Roma  en 
seruigio  de  la  Prouingia  que  cada  uno  escriua  lo  que  le  occurre.  Esto 
Eminentisimo  Padre  es  querer  subleuar  està  Prouingia  por  vna  parte, 
y  por  otra  ir  artnado  de  diuersas  cartas  para  hazer  con  ellas  mil  trasibr- 
magiones  y  mostrandolas  al  Padre  General  y  passando  de  este  a  los  Mi- 
nistrof  de  su  Santidad  corno  lo  hizo  con  los  Memoriales  de  dos  frailes 
Discolos  que  estan  para  expclerse  de  la  Religion,  callando  mi  Padre  Ge- 
neral lai  malas  calidades  de  los  sugctos  (quo  tenia  bien  conogidas,  corno 
los  diaf  paasadoi  represente  a  la  S.  Congregagion)  para   hazer  mayor 


MISCELLANEA  99 


brecha  en  el  Qin^ero  animo  de  su  Santidad  ya  no  es  posible  Seìior  Emi- 
nentisimo  pasar  adelante,  quando  estoi  assediado  de  tantos  artifigios  y 
de  tantas  minas  secretas ,  corno  en  el  espagio  de  tres  anos  he  experi- 
mentado  y  lo  peor  es  qne  quieren  con  los  medios  que  tenemos  los  Vas- 
sallos  para  nnestra  naturai  defensa,  destruirnos;  porqne  en  Madrid  han 
sauido  representar  quanto  han  querido,  y  si  no  fuera  porque  este  Seiior 
Virrey  y  Juez  de  la  Monarchia  estan  sobre  el  auiso  muchas  vezes  hubiera 
peligrado  el  seruigio  del  Rey  nuestro  Senor  en  està  desgraciada  coiuntura 
de  las  rebolugiones  de  Mecina;  en  que  se  necesita  que  cada  espanol  sea 
vn  Argos  para  penetrar  tantas  inteligengias,  corno  el  franges  ha  moiiido; 
y  tambien  s«  nectesitan  aqui  Espanoles  de  todas  profesiones,  para  ayudar 
en  lo  que  pueden,  causa  vnica  que  me  ha  detenido  aqui  contra  mi  salud 
y  quietud,  que  quieren  acauar  mi  Padre  General  y  estos  sequaces  suyos 
Dios  nuestro  Senor  de  el  remedio,  y  guarde  a  V.  Eminencia  para  decoro 
de  el  Baticano,  y  bien  de  la  Calholica  Monarchia. 


XVI. 

(R.  S.  -  B.  1684). 

Copia  di  una  lettera  scritta  dal  cappucino  spagnuolo  fra  Giu- 
seppe da  Ica  al  Cardinal  Nithard,  il  6  dicembre  1675,  nella  quale 
si  danno  importantissimi  ragguagli  sugli  umori  dei  frati  di  quel- 
r  ordine  contro  gli  Spagnuoli. 

Eminentisimo  y  Excelentisimo  Senor. 

La  partida  del  Padre  fr.  Miguel  de  Palermo  de  la  Gindad  y  Puerto 
■de  Trapani  con  algunas  circunstancias  que  podra  hauer  aicnsado,  ha 
occasionado  tales  regelos  en  los  Ministros  de  su  Mageatad  (por  ser  tan  de 
codicia  el  Puerto)  que  hauian  determinado  traer  aqui  todos  los  frayles 
de  diche  Gonuento  eu  vna  Tartana  para  eiaminarlos ,  de  que  no  poco 
descredito  se  sigue  à  la  Religion,  pero  ha  sido  Dios  seruido  de  que  con 
las  cautelas  ligeras  que  han  podido  reciuir  han  suspendido  la  esecugion. 
Este  Padre  se  ha  partido  no  con  animo  (segun  creo)  de  tratado,  ò,  inteli- 
.gengia,  sino  para  vnirse  con  mi  Padre  General  y  inquietar  essa  Corte  y 
•  està  Prouingia  no  contentandose  con  haaerla  inquietado  por  el  espagio  d.Q 


100  MISCELLANEA 


taatos  anos;  y  assi  supplico  a  V.    Eraineucia    que  à  ina yor.  cautela,  lo> 
haga  salir  de  Roma  al  punto,  que  sera  gran  seruigio  de  Dios  y  del  Rey, 
y  aliuio  destos  pobres  Vassallos,  que  por  su  causa  han  sido  tan  maltra- 
tados  del  Padre  General  todo  el  tiempo,  que  ha  gipuernado  la  Religion. 

Y  porque  mi  Padre  General  con  snida  irregnlarà  Napoles  ha  inquie- 
tado  toda  la  Italia,  y  dado  materia  a  discursos  que  nos  le  hacen  perder- 
à  Ics  Vassallos  de  su  Magestad  porque  se  trata  de  jnteligengiasy  està* 
pueden  viciar  el  cuex'po  de  las  Prouin<;ias  del  Real  Dominio,  supplico  a, 
V.  Eminencia  se  sirua  de  remediarlas  con  ellenitiuo  de  la  Gongregacioa 
de  tres.  Senores  Cardenales,  ó,  ccn  el  que  V.  Eminencia  comò  tan  gran 
Ministro ,  juzgara ,  para  que  estas  Prouingias  esten   deuotas  al  semidio 

deSV  Magestad  viendo  que  se  aligeran  en  nombre  de  su  Magestad 
las  oppressiones  y  porque  por  experiengia,  sé  quanto  se  animan  à  la  flel- 
correspondengia  ,  y  el  dano  que  no  conseruarla  se  sigue  lo  propongo  al 
gelo  grande  de  V.  Eminengia  para  que  comò  hasta  aqui  ha  estado  vigi- 
lante, se  sirua  de  continuarlo;  no  descaezcan  por  està  parte  tan  peligrosa 
Ics  interesses  de  la  Monarchia  ;  por  ellos  escribo  k  V.  Eminencia  con 
alguna  claridad,  y  llaneza  ,  aunque  no  tan  abiertamente  comò  me  dieta 
el  affecto  Espaìiol. 

Eminentisimo  Senor  gran  dano  puede  occasionar  à  las  Armas  y  pro- 
gressos  del  Rey  nuestro  Seiior  vna  Gommuuidad  taij  bien  vista,  comò  la 
mia,  de  Ics  Pueblos,  en  ella  puede  influir  su  General  tales  reuesses  que 
tengamos  que  llorar,  no  puedo  persuadirme  esto  del  Padre  General,  pero 
es  de  affecto  franges ,  comò  he  representado  à  la  S.  Congra^agioa,  son 
gas  auxiliares  el  Padre  Procurador  que  labora  de  la  misma  enfermedad, 
y  el  Padre  Amador  del  Pecheto  Piamontes,  que  hasta  estas  ruedas  gouier- 
nan  las  inferiores  de  las  Prouincias  y  estas,  las  de  Jos.Bu^blos.  eni  que 
8on  tan  familiares,  corno  se  sauen;  los  Religiosos  aflgionados  al  seruigio 
del  Rey  estan  desterrados,  corno  el  Padre  Antonio  dQ  Peiìa  que  tanto  ha 
padegido  por  hauer  acnsado  los  malos  Vassallos  del  Abruzo,  con  honesto 
Tilulo,  lo  tienen  en  Vensgia;  el  Paire  Garrala  de  la  Prouingia  de  Otranto 
lo  tienen  en  la  de  Roma,  el  Padre  Archangelo  de  Noya  de  la  Prouingia 
de  Bari  lo  tienen  en  Napoles ,  y  ya  se  responde  à  tantos  clamores  de 
pobrea  frailes  oppressos  con  estas  palabras;  Che  sino  al  capitulo  generale 
non  ui  ó  rlme-lio,  che  doppo  cauato  il  Spagnuolo  da  Roma  si  parlerà  di 
coinpoHitione  di  mezzi  termini,  di  agiustamenti  di  equità,  é  giastitia. 
De  tnaoera  qne  loda?  las  injusligias  agrauios  y  desigualdades  se  causan- 
para  echap  vn  espanol  corno  el  Padre  fr.  Francisco  de  Xerez,  y  este  pobre 
Padre  ha  de  estar  (tanquam  Agnns  coram  tendente)  en  Roma,  sufrìendo 
Ica  mai  enormee  detpregios  del  mundo.  todo  porque  atiende  à  mantenerla 
Jottlgia  y  la  disciplina  regalar,  y  lo  que  peor  es,  lodas  quantas  piezas 


MISOELLANEA  101 


se  juegan ,  artifleios  se  vsan ,  é,  irreligiosidades  se  cometen ,  son  para 
desbiarlo  del  Generalato,  corno  el  Capitalo  passado  lo  hi(^ieron  por  medios 
tan  indignos  ;'t)u?s  Dios  y  el  Rey ,  han  puesto  los  grandes  meritos  de 
V.  Eminencia  sobre  esse  monte;  supplico  à  V,  Eminencia  mire  los  affli- 
gidos  Religiosos ,  que  estamos  en  la  profondidad  de  las  persecogiones, 
y  crea  V.  Eminencia  qae  dar  à  Espana  vn  General  de  los  Gapuchinos 
Espanol  importa  poco  menos  que  el  augmento  de  vna  Purpura  à  la  deao- 
<?ion  de  Espana,  porque  vn  General  puede  hager  correr  muchas  conse- 
quengias  muy  imi)ortantes  hagia  el  seruigio  del  Rey,  si  le  es  aflfecto  ;  y 
por  lo  contrario,  si  es  desafecto,  las  puede  tirar  muy  malas;  V.  Eminen- 
cia perdone  mi  conflanza  ,  que  es  de  sieruo  para  con  sn  Seiior ,  y  de 
hijo  para  con  quien  en  el  amor  es  Padre  de  todos  los  Espaiioles  ,  qae 
con  hauer  hecha  està  insinuazioa  a  V.  Emineruia  me  pareze  descargo 
la  cosyieiiyia,  y  lo  conogeran  todos  en  Io  macho  qae  dejo  de  degir, 
y  reserao  à  Dios  naestro  Seiior  qae  gaarde  à  V.  Eminencia  en  toda 
gracia. 


XVII. 


(R.  S.  —  B.  1680). 

S.  M.  'con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  25  dicembre  1675,  ordina 
«1  ¥icérè  di  verificare  e  punire  le  fcontravvenzióni  agli  ordini 
t'eali  commesse  nell'  Armata  di  Fiandra. 

El  Rey. 

Illustre  Marques  de  Villafranca  Primo  mi  Gentilhombre  de  la  Camara 
mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia.  Con  motivo  de  la 
Ga-rta  del  Almirante  Bartholome  Rois  y  Loazes  cuya  copia  va  con  este 
desipacho  que  Reflere  las  contravenciones  de  mis  Reales  ordenes  execu- 
tadas  en  la  Armada  de  flandes  que  al  presente  goviernas  y  considerando 
lo  qne  combiene  acudir  a  su  Remedio.  He  Resuelto  encar^aros  (corno  lo 
hago)  que  si  los  vageles  de  la  dicha  Armada  se  hallaren  en  ese  Reyno 
hagais  aberiguar   y  castigar  lo  que  contiene  por  terminos   de  Justicia 


102  MISCELLANEA 


nombrando  para  esto  Ministro  de  vuestra  satisfacion   executareis  lo  asi 
y  de  lo  que  Resultare  y  se  fuere  obrando  me  dareis  quenta. 
De  Madrid  a  25  de  Dizembre  de  1675. 

ìjo  el  Rey 

Bartholome  de  Lerjasa 
Al  Illustre  Marques  de  'Villafranca  ecc. 


XVIII. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Copia  di  una  lettera  del  Cardinal  Nlthard,  data  a  Roma  agli  li 
di  gennaro  del  1676,  nella  quale  si  rende  conto  a  S.  M.  di  varie 
notizie  e  proposte  riguardanti  i  Frati  Cappuccini, 

Sefior 

En  Vn  Real  despagho  de  9  de  Di\;iembre  passado ,  que  regiui  con  el 
attimo  Ordinario ,  se  sirue  V.  Magestad  benignamente  aprouar  todo  lo 
que  yo  hauia  obrado  en  està  Corte  acerca  de  los  malos  procedimientos 
del  General  de  los  Capughinos ,  y  Procnrador  de  Corte ,  ordenandome 
Taya  continuando  las  mismas  diligengiiis  basta  conseguir  el  remedio  opor- 
tuno,  de  que  tanto  negesita  està  tan  turbada  Comunidad;  y  hauiendome 
bauisado  el  Secretarlo  de  Italici  Don  Gargia  de  Bnstamante,  del  regiuo  de  otra 
carta  mia  de  16  de  Nouiembre  pasado  digiondo  no  se  hauia  podido  ver  en 
aqael  Consejo  por  la  brenedad  del  tiempo,  en  la  qual  di  quenta,  a  V.  Ma- 
gestad de  hauer  sido  mandado  salir  de  Napules  diche  General  que  luego 
qne  Ilego  a  Roma  publico  vn  manifesto,  en  abono  de  su  yda  a  Napoles, 
embiandole  a  dinersas  Prouingias  y  Reynos  cuya  copia,  assi  mismo  re- 
mile a  la«  RealM  manos  de  V.  Magestad  ofVegiendo  respuesta  qne  se  haria 
en  buona  forma,  y  es  la  qne  embio  con  està  esperando  de  la  summa 
benfgnidad  de  V.  Magestad  se  dignara  tambien  de  darse  por  vien  seruido 
destas  mia  diligengias  hauiendo  paregido  combenientesy  necesarias  a  todos 
lof  qac  sin  Passion  consideran  las  desatenjones  del  dicho  General,  y  Aman 
el  lernicio  de  V.  Magestad,  y  vien  comun  de  la  religion  Capughina.  En< 


MISCELLANEA  lOB 


tretanto  he  regiuido  otras  cartas  del  Padre  Joseph  de  Yza  ,  Prouingial 
qoe  fue  y  aora  Comisario  General  desta  Religion,  en  el  Reyno  de  Sicilia, 
cuyas  copias  pongo  en  las  Reales  manos  de  V,  Magestad  por  cuyo  con- 
tenido  se  seruira  V.  Magestad  mandar  reconoger,  la  continuasion  del 
torbido  obrar  del  General  y  de  los  dafios  que  del  j ustamente  se  pneden 
y  deiien  recelar  si  no  se  probee  del  prompto  remedio  el  qaal  sin  dada 
parege  ser  el  que  sn  Santidad  restablezca  ,  la  Gongregagion  ,  particular 
de  ginco  Cardenales ,  en  la  qual  se  bean  las  quejas  de  las  Proni  neias  y 
se  obie  à  tantos  incombenientes  ,  y  escandalos  que  cada  dia  se  experi- 
mentan  en  mughas  partes  de  està  Religion  Con  este  motiuo  hable  antes 
de  ayer  de  uueuo  con  en  Cardenal  Altieri  en  una  andienzia  extraordi- 
naria que  tube  con  el  (no  siendo  fagil  el  tenerla  de  su  Santidad  por  estar 
casi  siempre  retirado  en  su  quarto  instando  con  toda  eflcagia  en  que 
su  Santidad  se  siruiese  de  mandar  reponer  dicha  Gongregagion  parti- 
cular de  Gardenales,  reflriendole,  los  nuebos  motibos  que  trayan  las  cartas 
del  Padre  Yca,  y  otros  mughos  que  persuadian  lo  mismo; 

Bien  reconogio  el  Gardenal,  la  fuerg^  de  mis  razones,  y  la  negesitad 
del  restablecimiento  de  la  Gongregagion,  refenda  y  me  ófregio  suplicar- 
selo  a  su  Santidad,  y  solo  reparo  en  que  se  ofenderia  el  Gardenal  Ro- 
spillosi  Protector  de  està  Religion,  paregiendo  ser  contra  su  reputagion, 
y  renungiaria  la  protecgion  a  que  rehusaua  el  Gardenal  darle  ocassion 
y  porque  no  dijese  que  por  poco  afecto  al  Gardenal  Altieri,  le  quiso  hager 
està  niortiflcagion;  a  esto  replique  yo,  que  el  Gardenal  Rospillosi,  ni  podia 
con  razon  ofenderse  de  este  reestablegimiento ,  pnes  tambien  en  otros 
tiempos,  y  de  otros  Gardenales  protectores,  se  formo  semejante  Gongre- 
gagion sin  agrauio  de  su  reputagion,  y  que  se  deu  a  atender  mas  a  la 
quietud  Paz  y  conseruagion  de  una  Religion  tan  nuj'ierosa,  y  difundida 
por  el  mundo  que  no  a  vn  puntillo  sin  sustangia  ni  fundamento  del  Gar- 
denal Rospillosi.  Y  finalmente  que  si  diche  Cardenal  se  resistia  tanto  que 
se  ponga  este  remedio  tan  proporgionado  y  casi  vnico  deuia  hauer  apli- 
cado  otre,  comò  se  lo  he  suplicado  lepetidas  vezes,  y  no  podido  conse- 
guir, hauiendo  aora  mucha  menos  esperanza  de  que  le  aplique,  por  hal- 
larse  el  Gardenal  grauemente  enfermo  de  vna  tan  profunda  melancolia 
(que  los  suyos  para  disimular  llaman  Giatica)  que  (sejun  publicamen^e 
se  dice)  le  tiene  ofendida  la  Gaueza ,  cuyo  Argumento  es  que  hauiendo 
buelto  la  semana  pasada  de  Zagarola  donde  estubo  assi  dos  meses,  se 
fue  a  Viuir  a  casa  de  su  Medico,  y  no  en  su  propio  Palazio,  scendo  re- 
gular  que  los  Medicos  vayan  a  casa  de  sus  enfermos ,  y  no  estos  a  la 
dellos  con  que  al  parezer  de  muchos  qneda  el  Gardenal  Rospillosi  inpo- 
siuilitado ,  para  tratar  negogios  de  gouierno ,  y  de  la  protecgion,  y  no 
deue  causar  sentimiento ,  ni  nouedad  ,  à  ninguno  el  que  se  restablezca 


104  MISCELLANEA 


.la  Congregagion  refenda  o  que  dicho  Gardenal  renungie  la  protecgion. 
Està  vltima  razon  higo  gran  fuerga  al  Gardenal  Altieri ,  y  mostro  que 
sentia  lo  mismo.  Con  que  espero  buen  sugeso  de  mis  instangias,  y  su- 
plicas  de  que  yre  dando  quenta  a  V.  Magestad. 

No  deuo  omitir  el  Referir  a  V.  Magestad  vn  discurso  y  no  mal  fundado, 
de  diuersas  personas  vien  afectas  a  los  intereses  de  la  Corona,  y  es  que 
siendo  el  Gardenal  Rospillosi  aberiguadamente  afecto  a  los  de  frangia 
corno  tamb'.en  lo  es  el  General  de  los  Gapuchinos,  y  viendo  que  por  me- 
dio deste  se  turban  las  Proni ngias  de  su  Religion  en  los  Dominios  de 
V.  Magestad  (cosa  que  vnicamente  desean  y  pvocuran  frangeses  contri- 
buyendo  de  su  parte  quanto  juzgan  pueda  condnzir  a  ella)  se  sospegha 
y  no  sin  razon  que  el  dicho  Gardenal  Rospillosi,  fome:  ta  los  Digtamenes 
y  obrar  del  General,  y  por  su  medio  las  disenssiones  e  ynquietudes  de 
BUS  religioso^,  y  que  respecto  de  esto  pò  quiere  que  se  restablezca  dicha 
Congregazion  por  cuyo  medio  recono?e  se  hauian  de  componer  los  di- 
sturbios  referidos,  sin  lograr  frangeses,  sus  intereses;  Yo,  Seiior,  no  me 
atrebeyeria  l'ormar  juizio  pieno  sobre  este  discurso ,  corno  tampoco  a 
desapronarle  de  todo  punto;  solo  digo  que  si  tuuiere  subsistengia  seria 
intolerable  la  malignidad  di;  el,  ò  de  los  que  dieren  motiuvo  particular 
para  el.  Pongo  lo  todo  en  la  Real  y  soberana  consideragion  de  V.  Mage- 
stad corno  deuo  que  r^soluera  y  me  ordeiiara  lo  que  fuere  de  su  mayor 
seruigio.  guarde  Dios  la  Cattolica  y  Real  persona  de  V,  Magestad  comò 
la  ChrJstiandad  ha  menester.  Roma  11  de  Enero  de  1676.  El  Gardenal 
Nidhardo. 


XIX. 

'  B.  S.  -    B.  1684). 

S.  M.  con  dispaccio  in  cifra,  dato  a  Madrid  il  19  febbraro  1676,  si 
Ultrattiene  di  vari  argomenti  militari  e  fra  l'altro  del  timore  che 
molti,  come  i  Tedeschi  e  i  Calabresi  abbandonino  il  servizio  spa- 
^(luolo  e  vadano  a  combattere  insieme  coi  Messinesi;  e  del  modo 
jSfBCondo  cui  si  devono  ti'attarp  i  prigionieri  di  stato  per  politica 
prudenza. 

RI  Rov 

Illustre  ..iui.^u.:^  .1.'  Vilialranca  Primo  Gentilhombre  de  mi  Camara 
(Di  Virrey  y  Capitan  General  en  ol  .Reyno  de  Sicilia.  En  la  p.rimora  de 


MISCELLANEA  105 


quatro  cartas  vuesìras  de  29  de  Nouiembre  6  y  20  de  dexiembre  dais 
quanta  del  arribo  del  Principe  de  Montcsarcho  a  Palermo  con  la  Capi- 
tana y  otros  siete  Vageles.,  y  que  passarian  luego  a  incorporarse  con 
ellos  San  Bernardo  y  S.  Antonio  y  cinco  tartanas  con  bastimentos  y  xarcia 
que  hauia  remitido  el  Marques  de  los  Velez  agregando  vn  burlote  que 
teniais  preuenido  en  aquella  Ciudad  ponderando  la  falta  de  medios  que 
padeziais  a  cuia  causa  se  hanian  paissado  a  Macina  los  Alemanes  y  Ga- 
labreses  que  desis  temiendo  siguiesen  este  exeuiplar  otros,  y  pedis  que 
pues  ay  canlidad  de  gente  de  buena  calidad  en  Milan  donde  por  ahora 
no  se  necesita  de  ella  se  transporte  a  esse  exercito.  En  la  segunda  referis 
el  suceso  de  Saponara  la  prision  que  sebizò  del  .Varon  de  Micique.por 
quien  os  iiauia  escrito  el  Duqiie  de  Vibona  la  carta  de  qu  ,•  erabiais  copia 
para  que  fuese  tratado  corno  prisionero  de  guerra,  a  que  le  respondisteis 
en  la  forma  que  contiene  la  copia  que  embiais  adjunta,  anadiendo  la  pe- 
solucion  de  justiciarle  que  con  coniunicacion  de  los  Ministros  hauiais 
tornado  en  està  materia.  La  prision  que  tambien  se  executò  de  los  van- 
didos.  El  aprieto  en  que  os  tenia  la  falta  de  medios,  la  impaciencia  que 
manifestauan  los  Alemanes  por  està  razon,  los  terminos  en  que  os  escribio 
el  Principe  de  Montasarcho  de  que  remitis  copia,  corno  tambien  de  la 
respuesta  que  le  disteis,  con  tanta  templanza.  Que  el  Theniente  General 
Blas  Zanini  trataba  de  su  partida  a  Milan ,  hauiendo  notado  la  licencia 
que  le  congedi  ;  Y  la  necesidad  que  teniais  de  Cabos  Mayores ,  respeoto 
de  no  star  en  estado  de  trabaxar  el  .Maestro  de  Campo  General.  Con  k 
tercera  remittis  vn  escrito  publicado  por  Franceses  sobre  estableiter  Rey 
en  Sicilia,  y  en  la  vltima  referis  la  entrada  de  Ruitjar  eu  estìe  puartq, 
.la  visita  y  agasajos  con  gue  le  tratasteis  quedando  de  acnerdo  de  discurir 
con  el  quando  os  pagasse  la  visita  con  quien  continuariais  todas  las  dfl- 
monstraciones  que  mas  puedan  empenarle  en  mi  seruioio.  La  insinuacion 
4iue  08  hizò  de  la  orden  que  tenia  mia  para  vnirse  con  mi  Àrmada.y.ia 
.respuesta  que  le  disteis;  lo  que  escribisteis  al  Principe  de  Montesarcho 
j)ara  que  ,pasasse  a  Melazo,  y  al  Marques  de  los  Velez  para  que  hiziesen 
.lo  mismo  los  nauios  que  se  hallauan  en  Napoles.  El  sentimiento  que  os 
ha  causado  el  que  est^  armada  no  lleuasse  Infenteria,  que  quedauais  aguar- 

dandola  con  la  Capitana  junto  con  las  damas  socorros  que  bay  son  me- 
meater  ;para  que  cesen  los  oontinuos  clamores  del  exercito  y  en  particular 
ide  los  Alemanes  a  quienes  hauiais  socorrido  con  los  diez  y  siete  mil 
-dncados  que  se  os  iremitieron  de  Napoles.  Lo  que  esoribisteis  al  Marques 
(de  los  Velez  para  que  os  embiaaae  la  mayor  auma  de  dinero  que  puecte, 

pues  teniendo  con  que  socorrer  la  gente  podriais  acometer  a  Mezina  de 
«nerte  que  facilitasse  el  salir  con  breuedad  de  tan  considerable  cuidado;  y 
«quedando  con  uoticia  del  oontenido  de  estas  cartas ,  he  resuelto  por  lo 


106  MJSCELLAKEA 


que  mira  a  la  gente  qua  pediì;  de  Milan  se  repitan  las  ordenes  al  Gouer- 
nador  para  que  reclute  los  tercios  de  aqnella  nacion  que  siruen  en  esse 
Reyno  no  teniendo  por  conveniente  se  desarme  aquel  exercito  en  mayor 
numero,  por  lo  que  puede  occurrir  en  la  ocasion  pressente,  suppliendo 
està  falta  con  las  leuas  de  Espaiìoles  que  he  mandado  se  hagan  para  esse 
Reyno.  Y  teniendoso  entendido  que  haueis  concedido  licencia  a  algnnos 
Officiales  y  soldados  particulares  de  esse  exercito  y  que  muchos  h^i  n  de- 
samparado  sus  Vanderas  haziendo  fuga,  os  encargo  os  abstengais  de  dar 
estas  licencias  y  mas  en  ocasion  tan  precisa  y  en  que  son  necesarios  los 
Officiales  y  gente  particular,  para  cavo  reparo  ordeno  al  Virrey  de  Na- 
poles  y  Gouernador  de  Milan  que  procedan  a  la  aueriguacion  y  castigo 
de  los  que  se  huuieren  huido  del  exercito  executando  en  ellos  lo  que 
disponen  las  ordenanzas  militares  para  que  sirua  de  escarmiento  a  otros. 
En  quanto  al  sucesso  de  Saponara  estareis  con  particular  cuidado  a  poner 
en  los  castillos  y  puestos  (en  que  conuiniere  entrar  guarnicion)  sugetos 
de  entera  satisfacion  valor  y  credito,  para  nojncidir  en  el  inconveniente 
que  referis  y  en  los  que  pueden  resultar  de  mas  perjudiciales  consequen- 
cias.  Y  en  lo  que  mira  al  castigo  que  dezis  del  Varon  de  Michique  aun- 
que  se  juzga  que  quando  os  llegue  este  despacho  le  haureis  executado  se 
ha  considerado  (para  que  os  halleis  aduertido)  que  semejantes  prisioneros 
son  de  estado  y  no  comprehendidos  en  las  reglas  militares  y  que  deuen 
ser  puestos  en  prision  segura,  sin  passar  a  la  execucion  de  la  pena  ca- 
pital comò  se  practicó  en  Cataluna  y  en  Portugal  reseruandolos  para  lo- 
vltimo  de  sus  conquistas  por  las  conueniencias  que  puede  dar  la  reten- 
cion  de  las  personas  sin  proceder  a  la  execucion,  de  que  pueden  resultar 
graues  inconvenientes  corno  en  el  caso  presente  se  deue  rezelar.  Asi  por 
lo  qae  obrara  el  Dnque  de  Vibona ,  y  da  a  entender  en  su  papel  comò 
por  la  desesperacion  en  que  entraràn  los  animos  de  los  Mecineses  que 
comprehende  tanta  nobleza  de  esse  Reyno  viendo  el  castigo  de  los  que  fueron 
prisioneros,  porque  semejantes  demostraciones  produzen  dos  efectos,  vno 
el  escarmiento ,  y  otro  la  desesperacion ,  y  este  caso  es  de  muy  mayor 
inconueniente  el  segnndo ,  y  assi  estareis  aduertido  de  lo  que  sobre  este 
ponto  08  digo  para  practicarlo.  En  lo  que  mira  a  la  carta  que  os  escribio 
el  Principe  «le  Montesarcho  os  aprnebo  la  attencion  y  templanza  con  que 
respoDdisteis,  y  quedo  aduertido  del  coiitenido  del  escrito  que  publicaron 
Pranceses.  Y  teniendo  presente  lo  macho  que  conuiene  que  se  aflgen  las 
pagas  por  entero  de  la  Armada  de  Hollaiida  de  todo  lo  capitulado  con 
ella,  he  mandado  dar  ordenes  muy  precisas  para  su  satisfacion  y  para 
que  se  elTectue  la  continuacion  de  su  sernicio  se  preaenga  el  dinero  ne- 
ceaario,  y  a  la  Jonta  de  Armadas  qne  con  suma  breuedad  haga  aprestar 
los  oauios  que  se  liallan  en  Cartagena  para  que  passen  a  esse  Reyno  sin 


MISCELLANEA  107 


dilacion.  Tambien  se  haze  todo  lo  posible  para  que  se  aumenten  las  faerzas 
de  mar  y  he  resuelto  que  luego  se  encamine  a  mandarlas  Don  Diego  de 
Harra  para  el  buen  gouierno  y  cobro  dellas  y  qne  lleue  la  cadena  y  os 
la  entregue  para  que  la  deis  en  mi  nombre  al  General  Ruiter  y  a  vos 
08  encargo  pongais  particular  cuidado  e;i  que  se  saque  la  Artilleria  y 
demas  pertrechos  que  se  pudiere  de  los  vageles  que  se  perdieron  en  las 
costas  de  esse  Reyno  aprouechando  todo  lo  que  fnere  posible  pues  bien 
sera  necessario  para  el  reparo  de  los  demas  corno  lo  fio  de  vuestro  mucho 
zelo.  De  Madrid  a  19  de  Febrero  1676. 

yo  el  Rey 

Bartholome  de  Legasa 
Eie.  Efe. 


XX. 


(R.  S.  —  B.  1684). 

Copia  di  una  lettera  in  parte  cifrata  e  senza  data ,  spedita  al 
Viceré  con  real  dispaccio  del  5  marzo  1676,  colla  quale  il  Cardinal 
Nithard  informa  S.  M.  da  Roma,  che  il  Re  di  Polonia  trattava  per 
allearsi  con  lo  Spirito  Santo  di  Francia. 


Senor 


Con  carta  de  14  del  corriente  di  quenta  a  V.  Mugestad  de  lo  que  me 
ocurria  con  motiuo  de  hauerme  dicho  el  Cardenal  Nerli  Secretarlo  de 
Estado  del  Papa  que  el  Cardenal  Ursino  havia  tenido  carta  del  Rey  de 
Polonia  con  muchas  lamentaciones  contra  su  Santidad  assi  de  que  no  le 
haya  socorrido  en  las  presentes  Guerras  contra  el  Eneniigo  comun,  comò 
por  no  haiier  dado  Capelo  en  la  vltima  promocion  al  Obispo  de  Marsella 
a  quien  hauia  dado  la  nomina  de  aquella  Corona  ;  y  deseando  yo  hauer 
a  las  manos  vna  copia  de  la  referida  carta  para  mayormente  sauer  el 
contenido  della  me  vali  de  el  Gai  denal  Lita,  quien  en  muchas  ocasiones 


.108  MISCELLANEA 


ime  ha  sabmlnistrado  nottcia«"«myc<>nneniècvtes  al  Kéal  Sé^uìóio  obTanido 
-«omo  may  flno'vasallo  de  V.  Magestad,  por  sauer  la  intpodución  qtte 
itiene  en  la  damerà  de'el  Pontitìce,  yqne  no  se  bacia  sospechoso  eiipfe- 
dirla,  y  valiendose  para  esto  de  vn  confidente  cainarero  secreto,  le  fefirio 
•todo  Io  qne  contiene  el  Papel  adjnnto,  no  haviendose  podidosacar  copia 
■de  la  carta,  porqae  se  la  voluio  luego  al  Cardenal  Orsino  con  recado  de 
iSl  Pontitìce  en  te  forma  qne  assi  mismo  se  «eraira  V.  Magestad  mandar 
•reconocer;  A  todo  lo  que  represente  a  V.  Magestad  en  mi  antecedente 
qne  dejo  citada  en  proposito  de  la  adherencia  del  Rey  Polaco'al  de  frangia, 
y  de  lo  que  contiene  este  papel  anadire  para  comprouacion  de  todo  que 
la  semana  pasada  me  dijo  el  Cardenal  Vidone  (qne  [siendo]  comprotector 
de  Polonia  està  [uà  informado  de]  las  cosas  de  aquel  Reyno)  que  sa  [uia 
mny]  de'segtiroqQe  su  Magestad  Polaca  trataua  [de]  ponerse  el  Auito 
del  Espiritu  Santo  de  francia,  y  la  misma  noticia  me  dio  el  Cardenal  Nerli; 
y  siendo  corno  se  supone  cierta  està  resolucion  dejo  a  la  Souerana  pru- 
dencia  de  V.  Magestad  las  consequencias  que  de  ella  resultaran;  Al  Mar- 
ques  de  los  Baluases  he  dado  està  noticia  para  que  la  participe  al  Senor 
Emperador,  y  a  V.  Magestad  doy  quenta  para  que  informado  V.  Magestad 
y  su  Magestad  Cesarea  de  lo  qne  en  razon  desto  pasa  tomen  las  medidas 
conforme  conuiniere  al  Cesareo  sef^tttóio  y  al  Real  de  V.  Magestad  Nuestro 
Senor  etc. 


XXI. 

(R.  S.  —  B.  1684).  , 

Informazioni  sul  malcontento  del  Re  di  Polonia  verso  Sua  San- 
tità, allegate  in  copia  al  documento  precedente  di  N.  XX. 

Bioriaio  el  Rey  de  Polonia  vna  larga  carta  en  lengua  Italiana  alGar- 
denal  Orsino  las  semanas  passadas,  y  le  ordeno  se  la  mostrase  al  Papa 
faivople  leer  al  coritonido,  y  ,proourar  respuesta  de  ella  de  la  propia  voca 
de  Sa  fiantldad.  fae  el  Cardenal  a  la  Audiengia,  refirio  la  substanc^ia  que 
ftieron  KFandisimas  qui^jas,  y  el  buon  Viejo  apagible  sin  pensar  mas  ade- 
kiDie,  porentonree  no  paso  à  haoer  reflexion  en  la  materia  y  dijo  à  su 
Emineni.ua  que  la  dejasc,  detpads  non  mas  comodidad  se  la  bi(;o  leer  de 
YD  fMTSonaje  .Amiffo  secreto,  y  confidente  del  Cardenal  Lita ,  el  qual  le 
bt  'r6ferido,  que  el  buen  Pontitli.e  oiondo  muy  despacio  con  6us  eidos  la 


JHSCELLAKEA  109 


narratiua  del  Rey  Polaco,  se  en?endio  de  colera  por  aqael  brene  tiempo, 
que  le  permite  su  manso  naturai  haciendosela  dejar  sobre  el  bufete  la 
ha  mostrado  à  algonos  Ministros,  y  Gardenales  exajerando  lo  que  le  mal- 
tyataua,  L^s  qi[iejas  se  redogen  à.  tres  Gapitalos,  el  primero^  qua  dtìsde 
elidÌA  de  sa,asump§ion  al,  Reyno  asta  bora  (scudo  el  ei  antemural  de  la. 
fee  Gathiolica)  ha  r^yiuido  d©l,smmiì«  Ponjtifl<^,  y  de  la  Sede  Appstoiica, 
grapdes  estim.ulos  para  obrar  graudes  piiomesas  de  intea^ionoa,  y  subsidios,, 
perp  despues-ensubstaagia  desiguale.s  socorrps  muy  teuues,  y  escasos,  y, 
impropfos  de  la  ne^esidad,  y.  de  su  condicio». 

El  seguado,  que.no  ha  ppdido  obteaer  diuer^a*  grac/ias  liv'itas,  que-hai 
pret^ndido  alargaudose  mucbo  spbre  el  auersele  negado,  ,de  voluer  à  iui- • 
biar.por  Nuncia  à  Polonia,  à  Monsefior  Ranucti  lianiendolo,  pèdido  eoa., 
diuersaa  cartas. 

El  tercero  eiclama  contra  la  vltima  promo(;ion  ,  y  por  que  no  vee 
Cardenal  al  Obispo  de  Marsella  (que  corno  nombrado  del  Rey  pretende 
deuerlo  ser  de  ra^on)  con  frases  altiuas,  y  Gapitalos  picantes  [su]  queja, 
concluye,  qae  hallandose  maltratado  [ón  el]  mismo  modo  el  Rey  Ghriatia- 

nisimo  aiiibos naran  vnidisimos,  y  sabran  tomarse  por 

deuidas  salisfagiones  a  la  restauracion  de [perso]  nas  ofendidas. 

Hase  estado  en  Palagio  con  perplegidad  agerca  de  lo  que  se  ha  de  hager. 
despues  se  ha  resuelto  de  voluer  à  imbiar  la  carta  al  Gardenal  Orsino 
por  medio  del  Abad  Ballon  di(;iendo  q«e  mientras  no  viene  dirijida  al 
Papa  su  Beatidud  està  fuera  de  la  obligagion  de  responder ,  y  que  por 
tanto  no  dige  otra  cosa.  El  abad  Ballon  concloidas  las  palabras  de  la  Em- 
bajada  mostro  de  quedarse  con  el  Cardenal  Orsino  algun  poco  en  forma 
de  corabersagion,  y  corno  de  saio  se  entro  à  discurrir  sobre  la  injusticia 
de  las  quejas  Polacas  desuaneriendolas  con  varias  ragones  sin  empenarse 
à  que  paregiese,  que  las  trahia  de  orden  de  Palagio. 

Esto  es  quanto  puedo   degir  à<;erca   de  la  carta  qae  se  desea  de  la^ 
qual  no  se  saue  que  nadia  baia  visto  copia  pero  bien  si  la  ha  leido  (comò 
se  ha  dicho  arri  uà)  va  personaje  Amigo  segaro  infalible. 


XXII. 

(R.  S/,— B.  1684>. 

Dispaccio  di  S.  M.,  dato  a  Madrid  il  5  marzo  1676,  3ul  pericolo 
che  il  Re  diiPolouia  si  unisca  con.  quello  di  Francia,  durante  la. 
guerra.. 


1 10  MISCELLANEA 


El  Rey 

Illustre  Marques  de  Villafranca,  Primo,  Gentilhombre  de  mi  Camara 
mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia.  El  Gardenal  Nidardo 
me  ha  escrito  la  carta  de  qae  va  aqui  copia  sobre  las  qaejas  que  en  nom- 
bre  del  Rey  de  Polonia  se  han  dado  a  su  Santidad  por  no  hauersele  asi- 
stido  para  los  gastos  de  la  guerra  contra  el  Turco.  Y  porque  de  lo  que 
el  Gardenal  discurre  y  de  las  noticias  que  comprehende  el  papel  que 
biene  en  su  carta  se  puede  recelar  que  aquel  Rey  quiera  adherir  a  la 
Corona  de  Francia ,  estareis  en  quenta  de  elio  para  inquirir  y  atender 
si  de  su  parte  se  intenta  alguna  negociacion  contraria  a  nuestros  inte- 
reses.  De  Madrid  a  5  de  marzo  1676. 

yo  el  Rey 

Bartholome  de  Legasa 
Eie.  Etc. 


XXIII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio ,  dato  a  Madrid  il  6  marzo  1676 ,  appren- 
dendo quanto  il  Viceré  aveva  scritto  il  9  gennaro  dello  stesso  anno 
relativamente  a  La  Mola  e  a  Taormina,  gli  fa  sapere  di  attendere 
la  notizia  della  presa  di  quest'  ultima  piazza. 

Don  Carlos  por  la  gracia  de  Dios  Rey  de  las  Espaùas,  de  las  dos  Sici- 
lias,  de  Hierusalem  etc.  May  Reuerendo  en  Ghristo  Padre  Gardenal  Por- 
tocarrero  mi  muy  charo  y  muy  amado  amigo  de  mi  Consejo  de  Estado 
mi  Virrey  y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia  en  ynterim.  Por  lo 
qae  referis  en  carta  de  9  de  Henero  quedo  con  noticia  de  la  forma  en  qae 
haoiai»  proueydo  de  gente  y  ulueres  el  Castillo  de  la  Mola  ,  de  lo  que 
frenzeses  hauian  sentido  este  suzeso,  y  disposiciones  que  preuenian  para 
recuperar  aqnel  Paesto ,  del  intento  con  que  el  Doqae  de  Bornouile  se 
mantenU  en  sa  zercania ,  y  qae  esperaaais  muy  en  breue  la  toma  de 
Taormina,  en  que  solo  [se  of  J  reze  deciros  se  qaeda  esperando  la  noticia  de 


MISCELLANEA  111 


haverse  [ya  tornaci]  o  està  Plaza.  Y  sea  May  Reuerendo  en  Christo  Padre 
Cardenal  Portocarrero  mi  muy  charo  y  muy  amado  ainigo  Nuestro  Senor 
en  vuestra  continua  guarda.  De  Madrid  a  6  de  Margo  de  1676. 

yo  el  Rey 


Bartholome  de  Legasn 


XXIV. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Il  Duca  di  Santa  Lucia,  il  10  marzo  1676,  da  Palermo,  accusa 
al  Viceré  ricezione  delia  lettera  di  lui  de'  3  dello  stesso  mese,  colla 
quale  si  approvano  le  dimostrazioni  l'isolute  ad  onore  di  Ruyter  e 
della  flotta  Olandese  dal  Senato  di  Palermo,  e  manda  notizia  di 
aver  preparato  secondo  le  richieste  avute,  300  quintali  di  biscotto 
per  questa  flotta  e  1300  per  quella  spagnuola ,  con  la  speranza 
che  le  due  armate  unite  faranno  a  tempo  a  dar  molto  calore  a 
Messina ,  dove  la  rivoluzione  minaccia   di  durar  lungamente. 


XXV. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Il  Duca  di  Santa  Lucia,  Capitano  Giustiziere,  in  data  di  Paler- 
mo 13  marzo  1676,  scrive  al  Viceré  che  sarà  data  alle  stampe, 
come  era  desiderio  di  lui ,  la  risposta  del  Senato  di  Palermo  ad 
un  manifesto  dei  Francesi,  e  che  di  essa  gli  si  invieranno  alquante 
copie  per  il  Re  e  pei  Ministri. 


112  MISCELLANEA 


xxvr 

Il  Duca  di  Santa  Lucia,  con  lettera  data  a  Palermo  il  20  marzo 
1676 ,  invia  al  Viceré ,  che  si  trovava  a  Milazzo ,  duecento  copie 
della  stampa,  contenente  ■  là  risposta  del  Senato  di  Palermo  ad  un 
manifesto  dei  Francesi ,  con  la  sicurezza  «  che  lo  scritto ,  et  im- 
presso sarà  perpetuamente  comprobato  con  l'opere  e  con  esporre 
le  vite  e  tutto  in  servizio  di  S.  M.  ». 


XXVII. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Il  Senato  di  Palermo,  con  rappresentanza  del  23  marzo  i 676," 
fa  conoscere  al  Viceré  i  gravi  pericoli  a  cui  si  andrebbe  incontro 
levando  e  mantenendo  truppe  regolari  in  quella  città' (1). 

Eccellentissimo  Signore, 

Si  ó  preinteso  dal  Senato,  come  si  pretenda  da  alcuno  de'  Mastri  di 
Campo  ottener  da  V.  E.  la  permissione  di  leuar  soldati  in  questa  Città. 
Et  ancorché  ciò  non  si  possa  supporre,  mentre  in  V.  E.  il  zelo  é  gran- 
dissimo, e  la  prudenza  impareggiabile,  nulla  di  meno  essendo  il  negotio 
pieno  di  molte,  et  importantissime  considerationi,  stimò  il  Senato  di  por- 
tarle alla  notizia  di  V.  E.  con  quella  veneratione  che  sempre  da  noi  è 
donuta. 

Non  è  la  prima  volta ,  Eccellentissimo  Signore ,  che  si  pensò  di  far 
leua  di  soldati  in  questa  Città  :  come  successe  nel  gouerno  del  Signor 
Daca  di  Albunquerqoe  Senióre,  e  del  Signor  Almirante  di  Castiglia,  ma 
SODO  par  fVesche  le  memorie  degli  inconuenienti  grauissimi,  che  succes- 


(1^  Il  Viceré  riipose  da  Milazzo  nello  stesso  giorno  dicendo ,  che  si 
•n  parlato  di  ciò,  mu  nnlla  si  era  risoluto,  tenendo  presenti  le  ragioni 
contrarie,  ed  asiioarando  del  sao  affetto  e  della  sua  buona  volontà. 


MISOELLANBA  113 


sero,  e  1'  alzar  della  mano,  che  seguì  per  darai  V  opportuno  rimedio,  e 
pure  in  quei  tempi  si  trouauano  presenti  li  Signori  Viceré  ,  che  ó  una 
circostanza  ,  che  non  si  uede  adesso ,  e  nulladimeno  non  si  sono  potnti 
sfuggire  gli  imbarazzi  seguiti. 

Non  tantosto  si  udiranno  tamburi,  segnalati  posti,  e  Corpi  di  Guardia, 
che  si  introdurranno  li  giuochi,  cosa  tanto  dannabile,  quanto  V.  E.  stessa 
per  hauerla  cosi  considerata ,  1'  ha  prohibita  seriamente  da  tutta  questa 
Città,  né  adesso  se  ne  vedeno,  come  succedeua  in  altri  tempi,  e  da  questi 
si  giusti  ordini  deriuó  in  buona  parte  l'ageuolezza  nel  mantener  la  quiete, 
nel  rimouer  gli  scandali. 

Dalli  giuochi  susciteranno  li  furti,  poiché  piglieranno  per  poter  giuo- 
care  le  poche  robbe,  e  massaritie  delle  madri,  e  moglie,  e  queste  andando 
per  la  Città  urtando,  e  gemendo,  portano  ammiratione,  econuocano  unione 
di  genti,  senza  sapersi  con  qual  euento.  E  le  genti  sudette,  che  sono  della 
più  bassa  et  infima  plebe  tanto  per  la  faciltà,  e'  hanno  quando  terranno 
l'Asilo,  e  ricouero  ne'  posti,  e  corpi  "di  guardia,  doue  possono  anco  na- 
scondere le  robbe  rubbate,  quanto  perché  li  soldati  in  comitiua  difendendosi 
vniti,  possono  usar  violenze ,  su  la  sicurezza  di  venir  protetti  da  Capi, 
di  non  esser  sottoposti,  né  poter  esser  riconosciuti  dalla  Giustitia  ordi- 
naria della  Città,  e  di  non  i  iceuer  la  debita  pena  ,  potranno  anco  darai 
ad  aprir  botteghe  di  notte ,  e  far  altri  furti ,  latrocinij ,  e  compositioni 
con  li  quali  porranno  la  Città  in  confusione. 

Vi  sono  parimente  le  commodità  di  portar  l'Arme,  e  può  questa  yente 
facinorosa,  che  si  assenta  alla  Militia ,  farlo  per  vendicarsi  de'  nemici, 
ò  vero  riceuer  premio  per  ferire,  vccidere,  ò  maltrattare  altri  Cittadini 
come  mandati ,  et  vn  male  portando  1'  altro  succederne  poi  gravissimi 
inconuenienti  in  pregiudicio  della  quiete  publica  e  maggiormente  in  questa 
assenza  di  V.  E.,  che  né  fa  vie  più  temere. 

E  poi  considerabile  la  sicurezza  ,  che  questa  gente  si  ponga  à  com- 
metter frodi  tanto  con  entrar  le  cose  senza  pagare  le  gabelle,  come  con 
uscirle.  E  li  Ministri,  et  vlflciali  del  Senato  non  potranno  resistere  alte 
loro  violenze ,  né  nelle  Porte  della  Città  hauranno  ,  chi  uoglia  apporsi 
alli  loro  attreuimenti. 

Sarebbe  anco  da  riflettere ,  che  necessariamente  douranno  nascere 
continue  altercacioni,  e  controuersie  tra  il  Capitano  di  Giustitia  di  questa 
Città,  e  li  Mastri  di  Campo  per  causa  di  giurisditione,  e  da  esse  infinite 
disturbi  nello  essercitio  di  essa. 

E  per  canto  del  Senato,  risulteranno  anco  non  poche  pregiudicij,  poiché 
vorranno  li  Maestri  di  Campo  tener  Corpi  di  Guardia  quando  non  ó  solito 
in  questa  Città,  assenti  gli  Eccellentissimi  Viceré  tenersi,  che  nella  Casa 
Senatoria. 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  8 


114  MISCELLANEA 


Poniamo  per  ultimo,  come  per  cosa  importantissima  riflettibile  dalia 
gran  prudenza  di  V.  E.  che  questa  Città  é  habitata  in  buona  parte  da 
quantità  di  fuorastieri.  a'  quali  nulla  importa  la  quiete,  anzi  é  à  cuore 
qualunque  imbarazzo,  e  torbido.  Vi  sono  molti  malcontenti,  conio  sogliono 
essere  nelle  Città  Grandi,  molti  mendichi,  che  desiderano  nouità.  Vi  sono 
molte  migliara  di  Messinesi,  che  bora  stanno  rattenuti  con  timore,  che 
poi  potranno  tra  il  ruido  di  delitti,  e  delia  gente  facinorosa  suelarsi  a 
qualche  tentatiuo.  E  pero  il  tutto  è  parso  al  Senato  di  rappresentare  a  V.  E., 
come  cose  importanti  per  mantener  la  quiete,  che  da  esteri  è  tanto  inui- 
diata  in  questa  Città,  e  sostenuta  dalla  gran  riuerenza,  che  tutti  Cittadini 
tengono  al  nome  glorioso  di  V.  E ,  ed  all'affetto  e  fldeltà,  che  dobbiamo 
al  seruitio  del  Re  nostro  Signore,  che  dio  guardi,  e  però  speriamo  che 
si  degnerà  in  questa  occosione  far  rimouer  ogni  rischio  d' inconueniente, 
con  ordinar  almeno ,  che  li  Mastri  di  Campo ,  quando  necessariamente 
hauranno  da  far  lena,  si  fermino  in  qualche  altra  città  vicina,  doue  non 
si  possano  considerare,  né  succedere  li  disturbi,  riuerentemente  habbiamo 
a  V.  E.  rappresentati ,  e  le  facciamo  humilissimo  inchino.  Palermo  2Ji 
Marzo  1676. 

Per  il  Senato  di  Palermo 
D.  Giuseppe  Sitayolo 


XXVIII. 

(R.  S.  -  B.  27). 

Il  Viceré,  con  lettera  al  Duca  di  Santa  Lucia  ,  data  a  Milazzo 
il  27  marzo  1676,  ringrazia  il  Senato  di  Palermo  per  la  risposta 
fatta  al  manifesto  francese  e  per  le  copie  a  lui  mandate,  delle 
quali  alcune  aveva  spedito  ai  Ministri  e  al  Re  per  via  del  Con- 
siglio di  Stato  e  del  Consiglio  d'Italia,  rendendo  insieme  conto  a 
8.  M.  della  premurosa  devozione  del  Senato  stesso.  Aggiunge  inoltre 
notizia  di  alcuni  provvedimenti  guerreschi,  decretati  a  tutela  della 
capitale  dell'  Isola. 


MISCELLANEA  115 


XXIX. 


(R.  S.  — B.  1684). 

Con  Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  31  marzo  1676,  ripetendo 
quanto  sul  proposito  aveva  scritto  al  Viceré  coi  dispacci  de'  18 
novembre,  2  marzo  e  30  marzo  dello  stesso  anno,  S.  M.  manda 
copia  di  un  rapporto  del  Cardinal  Nithard,  spedito  da  Roma  agli 
11  di  gennaro  1676,  e  di  due  lettere,  spedite  da  Palermo  dal  padre 
Giuseppe  di  Ica,  Commissario  Generale  dei  Cappuccini  in  Sicilia,  le 
quali  riguardano  le  turbolenze  di  quei  frati  e  le  mene  del  loro  Ge- 
nerale ,  ordinando  di  non  permettere  che  questi  mandi  nell'  Isola 
Visitatori ,  i  quali  non  fossero  regi  sudditi ,  o  che  violi  i  diritti 
della  Monarchia  in  tale  materia  e  ^enga  meno  anche  ai  riguardi 
■ed  alle  convenienze,  dovute  ai  Ministri  del  Re,  come  di  recente 
in  Napoli,  facendo  personalmente  la  visita,  senza  neppure  degnarsi 
xii  darne  avviso  a  quelle  Autorità  regie. 


XXX. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Don  Diego  Brunaccini,  perseguitato  dai  Messinesi,  che  gli  ave- 
vano confiscato,  devastato  o  bruciato  ogni  avere,  per  essersi  egli 
mostrato  zelante  ministro  e  suddito  di  S.  M.;  per  aver  al  principio 
dei  torbidi  fatte  uscire  «da.  quella  Babilonia»  alcune  sue  figlie, 
le  quali  si  trovavano  in  convento  a  Messina,  ed  aver  lasciato  il 
fratello,  sacerdote  Don  Antonio ,  a  Romelia,  perché  si  cooperasse 
alla  salvezza  di  quel  posto  importante;  chiede  con  supplica,  data 
.a  Palermo  il  7  aprile  1676,  che  sia  confermata  in  un  documento 
officiale  la  benevola  promessa  fattagli  altra  volta  da  S.  M.  di  dargli 
degno  compenso  quando  la  città  ribelle  fosse  stata  sottomessa, 
•  dichiarando  intanto  di  bastargli  per  vivere  i  frutti  della  sua  pro- 
Jfessione  di  avvocato. 


116  MISCELLANEA 


Una  nota  viceregia  annessa  alla  supplica,  fa  conoscere  che  essa 
fu  favorevolmente  accolta. 


XXXI. 


(R.  S.  —  B.  27j. 

Testimonianza  dì  frate  Francesco  Corso,  in  data  di  Palermo  1° 
giugno  1676,  relativa  ai  maneggi  dei  Messinesi  in  Roma,  che  pre- 
cedettero la  rivoluzione.  (Allegato  al  documento  di  N.  XXXVI). 

Io  infrascritto  ueriflco  con  giuramento  innanzi  l' Illustrissimo  e  Reue- 
rendissimo  Giudice  della  Regia  Monarchia  qualmente  nell'  anno  72  e  73, 
ritrovandomi  in  Roma  per  alcuni  mei  affari  hebbi  occasione  di  pratticare 
il  convento  del  Novitiato  delli  Padri  Cruciferi  à  fontana  di  Treveri,  per 
esservi  ivi  molti  Padri  paesani ,  et  amici ,  so  di  Causa  scientia ,  et  ho 
ceduto  stantiare  per  molto  tempo  due  Cauaheri  Messinesi  con  due  Serui- 
tori  che  tutti  habitauano  in  quel  convento,  uno  delli  quaU  Caualieri  intesi 
esser  chiamato  il  Barone  di  Cartafi  Giurato  Messinese  fuggito  da  Messina, 
doue  molte  uoUe  ci  uidde  ancora  nenire  à  uesitarli  diuersi  altri  Messi- 
nesi. Parti  poi  per  Genoua  lasciandoli  d'  habitatione  nel  medesimo  Con- 
uento  ne  ho  saputo  più  altro.  Hoggi  In  Palermo  a  primo  Giugno  1676. 

Io  francisco  Corso 


XXXII. 

(R.  6.  —  B.  27). 

Testimonianza  di  frate  Vincenzo  Franchini,  in  data  di  Palermo 
1*  giugno  1676 ,  relativa  ai  maneggi  dei  Messinesi  in  Roma ,  che 
precedettero  la  rivoluzione.  (Allegato  al  documento  di  N.  XXXVI). 

lo  Infiratcritto  certifico  con  Giuramento  alla  presenza  dell'  Tllnstrissimo 
•  ReaerendiHimo  Sit^nore  Giadice  della  Monarchia  qualmente  ritrouan- 


MISCELLANEA  117 


domi  In  Roma  di  stanza  nel  Nouitiato  della  mia  Religione  à  fontana  di 
Treueri  dell'  anpo  70  sino  al  75  in  circa  aennero  fugitivi  da  Messina  il 
^^roft^  di  CaitjafJ  Qon  un  altro  Ciivaliere ,  ct^e  non  mi  ricordo  il  nome, 
con  due  seruitori  che  tutti  erano  stati  dichiarati  Rubelli  e  fumo  allog- 
giati in  detto  Nouitiato  dal  Padre  Giovan  Stefano  Garibaldi  Generale  della 
stessa  Religione,  e  fumo  dà  lui  spesati  per  lo  spatio  d'  un  anno,  e  più, 
dòppo  sei  mesi  in  circa  uennc  spedito  da  Messinesi  D.  Paulo  Viperano 
fratello  del  suietto  Barone  di  Cartafl  e  fu  riceuuto  parimente  dall'istesso 
Generale  nel  medesimo  Nouitiato.  Venne  ancora  in  Roma  fugitivo  per  la 
medesima  causa  di  ribellione  D.  fllippo  Cicala,  che  uenendo  ogni  giorno 
al  Nouitiato  nelle  Camere  del  Generale  oue  interueniuano  il  detto  Gene- 
rale con  r  Assistente  di  Sicilia  e  Procuratore  Generale  chiamato  Padre 
Giouan  Battista  Lasagna ,  e  li  due  Cicala ,  e  Cartafl  si  faceuano  lunghi 
congressi.  Doppo  alquanti  giorni  cominciò  a  uenire  nella  detta  conuersa- 
tione  l'Abbate  de  Sanctis  Secretarlo  dell'Ambasciatore  di  Francia  amico, 
e  confidente  del  Generale  e  Procuratore  Generale  che  ambi  sono  Genouesi, 
a'  quali  si  aggiunse  l'Abbate  Scartati  Agente  di  friucia,  fratanto  spedirne 
per  Messina  il  D.  Paulo  Viperano  in  Vece  del  quale  fu  da  Messinesi 
spedito  il  figlio  di  Cafaro ,  che  era  attualmente  Giurato  che  arriuato  in 
Roma,  e  presentate  le  spedittioni  del  senato  à  sudetti  in  un  subito  spa- 
rirne il  Cartafl,  Cicala,  e  il  detto  Cafaro  essendo  stata  trasportata  la  robba 
di  detti  Rubelli  nell'istesso  giorno  alla  Casa  Professa  detta  la  Maddalena, 
e  consignata  al  Procuratore  Generale  nelle  sue  proprie  Camare.  Doppo 
tre  giorni  si  disse  per  Roma  che  li  sudetti  Cicala  Cafaro ,  e  Cartafl  ri 
ritrouauano  nel  Palazzo  dell'  Ambasciatore  di  francia ,  dal  quale  (come 
pqi  si  seppe  dà  un  s^ruitore  del  Cartafl  chiamato  Don  Lorenzo)  fu  spedito 
al  Re  di  Francia  Cafaro  restando  li  due  che  doppo  un  mese  fumo  ancor 
loro  spediti  per  Marsiglia  e  tutti  ritornorno  à  Messina  con  l'istessa  Ar- 
mata di  francia ,  fratanto  seruendosi  il  Generale  d*  al^ri  due  Padri  con 
lui  uniti  del  Padre  Raffaele  Prosimi  Messinese,  e  del  seruitore  del  Car- 
tafl Don  Lorenzo  appostai  imente  lasciato  in  Roma  per  mandarli  quando 
occorreua  dall'Ambasciatore  di  francia,  e  dall'Abbate  de  Sanctis,  e  Scar- 
lati.  era  di  continuo  ragguagliato  da  Messina,  e  sullecitana  l'Ambasciatore, 
e  il  Cardinal  di  Tre  per  li  solleciti  soccorsi;  spedirno  poi  il  Padre  Pro- 
simi per  Messina,  doue  da  francesi  fu  fatto  Prouinciale,  e  corre  uoce  in 
Roma  che  havesse  hauuto  altri  titoli  con  Ietterò,  reale  del  Re  di  francia, 
come  si  disse  ancora  che  il  Generale  babbi  stato  regalato  di  sei  mila 
scudi  con  la  speranza,  e  promessa  di  magior  premio;  per  aia  del  Padre 
Lasagna  Procuratore  Generale  fu  introdotto  all'  Ambasciatore  di  francia 
Don  Carlo  Messina,  e  Don  Michele  Lipari  messinesi  ambi  fugiti  da  Na- 
poli che  dal  medesmo  fumo  mandati  a  Marsiglia,  e  Don  Carlo  Messina 


118  MISCELLAlfEA 


che  era  Caualiere  di  malta  andò  alla  Ciorte  del  Re  come  si  disse  in  Roma; 
e  questo  é  quanto  ha  veduto,  e  practicato  stando  in  Roma. 

Hoggi  primo  di  giugno  1676.  lo  Padre  Vincenzo  franchini  dei  Chierici 
regolari  Minori  dell'  Infermi  testifico  con  giuramento  quanto  di  sopra. 


XXXIII. 


(R.  S.  —  B.  27). 

Lettera  di  D.  Vincenzo  Zizzo,  data  in  Palermo  il  5  giugno  1676^ 
dalla  quale  si  ricava  la  notizia  di  vari  disordini  successi  in  Palermo^ 

Ulnstrissimo  Signore, 

Per  sfogare  1'  affetto  unito  con  1'  obligo  si  deue  alla  Maestà  Catolica 
del  Re  nostro  Signore,  e  complire  con  le  obligazioni,  oltre  dell'assistenza 
feci,  e  col  Signor  Pretore,  e  Monsignor  Arcivescovo  nell'lncontratura  di 
Martedì  2  dell'istante,  anche  yn  questa  di  hieri  ho  continuato  nel  seruitio 
con  attenzione  douuta  assistendo  col  Tribunale  del  Santo  officio  di  cui 
mi  trono  Aoocato  di  Preso  Ordinario,  e  Consultore,  hauendo  dato  il  re- 
paro, e  fatto  si  smorzasse  Testi ntione  della  robba  di  Don  Carlo  Valdina, 
e  quietato  maggiori  Inconuenienti;  ed  Incendi.]  tentati;  nulla  ó  poco  sti- 
mando r  euidente  pericolo  della  vita ,  hauendo  solo  mira  al  maggior 
seruitio  del  Re  Nostro  Signore,  à  cui  Iddio  conserui  per  mille  secoli  ed 
alla  quiete  della  Patria ,  stando  anche  per  sempre  esposto  à  qualunque 
Accidente  che  potesse  Incontrare ,  benché  ciò  non  si  spera  (mercé  alla 
bontà  Dinina)  assecurando  V.  S.  Illustrissima  che  tale  mi  trouerà  In  qua^ 
liinqae  seroiggio  che  si  compiacerà  comandarmi  mentre  pregando  il  Si- 
gnore me  lo  conserui  me  l' Inchino  riuerente.  Palermo  5  giugno  1676. 

Di  V.  S.  Illustrissima  Illustrissimo  mio  Signore 

Deuotissimo  et  obbligatissinio  suo  vero  seruo- 
D.  Vincenzo  Zizzo 

lUostriMimo  Signor  D.  Pietro  del  Castro 


MISCELLANEA  119 


XXXIV. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  agli  8  di  giugno  1676,  col  quale 
S.  M.  emana  alcuni  ordini  per  riparare  all'indisciplina  e  a  vari 
disservigi  nella  flotta. 


XXXV. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Copia  della  traduzione  di  una  lettera  scritta  in  olandese ,  in 
data  di  Palermo  4  agosto  1676,  nella  quale  Gerardo  Gallenburgh, 
fornisce  varie  notizie  militari  sulla  difesa  di  Palermo,  sulle  buone 
disposizioni  dei  suoi  compagni  olandesi  verso  S.  M.,  ed  accusa  rice- 
zione di  una  lettera  viceregia,  alla  quale  era  unito  fra  1'  altro  il 
titolo  della  pensione  accordata  all'  Ammiraglio  Ruyter  e  ai  suoi 
successori. 

Eccellentissimo  Signore, 

Ieri  ho  ricevuto  la  gratissima  carta  di  V.  E.  delli  28  del  mese  pas- 
sato con  due  incluse  una  delle  quali  di  Sua  maiesia  Cattolica  ambe  dirette 
al  quondam  viceadmirante  Giovanne  de  haen  quali  consegnai  al  figlio 
del  defonto,  il  titolo  con  la  pensione  che  Sua  maiestà  ha  compiaciuto  dare 
al  quondam  Signor  Generale  Ruyter  e  Suoi  Successori  e  veramente  un 
Segno  di  grata  ricompensa  corrispondente  al  gran  seruitio  che  detto  Ruyter 
ha  prestato  alla  corona  di  Spagna  e  Thauerebbe  indubitatamente  perfettio- 
nato  e  portato  a  fine  Se  la  inuidiosa  morte  non  l'hauesse  troncato  la  vita 
per  mezzo  della  disgi'atiata  palla  nemica  quale  si  puoi  dire  che  habbia 
leuato  quel  gran  marte  che  per  Sua  maiestà  cattolica  e  la  nostra  Patria 
ha  finito  sì  gloriosamente  li  Suoi  giorni  tocanle  la  mia  particolare  incli- 
nazione per  Proseguire  lo  Seruitio  desiderato  contra  li  rebelli  messinesi 
e  qualsiasi  nemico  di  Sua  maiestà  posso  assicurare  a  V.  E.  che  da  parte 


120  MISCELLANEA 


nostra  laremo  tutto  l' impossibile  per  consolarlo  et  anche  per  corrispon- 
dftre  alla  instruttione  di  Sua  altezza  il  Signor  prencipe  d'oranges  conforme 
r  ultimo  di  giugno  fu  ancora  deliberato  nel  nostro  consiglio  di  guerra, 
ogni  volta  che  V  inimico  vorrà  di  nuovo  violare  questo  Porto  a  quale 
fine  haueamo  fatto  una  Catena  che  sarà  attaccato  della  lanterna  per  essere 
libero  d'ogni  Borlotto  del  nemico,  hauendo  anche  determinato  di  mettere 
vicino  la  Cattena  verso  li  magasi  ni  di  fornimento  quatro  o  cinque  nani 
poderose  oltre  che  ho  fatto  offerire  al  Signor  Conte  San  Marco  Pretore 
quantità  di  bombardieri  artiglieri  e  Soldati  della  nostra  flotta  per  assi- 
stere al  canone  sopra  li  baloardi  e  muralie  della  città  quale  offerta  dal 
sudetto  Signor  Pretore  fu  cortesemente  accettata ,  quando  noi  Saperemo 
certamente  che  V  inimico  Se  troua  Solamente  con  20  nani  in  mare  con- 
forme il  Signor  marchese  di  bayona  ha  riferto  noi  con  la  nostra  flotta 
anderemo  in  mare  per  incontrarlo 

)a  oaue  jnglese  nella  quale  era  imbarcato  a  liuorno  la  monizione  e 
Palle  per  1*  armata  e  capitata  questa  mattina  e  quanto  prima  lo  Sbarca- 
remo  con  repartirlo  alle  naui  con  che  fluisco  e  bacio  con  ogni  humilta 
le  mani  di  V.  E.  e  resto 

Eccellentissimo  Signore 


Di  V.  E.  humilissimo  Seruo 
Gerardo  Callenburgh 

Nella  nane  concordia  nella  Baya  di  Palermo  4  agosto  1676. 


XXXVI. 


(R.  S.  —  B.  27). 

Rapporto  del  Giudi»;©  di  Monai,'chia,  in  data  di  Palerm,o  13  agosto 
1,676 ,  i^ol  quale  fra  I'  altro  si  parlai  4^i  maueggi  dei  Messinesi  a 
9^a,  che  precedettero  la  rivoluzione,  della  complicità  in  es3,i  di 
ymri  frati  dell'Ordine  dei  PP.  Gruciferi  e  del  loro  Generale,  e  delle 
•i»paii6  francesi  di  un  chierico  cruciforo  a  nome  Antonio  Restagno 
di  Mondovi. 


MI.SCK1.LANEA 


121 


Eccellentisimo  Senor 

Senor  Por  Secretarla  en  carta  de  31  del  pasado  Se  sirbe  V.  E.  de  re- 
mitirme  el  memorial  qne  el  General  de  los  Padres  cruciferos  dio  al  senor 
cardenal  Embaiador  y  me  manda  V.  E.  que  con  mi  parecer  de  qaenta 
a  V.  E.  de  lo  que  se  me  ofrece  ?ercu  de  su  contenido; 

Ea  el  memorial  se  queja  de  mi  el  General  representando  al  senor 
Embaxador,  que  el  Padre  Joseph  caruso  Proposito  de  la  casa  profeaa  de 
Palermo  con  patente  suya  despidio  de  està  Qiudad  al  lego  Antonio  Re- 
stano del  mondoui  tiaboyardo,  vsurpando.'^lajarisdizion  que  nol^toc^mi, 
^iendo  esto  contra  las  bulas  Pontiflt^ias ,  y  que  haviendose  suspendido 
por  està  causa  de  su  oflgio;  yo  le  he  defendido,  ordenando  sea  mantenido 
on  su  paesto,  Pretestatidolo  con  decider  haaia  sido  con  orden  mio,  p^^ra, 
escugar  de  culpa  al  diche  Padre  caruso,  y  que  por  no  hauer  sido  contìr- 
mado  en  la  nuebas  eleciones  de  superiores  que  hauia  hecho  el  General 
hauia  impedido  no  se  executasen  las  patente»  de  Prpuincial,  y  otroa  pre- 
positos  en  està  Prouincia,  y  pide  al  seiior  cardenal  Embaxador  se  inter- 
ponga con  V.  E.  para  que  ten^ian  execuciou  dichas,  patente^,  y  que  p,re- 
tendiendo  yo  utra  cosa  en  contrario ,  se  ponga  la  causa  en  justiQia  eli- 
giendo  V.  E.  jueges  para  ella,  o  se  entreguen  las  Patentes  a  los  superio- 
res elegidos  Para  tornar  las  posesioiies  de  sus  ortcios  ;  à  esto  se  redugei 
la  pretension  vana  del  General; 

Senor  Excelentisimo  quando  el  ano  passado  dio  vista  la  Armada  da 
Trancia  a  està  ^iudad,  nos  dio  mucho  cuydado  a  to  los  y  algunos  habUo, 
];uas  de  lo  que  deuieran  ,  llego  a  mi  notizia  entoages  qae  el  dicUo  lej^ 
Antonio  Restano,  hablaua  publicamente  con  poco  re.specto  contra  la  co- 
rona ;  y  muy  a  làuor  de  frangia  ;  Procure  remedlarlu  y  que  fuese  sin 
escandalo,  ordine  al  Padre  caruso  eonogido  mio,  cpmo  cpnsultor  del  santo 
o^yio  y  Proposito  en  està  cassa  profesa,  sugeto  de  las  partes  que  a  V.  E. 
consta  y  tan  .-ino  y  liei  vasallo  de  S.  Magestad  que  tìugiendo  algun^ 
causa  con  Patente  suya  le  dispidiese  de  està  Qiudad,  Porque  si  me  daua 
por  entendido  ,  era  jjregiso  hayer  scbera  demostrazion  con  dicho  lego, 
que  no  podia  estar  bien  al  decoro  de  su  Religion,  executo  luego  ci  Padre 
caruso  mi  orden  ; 

Sintieronlo  con  tanto  cxtremo  los  superiores  de  Roma  que  inmediata- 
mente  le  suspendea  de  su  puesto  de  preposito  no  hauiendo  querido  admitir 
hauia  sido  por  orden  mio  ; 

El  afecto  y  Inclinazion  que  el  General  y  un  padre  Monforte  Siciliano, 
que  es  su  consultor  tienen  a  francia  es  notorio,  de  que  estoy  iuformadq 
pues  admitieron  en  su  nouigiado  de  Roma,  al  varon  de  catafe  y  a  Zigal^ 


122  MISCELLANEA 


PriDQipales  reueldes,  y  de  halli  salian  a  hacer  los  tratados  con  el  Enba- 
xador  de  frangia  para  la  sublebacion  de  Medina  y  el  Monforte  es  quien 
tiene  la  confianga  de  estos  rebeldes  por  la  amistad  y  corespondengia  qae 
siempre  conserao  con  el  catafi  ,  y  quien  es  el  que  de  Megina  a  Roma 
lleoa  caitas  y  con  la  respuesta  buelve  a  Megina  es  el  Padre  Proximo 
su  religioso  crugifero  aquien  dicen  que  el  Duque  de  Vibona  hizo  Vige 
Probincial  y  asi  tienen  su  inteligengia; 

Con  estas  notigias  siempre  procure  que  de  està  parte  de  Palermo  no 
huuiese  alguna  inteligengia  porque  el  Monforte  hauia  puesto  Preposito 
en  el  nouigiado  de  està  ^i^dad  a  un  Padre  Megines,  y  comò  el  convento 
està  situado  a  la  parte  de  la  marina  estuue  con  determinazion  de  sacarle 
loego  Pero  el  Padre  caruso  me  aseguro  era  hombre  retiradp ,  y  que  si 
supiese  algo,  me  lo  auisaria  no  sugedio  nada  por  la  misericordia  de  Dios, 
Pero  luego  que  acabo  suo  oflgio  se  fue  de  este  Reyno  Por  las  instangias 
qne  hige,  lo  qual  no  pudo  tolerar  el  Monforte  que  es  vn  mal  vasallo  del 
Rey  y  quien  a  Rebuelto  esto  centra  el  caruso  ; 

En  carta  de  28  de  febrero  di  quenta  a  V.  E.  de  todo  ,  lo  sucedido  y 
V.  E.  fue  seruido  en  despacho  de  doge  de  Marzo  mandarme  se  mantuuiese 
al  caruso  en  la  posesion  de  su  oflgio; 

De  las  Patentes  que  el  General  ha  imbiado  nombrado  Prouincial  y 
otros  superiores  tengo  impedida  su  execugion  por  hauer  sido  el  general 
nombrado  por  breue  y  mientras  no  està  eiecutoriado  en  el  Reyno  no 
puede  exerger  el  general  jurisdigion  alguna  y  siendo  el  general  y  Mon- 
forte afectos  a  frangia  corno  consta  de  la  testitìcagiones  que  originales 
quedan  en  mi  poder,  cuyas  copias  son  las  inclusas  que  a  V.  E.  remito, 
conocera  V.  E.  si  en  los  tiempos  presentes  combiene  se  execute  diche 
breue  ; 

De  todo  lo  sagedido  di  quenta  al  seiior  Cardenal  Embaxador  para  que 
lo  remediase  y  no  permitiese  fuese  mortiflcado  el  Padre  Caruso  por  hauer 
executado  mis  ordenes  y  que  mandase  al  General  no  lo  remouiese  de 
8U  oflgio  antes  se  le  conseruase  en  el  Respondiome  Su  Eminencia  abia 
llamado  al  General  y  le  hauia  referido  el  contenido  de  mi  carta  ad viertien- 
dolo  no  hiciese  molestia  al  Padre  Caruso  y  que  le  a.lelaiitase  en  el  Pro- 
uingialado  desta  Prouincia.  Pero  el  General  obstinado  centra  el  Caruso  le 
calillcana  de  mentiroso.  y  me  remitio  otro  memorial  que  le  hauia  dado 
comò  el  de  V.  E.  a  qise  satisflce  en  ej^ta  misnia  coiifDrmidad  que  hago 
«ora  a  V.  E. 

Y  para  qoe  V.  E.  conozca  la  pasioii  que  oste  General  y  el  Monforte 
maettran  contra  el  CaruHO  me  es  pregiso  representar  a  V.  E.  otro  caso 
qae  me  sucedio  en  el  mismo  tiempo  qae  ordene  saliese  el  layco  de  Pa- 
lermo y  fue  qne  el  dia  do  santa  Rosolca  a  seis  oras  de  noche  los  Mini- 


MISCELLANEA  1 23 


stros  de  la  ronda  del  capitan  me  trajeron  vn  Religioso  crucifero  que- 
allaron  en  vna  casa  vestido  de  seglar  con  su  caueilera  postiga ,  orden© 
le  pusiesen  en  bicaria  para  castigane  conforme  meregia  su  delito,  Uego 
luego  a  notigia  del  Padre  Caruso  el  sugeso  que  comò  celoso  de  su  Reli- 
gion  y  abergoncado  de  tal  exgeso ,  doliendose  padeciesen  sns  religiosos 
semegante  descredito,  me  pidio  se  le  entregase,  que  ellos  le  castigarian.. 
Condescendi  a  sus  instangias  entregandole  el  religioso  que  al  pressente 
me  digen  està  cumpliendo  su  penitengia. 

Pues  corno  (Senor  Excelentisimo)  el  General  y  su  consultor  Monforte 
no  consideran  las  atengiones  con  que  mira  el  Padre  Caruso  por  el  mayor 
decoro  de  su  religion,  y  solo  atienden  a  Mortitìcarle  por  hauer  sido  exe- 
cutor  de  mis  ordenes  en  materia  tan  importante  al  seruicio  de  S.  Ma- 
gestad  ; 

Es  de  mi  obligagion  suplicar  a  V.  E.  corno  lo  hago  con  el  mayor  ren- 
dimiento  que  puedo  se  sima  de  no  permitir  se  priue  al  Padre  Caruso 
de  su  oflgio  que  yo  le  mantendre  en  el  |en  conformidad  de  la  orden 
de  V.  E.  para  que  los  superiores  de  Roma  aprendan  la  veneragion  y 
obedìengia  que  deuen  detener  a  aste  Real  Tribunal  de  la  Monarqnia  y 
que  siempre  en  el  se  obra  lo  que  es  ragon  y  justicia  V.  E.  mandara  en 
todo  lo  que  mas  conueniere  guarde  nuestro  Senor  a  V.  E.  corno  importa. 

Palermo  y  Agosto  13  de  1676. 

Excelentisimo  Senor 

Beso  las  manos  de  V.  E. 

Su  Capellan  de  V.  E. 

Don  Bernardo  Yigil  de  quinones 


xxxvn. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Il  Viceré  di  Napoli ,  Marchese  di  Los  Veles ,  con  lettera,  data.  - 
a  Napoli  il  15  agosto  1676 ,  manda  al  Viceré  di  Sicilia  Marchese  - 
di  Villafranca  una  lettera  diretta  al  signor  Filippo  di  Allegra  da. 
Milazzo,  colla  quale  il  cugino  di  costui,  don  Nunzio  Spataro,  lo  pre- 
gava di  avvisare  quel  Viceré  che  alla  marina  di  Savoca  prestavano- - 
servizio  militare  a  capo  di  alquanti  uomini  Masi  d'Angelo  e  Anto- 
nio Mastroheni,  i  quali  avevano  in  Messina  fatto  parte  della  Gom- 


124  MISCELLANEA 


pa^nia  dpi  celebL'Q  ribella  Don  ftiacopio  Av^rna ,  e  che  per  tarjtp 
Q  per  il  Iqro  poco  affetto,  al  res^l  servizio  si  teme  di  e§§i  e.  dei 
loro  si  sian  prestati  a  ciò  per  avere  occasione  di  fare  qualqhe 
tradimento. 

Da  un'annotazione  apposta  al  dorso  della  lettera,  rilevasi  che 
fu  ordinato  di  prendere  le  necessarie  informazioni  sul  proposito. 


XXXVIII. 

(N.  S.  —  B.  28). 

Il  Conte  di  Villalta,  Capitano  di  giustizia  in  Palermo,  con  sua 
l^tter^  del  23  ottobre  167fi,  dà  al  Viceré  varie  importanti  nq- 
tizie  sugli  umori  prevalenti  nelle  Maestranze  di  Palermo  a  pro- 
posito del  permesso  di  portare  armi. 

Eccellentissimo  Signore, 

Prima  che  V.  E.  si  partisse  di  questa  Città  le  rappresentai,  che  per 
la  permission  generale  che  ui  era  di  poter  ciascun  portare  armi  non  ci 
er^no  persone,  che  uolessero  ricQuere  le  prouisioni,  e  in  conseguenza 
neniua  a  mancare  il  seruitio  delli  Prouisionati,  delli  quali  si  compongono 
le  Bande,  che  seraono  alla  custodia  della  Città  in  tempo  di  notte,  e  che 
per  essere  all'incontro  difficile  il  proibirle  totalmente  per  la  condictione 
de  tempi  presenti,  rimetteua  il  tQ|tQ  a^ll^  consideratione  prudentissima 
di  V.  E.  la  quale  si  serui  dirmi,  che  al  suo  ritorno  si  sarebbe  trattato 
di  questa  materia  con  più  maturità  ;  In  essecutione  di  che  douondosi 
pubblicare  ogn'anno  dal  Capitano  il  solito  hanno  io  apostata  niente  ne 
leoai  da  quello  tutti  i  Capitoli  attenenti  all'apportatione  dell'armi;  E  per- 
ché si  8uo|.-  dal  Sindaco  della  Città  mettere  il  publicetur  ad  ogni  bando, 
mi  fa  dal  detto  Sindaco  fatta  dilllcultà,  e  tratteimta  per  più  giorni  la 
publicatione  di  essa,  a!*sercndo  che  il  non  proibire  1'  apportatione  del- 
l'anni ridondaua  io  pregiudicio  della  gabella,  che  ne  hanea  assegnata  la 
Città,  e  clu'  uolea  dar  conto  di  ciò  al  Senato  per  indurmi  à  che  iu  auessi 
poflo  nel  dut^)  bando  la  fud'tta  proibition^,  lo  però  bevendo  da^o  conto 
a  V.  E.  cq}ii«  l|6  acct;}^()ato  di  .^opra  stimai  sQmpre   non   douer   far  no- 


MISCELLANEA  12' 


dita  alcuna,  si  che  dopò  qnattro  ò  cinque  giorni  mi  fu  restituito  il  ban- 
do, e  io  feci  lunedi  passato  publicare  senza  che  in  esso  ui  fosse  stati 
minima  parola  toccante  l'apportatione  dell'armi,  e  ttell'  istessa  maniera 
r  ho  fatto  registrare  nell'officio  di  Maestro  Notaro  delli  Giurati,  come  é 
costume  di  farsi,  Questa  mattina  poi  mi  é  uenuto  il  Sindaco  della  Città 
con  imbasciata  da  parte  del  Senato,  e  Pretore,  che  per  esser  hieri  oc- 
corso che  un  Officiale  uolerido  prender  un  maestro  col  pugnale  nellt 
strada  delli  Scopetteri,  ne  èra  seguita  una  rissa  con  ferita  in  testa  di 
vno,  e  che  si  mormoraua  dalle  JMastranze,  immaginandosi  che  nel  bando 
già  publicato  Ui  fosse  la  proibitióne  deli'  armi  conforme  é  solito  èra  dt 
parere  il  Senato,  che  io  douessi  far  publicare  nuouo  bando,  nel  quale 
dichiarassi  che  nel  precedente  non  ui  era  stata  proibitióne  di  portar  ar- 
mi, e  che  iii  uirtù  di  quest'altro  si  permetteua,  che  ogn'  uno  le  potesÉfe 
portare  d'ogni  sorte  dalle  pistole,  e  stiletto  infuori  risposi  per  all'  hot*à 
ni  Sindaco,  che  parendomi  la  materia  assai  graue  non  poteua  pronta- 
ìnente  darle  risolutionè,  tnà  che  dopò  tli  considerarla  hauerèi  mandata 
la  risposta  al  Senato;  Ho  poi  uoluto  indagare  sottilmente  come  sia  pas- 
sato il  rumore  alli  Scopetteri  ne  interrogai  il  Consolo  di  essi  alla  pre- 
senza de  Giudici  della  Corte  Capitaniale  e  mi  affermò,  che  non  ne  n'  era 
niente  di  quanto  ueniua  detto  ;  Onde  mi  é  parso  di  rispondere  al  Senato 
che  fondandosi  il  motiuo  principale  che  lo  spingeua  a  proporre  la  pu- 
blicatione  di  nuouo  bando  sopra  il  disordine  succeduto  nelli  Scopetteri 
stimaua  bene  prima  far  ogni  diligenza  per  accertarmi  della  uerità  del 
fatto,  costandomi  fin  bora  del  contrario,  e  che  l'istesso  dal  suo  canto  po- 
teua fare  il  Senato,  e  quando  si  trouasse  ciò  essere  stato  nero  all'  bora 
si  sareiibe  risoluto  quel  che  si  donerebbe  fare  intorno  al  publicar  nuouo 
bando.  Ho  pertanto  stimato  mio  debito  il  dar  contezza  del  tutto  a  V.  E., 
soggiungendo  che  in  uerità  non  può  negarsi,  che  non  sia  nata  qualche 
mormoratione,  e  bisbiglio  sopra  questo  particolare,  il  che  pei*  mio  credeie  é 
proceduto  da  due  caj^ioui,  la  prima  ó  che  concorrendo  la  gente  a  diman- 
dare al  Banditore  che  bando  si  fosse  quello  che  dà  lui  si  pubblicaua,  egli 
per  sbrigarsene  rispondeua  essere  li  bandi  soliti  del  Capitano,  e  facen- 
dosi concetto  dalla  parola  soliti,  alcuni  s'immaginarono  esserui  li  Capi- 
toli delle  apportationi  dell'armi  da  me  già  tolti  ;  la  seconda  é  che  i  Ca- 
porali per  trouar  persone,  che  con  facilità  accettassero  le  prouisioni 
può  ben  essere  che  auessero  detto  qualche  parola  intorno  alla  prohibi- 
tione  dell'armi,  ò  per  malitia,  ò  pure  per  auersi  ancor  essi  ingannato 
coU'oppinione  degli  altri.  Quanto  poi  tocca  al  publico  nuouo  bando  nella 
forma  richiesta  dal  Pretore  si  può  riflettere,  che  io  mi  uerrei  tacitamente 
ad  incolpare,  come  in  effetto  aùessi  fatto  publicare  la  detta  proibitióne, 
11  che  non  ho  fatto,  e  si  farebbe  una  dichiaratione  al  popolo   con  gran- 


126  MISCELLANEA 


dissimo  discapito  del  decoro  della  giustitia,  che  daria  inditio  di  timore 
ne  Reggitoi'i,  e  aggiungerebbe  maggior  baldanza  ed  ardire  alle  Maestran- 
ze, che  ne  hanno  qui  troppo  di  uantaggio  e  si  faranno  lecito  il  dimandar 
ogni  giorno  nuoue  esorbitanze,  uedendo  che  per  ogni  minima  lor  que- 
rela ancor  che  falsa,  e. mal  fondata  si  deuiene  dà  chi  gouerna  a  sodisfa- 
tioni  pabbliche  per  aia  di  bando,  il  che  di  quanto  grane  Inconueniente 
possa  riuscire  può  V.  E.  considerarlo,  oltre  che  non  credo  diffìcile,  che 
si  possano  a  poco  a  poco  sincerar  della  uerità  cosi  per  le  dichiarationi, 
che  per  secreto  mie  commissioni  ne  fanno  le  persone  informate,  e  per 
la  faciltà,  che  hanno  di  ricorrere  al  publìco  registro ,  come  per  quanto 
Ilo  incaricato  a  miei  Oflfltiali  nel  modo  di  portarsi,  non  innouando  in 
questa  materia  cosa  alcuna,  et  io  stesso  rondando  la  notte,  e  non  facen- 
do molestare  le  Maestranze,  che  incontro  con  armi,  ne  no  facendo  con 
l'opera  bastante  manifestatione,  E  per  fine  rimettendo  il  tutto  alla  so- 
praflna  prudenza  di  V.  E.  starò  attendendo  gli  ordini,  che  resterà  ser- 
nito  di  darmi,  et  intanto  hamilmente  inclinato  le  faccio  profondissima 
reuerenza.  Palermo  23  ottobre  1676. 
Eccellentissimo  Signore 
.Di  V.  E. 

Humilissimo  e  deuotissimo  seruitore 
Il  Conte  di  Villalta. 


XXXIX. 

(R.  S.  — B.  28). 

Il  Senato  di  Palermo  con  roppresentanza,  ivi  data  il  24  otto- 
bre 1676,  chiede  che  per  evitare  tumulti  popolari  e  tradimenti 
siano  banditi  da  Palermo  i  Messinesi,  che  vi  dimorano,  come  si  è 
fatto  in  altre  città. 

Eccellentissimo  Signore, 

Oi&  ó  noto  al  mondo,  che  per  fellonia  de  Rebelli  Messinesi,  si  troua 
qoMto  Regno  priuo  di  quella  tranquillità,  ohe  mediante  vna ,  non  mai 
Interrotta  pace  h&  goduto  per  il  apatio  di  430  anni  sotto  li  benignissimi 


MISCELLANEA  12^ 


auspicij  del  suo  Monarca,  cioè  sin  da  quel  tempo,  che  scuosse  il  pesante 
giuoco  del  gouerno  de'  francesi,  ch'é  una  natioue  ,  con  la  quale  i  Sici- 
liani hanno  vna  naturale  auuersione.  Onde  con  ragione  deue  esser  ge- 
neralmente da  ogn'  vno  odiato,  non  tanto  il  commercio,  quanto  il  nome 
stesso  de'  Messinesi,  come  mercato  d'infedeltà,  con  nota  eterna  d'infamia, 
e  maggiormente  da  questo  Regno,  che  proua  1'  amarezza  della  Guerra, 
con  vn  nemico  il  più  capitale  che  habbia  intruso  già  nelle  sue  viscere 
per  opra  loro.  Eccellentissimo  Signore  trouandosi  qui  V.  E.  il  Senato;  e 
più  uolte  à  parte  l'Illustre  Pretore  riuerentemente  l'espose  esser  gli  ani- 
mi di  questo  Populo  di  sì  fatta  guisa  ingombrati  dalla  suspitione  appre- 
sa, per  hauer  in  questa  habitanti  gran  numero  di  Messinesi ,  che  se  ne 
sentina  publica  mormoratone,  per  esser  da  ogn'  vno  riguardati  con  ma- 
l'occhio  poiché  quando  successe  la  commotione  d'alcuna  Gente  Plebea  il 
giorno  del  Santissimo  era  tutta  diretta  contro  Messinesi  come  né  sarà 
informata  V.  E.  che  però  hauen^lola  supplicata  à  darmi  opportuno  rime- 
dio, per  obniare  qualche  inconueniente.le  parue  di  non  subito  risoluere, 
ma  farne  sopració  matura  riflessione  :  uedendo  però  il  Senato  essersi 
adesso  maggiormente  aumentato  il  susurro  contro  i  medesimi  a  causa 
della  perdita  della  Piazza  di  Tauormina,  propalata  qui  esser  seguita  con 
tradimento  loro,  dubita  che  questa  gente  a  maggior  segno  irritata  non 
si  uaglia  di  qualche  irreparabile  uiolenza.  Ne  porta  pertanto  a  V.  E.  II 
Senato  reiterate  istanze,  acciò  né  dia  con  la  sua  somma  prudenza  quello 
espediente,  che  stimerà  più  proporzionato ,  per  ripararla,  desiderando 
questo  Populo  onninamente  lo  sfratto  de  Messinesi ,  come  si  e  fatto  in 
Siracusa  et  ultimamente  in  Melazzo  per  tema  che  essi  non  stiano  machi- 
nando  qualche  tradimento.  Hauendo  poi  11  Senato  pensato  in  che  modo 
habbia  questa  à  seguire,  ha  considerato,  che  ordinandolo  V.  E.  por  inti- 
matione  personale  non  possa  sortire,  stante  trouarsi  qui  vn  numero  di 
sei  mila,  e  più  Messinesi,  se  per  publico  Bando  eh'  é  l'vnica  forma  po- 
trebbe, forse  alcuni  mascalsoni,  suscitare  qualche  motione.  Antepone  a 
V.  E.  11  Senato  questi  punti,  acciò  col  profondo  suo  sapere  risolua  quel 
che  meglio  le  parerà,  mentre  somigliante  notitia  la  riceuerà  anche  dal 
Tribunale  del  Real  Patrimonio,  Il  quale  ne  dice  hauerla  passato  nell'i- 
stesso  tempo,  che  nò  fa  istanza  di  douerse  prouedere  di  rimedio  alle  re- 
clamationi  Popolari  per  il  sudetto  effetto  Et  a  V,  E.  Intanto  facciamo 
.humilissimo  inchino.  Palermo  24  ottobre  1676. 

Il  Senato  di  Palermo 
D.  Giuseppe  Sitayolo  .... 


128  MISCELLANEA 


XL. 

(R.  S.  -  B.  58). 

Il  Senato  di  Palermo  con  lettera ,  ivi  data  il  27  ottobre  1676, 
informa  il  Viceré  di  aver,  pubblicato  un  bando  per  chiamare  i  No- 
bili a  prestare  il  servizio  militare  dovuto,  e  di  aver  ricevuto  dal 
Tribunale  del  Patrimonio  ordine  di  dar  lo  sfratto  ai  Messinesi,  che 
dimorano  nella  città. 

Eccellentissimo  Signore 

« 

Con  altre  dae  ha  il  Senato  riuerito  V.  E.  haaendole  dedotto  à  notizia 
colla  prima  di  hauer  esseguiti  i  suoi  ordini  con  bauer  fatto  publicar 
Bando  d'Intimatione  alli  Baroni,  e  feudatari),  perche  si  portino  personal- 
mente col  seruitio  militare  ad  assistere  à  V.  E.  nelle  correnti  contin- 
genze, e  colla  seconda  rappresentata  la  necessità  di  dar  lo  sfratto  a'  Mes- 
sinesi per  calmar  gli  animi  di  queste  Genti  à  maggior  segno  sdegnati 
contro  loro  per  tema  d'  hauerne  qualche  tradimento ,  e  perche  V.  E. 
adesso  più  che  mai  si  troua  inuolta  nelle  cure  della  Guerra  per  la  ca- 
duta della  piazza  di  Tauormina  che  quanto  più  improuisa ,  tanto  mag- 
giormente ha  compunto  il  Senato,  e  tutta  questa  fldelissima  Città  non 
hauirà  forse  luogho  di  significarne  la  sua  Intenzione.  Tultauia  il  Senato 
non  lascia  di  auuisar  V.  E.  con  la  presente  d'  hauer  hauuto  ordine  dal 
Tribunale  del  R.  Patrimonio  per  dar  detto  sfratto,  copia  tanto  del  quale, 
come  della  risposta  del  Senato,  si  manda  qui  acclusa  à  V.  E.  alla  quale 
facciamo  huinilissima  riuerenza.  Palermo  li  27  ottobre  1676. 

11  Senato  di  Palermo 
D.  Giuseppe  Sitayolo 


MISCELLANEA  129 


XLI. 


(R.  S.  -  B.  28;. 

Copia  di  una  rappresentanza  colla  quale  il  Senato  di  Palermo^ 
avendo  ricevuto  lettera  per  via  del  Tribunale  del  Patrimonio,  con- 
cernente  il  bando  dei  Messinesi  da  Palermo  ,  chiede  ordini  più 
specificati  sul  proposito. 

Eccellentissimo.  Signore, 

Capita  al  Senato  lettera  di  V.  E.  de  29,  del  cadente  in  Triduo  del  se- 
guente tenore.  Carolus  etc.  lUustris  Regius  Consiliarius  Dilectus  etc.  In 
risposta  delle  uostre  siamo  a  dirui  che  hanendo  riconosciuto  per  quello, 
che  ci  rappresentiate  il  uostro  eperato  su  la  maceria  dello  sfratto  de 
Messinesi  lo  stinii;imo  prodotto  dal  zelo,  et  attenzione  che  tenete  al  mag- 
gior sernigio  di  S.  M.,  che  Dio  guardi,  e  beneficio  di  questo  publico,  et 
attese  le  notizie  sudette  d'  haueriie  dato  parte  a  S.  E.  con  uostra  con- 
sulta de  24  del  spirante,  della  quale  ne  stiiite  attendendo  li  risiilutioni, 
giudichiamo  che  penetrando  voi  con  la  nostra  solita  uigilanza,  trattato» 
ò  disposilione,  che  potessero  partojire  Iiiconuenienti  iiistantanei,  et  ir- 
reparabili, all'  bora  procedirete  all'eseeutione  del  riferito  nostro  ordine 
nella  forma,  che  à  Voi  parerà  più  opportuna.  K  nel  caso  che  con  la  uo- 
stra prudenza  stimassiuo ,  che  non  lusse  per  succedere  inconueniente 
dal  dilatar  la  essecutione,  fintanto  che  giunga  la  determinatione  di  S.  E., 
n'attenderete  la  sudetta  risolutione;  e  fra  tanto  non  lascirete  con  l'aco- 
stumato  vostro  zelo  d'inuigilare  per  tutte  le  strade  su  questo  particolare 
per  la  quiete  di  questo  publico,  che  tutto  ci  gioua  credere,  sarà  con  la 
circospettione  vostra  puntualmente  disposto.  Datum  Panormi  in  Triduo 
die  29  Octobris  1676.  loppolo  Magister  Rationalis.  Spadafura  Magister 
Rationalis,  flnocchiaro  Magister  Rationalis,  Ramondetta  Magistei-  Ratio- 
nalis. Riggio  Magister  Rationalis,  Hoyo  Consultor.  Calascibetta  fisci  Pa- 
tronus,  D.  Carolus  Armature  Secretarius  et  magister  notarius.  All'Illustre 
Senato  di  questa  Città  di  Palermo  in  risposta  della  sua. 

Sopra  che  gli  occorre  rappreseutari  à  V.  E.  che  non  tiene  presente- 
mente altre  notitie,  che  quelle,  che  ha  hauuto  il  Tribunale,  onde  se  per 
le  medesime  le  pare  che  si  uenghi  alla  publicatione  del  Bando  per  la 
sfratto  de  Messinesi  senz'aspettar  risposta  di  S.  E.,  supplica  il  Senato  al 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXiV.  9 


130  MISCELLANEA 


Tribuiialu,  che  gli  uoglia  dar  ordini  destinti,  e  specificati  per  poterli  es- 
seguire con  quella  prontezza  douuta.  Et  in  tanto  à  V.  E.  lacciamo  humi- 
lissimo  Inchino.  Palermo. 


XLII. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Il  Senato  di  Palermo  con  sua  rappresentanza  ,  ivi  data  il  2 
novembre  1(>76,  prega  il  Viceré  di  escluder  dal  prestare  il  dovuto 
servizio  militare  in  campagna  i  Nobili,  che  abitano  in  questa  città, 
per  ragioni  economiche  e  di  ordine  pubblico. 

Eccellentissimo  Signore, 

Replica  con  ogni  osseqtiio  il  Senate  la  lettera  delli  16  del  caduto,  che* 
jntende  dall'Illustre  Pretore  non  essere  à  V.  E.  capitata. 

In  cssecutione  degli  ordini  di  V.  E.,  jnuiati  con  lettera  data  de  7  ot- 
tobre, ha  il  Senato  subito  fatto  p.^omulgar  et  affiggere  ne'  luoghi  publici 
e  consueti  il  Bando  d'Intimatione  alli  Baroni,  e  feudatarij  perche  ciascu- 
no di  loro,  secondo  l'obligo  gli  corre,  contribuisca  il  Seruitio  militare, 
con  l'assistenza  della  propria  persona,  à  quella  di  V.  E.  alla  quale  sem- 
pre riconosceremo  nostro  debito,  di  mostrarci  con  la  medesima  attenlione, 
e  prontezza  obedientissimi;  portando  però  riaerentemente  alla  perspicace 
riflessione  di  V.  E.  il  pregiudicio  notabile,  che  ne  resulterà  dalla  par- 
tenza di  questa  nobiltà,  alle  pouere  maestranze,  che  sogliono  ritrahere 
dalla  medesima  il  sostentamento,  alla  Città  anche  descapito  considerabile 
à  causa  delle  Gabelle  per  mancanza  di  gente,  e  poi  Dio  guardante,  che 
succeda  qualche  jnconuenienza,  il  senato  solo  non  sarà  bastante  à  por- 
gerai rimedio  ;  che  però  se  parerà  a  V.  E.  potrà  come  ne  supplichiamo, 
attesi  8\  rileuanti  rispetti,  escludere  dal  sudetto  Bando  la  Nobiltà  che 
qui  babita.  Et  jntanto  a  V.  E.  facciamo  humilissimo  jnchino.  Palermo  li 
2  nouembre  1676. 

Il  Senato  di  Palermo 
D.  Giuseppe  Sitayolo 


MlbCELLANKA 


181 


XLIII. 

(R.  S.  -  B.  28). 

Il  Senato  di  Palermo  con  rappresentanza,  ivi  data  il  3  novem- 
bre 1676,  chiede  al  Viceré  di  munire  meglio  la  città,  per  metterla 
in  grado  di  difendersi  dagli  esterni  nemici  e  da  possibili  insurre- 
zioni popolari. 

Eccellentissimo  Signore, 

Intenderà  V.  E.  largamente  con  leitera  dell'  Illustre  Pretore  quello 
eh' é  occorso  in  questa  Città  doppo  la  presa  di  Tanormina,  e  l'inquietu- 
dine eh'  ha  causato  à  questo  Popolo  con  poco  rispetto  della  nobiltà,  cosi 
pure  la  strettezza  nella  quale  si  ritroua  il  Senato  non  baner  modo  al- 
cuno di  cauar  danaro  per  le  cose  necessarie  attinenti  à  Guerra  per  com- 
pra di  poluora  fabrica  di  centimoli,  ponti  leuatoi  per  le  porte  ,  che  re- 
stano aperte,  rasteili,  fossati,  ed'  altro,  che  per  non  tediar  V.  E.  il  Senato 
non  Io  replica,  supplicandola  però  con  ogni  douuto  ossequio  ci  vogli  far 
gratia  di  prouederci  almeno  di  quattro  Compagnie  di  Caualli  Veterani 
per  accorrere  à  qualche  accidente  intrinseco,  et  extrinseco,  e  di  dar  l'or- 
dine opportuno  per  impedir  le  frodi ,  che  alla  giornata  si  commettano 
nell'amministratione  de'  vittouagli ,  e  Gabelle  per  poter  la  Città  bauer 
qualche  forma  di  cauar  danaro  per  erogarlo  in  spese  tanto  neccessarie 
per  il  seruitio  di  S.  M.,  di  V.  E.,  e  di  questo  Publico.  Perche  il  Senato 
bà  inteso  dall'Illustre  Pretore  che  non  sia  capitata  à  V.  E.  una  sua  per 
auerlene  scritte  molte,  e  non  sapere  de'  quali  sia  la  mancanza  manda 
di  tutte  il  dupplicato,  soggiungendole  che  tuttauia  si  sentono  reclamori 
contro  Messinesi  per  dispor  V.  E.  à  dare  sopra  questo  particolare  ordini 
opportuni,  Kt  intanto  le  facciamo  bumilissimo  jnchino.  Palermo  li  3  di 
Nouembre  1676. 

Il  Senato  di  Palermo 
D.  Giuseppe  Sitayolo 


132  MISCELLANEA 


XLIV. 

(B.  S.  —  B.  28). 

Il  Conte  di  Villalta,  Capitano  di  giustizia,  in  data  di  Palermo 
3  novembre  1676,  informa  il  Viceré  che  il  negoziante  messi- 
nese Francesco  Alias,  uomo  da  bene  con  moglie  e  figli  palermi- 
tani, ma  fratello  di  uno  dei  principali  ribelli  messinesi,  il  quale  per 
aver  fin  dal  principio  delle  turbotenze  parlato  troppo  liberamente, 
manifestando  affezione  pei  ribelli,  era  stato  dai  suoi  predecessori 
Barone  di  Gratteri,  Principe  di  Sant'  Anna  e  Conte  Filingeri  al- 
lontanato dalla  città,  vi  era  nascostamente  ritornato,  e  che,  per- 
quisitane la  casa,  gli  si  era  trovata  una  lettera  con  parole  so- 
spette, da  lui  stesso,  stando  a  Carini,  scritta  alla  propria  moglie 
sotto  la  data  del  6  luglio  1676 ,  oltre  a  della  moneta  nuova  di 
Messina. 

La  lettera  é  annessa  al  rapporto  e  le  parole  sospettate  sono 
le  seguenti:  «  Vedo  come  si  e  passata  parola  che  II  sfratto  di  Ra- 
scia, e  stato  per  la  corrispondenza  hauuta  con  1'  amici,  ciò  non 
può  essere  ma  son  chiacchiere  che  vanno  vscendo  dalla  loro  mala 
Intenzione,  e  quando  ciò  fosse  uerità  Io  detto  Rascia  lo  doueria 
hauere  a  caro  perche  saria  stimato  appo  II  mondo  per  grand'  ho- 
mo di  manegio,  uoi  Intanto  non  pensate  a  cos' alcuna,  poiché 
quando  sarà  tempo,  col  fauor  di  Dio,  vi  darò  Jo  II  modo  co- 
me donerete  fare,  quanto  alla  testa  di  ferro  di  mio  fratello  si 
sentirà  fra  breue  II  flagello  che  gli  uerra,  mentre  uedo  che  con 
gran  forza  hauete  ottenuto  di  starsi  in  casa,  nella  quale  vi  dico 
che  non  sta  sicuro,  e  sapendosi ,  credo  Indubitatamente  che  an- 
derà  a  trouare  all'afflitto  Carlo  de  Bottis  ». 


MISCELLANEA  133 


XLV. 

(B.  S.  -  B.  28). 

Copia  di  una  rappresentanza  del  Senato  di  Palermo,  data  ivi  il 
3  novembre  1676,  relativa  al  bando  dei  Messinesi  da  quella  città. 

Eccellentissimo  Signore, 

Ha  ricevuto  il  Senato  lettere  di  V.  E.  del  seguente  tenore  Carolus  etc. 
lllnsti'is  Regiiis  Consiliarius  Dilectus  :  Perche  s'ó  tenuta  notitia  che  in 
questa  Città  ut  siano  molti  Messinesi ,  la  di  cui  stanza  può  caggionare 
gravissimi  InconueriietUi,  come  si  uà  f)resentando  non  meno  ai  seruigio 
di  S.  M.,  che  Dio  guardi,  che  alla  conseruatioue.  e  quiete  di  questa  Città, 
per  causa  de'  sospetti ,  e  mali  procedimenti  loro  e  per  altre  caggioni  à 
Voi  ben  note.  E  compiendo  al  Real  sei-uicio  di  S.  M.,  che  s' inuigili  con 
tutta  l'attenzione  nossibile,  à  togliere  ogni  qualsiasi  minimo  motiuo  d'in- 
quietudine di  questo  Publico,  che  potesse  caggionare  la  di  loro  residenza 
in  questa.  Per  tanto  siamo  ad  incaricarui ,  come  più  uolte  1'  habbiamo 
fatto  per  altra  strada,  e  fu  parimente  dal  nostro  Predecessore  incaricato 
à  cotesto  Illustre  Senato  che  d'  un  subbilo ,  e  senza  dimora  alcuna,  uo- 
gliate  ordinare  con  la  vostra  sperimentata  prudenza,  che  sfrattino  tutti 
li  Messinesi  da  questa,  e  suo  territorio,  sotto  le  pene  à  Voi  benuiste, 
altrimente  resterà  à  carico  vostro  ogni  qualsisia  sinistro  accidente,  che 
potesse  cagionarsi  per  detta  causa,  e  cosi  crediamo  sarrete  per  esseguire 
con  ogni  puntualità  per  il  molto,  che  importa  al  Real  Seruitio  della  pre- 
fata maestà  sua.  Datum  Panormi  in  Triduo  die  24  octobris  1676  loppolo 
Magister  Rationalis,  Spadafora  Magister  Rationalis,  flnocchiaro  Magister 
Rationalis,  Riggio  Magister  Rationalis,  Hoyo  Consultor,  Calascibetta  fisci 
Patronus,  D.  Carolus  Merendino  prò  magistro  notarlo.  AH'  illustre  Senato 
di  questa  fidelissima  Città  di  Palermo. 

Alle  quali  lettere  rinerentemente  risponde  il  Senato  à  V.  E.  d'hauersi 
seruito  d'  ogni  preuentione  douuta  à  si  importante  materia  per  hauer 
nel  principio  della  nostra  Sede,  considerando  il  disordine  poteua  euenir 
per  la  dimora  in  questa  de  Messinesi  scritto  al  signor  Marchese  di  Vil- 
lafranca  per  riportarsi  dal  medesimo  gli  ordini  opportuni ,  parendo  al 
^Senato  materia  di  tanta  premura,  ed  importanza ,  che  non  uolse  per  se 
risolverlo ,   ma  per  allora  mandò  Imbasciata  con   religiosi  alle  persone 


134  MISCELLANEA 


Messinesi  più  cospicne,  che  s'appartassero  da  questa  Città,  come  infatti 
esseguirono,  e  coll'essempio  de  quali  sen' andarono  altri  di  numero  con- 
sidt^rabile,  venuto  poi  1'  ordine  di  detto  Signore  In  tempo  che  la  nostra 
Città  godeva  ogni  quiete  per  non  alterarla ,  potendo  il  Bando  apportar 
qualche  disordine,  risolse  il  Senato  di  consultarlo  col  detto  Signore  dal 
quale  poi  hauendone  otfenuto  risposta  d'hauer  oprato  bene  sopra  la  ma- 
teria, e  cosi  non  si  venne  ad  altro,  ma  essendo  arrivata  in  questa  l'Ec- 
cellenza del  signor  Marchese  di  Castel  Rodrigo,  Il  Senato  su  la  conside- 
ratione  di  potersi  mettere  in  essecntione  con  minore  disordine  per  la 
di  lui  presenza  gliene  fece  più  uolte  far  istanza  dall'Illustre  Pi'etore,  et 
vitimamente  ci  andò  il  Senato  a  supplicarlo  colle  mazze,  dal  quale  poi 
ottenne  risposta,  che  per  essere  uogotio  di  gran  consideratione,  voleua 
maturarlo  che  si  haueria  appresso  mandato  gli  ordini  opportuni ,  et 
hauondosi  adesso  da  pochi  giorni  à  questa  parte  accresciuto  il  disordine 
della  stanza  in  questa,  de  Messinesi  per  essere  ritornati  tutti  quelli,  che 
si  erano  partiti  per  1'  imbasciata  sudetta ,  fece  fare  il  senato ,  stanano 
pensando  di  far  consulto  à  S.  E.,  e  nello  stesso  tempo  ni  fece  il  Tribunale 
sentire  à  bocca  da  D.  Carlo  Merendino,  eh'  haueria  scritto  alla  medesima, 
e  che  il  Senato  facesse  ancora  le  sue  istanze  come  essegui  con  corriere 
serio  sabato  24  del  corrente. 

Ne  sta  pertanto  il  Senato  aspettando  la  risposta ,  ma  però  quando  il 
Tribunale  del  Real  Patrimonio  conoscesse  che  prima  dell'  arriuo  della 
medesima  potesse  succedere  qualche  Inconueniente  per  qualche  segreto 
auuiso  n'  hauesse,  farà  gratia  Insinuarcelo  con  ordinare  se  s'  habbia  da 
Éar  Bando,  che  sia  publico,  e  generale  per  tutti  li  Messinesi,  e  pure  per 
quelli  tantam  eh'  habitano  da  tré  anni  à  questa  parte,  e  con  che  prefls- 
sione  di  termine,  e  lontananza  da  questa  Città,  che  il  Senato  ubidirà 
prontamente  à  quel  tanto  disporrà.  Et  intanto  le  facciamo  humilissimo 
Inchino.  Palermo  li  8  Nouembre  1676. 


XLVI. 


(R.  S.  -  B.  28). 

II  Pretore  di  Palnrmo,  Conte  di  S?an  Marco  con  lettera,  ivi  data 
il  4  novembre  iC70,  fornisce  varie  notizie  riguardanti  lo  spirito  delle 
Maestranze  di  questa  città. 


MISCELLANEA  13'> 


Eccellentissimo  Signore, 

Non  lascio  di  contribuire  ogni  maggior  diligenza  per  conseruar  in 
questa  Città  la  quiete  tanto  necessaria,  e  precise  in  questi  tempi,  tenendo 
alcune  persone  perche  inuigilino  all'attioni  di  quelli,  che  procurano  in- 
torbidarla. Vennerdi  30  del  caduto  da  vna  spia  al  toccar  dell'alberata  fui 
auuisato  che  tutti  li  Consoli  delle  Maestranze  erano  restati  in  concerto 
di  trouarsi  alla  Chiesa  di  San  Francesco  di  Paula  fuori  la  porta  di  Carini, 
per  fare  ini  assemblea,  e  concludere  d'hauersi  vnitaraente  a  portare  da 
me  a  far  istanza  di  uoler  loro  tutti  li  Baluardi  della  Città.  Hanuto  questo 
auuiso  ,  stimando  essentiale  la  preuentione  non  farli  giuntare ,  perche 
non  auossero  poi  da  supporsi ,  che  io  li  dauo  à  richiesta  loro ,  li  feci 
chiamare ,  e  senza  darmi  per  inteso  di  quanto  erano  per  trattare ,  gli 
dissi  che  Io  non  haueuo  sin'  bora  fatto  vscire  altre  due  Compagnie  di 
Maestranze,  à  riguardo  di  non  leuargli  cosi  spesso  l'uso  della  loro  arte, 
ma  adesso,  che  già  si  trouano  perfetionati  li  Baluardi  della  Baiata,  e 
di  Montalto,  haueuano  da  vscire,  e  leuarsi  dalle  medesiyie  due  Compa- 
gnie alcune  truppe  di  dieci  soldati  per  mandarli  alla  guardia  dell'  Ar- 
tiglieria nell'altri  quattro  Bastioni.  Con  ogni  rassignazione,  e  rispetto, 
risposero  che  erano  pronti  <li  fare  il  tutto  per  seruitio  di  S.  M.  e  della 
Città,  e  che  loro  erano  in  pensiero  di  far  somigliante  istanza,  e  che  per 
tale  effetto  disse  il  Consule  dell'Argentieri  hauea  congregata  la  sua  Mae- 
stranza, al  che  risposi  prohibendogli  di  far  ginntamenti,  ma  che  occor- 
rendogli qualche  cosa  venissero  li  Consoli  ogn' vno  separatamente  da  me, 
che  haurebbe  hauuta  ogni  sodisfatione,  particolarmente  in  ciò  che  riguarda 
al  seruitio  di  S.  Maestà  ,  e  difesa  di  questa  Piazza  ,  Rt'plicó  vn  mastro 
dell'Argentieri  non  habbiamo  Signore  di  chi  fidarci.  Insomma  Eccellentis- 
simo Signore  hauerido  inteso  questa  Gente  la  perdita  di  Tauormina  per 
tradimento  dell'  infame  Conte  di  Prades,  mostra  hauer  diffidenza  nella  No- 
biltà, non  riguardandola  più  col  solito,  e  donuto  rispetto,  e  tutti  gli  ar- 
tegiani  viuono  con  somma  baldanza,  et  il  Consule  dell'Argentieri  é  quello, 
che  sta  istigando,  e  promoue  quel  che  douersi  fare,  e  douersi  dire  dalle 
Maestranze. 

Deuo  parimente  per  prova  di  ciò  rappresentare  à  V.  E. ,  che  hieri 
due  del  corrente  venne  da  me  la  Maestranza,  che  era  di  guardia  sopra 
il  bastione  di  Vega  à  richiedermi ,  che  uoleua  assolutamente  leuato  il 
Casino,  doue  habitano  alcuni  Caualieri  dell'  Armata,  ch'é  sopra  la  Porta 
delli  Greci,  con  pretosto  che  ui  era  apertura  corrispondente  alla  Cortina 
del  Bastione,  dicendo  che  nò  sapeva  di  chi  fidarsi;  Et  hauendomi  io  sub- 
hito  conferito  al  detto   Bastione   ritrouai   oltre  la  Maestranza    solita  ,  Il 


13tì  MISCELLAM-A 


Console  delli  Pescatori  con  altra  Gente,  che  arriuaua  al  numero  di  tré 
cento,  onde  per  farli  restar  capace,  feci  loro  riconoscere,  che  la  porta 
si  staua  murando,  e  che  solamente  ni  rèstaua  una  stanza  con  1'  addito 
al  detto  Bastione  per  mia  commodità,  poiché  li  detti  Caualieri  se  ne  sa- 
rebbero dal  Casino  partiti.  Mentre  stano  in  questo  discorso,  vna  partita 
della  sopradetta  Gente  prese  vn  creato  di  detti  Caualieri  con  grandissima 
violenza,  et  auendolo  portato  auanti  me,  feci  che  subbilo  fosse  lasciato, 
con  fare  vna  gran  reprensione  aili  mastri ,  che  oprauano  troppo  alla 
lìbera,  dicendogli  che  la  cura  della  Città  spettaua  à  me,  e  che  loro  doueano 
far  solamente  quel  eh'  io  li  comandaua. 

Seguitano  purtuttavia  l'istanze  contro  Messinesi,  ed'hauendo  il  Senato, 
ed'  io  à  parte  scritto  à  V.  E.  tutto  ciò  occorreua  sopra  questa  materia, 
e  r  ordine  che  hauea  hauuto  il  Senato  dal  Tribunale  del  Real  Patrimonio, 
si  sta  aspettando  con  ogni  attentione  possibile  la  risolutione  di  V.  E.  per 
douerla  mettere  in  esecutione. 

Deuo  pure  didurro  alla  notitia  di  V.  E.  lo  stato ,  in  cui  si  troua  la 
Città  ,  che  per  essere  molto  essausto ,  ha  il  Senato  ricorso  a  V.  E.  per 
aia  del  Tribunale  del  Real  Patrimonio,  acciò  lo  uogli  soccorrere  di  qualche 
aggiuto  in  questi  si  grandi  necessità,  hanendo  il  Senato  speso  di  quan- 
d' lo  entrai  al  Gouerno  sia'  al  presente  da  trentacinque  mila  scudi ,  in 
molte  cose  necessarie  appartenenti  a  Guerra  ,  e  per  poterla  mettere  in 
mediocre  forma  di  difesa,  ci  vorebbero  somme  considerabili,  e  non  hauendo 
la  Città  forma  alcuna  di  poter  cauar  danaro,  particolarmente  per  compra 
di  poluora ,  non  hauendone  prontamente  più  di  trecento  cantara  ,  e  per 
fiibrìca  di  centimoli,  delli  quali  per  stare  con  ogni  preuentione  di  Guerra, 
ce  ne  vorrebbero  almeno  due  cento,  ed'  havendone  dato  a  fare  per  bora 
il  Senato  trentacinque,  non  ha  potuto  farli  spedire  per  mancanza  di  danaro, 
quale  credeua  ritrahere  dal  mancamento  delle  frodi,  cosi  nell'ammini- 
strazione di  vittouaglie,  come  nelle  Gabelle,  le  quali  tuttauia  vanno  auan- 
zando,  senza  timore  alcuno.  Onde  se  V.  E.  non  né  prouede  di  rimedio  con 
l'autorità  sua,  non  si  possono  riparare,  e  questa  Città  non  può  me- 
diante le  me  iesime  uenire  ad  altri  espensioni  in  cosa  tanto  importante 
al  seruitio  di  sua  S.  M;.  di  V.  E;,  e  di   questo  Publico. 

Replico  di  nnoao  a  V.  E.  l'  inquietudine,  in  che  si  trova  questa  Città, 
come  lo  rappresentato  di  sopra  più  largamente,  per  hauersi  questa  Mae- 
stranza preso  larga  m^tno,  e  perduto  affatto  lo  rispetto  alla  Nobiltà,  e 
se  Dio  guardi,  succedesse  qualche  disgratia,  nò  ho  forza  di  potermi  con 
U  Seoato  opponere.  Per  tanto  supplico  à  V.  E.  con  la  riuerenza  douuta, 
come  pure  fa  il  Senato  ci  uogli  proueder  almeno  di  quattro  Compagnie 
di  Caaalli  veterani  che  seruirebbe  per  accorrere  à  qualche  accidente  in- 
teriore, et  oxteriore,  hauendone  mancato  li  Caualli,  li  quali  manteneano 


MI8CELLAN8A  1 37 


li  Cittadini  à  spese  proprie  all'  ultimo  del  passato  hauendolo  fatto  con 
ogni  puntualità  per  tré  mesi,  conforme  alla  richiesta  fattali  dal  Senato, 
■ed  intanto  à  V.  E.  fò  hnmilissimo  inchino.  Palermo  4  nouembre  1676. 
Di  V.  Eccellenza. 

Hnmilissimo  e  deuotissimo  seruitore 
Il  Conte  di  San  Marco 


XLVII. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Don  Maurizio  Valdina  ricorre  al  Viceré,  in  data  di  Palermo  22 
novembre  1676,  perchè  voglia  fargli  ottener  giustizia  pronta  con- 
tro il  Principe  Don  Giovanni  Valdina ,  usurpatore  ed  erede  degli 
usurpatori  di  titoli ,  feudi ,  ed  ufficio  di  Protonotaro  del  Regno  a 
lui  spettanti  jure  Francorum  e  secondo  i  propri  privilegi. 


XLVIII. 

(R.  S.  -  B.  16Si). 

D.  Pietro  Paolini  con  lettera,  data  a  Novara  il  2  gennaro  1677, 
informa  il  Generale  De  Bracamonte,  che  il  Jiemico  tanto  da  Mes- 
sina che  dalla  Limina  e  dalle  vicinanze  di  Taormina  si  l'iunirà  in 
ijuest' ultima  città  con  due  mila  paesani  e  marcerà  verso  Lingua- 
glossa;  che  egli  pure  si  porterà  verso  quei  luoghi  per  fare  il  suo 
dovere  secondo  le  occasioni,  ma  che  mancando  di  munizioni,  le 
chiede  al  più  presto. 

Raccomanda  inoltre  di  contentar  i  giusti  voti  dei  paesani  della 
frontiera  di  Francavilla  e  dei  luoghi  vicini  onde  venire  esentati  dal 
pagamento  delle  imposte,  essendo  tal  cosa  di  grave  interesse  pel  ser- 


138  MISCELLANEA 


vizio  di  S.  M.,  ed  accenna   alle   macchinazioni  che   sul  proposito 
va  facendo  per  suo  interesse  il  Principe  di  Fiumefreddo. 


XLIX. 

(R.  S.  — B.  1684). 

Il  Generale  De  Bracamo nte  con  lettera,  data  a  Catania  il  4  gen- 
naro  1677,  fra  l'altre  notizie  avvisa  il  Viceré  di  aver  esentato  dal 
pagamento  delle  imposte  i  paesi  di  quella  frontiera ,  esposti  alle 
scorrerie  nemiche,  ed  al  pericolo  di  darsi  ai  Francesi,  i  quali  pos- 
sono concedere  loro  questo  e  miglior  partito. 


(R.  S.  —  B.  1684). 

D.  Pietro  Paolini,  con  dispaccio,  dato  a  Francavilla  il  i"  feb- 
braro  1677,  manda  al  Viceré  varie  notizie  militari. 

Eccellentissimo  Signore, 

Per  auiso  di  V.  E.  non  lascio  di  dargli  parte  quanto  che  sono  li  27 
del  corrente  mese  di  gennaro  ho  fatto  per  castigare  la  Temerità  delli 
ribelli  della  Motta,  che  l'altra  notte  (|uindici  di  loro  hanno  hanuto  attreui- 
mento  d'ananzarsi  sotto  Castiglione  jn  nn  molino,  e  quello  saccheggiato, 
6  pigliato  quattro  homini  di  l.inguagrossa  vno  delli  quali  buttorno  viuo 
nel  fiume,  é  l'altri  hanno  ammazzato ,  è  per  rendergli  II  controcambio 
della  loro  Temerità,  questa  matina  Io  di  presensa  sono  uscito  con  quat- 
troceDto  homini,  et  andato  di  nouo  alla  Motta,  é  dato  foco  ad  abbrugare 
o  dettraggere  le  reliquie  che  jn  detta  Terra  orano  rimasti  come  anche 
ho  fitto  bragiare  tutti  li  casi  che  «iono  nel  Territorio  di  detta  Terra,  et 
hauendo  fatto  auanaare  cento  homini  sopra  la  Terra  delli  graniti,  quelli 


MISCELLANEA  139 


pigliorno  Tré  rebelli  delli  principali  della  Motta  li  qnali  subbilo  hauuta 
la  notitia  l'ho  fatto  confessare  é  mandari  all'altro  mondo  come  l'altri. 

Come  anche  li  medesimi  cento  homini  fecero  preda  di  cinquanta  teste 
di  bestiame  bonino  e  quaranta  pecorino,  e  tutto  il  popolo  delli  graniti 
vennero  etiam  le  femine  a  dimandar  mi^^ericoidia  dubitando  che  non 
hauesse  fatto  à  loro  conforme  alli  Mottisciani ,  Io  a  tutti  ho  dato  bone 
parole  però  mi  sono  dichiarato,  che  non  li  voglio  per  conto  nessuno  al- 
l' vbbidienza  di  S.  Maestà  se  prima  non  fanno  qualche  segnalato  seruizio 
é  che  si  jinpegnino  loro  con  T  jnimico,  e  questo  fra  jl  termine  di  giorni 
otto  altrimente  ogn' rno  farra  fatti  suoi  e  credo,  che  procureranno  far 
qualche  cosa  haveiidoli  jo  dato  parola  di  .sanargli  tutta  la  bestiame,  òdi 
escarcerargli  tré  banniti  antichi  di  detta  Terra  che  molti  anni  che  sco- 
rono la  campagnia  hoggi  ancora  fatti  prigioneri  se  opereranno  bene  .io 
li  tratterò  bene  conforme  ó  di  douere  trattare  a  tutti  li  vassalli  di  S.  Maestà, 
e  se  farranno  il  contrario  gli  farro  hauere  le  loro  tr.iuagli. 

Non  sto  à  participare  a  V.  E.  quello  ehe  per  il  passato  à  saccesso  jn 
questa  frontiera  hauendoli  con  altre  mie  dato  parte  a  V.  E.  con  ogni 
,  .  .  .  ,  é  supplico  à  V.  E.  à  non  disenjpararnii  jn  questa  frontiera  perche 
é  1m  parte,  che  più  d' ogn' altra  si  trauaglia  assicurando  à  V.  E.  «la  vmile 
vassallo  di  S.  Maestà  ohe  pochi  sono  le  notti  che  riposo  nel  letto. 

I).  Maicello  Veles  non  mi  ha  mandato  nessuna  sorte  di  monizione  ne 
altra  cosa  di  quanto  V.  E.  per  biglietto  di  sua  secretoria  à  detto  di  Veles 
ordinò,  et  jo  per  mia  parte  ho  scritto  venti  lettere  con  venti  corrieri, 
è  per  sua  grazia  solo  alla  prima  mi  fece  risposta,  e  tutto  jl  giorno  non 
fo  alti'a  ulta  che  spendere  jn  corrieri  è  sto  con  la  speranza  sempre  del 
soldo  che  V.  E.  mi  ha  dato  Ma  ancora  non  ho  visto  niente  supplico  la 
grandezza  di  V.  E.  hauer  memoria  di  me,  che  questo  e  quanto  posso 
desiderare  jn  questo  mondo. 

Mi  occorre  di  più  ponere  alla  notia  di  V.  E.  quello  che  og;:i  che  sono 
li  30  del  corrente,  et  e  che  per  non  far  stare  jn  otio  li  miei  soldati  li 
jnuiai  jnsieme  con  altri  Trenta  con  ordine  eh' hauessero  andato  sotto  l^ 
Mola,  vicino  Tauormina  ad  abbruggiare  li  molini  ò  pare  pigliare  la  be- 
stiame che  sotto  quella  piazza  si  hauesse  trouato  hauendosi  a  gouernare 
secondo  jnstruzioni  dà  me  dategli ,  et  essendosi  auansati  questa  notte 
passata  verso  li  sudetti  molini,  doue  hebbero  notitia,  che  jn  guardia  delli 
molini  sudetti  vi  erano  sessanta  messinesi  per  tal  notitia  jl  mio  Caporale 
s'  auansò  con  l'aggente  sotto  La  Mola  a  tiro  di  mano  doue  pigliorno  sette 
animali  bouini  e  centosessanta  pecorine,  è  incominciando  quelli  à  tirare 
la  sudetta  bestiame  à  questa  volta.  Intesi  al  rumore  delle  guardie  fran- 
cesi di  detta  Terra  della  Mola  delli  quali  vscirno  al  numero  di  cento 
assieme  con  paesani,  e  caricorno  sopra  li  Nostri  ma  non  fumo  bastanti 


140  MISCELLANEA 


flirli  lasciare  la  bestiame  che  con  molto  valore  la  ritirorno  benché  di 
notte  et  essendo  venuto  a  mia  notitia  questa  matina  l'antedetto  marciai 
con  duicento  homini  al  soccorso  di  quella  li  quali  vedendoli  soccorsi,  si 
posero  jn  fugba  li  francesi,  e  si  fecero  jnserrare  per  jnsino  alia  Mola  é 
V  aggente  delli  graniti  jn  qnesta  occasione  si  sono  mostrati  voler  fare 
qualche  cosa  di  bono. 

Io  di  già  sono  ritornato  con  tutta  l'aggente  e  non  lascio  far  l'jmpos- 
•sibile  conforme  é  mia  obligatione  guardare  il  mio  quel  poco  eh'  haueró 
di  stare  per  seruitio  del  Re  Nostro  Signore ,  e  questo  e  quanto  mi  oc- 
corre ponere  alla  notitia  di  V.  E. 

Deno  anche  dar  parte  a  V.  E.  che  per  la  dio  gratia  doppo  che  mi 
ritrouo  jn  questa  frontiera  non  ha  successo  furto  nessuno,  e  particolar- 
mente per  jl  passaggio  di  Milazzo  é  Catania. 

Vengo  di  più  Eccellentissimo  Signore  alli  piedi  di  V.  E.  per  ritrovarmi 
jn  un  mare  di  confusione  non  hauendo  jo  abbiltà  per  sussistere  a  quanto 
la  giornata  mi  succede  et  ó  che  giongono  giornalmente  ordini  tanto  del 
Signor  Maestro  di  Campo  Generale  quanto  del  Generale  della  Caualleria 
e  di  questo  Signor  Prencipe  di  Valguarnera,  é  nelli  loro  ordini  chi  la 
vole  d' vn  modo,  e  chi  d' vn  altro,  et  ogn' vno  l'jntende  a  suo  gusto, 
et  jo  sarrò  quello  eh'  alio  presento  vi  anderò  per  jl  menso,  et  per  essere 
jo  naturalmente  più  soldato  che  corteggiano  conosco  che  facilmente  non 
potrò  dar  gusto  ad  ogn*  vno  non  avendo  jo  altra  capacità  nella  mia  per- 
sona che  jl  saper  morire  volentieri  per  seruitio  del  mio  Ré,  et  exeguir 
•con  diligenza  quanto  da  miei  Superiori  mi  viene  ordinato,  ma  quello 
che  continuamente  pato  sopra  questi  ordini  son  tali  che  continuamente 
prouo  le  pene  dell'  Inferno  che  però  Eccellentissimo  Signore  supplico  la 
grandezza  di  V.  E.  vogli  restar  semita  leuarmi  di  questo  posto,  et  ordi- 
narmi che  yadi  a  seruire  et  assistere  jn  Campagnia  ,  à  contrastare  con 
T  inferno,  che  più  facile  mi  sarrà,  che  jo  possa  sussistere  della  forma 
che  mi  trono,  e  per  questo  guouerno  non  mancheranno  a  V.  E.  soggetti 
espermentati  nel  seruitio  del  Re  Nostro  Signore,  e  quando  ,aurò  fortuna 
d'essere  alli  piedi  di  V.  E.  e  mi  darrà  campo  di  potergli  riferire  à  bocca 
le  motiai  perche  la  supplico,  so  che  mi  ammetterà  jn  tal  caso  ogni  mia 
sap|)lica  desiderando  con  tutta  carità  questa  gratia  dalla  benignità  <ii  V,  E. 
alla  quale  pregandoli  dal  Cielo  ogni  felicità  humilmente  mi  l'jnchino 
dicendomi  hamilissimo  schiano  di  V.  E. 

Al  Protonotaro  ho  scritto  due  volli  per  elettione  delli  noui  olflciali 
che  si  deuono  fare  in  questa  Terra  per  importar  mollo  al  seruitio  di 
8.  Maestà ,  che  però  supplico  a  V.  E.  vogli  ordinare  che  si  spedischi  la 


MISCELLANEA  HI 


sadetta  Elettione ,  et   humilmente   mi   presto  à  piedi  di  V.  E.  Da  Fran- 
cauilla  jl  primo  di  febbraro  1677. 
Eccellentissimo  Signore 


Di  V.  E. 
Umilissimo  Setuo  e  schiaao 
D.  Petro  Paolini 


LI. 

(R.  S.  -  B.  1684). 

Don  Pietro  Paolini  con  lettera,  data  a  Francavilla  il  4  febbrarO' 
1677,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari  e  chiede  provvedi- 
menti vari. 

Eccellentissimo  Signore, 

Con  questa  occasione  non  lascio  di  venire  à  piedi  di  V.  E.  con  dargli 
notitia  corno  questa  matina  uscirne  di  Tauormina  quattrocento  francese 
con  molta  quantità  di  paesani  come  forzoti ,  mongiuffoti ,  e  galidloli,  li 
quali  questa  matina  all'Alba  si  carricorno  sopra  la  Terra  di  Gaggi,  ciie 
sta  jn  mezzo  una  campagna,  e  non  farà  di  ciento  fuoghi  ed  homini  d'Armi 
solo  uent'otto,  e  come  tali  non  é  stato  difficile  all'  Inimico  àbruciar  detta 
Terra,  però  s'  hanno  difeso  li  paesani  molto  bene,  benché  pochi,  et  au- 
mazzorno  quattro  francesi ,  e  li  genti  delli  graniti  in  quest'  occasione 
8' hanno  mostrato  assai  fini  nel  seruitio  del  Re  nostro  signore  bauendo- 
loro  fatto  prigioneri  otto  francesi  li  quali  ho  rimesojn  Catania  al  Signor 
Generale  della  Caualleria. 

11  Danno  che  ha  fatto  l'Inimico  in  detta  Terra  di  Gaggi  e  d'  hauer 
ucciso  quattro  huomini  due  femine  et  una  «reatura,  e  bruggiato  dieci 
casi,  però  hauerìa  bi-uggiato  il  resto  se  jo  non  mi  fosse  trouato  sollecito 
con  il  soccorso  perche  l' jnimico  hauendomi  uisto  comparire  con  molta 
gente  in  una  collina  uicino  la  sudetta  Terra  di  Gaggi  si  pose  jn  fuga,  e 
con  bonissima  fortuna  lo  seguitamo  jnrtno  dentro  La  Mola,  e  jn  questo 
viaggio  ui  restaro  feriti  quattro  francesi  che  si  ritirorno  e  due  feriti 
della  nostra  p  trtita,  uno  della  Terra  delli  graniti,  et  l'altro  della  sudetta^ 
Terra  di  Gaggi. 


142  MISCELLANEA 


Douendo  rappresentare  a  V.  E.  che  in  quest'  occasione  la  I  erra  delli 
Graniti  ha  fatto  miracoli,  e  tutti  mi  hanno  prej,'ato  darli  licenza  di  po- 
tersi leuar  la  sua  robba,  e  loro  Temine  e  bestiame ,  à  fine  di  portarsela 
in  questa  Terra  di  francauiglia ,  et  altri  paesi  di  questa  frontiera ,  la 
quale  licenza  jo  gli  lo  data  conoscendo  esser  del  sernitio  di  S.  Maestà 
e  l'ho  promeso  agiutarli  in  quanto  starà  Jn  mia  mano,  e  farli  di  V.  E. 
remunerare,  quando  si  porteranno  bene  nel  seruitio  del  Re  nostro  signore 
promettendomi  io  il  <utto  dalla  grandezza  di  V.  E. 

lo  doppo  Eccellentissimo  Signore  non  lascio  rappresentare  di  nuouo 
à  V.  E.  come  in  molte  altre  mie  ho  fatto,  et  é  che  mi  ritrouo  in  questa 
abandonato,  priuo  di  tutti  li  quattro  elementi  e  doppo  che  sono  in  questa 
frontiera ,  non  ho  auto  per  mia  parte  nemeno  un  grano ,  e  per  li  genti 
che  con  me  tengo  assentati  non  ho  auuto  per  conto  di  loro  diario  solo 
che  quattordeci  scudi  et  un  tari  hor  consideri  V.  E.  come  mi  trono, 
hanendo  occasione  tutto  il  giorno  precise  di  spendere  denari  per  seruitio 
del  Re,  e  sono  per  spie,  corrieri,  et  altre  cose  necessarie  che  non  posso 
farmi  di  meno  per  accertare  il  seruitio  del  Re  nostro  signore- 

Heri  di  più  E.  S.  e  uenuto  auuiso  seu  ordine  di  D.  Mario  parisi  à 
questo  suo  Agente  che  non  facci  più  pane  di  monittione  per  essere  finito 
il  termine  della  sua  obligattione,  e  per  tale  effetto  ho  dato  ordine  à  questo 
secreto  che  del  firmento,  che  in  questo  si  retroua  della  Regia  Corte  ni 
trattenghi  salmi  50  à  fine  che  di  qualche  modo  si  possa  dare  il  pane  della 
Monittione  à  questi  soldati,  li  quali  di  notte  e  giorno  trauagliano  terri- 
bilmente, et  hoggi  di  quanti  paesi  ui  sono  à  torno  di  Messina  da  nessuna 
parte  si  trauaglia ,  e  si  contrasta  giornalmente  con  l'jnimico,  che  in 
questa  frontiera,  et  il  magior  dolore  che  sento  E.  S.  e  che  V.  E.  sij  partito 
di  Catania,  et  allontanatosi  tanto,  che  il  mio  Desiderio  saria  che  tanto 
il  bene,  quanto  il  male  delle  mie  operattione  fossero  uicino  1'  occhio  di 
V.  E.  perche  per  mia  parte  mi  assecuro  sariano  per  me  di  molto  soUieuo, 
benché  credo,  che  V.  E.  considererà  il  tutto,  e  saprà  un  giorno  per  sua 
benigna  clemenza  augmentare,  a  chi  serno  fldelmente  al  Re  nostro  signore. 

Hauendo  consignato  il  uigletto  di  secretarla  à  Marcello  Velos  al  Une 
che  mi  liauesse  assi.'^tuto  di  bastimenti  di  guerra  e  di  bocca  e  d'  altra 
cosa  che  hauesse  hauuto  di  bisos'no ,  jo  non  solo  à  questo  di  Veles  ho 
presentato  il  Vigletto  di  V.  E.  ma  anche  l'ho  scritto  10  lettre  delli  quali 
A' ana  sola  ho  hauuto  resposta  consistente  jn  paroli  ma  niente  jn  fatti, 
e' del  tatto  ni  tengho  auuisato  al  Signor  Generale  della  Caualleria ,  ma 
perché  sono  un  poaero  Aiutantiglio  di  Tenente,  piioco  conto  fatino  di 
fatti  miei,  e  solo  li  miei  speranzi  stanno  fondati  nella  benignità  di  V.  E. 

Io  doppo  E.  S.  di  quanto  fin  hora  si  offerto  in  questa  frontiera  di 
naoQO  di  tutto  ho  dato  parte  a  V.  E.  e  non  so  se  sono  capitati  à  notitia 


MISCELLANEA  143 


di  V.  E.  e  fin  hora  ho  fatto  scopettiare  fino  a  24  rubelli,  et  il  medesmo 
sarà  se  me  ni  jncapperanno  mille,  e  per  mio  paiate  tengo  di  fede  che 
non  si  piglierà  mai  Messina  solo  che  col  sangue,  et  il  fuoco,  e  tutti  l'altri 
trattati  li  stimo  perniciose  perche  questi  genti  di  Sicilia  per  li  rubelli 
parlando  sono  razza  maledetta,  e  per  mia  parte  ancor  che  facessero  tutti 
li  meracoli  del  mondo  non  li  darò  mai  nessun  credito. 

Deuo  di  più  E.  S.  dar  parte  à  V.  E.  come  e  di  bisogno  che  senza  altra 
consulta  jnuij  ordine  jn  Melazzo  al  Signor  Mastro  di  Campo  Generale  à 
fine  che  faccia  esecuire  un  ordine  di  V.  ti.  come  qui  si  rappresenta  et 
e  che  nella  Città  del  Castro  Reile,  e  suoi  Casali  furnari  e  Mazzarrà  non 
possano  tener  nessuna  sorte  di  bestiame  d' Armento,  e  che  solo  possano 
tenere  boni  lauoratori  per  seruitio  del  seminerio  ,  e  che  per  ogni  paro 
dessi  boi  debbono  prestare  orize  25  di  [jlegeria,  e  questo  perche  dalli 
sudetti  Territorij  per  k  fiumara  di  Santa  Vennera  che  confina  col  ter- 
reno di  Sauoca  sono  passati,  e  passano  alla  ^nomata,  bestiame,  e  succe- 
dono mille  fraude,  e  parlicolarmftnte,  per  la  par  e  di  furnari,  e  Mazzarrà, 
e  di  tutto  ni  tengo  auuisato  à  Melazzo  al  Signor  Mastro  di  Campo  Ge- 
nerale et  hora  di  nuouo  replico  con  questa  medesima  occasione  a  detto 
Mastro  di  Campo  Generale  tutto  T  antedetto. 

Lunedi  laltro  giorno  primo  del  corrente  in  questo  Territorio  foi'o 
pigliati  dalli  ribelli  molta  bestiame  bouina,  e  pecorina  jn  una  parte  uicino 
la  balia  della  placa  ,  e  hauendomi  uenuto  quest'  auuiso ,  ad  bore  sei  di 
notte,  da  subito  nel  medesmo  jstante  mi  pose  jo  di  persona  à  cauallo 
per  non  hauer  da  chi  filarmi  con  dui  cento  homini  mi  pose  alli  passi 
nelle  montagne  della  parte  j nemica,  e  la  matina  al  far  dell'  Alba  scopri 
la  bestiame  con  li  nemici  che  se  la  p  jrtauano,  e  quella  fdce  lasciare,  e 
li  seguitai  fino  uicino  La  Limina  tutto  per  auuiso  di  V.  E. 

Con  altre  mie  di  pili  ho  dato  parte  à  V.  E  che  li  miei  50  soldati 
giorni  à  dietro  lanzorno  fino  sotto  La  Mola  doue  pigliorno  setti  bestiami 
bouini,  e  160  pecori,  et  essendo  stati  sequitati  delii  francesi  quelli  forno 
ribottati,  e  seguititi  fino  nella  Mola. 

lo  poscia  deuo  supplicare  V.  E.  che  per  1'  Amor  di  Dio  resti  semita 
dar  ordine  à  questo  secreto  di  francauiglia  à  fine  che  delli  Introgiti  et 
effetti  del  Visconte  mi  pagasse  il  Diario  di  questi  poueri  soldati ,  et  à 
me  qualche  cosa  del  mio  soldo  per  potere  spendere  jn  quanto  si  offerirà 
nel  seruitio  del  Re  nostro  signore  che  non  per  altra  cosa  desidero  denari 
et  agiuto  di  V.  E. 

Per  auuiso  di  V.  E.  hoggi  sono  usciti  di  Messina  20  ueli  fra  quatri 
e  latini ,  et  hanno  pigliato  per  la  parte  di  Ponente  dicono  che  parte  di 
loro  uadano  in  Barbarla  à  caricare  di  fermento,  jn  uua  parte  chiamata 
Tabarca  e  che  laltra  parte  uada  jn  francia  tutto   pel   auuiso   di  V.  E.  e 


144  MISCELLANEA 


di  tutto  lantedetto  con  una   dupplicata    ni  ho  dato  parte  a  V.  E.  con  il 
Dottor  francesco  di  Leonardo  che  uiene  per  mare  il  quale  à  bocca  refe- 
rirà à  V.  E.  il  stato  di  questa  frontiera,  e  con  tal  flne  da  Humilissima 
schiauo  mi  pongo  alli  piedi  di  V,  E.  Francauiglia  4  febbraro  1677. 
E.  S. 


Di  V.  E. 

Humilissimo  seruitore  e  Schiauo 

D.  Petro  Paolini 


LH. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

Copia  di  un  real  dispaccio ,  dato  al  Buon  Ritiro  il  5  febbraio 
1677,  scritto  in  cifre  al  Viceré  Marchese  di  Castel  Rodrigo,  nel 
quale  leggonsi  molte  esatte  ed  importanti  notizie  sullo  stato  politico,, 
militare  e  finanziario  del  Regno. 

El  Rey, 

Illustre  Marques  de  Castel  Rodrigo.  Primo,  mi  Virrey  y  Capitan  Ge- 
neral en  el  Reyno  de  Sicilia  :  à  Don  Joseph  Carrillo  que  vino  con  carta 
de  Creenzia  Vuestra  a  Representar  el  Estado  en  que  se  hailauan  las 
cosas  de  esse  Reyno  :  se  ordenó  formase  un  Papel  de  lo  que  tubiese  que 
degir.  y  hauiendolo  egecutado  Redujo  su  discurso  a  los  puntos  que  com- 
preendera  este  Despacho,  y  hauiendose  considerado  con  la  atenta  Reflexion 
que  pide  la  graue  calidad  de  la  materia,  he  Resuelto  lo  que  vereis  al> 
pie  de  cada  ponto  en  la  forma  signiente. 

Ponto  1.*  Qoe  aceptasteis  esse  Qouierno  con  Resignada  ouediencia  en. 
conflanza  de  ofreceros  conti nnadas  asistencias.  puQs  desde  Barcelona  si- 
goiflcaiteif  la  despreuenvion  de  Sigilla,  y  en  ella  allasteis  un  exercito  que 
oonttaoa  de  solos  quatro  mil  hombres  siendo  de  ocho  mil  el  pie  de  lista 
continoandose  el  aLoso  de  pagar  tanto  numero  do  Raglones  sin  que  basta 
Toeatra  llegada  se  hubiese  hecho  ninguna  dlligencia  para  contenerle  y 
oafliigarle. 


MISCELLANEA  145 


Son  manifiestas  las  cunsi'jeragioiies  que  obligan  a  que  se  iui'.'a  el  mayor 
esluer/.o  para  asistiros  en  que  se  queila  entendieiido.  iiuuifiklojie  hecho 
mucho  reparo  eu  que  esse  exer(;itu  aste  reduyido  a  solos  quatro  niil 
hombres  tolerandose  el  engano  del  Pie  ile  Lista  que  sapone  otros  tantos. 
y  crehiendose  que  vuestra  aplicacioi»  habra  eoi-regido  este  culpable  abasso 
pesando  a  la  reforma  y  cautehifido  por  todos  me<Jios  su  continuacion.  Ò8 
apraebo  !o  que  ubieredes  obrado  a  este  tìii.  y  en  el  casso  de  no  hauerlo 
egecutado.  òs  ordeno  qne  lo  egeculeis  comò  tanto  conviene,  aberignando 
lo  que  ha  pasado  castigando  a  los  que  resultaren  cuipados  y  dando. ne 
quenta  de  todo. 

Punto  2."  Que  en  el  referido  corto  numero  de  Gente  apenas  ahi  lo 
vastaule  al  resguardo  de  las  Plazas  sin  que  se  pneda  sacar  un  solo  hombre 
para  la  campana  respecto  de  la  Ja^ilidad  con  qne  siendo  el  Enemigo  dueno 
de  la  Mar  puede  transportar  sus  troc-as  a  dileruntes  purt^s  de  la  Isla  y 
las  tiene  amenazadas  toilas. 

Para  el  aumento  de  esse  egevQìto  ten^o  determi naJo  las  disposiciones 
que  se  Os  partigiparan  en  otro  Despacho  de  la  fe.'ha  deste,  y  se  pondra 
particular  cuydado  en  la  eiecucion  de  todo  lo  que  mira  à  los  socorros 
y  asisten^ias  de  Italia;  y  ahora  he  mandado  que  passe  luego  a  Napoles 
el  Regimiento  de  la  Guardia.  Embarcandose  en  Alicante  en  los  Bageles 
que  se  an  aprestado  en  Napoles  en  qu^e  tanibien  hira  toda  la  gente  que 
se  hubiere  podido  leuantar  en  Andalusia  .  y  consìguient'-mente  embiere 
al  Marqaes  de  los  Velez  orden  de  la  foi'ma  en  quo  e.sta  gente  ha  de  pa- 
sar  a  asistiros  de  qne  se  os  auisara  tfimbie  para  que  esteis  en  quenta 
de  elio. 

Punto  'A.°  Que  la  gente  de  esse  Reyno  no  es  hauil  para  la  guerra  :  y 
hauiendose  combocado  las  miligias  de  a  pie  y  de  a  Cauallo  a  Catania;  o 
no  acudeti  o  se  bueluen  fujitiuos  sin  que  haya  medio  de  detenerlos  escu- 
sandose  con  el  pretexto  de  la  Vendimia  y  la  Sementerà  el  socorro  Sa- 
nerai a  que  és  obligado  el  Reyno.  en  que  tubisteis  por  conueniente  disi- 
molar  heuitando  lamentagiones  dei  Pays.  de  que  pudieron  resultar  mayo- 
res  danos. 

Entiendese  qne  los  Naturales  de  esse  Reyno  sean  de  la  calidad  que 
representais.  pero  conuiniendo  tanto  el  Valerse  de  todo  lo  que  pueda 
ayudar  a  la  del'ensa  de  las  opera(;ione8.  difiero  quanto  a  este  punto  a 
Vuestra  manera  y  prudengia  la  buena  forma  y  disposigion  de  ayudaros 
de  essos  Naturales  corno  puedan  ser  mas  vtiles  sin  que  de  elio  resultea 
inconuenientes. 

Punto  4."  Que  el  serui'^io  Militar  que  haueis  combocado  y  deuen  dar 
los  Barones  y  es  Efectiuo  se  compone  de  mil  y  seis^ientot  Gauallos.  de 
Gente  ynutil  y  acostumbrada  a  la  Paz  de  tregientos  anos  a  que  se  anade 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  10 


146  MISCELLANEA 


el  dudarse  que  subsista  porque  los  Barones  son  obligados  a  mantener 
este  seruiQio  por  solo  el  tieuipo  de  tres  meses. 

Considerase  qoe  para  que  està  gente  permanezca  en  el  seruigio  sin  la 
limitacion  del  Pays  el  numero  a  que  son  obligados  los  Barones  valiendo 
08  de  ella  para  poner  alguna  en  las  Plazas  y  Gastillos  mezclandola  con 
Hespanoles.  lo  qaal  remito  a  Vuestra  buena  disposicion  y  cono^imiento 
que  sobre  el  mismo  hecho  tendreis  de  lo  que  mas  conuiniere  a  mi  seruigio. 

Punto  5.°  Qua  esse  exercito  se  reduge  a  quatro  mil  Infantes  y  qui- 
nientos  Cauallos  de  mala  Galidad  y  estan  desnudos  no  hauiendo  medios 
ni  aun  para  el  Diario  socorro  del  Pobre  soldado,  ni  en  el  Pays  de  donde 
esperarle  ni  adbitrio  alguno  de  que  poder  valerse. 

Tienese  presente  que  los  medios  remitidos  a  Napoles  Sigilla  y  ^Milan 
son  quatrogientos  mil  escudos  del  asiento  del  sai  :  los  gien  mil  promtos. 
y  de  ellos  nouanta  mil  para  Sigilla,  y  diez  mil  para  el  Pan  de  municion 
de  Milan  ,  y  los  tregientos  mil  restantes  en  mesadas  de  a  quinte  mil 
escados  para  Sigilla,  y  diez  mil  para  Milan.  cavo  efectiuo  cumplimiento 
me  escriue  el  Prince  de  Ugni  que  ha  empezado  a  practicar.  quedando  con 
el  cuydado  de  soligitar  la  continuagion  del  resto  :  Asi  mismo  se  han  re- 
mitido  en  letras  tregientos  mil  escudos  en  doce  mesadas  con  ordenes 
para  que  se  anticipen  las  tres.  corno  lo  habreis  entendido  por  mis  De- 
spachos  antecedentes ,  y  sibien  estando  corrientes  las  pagas  de  uno  y 
otre  és  este  socorro  quantioso  en  la  estrecheza  de  medios  que  se  padege; 
todavia  podreis  estar  gierto  de  que  de  mas  de  las  asisteiigias  referidas 
se  haran  los  esfuerzos  posibles  para  aumentarlas  a  proporgiou  de  lo  que 
se  necesita  en  que  no  se  omitira  diligengia  alguna.  hauiendo  yo  mandado 
se  atigen  las  letras  qae  se  han  imbiado  de  manera  que  no  haga  la  menor 
falta  en  ellas. 

Ponto  6."  Que  esse  Reyno  se  balla  falta  de  municiones.  polbora.  Valas. 
Plotno.  Armas.  instrumentos  de  gastadores  y  de  mas  Peltrechos.  siendo 
mny  corta  la  fabrica  de  Polbora  que  bay  en  el. 

La  prouision  destos  Oeneros  se  podra  hazer  mas  promtamente  de  Na- 
poles que  de  otra  parte  a  cuyo  fin  he  mandado  se  embièn  ordenes  al.  Mar- 
qaes  de  los  Velez  para  que  desde  luego  òs  vaya  remitiendo  las  muni- 
ziones  qae  le  pidieredes.  y  asi  Os  corrispondereis  con  el  dandole  quenta 
de  lo  qae  Òs  faltare  paraque  òs  asista  con  ellos. 

Punto  7*  Qae  la  Plaza  de  Zaragoza  és  sola  la  de  qaien  se  puede  hacer 
ectimagion  aanqoe  a  la  parte  de  la  Mar  està  flaca.  siendo  necesario  for- 
tificarla corno  tambien  otros  muchos  puestos  de  quienes  oxpresais  con 
distinQion  la  calidad.  y  la  que  tenian  las  fortiflcagiones  de  Trapana.  Ca- 
tania y  Melazo  en  qae  oourriendose  por  vuostras  disposigiones  a  lo  posible 
no  M  podra  obrar  todo  lo  necessario  por  la  falta  de  medios. 


MISCELLANEA  147 


No  pudiendose  desde  aqai  dar  regia  fija  sobre  està  materia  (siendo 
de  vuestra  comprensioa  regalar  la  mayor  necesidad  sobre  el  mismo 
hecho)  se  hage  preciso  el  dejarlo  a  Vuestro  arbitrio  para  que  en  la  pre- 
sengia  de  los  acgidentes  y  en  el  estado  de  las  disposigiones  de  los  Ene- 
migos.  obreis  lo  que  major  Os  paregiere  y  lo  que  euplere  en  la  posiui- 
lidad  resguai'dan'lo  los  paestos  mas  importantes  y  preuiniendo  los  que 
estubieren  amenazados  corno  lo  fio  de  Vuestro  cuydado. 

Punto  8.°  Que  Melazo  y  Palermo  tienen  alguoa  Artilleria.  però  no  la 
vastante.  Zaragoza  la  tercera  parte  de  que  necesita.  y  Catania  y  Carlentin 
se  hallauan  sin  ninguna  basta  que  Vos  pusisteis  en  ellas  las  dos  piezas 
que  se  sacaron  de  la  Escaleta  rendida. 

Creo  de  Vuestro  cuydado  que  habreis  dispuesto  se  ponga  de  seruigio 
toda  la  Artilleria  que  vbiere  en  esse  Reyno.  y  en  el  casso  de  que  haya 
que  obrar  en  esto  Òs  encargo  lo  eàecuteis  sin  dilagion  alguna,  no  tenien- 
dose  por  conueniente  que  se  saque  Artilleria  del  de  Napoles  por  la  falla 
que  puede  hazer  en  el  pero  para  que  se  aumente  en  vna  y  otra  parte 
he  ordenado  al  Marques  de  los  Velez  continue  y  adelante  la  fundigion 
ofre^iendole  remitirle  medios  separados  para  este  gasto. 

Punto  9.°  Que  siendo  Catania  la  segu'  da  Ciudad  de  es/e  Reiyno  y  la 
mas  dispuesta  a  las  ventajas  de  los  Enemigos.  conuiene  mucho  sa  con- 
seruagion  y  por  esto  hauiais  asistido  en  ella  para  preseruar  con  vuestra 
presenzia  el  peligro  de  que  por  estar  auierta  y  tener  vnidas  inteligen- 
gias  con  Megina  se  entregase  voluntariamente  a  frangia. 

Han  sido  prudentes  los  raotiuos  porque  resolbisteis  asistir  en  Catania, 
pero  pudiendo  uariar  segun  los  acgidentes  las  ragones  de  moueros  a  vna 
V  otra  parte,  dejo  a  Vuestro  conogimiento  la  Elecgion  de  asistir  en  la 
que  Juzgaredes  mas  conueniente  al  resguardo  y  Conseruazion  del  Reyno. 

Punto  10.°  Que  al  Maestre  de  Campo  General  Marques  de  San  Martin 
no  se  balla  en  conueniente  disposigion  de  seruir  su  puesto. 

Hauiendo  este  Cauo  pedido  licengia  para  retirarse.  se  la  be  concedido. 
y  la  mitad  del  sueldo  con  orden  de  que  no  se  aparte  de  esse  exergito 
basta  que  llegue  su  Succesor  en  cuya  Elecgion  quedo  mirando  y  pasare 
muy  breuemente  a  ella. 

Punto  il."  Que  el  General  de  la  Caualleria  és  ardiente  y  puede  auen- 
turar  lo  todo  en  un  dia  entregando  la  gente  a  empenos  imposibles.  no 
hauiendo  en  el  resto  de  la  Caualleria  otro  Cauo  Capaz.  sino  és  Don  An- 
tonio de  Olea  que  por  sus  achaques  se  puede  poner  pocas  vezes  a  Gauallo. 

Las  notigias  con  que  me  ballo  de  la  forma  en  que  Don  Diego  ha  obrado 
basta  abora  son  de  hauer  cumplido  en  todo  lo  que  estubo  a  su  cargo 
muy  enteramente  conforme  a  sus  obligaziones  y  en  està  Consideragion 
<òs  encargo  le  deis  a  entender  en  toda  buena  forma  quanto  conuiene  ea 


146  MiSCBLLANEA 


las  ocasiones  medir  el  valor  con  la  pruclengia  para  heuitar  los  perjui^ios 
qne  paede  ocasionar  el  demasiado  ardop.  y  por  lo  qae  dtM^is  de  los  acha- 
ques  del  Theniente  General  Don  Antonio  de  Olea.  quedo  mirando  en  si 
combendrà  noaibrar  otro  Theniente  General  de  la  Canalleria  para  qae 
haya  dos  en  esse  exercito.  corno,  los  lia  auido  en  otros. 

Punto  12."  Que  entre  loa  Otìgiales  menores  no  liay  en  esse  Reyno.  a 
qnien  poder  dar  legitimamente  una  Coinpania  de  Infanteria. 

En  conoQiniiento  <le  lo  que  e muienc  que  haya  en  esse  exeryito  Per- 
sonas  de  seruigios  y  experiencias  resolai  graduar  de  Generales  de  la 
Artilieria  para  que  siruiesen  en  ei  Al  Goiide  Iheodoro  Barbo,  al  Mae<«tre 
de  Campo  Don  Bernardino  Sarmento  y  al  Gonde  de  Fernan  Nuiiez.  y 
antecedentemente  concedi  este  grado  a  Don  Francisco  Franque,  dii  Maestros 
de  Campo  a  Don  feli^jlano  de  Aponte  a  Don  Semineto  Rossi,  y  Don  Pedro 
de  Vcedo  Castellano  de  Catania,  y  de  Theniente  de  Maestros  de  Campo  '-e- 
neral  a  Don  Francisco  de  Lurago.  y  Juan  Martin  de  Sauco.  y  quedo  con 
enydado  de  mandar  se  vei  la  forma  en  que  se  podra  dispouer  que  vaya 
nnmero  de  Keformados  a  esse  Reyno  en  que  se  procurara  ganar  el  tiempo. 

Punto  13."  Que  esse  Reyno  no  contribuye  escusandose  de  pagar  las 
imposiciones  antiguas  basta  las  tandas  Regias.  no  pndieado  esperarse 
que  aunque  se  concediose  Douatiuo  se  cobrase.  corno  tau  poco  se  lian 
cobrado  mas  que  20000  ducados  de  la  resolugion  que  tornò  el  Marques 
de  Villafranca  de  Valerse  un  ano  de  las  Pensiones  Eclesiasticas. 

Espero  de  Vuestro  celo  que  en  medio  de  las  diflcultades  que  expresais 
di«pondreis  que  esse  Reyno  concurra  con  lo  que  p.diere  produ^ir  de 
los  efectos.  pues  hauiendo  de  emplearse  en  su  defi-nsa  resulta  su  apli- 
cation  en  propria  conueniengia.  y  pues  en  ragon  deasistirde  aqui.  queda. 
y  a  referido  el  cuydado  con  que  atendere  a  elio,  podi-eis  estar  con  mucho 
allento  de  que  se  ejecntara  asi.  y  con  seguridad  de  que  se  hagen  los  vi- 
timos  esfuerzos  para  asistiros  y  de  que  no  se  alzara  la  mano  de  elio 
basta  conseguirlo. 

Punto  ik.*  Quo  de  los  Vienes  Conflscados  a  Meginoses  no  se  puede 
esperar  prouecho  porqne  el  recelo  de  que  se  restituyan.  por  el  temor 
de  que  todo  se  pierda  ditìculta  su  venta:  y  administrandose  por  el  Pa- 
trimonio esperanades  la  relacion  que  le  hauiais  pedido  de  la  forma  en 
qae  camir  aua  esto. 

Pondreis  a  està  materia  el  baen  cobro  que  deue  tener  procurando  que 
fractiflque  todo  lo  que  se  pudlere  sacar  de  ella,  dandome  quenta  de  lo 
qu<5  resultare  y  remitiendome  la  relagioii  que  teneis  pedida  al  Patrimonio. 

Punto  ih."  Qae  no  bay  medios  extraordinarios  de  qui»,  valeros  en  esse 
Reyno  porque  la  extrncgion  de  granos  resulta  en  beneflgio  de  Megina 
donde  se  lleuan  todos.  y  sera  la  mayor  ostllidad  el  no  concederla. 


MlSCh:i.UAM::A  149 


Goaernareis  està  materia  pruiengialinente  por  los  inconueiiier.tea  que 
puedeii  resultar  de  la  firma  de  priicticarse  y  el  desconsuelo  que  causara 
a  los  Naturale.s  el  ver  impedido  el  vso  de  las  tratas  de  que  todos  viuen. 
y  para  embarazar  que  los  granos  vayan  a  Medina  Os  vaMreis  de  lodo» 
los  medios  que  Juzgaredes  proporzionados  para  el  intento. 

Punto  16."  Que  no  se  han  continuado  puntuales  las  mesaJas  de  a 
30000  ducados  de  Napoles. 

La  falla  de  medios  que  se  experimenta  on  Napoles.  habra  embu'azado 
al  xMarquos  de  los  Vel^-z  la  continuagioji  destas  mesadas  puntuales  y  ahora 
le  encargo  Os  asisla  con  quanto  pueJe  prometiendome  que  sa  grande 
zelo  aplicara  lo  que  pueda  sacar  de  aquel  Reyno  y  lo  que  se  la  embia. 
de  aqui.  a  los  al'ectos  mas  vtiles  para  ac-auar  la  Guei-ra  de  Si<;ilia. 

Punto  17."  Que  se  hallan  ynutiles  los  Bageles  de  la  Armada  en  al 
Muelle  de  Palermo,  y  que  conuiene  crezer  eslas  fuerzas  para  que  puedan 
òponerse  a  las  del  Enemigo. 

En  qaenta  de  lo  mucho  que  esto  imp'^rta  ao  se  òmite  dlligen^ia  alguna 
que  pueda  conducir  al  aum-Mito  de  las  fuerzas  maritimas  en  que  se  està 
entendieiido.  y  estoy  con  toda  ateiiyion  a  que  muy  a  tieinpo  se  nombren 
Cauos  para  la  Armada  para  que  no  hagan  falta  en  ella. 

Punto  18.»  Que  Don  Pedro  Comete  diflculta  se  saque  gente  del  .\rmada. 
con  el  pretexto  de  tenerla  en  el  deuido  resguardo.  Sobre  la  forma  en 
que  ha  de  practicarse  lo  que  a  esto  toca  se  Os  embia.  otro  Despacho  de 
la  fecha  deste,  y  siendo  conueniente  la  regulacion  qua  s  ;  òs  prescriue 
en  el  Os  encargo  esteis  muy  atento  a  su  punta.»!  ubseraangia. 

Punto  19.»  Qae  en  las  cosas  politica»  ha  auido  mucho  desorden  porque 
los  mal  intengionados  han  hallado  con  el  dinero  disposigion  en  los  Mi- 
nistros  y  en  la  Secretoria  de  Vuestro  antecesor  para  sauer  lo  todo  pa- 
gando las  notigias  a  los  Enemigos  de  que  vjenen  expresados  alganos 
ca*sos. 

Quedo  informado  desto  y  no  caaiendo  la  enmienda  en  lo  que  va  ha 
pasado  sera  bien  que  òs  sirua  de  adbertengia  para  velar  sobre  esos  Mi- 
nistros  atendiendo  en  la  forma  en  qne  proceden.  y  tambien  los  qae 
sirueii  en  vuestra  Secretaria. 

Punto  .0."  Que  en  la  eiitrada  de  frutos  para  sustentar  à  Megina  han 
tenido  interuengion  sin  ningun  castigo  los  Ministros  que  gouernauan  a 
Melazo.  la  Escaleta  y  otras  partes. 

Siendo  està  materia  de  tanta  grauedad  conuiene  que  se  aa-^rigae  y 
castigue  seueramentesin  ninguna  e.xcopgion.  y  asi  lo  e,:ecutareis  d  mdome 
quanta  de  lo  que  se  obrare  en  elio. 

Punto  •il."  Que  hauiendo.se  pudido  pasar  al  castigo  de  los  culpados 
«n  la  conjuragion  del  Principe  de  Baldina  quando  haui  i  Armada  y  exercito 


150  MISCELLANEA 


en  Sicilia  se  ha  dejado  para  quando  no  bay.  ni  uno  ni  otro.  con  el  peli- 
grò  de  que  estando  tantas  Personas  de  suposigion  enlazadas  se  passe  a 
la  esecQQion  que  ha  de  ser  pregisa  porqae  no  se  pierda  lo  demas  del 
Reyno. 

En  esto  obrareis  conforme  a  Josti^ia  y  comò  lo  pide  mi  seruigio  pera 
con  atengion  al  Estado  de  las  cosas  por  no  ingidir  en  mayores  inconue- 
nieiites  conio  lo  fio  de  vuestra  prudengia. 

Punto  22.»  Que  por  dependiengias  desta  causa  estanaii  presos  en  Ca- 
tania los  sugetos  que  se  expressan  y  hauiades  tenido  racones  para  Uamar 
cerca  de  vuestra  Persona  al  Duque  de  la  floridia. 

Dispondreis  se  pi'osiga  en  el  conogimientodestas  causas  procediendose 
en  ella  conforme  a  derecho  y  obrando  lo  que  conniniere  a  mi  seiuigio 
de  que  me  dareis  quenta. 

Punto  23.°  Que  tubisteis  auisos  de  que  el  dia  de  los  difuntos  (|iierian 
eo  Catania  degoUar  a  los  Hespanoles.  y  que  el  del  San  Carlos  intenta- 
rian  en  Palermo  apoderarse  del  GastiUo.  disimulandose  el  hecho  con  el 
concurso  a  la  celebragion  de  mis  anos. 

Aprueuo  Os  las  diligengias  que  interpusisteis  para  preseruar  estos 
danos.  y  Os  encargo  esteis  con  grande  cuydado  qne  piden  los  atentaèos 
de  seuiejante  calidad  en  la  peligrosa  constitugion  de  esse  lleyno. 

Punto  24"  Que  en  el  tiempo  de  essa  Guerra  no  se  ha  dispuesto  en  esse 
Reyno  un  solo  Tergio  de  Sigilianos  no  porque  no  se  ubiera  podido  for- 
mar, sino  por  los  robos  que  se  han  causado  de.luntar  las  Miligias  redi- 
miendo  a  dinero  los  Capitanes  de  Armas  y  los  Sargentos  mayores  la  gente 
con  que  la  han  destruydo  sin  ningun  prouecho. 

Haueriguareis  lo  que  ha  pasado.  en  esto  procediendo  seueramente  ai 
castigo  de  los  culpados  asi  de  los  Ministros  superiores  comò  iuferiores. 
dandome  quenta  de  lo  que  resultare,  y  si  el  tiempo  lo  permitiere  y  Os 
paregiere  que  conuiene  hareis  algunas  leuas  voluntarias  de  Sigilianos. 

Punto  25."  Que  con  lo  que  ocupa  basta  ahora  el  Enemigo  en  Sigilla 
no  le  faltan  mas  que  Catania  y  Carlentin  para  tener  libre  la  comunica- 
Clon  per  tierra  de  la  Costa  de  Tramontana  desde  Megina  à  Catania  pu- 
diendo  a  su  saluo  penetrar  quarenta  millas  hagiendo  que  le  contribuyar> 
los  lagares  de  todo  el  distrito. 

Con  las  asistencias  que  tengo  determinadas  y  se  Òèi  hiran  encami- 
nando  con  toda  aplicazion  espero  que  no  solo  recuperareis  estos  puestos  : 
pero  qne  enteramente  hechareis  a  los  franoeses  de  Italia 

Punto  26."  Que  lo  que  franceses  tienen  y  lo  que  esperauan  l)reuemente 
te  pnedon  pr^suponer  su  egergito  de  12  à  14000  hoinbres.  con  que  hal- 
landose  duerìos  de  la  Mar  se  moueran  con  todo  su  xrueso  sin  cuydado 
de  naettras  operagiones  por  la  faciltdad  con  que  sienipre  puoden  socor<- 


MISCELLANEA 


151 


rer  sus  pnestos  :  hagiendose  preciso  egergito  competente  de  nuestra  parte 
para  gaarnecer  las  Plazas  y  oponerse  a  sas  tentatiuos. 

Quedan  expresadas  las  disposigiones  qae  se  han  pensado  para  imbiar 
gente  a  Sicilia  en  el  mayor  numero  qae  se  pueda  :  bien  que  tengo  pre- 
gente lo  que  me  escriuisteis  quanto  a  que  con  exer^ito  de  10000  hombres  po- 
driades  seguir  essa  Guerra  con  buenos  efectos. 

Punto  27."  Que  no  bay  esperanzas  de  intelligengias  en  Medina  por  el 
descaeQimiento  de  nuestras  fuerzas  y  la  opresion  en  que  franceses  tienen 
a  aquellos  Naturales. 

Reconocese  que  estos  dos  motiuos  diflcultaran  la  introdugion  de  las 
confldengias  :  pero  no  por  esso  dejareis  de  procurar  introdugirlas  valiendo 
08  de  las  disposigiones  que  puede  produgir  en  aquellos  animos  el  verse 
òprimidos. 

Punto  28.  Que  por  las  racones  que  se  me  proponian  os  allasteis  obli- 
gado  a  declarar  que  yo  hauia  hecho  merito  del  grado  de  General  de  la 
Artilleria  al  Coronel  Don  Luis  de  salcedo  aqnien  encargasteis  el  Gouierno 
de  la  Plaza  de  Melazo. 

Por'  el  empeno  que  haueis  hecho  en  esto  adelautando  os  a  la  declara- 
gion  referida.  y  por  considerarse  que  conuiene  manteneros  en  autoridad. 
he  uenido  en  que  passe  por  està  vez.  y  assi  podra  recurrir  la  parte  por 
el  Despacho  que  le  toca  :  pero  òs  repreendo  el  hauerlo  egecntado  advir- 
tiendo  Os  escuseis  el  entrar  en  estas  cosas  porque  de  ningnna  manera 
se  Òs  pasai-an  en  adelante. 

Punto  29.®  Que  combendra  hager  merced  al  Principe  de  Banchina,  a 
Don  Julio  Pinateli.  y  al  Duque  «le  Camastra.  Vicario»  Generales  en  Catania 
Trapana  y  Siracusa. 

Ya  Os  tengo  ordenado  signitìqueis  al  Principe  de  Banchina,  y  a  Don 
Julio  Pinateli.  la  gralitud  con  que  he  entendido  la  tìneza  de  sus  proce- 
dimientos  y  que  los  tendre  presentes  en  las  ocasiones  de  lauorecerlos  y 
honrrarlos  : 

Mantendreis  los  en  està  confianza  pasando  el  mismo  oflyio  con  el  de 
Camastra  y  al  de  Banchina  declarareis  que  he  buelto  a  mandar  al  Con- 
sejo  de  Italia  me  proponga  uno  de  sus  hijos  para  acomodarle  en  alguna 
Abbadia. 

Punto  30.»  Que  para  heuitar  disputas  con  los  offlgiales  d-*!  egergito 
combendria  que  yo  concediese  grados  de  Generales  de  Artilleria  a  los 
que  se  hallan  siruiendo  de  Vicarios  Generales  de  las  Plazas  que  son  sa- 
getos  de  la  Primera  nobleza,  y  tambieii  al  Conde  de  San  Marcos  Pretor 
de  Palermo,  no  por  el  puesto ,  sino  por  sus  meritos  y  la  conueniengia 
de  tenerle  gratificado. 

Por  la  representagion  que  hageis  de  que  concurren  uastantes  motiuos 


152  XISCKLLANEA 


para  que  sea  conuenieute  conceder  estas  gradua(;iones  :  beugo  en  que  se 
haga  corno  lo  proponeis  ;  paptigipareis  lo  a  los  interesados  para  que  se 
acuda  de  su  parte  por  los  Despachos  en  conforinidad  de  mi  resoluciou. 

Punto  31."  Que  aunque  Os  haueis  aplicado  por  todos  medios  a  gran» 
gear  a  la  Nobleza  y  ia  Pleue,  reconoceis  que  tiada  pued  >  ser  vastaiite  a 
vencer  tan  e!nbege(;idos  luales.  y  me  pedis  que  eu  el  casso  de  que  no 
«e  Os  arista  con  todos  los  14000  hombres  para  el  egergito  de  tierra.  y 
con  Armada  competente  a  contener  a  los  Enemigos.  Òs  conceda  licen(;ia 
para  hir  a  seruir  a  otia  pai-te  con  vna  Pica. 

Hasta  allora  he  resuelto  en  vuestra  asistenzia  los  niedios  que  quedan 
«zspresados.  y  assi  con  ei  aliento  de  la  esperanza  de  que  Òs  hirm  ne- 
gando consiguientemente  Os  ópondreis  a  contener  los  mouimentos  del 
Enemigo  aplicandolos  a  tener  adelant  tdo  todo  lo  que  pudiere  hazer  mas 
vtiles  los  reluerzos  que  se  Os  agregaren  ,  y  creereis  que  me  hallo  con 
«aiisfacion  y  confiauza  de  Vuestra  Persona,  y  de  que  vsareis  de  los  me- 
dios  conuenieiites  a  los  buenos  Efectos  de  Essa  Guerra,  asistida  de  ics 
qae  se  van  disponiendo  y  se  dispondran  basta  feaecerla  (pla^iendo  a 
Dios)  Telizmente. 

Punto  32.''  Y  que  la  experienvia  ha  mauifestado  la  grande  importangia 
de  que  pasen  auu  tiempo  de  5  a  6000  iiombres  a  Sicilia,  porque  diuidien- 
dosH  .son  ynutiìes  los  unos  quando  llegan  los  otros  conque  no  se  hira 
operacion  pringip  »1.  y  si  Essos  Naturales  no  vón  Junto  este  socorro  en- 
trando en  esperanza  de  que  le  seguiran  mayores  esfuerzos  llegaran  al 
vltimo  desaliento  y  se  pondran  en  manos  de  Kranceses. 

He  ordeiiado  que  por  todos  medios  se  procure  que  en  està  primera 
ocasion  vaya  el  mayor  golpe  de  Gente  que  sea  posibleen  que  se  queda  ea- 
tendiendo.  y  en  que  el  Regimiento  de  la  Guarda  passe  lo  mas  numeroso 
que  se  pueda  sin  que  se  le  aparten  los  reformados  que  bay  en  el. 

Hanse  dado  los  ordenes  para  execugion  destas  disposigiones  preuiniendo 
la  puntualidad  y  consequencia  que  conuiene  tengan  entre  si  :  velarase 
incesa n temente  en  su  Cumplimiento  y  se  Os  partigipara  el  Estado  que 
fueren  tommdo,  y  Vos  por  todas  vias  me  hireis  dando  quenta  del  que 
tabieren  las  cosas  de  Esse  Reyno;  De  Buen  Retiro  à  5  de  Febrero  de  1(577. 


MlnCELLAXKA  1 '>4 


LUI. 

(R.  S.  -  B.  1684). 

L'Arciprete  e  i  Giurati  di  Francavilla  con  lettera,  ivi  data  il 
9  febbraro  1677 ,  mandano  al  Viceré  alcune  notizie  militari  e  gli 
chiedono  soccorsi. 

Eccelleatissiiro  Signore, 

La  uigilanza,  che  dobbiamo  applicare  per  la  conseruazione  di  questa 
Terra  nella  fedeltà  ,  che  ha  testificato  col  sangue ,  e  morte  de'  suoi,  e 
testitìca  contìnuamente  con  Tarmi  in  mano,  e  nel  pieno  sernigio  di  Sua 
Catolica  Maestà  (che  Dio  guardi)  ne  costringe  a  render  consapeuole  V.  E 
che  nuouameate  siamo  stati  certilìcati  da  perione  degne  di  fede,  che  il 
nemico  il  quale  oggi  ó  nella  Terra  della  !-,imina,  la  domenica  antepassata, 
dì  ultimo  di  Gennaro,  si  eompario  per  uie  molto  coperte,  nella  Terra 
della  Motta,  già  abrugiata,  et  destrutta,  co'  '1  numero  di  70  Mottigiani 
rubelli  per  osseruare  il  sito  di  detta  Terra.  11  che  auendo  fatto  deliberò 
di  uoler  portare  in  essa  Terra  il  numero  di  sei  Miane  e  tutta  quella 
maggior, quantità  di  soldati,  che  li  sarà  possibile  per  potersi  fan;  strada, 
con  r  occupazione  di  questa  Terra  di  Francauilla  ,  Castiglione ,  et  Lin- 
guagrossa,  per  la  Città  di  Catania.  Al  che  'la  noi  riguardandosi,  sicome 
ancora  dalla  attenzione  di  Don  Pietro  Paolini  Gonernatore  dell'  armi  di 
questa  frontiera,  il  quale  ancora  rende  di  ciò  inf  irmita  V.  E.  habbiamo 
unitamente  deliberato  fortificarci  al  maggior  segno  contro  questa  or  no- 
uamente  designata  inuasione,  e  fra  l'altre  cose  habbiamo  ultimato  di 
munire  quelle  due  colline  sui  monticciuoli,  che  sono  contigui  al  Conuento 
dei  frati  Cappuccini  di  questa.  Per  lo  che  ci  corre  necessità  del  numero 
di  altri  cinquanta  soldati  Spagnuoli ,  non  bastandoni  quelli  trenta  ,  che 
al  presente  si  trouano  in  questa,  li  quali  intendiamo  collocare  nelle  dette 
due  Colline,  e  nello  istesso  conuento;  dalli  sudetti  due  luoghi  uiene  questa 
Terra  facilmente  difesa  da  ogni  nemico  insulto.  E  già  si  è  dato  principio 
,a  quest'opera  con  particolar  fatica  di  questo  fedelissimo  popolo.  Siche 
supplichiamo  la  grazia  di  V.  E.  si  degni  restar  seruit-a  far  l'ordine  ne- 
cessario ,  che  il  sudetto  numero  d'  altri  cinquanta  soldati  spagnuoli  si 
abbia  inuiare  in  questa,  senza  ueruna  perdita  di  tempo:  cosi  ricercando 
l'estrema  urgenza  della  necessità  :  polche,  se  al  nemico  si  darà  adito  di 


154  MISCELLANEA 


prender  posto  in  detta  Terra  della  Motta,  non  si  potrà,  se  non  con  som- 
ma dilBcoltà  rimuouere  di  nuouo  da  tal  sito,  che  é  di  quella  considera- 
zione, che  il  sommo  auaedimento  di  V.  E.  riconobbe,  mentre  fa  in  questa. 
Il  che  mentre  ci  impromettiamo  dal  suo  Viceregio  zelo ,  humilmente  ci 
incliniamo  a  suoi  piedi ,  con  pregarle  da  Dio  Nostro  Signore  lunghi ,  et 
felicissimi  anni,  e  quelle  felici  riuscite ,  che  più  sono  dal  suo  generoso 
animo  desiderate.  Di  Francauilla  li  9  Febraro  1677. 
Eccellentissimo  Signore 

Di  V.  E. 
Humilissimi  et  ubedientissimi  Ministri 
D.  Ossolo  Vitelli  Arcipreti 
D.  Antonino  Giria  Giurato 
Domenico  (?)  Pretrimoni  Giurato 
Giuseppe  Magnerà  Giurato 

Pietro  Paolo  Pretrimone  Maestro  Notare. 


LIV. 

(R.  S.  — B.  1684). 

Don  Pietro  Paolini ,  Governatore  dì  Francavilla,  con  lettera,. 
ivi  data  il  10  Febbrai'o  1677,  manda  varie  notizie  di  quella  fron- 
tiera e  chiede  aiuti. 

Eccellentissimo  Signore, 

M'  occorpe  penare  alla  notitia  di  V.  E.  come  In  questo  punto  dalla  parte 
dell'  Inimico  dico  Lalimina  ni  viene  aunisato  che  dieci  giorni  adietro  il 
Oouernatore  di  quella  Terra  si  conferi  nella  Terra  della  Molta  con  50 
ribelli  dessa  Terra  d'  ordine  del  Marexial  di  Viaona  et  hauendo  quella 
riconotcinto  ritornò  in  detta  Terra  della  Limina  II  quale  il  giorno 
doppo  si  conferi  nella  Città  di  Messina,  con  risoluttione  di  rappresentare^ 
à  quel  Generale  che  si  deue  mantenere  il  posto  della  Motta  e  fortificarla 
con  portami  sei  moiani  la  qaal  cosa  sarrà  di  qualche  pregiudicio,  e  per 
tale  effetto  con  il  seguito  di  tatti  questi  Oentilhomini  e  Populo  Esemplare 
di  questa  Terra  di  francauiglia  ho  dato  principio  i   fortificare  il  posto 


MISCELLANEA  155 


delli  Capoccini  che  e  di  molta  conseguenza,  per  la  consemattione  di 
questa  Terra  ma  per  poterlo  difendere  e  di  bisogno  che  V.  E.  honorasse 
questa  Terra  con  ordinare  che  si  Inaiassero  In  questa  altre  50  soldati, 
non  ui  tenendo  Io  ppiù  altro  che  25  Spagnuoli ,  senza  li  50  Scalettoti  e 
sei  banduti  che  di  continuo  scorrono  la  campagna  dell'  Inimico  con  re- 
plicare ordine  V.  E.  à  D,  Marcello  Veles  à  finche  poi  prouedesse  questo 
posto  di  tutta  sorte  di  Bastimenti  e  monittione  necessaria  à  mantenere 
un  posto  perche  detto  di  Veles  del  primo  ordine  datogli  di  V.  E.  non 
ha  fatto  niente  et  à  pena  m'  ha  resposto  una  uolta  e  di  questo  modo 
assecurò  à  V.  E.  che  1'  Inimico  hauerà  li  suoi  Trauagli  quando  uorrà 
uenire  In  questa  Terra  di  francauilla  supplicando  lo  à  V.  E.  come  suo 
schiauo  far  questo  che  antepongo  che  farà  cosa  di  molto  seruitio  di 
S.  Maestà  e  del  tutto  ni  resto  attendendo  le  grazie  di  V,  E.  per  consolare 
ancora  In  questa  occasione  questo  Populo  fldelissimo ,  et  a  me  darmi 
occasione  di  potermi  far  honore. 

Il  Populo  delli  graniti  la  maggio?  parte  di  loro  s'  hanno  retirato  le 
loro  donne  e  robbe  alla  parte  di  Castiglione,  Linguagrossa,  e  Francauilla 
e  ho  buttato  bando  che  l'  huomini  d'  Armi  debbano  stare  alla  sudetta 
Terra  delli  Graniti ,  e  spero  faranno  il  debito  bene  perche  Io  li  tengo 
attaccati  di  buona  forma. 

Per  uia  della  Limina  sto  ncgotiando  di  fare  che  reesca  un  seruitio  al 
Re  nostro  signore,  e  di  quanto  seguirà  ni  darró  auuiso  a  V.  E. 

Li  notitie  che  corrono  nella  parte  dell'  Inimico,  e  che  aspettano  gran 
soccorso  tra  li  quali  dicono  ui  sarrà  quattro  niilia  suizzari,  il  pane  cor- 
rere sei  onze  quattro  grana,  e  quando  1'  hanno  e  quando  nò  e  supplico 
V.  E.  tener  memoria  di  un  pouero  schiauo  di  V.  E.  a  cui  Deuotamente 
bagio  per  mille  uolte  à  V.  E.  li  piedi.    Francauiglia  li  10  febraro  1677. 

Eccellentissimo  Signore 

Di  V.  E. 
Vmilissimo  seruo  e  schiauo 
D.  Petro  Paolini. 


LV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  18  febbraro  1678,  prende 
atto  della  notizia  datagli  dal  Viceré,  con  lettera  del  28  dicembre 


IM  MiaOSLLAKEA 

♦677,  che  il  nemico  si  era  impadronit»  del  forte ,  che  si  stava 
costruendo  al  Puntale,  presso  Messina,  e  che  aveva  condotti  vari 
prigionieri  in  quella  città. 


LVI. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

D.  Pietro  Paolini ,  Governatore  di  Francavilla  con  lettera,  ivi 
data  il  23  febbraro  i677,  madida  notizie  di  quella  frontiera  e  chie- 
de soccorsi. 

Eccellentisaimo  Signore, 

Hoggi  mi  capita  una  lettera  del  Protonotaro  con  la  nomina  delti 
nuovi  Offlciali  di  questa  Capitania  Giurati  et  altri,  In  virtù  d'una  lista 
mandata  Io  a  detto  Protonotaro  havendomi  Io  Informato  qui  dtìlli  pw- 
•oni  habili,  e  fedeli  et  In  quanto  al  Gapitanio  di  Giastitia,  il  quale  e  un 
Officio  che  porta  molta  .autorità,  e  di  molta  conflilouza  et  lo  per  detto 
Otficio  propose  a  detto  Protonotaro,  ad  Antonio  Gannizzaro  Agiutante  ri- 
formato del  Terzo  di  fiumi  di  Nisi  huonio  di  grandissima  prattica  ua- 
loroso  fidele  Esperimentato  nel  seruigio  del  Re  nostro  Signore; 

Et  hoggi  E.  S.  nella  nomina  che  da  detto  Protonotaro  mi  uiene  In- 
aiata retrouo  che  la  nomina  di  Gapitanio  sudetto  e  uenuta;  In  persona 
del  Dottore  in  melicina  Iacopo  Gavatori,  e  mi  sono  Eccellentissimo  Si- 
gnore confuso  in  ueder  simile  elettione  che  un  medico  In  questi  tempi 
sia  eletto  Capitano  di  Ginstitia  di  una  parte  che  notte  e  giorno  si  com- 
batte con  rinimico  oltre  di  più  che  In  quest'Officio  uole  essere  persona 
ualorosa  che  sappia  andare  alli  scopettati,  e  che  sappij  dormirò  In  Cam- 
pagna, e  Caminare  à  piedi  20  miglia  il  giorno  si  e  di  bisogno,  e  non 
che  sia  huomo  di  commodità  oltre  di  più  Ecc.  Sig.  che  Io  puoco  mi  lido 
della  O.-nte  del  Paese  Benc.hi;  Io  li  faccia  slare  assai  Timorosi  ma  con- 
sidero che  facilmente  nelli  loro  intentioni  regna,  che  se  oggi  loro  sono 
di  Dio  dimani  sono  del  Demonio; 

Si  che  Eccellenlissimo  Signore  V.  E.  si  serua  per  sua  benignità  fare 
che  detta  elettione  di  Gapitanio  sia  in  persona  del  sudetto  Agiutante  An- 
tonio CannJ;rzaro,  ne  dtìa  V.  E.  con  il  parere  di  Signori  Ministri,  perche 
'Inqopstu  <;a90,  non  sono  loro  che  coiitra.^lano  con  l'Inimico  notte  e  giorno 


MlMJKl.LANKA  157 


à  colpi  di  palle,  fare  ronde,  e  lortificard  tutto  il  giorno,  e  stare  la 
Francaiiilla  doue  oggi  solo  e  la  Guerra  e  V.  E.  per  sua  grandezza  ai 
dene  In  questi  casi  regolare  à  quanto  Io  humilmente  rappresento  a  V.  E, 
per  esiger  lo  sopra  luogo,  et  Informato  della  materia,  e  fin  hora  Io  sou 
quello  che  deup  contrastare  eoa  delta  gente,  et  ogn'  nuno,  e  buono  à 
nenire  à  rappresentai  e  a  V.  E.  niaterie  di  pace  ma  non  di  Guerra; 

Per  quello  poi  Eoe  -lli-ntissimo  Signore  che  fin  hoi-a  à  sortito  In  que- 
sta frontitna  n'ho  dato  à  V.  E.  distinto  auaiso,  però  resto  .»om  ma  mente 
confuso  won  sapendo  se  à  V.  E.  sono  capitati  le  mie  lante  lettere,  hora 
con  questa  m'  occorre  dar  parte  à  V.  E.  che  facendo  scorrere  la  r^ara- 
pagnia  dell'Inimico  che  giornalmente  non  si  fa  altra  cosa  si  piglio  un 
rubello  e  di  subito  gli  fece  far  la  strada  degli  altri,  e  se  Dio  mi  igiata 
spero  fra  breue  dar  qualche  buon  auuiso  à  V.  E.  e  per  tale  effetto  ho 
fatto  Esponere  A  40  bore  e  questo  per  un  negotiato ,  che  tengo  fatto 
nella  parte  dell'Inimico,  Dio  sia  quello  lo  faccia  reascire  bene,  per  po- 
ter mostiare  à  V.  E.  l  effetto  della  mia  seruitù  ; 

Io  doppo  Ecc.mo  Sig.re  qui  non  tetìiio  altro  che  50  scalettoti ,  e  25 
spagnuoli,  e  se  Dio  guardante  mai  l'Inimico  carricasse  per  questa  parte, 
perche  li  cosi  della  Guerra  da  un  hora  ad  un  altra  mutino  consideri 
V.  E.  come  mi  troueria,  non  hauendo  altra  speranza  che  quella  delli 
Paesani,  e  per  hauer  Io  mediocremente  fortificatoli  Palazzo  del  Visconte, 
et  il  Conuento  delli  Capoccini  hora  non  tengo  con  che  ditenderli  e  con 
altre  mie  ho  supplicato  à  V.  E.  per  un  puoco  di  Infanteria,  e  con  que- 
sto nouo  soccorso  torno  di  nuouo  à  supplicare  à  V.  E.  honorasse  que- 
sta pouera  Terra  almeno  di  100  milanesi,  che  sariano  di  molto  profitto 
per  questo  posto,  come  anco  stando  qui  sono  sempre  pronti ,  e  nicini 
tanto  per  Tauormina  quanto  per  Melazzo  e  Catania. 

E  si  succedesse  il  caso  l'Inimico  Intentasse  per  Catania ,  sempre  per 
ogni  ragione  procurerà  impedire  II  soccorso  che  di  Melazzo  potrà  an- 
dare con  prendere  à  francauiglia  e  Castiglione,  et  tenendo  questi  posti, 
e  perso  llandazzo  il  primo  giorno,  e  l'Inimico  si  faria  contribuire  per 
50  miglia  à  torno,  che  però  E.  S.  uengo  a  supplicar  la  Grandezza  di 
V.  E.  si  degni  onorarmi  di  questo  soccorso  per  hauer  la  fortuna  da  mo- 
rir da  soldato,  e  non  di  villano  che  e  il  fine  con  che  humilmente  mi 
pongo  alli  piedi  di  V.  E.  che  per  mille  uolte  bagio  francauiglia  li  23  fe- 
braro  1677. 

Eccmo  Signore 

Di  V.  E. 

Vmilissimo  seruo  e  schiauo 
D.  Petro  Paolini. 

Ecc.mo  .Sig.re. 


158  MISCELLANEA 


LVII. 


(R.  S.  -   B.  1684). 

I  Giurati  di  Francavilla  con  lettera,  ivi  data  il  sabato  27  feb- 
braro  4677,  avvisano  il  Viceré  che  la  notte  passata  Don  Pietro 
Paoli  ni  era  partito  di  là  alla  volta  di  Limina  con  3000  uomini  (1), 
che  in  quel  punto  che  era  un'ora  e  mezza  di  notte  giungeva  loro 
la  notizia  della  presa  di  quella  terra  per  parte  del  nominato  Pao- 
lini,  il  quale  aveva  fatto  prigionieri  23  ribelli  della  Motta,  e  uc- 
cisi altri  25  ribelli  con  un  comandante  francese,  e  ciò  con  l'intesa 
di  alcuni  terrazzani  della  stessa  Limina  e  di  quattro  sacerdoti, 
ivi  mantenuti  perciò  a  spese  della  Comunità  di  Francavilla.  Au- 
gurano pertanto  in  pari  tempo  di  poter  successivamente  progre- 
dendo poter  riconquistare  a  S.  M.  Savoca,  Forza,  Gasalvecchio  e 
finalmente  Taormina. 


LVIII. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Don  Pietro  Paolini  con  lettera ,  data  a  Francavilla  il  27  feb- 
braro  1077,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  di  operazioni  militari, 
eseguite  o  progettate  in  quella  frontiera. 

Eccellentissimo  Signore. 

Per  avviso  di  V.  E.  non  lasso  dargli  parte  come  sono  arrivato  a  fine 
di  quanto  per  altre  mie  ho  significato  a  V.  E.  per  la  limena,  ed  e  che 
questa  mattina  mi  son  partito  da  francavilla  con  due  mila  homeni  pae- 
sani della  Citta  e  terre  della  mia  frontiera  al  numero  di  2200  che  per  il 
negotiato  che  io  tenia  fatto  con  questa  Gente  della  limena  con  1  inteli- 
gentia  del  Sig.  Generale  della  Cavalleria  il  quale  questa  mattina  mando 


(1)  Risalta  da  altri  documenti ,   ohe  fosse   quella   forza  composta  di 
400  spagnooli  e  2000  paesani  di  Francavilla  e  delle  terre  vicine. 


MISCELLANEA 


159 


in  francavilla  al  Sargente  maggiore  D.  Celidonie  con  quattrocento  spa- 
gnaoli,  e  ponendomi  io  in  marcia  con  la  gente  del  paese  auanti  mezzo 
giorno  dove  accompagnato  con  laggiuto  di  questi  liminoti  fece  preda 
di  23  ribbelli  tra  moltigiani  e  messinesi  e  25  si  ammazzare  con  il  Gipo 
francese  di  questa  e  il  tenente  del  marchese  di  Gallidoro,  e  perche  que- 
sta sera  e  già  tardi  e  linfanteria  spagnuola  e  uenuta  assai  tardi  non  si 
a  fatto  dauantaggio  perche  io  aueria  anco  soggiogato  la  Terra  di  Casal- 
vecchio  e  Gallidoro  e  la  Terra  di  moncuttì  questa  Terra  mi  a  mandato 
ad  avvisare  che  uolentieri  si  aueria  di  nono  rintregata  alla  obbidienza; 

E  perche  io  Ecc.mo  Sig.re  tutto  questo  lo  mach i nato  e  posto  in  ef- 
fetto a  fine  che  per  auer  qualche  bon  successo  per  taormina  e  mola;  e 
sarà  di  qualche  facilita  quando  si  farra  quanto  io  tengo  scritto  ed  avvi- 
sato al  Sig.  Mastro  di  Campo  Generale  ei  e,  Ecc  mo  Sig.re  che  nel  me- 
desimo tempo  che  io  sono  qui  con  tutta  la  sudetta  Gente  benché  m'  at- 
tenda dauantaggio  per  aia  del  Sig.  Coate  di  Asaro;  il  sig.  Mastro  di 
Campo  Generale  disponga  che  la  Gente  del  Castro  Reale  con  li  flnmidi- 
sani  e  Gente  di  Pizzo  di  Gotto  furnari  e  mizzara  marciano  sopra  li  colle 
di  mandanici  e  sauoca,  e  che  la  Gente  di  San  Peri  di  monforti  e  raon- 
forti  Rocca  ualdina  uenetico  Rametta  e  saponara  marcassero  sopra  li 
colli  di  dinni  Ammare,  e  questo  a  line  di  diuertire  le  forze  del  Inimico, 
e  nel  medesimo  tempo  che  il  Sig.  Generale  della  Caualleria  inuestisse 
per  taormina  e  io  per  disopra  la  mola  sarria  stato  Signore  assai  facile 
che  di  questa  forma  auesse  potuto  sortire  qualche  cosa  di  bono  e  cosi 
era  la  risolutione  del  Sig.  Generale  della  Caualleria  ,  tanto  maggior- 
mente che  linemigo  si  troua  con  quarche  scarsezza  di  pane  ; 

E  a  questo  punto  che  sono  bore  4  di  notte  mi  capita  una  lettra  del 
Sig.  Generale  della  Caualleria  in  che  uedo  che  non  sta  detto  Signore  in 
risolutione  di  toccar  Arme  per  taormina  nemeno  il  Sig.  mastro  di 
Campo  Generale  di  far  toccar  arme  per  altra  parte; 

Si  io  Ecc.mo  Sig.re  per  mia  parte  mi  pare  auer  complito  con  quello 
che  ho  promiso  e  per  domani  penso  ritirarmi  con  il  Sig.  D.  Celitlonio 
se  pero  non  mi  uerra  altro  nono  ordine  che  sempre  sono  prontissimo 
ad  eseguire  con  la  perdita  di  mille  ulte  se  potesse  essere  possibile,  e 
con  questo  uengo  alli  pie  di  V.  E.  a  tìne  che  accetti  V.  E.  da  me  questa 
mia  piccola  hoperatione  come  'piccola  minima  cosa  di  un  schiavo  di 
V.  E.  a  cui  mi  pongo  a  soi  piedi  francauilla  a  dì  27  febbraro  1677. 

Ecc.mo  Sig.re 

Di  V.  Eccellenza 

Vmilissimo  e  denotissimo  seruo  e  schiauo 
D.  Petro  Paolini 


160  HTSOELLANEA 


LIX. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Buon  Ritiro  il  1"  marzo  1677,  an- 
nunzia tra  l'altro  al  Viceré  alcune  provvidenze,  emanate  per  la 
sicurezza  di  Palermo, 

Ei  Rey 

Illustre  Marques  de  Castel  Rodrigo  etc. 

En  carta  de  dos  de  octnbre  del  ano  proximo  passado,  me  represcntò 
el  Senado  de  esa  mi  (eliz  Qiudad  de  Palermo  sa  desconsuelo,  por  el  ac- 
cidente de  la  reaelion  de  Medina,  y  falta  grande  que  padegia  de  forti- 
flcagiones  interiores,  y  eiteriores,  armas,  manigiones,  Artilleria,  Caaal- 
leria,  y  Infanteria  Veterana,  y  medios  para  asistongia  de  las  pi-egissiones 
referidas,  y  oponerse  a  qualquier  tentaliiio  de  las  fuergis  de  frangia. 
Y  quanto  importala,  que  en  auseogia  de  mi  Virrey,  se  encargase  el  go- 
uierno  de  la  Cinda  1  al  Prector  ostando  a  sn  orJen  los  canoa,  y  oflciales 
militares,  que  asistiesen  a  la  defensa  de  ella,  por  los  raotiuos  ,  que  ex- 
pressó,  a  que  mandé  responderla  en  despaoho  de  Veiute  y  ginco  de 
Dixiembre  corno  entenderiades  por  la  copia,  que  con  otre  de  la  mesma 
data  OS  mandé  remitir.  Y  hauiendose  visto  la  istangia  del  Senado,  co«- 
siderados  todos  los  puntos  de  su  representagion ,  con  la  gircunspeccioa 
que  pide  materia  de  tal  granedad,  resolui  en  quanto  al  punto  del  man- 
do de  lo  militar  en  Palermo  dar  la  prouidengia  conueniente,  por  la 
parte  donde  tocaua,  haaiendo  os  ordenado  embiaseis  a  aquella  Giudad  el 
mayor  numero  de  gente  que  pudieseis  con  Cauo  de  experiongias,  y  de 
calidad,  que  e^tubiese  a  orden  del  Prector,  a  quien  despues  he  conge- 
dido  el  grado  de  Qeneral  de  la  Artilleria,  por  ragon  de  su  persona,  y 
no  por  el  puasto.  Y  en  lo  demas  que  toca  a  los  forti ficagiones ,  Artille- 
ria, Armas,  maniyiones,  y  dinoro  para  estos  gastos,  hien  reconogera  la 
Cindad.  quan  exansta  se  balla  mi  Real  hagienda  de  ese  Reyno ,  y  que 
para  el  mantenimiento  de  el  exergito  he  enagenado  la  mayor  parte  de 
mi  Real  Patrimonio  de  Napoles ,  hauiendose  embiado  de  el,  y  do  estos 
Reynos  tan  considerables  sammas  de  dinero,  y  que  perseuerando  la 
guerra  e«  pregisio  se  ayan  de  continuar  los  mismos,  y  mayores  gastos, 


UISCELLANEA  161 


pero  atendiendo  al  amor,  y  propensiori  que  me  deben,  el  <;clo,  Jldelidad, 
y  ateiigion  con  que  se  han  manteiiido,  y  mantienen  taii  leales  vassallos, 
y  que  no  les  (alte  el  cousuelo,  que  soliyitan,  y  con  brcnedad  se  consi- 
ga,  conuiendra  que  i*sa  mi  feliz  i'.iudad,  en  continuai;ion  de  las  demon- 
strac'iones  con  que  se  ha  senalado  en  todos  tiempos  en  el  socorro  de  las 
neyessidades  publicas  de  està  Corona  ,  se  aliente  aora  a  lo  que  en  la 
presente  pueda  obrar  eii  su  resjifuardo,  procurando  sacar  algunas  canti- 
dades  para  el  reparo  de  sus  mui-allas,  gasto  de  manigiones  ,  compra  o 
fiindigion  de  la  Artilleria,  comò  se  le  esjriae  en  despacho  de  la  data  de 
aste,  de  que  os  embio  copia  rubricada  de  mi  InlVascrito  Secretario,  que 
acompana  el  originai,  qaé  encaminareis  en  mi  Real  nombre  al  Senado, 
a  cuyo  efecto  os  encargo,  y  mando,  que  si  para  la  esecuQion  de  lo  re- 
ferido  os  pidiere  alguna  facultad,  o  dispensa^ion  ,  A  al  Tribunal  de  ese 
mi  Real  Patrimonio,  se  la  congedais,  con  obligagion  de  que  lo  qua  se 
Bacare  de  ella  se  conuierta  prefissamente  en  la-*  preuen(;ione3  referidas, 
examiiiando  primero  los  medlus,  que  propussiere  la  Ciudad,  que  no  se 
enquentre  inconueniente  de  grane  perjuicio ,  (exQeptuando*todo  genero 
de  Gauela,  o  graueza  del  Publico,  porque  mi  animo  no  es,  que  se  le 
graue  con  nueuos  pesos)  de  manera,  que  se  halle  asistida ,  y  defendida 
en  qualquier  tentatiuo  de  las  fuergas  de  Frangia,  y  sin  los  re(;elos  ea 
que  la  tienen  las  operagiones  ,  que  han  axecutado  sas  armas,  lo  qual 
dispondreis  se  ajuste  con  la  efìcagia  que  piJe  cosa  il?  tal  importangia, 
infurmandome  niuy  iudiinduahnenle  de  todo  lo  quo  se  olregiere  en  este 
particular  flando  de  Vuestro  gelo,  y  atengion  a  quanto  es  de  mi  Real 
seruicio,  os  dedicareis  al  buen  logro,  y  encaminamiento  de  asta  materia 
corno  pide  su  inspeccion,  y  corresponde  a  lo  que  moasegura  Vuastra  gran 
vigilangia,  y  atengion  en  li  defensa  de  essa  mi  feliz  Ciudad,  y  Reyno. 
De  tìuen  Retiro  a  1°  de  Margo  de  1677. 

yo  el  Rey. 


Bìistamanle  Secretario. 


Etc.  Etc. 


LX. 

(R.  S.  -  B.  1684). 

D.  Pieti'o  Paolini  con  lettera,  data  a  Francavilia  agli  8  di  "tear- 
zo  1677,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari  e  chiede  soccorsi. 
Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  unno  XXIV.  U 


1G2  MISCELLANEA 


Eccellentissimo  Sijrnore, 

Con  roccasioiie,  ctie  uiene  alli  Piedi  di  V.  E.  il  Reuerendo  Arciprete 
di  questa,  mosso  dal  molto  amore  e  gran  zelo  che  tiene  al  seruitio  del 
Re  Nostro  Signore  non  lascio  replicare  a  V.  E.  con  ogni  disti ntione  le 
nuoue,  che  di  continuo  occorrono  in  questa  Frontiera  con  l'orme  ho  sem- 
pre fatto  sino  al  primo  giorno,  ma  non  so  se  siano  uenuti  alla  notitia 
di  V.  E.  per  non  h:iuer  hauuto  lo  nessun  riscontro,  hora  Ecc.mo  Sig  re 
vengo  à  ponere  alla  notitia  di  V.  E.  et  é  che  per  li  Riscontri,  che  tengo 
dalla  parte  dell'Inimico  si  ritroua  per  molte  ragioni  essere  assai  debili- 
tato le  forze  l'una  per  la  mancanza  del  vitto,  per  la  qual  causa  tiene 
assai  disgustati  li  popoli  di  quella  frontiera,  e  fariano  qualsiuoglia  riso- 
lutione,  à  fauore  di  S.  Maestà  mossi  più  dalla  fame ,  che  da  altra  cosa, 
come  anche  l'Inimico  si  troua  assai  debilitato  di  Genti,  por  hauer.seni  as- 
sai fuggiti,  e  morti,  e  per  quello  che  io  posso  conoscere  e  discorrere 
con  il  mio  Rozzo  Intelletto  dico  a  V.  E.  che  hora  é  tempo  di  poter  su- 
perare qualche  cosa,  e  con  la  presenza  di  V.  E.  in  questi  parti  io  m'ac- 
certo, che  saria  per  sortire  una  <Jloriosa  giornata,  e  se  si  darà  tempo 
che  l'Inimico  gli  ueriga  soccorso  alli  Popoli  di  quella  Frontiera  ,  gli  si 
muterà  poi  l'intentione  ;  et  in  questo  Ecc.mo  Sig.re,  non  si  deue  perder 
tempo,  e  quando  V.  E.  uorrà  disponer  questo,  lo  m'obligo  render  l'ubi- 
dienzu  Sauoca,  con  allre  quattro  Terre,  con  tutto  che  con  quella  Gente 
ui  babbi  perso  il  credito. 

Più  uolte  Ecc.mo  Sig.re  ho  suplicato  V.  E.  a  restare  seruita  ordinare 
che  se  fossero  jiiviate  in  questa  cento  soldati  Veterani  per  poter  man- 
tenere dui  posti  Principali  di  questa,  come  é  il  Conuento  delli  Capuccini, 
e  Palazzo  d«l  Visconte  con  l'ordine  del  Signor  Prouiditor  Generale  che 
prouedesse  li  tudetti  Posti  di  Tutte  sorti  di  Bastimenti  di  Monitioni  ne- 
cessarie; e  quello  Ecc.mo  Sig.re  che  per  esser  fattura  di  V.  E.  deue  V.  E. 
considerare  à  tutto  l'Antedetto,  e  non  si  lasci  scappare  V.  E.  questa 
buona  congiuntura  dalli  Mani,  e  non  facci  conto  V.  E.  che  sia  parcMe  di 
Pouero  Soldato,  perche  Ecc.mo  Sig.re  acertata mente  conosco  la  buona 
occasione  e  uorrei  che  la  gloria  fosse  di  V.  E.  e  non  d'  altri  che  non 
cosi  facilmente  la  sanno  abracciare, 

lo  Poi  da  che  sono  nenuto  in  questa  frontiera  non  ho  riceuuto  un 
Grano,  ne  procacciatomi  di  niente,  e  di  qualche  contrabando,  che  ó  stato 
pigliato  della  mia  parte  li  ho  aplicato  al  seruitio  del  Ré  con  far  fare 
molte  fortiflcatioDi,  e  repari,  hauendo  sodisfatto  solo,  che  li  Mastri,  che 
hanno  traoagliato  di  continuo,  e  spese  disorbitanti  di  spie,  che  ho  te- 
nato  e  tengo  nella  parte  del  Nemico,  per  accertare  maggiormente  il  ser- 


MISCELLANEA  IG'i 


uitio  del  Ré  in  Inaiar  corrieri  tutto  il  giorno  per  questa  frontiera,  come 
^nco  in  Melazzo  Catania,  Randazzo,  per  tener  li  superiori  anisati  di  tutto 
quanto  passa  a  la  Giornata,  si  che  suplico  la  grandezza  di  V.  E.  uogli 
restar  seruito  dar  qualch'  ordine  mi  sia  liberato  qualche  soccorso ,  che 
pure  intendo  spenderli  per  seruitio  di  S.  Maestà. 

Per  la  Parte  di  Messina  mi  uiene  auuisato  che  per  li  quindici  di 
questo  mese  aspettano  il  soccorso  di  Tremila  homini  et  11  Visconte  di 
francauilla  ha  pigliato  scudi  cinquemila  alli  Cambij  con  animo  di  spen- 
derli in  seruitio  del  suo  Rè  Christianissimo  in  far  tanti  soldati  per  quan- 
do si  disponeranno  marciare  per  Catania,  ò  francauilla  conforme  publi- 
camente  in  detta  Ciltà  di  Messina  discorrono,  benché  io  credo  che  que- 
sta voce  r  habbino  passata  per  dar  qualche  speranza  à  quel  Popolo  e 
mantenerli  in  Parole  e  speranze, 

Io  qui  Ecc.mo  Sig.re  non  tengo  altro  che  Cinquanta  Paesani,  e  Ven- 
ticinque Spagnuoli,  e  se  Dio  guardante  succede  il  caso,  lascio  conside- 
rare à  V.  E.  come  si  potrà  fare,  benché  fin  bora  sono  stato  e  sto  con  la 
speranza  di  uedere  la  fedeltà  di  questo  Popolo,  che  ó  l'unico  mio  con- 
forto che  é  il  fine  col  quale  bagio  per  mille  uolte  à  V.  E.  li  Piedi,  fran- 
cauilla 8  marzo  1677. 

Ecc.mo  Sig.re. 

Di  V.  E. 

Vmilissimo  e  deuotissirao  sernitore  e  schiavo 
D.  Petro  Paolini 


LXI. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

I  Giurati  di  Francavilla  con  lettera  ,  data  ivi  il  9  di  mar- 
zo 1677,  informano  il  Viceré,  che  non  avendo  potuto  il  Generale 
della  Cavalleria  De  Bracamonte  per  le  sue  infermità  marciare  in- 
contro da  Catania  per  Calatabiano  ed  unirsi  a  Don  Pietro  Paolini, 
onde  proseguire  insieme  e  cercar  di  riconquistare  Savoca,  Casal- 
vecchio,  Forza  e  Taormina,  secondo  si  era  progettato,  questi  con 
grave  dispiacere  proprio  e  dei  suoi  uomini  era  tornato  indietro 
da  Limina,  della  quale  si  era  impossessato  con  perdite  dei  nemici; 


164  MISCELLANEA 


che  i  Francesi  eran  quindi  ritornati  ad  occupar  questa  terra,  bru- 
ciando circa  quaranta  case;  che  tuttavia  in  quella  frontiera  fino 
a  Taormina,  che  difettava  di  viveri  e  di  munizioni,  gli  animi  era- 
no ben  disposti  verso  S.  M.  e  che  tutti  erano  pronti  a  tentar  di 
uuovo  l'impresa,  quando  piacesse  a  S.  E.  di  ordinarla,  e  intanto 
chiedono  un  aumento  di  un  centinaio  di  uomini  di  truppa  spagnuoli. 


LXII. 

(R.  S.  —  B.  2449J. 

Don  Francesco  Valdina,  Maestro  di  campo  e  capo  di  un  Terzo 
di  Siciliani,  afferma  che,  incaricato  dal  Viceré,  marchese  di  Bajo- 
na,  della  custodia  di  Milazzo,  Rametta  ,  Venetico ,  Valdina ,  Mon- 
forte  e  Samperi,  si  era  ivi  tanto  ben  condotto  da  riceverne  varie 
attestazioni  e  lodi  dai  regi  rappresentanti  e  da  cadere  ammalato 
pella  gran  fatica  ;  supplica  quindi  che  sia  liberato  da)  confino  e 
dalle  persecuzioni  che  pativa,  perchè  accusato  di  occultare  i  beni 
del  fratello  Don  Giovanni  Valdina,  principe  di  Valdina,  o  almeno 
che  sia  tosto  giudicato,  sopratutto  a  pel  rischio  che  può  coìTere 
la  sempre  fedele  lealtà  del  supplicante  in  tempi  di  tanti  pregiu- 
dizi e  sospetti  nel  Regno ,  che  è  il  maggior  sentimento  che  lo 
affligge». 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  29  marzo  1677,  rimette 
al  Viceré  copia  della  supplica  di  lui  ed  ordina  che  gli  sia  pron- 
tamente fatta  giustizia. 


LXIII. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Gli  ufficiali  delle  galere  della  Squadra  di   Sicilia  ,   in  data  del 
3(J  marzo  1677,  pregano  il  Viceré  Marchese  di  Castel  Rodrigo  di 


MISCELLANEA  165 


provvedere  al  pagamento  del  soldo,  attrassato  da  due  anni  alle 
loro  ciurme,  le  quali,  non  volendo  credere  che  gli  ufficiali  stessi  e 
gli  altri  ministri  reali  siano  trattati  «  con  la  misma  igualdad  »  si  la- 
mentano altamente  con  parole,  che  passano  i  confini  del  rispetto 
a  loro  dovuto,  e  fan  temere  di  peggio. 


LXIV. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Il  Generale  De  Bracamonte  con  lettera ,  data  a  Catania  il  30 
aprile  1677 ,  chiede  soccorsi ,  munizioni  e  il  pagamento  regolare 
dei  soldati ,  alcuni  dei  quali  per  mancanza  di  ciò  passano  al 
nemico,  il  quale  invece  è  stato  rafforzato  da  soccorsi  nuovamente 
arrivati. 

Excelentisima  Senora, 

Senora  hauiendo  entendido  que  despues  de  la  muerte  del  Senor  Mar- 
ques  que  santa  gloria  haya  ha  quedado  V.  E.  con  el  mando  del  Gonierno 
politico  y  el  Maestre  de  Campo  General  con  el  militar  para  haaerlo  di- 
spuesto  assi  sa  Excelencia  antes  de  su  maerte ,  so  paedo  dexar  de  re- 
pressentar  a  V.  E.  la  suma  nezessidad  qae  padeze  està  gente  por  estar- 
seles  deuiendo  dos  messes  de  diario  de  que  na^e  el  eiprimentarse  al- 
gnnas  fugas  de  soldados  qae  se  passan  al  enemigo. 

Siendo  de  tan  graue  perjui^io  y  mas  en  este  tiempo  suplico  rendi- 
damente  a  V.  E.  mande  a  esse  Real  patrimonio  se  remitan  medios  para 
socorrer  a  està  gente  que  tanto  lo  nezesita  paes  desaciendosse  podemos 
temer  vna  fadalidad  mayormente  ahora  qae  en  este  socorro  que  han 
conduQito  Fran?esses  a  Mezina  trahen  tres  mil  ynfantes  mil  y  quinientos 
desia  nailon  y  otros  tantos  Sgaii;aros  y  quinientos  Cauallos  cuyo  anisso 
he  tenido  de  perssonas  fldedignas  con  que  nezessitando  por  lo  que  pu- 
diere  aconteger  de  mayor  opossicion  que  la  que  ay  en  està  Froutera  buel- 
bo  a  supplicar  con  el  mayor  rendimiento  a  V.  E.  ordene  se  ynuie  a  ella 
lo  mas  de  la  Caualleria  de  Milan  y  Napoles  qae  se  halla  en  essa  Qiudad 
aunque  sea  desmontada  y  alguna  ynfanteria  por  ser  muy  poca  con  la 
que  me  hallo  y  en  todo  spero   deuer  a  V.  E.  continuadas    sus   honrras 


166  MISCELLANEA 


qnedando  corno  deuo  a  los  pies  de  V.  E.  con  rendido  absequio  y  resi- 
gnagion  no  deiando  de  degir  qne  en  este  punto  he  reciuido  carta  del 
Marqaes  Palauessino  Gouernador  de  Carlentin  en  que  me  pide  ynfan- 
teria  valas  y  mecha  no  hauiendo  en  estas  fronteras  apenas  para  el  gasto 
ordinario,  y  assi  V.  E.  sera  seruida  qne  se  assista  con  estas  municiones, 
qne  hagen  tan  suma  falta  guarde  Dios  la  excelentisima  perssona  de 
V.  E ,  corno  puede   desseo  y  he  menester.  Catania  y  AbriI  30  de  1677. 

Excelentisima  Senora 

A  los  pies  de  V.  E. 

fr.  D.  Diego  de  Bracamonte 

Excelentisima  Senora  la  Marquesa  de  Castel  Rodrigo. 


LXV. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Il  Generale  De  Bracamonte  con  lettera,  data  a  Catania  agli  8 
maggio  1677,  fa  vive  istanze  alla  Marchesa  di  Castel  Rodrigo  per- 
chè si  provveda  al  mantenimento  regolare  dei  soldati,  che  muoiono 
di  fame  o  tolgon  via  quel  che  loro  bisogna  per  sfamarsi  senza 
pagarlo,  dando  tutto  ciò  luogo  a  gravi  mormorazioni ,  a  voci  se- 
diziose e  molto  pregiudizievoli  all'interesse  di  S.  M. 


LXVI. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Il  Maestro  di  Campo  Generale  D.  Luigi  De  Salcedo  con  lettera, 
data  a  Palermo  il  18  maggio  1677,  informa  il  Viceré  delle  trat- 
tative aperte  da  qualche  tempo  con  alcuni  influenti  ribelli  messi- 
nesi, già  ìd  rottura  coi  Francesi  per  varie  ragioni,  e  chiede  se 
deTODO  essere  portate  a  compimento. 


MISCELLANEA  1^J7 


Eminentisimo  Senor, 

Senor,  conuiniendo  al  real  seruicio  de  su  Magestad  (que  Dios  guarde) 
el  que  Ueguen  a  la  noticia  de  V,  Eminencia  ,  las  disposi?iones  que  con 
orden  del  senor  Marques  de  Castel  Rodrigo  que  estó  en  el  Qielo  trataua 
con  MeQina ,  me  ha  pare^ido  de  mi  obligazion  el  ponerlas  en  la  de 
V.  Eminencia  por  si  resoluiere  se  prosigan,  ò  juzgare  V,  Eminencia  com- 
beniente,  siendo  vna  de  las  disposigiones  poner  en  descontìanza  con  los 
franzesses  al  Marques  de  Galidor,  y  Don  lacome  Auerna,  Cauezas  y  mas 
azerrimos  reueldes  de  aquella  (^liudad  lo  qual  hauia  empezado  executar 
en  forma  que  Uegaron  los  Cauos  franzesses  a  mostrarsse  mal  satisfecho 
de  ellos,  haziendo  juntas  secretas  de  la  resolugion  que  deuieran  tornar 
con  estos  sugetos,  y  paregiendoles  ser.los  primeros,  y  con  quienes  de- 
uian  mirar  bien  antes,  qualquiera  que  deuiaran  executar  procuraron  de 
la  parte  del  confidente  por  quien  quiere  la  esecuzion  desta  orden  se  in- 
formasse mejor  el  qual  la  esforzo  con  motiuos  tan  euidentes  que  resol- 
uieron  para  lleuarlos  a  frangia,  valersse  del  pretexto  que  les  ofregia  la 
ocassion  de  la  gente  que  pedian  se  formasse  de  aqnella   nacion   para  ir 

a  dichas  Prouingias,  y  a  este  tiempo  inurio  S,  E,  y,  yo  sali  a  CaUinea 
de  orden  del  Marques  de  San  Martin,  quedando  en  este  stado  este  ne- 
gozio de  que  di  sopre  parte,  a  dicho  Maestre  de  Campo  General  mostran- 
dole las  respuestas  de  todo;  Assi  mismo  trate  de  traer  a  nuestro  Par- 
tido  a  vn  Cauo  Partidario  llamado  chico  de  Pedro,  que  es  vno  de  los  que 

mas  hostilidades  hazen  y,  han  hecho  en  nuestro  Pays,  lleuando  ganàdos, 

tratando  en  algunos  Pueblos  inteligengias,  y  porque  pudiera  descubrir- 
nos  de  muclias  que  nos  pueden  importar,  y  quitarles  assi  mismo  vn 
hombre  de  gran  conogimicnto  del  terreno,  teniendole  yo  cassi  reducido, 
y  hauiendo  tratado  los  partidos  con  que   quiere  passarsse  à  està  parte, 

es  el  primero,  se  le  de  indulto  a  el,  y  20  de  su  quadrilla,  conseruandole 
por  cauo  de  ella ,    con  vn  nombramento  de  Capitan  de  Campana ,   con 

sueldo  que   pareciesse   ra(;onable,  y  a  sus   soldados    tres    reales   al  dia, 

para  mantenersse,  ellos  y  sus  cauallos,  ofregiendo  hazer  algun  seruicio 
de  traer  prissionero  algun  sugeto  ;  Assi  mismo  me  dio  orden   para  que 

embiassen  indulto  a  los  Alemanes  que  se  han  ido  a  rendir,  y  otros  que 
despues  de  prissioneros,  han  tomado  partido,  lo  qual  à  tenido  efectto  vi- 
niendo  mas  de  Qiento,  y  porque  consideio  sera  nezessario  V.  Eminencia 
lo  conflrme  doy  quenta  à  V.  Eminencia  comò  tambien  que  el  tiempo  que 


168  KISCELLANBA 


pedio  para  resolaersse  dicho  chico  de  Fedro  es  de  20  dias,  de  que  di 
qnenta  al  Marqaes  de  San  Martin,  quien  no  resoluio   nada   dejando   in- 

degisso  esto,  y  estando  en  tiempo  doy  quenta  à  V.  Eminencia  con  cuya 
notizia  resoluera  lo  que  mas  fuere  seruido ,  quedando  yo  con  la  suma 
venerazion,  y  rendimiento,  que  deuo  a  los  pies  de  V.  Eminencia,  deseando 
guarde  nuestro  sefior  la   Eminentisima  Persona  de  V.  Eminencia  en  su 

mayor  grandeza  corno  he    menester,  Palermo  y  Mayo  18"  de  1677. 
Eminentisimo  Senor 

beso  los  piés  de  V.  Eminencia 
D.  Luis  de  salcedo 

Eminentisimo  Senor  Cardenal  Don  Luis  fernandez  Portocarrero. 


LXVII. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Gli  ufficiali  della  Squadra  Navale  di  Sicilia,  colla  data  di  Pa- 
lermo 21  maggio  i677 ,  reclamano  il  pagamento  dei  soldi  delle 
loro  ciurme,  avendo  il  Tribunale  del  Patrimonio  risposto  di  aver 
impiegato  per  altre  necessità  i  fondi  a  ciò  destinati  ;  fanno  noti  i 
patimenti  dei  poveri  marinari  ammalati,  ai  quali  il  farmacista, 
anch'esso  non  soddisfatto  del  suo  credito,  nega  di  apprestare  ul- 
teriormente farmaci,  ed  avvertono  che  tale  stato  di  cose  durando 
può  spingere  alla  ribellione. 


LXVIII. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Don  Luigi  Ossorio   con    lettera ,   data   a   Palermo   il   22  mag- 
gio 1677,  chiede  al  Viceré,  il  quale  consente ,   di   prendere  alcun 


MISCELLANEA  169 


provvedimento ,  per  evitare  che  gli  stessi  individui  figurassero 
isci'itti  come  soldati  in  varie  compagnie ,  frodando  così  1'  erario, 
ciò  che  succede   comunemente. 


LXIX. 

(R.  S.  —  B.  28). 

Il  Generale  De  Salcedo  con  lettera,  data  a  Palermo  il  24  mag- 
gio 1677,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari. 

iCminentisimo  Senor. 

Senor  en  execu';ion  de  la  orden  que  V.  Eminenciu  fue  seraido  de 
darme  a  uocho  en  que  propnsiese  a  V.  Eminencia  lo  que  alcan(;o  del 
estado  deste  Reino  tooante  a  la  disposioion  de  las  armas  dizieiido  mi  pa- 
rezer  sobre  las  ^ircun8tan(,nas  en  que  nos  allamos  discurso  ser  lo  qae 
mas  Conuiene  el  atender  a  la  conseruazion  de  los  pnestos  qaeocnpamos 
por  aliar  nos  otdigados  hacer  ^'uerra  defensiba  basta  tener  otras  fii^rras 
itiayores  con  cuya  considera^ion  pongo  en  la  notizia  de  V.  Eminencia 
qne  antes  que  llegase  este  Vltimo  socorro  de  esqniearos  (qae  por  no 
hauerme  allado  en  la  plaza  de  Melazo  no  las  tengo  con  yndinidualidad 
ni  puedo  dezir  El  numero  que  a  traido)  se  conponian  todas  sus  fuer^as 
y  goarnitiones  de  4000  ynfantes  y  600  Canallos  el  qual  numero  no  es 
8ufiQÌente  para  formar  ningun  sitio  y  guardar  lo  que  ocupan  sin  Va- 
lerse  de  los  paisanos  que  estan  sugetos  a  su  obediencia  ;  y  se  conoce  la 
?ertidumbre  desto  En  auer  propuesto  par;i  salir  a  dichos  paisanos  les 
daria  dos  Tarine  s  y  el  pan  a  lo  que  seescnsaron  con  el  pretesto  de  estar 
ocupados  en  la  cosecha  de  la  seda  que  es  El  Vnico  arbitrio  con  que  se 
mantieneii  y  que  despues  desta  ocupayion  estauan  prontos  para  bazerlo 
de  que  se  deue  presumir  que  no  esperan  otra  C(jsa  para  Intentar  nlguna 
operazion  aunque  puede  sei-  que  estos  paisanos  tomen  este  pretesto  por 
no  querr  tornar  las  armas  contra  nosotros  y  qnedar  espuestos  a  que 
si  nos  allamos  con  faer^-as  pierdan  sus  casas  y  hagiendas  siendo  la  niayor 
parte  destos  lugares  sugetos  a  frangia  solo  por  no  poderse  mantener  sin 
està  obedien(;ia  y  por  hauer  faltado  les  el  abrigo  del  Ibiso  y  Taormina 
que  cubria  y  mantenia  estos  pueLlos  y  sin  duda  no  se  moueran  si  no  es 


1/0  MISCELLANEA 


fljo  cono^imiento  de  algun  buen  sucgeso  por  su  parte  y  segaridad  y  te- 
nìendo  està  en  tal  caso  se  deue  regelar  que  todos  tomen  las  armas  por 
seguir  la  conuenienfia  y  vtilidad  que  les  offreze  el  major  partido  que 
es  a  lo  que  mas  se  inclina  este  genero  de  gente  y  asi  para  desvaneger 
estos  disinios  soy  de  sentir  asegurar  la  linea  desde  Catania  a  Melazo  te- 
niendo  estas  dos  plazas  y  las  de  Carago^a  Carlentin  lentin  y  trapana 
con  presidio  ra^onable,  y  de  suerte  que  i'^l  Enemigo  no  las  pueda  yntre- 
prender  por  otro  modo  que  el  de  sitio  formai  obligandose  atacarlas  y  que 
la  demas  gente  que  se  pudiere  Juntar  se  empiee  en  franca  Villa  con  va 
Cauo  de  loda  satisfagion  valiendose  de  los  natnrales  de  aqnellas  partes 
que  asta  ora  han  obrado  muy  bien  corno  son  los  de  la  nobara  Tripi, 
lengua  groga.  Castellon,  y  demas  lugares  de  su  Gomarca;  y  otro  Cauo 
de  no  menos  satisfazion  manera  y  autoridad  en  Arrandago  que  tenga  a 
aquellos  vassallos  a  la  obediengia  y  gnstosos  para  mantenerlos  y  tenerlos 
prontos  para  qnalquiera  operazion  que  de  otra  manera  con  las  amena- 
zas  frangesas  ynteligengias  formaran  algunos  malos  disinios  en  aquellos 
pueblos  ; 

Manteniendo  la  Caualleria  que  se  alla  en  la  Iroutera  de  Catalabiano 
qoe  conserua  la  liana  de  Mascara  quedandose  en  Yache  por  estar  pron- 
tos y  en  mejor  parage  centra  todos  los  disinios  del  Enemigo  a  Catala- 
biano y  su  liana  y  marinas  poniendo  en  el  mejor  estado  que  se  pudiere 
por  ser  paso  que  nos  ymporta  su  conseruagion  ;  y  asi  mismo  poner  en 
el  Castro  sugete  de  satisf^igion  por  serplaza  de  mucho  pueblo  y  vassallos 
que  se  an  visto  maltratados  do  los  Gouernadores  que  han  tenido  y  oy 
lo  estan  al  presente  con  que  teniendo  està  linea  guarnezida  y  ocupada 
sin  que  el  enemigo  los  pueda  cortar  y  para  que  lo  pueda  liazer  es  muy 
ciiflcultoso  por  la  asperega  de  la  Tierra  y  tener  pocos  pasos  que  guardar 
con  grandes  disiladeros  en  los  qnales  es  fagli  sa  defensa  con  que  sera 
sospender  al  enemigo  de  hazer  entrada  en  el  Reino  y  que  saquee  la 
Tierra  que  es  a  lo  que  mas  se  Inclinara  si  no  es  con  mayores  fuergas  por 
valerse  de  los  vastimentos  de  que  cada  dia  se  allan  negesitados  y  ea 
este  genero  de  pianta  nos  allamos  en  mejor  estado  de  comunicarnos 
dando  nos  la  mano  y  acudiendo  a  la  parte  donde  fuere  menester  sin  que 
nos  lo  pnedan  ynpedir  y  en  caso  que  nos  allemos  con  disposigion  de 
hager  alguna  operagion  se  alla  le  gente  En  los  parajes  mas  negesarios 
para  qualquiera  junta  y  con  està  disposigion  se  le  da  Zelos  y  se  le  pone 
eo  dada  a  los  enemigos  para  no  desguarnezer  los  puestos  que  ocapan  y 
■e  valgan  de  aqueila  gente  para  aumentar  sus  fuergas,  y  lo  que  mas 
deoo  Representar  a  V.  Kminencia  es  lo  mucho  que  conuiene  al  seruigio 
de  8.  M.  qoe  los  Caaos  y  personas  a  cayo  cargo  estauieren  estos  empleos 
no  maltraten  ni  desconflen  los  pncblos  procurando  se  conozca  grandes 


HISOSLLXNEA  171 


interes  agasajo  y  aplicazion  a  sa  conseruazion  y  seguridad   siendo   esto 
quanto  puedo  de^ir  a  V.  Eminencia  a  cuyos   pies    quedo   con    el  rendi- 
miendo  que  deuo  Deseando  guarde  Dios  a  V.  Eminencia  en   su    mayor 
grandeza  corno  he  menester  Palermo  a  24  de  Mayo  de  1677. 
Eminentisimo  senor 

beso  los  piés  de  v.  eminencia 
Luis  de  salcedo 

Eminentisimo  Sefior  Cardenal  Don  luis  fernandez  Puerto  Carrero, 


LXX. 

(R.  S.  — B.  1684). 

Il  Generale  deirArtiglieria  Don  Gaspare  de  Borja  con  lettera, 
data  a  Milazzo  il  27  maggio  1677,  fa  conoscere  al  Generale  della 
Cavalleria,  Frate  Don  Diego  De  Bracàmoute,  alcune  notizie  sulle 
mosse  del  nemico  e  gli  chiede  soccorsi  d'uomini. 

Excelentisimo  Sefior. 

Por  el  yncluso  auiso  que  remito  a  V.  E.  y  muchos  que  he  tenido  a 
boca  estos  dias  he  sauido  comò  el  enemigo  està  prompto  para  marchar 
la  buelta  desta  Plaza  y  liana,  y  no  dudo  V.  E.  habra  tenido  notizia  que 
todas  la  Gaualgadnras  de  Garga  que  hauia  en  Augusta  las  hizo  embarcar 
trayendolas  a  Mezina  y  que  los  ochenta  Cauallos  que  tenia  en  Taormina 
los  ha  retirado  tanbien  a  Mezina,  y  haora,  aca  ho  de  tener  haniso  corno 
està  manana  se  ponia  en  marcha,  doy  quenta  a  V.  E.  a  quen  suplico  se 
sirua  considerar  està  tiobedad  y  hazerme  merced  dar  orden  marche  luego  a 
està  buelta  toda  la  Caualleria  que  se  balla  en  esa  frontera  pues  la  que  bay 
aqui  vien  conoze  V.  E.  no  basta  a  resistir  la  del  enemigo ,  no  dudo  de 
la  grandeza  de  V.  E.  y  zelo  al  seruicio  de  S.  M;  y  comò  tau  gran  sol- 
dado  que  es  me  fauorezera  a  mi  mandando  benga  luego  la  Caualleria  y 
dando  los  ordenes  que  iuzgare  combenientes  que  yo  de  todo  he  dado 
quenta  a  S.  Eminencia  por  mar  y  por  tierra,  y  de  todo  quanto  se  ofre- 
5iere  dare  quenta  a  V.  E.  y  jnzgo  por   muy  combeniente   que  si  V.'E,. 


172  MISCELLANEA 


paede  asegurar  por  esa  parte  la  Noara  pues  el  enemigo  yntentara  qai- 
tarnos  este  paso,  y  es  tan  gierto  viene  aqui  que  tiene  en  el  Ibizo  pro- 
bision  de  trigo,  y  todo  genero  de  vaslimentos.  no  dudo  del  zelo  y  flneza 
de  V.  E.  al  sernicio  de  S.  M.  obrara  marauillas  comò  lo  ha  hecho  en 
quantas  ocasiones  se  han  ofre^ido  garde  Dios  a  V.  E.  los  muchos  anos  que 
desseo.  Melazo,  y  Mayo  27  de  1677. 

Beso   las   manos   de  V.   E. 

Su  menor  seruidor 

Don   Gaspar  de  Borja 

Eicelentisimo  Sefior  D.  Diego  de  Bracanionte. 


LXXI. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Copia  di  lettera,  data  a  Milazzo  il  28  maggio  1677,  colla  quale 
il  Generale  De  Borja  manda  al  Grenerale  De  Bracamonte  alcune 
notizie  sulle  mosse  del  nemico  e  lo  avvisa  di  spedirgli  perciò 
soccorsi, 

Excelentisìmo  Senor. 

Ayer  despache  vn  correo  a  V.  E.  dandole  por  gierto  qne  el  enemigo 
benia  a  atacar  està  Plaza  y  lo  ocassionaron  ginco  repedidos  auissos  que 
tube  dello  de  Mezina  y  fue  gierto  que  el  enemigo  higo  grandes  demon- 
8trafione<«  de  elio  hagiendo  condugir  al  Ibigo  cantidad  de  munioiones  de 
voca  y  guerra  y  niarchar  vn  gruesso  de  gente  a  la  dicha  pla(,'a  y  al  mi- 
imo  tiempo  hiQo  abanzar  loda  su  Canal leria  a  Torre  de  faro  y  ynuio  sua 
galeras  al  mismo  sitio  con  que  todos  tnbieron  y  tubimos  por  flxa  està 
marcha  y  tanto  que  toda  està  noche  se  trauajo  con  lampiones  en  poner 
en  defensa  algunos  puestos  de  està  Plaga  y  a  las  dos  de  la  manana  toco 
el  enemigo  arma  falsa  en  Monforte  y  me  auissa  el  gouernador  de  la 
Roca  pelearon  cessa  de  media  bora  pero  que  cesso  luego  y  una  bora 
antee  de  amanezer  tube  aaiaso  de  laponara  que  el  enemigo  marchaua 
la  baelta  de  la  Soaleta  a  Taormina  con  dogemil  hombres  y  mil  Cauallos 


MISCELLANEA  173 


aunque  yo  no  creo  tanto  f  di^en  que  es  la  buelta  de  Catania  y  qoe  ban 
con  tanta  seguridad  camas  aiugeres  y  basta  perros  y  gatos  que  pareze 
son  llamados  y  qne  ban  a  messa  puesta  y  cama  hecha  y  por  vn  auisso 
que  he  tenido  de  Megina  a  boca  e>  la  Uamada  de  Randazo  y  que  Jnrado 
de  aquella  ^iudad  ha  estado  en  Mezina  a  està  buena  obra  con  que  he 
resnelto  enuiar  luego  a  V.  E.  dnyientos  Cauallos  con  el  Capitan  Bicente 
Locacho  por  el  camino  de  la  Rochela  y  Randazo  y  he  ynuiado  orden  a 
Pati  para  que  la  gente  de  aquella  sargentia  mayor  que  seran  vnbuen  nu- 
mero marchen  luego  a  Rand;iQo,  que  es  (corno  V.  E.  conocera)  qaanto 
ha  podido  hager  mi  fineza  ;d  seruicio  tle  S.  Magestad  y  de  V.  E,  y  quedo 
disponiendo  vn  buen  diuersibo  y  crea  V.  E.  que  lodo  quanto  tocare  a 
su  seruicio  lo  bare  yo  siempre  con  sumo  feusto  y  anado  a  V.  E,  que 
en  este  mismo  punto  dispacho  a  su  Eminencia  poi-  mar  y  (ierra  dan- 
dole estas  notigias  garde  Dios  a  V.  E.  muclios  y  feliv'es  anos  corno  desseo. 
Melazo  28  de  Mayo  de  1677. 


LXXII. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

D.  Sebastiano  Puglisi,  Arcipret-e  di  Novara  Sicula,  con  sua  let- 
tera, (lata  a  Fi*ancavilla  il  30  maggio  1077,  informa  il  Generale 
De  Bracamonte  delle  mosse,  che  il  nemico  si  dice  voglia  fare,  e 
delle  intelligenze,  che  tiene  coi  ribelli  in  vari  paesi  ed  anche  in 
Catania. 

Eccellentissimo  Signore, 

In- csecutione  delli  comandi  di  V.  E.  sono  andato  alla  colla,  et  bó  par- 
lato con  Giacomo  Colba,  e  D.  Geronimo  Lo  Indice,  et  informandomi  di 
quel  che  opera  il  nemico  mi  hanno  detto,  che  la  marcia  deue  fare  é  per 
Calatahiano,  Francauilla,  Randazzo,  Traina,  doue  hanno  intelligenza,  e 
pure  mi  dicono  che  in  cotesta  Città  di  Catania  hanno  intelligenza. 

Mi  hanno  detto  che  non  hanno  più  di  15  Vascelli,  14  Galere,  600  Ca- 
ualli,  e  3400  fanti,  e  li  Caualli  sono  buoni ,  però  li  nostri  ponno  bene 
contrastare,  et  hauere  vittoria.  Siche  Eccellentissimo  Signore  mi  pare  di 
fare  sforzo  d'homini,  e  darci  un'assalto,  che  cosi  mi  hanno  detto,  et  essi 


174  MISCELLANEA 


non  mancheranno  da  canto  loro  operare  in  rauor  nostro.  Mi  hanno  detto 
di  più  che  li  Vascelli  che  partirono  da  Messina  sono  andati  in  Francia, 
e  si  imbarcò  in  quelli  D.  Giacomo  Auerna  con  500  huomini  Messinesi 
sotto  pretesto  di  andare  a  rubbare  nella  Calabria;  però  1' huomini  Mes- 
sinesi furono  pigliati  per  forza.  Mi  hanno  deito  che  non  ui  sono  paesani 
in  questa  marcia,  ma  solo  Francesi,  e  Suizzeri,  Tanto  ho  inteso,  Eccel- 
lentissimo Signore, 

Di  quel  che  potrò  operare  per  l'auuenire  ne  darò  parte  à  V.  E.  e  già 
di  tutto  questo  di  sopra  né  ho  dato  parte  al  Signor  Pietro  Paolini,  acciò 
stasse  auertito  sopra  questa  materia. 

Io  doppo  sto  aspettando  1'  ordine  di  V.  E.  per  li  carcerati  di  quel 
tanto  deuo  fare,  e  li  raccomando  quanto  V  ho  scritto  per  altre  mie.  E 
mentre  dal  Signore  li  prego  longa  uita  e  uittoria  humilmente  me  l' in- 
chino. 

Francauilla  30  maggio  1677. 

Di  V.  E. 

Humilissimo  seruitore 
D.  Sebastiano  Puglisi 


LXXIII. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Copia  di  lettera,  data  a  Catania  il  30  maggio  1677,  con  la  quale 
il  Generale  De  Bracamonte  accusa  al  Generale  De  Borja  ricezione 
di  due  precedenti  lettere  di  lui ,  gli  consiglia  di  non  far  movi- 
menti di  truppa  intempestivi,  e  gli  espone  il  modo  di  comportarsi 
per  prendere  in  mezzo  il  nemico,  quando  questi  fosse  impegnato 
a  fondo  contro  l'uno  o  contro  l'altro. 

lUustrisimo  Sehor, 

8e&or  mio  por  la  carta  qae  escriai  ayer  a  V.  S.  I.  en   respuesta   de 

la  suya  de  27  habra  reconozido  preuine   con   fondamento  el  Intento  de 

-el  enemigo,  y  por  este  motibo  dejo  de  ymbiar  la  Caualleria  que  V.  S.  I. 


MISCELLANEA.  Ili 


me  pedia,  y  porque  en  todo  caso  esa  Flaza  da  tinnpo  a  que  podainos 
socorrerla  en  loda  buena  forma  con  Imfanteria,  y  CaualJeria  Io  que  no 
suzede  por  aca  siendo  estos  parages  todos  haniertos  (corno  consta  a 
V.  S.  I.)  de  quien  he  rezeuido  oy  una  carta  de  28  en  que  veo  la  forma 
con  que  se  encamina  hagia  està  liana  ,  y  he  tenido  juntamente  hauiso 
de  que  se  junta  todo  en  Taormina,  y  doy  a  V.  S.  I.  las  gracias  por  la 
orden  que  ha  dado  para  que  marchen  a  està  buelta  los  200  Cauallos  con 
el  Capitan  Lucacho  que  es  muy  propio  del  gran  zelo,  y  tlneza  de  V.  S.  I.  al 
seruicio  de  S.  M.  y  de  lo  que  me  fanoreze  siempre,  y  V.  S.  I.  procure 
tener  preueuido  el  mayor  numero  de  gente  que  fuere  posible ,  con  un 
Cauo  para  que  yncorporado  con  estas  fuerzas  si  fuere  menester  meta- 
mos  al  enemigo  en  medio  a  cuyo  fin  yre  dando  repetidos  los  hanisos  a 
V.  S.  I.  para  que  en  esa  conformidad  disponga  lo  que  fuere  del  .Mayor 
aQierto  del  seruicio  del  Rey,  y  V.  S.  I.  procure  en  todo  caso,  si  hubiere 
en  esas  munigiones  Armas  de  reserua  embiarme  el  mayor  numero  que 
fùere  posible  porque  aqui  no  tau  solamente  no  las  bay  pero  tengo  de- 
sarmada  la  teryia  parte  de  la  gente,  y  no  me  queda  otro  recurso  y  aun- 
que  repetidamente  las  bauia  pedido  al  Marqnes  de  San  Martin  uienque 
me  las  ofregio  nunca  llego  el  caso  de  ymbiarmelas,  y  tanbicn  he  escrito 
à  S;  Eminencia  representandole  lo  mismo.  y  me  responde  se  ynbiaran 
quanto  antes.  Tanbien  se  ha  de  seruir  V.  S.  I.  remitirme  valas  todas 
las  que  pudiere  que  no  las  tengo  ni  forma  de  hauerlas  y  siendo  tan 
ymportantes  estas  dos  cosas  corno  V.  S.  I.  puede  considerar  lìo  de  su 
grande  actiuidad,  y  fineza  ha  de  socorrer  està  nezesidad  con  la  mayor 
brevedad  enbiando  lo  uno  y  lo  otro  con  todo  resguardo  garde  Dius  a 
V.  S.  I.  muchos  anos  comò  desseo  Catania  30  de  Mayo  de  i677. 

M,  D.'  Seiior  mio,  yo  estimo  a  V.  S.  I.  el  socorro  de  la  Caualleria  pero  co- 
mò estas  marchas  de  el  enemigo,  y  disynios  no  se  sanen  de  gierto  a  donde 
ban  a  parar  dudo  no  se  dejen  caer  a  la  parte  donde  reconozcan  se  de- 
uilitan  nuestras  fuerzas,  y  assi  V.  S.  I".  no  se  fie,  ni  se  descuyde  porque 
tari  promptos  pueden  boluer  sobre  esa  Ciudad  comò  por  estos  parages, 
y  asi  Senor  mio  un  poco  de  flema  basta  uer  a  que  parte  se  declara,  y 
estar  con  todas  nuestras  fuerzas  vnidas  que  si  el  enemigo  Ataca  hagia 
esa  parte  yo  le  doy  palabra  a  V.  S.  I.  que  si  se  empena ,  y  l'esiste  esa 
Plaza  lo  que  no  se  puede  dudar  que  yo  le  cojere  en  medio  con  fuerzas 
que  hagiendo  V.  S.  I.  salida  los  matemos  a  palos,  y  si  bienen  hagia  està 
Ciudad,  y  V.  S.  I.  junta  las  fuerzas  de  ymfanteria  y  Caaalleria,  y  todos 
los  Natura  les ,  y  viene  un  Cauo  que  con  practica ,  y  notizia  se  vaya 
vniendo  con  la  gente  de  los  lugares  de  la  retaguardia,  y  azercandose  al 
enemigo  dandome  a  mi  pnntnales  anisos   tanbien  hemos  de  lograr   un 


17G  Ml-'CKl.LANI.A 


baen  dia  si  Dios  es  seruido  y  crea  V.  S.  I.  que  este  es  el  modo  de  guar- 
dar naestros  puestos,  y  poder  destruir  a  frangeses.  Dios  lo  haga  y  guar- 
da a  V.  S.  I. 


LXXIV. 

(R.  S.  —  B.  168  i). 

Il  Generale  della  Cavalleria  De  Bracamonte  con  lettera,  data  a 
Catania  il  31  maggio  1677,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari. 

Eminentisìmo  Signore, 

Remito  a  V.  Eminencia  copias  de  dos  cartas  que  he  rezeuido  ile  el 
General  de  Ja  Artillei-ia  Don  Gaspar  de  Borja,  y  las  respnestas  de  en- 
trambas  por  donde  V.  Eminencia  reconozera  la  fagilidad  qne  tiene  en 
pedir,  y  diflcultad  que  tiene  la  cxecuQion  de  sus  petigiones  pues  sin  ha- 
uerse  el  enemigo  declarado  a  ninguna  parte,  en  un  dia  me  dize  le  re- 
mila, toda  l\  Caualleria  que  tengo  en  està  froiitera  (lorque  es  yndefec- 
tible  qne,  el  enfmit^o  le  Ataca,  ;iqueilos  pues  os,  y  Plaza  y  al  signieiite, 
sin  baaerle  yo  rscrito  ni  pedidole  cosa  alguna  me  dize  me  ynbia  200 
Cauallos  porqne  sabe  con  zertesa  qne  frangeses  vienen  con  digsinios  de 
apoderarse  de  la  liana  de  Mascari,  y  està  Ciudad  corno  que  no  dize  nada; 
y  porqne  taobìen  me  ynsignna  ha  participado  estas  nfltizias  con  bariedad 
a  V.  Eminencia  despacho  este  correo  a  toda  diiigengia  para  que  se  ase- 
gnre  V.  Eminencia  que  Aunque  es  verdad  que  lian  vnido  algunas  fuer- 
zas,  y  qae  ha  passado  el  Duque  de  Bibona,  a  Taormina  donde  oy  se  balla, 
si  no  les  biene  mas  que  las  que  tienen  por  lo  presente  ò  hay  algnna 
Iraygion  no  es  fayil  que  consigan  progreso  de  considera(.'ion,  pues  el  sa- 
qnear,  y  qaemar,  algnn  lugar  hauìerto  no  lo  es,  ni  se  les  puede,  ynpe- 
dir  no  sieiido  razon  dcsanparar  los  puestos  prin^ipales  para  ynpedirles 
Minejante,  emprossa,  la  qual  si  la  executan  la  juzgo  de  nuestra  combe- 
Diengia  siguiendose  la  dt  hazerlos  mas  aborresibles  en  el  Fais,  y  quizas 
not  hariin  justigia  pues  es  raro  el  Ingar  de,  cstosque  no  ten^ja  merezido  el 
qae  nosotros  lo  hi(,iesemo8;  pero  no  obstante  esto  tengo  hauanzada  to- 
da le  Caualleria  en  la  liana,  y  la  Infanteria  de  la  guaruigiun  de  Yache; 
y  algDii  numero  considerable  de  Paysanos  de  las  ticrras  gircunbeginas 
que  gozan  el  preailegio  de  no  pagar,  gauelas  para  que  esten  a  la  bista 


MISCELLANEA  177 


de  lo  que  obrare,  el  enemi^'O,  y  desde  laego  enquentre  diflcultades  para 
pasar  adelante,  y  eii  caso  de  quererse  empenar  a  està  operagion  con  las 
fiierzas  qae  oy  se  balla,  si  executa  Don  Gaspar  de  Borja  lo  que  le  he 
esci'ito  y  boluere  a  repetir  quando  combenga  tenga  por  ynfalible  V.  Emi- 
nencia  que  sera  raro  el  franges  que  buelua  a  Taormina  ni  a  Mezina; 
pero  persuaderne  a  que  no  seran  ellos  tan  bobos  ni  nosotros  tan  dicho- 
sos  ;  con  que  vengo  a  degir  que  mi  dictamen  esj  que  por  ahora  (si  no 
les  Uega  el  socorro  que  di^en  Aguardan  con  breuedad)  se  contentaran 
con  buscar  algun  poco  de  trigo  ó  ganado  ;  y  si  a  caso  fueren  llamados 
de  alguna  parte  tomaranlo  pero  sin  empenarse  niucho,  y  si  yo  puedo 
penetrarlo,  ò  remediarlo  no  me  descuydare  de  ninguna  suerte,  pero  ba- 
sta ahora  no  tengo  mas  notigia  que  la  que  me  da  el  Arciprete  de  la  Noara 
de  cuya  carta  remito  copia  a  V.  Eminencia  no  persuadiendome  a  que 
aunque  sea  verdad  la  Imteligengia  que  dize  tienen  en  Randazo,  y  trayna 
se  ariezguen  frangeses  a  ynultrarse  la  tierra  a  dentro  pues  no  se  hallan 
con  fuerzas  para  guarnezerla  ni  podersfe  mantener,  y  en  este  caso  es  pre- 
ciso Juntar  todas  las  nuestras  y  hechar  el  resto  casi  con  seguridad  de 
tener  un  buen  dia,  si  los  Cauos  a  quien  diere  las  ordenes  las  executarea 
en  la  misma  forma,  que  en  esto  ay  gran  trauajo,  y  por  lo  que  pudiere 
suzeder  se  puede  seruir  V.  Eminencia  Mandar  escriuir  a  Horju  ù  a  quien 
gouernare  aquella  frontera  execute  lo  que  yo  le  prebiniere  porque  si 
estas  òperaciones  no  bau  gouernadas  por  un  Cauo  nunca  se  logi-arà  nada, 
y  entre  otras  jnilìnitas  Razones  que  tengo  para  desear  el  quo  V.  Emi- 
nencia pase  a  està  Ciudad  es  està  una  de  las  Mayores  pue<  a  su  Vista 
se  adelantaran  todos,  y  obedezeran  con  mayor  gusto. 

El  comisario  General  Don  Gabriel  de  Boc  llego  Aver  con  su  Compania, 
y  las  tres  de  Dragones  y  hauiendo  llegado  este  socorro  a  tan  buen 
tiempo  doy  por  el  repetidas  gragias  a  V.  Eminencia  a  quien  suplico  ren- 
didamente  sea  seiuida  ordenar  que  con  la  ujayor  breue^lad  posible  se 
monten  las  dos  Compaiiias  que  estan  ,  en  Melazo  ,  y  las  quatro  que  se 
hallan  en  esa  Ciudad  porque  es  gran  freno  para  el  enemigo  y  en  està 
frontera  se  negesita  summaminte  asi  por  la  parte  de  taormina,  corno 
por  la  de  Augusta  bay  gnindcs  llanuras,  y  todas  las  tierras  son  hauier- 
tas.  y  sin  ninguna  fortiflcazion  por  lo  que  bueluo  a  suplicar  a  V,  Emi- 
nencia me  las  ymbie  quanto  antes, 

Tanbien  hago  recuerdo  a  V.  Eminencia  me  hallo  con  summa  falta  de 
Armas,  valas,  y  cuerda,  llegando  a  estremo  de  hallarse  ymposiblitados 
de  podernos  seruir  de  mas  de  quatrogientos  soldados  de  todas   Nagiones 

que  estan  desarmados,  siendo  asi  que  en  qualquiera  ocasiou  que  bay  se 
maltratan,  y  pierden  muchas  con  que  no  solo  se  negesita  de  Armas 
para  estos  pero  sera  vien  tener   de  reserua   àlguna   cantidad  eu    estas 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  12 


178  MISCELLANEA 


muniyiones  y  me  paieze  materia,  ymposible  que  en  esa  Cindad  o  en 
Melazo  dexe  de  hauerlas,  y  Aunque  las  pedi  repetidas  vezes  en  tiempo 
de  el  senor  Marques  de  Castei  Rodrigo  no  las  pude  consegair  y  asi  mi- 
smo  alganas  Pistolas,  y  carabinas  de  que  negesita  la  Gaualleria  y  crea 
V.  Eminencia  que  es  una  de  las  cosas  que  me  tiene  mortiflcado  por  la 
gran  falta  qne  hazen,  y  por  no  cansar  a  V.  Eminencia  con  la  exprecgio 
de  otros  puntos  vien  pringipales  me  remito  a  lo  que  Referita  a  V.  Emi- 
nencia Don  Antonio  de  Azlor  a  quien  he  escrito  largo  sohre,  ellos,  gar- 
de  Dios  la  Eminentisima  Persona  de  V.  Eminencia  comò  puede  desseo 
y  he  menester.  Catania,  y  Mayo  31  de  1677. 
Emineatisimo  Senor 

Beso  los  pies  de  V.  Eminencia  su  menor  seruidor^ 
Fra  Don  Diego  de  Bracamoute 

Eniinentìsimo  Senor  Cardenal  Partocarrero. 


LXXV. 


(li.  S.  —  B.  Ì6S4). 

Don  Pietro  Paolini,  Sergente  Maggiore  della  Frontiera  di  Fran- 
cavilla  con  lettera ,  ivi  data  il  2  giugno  1677  ,  manda  al  Viceré 
varie  notizie  militari  e  chiede  alcuni  provvedimenti. 

Eminentissimo  Signore, 

Con  due  mie  ho  auuisato  à  V.  Eminenza  il  stato  di  questa  Frontiera, 
e  del  nemico  secondo  li  aanisi,  che  ho  continuamente  per  mezo  le  spie 
salariate,  che  mando  nelle  parti  dell'inimico,  et  sin  h(M'a  non  son  stato 
fiitto  degno  di  risposta,  credo  non  saranno  capitate,  al  presente  per  com- 
plire  co!  mio  debito  li  dò  parte,  che  venerdì  28  del  caduto  ad  hore  14 
fui  auuisato,  che  Viuona  con  grosso  di  800  caualli  e  quattromila  fanti 
«rriuó  in  Tauormina  hauendo  dormito  la  sera  delli  27  nel  Palazzo  del 
rubelle  Marchese  di  Oallidoro  ,  del  che  gabito  diedi  parte  al  Generale 
delU  Caaalleria  in  Catania,  al  Generale  dell' Artiglieria   in  Melazzo,  al 


MISCELLANEA  179 


Tenente  Generale  in  Randazzo,  et  à  tutte  le  Città,  e  Terre  della  mia  giu- 
risdizione acciò  da  tutte  le  parti  mi  uenisse  il  soccorso  Generale  tanto 
necessario  nella  piazza  di  questa  fidelissima  Città  di  Francauilla  d'onde 
si  può  soccorrere,  Melazzo,  Catania,  e  tutti  l'altre  parti  per  doue  il  ne- 
mico uolesse  indirizzare  le  sue  armi.  Ho  continuato  ogni  giorno  Corrieri 
per  dare  l'auuisi,  che  mi  sono  uenuti  d'  bora  in  hora  delli  motini  et 
intenzione  dell'inimico,  che  intende  toccar  l'armi  per  questa  Frontiera, 
doue  assiste  il  Viuona  con  detto  numero,  e  mentre  da  qui  si  chiama  il 
soccorso  Generale  é  se  li  £à  resistenza  intende  far  marciare  per  le  colli 
un'altro  grosso  esercito  guidato  dalli  rubelli  Visconte  di  questa,  D.  Gio- 
uanni  Auerna,  D.  Giouanni  Pizzinga,  Baron  di  Romeo  ,  D.  Luca  Cocchi- 
glia  e  Marchese  di  Gallidoro  io  hauendo  penetrato  questa  loro  disposi- 
zione n'  hauuisai  al  Generale  della  Caualleria  in  Catania  ,  e  che  hauesse 
inuiato  la  Caualleria,  e  Fanteria  Spagnuola  col  grosso  delli  paesani  lui 
uicini  nella  piana  di  Mascali,  et  un  buon  numero  di  soldati  nella  pic- 
cola Terra  di  Piemonte  sotto  la  Città  di  Linguagrossa  il  che  tutto  fu  bea 
disposto.  Auuisai  ancora  al  Genei'ale  dell'Artiglieria  in  Melazzo,  che 
auesse  mandato  qualche  numero  di  soldati  per  soccorrere  la  Terra  della 
Nouara  non  troppo  sicura  al  seruigio  di  S.  M.  (che  Dio  guardi)  e  che 
detto  soccorso  con  la  gente  di  detta  Terra  guardasse  il  passo  di  tré  fon- 
tani doue  s' hauerà  da  indrizzare  il  grosso  dell'inimico  guidato  per  le 
colle  dal  detto  Visconte  et  altri,  a  che  la  gente  della  Città  di  Castro  Reale 
uscisse  pure  per  le  sue  colli  ad  unirsi  con  la  sudetta  gente  della  Nogara 
che  sono  contigue,  e  già  il  Generale  dell'  Artiglieria  mandò  il  sargente 
maggiore  Pietro  Francesco  Peruoca  con  duecento  corsi  nella  Nogara  per 
guardarsi  le  dette  colle,  come  credo  hauerà  dato  gì'  ordini  per  il  Castro, 
come  pure  di  tutto  ciò  stimo  sarà  stato  auuisato  V.  Eminenza  dalli  sq- 
detti  Generali  la  gente  delle  Terre  di  Tripi,  Mont'albano  e  Casalnuouo 
della  mia  giurisdizione  ó  nenuta  in  parte,  e  l'altra  la  sto  aspettando 
hoggi.  La  gente  della  giurisdizione  del  Tenente  Generale  che  sta  in  Ran- 
dazzo, la  quale  potrebbe  ascendere  al  numero  di  diece  mila  con  tutto 
che  d' horà  in  hora  ho  replicato  auuisi  non  sono  uenute  più  di  200  per- 
sone, e  mi  significa,  che  puoche  speranze  ha  di  raccogliere  per  la  poca 
obedienza  li  prestano.  Siche  Eminentissimo  Signore  se  non  fosse  la  spe- 
ranza, che  ho  in  questo  fidelissimo  populo  di  Francauilla  mi  stimeria 
perduto,  giaché  il  nemico  in  detto  giorno  del  Venerdì  abbassò  la  Caual- 
leria, e  pedoni  nella  piana  di  Tauormina  guidata  dall'  istesso  Viuona, 
perciò  infaccia  del  nemico,  il  quale  dall'  hora  in  poi  ogni  giorno  ha  ten- 
tato di  prendere  il  Castello  di  Caltabiano,  nel  quale  ui  sono  150  soldati 
spagnuoli  li  quali  con  li  sudetti  miei  soldati  s"* hanno  defeso  gagliarda- 
'mente  e  sebene  il  nemico  si   sia  accampato   nella  piana   di   Xagi  io  di 


180  MISCELLANEA 


giorno  in  giorno  ho  mandato  monizione,  e  soldati  per  caldare  li  primi, 
beri  matina  li  sndetti  miei  soldati  furono  assaltati  dall'  inimico ,  e  col 
soccorso,  che  da  qui  1'  inuiai  si  dèfesero  gagliardamente  onde  il  nemico 
con  sua  perdita  si  ritirò  uerso  Tauormina.  di  più  fui  auuisato  che  14 
Galere  dell'  inimico  beri  sbarcauano  genti  nella  marina  di  Sauoca  ristesse 
faceano  il  vascelli  nella  marina  di  Tauormina  onde  senz'  altro  il  numero 
dell'  inimico  che  ó  vicino  Galtabiano  darà  per  questa  Frontiera,  e  quello 
die  é  nella  marina  di  Sauoca  darà  per  le  colle.  Auuisai  sabito  la  Nouara, 
acciò  cuslodissero  bone  il  detto  passo  di  Tré  fontani,  e  sollecitai  al  Te- 
nente Generale  in  Randazzo  che  facesse  tutte  le  diligenze  per  far  calare 
la  gente,  ma  non  mi  prometto  cosa  di  buono  per  esser  puoco  obbedito. 
Stlmeria  molto  necessario  che  V.  Eminenza  mandasse  subito  persona  di 
magior  ualore,  et  autorità  in  Randazzo  altrimenti  non  si  farà  cosa  di 
baono,  e  questa  tìdelissiraa  Città  di  Francanilla  non  hauendo  il  soccorso- 
Generale  non  si  potrà  difendere,  e  si  perderà  Randazzo  e  starà  in  gran- 
dissimo pericolo  Melazzo,  e  Catania  si  compiacerà  V.  Eminenza  sentire 
benignamente  questo  li  dico,  perche  é  la  verità,  et  importa  il  tutto. 

Di  più  Eminentissimo  Signo're  ho  fatto  minare  il  Palazzo  del  rubelle 
Visconte  acciò  se  il  nemico  entrasse  in  questa  buona  parte  d'  esso  ha- 
nesse  a  uolar  per  1'  aere. 

Deuo  doppo  supplicare  humilmente  à  V.  Eminenza  acciò  per  sua  be- 
nignità si  compiaccia  ordinarmi  che  dassi  il  pane  di  monizione  ogni 
giorno  à  tutta  la  gente  d'  Arme  di  questa  Città  il  cui  ualore  e  fedeltà 
merita  ogni  bene  oltre  che  han  perduto  tutti  li  loro  arbitri)  e  stabili,  e 
sono  impoueriti  per  hauere  atteso  dal  mese  di  ottobre  à  questa  parte  di 
giorno,  e  di  notte  sempre  con  1'  armi  in  mano  con  tanto  ualore  che  é- 
stato  di  merauiglia,  e  d'  esempio  non  solo  à  tutta  questa  Frontiera  ma 
à  tutto  questo  ualle;  sicome  ancora  si  compiacerà  benignamente  ordinare 
che  mentre  stanno  con  l' arme  in  mano  non  siano  coslrelli  à  pagare 
quello  doueano  al  rubello  Visconte,  perchè  realmente  hauendo  perduto- 
i  loro  arbitrij  non  ponno  sodisfare.  Che  é  il  fine  con  che  facendo  le  do- 
nate riaerenze  le  bagio  humilmente  le  piedi.  Franoauilla  2  giugno  1677.. 


Eminentissiiso  Signore, 


Di  V.  Eminenza 
Umilissimo  sernitore  e  schiauo 
D.  Petro  Paolini. 


MISCELLANEA  181 


LXXVI. 

(R.  S.  — B.  2449). 

Con  due  reali  dispacci,  dati  il  primo  a  Tarazona  il  4  giugno  1677 
<e  il. secondo  a  Madrid  il  20  giugno  dello  stesso  anno,  si  chiede 
conto  dei  beni  fin  allora  confiscati  ai  Messinesi  in  Sicilia  e  in 
Italia  e  si  danno  alcune  disposizioni  sui  proposito. 


LXXVII. 

iR.  S.  —  B.  imi). 

Il  Senato  di  Catania  con  lettera,  ivi  data  il  9  giugno  1677,  si 
mostra  addoloratissimo  delle  voci  sparse  in  Palermo  e  venute  alla 
■sua  conoscenza ,  secondo  le  quali  in  quella  città  vi  sarebbero 
successi  torbidi  e  malcontento  favorevole  al  nemico  comune;  dicono 
che  ciò  non  avrebbe  potuto  succedere  sotto  l'amministrazione  vi- 
.^ilante  di  un  sì  gran  generale  come  Fra  Don  Diego  De  Braca- 
monte ,  il  quale  ha  sempre  tenuto  tranquillo  il  paese  oltre  che 
respinto  i  tentativi  del  nemico  per  accrescere  i  suoi  acquisti  verso 
la  città  ;  e  pregano  infine  S.  K  il  Viceré  di  rassicurare  con  let- 
tera S.  M.  e  il  Signor  Don  Giovanni  su  tal  proposito,  come  ante- 
•cedentemente  si  era  fatto. 


LXXVIII. 

(R.  S.  -  B.  1684). 

Don  Giuseppe  Donnino,  Capitan  d'  Armi  Ordinario  del  Val  di 
TJoto,  con  lettera ,  data  a  Piazza  Armerina  il  22  di  giugno  1677, 
avvisa  il  Viceré  di  aver  mandato   il   proprio   Tenente   con   vari 


182  MISCELLAKEA 


soldati  a  Modica  per  ricevere  da  quel  Governatore  i  carcerati  e 
gli  altri  Francesi  a  pie  libero ,  che  ivi  si  ritrovano  ,  e  condurli 
nella  Vicaria  (Grandi  Prigioni)  di  Palermo ,  secondo  gli  ordini 
viceregi,  a  lui  comunicati  con  lettera  della  R.  Segreteria  degli  11 
dello  stesso  mese. 


LXXIX. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Don  Diego  Beltran,  Sergente  Maggiore  di  Santa  Lucia,  con  let- 
tera, ivi  data  il  27  giugno  1677,  si  discolpa  delle  accuse  fattegli  e 
fornisce  al  Viceré  ragguagli  sulla  condotta  di  quelle  Autorità  e  di 
alcuni  cittadini  complici  e  corrispondenti  dei  ribelli  Messinesi. 

Eminentissimo  Senor, 

Don  Diego  Beltran,  qne  sirue  el  paesto  de  Sargento  Mayor  de  la  giu" 
dad  de  S.  lucia,  dice  a  V.  M.*  corno  el  Capitan  Juan  batista  brognis  Turco,, 
con  lo3  Jurados  an  scrito  contro  del  a  V.  M.*  a  causa  ,  que  nanca  han 
querido  justicia  en  està  ciudad  siendo  escala  franca  para  ir  a  mesina; 
Emenentisimo  Senor  està  Ciudad  se  a  rebelado  doa  veaes,  y  finalmente, 
tiene  en  Mesina  ocho  rebeUles,  y  sus  farailias  estan  aqui  dentro,  y  cada 
dia  buscan  modo  de  inbiar  roba ,  corno  de  venir ,  y  por  tal  causa ,  he 
becho  istancia  que  se  tengan  las  guardias  a  los  puestos  principales,  para 
ner  las  caras,  y  tener  noticias  de  los  que  van  y  bienen  ;  a  esto  no  a 
sido  posible  quererlos  meter  por  algunos  intereses  que  le  dan,  la  noche 
alti  los  puestos  basios,  y  si  noi  a  darle  parte  me  digen  que  tiencn  horden 
de  no  dispertarlo.  Se  a  seruido  de  nna  espia  la  qual  es  vn  criado  de 
D.  Giacomo  hauerna  que  se  Dama  Qosephf  Scoglio  alias  bucucchia  ,  el 
qoal  va  primero  en  Melavo,  y  sirue  de  centra  spia  al  dicho  D.  Giacomo 
haaerna  ;  estos  dias  pasados  Tue  on  Mesina  y  trayo  a  dos  mugeres.  la 
mnger,  y  Madre  del  Mayor  Rebelde,  que  a  tenido  nuestro  Rey  Antonio* 
Crisatl  el  qoal  yso  rebelar  està  Ciudad ,  y  despues  se  fue  en  Mesina. 
aeiendo  «tempre  escorrerias  en  la  Calabria  comunicando  antes  que  uà 
•n  Mettila  con  los  parientes  de  los  Rebeldes,  y  ha  la  nenida.  Van  en  9xxi 


MISCELLANEA  183 


casa  a  prosecion,  y  esto  es  de  horden  del  gouernador,  y  de  D.  Carlo  Pa- 
gano su  Consejero  y  tio  de  Antonio  Crisafl.  io  he  tornado  preso  a  està 
espia  y  està  en  el  Castro  Real,  y  voi  asiendo  las  pruenas  ;  en  al  tiempo 
del  sitio  de  Melaco  este  mismo  fae  Inbiado  del  Sefior  Marches  de  Villa- 
franca  a  dar  un  pliego  al  General  franche,  y  en  lugar  de  darlo  a  fran- 
che se  lo  trayo  a  Auerna,  y  trae  los  villetes  en  abico  en  Mesina.  asl 
mismo  tome  preso  a  Francisco  y  Fedro  Morina  padre,  y  Ijo  por  hacer 
traido  bueies  en  iMesina,  y  otros  bastimentos ,  y  porque  no  los  quise 
soltar  haciendomelo  pedido  el  y  vn  jurado  D.  Josephf  Marnilo  pariente 
del  Dnca  de  Gian  Paulo,  y  sieron  de  modo  con  el  Alferes  del  Castillo 
que  aligo  que  hera  de  mas  ymportancia  lo  isieron  echar  de  la  ventana, 
ni  a  queri.lo  tornar  informaeion  ;  la  gente  que  viene  sin  paga  a  la 
guardia  digen  que  no  es  ragon  que  tengan  licencia  los  otros,  por  ynteres, 
y  que  ellos  vayan  cada  dia  a  la  guardia  quando  tuuieran  tres  dias  de 
dilacion,  y  porque  le  digo  estas  racones  siempre  me  contradige  y  porque 
veo  que  mi  Rey  y  Senor  es  asin  poco  seruido ,  me  pulro;  no  duermo 
nunca  de  noohe  estando  por  estos  puestos  :  Eminentissimo  Senor  este 
hombre  no  sabe  leher  ni  escriuir ,  y  vn  horden  la  comunica  con  la 
gente  del  pais,  que  luego  se  sabe  lo  que  es.  del  preso  que  solto  del  Ca- 
stillo se  partio  con  el  Alferes  cinquenta  honsas. 

Tanbien  rapresento  a  V.  M.»  corno  hai  dos  Gurados  Vitorino  Pagano, 
y  D.  Josephf  Merula,  el  Vittorino  fue  vno  de  los  que  dio  el  guramento, 
y  canto  el  tedeum  laudainus  al  franses  que  en  aquel  tiempo  se  allaua 
gurado,  el  Marnila  es  pariente  del  Duca  de  Guan  Pablo  el  Rebelde  que 
se  allo  Gurado  en  Mesina  quando  se  rebelo,  y  con  el  comunica  todo  lo 
que  pasa  ;  el  otro  dia  le  hurlaron,  el  caballo  a  Merulla,  y  inbio  a  Me- 
sina, a  su  mitatero  para  que  se  lo  den,  y  porque  io  no  puedo  sofrir  se- 
megantes  infamias,  y  voi  siempre  comò  duende  y  me  rauestro  riguroso, 
me  machinan  infamias  contro  de  mi. 

Isieron  vn  rolo  estos  dos  infames  sin  pensar  que  se  ha  de  morir 
de  los  soldados  de  la  Milicia,  que  van  en  Meiago  y  mitieron  todos  los 
pobres  preseruandose  ellos,  y  de  los  de  mas  que  no  metiau,  so  buscaron 
quantidad  de  dinero. 

Les  quite  las  moniciones  porque  no  estaba  siguro,  y  estan  en  poder 
del  Gouernador  con  sontinelas.  que  no  estaba  de  bien  las  tubiese  vn  gu- 
rado que  abia  dado  Guramento  de  tleldad  al  franses, 

Estos  dias  Pasados  por  medio  de  Don  Gosephf  Merulla  .  y  de  Don 
Andrea  Arerà,  inbiaron  en  Mesina  a  D.  Carlo  polito  de  aqui  ;  y  se  lo 
digo  al  Gouernador  no  se  cura  de  nada  solo  de  inchir  la  borsa. 

Una  noche.  me  digo  D.  Pedro  basili,  y  sainbeni  Mendolia  que  vieron 
al  auemaria  entrar  por  la  puerta  de  la  Valle  vno  con  cara  nascondida, 


184  MISCELLANEA 


y  vestidos,  y  porqae  tabe  Notisias  que  fuese  beneditto  Carroza  Rebelde 
desta  Ciadad  que  es  Capitan  en  Mesina,  y  tiene  la  madre  aqui,  fui  hacer 
algnnas  diligencias,  y  no  queria.  este  hombre  heminentisimo  Senor  es 
vn  bi-'jo  que  no  se  puede  uiouer,  variable  corno  la  luna. 

las  mngeres  las  acompano  asta  el  agna  de  la  crns  seis  millas  legos 
desta  Ciudad  Beneditto  Carrozza,  con  dies  soldados  suios,  y  la  spia  que 
tengo  preso  en  el  castro,  suplico  a  V.  M.*  que  inbie  vn  hombre  de  pue- 
sto  por  delegado  destas  Causas,  y  si  tengo  io  culpa  ,  o  falto  en  algo  en 
el  seruicio  de  mi  Rey  y  Senor  que  io  sea  seueramente  castigado  ,  y  si 
no  que  se  quiten  los  que  inturban  el  seruicio  del  Rey  nuestro  Seìior, 
asi  mismo  suplico  a  V.  M.»  que  me  prouea  de  Gouernador  que  aga  Gu- 
sticia  y  quite  las  coinunicationes  de  Mesina  ;  esto  es  lo  que  me  ofrese 
representar  a  V.  M/  corno  gran  Senor  que  prouea,  y  repare  a  semegan- 
tes  danos,  y  mientras  quedo  Rogando  a  dios  Senor  nuestro  conceda  a 
V.  M/  lodas  las  grandezas  que  su  gran  merito  merege,  le  beso  los  pies. 
Santa  luci;i,  y  Gunio  a  27  de  1677. 

De  V.  M.' 

Umil.  de  criado  que  le  besa  los  PMes 
D.  Diego  Beltran. 

A.  S.  E. 


LXXX. 

(R.  S.  -   B.  1084). 

Il  Duca  di  Gamastra,  Vicario  Generale  a  Siracusa,  con  lettera, 
data  ivi  il  28  '^iuv^no  1677,  prega  il  Viceré  di  metterlo  pronta- 
mente in  corniizione  di  pagare  1  soldati  ,  essendosi  gli  Alemanni 
perfino  ribellati  a  montar  la  guardia  all'appressarsi  della  flotta 
nemica,  e  gli  manda  varie  notizie  riguardanti  la  guerra. 

Eccellentissimo  ed  Emineutissimo  Signore, 

Riceuo  due  lettere  di  V.  Eminenza  delli  18  e  22  del  stante  nelle  quali 
•sorgendo  le  grazie  che  tanto  generooa mente  mi  comparte  cosi  in  uuoler 


mSOSLLANSA  1 85 

mandare  la  gente,  di  che  necessita  questa  piana,  per  guarnirla  in  mag- 
gior accerto  del  scruizio  di  S.  M;  come  dell'applicazione  in  ohe  sta  in 
inuiare  li  rimedij  che  ui  sono  di  bisogno,  che  con  ogni  denoto  ossequio 
ni  dono  à  V,  Eminenza  infiniti  ringratij  espento  dalla  sua  gran  beni- 
gnità, attriuo  supplicarla  della  sollecitudine,  per  trouarmi  in  ogni  caso 
preuenito,  poiché  hieri  Lauendo  presentito  l'Alemanni,  che  m'era  rap- 
portato auuiso  dalle  guardie,  hauerse  discouerto  nel  Golfo  di  Catania  11 
Vasselli,  e  6  Galere,  benché  non  s'  habbiano  più  uednto ,  non  uoUero 
entrare  di  guardia,  e  la  maggior  parte,  prenderono  la  Chiesa,  et  Io  non 
puotendo  far  altro  per  la  contingenza  de  tempi,  fui  costretto  aggiustarli 
per  un  mese  essendoui  nel  Deposito  da  quattrocento  in  più  onze,  giorni 
sono  dal  Percettore  rimesse ,  che  lu  di  sentimento  grande  alli  Nostri 
Soldati,  et  alle  querele  che  mi  portarono,  uolli  quietarli  con  gran  fatica, 
e  con  promessa  che  V.  Eminenza,  et  il  detto  Pt-rcettore  fra  breue  e'  ha- 
nrebbono  mandati  denari,  e  che  l'Alemanni  sono  di  nazione  straniera 
«he  non  compatiscono,  e  Noialtri  siamo  Spagnoli,  che  con  il  sangue 
doniamo  seniire  il  Re  Nostro  Signore. 

Vi  sono  bensì  entrati  in  Agosta  due  Vasselli  con  quattro  Galeotte,  e 
Betondo  ho  saputo  han  portato  Fanteria  per  mutare  Reggimento ,  e  la- 
sciìrui  più  soldati,  conforme  m'afferma,  il  Capitan  di  Caualli  D.  Michele 
Lauletta,  Priggioniero,  uenuto  da  Agosta  in  questa  su  la  sua  parola  con 
licetza  per  due  mesi,  il  quale  dimani  dice  uujler  partire  per  Catania, 
per  ìopo  trasferirsi  in  Cotesta  à  piedi  di  V.  Eminenza  per  trattare  il 
suo  cambio. 

Ha  giunto  in  questa  Piazza  il  Sargento  Maggiore  D.  Fernando  Calcedo 
al  quale  se  le  diede  la  possessione  conforme  l'ordine  di  V.  Emin<>nza 
con  lesollennità  consuete,  è  Don  Giouanni  Angulo  s' ha  già  partito  per 
cotesta  per  uenir  à  piedi  di  V.  Eminenza  la  cui  Eminentissima  Persona 
guardi  Iddio  per  lunghi  e  felici  anni  come  desidero.  Siracusa  28  giu- 
gno Ì6V. 


Eccellentissimo  ed  Eminentissimo  Signore, 


Di  V.  Eminenza 

Humilissimo  Seruitore 

li  Duca  di  Camastra. 


]  86  MISCELLANEA 


LXXXI. 

(R.  S.  —  B.  1684). 

Il  Marchese  di  Geraci  con  lettera,  data  a  Termini  li  30  giu- 
gno 1677,  avvisa  il  Viceré  di  aver  fatto  porre  in  carcere  tre  PP. 
Cappuccini  e  due  frati  dei  Minori  Osservanti  Riformati,  per  essere 
stati  sorpresi  à  confabulare  con  Gola  Maria,  già  precedentemente 
mandato  preso  ai  piedi  di  S.  E.  ;  gli  invia  nello  stesso  tempo  una 
lettera  del  Pad.  Provinciale  dei  Cappuccini,  e  gli  annunzia  la  pros- 
sima venuta  del  Padre  Guardiano  dei  Riformati  di  Gollesano,  in- 
viato dal  suo  Provinciale,  i  quali  tutti  chiedono  di  far  note  le 
necessità  della  loro  Religione  ed  ottenere  da  S.  E.  gli  opportuni 
provvedimenti. 


LXXXII. 
(R.  S.  —  B.  2449). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  5  luglio  1677,  ord'na  al' 
Viceré  di  soccorrere  i  Messinesi  rimasti  fedeli  alla  Corona,  dan- 
neggiati dal  bando ,  che  impone  loro  di  ritirarsi  dalla  costa  per 
dodici  miglia  entro  terra. 

Don  Carlos  Por  la  Oracia  de  Dios  Rey  de  Castilla,  de  Leon .  de  Ara- 
gon  de  las  dos  Sicilias  de  Hierasalem  de  Nauarra  j  de  las  Indiis  et  coe- 
tera .Muy  Reiierendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  Mi  muy 
ebaro  y  muy  amado  amigo ,  mi  Virrey  Lugar  Theniente  y  Capitan  Ge- 
neral del  Reyno  de  Sicilia  en  interim;  El  Virrey  Marques  de  Castel  Ro- 
drigo en  carta  de  17  de  Diciembre  passado  me  dio  quenta  de  hauer  di- 
•poetto  quo  las  familias  de  Mecinesses  se  rctirassen  de  las  Pla<;as  y 
Pnentut  de  la  Marina  dece  millas  tierra  a  dentro,  con  las  penas  conte- 
nldas  en  Ics  bandos  quo  hivo  publicar,  expresando  los  motiios  qne  vba 
para  elio,  y  el  sentimientoy  desconsuelo  qae  les  causaha  estaresolacion, 
eon  caio  moUao  se  le  dio  orden  en  despacbo  de  tres  de  Mar?o  signiente 


MISCELLANEA  1 87 


de  la  forma  en  que  se  debia  governar  en  està  materia  ,  Y  respecto  de 
que  con  ocasion  del  Vando  refferido  que  mandò  publicar  el  Marques, 
gOD  muchos  los  Mecinesses  qae  se  han  passado  a  Napoles  y  han  venido 
y  vienen  cada  dia  à  està  Corte  mendigando  con  summa  miseria  por  ha- 
uerles  sido  forzoso  abandonar  sus  haciendas  ponderanilo  todos  ser  y 
haaer  sido  buenos  Vassallo»  naestros,  attendiendo  à  lo  qne  conuiene 
mirar  à  so  aliuio  y  Consuelo  :  He  resaelto  encargaros  y  mandaros  (corno 
lo  hago)  que  en  proporcion  de  las  racones  y  meridos  de  cada  vno,  vseis 
a  Vuestro  arbitrio  de  los  medios  que  sin  inconueniente  paedan  conducir 
à  su  Consuelo,  y  a  que  puedan  mantenerse,  y  si  algunos  por  la  buena 
salud  y  hedad  ò,  otras  consideraciones,  òs  parecieren  a  proposito  para 
emplearse  en  las  operaciones  militares  ,  les  hagai8  sentar  plaza ,  pues 
assi  podran  ser  utilidad  en  mi  seruicio,  y  ellos  conseguiran  soccorrerge 
en  su  descomodidad,  que  por  ser  cosa  de  equidad  y  commi  seracion  me 
dare  por  muy  seruido  de  lo  que  obrareis  en  benefìcio  de  estos  Vassallos; 
y  sea  muy  Rouerendo  en  Cbristo  Padre  Cardenal  Portocarrero  mi  muy 
charo  y  niuj?  amado  amigo  noestro  Senor  en  Vuestra  continua  guarda. 
De  Madrid  à  ciuco  de  JuUio  de  1677. 

Yo  el  Rey 

Buslamanle  Secretario. 
Etc.  Etc. 


LXXXIII. 

(R.  S.  -  B.  2449). 

Con  real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  5  luglio  1677  ,  S.  M.  sì 
duole  che  i  suoi  ordini  vengano  trascurati,  e  dispone  che  il  Viceré 
esamini  tutti  quelli  pervenuti  fin  dal  giorno  della  ribellione  dì 
Messina  e  dia  ad  essi  pronta  esecuzione,  evitaudo  simile  disordine 
pel  futuro. 


LXXXIV. 
(R.  S.  -  B.  2449). 
Venendo  a  mancare  1'  Università  degli  studi  di  Messina,  e  tor- 


18S  MISCELLANEA 


nando  Palermo  ad  esporre  le  sue  valide  ragioni  per  averne  una 
propri;»,  tra  cui  quella  di  essere  «  la  dimora  regolare  della  no- 
biltà »  S.  M.  stimando  a  pieno  quelle  ragioni  e  i  meriti  «  che  Pa- 
lermo aumenta  con  la  sua  fedeltà  »,  ma  non  volendo  ledere  i  pri- 
vilegi, già  prima  opposti  da  Catania,  ordina  una  seconda  volta  al 
Viceré,  con  dispaccio,  dato  a  Madiid  il  5  luglio  1677,  di  far  discu- 
tere la  quistione,  con  l' intervento  delle  parti  interessate,  dal  Sacro 
Regio  Consiglio,  e  di  riferirne  il  parere  per  la  sovrana  decisione. 


LXXXV. 

(R.  S.  — B.  1685). 

D.  Pietro  Paolini ,  con  lettera  ,  data  a  Francavilla  il  13  luglio 
1677,  manda  al  Maestro  di  Campo  D.  Simonetto  Rossi  notizie  del 
nemico  e  chiede  aiuto  d'  uomini. 

Molto  Illustre  Signor  mio,  et  Padrone  ossequiabilissimo, 

A  questo  punto,  che  sono  hore  23  mi  é  uenuto  certissimo  avviso, 
che  l'armala  del  Nemico  hoggi  é  arriuata  in  Tauormina,  e  che  dimane 
aerri  Vinona  in  detta  Piazza  con  deliberatione  di  dare  in  questa  Fron- 
tiera, e  nella  Città  di  Catania.  Però  V.  S.  solleciti  di  far  uenire  il  soc- 
corso generale,  perche  mi  uiene  pare  aunisato,  che  il  Nemico  é  risoluto 
con  qoalsiaoglia  sua  perdita  uolere  auanzare  per  fare  acquisto  di  qual- 
che altra  piazza.  V.  S.  col  suo  solito  zelo,  e  uigilanza  solleciti  detto  soc- 
corso. Che  (3  il  fine  col  quale  a  V.  S.  bacio  affettuosamente  le  mani.  Di 
Francauilla  a  13  di  loglio  1677. 

DI  V.  S.  Molto  Illustre 

Dabito  grandemente  per  questa  piazza  di  Elandazzo  e  di  tutta  questa 
'frontiera  conforme  al  auisi  che  tengo. 

Aff.mo  e  dev.mo  seruitore 
D.  Petro  Paolini. 

Al  Maestro  di  Campo  D.  Simonetto  Rossi. 


MISCELLANEA  189 


LXXXVI. 

(R.  S.  -  B.  1685). 

Don  Pietro  Paolini  con  lettei'a  ,  data  a  Franca  villa  il  14  lu- 
glio 1677,  manda  al  Maestro  di  Campo  Generale  Don  Simonetto 
Rossi  varie  notizie  militari  della  sua  Frontiera  e  sulle  mosse  del 
nemico. 

Molto  lU.re.  Sig.  mio,  et  Padrone  ossequiabilissimo, 

A  questo  punto  mi  é  capitata  una  lettera  ilei  Signoi"  D.  Gaspare  Borgia 
per  la  quale  mi  auuisa ,  che  il  Nemico  é  risoluto  vendicarsi  perché  si 
stima  esser  stato  offeso  da  me  per  haver  preso  il  Cognato  del  F.  Tomaso 
assaltato  Tuuormina,  e  ferito  Villadio,"et  io  pure  per  altre  strade  ho 
inteso,  che  l'armata  sia  uenuta  in  Tauormina  con  la  Gaualleria,  e  questa 
notte  arriuó  in  Tauormina  l'istesso  Viuona.  Però  V.  S.  si  seruirà  di  far 
calare  tutta  la  gente  possibile  del  soccorjso  generale,  siccome  pure  auuisai 
all'  ortlciali  del  Moio  e  Maluagna  e  particolarmente  a  quelli  della  Roc- 
cella,  della  quale  Terra  nell'altre  occasione  sono  nennte  pochissime  genti, 
e  senza  munizione,  e  li  più  pultroni,  hauendosi  uoluto  seruire  del  bra- 
chio  del  loro  Principe.  Io  ho  scritto  in  tutte  le  sudette  tre  Terre,  V.  S. 
replicheià  li  suoi  ordini,  incorandoli  ad  obbedire,  et  maggiormente  strin- 
gerà quelli  della  Roccella.  Ho  dato  parte  del  tutto  al  Sig.  Generale  della 
Gaualleria.  e  la  presente  con  V.  S.  seme  ancora  per  auermelo  auuisato 
il  detto  Signor  di  Borgia,  come  podrà  ne  !ere  dall'  acclusa  copia  della 
sua  lettera.  Li  soldati  della  Muta  della  Terra  di  Vcria  vennero  senz'armi, 
e  sono  li  più  miseri  e  meschini  del  mondo. 

Lascio  operare  la  prudenza  di  V.  S.  che  so  molto  ben  considererà 
quanto  sia  importante  questa  faconda.  E  con  tal  tìne  la  riuerisco  di  cuore 
e  li  bacio  sue  mani.  Di  Francauilla  a  14  luglio  1677. 

Di  V.  S.  Illustrissima 

VmiliiJsimo  e  denotissimo  seruitore 
D.  Petro  Paolini. 

Sono  arriuati  in  questa  li  35  soldati  di  mirto  e tutto   sia 

per  auuiso  di  V.  S. 

Sig.  Maestro  di  Campo  D.  Simonetto  Rossi. 


190  MISCELLANEA 


LXXXVII. 

(R.  S.  —  B.  1685). 

Don  Simonetto  Rossi,  Governatore  di  Randazzo,  con  lettera,  ivi 
data  il  14  luglio  1677,  si  lamenta  e  chiede  al  Viceré  gli  opportuni 
provvedimenti  perchè,  avendo  dato  gli  ordini  necessari  a  Bronte 
per  provvedere  di  frumento  varie  piazze ,  e  specialmente  Gastro- 
reale e  Francavilla,  quei  cittadini,  come  quelli  delle  altre  città 
della  Gomarca,  sempre  renitenti  anche  in  fatto  di  milizia ,  non 
hanno  obedito. 


LXXXVIII. 

(R.  S.  —  B.  1685). 

Don  Pietro  Paolini,  scrivendo  al  Maestro  di  Gampo  Don  Simo- 
netto  Rossi,  in  data  di  Francavilla  M  luglio  1677,  si  lamenta  che 
il  Viceré  non  segua  i  loro  consigli  nel  provvedere  alla  sicurezza 
di  quella  frontiera. 

Copia  de  la  Carta  de  Don  Fedro  Paolin  Gouernador  de  la  Plaza  de 
francauilla  Al  Senor  Mastro  de  Campo  Don  Simonetto  Rossi. 

Molto  mastre  Signor  mio  e  Padrone  osseqaiabilissimo, 

Con  mio  grandissimo  sentimento,  et  confusione  riceuo  la  fauorita  di 
V.  S.  con  l'acclusa  lettera  di  S.  Emmenza,  e  da  quella  riconosco  quunto 
detto  Eminentissimo  Signore  uiene  ingannato  in  dar  credito  più  alle  pa- 
role delti  Villani,  e  di  gente  male  affetta,  et  male  intentionata  al  sernitio 
del  Re  Nostro  Signore,  li  quali  con  mille  trampe,  et  sutterfugij  donano 
ad'  intendere  alli  Superiori  tutte  quelle  materie,  che  cercano  in  loro  be- 
neficio; che  alle  parole  dell'Officiali,  et  Ministri  di  guerra,  che  di  notte, 
et  di  giorno  8i  suiscerano  per  1'  accerto  del  Real  seruitio,  et  quello,  che 
rappresentano,  ó  tutto  per  il  maggior  accerto  del  seruitio  di  S.  Maestà; 


UISOELLAMEl.  191 


et  forse  non  é  noto  a  S.  Eminenza  quello  che  sanno  gli  Comandanti,  che 
sono  sopra  il  luoco,  e  conoscono,  et  uedono  il  tutto  con  gli  proprij  oc- 
chi ;  e  se  S.  Eminenza  sapesse  il  terreno,  et  il  paese ,  come  so  io ,  son 
sicuro,  che  non  darla  tal'  ordini,  anzi  fulminarla  di  uantaggio  di  quello, 
ha  fatto  V.  S.,  et  che  fo  io  ;  e  quando  il  nemico  se  risolue,  in  tempo  di 
quattr'  hore  può  marciare  dal  suo  dominio,  e  conferirsi  in  questa  fron- 
tiera ;  e  mentre  che  S.  Eminenza  dona  simili  ordini,  et  non  hanno  uo- 
luto  fin'  hora  inulare  in  queste  parti  soldati  veterani,  credo,  che  s'iraag- 
gineranno,  che  quando  l' Inimico  uuol  marciare  per  queste  parti ,  mi 
farà  fauore  auisarmelo  otto  giorni  innanzi,  affinchè  poi  Noi  ui  possiamo 
prouedere,  e  preuenire ,  et  aspettare  il  soccorso  della  Canaglia  Villana; 
Signor  mio,  io  non  so  più  dove  sono,  e  dubito  ,  per  ueder  le  cose  di 
queste  genti  in  tal  forma,  che  ò  haueró  da  perdere  il  ceruello,  ò  crepar 
di  subito  per  dolore,  e  quello,  eh'  ó  peggio ,  che  hora  per  le  scarsezze 
de  fermenti,  dove  noi  fln'hora  hauemo  tenuto  assediato  l' Inimico,  Esso 
hora  assedierà  noi,  perche  ui  é  più  abpndanza  in  quella  parte,  che  non 
in  questa;  Il  fermento  naie  in  Messina  à  diece  scudi  per  salma  per  chi 
lo  compra  sopra  li  uascelli,  et  à  scudi  undici ,  e  tari  diece  nelli  ma^^'a- 
zeni,  et  né  n' è  quantità,  et  in  abondaiiza;  equi  le  terre  di  questa  fron- 
tiera gridano  misericordia  per  furmento  ;  e  questa  ó  una  materia  di 
tanta  considerazione,  che  in  pensarci  bene  fa  fare  li  capelli  bianchi;  et 
io  con  mie  lettere  non  ho  mancato ,  né  mancherò  mai  di  rappresentare 
a  S.  Eminenza,  alli  Signori  Generali,  et  à  tutti  li  Tribunali,  et  alla  Sm- 
tissima  Trinità,  per  quanto  é  possibile;  et  non  mancherò  mai  di  gridare 
et  rapresentare  quello,  che  intendo  esser  di  conuenienza  per  il  seruigio 
del  Rè  Nostro  Signore,  e  dubito,  che  all'  ultimo  schiatterò  cantando  come 
le  Cicale  ;  V.  S.  per  esser  gran  soldato,  et  hauer  differente  posto  del  mio, 
deue  cantare  più  chiaro,  perche  non  so,  come  questi  Signori,  potranno 
permettere,  che  un  galant'  hnomo  stia  cosi  a  rischio  di  perder  la  sua 
riputatione  ;  Ho  già  licentiato  la  gente  di  Nicosia ,  conforme  V.  S.  mi 
auisa,  et  rimando  a  V.  S.  l'acclusa  lettera;  e  per  fine  riuerendola  di 
cuore  con  ogni  denoto  affetto  le  bacio  le  mani.  Di  francauilla  a  31  lu- 
glio 1677. 


Di  V.  S.  mio  Signore, 


Hnmilissimo  e  deuotissimo  seruitore 
Don  Petro  Paolini. 


192  MISCELLANEA 


LXXXIX. 

(R.  S.  -  B.  1685). 

Ck)pia  (ìi  una  lettera,  spedita  da  D.  Pietro  Paolini  sotto  la  data 
del  2  agosto  1677  a  D.  Simonetto  Rossi,'  Maestro  di  Campo  Gene- 
rale e  Governatore  della  Gomarca  di  Randazzo ,  per  chiedergli 
alcuni  provvedimenti  riguardanti  il  vettovagliamento  e  dargli  no- 
tizie del  nemico. 

Copia  della  lettera  di  Paolini  Inuiata  al  Signor  Mastro  di  Campo  Don 
Simonetto  Rossi. 

A  questo  punto  ho  inteso  che  in  questa  Piaza  non  u'ó  più  Tormento 
per  farse  II  pane  di  monitione  onde  sono  nella  maggior  confusione  del 
mondo  ;  E  perche  un  mese  si  là  annidai  a  S.  Eminenza  che  qui  non  ut 
era  Tormento  per  detto  [)ane  di  monitione,  e  si  compiacque  ordinare 
nella  Terra  di  Bronte  che  me  ni  fossero  consignate  salme  duecento,  però 
mandai  11  monitioniero  di  questa  per  farse  consigliare  detto  fermento  II 
qnalc  al  ritorno  mi  riferi  che  l'hanena  hauuto  per  consignato ,  e  1' ha- 
uena  lasciato  In  potere  di  Giouan  Battista  aucillaturi,  e  Insino  ad  hora 
di  dette  salme  200  ni  sono  uenuti  à  pena  salme  80,  et  il  detto  monitio- 
niero m'  ha  detto  non  uè  n'  esser  più  del  detto  tormento  che  sé  1'  ha 
preso  non  so  chi,  pertanto  ho  carcerato  al  sudetto  monitioniero  e  mando 
serio  ad  Alfonso  Pascale  sus titolo  del  Signor  Don  Marcello  Veles  che 
bà  fatto  11  partito  del  formento  con  un  Capitano  di  Campagna  ,  acciò 
portassero  qui  carcerato  al  sudetto  d' Aucillaturi,  et  ad  altre  persone  che 
hauessero  hauuto  In  potere  dette  salme  200  di  formento  affine  che  pro- 
carino far  uenire  V  Integra  somma  di  detto  formento  altramente  soa 
costretto  lo  fugirmene  dà  questa  piazza,  non  solo  per  là  necessità  u'ó  per 
goccorrere  là  gente  che  qui  si  troua,  ma  anchora  per  hauermi  uenuto 
à  notitia  da  persona  uenula  hoggi  dà  Messina  che  II  nemico  sta  Imbar- 
cando là  sua  gente  sopra  li  Vascelli  e  che  per  hauere  arriuato  II  terzo 
della  sua  armata  In  breve  marcerà  per  questa  Frontiera,  ò  per  Catania, 
Il  che  «eruirà  per  auuiso  di  V.  S.  hor  consideri  V.  S.  In  che  labirinto 
mi  trouo  però  si  degni  restar  seruita  mandar  suoi  ordini  all'oftlciali 
della  Terra  di  Bronte,  sicome  anchora  Io  li  scrino  ,  acciò  mandassero 
qui  carcerati  allo  sudette  persone  per  Insino  che  consigneranno  la  su- 
detta  Iiittgra  somma  di  formento  chi  é  il  fine  col  quale  bacio  a  V.  S.  le 
mani  francauilla  2  d'  Agosto  1077.  di  V.  S.  molto  Illustre  Humilissimo 
e  deuotlssimo  seruitore  D.  Pietro  Paolini. 


MISCEI.LANKA  1 9i 


A  questo  punto  che  sono  ore  (Ine  di  notte  dopo  d"  haner  fatto  la  let- 
tera mi  capilo  auuiso  dalla  parte  di  Sauoca  ,  e  della  Liniina  che  uenti 
galeri  è  molti  tartani  hoggi  diediro  fondo  nella  praija  di  Sauoca,  et  han- 
no sbarcato  molle  {,a'nte,  e  dicono  che  doneranno  mai'ciare  per  questa 
frontiera,  e  per  questi  Citta  di  Randazzo,  et  è  assai  ci-edibile  anzi  lo- 
tengho  per  assentato  che  marci  per  questa  parte  perchè  l'haver  sbarcato 
la  gente  in  detta  i)raija,  non  può  esser  per  altro  effetto;  Di  più  da  Ta- 
uormina  mi  uieiie  avvisato  che  molte  tartane,  et  otto  Vascelli  habbijno 
fatto  sbarco  di  genti  nolli  giardini  di  Tanormina,  che  però  ni  dono  parte 
a  V.  S.  acciò  stia  preueniilo  col  suo  solito  zelo,  e  ^li  quello  che  di  nuouo 
mi  uerrà  auuisato  non  lasceiò  di  dar  parte  à  V.  S.,  e  di  nuouo  le  bacio 
le  mani. 


XC.  . 

(R.  S.  -  li.  2449). 

Avendo  il  Duca  di  Boui*neville,  Governatoro  Generale  delle  ar- 
mi in  Sicilia,  scritto  al  Re  fi-a  le  altre  coso  che  per  mantenere 
nell'Isola  un  esercito  siilllciente  ai  bisogni  della  guerra  fossero 
duopo  (30000  scudi  al  mese,  non  calcolando  in  essi  la  paga  dello 
Stato  Maggior  (ìenerale,  treno,  macchine  di  guerra,  munizioni  ed 
altro  bisognevole,  S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  2  settem- 
bre 1077,  invia  al  Viceré,  Cardinal  Portocarrero,  il  seguente  conto 
della  spesa  presunta  necessaria,  che  è  lo  stesso  mandato  al  Vi- 
ceré Marchese  di  Castel  Rodrigo  il  10  febbraio  dello  stesso  anno, 
onde  su  di  esso  coniei'isca  col  Duca  e  si  risponda  in  modo  più 
preciso  lilla  reale  inchiesta  fatta  sul  proposito. 

Relation  y  tanteo  del  dinero  quo  se  considera  ne^-essario  Cada  me» 
para  mantener  vii  Kxercito  en  el  Reyno  de  Siyliu  para  Campear  y  òbrar 
que  segun  se  ha  discurido  en  el  Consejo  parche  que  serau  negessarios 
12000  Inl'antes  (a  demas  del  Tergio  ordinario  de  Espanal'j's  que  se  paga 
pop  ci  Real  Patrimonio  de  aquel  Reyno)  y  1200  Cauallos  computando  las 
pagas  enteras  de  los  Cauos  pringipales  y  otìciales  de  primera  plana 
mayor  ;  y  el  socorro  de  los  demas  òtìciales  y  soldados  y  gastos  que  se 
ofreyen  cn  la  forma  que  se  reflrira  y  lo  que  toca  à  pan  de  Munigion 
gastos  de  Proueedoria  ;  y  Arlilleria  se  pondran  en  su  lugar  pero  no  se 

AnJi.  Slù>\  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  13 


194  lUSCELLAXEA 


pueden  poner  partidas  flxas  por  no  sauerse  la  formalidaden  qae  correa 
los  pagamento;:  en  aquel  Reyno  y  el  tanteo  se  liai^e  scgun  las  notigias 
qae  se  h;in  adquirido  y  por  el  ostilo  de  los  Exercitos  de  otras  partes 
no  poniendose  eu  està  Relation  gasto  ninguno  locante  à  Aruiada  Mari- 
tinia  haviendcse  de  hazer  estas  prevenciones  por  la  parte  donde  loca  ; 

Primeva  piana  del  Excrgilo  ; 

Reales  de  piata  dobles 

El  Virrey  y  Capitaci  General  de  Sicilia  goza  de  sueldo  cada 
ano  28875  escudos  de  12  tarres  que  so  paga  por  el  patrimonio 
por  cuya  racon  no  se  saca  nada. 

La  paga  de  Maestro  General  son  5000  escados  ....      5000 

La  paga  de  General  de  la  Caualleria  Idem 5000 

La  del  Teniente  General  della  3000  escudos       ....      3000 

La  de  vn  Comisaiio  General  1500  escudos  y  dos  ayudantes  à 
500  escudos  a  cada  vno  son  2500  escudos 2500 

La  paga  de  los  Ministros  de  liazienda  conio  son  Veedor  Con- 
tador  l'agador  y  otros  ofi^-iales  se  entiende  que  su  pagamento  en- 
tra en  las  libranyas  del  Patrimonio  pero  comò  el  exercito  a  de 
Campear  y  obrar  se  nezecitara  de  mayor  numero  de  Ministros  y 
oticiales  y  el  Virrey  nombrara  los  que  Jusgare  sean  necesarios  y 
so  computa  en  caso  que  se  balga  dellos  en  3000  reales.       .        .      3000 

Las  pagas  de  tres  tenientes  de  Maestro  de  Campo  general  que 
parere  son  pre^Msos  por  el  manejo  del  Exercito  a  1000  escudos 
cada  ano 3000 

La  paga  de  seis  ayudantes  de  Teniente  de  Maestro  de  Campo 
General  a  400  escados  cavno  son  2400 2400 

Iji  pnga  de  dos  Generales  de  Artilleria  titulares  y  trus  Mac- 
stres  de  (^mpo  qae  se  consideran  para  Gouernadorcs  do  pla^s 
los  Generales  de  Artilleria  3000  escudos  y  los  Maestros  de  Campo 
ù  1100  ymportan  9480  escudos 9480 


MISCELLANEA  19-J 


La  paga  do  los  entretenidos  qne  suele  liauer  cerca  de  la  per- 
sona del  Capitan  General  se  computa  en  4000  escudos  .        .        .      -4000 

La  paga  de  Capellan  mayor  de  la  Caualleiia  son  500  escudos 
y  media  paga  250 2r»0 

La  paga  del  Cnartel  Mastre  Heneral  y  sus  Ayudantes  ympor- 
tara  lODO  escudos  y  media  paga 500 

La  paga  de  Pague  de  Gion  qne  goza  250  escudos  el  aposenta- 
<lor  de  la  Coito  oti'os  250  el  Capitan  de  Guia<  250  y  su  Teniente 
200  ymportarau  950  escudos  y  media  paga 475 

La  media  paga  de  Auditor  General  y  sus  >!inlstros.        .        .      1000 

La  paga  de  pr^noste  General  y  su  Theniente  y  40J  placas  qne 
se  computan  paia  su  Cùnipaaia  ynipaitara 3000 

Infanteria 

En  el  Reyno  de  Sicilia  ay  el  Tercio  fijo  de  espanoles  qne  de 
ordinario  solia  cer  de  3100  plagas  en  2G  companias  y  guatnecia 
los  Castillos  Kegios  y  quedavan  1000  pla^as  en  Palermo  que  ser- 
uian  paia  guarne(.f'r  las  Galeras  quando  saiian  del  Ueyno  y  el  pa- 
gamento de  este  Tercio  corre  por  el  Real  Patrimonio  de  los  efectos 
de  tandas  pero  Fegun  se  refleren  los  practicos  pai-e(;o  que  a  falta 
de  alguna  Cantidad  de  e^'t:l  contribu<,-iones  por  los  trauitjos  de  la 
Guerra  y  a  los  que  lienen  yatellixencia  de  aquel  Pals  les  parege 
se  podra  sustentar  con  el  di  nero  que  qucdara  enter  del  diclio 
Tergio  con  2500  Pla^as,  o,  las  mas  que  alcantare  de  las  quales  se 
liabran  do  guarncyer  los  Castillos  y  dejando  alguna  guarnicion  en 
Palermo  se  podra  sacar  alguna  i)ai-to  en  Campana  si  la  necesidad 
obligare  y  no  se  liallaro  ynconueniente  y  por  pagarso  este  Terbio 
de  los  elVctos  referidos  no  se  saca  .lo  que  ymporta  su  pagamento. 

Parere  que  para  harer  la  Guerra  òfensiva  al  enemigo  para  pro- 
curar sacarle  de  aquel  Ileyao  combendra  que  se  forme  vn  Eser- 
cito de  12000  ymfantes  elecrtivos  y  para  engrozarle  (si  no  se  en- 
contrare  con  ynconuenieates  graue-sj  se  .podra   baler  de  algunas 
.  Miligias  del  Pais. 


195  MISCELLANEA 


Los  12000  ymfantes  Compreendidos  en  ellos  las  primeras  planas 
menores  corno  son  pagiies  Abanderado  y  do.-?  tambores  (ademas 
del  Tergio  Viejo  de  Espanoles)  se  pueden  reduvir  a  11  cnerpos 
de  9  tercios  de  Espanoles  y  Italianos  a  1000  hombres  cada  vno  y 
2  regimientos  Alemanes  de  1500  cada  vno  y  se  considera  en  90 
Campafiias  de  Espanoles  y  Italianos  yncUisas  las  do  los  Maestros 
de  Campo  y  los  2  regimientos  de  Alemanes  por  gozar  los  Coro- 
neles  y  oficiales  de  sueldos  muy  cregidos  se  pondra  su  socorro 
en  partida  separa  da. 

La  paga  de  9  Maestros  de  Campo  à  1160  escudos  cada  vno  im- 
porta 10440  escudos 1044()' 

La  paga  de  9  Sargentos  mayores  a  050  escudos  cadavno  ym- 
portan  5850  escudos 5850^ 

La  paga  de  iS  Ayudantes  de  los  Tercios  a  200  escudos  cadavno 
ymportan  3600  escudos 360O 

A  9  Capellancs  de  diclios  Terrios  socorridos  a  80  escudos  .  720' 
A  9  Capitanes  de  Campana  a  100  escudos  cadavno  .  .  .  900'' 
A  9  furrielcs  mayores  a  80  escudos  cadavno    ....       720 

A  9  tambores  mayores  a  CO  escudos 540*< 

A  81  Capitanes  qne  son  las  Companias  que  quedan  bajadas  las 
de  los  Maestros  de  Campo  quo  g0(;an  a  400  escudos  i\  media  paga 
importa  1C200  escudos 1G20O 

A  90  Alferezes  por  yncluirse  las  de  los  Maestres  Campo  que  go- 
<;an  150  escudos  a  media  jjaga  importa  6750  escudos     .        .        .      6750 

A  9  Sargcnto«  «hk-  l'o/an  a  900  escudos  a  media  paga  importa      405O 

el  numero  de  Uis  UOOO  Soldados  sin  los  Alemanes  se  supono 
Abra  2700  mojiqut'leros  y  a  estos  pareco  se  les  puode  socorrer  li 
15  Uealcs  de  piala  quo  lia<;en  20  taries  y  medio,  importa  405000 
efcados         .        .        .        .        ' 40500 


MISCELLAKEA  197 


A  6300  Arcabureros  y  picas  a  13  reales  de  piata  a  cadavno  que 
liacen  17  taries  y  medio  ymporta  81900  oscudos    ....    81900 

Atendiendo  qne  en  las  Compaùias  de  espaùoles  y  Italianos  pa- 
ra el  mai!ejo  dellas  es  prc/iso  que  aya  Cauos  de  esquadra  los 
quales  tienen  mucho  trauajo  y  de  ordinaria  de  Soldado  se  podra 
socorrer  a  cadavno  con  vn  escudo  mas  y  conputando  4  Cavos  de 
Esquadra  por  cada  Campania  ymporta  3500  es.'udos      .        .        .      3600 

Siendo  preciso  que  en  el  cuerpo  del  Exercito  aya  oflQiales  re- 
■formados  para  la  buena  diciplina  del  se  considera  los  que  se  siguen. 

Dos  Maestros  de  Campo  que  gozan  800  escudos  y  media  paga       800 


Qnatro  sargentos   mayores   que   gozan    400  escudos  a  media 
•paga 


40  Capitanes  que  gozan  250  escudos  a  media  paga  . 
A  10  Ayudantes  à  70  escudos  a  cadavno     .        ,        .        . 
50  Alferez  que  go^an  cadavno  120  escudos  a  media  paga 
60  Sargentos  quo  gozan  à  100  escudos  a  media  paga. 


800 

5000 

700 

3000 

3000 


Los  dos  Regimientos  de  Alemanos  qne  se  supone  an  de  lener 
3000  hombres  en  los  quales  liabra  200  plaoas  de  Oflriales  con  que 
vaxadas,  quedan  2S00  Soldadcs  y  socorridos  a  15  Reales  de  piata 
•  que  ymportan  42000  escudos 42000 

Para  ci  Pagamonto  de  los  Coroneles  y  oflciales  de  los  dos  Re- 
gimientos y  Estados  Coroneles  no  se  puede  poner  cantidad  fixa 
.por  la  variagion  de  los  sueldos  que  son  muchos  y  grandes  pero 
-computandolo  por  otros  que  han  seruido  en  los  exercitos  se  con- 
«ideran  tres  mil  y  quinientos  Escudos  35000  escudos    .       .        .    35000 

Cada  Regimiento  podra  tener  10  Compaùias  comprendidas  las 
*de  el  Coronel  Theniente  Coro  nel  y  Sargento  mayor. 


19S  MISCELLANEA 


Caballeria 

La  Canalleria  del  exercito  que  a  de  ser  pagada  por  qnenta  de 
Su  iMagestad  se  suponen  1200  Canallos  y  auriqueeste  numero  no 
es  vastar.te  para  poder  Campear  y  obr:ir,  o,  primiendo  al  eneini- 
go  pero  considerandose  qne  en  el  Reyno  de  Sicilia  Ics  varones 
estan  obligados  de  dar  1600  Cauuilos  pagados  y  sustentados  en 
Campana  por  3  messes  Cada  aùo  en  Tieni  pò  de  ocasion  y  la  mi- 
licia  de  Canalleria  que  ostan  obligados  à  dai*  otros  IGOO  Cavallos 
en  la  propia  nianera  ;  y  {is.<i  mismo  hai  vna  Compania  de  Bor- 
gonones  de  100  Canallos  que  se  paga  de  los  ofectos  del  Real  Pa- 
trimonio y  està  se  afìade  al  numero  de  los  1200  Canallos  para 
Beruir  continuadamenle  y  para  que  huuicsse  mayor  numero  de 
los  1200  Canallos  en  todo  el  ano  se  pudiesse  el  Virrey  ajustar  en 
el  Parlamento  qne  atento  que  los  barones  y  la  Miliria  deuen  dar 
SUGO  Canallos  por  trcs  messes.  quo  en  t:u  lugar  yciessen  algun 
semidio  pecnnario  para  que  con  el  se  aumentasse  ci  numero  do 
Canalleria  del  Exercito  escusandolos  por  liaora  de  as^is^tir  con  los 
tres  mii  y  dagientos  Canallos  por  los  tres  messes  qne  estan  obli- 
gados y  con  eslo  Ics  seria  menos  penoso  y  se  mantendria  todo 
el  ano  niayor  grnesso  de  Canalleria  e^^lo  podria  encaminarlo  el 
Virrey  con  mancra  y  subauidad  para  que  la  noblega  y  todos  entren 
con  gusto  ha  hager  el  seruigio. 

Los  Mil  y  ducientos  Canallos  pare(;e  seran  en  20  Companias 
ynclusas  las  primcras  planas  conpreendidas  las  dos  del  Cajjitan 
General  la  del  General  de  la  Canalleria  Tbeniento  General  y  co- 
misario  General  y  siendo  17  Capitanes  los  15  de  Companias  Sen- 
gillas  y  dos  de  las  del  Capitan  Genei-al  go^ando  de  1100  escndos 
Cadàvno  la  media  paga  ynìporta  U350  escudos       ....      9350- 

A  20  Tenicnti's  (por  yncluirse  los  de  las  Companias  de  los 
Cauoi<)  gozando  500  escndos  cadavno  la  media  paga  importa  5000 
escudos.       .       • 5p0O 

La  media  paga  de  20  alfcreces  qne  gozan  3S0  escndos  ympor- 

ta  iMx) ssoa- 

El  Sccorro  de  1203  Soldados  ù  Ilacion  de  32  Rcalcs  de  piata 
que  »on  A4  tarle«  importa  38400  Esuudos 3840O 


MISCELLANEA 


199 


Al  furici  major  de  la  Caualleria 


100 


Considerase  abra  seis  Capitanes  do  Cauallos  roformados  10 
Theriieiites  y  10  Alferez  y  ^-ozaiido  Ioh  Capitanes  à  800  escudos, 
los  Teiiientes  a  200  y  los  Alferez  a  150  la  media  paga  imporla 
4/00  (sic)  escudos 4900(5/c> 

Dìferenles  gaaloa  que  sa  eonsideran  precisos 

La  asi.<ìtencia  de  los  O.'pilales  para  la  Curacion  de  los  Solda- 
dos  pagamento  del  Vicario  General  Medicos  Cirnjanos  platicantes 
Votica  y  demas  personas  que  asisten  a  los  Hospitales  se  eonsi- 
deran importara  ^OCOO  Rcales  Cada  mes 2000O 

Los  gastos  Secretos  no  tiene  Consideragion  lìxa  por  la  Va- 
riedad  de  scr  n^as  y  menos  seguii  los  Cassos  que  se  orre(;eri  y 
assi  para  ellos  conio  para  Correos  y  faliicas  y  otros  de  oste  ge- 
nero se  entiende  ay  consignavion  p-^r  el  Patrimonio  de  efectos 
de  tandas  y  por  està  Ka<,-on  no  se  saco  nada. 


Los  gastos  para  las  fortiflca^-iones  no  se  pnede  liayer  Juicio  de 
Cantidad  fixa  porque  se  liabian  de  fortificar  muclios  puestos  y 
el  gasto  sera  grande  por  mayor  se  computa  eu  4'X)00  escudos 
por  algnn  Tiempo  liasta  que  se  pongan  en  buena  forma  y  se  po- 
dra  procurar  que  se  ayude  con  lo  que  se  pudiere  del  llrsiduo 
del  los  Donativos  que  se  entiende  à  liecho  el  Reyno  para  este  efecto 
y  no  se  ha  cobrado  lodo  y  de  otros  meùios  que  aya  para  ellas    . 


4000O 


Ar  lineria 

Por  lo  que  toca  a  los  Castillos  Rcgios  el  gasto  bassi  de  ofigia- 
les  mnnizionesy  pertrechos  de  Gueri-a  corre  por  el  Patrimonio  de 
los  efectos  <le  tandas  y  las  torres  de  las  Marinas  se  manlienen 
por  quenta  del  Reyno  y  su  Diputagion  con  que  solo  habra  de 
proueer  el  dineio  iiecesario  para  lo  que  toca  a  la  Artilleria  del 
Exercito  y  para  las  Preuengiones  de  Campana. 


Para  el  pagamento  del   General  de  la  Artilleria  Tenicnle   Ge- 
neral,  Ayudanles,   Veedor  y  sus  oliciales  Capellan   mayordomo 


200  MISCELLANEA 


Auditor  Gentiles  hombres  Capitanes  de  la  Aililleria  ,  de  Petar- 
deros  de  miiiadores  de  gastadores  Condestables  minadores  Artil- 
leros  granadores  olìciales  de  fiiegos  Attificiales  lierreros  Carpin- 
teros  y  losi  ofìcia'.es  quo  s;  toman  a  joriial  para  lodo  genero  de 
obras  y  para  las  Compras  de  lo  quo  e.s  necesar  o  do  eiicaual- 
ganilento  aderczo  de  Armas  y  obras  gasto;'  ordinarios  qiie  se 
ofregen  en  la  Artilleria  se  pueden  comprar  en  2G000  Reales  cada 
mas  en  ellos  no  se  ynclaie  la  compra  de  munigiones  Arinas  ni 
Artilleria  que  osto  so  provee  jKjr  asieiitos  de  difrentes  partes  ni 
tampoco  el  Carnaje  Azemikis  ni  niulas  d^;  T.ro  jorque  estas  so 
abran  de  proueer  con  forme  su  huuiore  de  comprar  y  obrar  en 
<[ue  no  se  puede  hagor  computo 2G000 

Proueeduria 

Para  el  pagamento  del  Proueedor  General ,  su  Teniente  tene- 

•dores  de  bastimoutos  y  oti-os  ofigiales  se  consideran  3000   Reales 

^ada  mes 3000 

k 

Para  el  pan  de  los  12000  liifantes  que  son  los  quo  se  suponen 
-àdemas  del  Tercio  ordinario  de  Kspanoles  que  se  mantieneu  por 
€l  Real  Patrimonio  y  1200  Soldados  de  àcavallo  y  para  las  llaQio- 
nes  que  se  dan  a  los  oligiales  jcnte  de  Artilleria  y  extraordina- 
rios  corno  son  gastjnlores  y  otros  que  se  ofregen  distribuir  se 
pueden  considerar  basta  15000  Ragiones  cada  dia  y  segun  se  tie- 
ne entendido  quu  à  costado  a  difrentes  prccios  y  en  algun  Tiem- 
po  y  Vltimamcnte  administrandolo  la  Rexia  Corte  a  salido  a  qna- 
tro  granos  cada  ra^-ion  poco  mas,  o,  menos  y  computandolo  a 
•quatro  granos  aunque  se  podran  liayer  las  diligengias  posibles 
para  vaxar  el  pregio  las  diclias  TiOOO  Ragiones  cada  dia  bagen 
en  vn  mes  4'000  Y  ymportan  90000  Taries  moncda  de  aquel 
Reyno  roduciilas  a  "20  granos  cada  larie  y  omplata  doble  63454 
Kealcs  Reduciendo  cada  Keal  do  a  odio  a  11  taries        .        ,        .    65454 

Zeuada  para  mantener  Ioa  1200  Cauallos  y  las  ragiones  que 
ne  han  de  dar  a  los  otìciales  conformo  las  Vocas  que  estaran  Se- 
fialada»  a  cada  uno  que  cti  todo  se  eomputan  l'iOO  Ragiones  quo 
■e  lian  do  dar  a  los  oHgialO't  cada  dia  y  cn  vii  mes  son  42000  y 
«egun  so  tiene  entendido  quo  questa  cjda   Ragion    vn  tari  con- 


Mise  ELLA  XE\ 


120 1 


preendida  la   paxa  a  està    Racon    ympoitaian   42C00   taries  y  en 

piata  205iG 305-46 

No  pudienclose  sauer  la  parte  donde  se  liabra  do  Campoar 
paia  la  dislani.ia  de  las  Conduriones  de  pan  y  Ceuada  no  se  pone 
lo  queympurtara  el  Caiuajo  ni  Vagaxe. 

Por  lo  que  toca  a  la  Caualleria  del  PaL<  y  los  Soldados  de  In- 
fanteria de  niilizias  que  se  huuieren  de  llaniar  pai-a  que  siruan 
en  Campana  conforme  la  necosidad  ubligare  à  elio  no  j^o  pone  eu 
-està  Relac'ion  pan  ni  Couada. 

Todas  las  disposigiones  que  locai  en  al  buen  Oovierno  y  a  la 
-Infanteria  y  Cavalleria  del  Pais  y  Esercito  y  gasto  coaibendra  quo 
se  dejen  a  la  disposiyion  del  \irrey  y  Capitan  (ieneral  para  quo 
obio  en  lodo  con  el  acierto  que  so  espera  del  conocimiento  que 
tendra  en  qualquiera  cossa  que  so  oliesca, 

IL'sumen  General 


Primera  pianta  del  Exercito 42005 

Inlanteria 'JGOOTO 

Cavalleria Olórn) 

Dilrentes  ^jastos OOOOO 

Artilleria 2GOU0 

Pro  veed  uria 'JÌ)0O) 


55Ó225 


El  Duque  de  San  German. 


202  MISCELLANEA 


XCI. 


(R.  S.  —  B.  2.U9). 

Rea!  dispaccio  dato  a  Madi-id  il  20  Settembre  IG77  sulT  argo- 
mento di  cui  si  occupa  il  documento  precedente,  nel  quale  si  de- 
terminano più  specialmente  le  spese  che  debbano  esser  poste  a 
carico  del  R.  Patrimonio  del  Regno  di  Sicilia. 

Don  Carlos  por  la  gracia  de  Dios  Rey  de  las  Espanas  de  las  dos  Si- 
cilias  de  Hìerusalem  etc.  Muy  Reuerendo  en  Christo  Padre  Cardenal 
Portocarrero  mi  muy  charo  y  muy  amado  amigo  de  mi  Consejo  de  Esta- 
do  mi  Virrey  y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia  en  Ynterim.  Con 
motiuo  de  lo  qne  el  Duqne  de  Bornonuile  escriuio  dando  quenta  de  qne 
para  el  diario  del  Kxercito  liei*an  nienester  00000  Escudosal  mes  excepto 
las  primeras  planas  Tren,  p*^rtreclios  y  municiones  ;  mandò  en  despa- 
cho  de  2  del  corrieute  se  os  enviase  duplicado  de  la  pianta  quo  se  hizo- 
del  Kxercito,  y  so  remitio  al  Marques  de  Castel  Rodrigo,  para  que  la 
confirieseis  con  el  Dnque  y  que  teniendola  piescnte  me  informaseis  de 
acuerdo  muy  por  menor  (conio  tambieu  a  el  se  lo  encarque)  lo  que  se- 
ria necesario  para  el  Kxercito  quo  oy  bay,  Trcn,  municiones,  y  pcrtre- 
clios,  distinguiendo  el  empieo  do  los  50000  Escudos  de  mesada,  y  dicien- 
do  por  menor  lo  que  Caltase,  y  para  que  efectos  con  expression  de  lo 
que  a  cada  vno  tocase,  para  que  en  vista  de  lodo  resuelua  lo  que  tubiere 
por  mas  conveniente,  encargando  os  tambien  procureis  dosdo  luego  re- 
ducir  los  gastos  a  lo  preciso  escusando,  todo  lo  superfluo  y  la  multipli- 
cida<l  de  las  primeras  planas,  y  oUlciales  y  prettriendo  el  socorro  de  los; 
foldados  para  quo  se  conseruen.  Y  por  lo  que  conviene  que  este  infor- 
me venga  con  toda  indiuidnalidad  a  efecto  de  que  con  entero  conoci- 
micnto  puoda  yo  lomar  resolucion  fi)a  comò  cs  tan  conveniente.  Ile  que- 
rjdo  de  mas  de  lo  quo  se  os  preuino  en  el  desjjacbo  citado,  aduertir  os 
en  c«te  que  el  gaslo  de  Ynfuntcria  del  Tercio  Prouincial  de  et  e  Reyno 
coniprendidas  las  primeras  planas  estipoudiadas  y  otTiciales  dtd  suoldo, 
veslidos,  Valas,  Eslulias,  Armas,  y  alquileies  de  casjsas  y  vuestro  sucldo 
y  gastos  secretos  deue  salir  todo  (sin  tocar  en  el  caudal  del  F2xercito)  de 
las  Tanda»  y  Donaliuos  do  ese  Reyno  en  que  tiene  su  cousignacion,  co- 
nio tambien  los  gastos  do  Presidios,  compania  do  Horgoùones  guarda 
Alemana,  Heparos  de  Cantillos  Poluora,  salario»  de  Sargentos  mayores- 
de  milicia,  Capitancs  de  Arma»,  Preceptores  do  los  Tres  Valles  y  otros- 


JUSCELLANEA  203 


gastos  que  tenia  sobre  si  antcs  de  la  jruerra  el  mismo  Rcyno  para  su 
conseruacion  y  defensa  y  aquello  a  que  no  alcanzaren  ios  efectos  de  las 
dichas  Tandas  y  Donatiuos,  se  deuera  suplir  de  otros  iijtroitos  de  la  mi- 
sma  Prouincia.  para  que  teniendolo  vos  presente  podais  enviar  a  mis 
manos  mas  ajustada,  clara,  y  distinta  relacion  de  lo  que  de  resto  impor- 
tara  el  diario  y  gasto  de  ese  Exercito  corno  lo  espero  de  vuestra  aten- 
cion.  Y  sea  Muy  Reuerendo  en  Christo  l'adie  Cardenal  Portocarrero  mi 
inuy  cliaro  y  muy  amado  amigo  Nuestro  Sefior  cn  vuestra  continua  guar- 
da. De  Madrid  a  20  de  septiembie  1G77, 


Yo  El  lieìj. 


BarthoJome  de  Legasa. 


XCII. 

(R.  S.  —  B.  2-449J. 

Con  rea!  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  27  settembre  1C77,  S.  M.  or- 
dina di  sollecitare  la  definizione  della  causa  a  carico  del  Principe 
di  Buccheri  e  dei  suoi  complici,  detenuto  il  primo  nel  Castellam- 
mare di  Palermo,  e  di  Vincenzo  Pellegrini,  ex  Governatore  di  No- 
vara Sicula,  che  era  passata  ai  Messinesi. 


xeni. 

(R.  S.  —  B.  1G80). 

Lettera  di  Martino  Gulierez,  data  agli  11  di  ottobre  1077  dalla 
Favignana,  dove  si  trovava  confinato  per  omicidio,  nella  quale 
informa  il  Viceré  della  proposta  fattagli  di  Don  Ferdinando  Salva- 
tore, detto  il  Monachello  di  Savoca,  anche  esso  ivi  confinato  co- 
me prigioniero  di  guerra,  di  dare  in  mano  agli  Spagnuoli  la  piaz- 
za di  Taormina,  se  lo  avessero  rilasciato  in  libertà. 


204  MISCELLANEA 


Emcnentisimo  Sefior 

Dia  de  la  Consepsion  de  nuestra  Gran  Seùora  Maria  ,  era  cuando 
'hoiendo  m''sa,  se  acerco  a  mi,  uno  de  los  tres  Mesineses,  presos  en  Le- 
sta Ysl.i,  llamado  D.  Fernando  Salnador,  y  por  botro  nombro  ol  Mona- 
quelo  de  sauoca,  y  me  dijo  dai  ia  el  modo,  para  quo  en  manos  de  V.  Emi- 
nencia  se  diese  la  Ciudad  de  Tauromina,  y  bauiendo  considei-ado  el  todo, 
le  aconsego  diese  parte  al  Gouernador,  para  que  lo  auisare  a  V.  Emi- 
nencia,  reu^aua  el  accrlo  sospecbando  que  dicbo  gouernador  no  lo  baria 
animelo  a  hello  basti  qne  lo  bico,  y  dicbo  Gouernador  ,  escrupoloso  de 
ìiaular  con  el,  no  lo  quico  boìr,  basta  que  rempunando  segunda  ues  le 
hoio,  y  le  dijo  bisiera  mei,  birolo  bansi ,  tomolo  el  Gouernador,  para 
remitirlo  a  V.  Eminencia. 

Scure  los  tres  dias,  llego  de  nueuo  a  mi  (en  la  yglesia)  dicbo  Mona- 
qnelo,  y  di  come  tendria  gran  gusto,  y  resiuiria  mucba  satisfasion,  escri- 
uiese  io  a  V.  Eminencia  soure  el  caso,  boi  de  nueuo  su  intension,  y  ba- 
uiendo penetrado  algo  soure  la  materia,  con  reconoser  la  l'asilidad,  de 
la  entraprosa  de  la  tal  Ciudad,  y  biendo  lo  mucbo  que  importa  a  la  Real 
Corona,  resolui  el  escriuir,  conio  por  la  presente  seue,  y,  doi  a  sauer  a 
.V,  Eminencia,  que  segua  sus  disinios,  beo  quo  no  tan  solamente  tiene, 
en  la  tal  Ciudad  parientes  que  le  baiudaran  a  fasilitar  la  empresa,  però 
es  mui  estimado,  y  qnerido,  de  todos  los  bandidos  de  aquellos  paises: 
saue  la  tierra,  de  palmo,  en  palmo,  la  maior  parte  de  los  escurridores 
de  campana,  en  boiendo  el  monaquelò  le  siguian,  arresgando  sus  bidas 
a  sa  lado,  quo  por  tales  ra^oncs,  el  Marques  de  Baluer,  Birrei  que  fue 
por  el  de  Trancia  en  Mesina,  bauiendo  sauido  la  i'ama  desto  bombre,  le 
mando  liurar,  de  la  prision  donilo  le  tenian  ,  por  cosas  mui  graues,  y 
fue  causa  de  qtie  se  empleara,  tan  de  ueras  contra  nosotros  ,  y  el  tal 
Hirrei,  le  estimaua,  seguii  lo  que  me  a  contado,  el  Duqne  de  Biuona, 
Birrei  boi  en  dicha  Ciudad,  le  estimaua  grandemente,  y  dice  quo  lo  aga- 
rajauà  de  miiclios  modos,  porque  apenas  deseaua  saiier  de  nuestros  di- 
sinios, cuando  llamaiia  a  este,  salia  luogo  a  campana  con  sus  conlìden- 
te«;  y  en  brene  boluia  a  mesina,  con  prisioneros,  5  maquina  de  ganado, 
y  otras  cosa»,  por  donde  no  dejo  do  considerar,  que  si  lo  que  me  a  con- 
tado es  berdad,  y  dandolo  V.  Eminencia  mano,  bara  sin  duda  mucba 
C08»  on  ftiior  nucstro,  y  soure  elio,  tonemos  loì  mncbos  ogemplares  de 
Cataluùa,  donde,  ù  diuersos  cauos  de  miqueletos  ,  los  indultauan  los  se- 
fiorcH  Capitanos  Gonerales,  los  aga(;ajauan  con  dadiuos,  les  dauan  man- 
■do,  y  Iiollos,  ademas  do  conuocar  niucboa  miqueleles  de  nuestra  parte, 
y  con  oUo«  so  tijuntauan,  liasian   cosas  dignas   do   memoria  en  nuestro 


MISCELLANEA  205 


fauor,  y  liiiltimaniente  digo  qiie  Dios  nuestro  bien  ,  espirarà  por  su  di- 
uina  bontad,  cn  el  coracon  de  V.  Kinineri^-ia  (1)  (suiire  la  materia  que 
tanto  importa)  lo  que  mejor  conuiMiga  para  fu  s.nnto  seruisio,  y  el  de 
nnestro  Gran  Senor  Carlos  Segundo,  y  io,  con  toda  la  liumiltad  pusinle, 
postrado  a  los  pies  de  V.  Eminencia  supplico  à  que  corno  tan  gran  Se- 
lìor,  y  amparo  de  Poures,  por  amor  de  Dios,  sea  seruido  aliuiarme  en 
algo,  la  tan  fatigada  prision  que  tengo,  de  uajo  liane,  donde  uà  para 
house  aùos,  que  estoi,  sin  auer  echo  el  caso  apostado  que  me  acomuna- 
ron,  el  cual  fue  de  dia,  espada,  à  espada,  en  el  casaro  de  ralermo.  de 
làuiùana  y  ocl'ubre  1 1  de  1077. 


Criado  de  V.  Eminencia 
Martin  Gutierrez  de  Ayala. 


XCIV. 

(R.  S:  —  B.  2440). 

Essendo  stati  i  parenti  del  Conte  di  Pi-ades,  della  nobilissima 
e  potente  casa  Ventimiglia,  non  esclusa  la  consorte,  in  vario  mo- 
do perseguitati,  carcerati  e  torturati  perchè  sospetti  complici  di 
lui  nella  grave  perdita  di  Taormina,  che  si  supponeva  avvenuta 
per  tradimento,  S.  M.  con  real  dispaccio ,  dato  a  San  Lorenzo  il 
13  ottobre  1677,  fra  le  altre  cose  ordina  che  essi  siano  trattati 
coi  riguardi  dovuti  al  loro  grado  e  compatibili  con  la  giustizia. 


(1)  E  il  cuore  di  S.  Eminenza  gli  ispirò  di  lasciare  il  Monachello  di 
Savoca  confinato  alla  Favignana,  perché  invece  di  consegnar  Taormina, 
non  tornasse  a  far  strage  di  Spagnuoli,  fintantoché  non  venne  liberato 
per  la  fine  della  guerra  ed  espressamente  richiesto  dal  Generalissimo 
Francese  nel  cambio  generale  dei  prigionieri. 


206  MISCELLANEA 


XCV. 

(R.  S.  —  B.  ?449). 

Conto  (Iella  spesa  presunta  necessaria  per  mantenere  un  eser- 
cito in  Sicilia,  fatto,  a  richiesta  di  S.  M.,  dal  Duca  di  Bourneville, 
Governatore  Generale  delle  armi,  mandato  a  Madrid  con  dispaccio 
del  21  ottobre  1677. 

Para  responder  a  lo  que  pide  Su  Mageslad,  de  Io  qne  es  Necessario, 
para  poner  un  Exercito  en  Sicilia  es  Io  s"guienie. 

1.°  El  diario,  que  es  lo  menos,  que  puede  tener  un  solJado,  y  que 
toca  a  cada  imio  de  a  pie  a  15  tarines  el  mes,  qiie  hacen  escUdo  y  quarto 
de  Sicilia,  que  biene  a  ser,  quatro  tarines  Mas  que  un  Real  de  a  ocho 
el  nies,  y  importa  por  la  gente  de  a  pie,  y  a  cavallo  (a  los  quales  toca 
un  Tarin  al  dia)  qne  se  hallan  en  Sicilia  con  los  Artilleros  Mas  de  ses- 
senta  Mi  11  esoudos  al  mes '      60000  reales 

2.'  Por  la  cantidad  de  Plazas  Maritimas,  que  se  hallan  a  guardar,  y 
otras  fronteras  de  Messina,  Ibiso,  y  Tauormina ,  que  tiene  el  Eneniigo, 
poca  Infanteria  se  lialla  en  el  Reyno,  y  seria  menester  Recrutas,  y  Re- 
formas  de  algunas  Compariias,  y  de  tercios  Muy  Cortos ,  y  tanbien  es 
menester  uestir  los  Inlàntes  una  uez  el  ano,  y  esso  se  podra  cortar  so- 
bre  el  sueldo  bencido,  y  sobre  los  meses  de  diario  atrassados,  para  po- 
derles  pagar  siempre  segun  las  ultimas  muestras,  y  por  el  corriente  — 
para  beslir  toda  la  Infanteria  seria  menester  por  diez  mill  Inlàntes  A 
ocho  escudos  Cadauno  cchenta  Miil  escudos  al  ano  qne  bendria  a  im- 
portar cada  mes  cerca  de  seis  Mill  seicientos  y  sessenta  y  seis  escu- 
dos          6006  reales 

3.»  Harta  Cavalleria  bay,  y  se  pueden  Reformar  algunas  Companias, 
y  si  80  pudioi-e  liaver  un  poco  mas  de  Dragones  fucran  bnonos ,  entre- 
tanlo  las  Companias  do  los  Capitanes  de  Armas  del  Fais,  quo  son  Com- 
panias de  Aicabuceros  paisanos,  comò  la  del  Capitan  Don  Joseph  Cimbron, 
y  la  del  Capitan  l'apalardo,  y  scmcjantcs  pueden  servir  cn  algo  do  Dra- 
Koaes,  però  ea  menester  Montar,  y  ucstir  està  Cavalleria,  y  para  Montar 
.4à»  Companias  bcnidas  de  Mìlan  quo  no  lo  cstan  aun,  y  dar  Cavallos  A 


JuscEr.LAXi'A  'jr  7 


otras  Compafiia?  iiiejas,  que  tienen  algunos  soKlados  a  pie,  6  cavallos 
May  uiejos,  y  .Malos,  se  rcmediaria  Muclio  con  15  Mill  escudos  una  iiez, 
harian  llepartidos  en  doco  ineses,  cada  mes  Mill  dueienlos  cinqiionta 
escudos 1230  rsales 

4.°  Es  meiiestor  tanbien  ueslir  y  dar  uotas  a  la  Cavalleria,  y  para 
dos  Mill  Cavallos  a  diez  escudos  cadauno  seria  menester  20  mill  escu- 
dos, però  Ics  que  han  nenido  los  ultinios  de  Miian  estan  uestidos,  y 
todos  no  han  irjenestor  uestidos  cntoros  y  assi  con  12000  se  ajustarian 
mucho  los  bestidos  de  la  cavalleria,  y  esto  tanbien  se  les  coriaria  sobre 
su  sueldo,  y  se  emplearian  los  meses  de  diario  atrasados ,  comò  se  ha 
dicho  en  la  Infanteria,  y  bendria  por  mes  a  hacer  niili  escudos.  1000  reales 

5.»  Pistolas,  y  carabinas  para  la  cavalleria,  y  espadas  para  la  Infan- 
teria serian  menoster,  havicndo  falta  doi'tas  armas,  no  solo  entre  las 
Tropas,  però  tanbien  en  los  Magazenes  y  en  lodo  el  Reyno  con  doce 
mill  escudos  eniploados  a  esto  en  Italia,  y  embiadas  las  armas  de  Na- 
poles  aca  se  remediaria  mucho  cada  ano  que  seria  mill  escudos  cada 
mes  .        .        • 1000  reales 

6."  Los  Generales,  los  Oflìcialcs  de  la  piuma  los  Maestros  de  Campo, 
Coroneles,  y  primera  pian  i  mayor,  y  los  OHÌciales  de  la  Artilleria,  que 
no  gozan  diario  importarian  cada  mes  una  buena  suma,  y  podria  man- 
dar Su  Itminencia  que  los  Olììcios  hiciesen  el  tanteo  en  està  orden. 

7."  A  los  Gonerales  y  su  primera  plana  cada  mes     .        .        escudos 

8."  A  los  Odìciales  de  la  Secretarla,  Veedoria  y  Conseruadoria  y  otros 
semejantes  cada  mes escudos 

9.'  A  los  Olllciales  de  la  Artilleria,  que  no  gozan  diario ,  ni  forages, 
y  si  lo  gozasen  se  coriaria,  comò  tanbien  a  los  Artilleros ,  a  los  qualos 
para  que  pudiesen  uiuir  se  ha  cmpezado  a  dar  pan  y  diario  en  Alelazo, 
que  se  cortara  sobre  su  sueldo  imporla  el  sueldo  cada  mes  do  ki  Artil- 
leria              escudos 

10."  Pareceria  Justo,  quo  el  Reyno  do  Sicilia   dieso   alomenos  el  pan 
y  el  forage  pero  comò  no  le  da,  si  no  por  la  menor  parte  ,   se   ha  em- 
pleado  este  aùo  para  el  pan  de  los  dineros  de  la  Remesa  de  Napoles 
que  biene  a  hacer  por  mes        .        .        escudos 


208  MISCELLANEA 


li."  Para  la  ceuada  y  paxa  se  ha  embiatlo  a  Catanea  y  otros  Ingares 

del  dineio  de  las  lemesas que  hace  cada 

mes escudos 

12.  Por  asistir  los  Rendidos,  que  bienen  del  Enenligo  a  dos  escados 
cada  un  y  para  enibarcarlos,  y  embiar  en  Calabria  costaran  por  mes  si 
continuo n  a  uenir,  corno  estos  dos  nnses  de  Agosto  y  Setiembre  cerca  de 
500  escudos  el  mes  y  es  dinero  uuiy  bien  empleado       .        ^00  escudos- 

io."  Por  los  gastos  secreto?,  espias,  tratados  con  los  enemigos,  cor- 
reos,  y  cosas  semejantcs  es  nienester  a  lo  menos  cada  mes  .  .  .  escudos- 

14."  Si  Su  Magestad  quiere  mudar  està  guerra  defensiva  en  ofensiva 
es  menesler  tren  de  Artilleria,  fiindir  canones   y   Rehacer  los  inutiles, 
hacer  cajas  para  campana,  y  para  plazas ,  para   estas   prebenciones  con. 
doce  mill  escudos  el  ano  que  bendria  a  hacer  cada   mes   mill   se   haria 
algo  ,        ,        .        .' 1000  reales- 

15.*  Però  por  polnora,  cucrda,  ualas,  y  otras  munìciones  ,  o  pertre- 
chos  de  gueri-a  es  menester  mayor  suma,  y  cada  ano  aùadii' algo  por  lo 
qne  se  gasta  en  los  magaccnes, 

16.'  Para  el  Tren  de  -\rtilleria  y  de  uiueros,  y  uagajes  de  Generales 
y  otros  ya  saue  l.i  corte  lo  quo  da  en  Catalana,  y  con  la  tercera  parte 
del  dinero  que  gasta  a  osto  en  Cataluiìa  se  podria  meter  en  campana,. 
aca  y  aber  arto  tren  y  uagajes. 

17.*  Y  aunque  todas  estas  cosas  son  necessarias  y  inescusables  y  ha- 
cen  una  gran  suma  cada  mes,  si  demas  de  lo  poco,  que  pucde  hacer  el 
Rcyno,  si  se  apriela  bien,  y  el  Patrimonio  hace  lo  qne  deue ,  y  se  re- 
forma cn  el  gran  numero  y  los  qne  no  obran  con  el  celo,  que  deuen  al 
servicio  del  Rey,  podria  Sii  Magestad  aber  un  Exercito  de  tierra  sufl- 
cientc  a  resitstir  a  los  enemigos  con  ciento  y  diez  mill  escudos  de  re- 
metas  cada  mes  bien  pagados,  y  bien  empleados  sin  comprehender  en 
està  suTna  los  gastos  socretos  por  la  Armada  de  mar,  qne  es  necessaria 
a  un  tan  gran  Uey,  y  fin  ella  no  es  facil  acauar  con  los  do  Messina, 
por  la  protcccion  quo  tienen  de  francia,  y  la  Armada  quo  tiene  por  ella 
el  fraiiccs  no  digo  mula  aca,  sino  que  sin  mayor  csAierzo  no  beo  quo 
trnXo  se  pucdo  eyperar  de  una  Armada,  que  no  se  muebo  del  puerto,  y 
a  la  qual  diccn  «aitar  aun  tanto,  y  assi  luera  mas  util  ci  Repartir  las 
Oalcrit  de  teruiclo  por  Esquadras  en  los  puertos  de  Sicilia,    y  con  los 


MISCELLANEA  209 


Navios  servi rse  de  los  pocos  que  son  en  estado  ,  y  Romper  los  otros, 
pues  sin  soccorro  de  aliados  se  ne  que  no  puede  oponerse  la  Armada  a 
la  de  francia,  aunque  se  gaste  muciio  dinero  del  Rey  =z  Slete  ocho  bueu 
Navios,  y  algunos  pequeùos  podrian  piratear ,  y  lleuar  a  los  franceses 
la  facilidad  de  passar  los  soccorros  de  francia  a  Messina  ,  y  los  granos 
que  uan  buscando  en  todas  partes.  las  Galera!' Repartidas,  tcndrian  estas 
costas  seguras,  y  dariau  gran  trauajo  a  los  euemigos,  con  anadir  galeo- 
tas  a  las  Galeras,  y  permitir  a  los  particulares  de  armar  en  los  puertos, 
nos  haremos  dneùos  de  la  mar  de  Sicilia  aunque  tenga  el  frances  siem- 
pre  una  Armada  en  Mecina,  està  no  puede  estar  siemprejunta,  y  estan- 
do separada,  no  tendra  uentaja  sobre  los  nuestros  y  ha  poco  que  hemos 
uisto  quatro  pequeùos  Navios,  fregatas  o  Pataches  de  Olanda  rodear  lo- 
da la  Isla,  y  hacer  buen'  botin  no  sin  causar  trabojo  a  los  franceses. 


(Continua) 


Ardi.  Stor.  S!c.  N.  S.  anno  XXIV.  14 


ROSOLINO  PILO 

MEMORIE     E     DOCUMENTI 
eia!  1S57  al  1860 


Rosolino  Pilo  fu  uno  dei  più  iuU'Opicll  ed  instancabili  uomini 
d'azione,  che  si  siano  consaci'ati  alla  libertà  ed  unità  d' Italia  dal 
1848  al  1860.  Egli  fu  tra  i  primi  a  prendere  le  armi  iuìUsl  rivo- 
luzione Palermitana  del  12  Gennaio  ISiS.  Già  in  Palermo  due  o 
tre  settimane  prima  di  questa  celebro  data,  per  il  rifiuto  del  Bor- 
bone di  concedere  la  guardia  nazionale  ed  altre  riforme,  s'erano 
formate  in  pochi  giorni  e  in  ogni  classe  di  persone  varie  società 
segrete  cou  lo  scopo  d'insorgere  contro  l'assolutismo.  La  società 
segreta,  di  cui  faceva  parte  il  Pilo,  si  radunava  in  casa  di  Fran- 
cesco Burgio  di  Villaliorita  posta  nella  Fieravecchia,  dove  anche  si 
foce  un  deposito  d'armi  e  munizioni.  Quando  1' 8  Genn;ìi(J'4S  Giu- 
seppe La  Masa  ritornò  in  Palermo ,  si  rivolse  al  Pilo  per  essere 
informato  del  vero  stato  delle  cose.  I  due  patrioti  non  potettero 
vedersi  che  il  giorno  10  nel  palazzo  Paterno,  dove  La  Masa  s'era 
nascosto.  E  benché  il  Pilo  non  potesse  dare  al  La  Masa  informa- 
zioni sodisfacenti,  porchò  mancava  un  comitato  centrale  rivoluzio- 
nario,  puro  lo  rassicurò  abbastanza  sulla  disposizione  d'animo 
della  popolazione.  Il  Pilo  si  riuniva  pure  con  un'altra  diecina  di 
persone  nella  casa  del  capitano  marittimo  Pasquale  Miloro  a  pre- 
parare carluccie,  armi,  coccarde,  sciarpe  ed  una  bandiera  tri- 
colore, la  quale  all'alba  del  12  gennaio  andarono  a  porre  tra  le 
braccia  della  statua  di  Palermo  nella  piazza  della  Fieravecchia. 
I^  moglie  di  l*asqualo  Miloro,  Santa  Diliberto  (che  aveva  avuto 


MISCELLANEA  -Il 


per  primo  mai-ilo  un  Astorino  e  perciò  è  chiamata  dal  La  Farina 
nella  sua  Storia  della  involuzione  Siciliana  Santa  Asturina)  faceva 
parte  della  comitiva  o  si  rese  celebre  quella  mattina  col  distribuire 
coccarde  e  nastri  tricolori  e  coll'eccitaro  i  popolani  ad  insorgere. 
La  sera  del  i2,  essendosi  i  soldati  borbonici  dopo  poche  scara- 
rauccie  ritirati  nelle  caserme  e  fortezze,  si  costituì  a  dirigere  la 
rivoluzione  un  comitato  provvisorio,  del  quale  il  giorno  appresso 
fece  parte  anche  il  Pilo.  Non  essendo  nostro  proposito  d'intratte- 
nerci sulla  rivoluzione  del  '48-'40,  diciamo  che  dopo  la  caduta  di 
essa,  il  Pilo  andato  in  esilio  non  ebbe  fede  nel  governo  Piemon- 
tese, eh"  egli  credeva  riiiinicipale,  cioè  avente  in  animo  il  vantag- 
gio della  regione  e  non  la  liberazione  nazionale.  Perciò  a  suo  pa- 
rere non  rimaneva  altra  via  al  risorgere  d'Italia  che  quella  delle 
sollevazioni  popolari,  che,  se  prima  erano  andate  a  malo,  dove- 
vano r  una  volta  o  l'altra  riuscire  vittoriose;  e  in  questo  consen- 
tiva pienamente  con  Mazzini.  Messosi  dunque  in  relaziono  col  grande 
apostolo  dell'unità  Italiana,  divenne  un  ardente //«tono  unitario, 
com'egli  chiama  il  suo  partito,  in  opposizione  a  quello  municipale 
costituzionale ,  eli' erano  a  suo  avviso  il  governo  Piemontese  e  1 
partiti  liberali  delle  altro  parli  d'  Italia. 

Dopo  i  falli  di  Milano  del  0  Febbraio  1S53,  l'Italia  superiore 
non  era  più  un  campo  favorevole  allo  insurrezioni  ed  ai  tentativi 
Mazziniani.  Perciò  Mazzini  nella  sua  infaligabililà  volse  le  mire  al 
mezzogiorno  d'Italia.  Fu  ordita  la  spedizione  di  Pisa.ane,  che  do- 
veva partire  il  10  Giugno  1S57  da  Genova.  Ma,  come  dice  Mazzini 
nei  suoi  Ricordi  su  Ca>'lo  Pisacane ,  *  un  incidente  di  quelli  che 
niuno  può  prevedere  o  combattere  attraversò  e  distrus.se  tutto  il 
nostro  lavoro  lo  stesso  giorno  che  doveva  tradursi  in  atto  ».  Questo 
incidente  è  appunto  la  prima  partenza  di  Rosolino  Pilo,  che  qui 
l)ubblichiamo,  tratta  «la  un  manoscritto  tuttodì  pugno  del  Pilo 
stesso.  Su  quest'  incidente  non  s'  è  conosciuto  sinora  che  le  brevi 
note  di  un  taccuino  del  Pilo  pubblicate  dall'illustre  Prof.  Alfonso 
Sansone  neW  Esposizione  di  Palermo  1801-02  (Trevos  Editore),  e 
dall' Avv.  Emanuele  Di  Marco  nell'opera:  Rosolino  Pilo  precur- 
sore dei  Mille  in  Sicilia,  Catania,  1S02. 

Riportiamo  queste  noto  a  piò  di  pagina  (1). 


(1)  Queste  note  erano  state  scritte  a  lapis  dal  Pilo  nelle  pagine  di  un 


212  ìtlSCELLANEA 


Ora  ecco  la  relazione  del  Pilo  : 

«  Pi-ima  partenza.  Nella  sera  del  0  Giugno  in  un  giardino  pros- 


taccuino.  Vi  fa  chi  col  passarvi  sopra  l' inchiostro  lo  rese  quasi  illeggi- 
bili e  di  più  saltò  qnalche  parola,  ch'io  riporto  in  corsivo,  e  interpolò 
certe  altre,  che  ho  chiuse  tra  parentesi.  Disogna  premettere  che  Giorgio- 
Pallavicino  aveva  dato  ad  un  comitato  costituitosi  in  Torino  quando  esi- 
steva in  Sicilia  il  movimento  Dentivegna,  300  fucili  e  carabine.  Scioltosi 
il  comitato,  i  fucili  rimasero  a  disposizione  di  La  Farina  e  di  La  Masa. 
Avendo  La  Farina,  com'egli  stesso  dichiarava,  spedito  a  Palermo  50 
carabine,  restavano  200  fucili  e  5)  carabine ,  i  quali  poi  non  so  come 
vennero  in  potere  dei  Mazziniani. 

Kcco  le  note  del  taccuino:  «Il  6  Giugno  1S57  alle  ore  8  e  tre  quarti 
p.  m.  lasciai  con  V  amico  risani  Genova  con  grandissimo  dolore.  Ab- 
bracciai prima  i  fratelli  Orlando,  Mustica,  Errante,  Tera^ona,  Kirkiner^ 
Bertolami,  indi  Cianciolo,  che  trovai  presso  il  caffé  della  lega  Italiana  e 
Pisacane  con  la  sua  signora  Enrichetta.  Alle  9  ore  con  Giacomo  Profumo- 
in  carrozza  ci  portammo  a  Rivarolo. 

Verso  le  iO  p.  m.  entrammo  in  una  villa,  dove  entrarono  una  ven- 
tina d'operai,  Angelo  Mangini,  Conti  ed  altro  Genovese;  ed  alle  12  e  20' 
minuti  imbarcammo  2,'.0  fucili  e  carabine  con  munizione  corrispondente 
(quelle  che  s'erano  avute  dal  Deputato  Giorgio  Pallavicino,  s'imbarca- 
rono 250  daghe  e  muniziono  r.iolta  e  vari  utensili,  corno  zappo,  pali,  casse- 
con  mina  e  corda  miccia).  Angelo  Mangini  mi  donò  per  sua  memoria 
un  pugnale  con  manico  bianco;  altro  me  lo  donò  Cianciolo  prima  di  la- 
sciarmi in  casa  sua.  Angelo  Mangini  e  Profumo  vennero  in  barca  fino- 
al  bordo,  lo  schooner  (?)  lo  ti'ovammo  alle  due  oro  dopo  la  mezzanotte- 
allo  aggiornare  del  7. 

La  mattina  del  giorno  8  s'ebbe  calmerie. 

Notanicnto  degli  emigrati  imbarcati  per  la  spedizione  verso  Ponza:; 

1.  Ilario  Stefanelli  marchigiano  di  lesi. 

2.  Ro.?aliiio  Pilo  Palermitano. 

3.  Kf»rico  Giuseppe  Pisani  Messinese. 

4.  (ìiovanni  Sala  di  Milano. 

5.  Vincenzo  della  Santa  di  Padova. 

6.  Michele  Harono  di  P^vunna. 

7.  Giuwppe  Olino  di  Asti. 

8.  Lucchi  Ktloro  di  Cesena,  studiMito  in  mediinna  a  Pisa. 
0.  Pietro  Uaituonl  di  Monza. 

iO.  r>cniclrio  Inglesi  Perugino. 
11.  Doinizio  Stamposio  di  Feri  ara. 


MISCELLAXKA  C13 


Simo  alla  spiajrgia  di  Illvarolo  di  Ponente  fecesi  rimbarcamento 
<li  2^0  fucili,  20  mila  cai'tuccie,  250  daghe,  ed  una  cassa  di  polvere 
xia  fucile  sfusa;  e  ciò  fu  fatto  con  l'assistenza  ed  aiuto  materiale 
•di  50  e  più  operai  e  borghesi  di  Genova  e  con  la  cooperazione 
..attivissima  degli  egregi  patrioti  Angelo  Mangini,  Profumo,  Casa- 
reto  etc.  Alla  mezza  dopo  la  mezzanotte  fu  eseguilo  in  un  baleno 
l'imbarcamento  delle  munizioni,  armi  ed  uomini,  parte  dei  quali 
-erano  giunti  da  Torino  alle  8  p.  m.  e  parte  da  Genova  ;  con  molta 
arte  si  giunse  ad  eludere  la  vigilanza  delle  guardie  di  Dogana,  lo 
•quali  da  congiurati  Genovesi  s'erano  fatte  allontanare  dal  luogo 
destinato  all'imbarcazione.  Questa  per  primo  fecesi  sopra  una 
tarca  da  pesca  a  remi:  poscia  alle  2  ore  si  fece  in  alto  maro  il 
trasbordo  del  materiale  e  dei  30  individui,  che  dovevano  viaggiare 
alla  volta  di  Ponza.  Il  trasbordo  fecesi  sopra  una  tartana  capita- 
nata da  un  vecchio  contrabbandiere  ed  afildata  ad  altri  cinque  ma- 
rinai compreso  il  nostromo,  che  erano  alla  conoscenza  del  viaggio 
•  da  farsi  e  del  (ine  dell' imbarcamento  del  materiale;  lo  che  igno- 
ravasi  dal  vecchio  capitano,  che  sulle  prime  credeva  trattarsi  di 
■contrabbando  di  mercanzie.  Fatto  il  trasbordo,  Mangini  e  Profumo 
scambiati  cordiali  abbracci  con  R.  P.  (Rosolino  Pilo)  ed  E.  P.  (En- 
rico Pisani)  otc.  tornarono  in  Rivarolo  per  ragguagliare  il  Pisa- 
cane  in  (icnova  che  la  prima  pratica  della  spedizione  era  già  ben 
riuscita.  Il  vecchio  capitano  avvedutosi  che  non  si  trattava  di 
•contrabbando  di  mercanzie  protestò  di  voler  ritornare  e  tentò  di 


12.  Ortolano  Coi'tese  di  Ferrara. 

13.  Giovanni  Parente. 

14.  Enrico  Rossi  di  Milano. 

15.  Daniele  HlaffarJo  di  Lione. 

16.  Giobbe  Mancluni  Perugino. 

17.  Luigi  Stefanini  di  Ancona. 

18.  Natalo  Gasparetti  di  Ancona. 

li  d'i  H  caiaierie,  il  d'i  9  tempesta  sotto  la  Spezia,  .-^llo  3  p.  m.,  dopo 
aver  voluto  li  marinari  (e  capitano  del  bastimento)  ad  ogni  costo  buttare 
in  mare  i  250  fucili  (stati  dati  da  Giorgio  Pallavicino),  altrettante  daglie 

-e  '.iìj  mila  cartuecio,  si  tornò  nel  porto  di  Genova  con  tre  palmi  d'acqua 
nella  stiva,  si  discese  nel  porto  in  ventuno.  Nel  battello  del  capitano  alle 

"7  p.  ni.  parti  per  Napoli  Pisacane  ». 


214  litlSCELLAXEA 


mettersi  al  limone  per  vivai*  di  borilo ,  ma  il  nosii'omo  detto  il 
Sordo  e  il  primo  marinaro  Paganetto  si  misero  al  possesso  del 
timone;  e  cosi  tolto  il  comando  al  vecchio  capitano,  si  spiegarono 

10  vele.  Posta  la  prora  al  vento,  principiossi  la  navigazione  diriz- 
zando il  bastimento  a  Levante  per  tener  la  rotta  verso  la  Corsica 
e  risola  di  Sardegna,  poiché  doveva  la  barca  il  dì  10  Giugno  tro- 
varsi all'isola  di  Montecristo,  dove  il  Pisacane  con  Falcone,  Gio- 
vanni Nicotera ,  il  capitano  Genovese  Giuseppe  Daneri  (  partendo^ 
da  Genova  il  iO  Giugno  col  vapore  il  Cac/lia)'i  e  impossessando- 
sene con  un  colpo  di  mano  mercè  1'  aiuto  di  altri  25  marinai  ed 
uomini  d'armi)  dovevano  portarsi;  e  di  là  prendendo  nei  loro- 
bordo  il  materiale  di  guerra  e  gli  uomini,  che  stavano  imbarcati 
sulla  tarlana,  navigare  verso  l'isola  di  Ponza. 

Tutto  al  primo  giorno  sembrava  andare  favorevolmente;  ma- 
dopo  24  ore  di  navigazione  si  conobbe  che  pochissime  leghe  si. 
erano  fatte  a  causa  del  poco  vento  e  del  poco  cammino  del  legno» 

11  pericolo  d'essere  sempre  vicini  a  Genova  e  quindi  dt  subire  fa- 
cilmente una  visita  a  bordo  faceva  piangere   il  vecchio  capitano,, 
il  quale  scongiurava  li  suoi  compagni  a  tornare;  ma   durando  il 
tempo  calmo,  il  nostromo  e  i  suoi  marinari  stettero  fermi  e  non^ 
diedero  retta  di   sorta  alle   lamentazioni   vive   del   capitano,  che 
chiamavasi  tradito  dal  Paganetto  e  dal  Sordo,  che  non  gli  avevano- 
dichiarato  prima  quel  che  dovevasi  praticare  e  gli  avevano  tolto  iL 
comando.  Il  dì  8  Giugno  sfavasi   la    barca   quasi    ferma    sotto  la 
Spezia  e  proprio  presso  terra  alla  distanza  d'un  toi'zo  di   miglio; 
per  lo  che  agi' imbarcali  bisognò  di  stare  tutta  la  giornata  in  un 
piccolo  spazio  sotto  coperta  e  precisamente  nella  stiva,  dove  v'era 
in  serbo  la  muniziono  e  i  fucili.   K  ai  30  individui  componenti  la. 
spedizione  bisognò  di  stare  tutta  la  giornata  postati  sopra  la  ghiada 
che  per  sagorra  portava  il  piccolo  bastimento.  Verso   la   sera   \v~ 
marinari  vedendo  che  non  v'era  possibilità   d'allontanarsi   dalla 
spiaggia,  pensarono  di  mettersi  in  sulla  lancia  od  a  forza  di  remi 
portare  la  lartana  alquanto  in  fuori,  per  poterò  col   vento   della. 
sera  slargarsi  dalla  spiagjiia  del  golfo  di  Spezia,  dove   stavasi  in, 
pericolo  d'essere  scoperti.  Si  riuscì  dopo  più  ore  di  lavoro  a  sco- 
star»! alquanto  e  fatto  buio  li  30  individui  poterono  portarsi  sulla^ 
coperta  a  respirai'o  un  po'  d'aria.  Si  sperava    d'aver   nel  corso-- 
della  notte  un  pochino  di  vento  per  far  del   cammino   ed   essere- 


WIKCKr.LANFA  2\'. 


almeno  in  rotta,  onde  il  dì  11,  non  poteuilo  ti-ovar-si  all'isola  di 
Monlecristo,  trovarsi  almeno  presso  quella  località:  non  s'erano 
fatte  che  da  cii'ca  CO  leghe  in  tre  giorni  e  dovevasene  far  altre 
iOO  circa  per  ti-ovarsi  al  luogo  di  convegno.  Pure  si  sperava  nei 
due  giorni,  che  rimanevano,  di  molto  acquistare  di  via.  La  notte 
il  vento  ci  si)inse  al  lai-go  dalla  terra,  ma  sempre  in  vista  del 
golfo  della  Spezia.  Il  giorno  0  il  tempo  sin  dall'alba  mostrò  segni 
di  pioggia;  ciò  faceva  sperare  bene, dappoiché  ci  auguravamo  del 
vento  favorevole  per  far  cammino.  Ma  il  destino  doveva  mostra r- 
cisi  nemico  e  tale  ci  si  manifestò  dopo  poche  ore  che  s' ej*a  fatto 
giorno.  Un  uragano  in  pochi  momenti  scatenossi:  il  mare  divenne 
più  che  burrascoso:  un  vento  tulf  allatto  contrario  cominciò  a 
soflìare:  il  battello  ruppesi  nella  carena  e  l'ondale  del  mare  pe- 
netravano dentro,  di  modo  che  in  pochi  minuti  si  giunse  ad  avere 
4  palmi  d'acqua.  Per  maggior  mala  sorte  il  bastimento  trovavasi 
con  la  pompa  inservibile,  s'era  sen/.a  carta  di  navigazione,  con 
attrezzi  e  cordaggi  vecchi,  che  rouìpevansi  ad  ogni  infunar  di 
vento.  Li  marinari  per  la  folta  nebbia  non  sapevano  più  dove 
slava  la  terra  e  quindi  perdevansi  d'animo.  Si  raccolsero  tutti  a 
consiglio  con  il  vecchio  capitano,  il  quale  corrivo  del  toltogli  co- 
mando e  dell'operato  imbarco  d'uomini  e  d'armi,  a  suo  dire,  a 
modo  d'inganno,  sulle  prime  si  rifiutava  di  prender  parte  al  con- 
siglio; ma  poscia  vedendo  che,  se  si  fosse  tenuto  oltre  il  mare,  il 
naufragio  era  certo,  piangendo  consigliava  di  cacciar  in  mare 
tutto  quanto  v'era  di  compromettente  sul  bordo,  di  metter  le  vele 
e  dirigere  il  timone  verso  Genova,  essendo  il  vento  in  poppa  per 
quel  porlo.  A  questo  punto  fu  chiamato  R.  Pilo  e  gli  si  fece  la 
relazione  della  dura  posizione.  11  Pilo  consigliava  di  far  ogni  sforzo 
per  tenersi  in  quel  punto  e  ili  attendere  che  la  tempesta  si  fosse 
alquanto  calmala.  Ma  vane  riuscirono  le  sue  istanze,  daj)poichè 
capitano  e  marinari  protestavano  dicendo  che  mantenendosi  in 
quel  sito  non  si  sarebbe  più  avuto  tempo  di  salvarsi  dal  naufragio, 
che  la  tempesta  non  sarebbe  presto  cessata  nò  il  bastimento  era 
più  in  condizione  di  poter  resistere  all'  urto  delle  onde.  Lo  che  fu 
dimostrato  dal  fatto  pochi  momenti  dopo,  essendosi  rotto  in  carena. 
Ed  allora  facendo  conoscere  il  pilota  il  Sordo  e  il  primo  marinaro 
Paganelto  che  non  era  più  possibile  di  trovarsi  al  punto  convenuto 
col  Pisacane  verso  la  rotta  dell'isola  di  Montecristo,  quand'anche 


216  MISCELLANEA 


il  bastimento  fop.se  in  istato  (ii  mantenersi  in  mare;  per  evitare 
il  naufragio,  che  il  capitano  e  i  suoi  ritenevano  certo,  si  mise  il 
bastimento  alla  direzione  di  Genova  dove  il  vento  furiosamente  lo 
spingeva.  E  così  in  tre  ore  circa  si  rifoce  il  cammino  che  s'era 
fatto  in  tre  giorni  e  si  giunse  alle  3  ore  p.  m,  del  giorno  9  Giugno 
nel  porto  di  Genova,  avendo  il  pilota  e  gli  altri  marinari  cacciato 
in  mare  li  250  fucili,  le  munizioni  tutte,  le  250  daghe,  la  cassa  di 
polvere,  le  vanghe,  pali,  zappe,  giberne  ed  una  delle  due  imbar- 
■cazioni.  E  ciò  contro  il  volere  di  II.  Pilo ,  il  quale  aveva  proget- 
tato che  almeno  si  fossero  salvati  li  250  fucili  col  porli  sotto  la 
sagorra  ;  operazione  che  erasi  già  cominciata  ad  eseguire,  ma  po- 
scia fu  presto  interrotta  per  le  proteste  del  capitano- e  delli  ma- 
rinari, che  temevano  della  visita  della  Dogana  al  giungere  in 
porto.  Come  si  arrivò  al  porto  di  Genova  ,  quelli  della  dogana  e 
della  sanità  tardarono  pel  tempo  agitato  a  portarsi  in  sul  battello. 
E  così  di  pieno  giorno  ed  alla  vista  di  tutti  gli  equipaggi  dei  ba- 
stimenti e  vapori,  che  stavano  presso  la  Darsena  dove  il  bastimento 
die  fondo,  li  passeggieri  gettaronsi  in  sul  battello  con  il  capitano, 
che  dovevasi  portare  all'  utlìcio  di  sanità  ;  e  quindi  inosservati 
-entrarono  dalle  varie  porte  nella  piazza  di  Caricamento  e  si  po- 
terono salvare  dall'essere  arrestati  ». 

A  questo  racconto  seguono  nel  manoscritto  del  Pilo  altre  no- 
tizie, che  però  non  giungono  sino  alla  seconda  partenza  di  lui,  che 
fu  il  24  dello  stesso  mese.  Il  Pilo  rientrato  in  Genova  si  recò  imman- 
tinente dal  Pisacane  e  lo  trovò  in  compagnia  di  Angelo  Mangini, 
ch'era  stato  avvertito  dal  marinaro  Paganetto  di  tutto  l'accaduto. 
Il  loro  primo  pensiero  fu  quello  di  scrivere  al  Fanelli,  ch'era  il 
•capo  partito  residente  in  Napoli,  per  avvisarlo  che  la  spedizione 
non  avrebbe  più  luogo  il  10  Giugno.  La  lettera  fa  scritta  e  indi- 
rizzata a  un  Hozigher  usciere  del  consolato  Inglese  di  Napoli,  che 
poi  doveva  curarne  il  ricapito.  Siccome  non  v'  era  tempo  da  per- 
dere perchè  il  vapore  postale  francese  partiva  lo  stesso  giorno 
(9  Giugno)  alla  volta  di  Napoli,  fu  commesso  al  Pilo  di  recare  la 
lettera  al  consolato  Inglese  di  Genova ,  che  la  doveva  spedire  a 
quello  di  Napoli.  Mentre  il  Pilo  andava  al  consolato  Inglese,  Pisa- 
cane e  Mangini  si  avviarono  da  Mazzini  per  informarlo  del  con- 
trattempo; ma  in  questo  mentre  la  signora  Enrichotta  Di  Lorenzo, 
amica  e  compagna  di  Pisacane,  lo  consigliò  di  andare  egli  stesso 


MISCELLANEA  217 


a  Napoli  poi'  vedere  coi  propri  occhi  Io  stato  della  città  e  i  mezzi 
del  partito  d'  azione.  La  signora  Earichetta  era  contraria  a  questa 
spedizione;  non  aveva  lo  speranze  del  partito  mazziniano  ne  cre- 
deva che  un  paese  disposto  alla  rivoluzione  avesse  bisogno  d'aii^i 
esterni  e  del  sacrificio  di  pochi  individui  per  iniziarla.  Essa  spe- 
rava che  Pisacane  col  viaggio  di  Napoli  avrebbe  mutato  jiensiero. 
Carlo  Pisacane  d'  accordo  con  Mazzini  accettò  il  consiglio  della 
sua  signora;  ne  informò  il  Pilo,  che  trovato  chiuso  il  consolato 
Inglese  era  tornato  senza  aver  potuto  consegnare  la  lettera;  fece 
in  fretta  una  valigia  con  poca  biancheria  e  parti  sul  vapore  po- 
stale francese  col  passaporto  di  Fi'ancesco  Daneri.  Questo  passa- 
porto era  già  pronto  e  vistato ,  perchè  con  esso  il  giorno  dopo 
(10  Giugno)  doveva  partire  Enrico  Cosenz  per  capitanare  la  rivo- 
luzione che  sarebbe  scoppiata  in  Napoli  in  appoggio  dello  sbarco 
di  Pisacane.  Ma  il  Cosenz  avendo  la  mattina  dello  stesso  9  Giugno 
parlato  con  Mazzini  e  saputo  che  con  lui  sarebbe  andato  a  Napoli 
Maurizio  Quadrio,  non  volle  più  partire,  sì  perchè  in  fondo  poco 
gli  piaceva  la  spedizione  e  si  perchè  la  presenza  del  Quadrio  in 
Napoli  dava  uno  spiccato  colore  mazziniano  all'impresa. 

Qui  finisce  tutta  la  narrazione  del  Pilo.  Ma  non  sarà  discaro 
ch'io  m'intrattenga  un  altro  poco  intorno  alla  spedizione  di  Pi- 
sacane 

"Aurelio  Safil  nel  proemio  agli  scritti  di  Mazzini,  voi.  IX,  p.  138, 
dice  che  il  Pisacano  «  andò  in  Napoli ,  vi  si  trattenne  due  o  Ire 
giorni  e  tornò  esultante  d' entusiasmo,  convinto  che  colà  tutto  era 
-pronto,  lo  spirito  pubblico  unanime,  l'esito  certo».  Il  Saflt  qui  ca- 
rica molto  le  tinte,  come  mostra  la  seguente  lettera  del  Pisacane 
al  Pilo: 

«  Napoli  13  Giu^'no  57. 

Carissimo  cnnico, 

Lunedì  avrai  già  ricevuto  la  mia  lettera  per  posta.  Ora  non 
sposso  scrivere  che  due  righe  ,  giacche  bisogna  subito  consegnare 
la  lettera.  Dirai  all'amico  (Mazzini)  che  non  vi  è  nulla  di  concreto 
pel  momento,  vi  sono  elementi  disgregati  nò  possano  concretarsi 
in  pochi  giorni  :  contavano  tutti  sul  fatto  nostro.  Io  non  ho  del 
lutto  perdute  le  speranze,  ma  le  speranze  sono  debolissime  :  nella 


218  MISCELLANEA 


giornata  di  domani  e  dopo  mi  assiciu'erò  meglio  del  tutto   e  non 

potendo  sperai'  nulla,  come  credo ,  veri'ò  col    primo   vapore  che 

parte.  Dunque  all'arrivo  del  primo  vapore  fa  in  modo  che  22.  8. 

63.  82.  85.  44.  (Danerl)  venga  egli  medesimo  al  bordo. 
• 

Cario  Pisacane  ». 

Questa  lettera,  a  mio  parere,  parla  solo  della  possibilità 
d'iniziare  la  rivolu;none  in  Napoli.  I  capi  popolani  e  borghesi,  che 
si  riunirono  col  Pisacane  nei  giorni  13  e  14  in  questa  città,  si 
vanlarono  che  se  l' iniziativa  partiva  dalla  provincia,  essi  vi  avreb- 
bero dato  in  Napoli  un  seguito  immediato.  «Carlo  promise,  dice 
il  Pilo  in  una  lettera  da  Malta  del  5  Dicembre  '57  ,  che  avrebbe 
latto  di  tutto  per  promuovere  un  movimento  in  provincia  ed  al 
capopartito  residente  in  Napoli  (Fanelli)  ed  al  Pateras  fece  cono- 
scere che  tornando  in  Genova  avrebbe  procurato  di  portar  a  ter- 
mine la  spedizione;  che  pai-tita  la  spedizione,  con  segno  telegra- 
fioo  ne  sarebbero  stati  avvisati  perchè  secondassero  l'impresa». 

Ma  sullo  vicende  della  precedente  spedizione  del  Pisacane  non 
dispiacerà  di  leggere  i  ragguagli  contenuti  nella  seguente  lettera  del 
Pilo,  il  quale  mentre  nella  narrazione  si  limita  alla  nuila  esposizione 
dei  fatti,  nella  lettera  dà  libero  sfogo  ai  suoi  sentimenti.  Kssa  per- 
ciò farà  conoscere  il  modo  di  sentire  e  di  giudicare  del  Pilo,  che, 
sebbene  ardente  ed  eccessivo  nei  giudizi,  è  pure  abbastanza -im- 
parziale ;  e  menti'e  rimprovera  ai  costituzionali  di  Napoli  la  loro 
riluttanza  ad  insorgere,  biasima  anche  l'inerzia  dei  mazziniani  di 
quella  città.  La  lettera  è  indirizzata  alla  signora  Knrichelta  in 
Genova  : 

«  Malta,  li  3  ottobre  '57. 

Gentilissima  amica, 

Quanto  lo  vostro  righe  mi  abbiano  lacerato  l'animo,  non  trovo 
termino  come  significarvolo.  Pur  troi»po,  egregia  amica,  avete  ben 
ragione  di  piangere  a  di  reputarvi  sgraziatissima  per  l'incommen- 
surabiln  porditj,  che  voi,  la  sventurata  Silvia  e  la  nosli'a  coniuna 
patria  1*  Italia  hanno  sofrorlo  con  la  morte  gloriosa  sul  campo  di 
batlaglia  del  vostro  amico  e  mio  confratello  Carlo.  Sgraziato  oroel 
Sit  e«80  peri,  a  quanto  ne  ho  potuto  sapere,  la  mattina  del  2  Lu- 


MISCELLANEA  219 


glio  mentre  con  li  compagni  s'accingeva  a  combattere:  lui  ed  i 
suoi  erano  sfiniti  per  le  fatiche  durate  dalle  6  p.  m,  del  i'8,  mo- 
mento di  disbarco  in  Sapri  o  principio  di  marcia  e  di  combatti- 
menti. Falcono  pei*i  al  suo  fianco,  Nicolera  ferito  in  più  punti  e 
gravemente  sopravvive.  Egli  vide  massacrare  quegli  croi  sotto  i 
propri  occhi.  Ahi  sventura!  ben  si  può  dire:  i  fratelli  hanno  uc- 
ciso i  fratelli  1 1  Sventurata  amica,  da  quanto  ho  constatato  dalle 
corrispondenze,  che  Fanelli  possiedo,  li  capi  della  Basilicata  sono 
li  più  colpevoli.  Essi  si  scusano  col  dire  di  non  essei'e  stati  avvi- 
sati dall'imminenza  del  disbarco;  che  tutto  era  pronto  per  la  pri- 
ma voKa,  cioè  pel  13  Giugno;  che  non  effettuatosi  il  disbarco  per 
quel  di,  non  s'aspettava  pel  28.  Aggiungono  d'aver  appreso  la  no- 
tizia del  fatto  dell'eroico  Carlo  dopo  la  disfatta;  che  furono  im- 
possibilitali e  non  più  in  tempo  di  correre  in  aiuto  degli  sbar- 
cali con  gli  uomini  molti  in  armi,  che  avevano  dichiarato  d'aver 
pronto  ai  loro  cenni  per  insorgere.  Dichiarazioni  ed  assicurazioni, 
che  Fanelli  possiede  in  originali  documenti.  Ora  io  condanno  lì  capi 
della  Basilicata  :  primo,  perchè  ritengo  per  fermo  che  l'annunzio 
del  glorioso  fatto  compiuto  il  28  in  Sapri  giunse  in  Basilicata 
prima  del  2  Luglio,  giorno  in  cui  Carlo  e  i  suoi  furono  dalla 
forza  numerica  maggiore  dopo  quattro  giorni  di  marcie  e  combat- 
timenti massacrati  ;  secondo,  perchè  non  si  sollevarono  anche  dopo 
il  giorno  2  contro  il  governo  Borbonico,  che  massacrava  400  eroi. 
Essi  capi  della  Basilicata  al  Fanelli  avevano  scritto  d'aver  centi- 
naia d'uomini  armati  di  tutto  punto  e  pronti  a  battersi  e  ad  ap- 
poggiare un  nucleo  d'uomini  arditi,  che  si  fossero  presentali  in 
quei  dintorni  di  loro  provincia.  Ora  Carlo  si  basò  su  (luesl'appog- 
gio  e  con  li  suoi  si  mise  in  marcia  per  quella  provincia.  Li  si- 
gnori capi  della  Basilicata,  che  sin  da  maggio  dal  Fanelli  erano 
stati  avvisati  che  sarebbe  avvenuto  un  movimento  in  provincia  e 
che  doveasi  da  loro  assistere  ed  appoggiare  con  quelle  forze  ar- 
mate, che  avevano  dichiarato  d'avere,  se  non  ei-ano  vigliacchi  e 
tristi  avrebbero  dovuto  correre  in  aiuto  di  Carlo,  anche  se  fosse 
vero  che  tardi  fosse  loro  giunta  la  notizia  dello  sbarco  dei  40O  • 
eroi.  Ma  io  ritengo  per  fermo  che  essi  vigliaccamente  s'aspetta- 
vano che  Carlo  solo  con  gli  sbarcali  si  fosse  aperta  la  strada  fino 
alle  loro  case.  Eh  I  si,  questi  signori  che  dichiarato  avevano  che 
se  si  fosse  fatto  uno  sbarco  l'avrebbero  sostenuto  con  li   loro  ar- 


220  MISCELLANEA 


mali,  non  avendo  latto  nulla  nulla,  por  mo  sono  de<^ni  d'essere 
ritenuti  non  solamente  vigliacchi,  ma  essendo  infliienlissimi  e  (li- 
sponendo  di  più  centinaia  d'  uomini  complelamente  armati ,  dei 
quali  2C0  con  cavalli,  a  mio  m.odo  di  vedere  possono  comlannarsi 
per  traditori;  perchè  per  me  si  tradisce  la  patria,  quando  non 
s'aiuta  un  movimento  d'un  numero  d'eroi  non  insignilicante,  co- 
m'era quello  guidato  da  Carlo. 

Per  il  nessun  movimento  in  Napoli,  tutta  la  colpa,  per  quanto  il 
Fanelli  ha  dichiarato  e  dimostrato  con  documenti,  ricade  sugl'in- 
fami dottrinari  e  moderati,  i  quali  dissuasero  tutti  li  capi  popo- 
"lani  della  Capitale  e  dei  dintorni  a  gittarsi  in  piazza;  e  ciò  dopo 
di  essei'si  convenuto  e  promesso  al  Fanelli  il  29  Giugno  e  il  oO 
detto  mese  e  dopo  riunioni  con  rintervonto  del  Fanelli,  che  si  fa- 
rebbe una  solenne  ed  imponente  dimostrazione  in  sostegno  degli 
eroi,  che  con  l'Italiano  vessillo  sin  dal  28  la  sera  battevansi  con 
■le  truppe  borboniche.  Ma  nel  giorno  che  tutto  stava  pronto  nella 
capitale  per  fare  lutti  li  partili  d'accordo  la  dimostrazione,  per 
mezzo  della  quale  l'anelli  e  i  suoi  pochi  compagni  pensavano  di 
promuovere  la  rivoluzione,  li  moderati  e  dottrinari  sottomano  con- 
tromandarono, spedendo  corrieri  nei  dintorni,  ogni  agglomora- 
zione  d'uomini  d'azione  e  fecero  conoscere  ai  capi  popolani  della 
capitale  che  s'era  stabilito  di  non  far  nulla  per  non  far  succedere 
•un  nuovo  quindici  maggio...  Li  moderati,  che  tanto  male  produs- 
sero in  quest'ultima  eroica  impresa,  meritano  la  forca,  perchè 
comporlaronsi  infamemente...  Fanelli  ed  i  suoi  pochi  amici  man- 
•carono,  por  non  aver  saputo  cogliere  il  primo  momento  d'effer- 
vescenza popolare  all'annunzio  e  divulgamento  della  notizia  dello 
sbarco  avvenuto 

Amica  sventurata,  voi  scuserete  se  quanto  vi  ho  scritto  sta 
vergato  confusamente,  ma  ho  dovuto  scrivervi  con  precipitanza. 

R.  Pilo  » 
II. 

Prima  d'ondar  oltre  debbo  avvertire  che  gli  scritti  sopra  ri- 
portati si  conservano  presso  la  Società  Sicitinna  di  Storia  Patria, 
alla  ijualo  il  leltoro  sarù  grato,  so  li  troverà  degni  di  nota.  Debho 


MISCELLANEA  221 


pili  rin^M'aziaro  il  Dolt.  Giuseppe  Lodi,  segretario  di  essa  società, 
cobi  largo  dei  sussidi  della  sua  estesa  erudizione  e  della  sua  pre- 
ziosa libi-ei-ia  a  quanti  studiano  gli  annali  del  Risorgimento  Ita- 
liano, e  il  Cav.  Crispo-Moncada,  che  mi  fu  sommamente  cortese 
in  tutte  queste  ricerche.  In  seguito  dovrò  citare  non  pochi  docu- 
menti dell'Archivio  di  Stalo  di  Palermo,  pei  quali  sin  d'ora  rendo 
le  maggiori  grazie  che  so  al  dotto  bibliotecario  di  quell'archivio, 
Dott.  Giuseppe  La  Mantia. 

Ora  i)er  tornare  al  proposito,  Carlo  Pisacane,  come  lutti  san- 
no, parli  da  Genova  per  Sapri  il  25  Giugno  1857.  Il  giorno  avanti 
in  una  barca  da  pesca  Rosolino  era  partito  la  seconda  volta  in- 
sieme con  altre  24  persone  per  attendere  in  alto  mare  a  20  mi- 
glia da  Sestri  di  Levante  il  vapoi-e  Cagliari,  che  doveva  tenere 
a  bordo  Pisacane ,  Nicotera ,  Falcone,  Daneri  e  i  loro  compagni. 
Ma  sia  stata  nebbia  o  errore  di  rotta,  il  vapore  passò  senza  es- 
sere visto;  quelli  della  barca  errarono  qua  e  là  circa  tre  giorni, 
finché  il  20  la  sera  furono  accertati  che  Pisacane  era  partito  al- 
l'ora prefissa  e  che  omai  era  indubitato  che  avesse  proseguito  il 
cammino.  I^erciò  il  27,  dopo  aver  discusso  se  mancato  l'incontro 
col  CdijUcn-i  convenisse  dirigersi  a  Livoi'no  dove  pure  si  prepa- 
rava un  moto  rivoluzionario,  deliberarono  di  ritornare  a  Genova. 
Nella  quale  città,  secondo  il  disegno  prestabilito,  i  Mazziniani  ap- 
pena conosciuto  lo  sbai'co  di  Sapri  dovevano  occupare  per  sor- 
presa i  forti  e  l'arsenale,  impadronìi-si  di  una  fregata  ad  elice, 
ch'era  nel  porto,  caricarvi  i  cannoni  e  le  altre  munizioni  di  guer- 
ra; quindi  imbarcarsi  tulli  pel  regno  di  Napoli  in  soccorso  di  Pi- 
sacane. Questo  disegno,  che  Garibaldi  giudicò  insensato  ,  non  si 
potette  efiettuare  perchè  il  governo  ne  aveva  avuto  sentore  poco 
prima  (ifll'esecuzione  ne  era  più  possibile  la  sorpresa.  Lo  stesso 
Mazzini  vide  all'ultimo  momento  la  necessità  di  desistere:  ma  il 
contrordine  non  arrivò  a  tempo  per  tutti,  perchè  quelli  designati 
a  impadronirsi  del  forte  Diamante,  approfittando  di  qualche  di- 
mestichezza che  avevano  colle  guardie,  vi  ei-ano  già  penetrati 
dentro,  avevano  chiuso  i  soldati  in  una  camera  e  ucciso  il  ser- 
gente Pastrone,  che  opponeva  maggiore  resistBuza  (notte  dal  29 
al  oO  Giugno):  ma  poi  la  mattina  seguente  non  vedendo  muta- 
zione nella  città  abbandonarono  il  forte.  Questi  fatti  diedero  ori- 
gine ad  un  processo,  nel  quale  fu  coinvolto  Rosolino,  come  colui 


MISCKLLAXCA 


che  doveva  partecipare  all'assalto  del  forte  dello  Sperone.  Fu  spic- 
cato contro  di  lui  un  mandato  di  cattura,  benché  assai  poco  si 
conoscesse  della  sua  parte  nella  congiura  ;  ma  si  sapeva  eh'  era 
partito  e  poi  tornato,  ch'egli  era  come  il  capo  degli  esuli  Siciliani 
seguaci  di  Mazzini  e  che  nel  tentativo  la  sua  parte  non  poteva 
essere  secondaria.  Il  Pilo  visse  latitante  alcuni  giorni,  finche  poco 
prima  della  metà  di  Luglio  trovò  modo  di  fuggirsene  a  Malta. 
Frattanto  si  foce  una  perquisizione  giudiziaria  nel  suo  domicilio 
in  Genova  ;  ma  non  essendovisi  trovato  che  uno  stocco  o  spada 
montata  in  bastone,  fu  rinviato  al  tribunale  correzionale  per  ri- 
tenzione d'armi  insidiose  e  condannato  nel  Gennaio  del  '38  a  tre 
mesi  di  carcere. 

Questo  vicende  e  la  stessa  catastrofe  del  Pisacane  non  valsero 
a  sbigottire  l'animo  del  Pilo.  Ecco  come  egli  scrive  da  Malta  il 
5  Novembre  '57  al  suo  amico  Matteo  Cheusol  in  Genova  : 

«  Amico  gentilissimo, 

....  Non  vi  parlo  di  me  dopo  lo  sventure  e  la  perdita  solTerta 
del  mio  migliore  fratello,  il  grande  eroe  Carlo  Pisacane.  L'animo 
mio  è  molto  contristato;  ma  non  por  questo  lio  smesso  di  lavo- 
rare per  la  nostra  diletta  patria.  Oh!  no;  io  oggi  più  che  mai 
sento  desiderio  di  farla  finita  coi  nostri  oppressori». 

Nello  stesso  senso  aveva  scritto  quattro  anni  prima  ad  Anto- 
nino Pracanica,  uno  dei  capi  dell'insurrezione  Messinese  del  1"  Set- 
tembre '47  e  poi  nel  '48  comandante  generale  della  stessa  città  : 

«  2'3  Febbraio  1853. 

«Saprai  certamente  a  quest'ora  l'infelice  esito  del  movimento 
rivoluzionario  accaduto  il  6  febbraio  in  Milano.  Per  Dio  I  è  stata 
una  grande  sventura  :  ma  speriamo  che  la  faccenda  non  s'arresti 
al  primo  tentativo.  Mi  cado  in  mento  che  in  Settembre  '47  il  mo- 
vinn'nto  di  Messina  falli  e  dopo  4  mesi  l'uragano  riscoppiò  in  tutta 
ia  Sicilia.  Io  mi  auguro  che  fra  poco  l' insurrezione  scoppierà  in 
tutta  Italia:  sulla  Francia  non  conto».  (Archivio  di  Stato  di  Pa- 
b'rrnfi,  I-'asc.  04  n<'lla  n.-fchera  della  Sala  1'). 


M]hC'KLLA.Nt:A 


In  aUi-a  lettera  del  22  Gennaio  1853  al  fratello  primogenito 
Ignazio,  che  contrariamente  agli  altri  della  famiglia  era  reazio- 
nario hoibonico,  Rosolino  parlando  d'un'aggressione  che  aveva  pa- 
tito in  Genova  da  due  Siciliani  di  bassa  condizione  dice:  «Con 
grande  piacere  t'aiuterei,  fi-atello  mio,  nell'amministrazione  e  go- 
verno degli  affari  di  tua  famiglia;  ma  nel  momento  vedo  eh' e 
impossibile  il  mio  ritorno  in  patria,  perchè  un  ostacolo  potentis- 
simo vi  ha,  il  quale  non  può  sormontarsi  tanto  facilmente  per  la 
mia  maniera  di  pensare,  dalla  (jualo  non  posso  recedere.  Ne  sono 
dolente,  perchè  pur  troppo  vedo  che  debbiammo  esser  divisi:  ma 
come  opporsi  all'avverso  destino?  Pazienza  dunque;  e  speriamo 
nell'avvenire,  che  mi  augui-o  sia  un  giorno  a  tutti  propizio  ».  (Ar- 
chivio citato.  Filza  US:-,,  n.  57). 

Vivevano  in  Malta  Ruggiero  Settimo,  ornai  estraneo  alla  poli- 
tica, Giorgio  'ramaio  con  Cesare  Napolitani  ed  altri  esuli  di  Si- 
cilia, e  soprattutto  Nicola  Fabrizi,  che  vi  si  era  stabilito  dal  1837, 
persuaso  che  il  moto  liberatore  della  penisola  sarebbe  cominciato 
dal  sud.  Vi  era  un'attiva  corrispondenza  coi  comitati  liberali  di 
Palermo,  Messina,  Catania.  Malgrado  ciò  l'anno  che  il  Pilo  passò 
in  Malta  fu  assai  triste  per  lui,  perchè  l'aria  non  gli  era  propi- 
zia, oltre  che  «il  non  vedere,  dicevano  1  suoi  amici,  esaudite  le 
brame  patriottiche  lo  rendeva  triste  e  di  cattivo  umore  ».  Accre- 
sceva il  suo  dolore  Tessero  lontano  da  una  signora  di  Genova, 
ch'egli  amava  ardentemente  e  ch'era  figlia  di  un  notaio  maritala 
a  un  negoziante  o  separata  dal  marito.  Agitato  da  tante  passioni, 
il  Pilo,  ch'era  stato  sempre  di  debole  salute,  ebbe  un  attacco  di 
congestione  al  cervello  e  fu  assalito  da  fi-equenti  dolori  allo  sto- 
maco. Il  che  aggravato  dalla  malinconia  di  vivere  su  quello  «  sco- 
glio »  lo  indusse  appena  si  riebbe  alquanto  a  partire  da  Malta  per 
Londra,  donde  poi  intendeva  dì  passare  nella  Svizzera.  In  Londra, 
dove  giunse  nel  Luglio  1858,  ebbe  un  altro  attacco  al  cervello 
«  per  la  troppa  applicazione  »  dicono  i  suoi  amici,  cioè  pel  troppo 
ardore  che  metteva  in  tutte  lo  sue  opere;  ma  per  fortuna  l'attac- 
co fu  leggiero.  Colà  egli  prese  parte  attiva  alle  operazioni  del 
comitato  Mazziniano.  Un  agente  Borbonico  scrive  da  Londra  l'il 
Settembre  58:  «E  qui  giunto  un  certo  Rosolino  Pilo-Gioeni,  come 
incaricato  per  gli  affari  di  Sicilia,  il  quale  unitamente  ad  un  certo 
Fanelli  sono  in  continua   occupazione  per  le  cose  del  Regno   (co- 


MISCELLANEA 


m'es.si  dicono)  e  presiedono  ogni  settimana  nel  comitato  col  Maz- 
zini »  (Arch.  di  Pai.). 

Frattanto  si  maturavano  gli  eventi,  che  dovevano  condurre 
alla  guerra  del  1851).  Nel  Luglio  1858  avvennero  gli  accordi  di 
Plombiéres  tra  Cavour  e  Napoleone  III,  i  quali  accordi  trapelati 
nel  pubblico  vi  destarono  il  più  vivo  lerinento  e  le  più  grandi 
speranze.  Si  presentiva  che  si  appressavano  i  giorni  dell' azione- 
contro  lo  straniero;  la  maggior  parte  dei  rivoluzionari  ,  che  sta- 
vano nel  Piemonte  o  nelle  altre  regioni  d'Italia,  subendo  l'influsso 
dell'opinione  pubblica  smettevano  in  tutto  o  in  parte  le  loro  pre- 
dilezioni personali  per  le  forme  di  governo  o  per  i  modi  della 
lotta  e  si  disponevano  a  cooperare  col  Piemonte  all'impresa  nazio- 
nale. Il  Pilo  ricevette  molte  lettere  dei  suoi  antichi  compagni  del 
'57,  senza  che  no  rimanesse  scossa  la  sua  diffidenza  ed  ostilità 
verso  il  governo  Piemontese.  Egli  non  voleva  am.meltere  che 
l'egemonia  Piemontese,  ch'era  il  perno  delia  politica  di  Ca- 
vour, offriva  un  mezzo  assai  più  sicuro  e  valido  per  raggiungere 
l'unità  che  non  le  insurrezioni  popolari,  che  avrebbero  dovuto 
dare  d'  un  getto  l'unità  e  la  vittoria.  «  Scacciare  anzitutto  l'Au- 
striaco dall'Italia,  perchè  diventasse  possibile  ogni  altro  pro- 
gresso della  penisola:  l'egemonia  piemontese  mezzo  e  guarentigia 
all'Europa:  questi  i  chiari  proposili  di  Cavour.  L'èra  degli  ideali 
assoluti  doveva  essere  chiusa.  Ma  chi  di  quegl' ideali  vagheggiati 
avesse  saputo  mettere  ad  effetto  la  maggior  parte,  per  questo  solo 
li  avrebbe  oltrepassati  tutti  ».  (Vittorio  Graziadei.  La  jiaite  di 
Cavour,  p.  22.  Torino,  ISSO).  Non  sarà  privo  d'interesse  il  riportare 
qui  alcuno  lettere  tra  il  Pilo  e  i  suoi  amici  di  Genova,  dalle  quali 
apparirà  meglio  un  fatto  ancora  poco  conosciuto,  cioè  per  quali 
considerazioni  l'antico  pai-tito  rivoluzionario  di  Genova  abbandonò 
Mazzini  e  si  disposo  ad  operare  al  cenno  di  Cavour.  Il  Pilo  era 
informato  minutamente  di  tutte  le  operazioni  e  trattative  su  que- 
sto riguardo.  Il  suo  amico  Giorgio  (un  Sardo,  di  cui  non  m'  è  riu- 
scito di  accertai-e  il  cognome)  che  gli  mandava  lettere  quasi  ogni 
8elliiJi;ii:;i,  cosi  gli  scriveva  sul  finire  del  '58: 

«  Genova  23  Dicombre  '58. 

*  Pochi  giorni  sono   Garibaldi  fu  chiamato  a  Torino  e  dal  La 
Farina  fu  presentato  a  Cavour,  il  quale  gli  disse:   Noi  desideria- 


MISCELLAXKA  225 


mo  la  corona  d'Italia  {cioè  dell'alta  Italia).  Le  circostanze  si  pre- 
sentano a  noi  favorevoli  e  vogliamo  ad  ogni  costo   approfittarne. 
È  nostra  intenzione  per  creare  l'occasione  di  servirci  dell'elementa 
popolare.  Incarichiamo  quindi  voi  di  organizzare  un  corpo  di  ber- 
saglieri, che  farebbe   parte  della  guardia  nazionale  mobile  e  che 
potreste  comporre  di  tutto  il  corpo  rivoluzionario.  Intenderemmo 
di  avere  nel  momento  della  lotta  la  dittatura  militare  ;  e  per  que- 
sta organizzazione  avrete  armi ,  denari ,  munizioni  e  vestiario.  — 
A  questa   proposizione   Garibaldi   rispose  di  essere  pronto  ad  ac- 
cettare l'incarico,  qualora  fosse  sicuro  di  nessun  intervento  fran- 
cese. —  Gli  fu  risposto  di  essere   decisi  ad  agire  ad  ogni  costo  e 
che  so  il  paese  risponde  volentieroso  ed  energico  non  si  avrebbe 
sicui'amente   nessun  intervento;  ma  non  si  eviterebbe  questo,  se 
l'appello  non  corrispondesse.  —  Dopo  tale  dichiarazione  Garibaldi 
si  decise  di  mettersi  all'opera  e  di  cominciare  le  disposizioni:  ebbe 
pure  l'acconsentimento  di  parlare  liberamente.  Venne  quindi  qui, 
incaricò  Nino  Bixio  dell'arruolamento  per  tutta  la  città  e  la  pro- 
vincia ;  fece  chiamare  òa  34  (Carrara  ?)  e  da  121  (Milano)  indivi- 
dui, che  accorsero  immediatamente  e  coi  quali  si  misero  d'accordo 
e  stabilirono  che  farebbero  accorrere  alla  chiamata  ogni  elemento 
e  preparerebbero  l'animo  al  gran  colpo.  Siccome  poi  dal  Governo 
gli  fu  comunicato  che  la  cosa  dovrebbe  cominciarsi  non  prima  di 
Marzo  e  non  dopo  di    Maggio ,  così  si    emanarono   ordini  di  pru- 
denza per  non  precipitare.  Avendo  dovuto  Garibaldi  pei  suoi  in- 
teressi di  famiglia   recarsi  provvisoriamente  in  Sardegna ,  lasciò 
ampia  procura  di    agire  in  suo  nome  a  Medici,    il   quale   quanto 
prima  recherassi  a  Torino,  onde,  verificato  se  esiste  a  disposizione 
il  denaro,  potersi  mettere  immediatamente  all'opera.  Entro  la  set- 
timana ventura  si  sarà   fatta   questa  verificazione  e  l'opera   sarà 
alacremente  condotta.  Bixio  incaricato  di  questo  arruolamento  fece 
appello  a  noi  tutti  :  ci  riunimmo  per  decidere  il  da    farsi  in  pre- 
senza di  questa  eventualità.  La  maggioranza  pi'opende  per  accet- 
tare l'azione  e  di  star  attenti  per  qualunque  caso  avvenire.    Non 
voglio  dilungarmi  sulla  maggiore  o  minore  utilità  di  questa  cosa 
perchè  Angelo  te  ne  scrive  in  proposito  svolgendo  i  suoi  pensieri 
come  meglio  crede.  Ti  prego  solo  d'  essermi  sollecito  nel  rispon- 
dere su   quest'argomento,  dilungandoti  per  quanto  ti  è  possibile 
nello  svolgimento  di  qualunque  idea.  » 

Ai-ch.  Star.  Sic.  N.  b.  anno  XXIV.  15 


22G  MISCELLANEA 


Il  Pilo  dovette  affrettarsi  a  riconfermare  la  sfiducia  sua  e  di 
Mazzini  verso  la  politica  Piemontese.  E  Giorgio  poco  dopo  gli  ri- 
spondeva : 

«  Genova  5  Gennaio  '59. 

Carissimo  amico, 

L'idea  di  202  (Mazzini)  di  far  opposizione  a  quanto 

pare  sia  disposto  di  fare  il  governo  piemontese  mi  sembra  assai 
intempestiva.  Per  quanto  dubbia  debba  essere  la  nostra  fede  in 
questo  governo,  non  possiamo  scordare  ch'esso  gode  da  lungo 
tempo  le  simpatie  di  tutta  l'Italia  e  che  in  questo  momento  le 
simpatie  rinvigoriscono,  giacché  prosentano  quanto  da  noi  fu  sem- 
pre desiderato,  l'azione  e  la  guerra  contro  lo  straniero.  Tu  dici 
che  non  credi  a  questo  :  io  invece  sono  d'  opinione  contraria,  ad 
onta  delle  poche  disposizioni  prese  finora  da  questo  governo 
per  mettersi  in  campo.  Non  dissimulo  che  non  è  di  buon  augurio 
l'alleanza  Franco-Russa  ;  ma  siccome  le  eventualità  d'una  guerra 
sono  imprevedibili,  dal  momento  che  essi  promettono  a  noi  armi 
e  munizioni,  sarebbe  un  grave  torto  se  le  rifiutassimo.  Il  fare  poi 
quanto  dice  202  sarebbe  un  perdere  assolutamente  in  faccia  alla 
opinione  pubblica  qualunque  prestigio.  D'altra  parte  esiste  già  in 
faccia  a  noi  un  fatto  compiuto,  la  congiunzione  cioè  dei  nostri  di 
121  (Milano)  con  quelli  di  Torino;  e  questo  non  si  potrebbe  di- 
struggere ,  giacché  fu  stretto  dietro  le  vario  nostre  dichiarazioni 
più  volte  ripetute  di  accettare  il  loro  concorso ,  ogni  volta  che 
fossero  per  l'azione.  Non  ti  celo  che  tanto  qui  che  altrove  l'opi- 
nione pubblica  è  propensa  a  sostenere  il  governo  piemontese  e  ad 
avversare  qualunque  moto  fosso  fatto  in  contrai-io.  Buccinano  già 
che  202  sia  strumento  deiringhilterra,  la  quale  vedendosi  tagliata 
fuori  di  questa  combinazione  cerca  ogni  mezzo  per  distruggere  i 
piani  concertati.  Io  e  gli  amici  tutti,  che  conosciamo  202  e  lo  ve- 
neriamo per  la  sua  costanza  e  la  sua  virtù,  non  possiamo  sentire 
queste  voci  cho  con  rammarico,  ma  tanto  i  maligni  quanto  i  de- 
boli non  mancano,  gli  uni  di  fomentare,  gli  altri  di  essere  abbin- 
dolati ;  ed  infine  chi  ci  perderà  sempre  saremo  noi  e  il  nosti'o  po- 
vero paese  da  tanto  tempo  in  questa  situazione  a  causa  delle  con- 


MISCELLANEA  227 


tiiiue  dissensioni  e  discordie.  Gli  altri  amici  scrissero  e  scriveranno 
su  questo  proposito  a  202,  Voglio  sperare  che  si  persuaderà  che 
non  gli  convenga  di  fare  l'opposizione  che  disse;  gli  converrebbe 
piuttosto  prepararsi,  stare  a  vedere  la  condotta  di  Cavour  ed  ap- 
poggiare se  fanno  da  senno  e  se  l'opinione  pubblica  è  con  loro  o 
fare  altrimenti  in  caso  contrario.  Solo  in  questo  caso  verrebbe 
appoggiato  ;  altrimenti  oltre  di  perdere  in  faccia  all'Italia  il  suo 
prestigio,  arrischierebbe  di  vedersi  solo  o  ben  poco  appoggiato.  » 

Quest'esortazioni  non  ebbero  effetto  :  Mazzini  non  voile  rasse- 
gnarsi all'alleanza  coU'uomo  della  spedizione  di  Roma  e  del  2  Di- 
cembre ;  onde  mandò  fuori  il  28  Febbraio  1851>  una  sua  dichiara- 
zione sottoscritta  anche  dal  Pilo  e  da  circa  150  altri  Italiani.  Ri- 
portiamo alcuni  punti  di  questa  dichiarazione: 

«  Nella  supposizione  più  che  probabile  che  una  guerra  s'appa- 
recchi in  Italia  fra  l'Austria  da  un  lato,  la  monarchia  Piemontese 
e  la  Francia  imperiale  dall'altro  ; 

1  sottoscritti  convinti 

Che  senza  unità  non  v'è  patria  : 
Cbe  senza  sovranità  nazionale  non  v'è  nazione  : 
Che   senza   libertà ,  libertà  vera  e  per  tutti ,  non  v'  è  indipen- 
denza : 

Che  un  popolo  non  può  levarsi  in  armi  con  un  programma  di- 
mezzato : 

Convinti  da  ultimo 

Che  un'alleanza  della  monarchia  piemontese  con  Luigi  Napo- 
leone Bonaparte  produrrebbe  inevitabilmente  una  coalizione  Eu- 
ropea contro  la  causa  patrocinata  e  che  la  sola  probabilità  d'  al- 
leanza siffatta  ha  già  rapito  all'Italia  gran  parte  del  favore,  che 
l'Europa  intera  le  dava: 

Che  il  levarsi  a  insurrezione  e  guerra  per  una  sola  frazione 
<ì' Italia,  lasciando  l'altre  frazioni  alla  tirannide  al  malgoverno 


228  MISCELLANEA 


allo   smembramento ,  sarebbe  un  tradire  onore  patria  giuramenti- 
ed  avvenire  ad  un  tempo  : 

Dichiarano 

Che  se  la  guerra  Italiana  s'iniziasse  diretta  e  padroneggiata  da» 
L.  Bonaparte  od  alleata  con  lui,  essi  s'asterrebbero  deplorando  dal- 
parteciparvi  : 

Che  serbandosi  diritto  di  voto  e  di  apostolato,  essi  pronti  oggi 
come  sempre  furono  a  sacrificare  il  trionfo  immediato  della  loro 
fede  individuale  al  bene  ed  all'opinione  dei  più  seguirebbero  sul- 
l'arena la  monarchia  piemontese  e  promuoverebbero  con  tutti  i 
loro  sforzi  il  buon  esito  della  guerra,  purché  tendente  in  7ì%odO' 
esplicito  all'unità  nazionale  Italiana.  » 

Gli  amici  di  Genova,  come  poteva  prevedersi,  non  fecero  buon 
viso  a  questa  dichiarazione  ;  ed  Angelo  (un  Lombardo,  di  cui  nem- 
meno m'è  riuscito  di  accertare  il  cognome)  ne  dà  le  ragioni  nella. 
seguente  lettera  : 

«  Genova  12  Marzo  '59. 

Carissimo  Rosolino, 

Le  conclusioni  della  dichiarazione  (del»28  Febbraio)  con- 
tenuta nel  n.  13  del  Pensiero  ed  Azione  mi  pare  che  si  riducano 
propriamente  a  dire  :  non  partecipiamo  alla  guerra  ,  se  e'  entra 
Bonaparte  ;  non  ci  associamo  alla  monarchia  Sabauda ,  se  questa 
Don  si  fa  rivoluzionaria  e  da  domani  non  possiamo  avere  il  di- 
ritto di  pronunziarne  la  decadenza.  — Non  vorrei  commettere  uno 
sbaglio  d'interpretazione  per  non  arrischiare  di  fraintenderci.  Ma 
mi  pare  che  la  sostanza  della  dichiarazione  sia  quella  che  ho 
esposta. 

Ma  ecco  che  cosa  oppongo  a  queste  due  conclusioni  :  rinnegare 
un  amico  nuovo ,  anche  pericoloso,  per  farsene  un  nemico  acca- 
nito  pericolosissimo   è    una   politica  che  non  mi  va  a  sangue.   E: 
bada  che  uso  la  parola  amico  per  chiarezza  soltanto  e  in  un  senso 
profano  del  lutto ,  poiché  io   credo  che  Napoleone  III  ami  la  li^ 


MISCELLANEA  229 


.berta  d'Italia  quanto  io  il  palo  del  Gran  Turco  ;  e  perciò  io  credo 
•che  si  debba  approfittare  del  suo  antagonismo  con  l'Austria  ,  ac- 
.cettandolo  come  un  fatto,  che  ci  può  di  riverbero  riuscir  favore- 
vole, non  come  pruova  della  sua  tenerezza  verso  di  noi.  E  questo 
per  la  prima.  Quanto  alla  seconda,  il  non  voler  tener  conto  de- 
gl'incagli che  un  governo  costituito,  per  ciò  solo  eh' è  costituito, 
deve  trovarsi  innanzi  anche  quando  è  deliberato  alle  risoluzioni 
più  ardite,  la  non  mi  sembra  proprio  giustizia;  come  non  mi 
sembra  giustizia  il  pretendere  che  un  governo  l'indomani  d'una 
vittoria  lasci  discutere  la  propria  esistenza. 

I  principi!  li  venero  e  li  adoro  più  di  qualunque  altro  o  al- 
meno quanto  qualunque  altro.  Ma  di  fronte  ai  principii  voi  non 
vedete  che  menzogne:  io  vedo  anche  dei  fatti.  E  di  qui  soltanto 
comincia  la  nostra  divergenza.    ' 

Sia  improvvido  traviamento,  sia  mal  calcolata  fiducia,  le  masse 
(intendo  anche  le  masse  colte)  non  possono,  non  sanno,  non  vo- 
gliono crear  la  nazione  con  uno  di  quegli  slanci  immortali,  di 
cui  dovrebbe  pur  essere  capace  un  paese  che  si  chiama  Italia. 
Bensì  avendo  udito  rumoreggiare  novelle  ambizioni  di  primato 
monarchico  e  nuove  velleità  di  vittorie  napoleoniche,  hanno  cre- 
duto giunto  il  momento  di  profittare  delle  une  e  delle  altre  per 
conseguire,  se  non  l'unità  nazionale,  tanto  almeno  che  basti  per 
dire  d'aver  fatto  un  gran  passo  verso  la  medesima,  un  passo  che 
sia  foriero  d'altri  più  facili  e  pronti.  Se  questo  è  delitto,  i  rei  sono 
tanti  da  non  poterli  punire  od  anche  soltanto  contrastare. 

«  Senza  unità  non  v'  è  patria.  »  Ma  per  chi  si  combatte  e  si 
muore  da  tanti  anni  in  Italia  se  non  per  la  patria?  Non  siamo 
costituiti  in  nazione,  è  vero;  ma  una  patria,  una  sacra  adorabile 
patria,  l'abbiamo  per  Dio  I  —  «  Senza  sovranità  nazionale  non  v'è 
^nazione.  »  Ma  la  Spagna  non  è  nazione  ?  La  Francia  non  è  na- 
zione ?  La  stessa  Inghilterra,  ove  è  ancora  un  lontano  benché  fre- 
mente desiderio  il  suffragio  universale  (altro  degli  elementi  della 
sovranità  nazionale),  non  è  nazione? — «Senza  libertà  non  v'è 
indipendenza.  »  Ma  o  io  non  so  che  voglia  dire  indipendenza  o 
sono  indipendenti ,  benché  senza  libertà  vera  e  per  tutti ,  le  sud- 
•dette  nazioni  ed  altre  che  sarebbe  agevole  nominare.  » 

Frattanto  in  Italia  gli  avvenimenti  precipitavano.  L'Austria  di- 


230  MISCELLANEA 


chiaro  guerra  al  Piemonte  :  il  29  Aprile  Vittorio  Emanuele  rivolse 
agl'Italiani  un  proclama,  col  quale  dichiarava  di  non  avere  altra 
ambizione  che  di  essere  il  primo  soldato  dell'indipendenza  Italia- 
na. Poco  dopo  Napoleone  III  pubblicava  anch'egli  un  suo  procla- 
ma. Paolo  Orlando  scrive  al  Pilo: 

Genova  7  Maggio  1859.. 

«  Non  puoi  farli  un'idea  esatta  delle  cose  di  qui:  non  vi  sono 
più  parliti:  è  un  volere  universale:  il  proclama  di  Vittorio  Ema- 
nuele e  quello  di  Napoleone  III  hanno  messo  il  suggello,  il  colmo 
direi,  all'idea  generale.  Gli  applausi  si  spingono  fino  al  fanatismo: 
da  tutti  si  è  sicuri  che  questa  volta  l'Italia  sarà  indipendente.  Le 
donne  incoraggiano  gli  uomini  :  è  una  vergogna  per  un  giovine 
passeggiare  per  le  strade.  Pei  condannali  del  29  (Giugno  1857)- 
Vittorio  Emanuele  ha  dato  la  piena  amnistia.  Vedremo  il  povero 
Savi:  e  tu  che  pensi  di  fare?  » 

Ed  Angelo  : 

Genova  13  Maggio  1859. 
Amico  calassimo, 

«  Da  ben  tre  mesi  io  son  rimasto  senza  tue  lettere.  La  mia 
previsione  —  ch'io  ti  sìa  spiaciuto  —  si  è  dunque  avverata.  Ma  si 
è  avverata  pure  l'altra  —  che  sareste  rimasti  pochi  ed  isolati.  Vor- 
reste ostinarvi  a  languire  sopra  una  via  disertata  oramai  da  tutti 
gl'Italiani?  Vi  si  vorrebbe  ostinare  Giuseppe  Mazzini,  questo  no- 
stro venerando  apostolo,  il  quale  ispirandosi  ai  sentimenti  che  gli 
hanno  dettata  la  famosa  lettera  a  Carlo  Albei-to  potrebbe  scegliersi 
una  via  degna  di  lui?  In  Toscana  non  vi  sono  Francesi:  in  To- 
scana l'ordinamento  politico  h  riservato  a  guerra  finita.  Non  ò- 
nemmono  quello  il  vostro  paese  ?  — Sperate  forse  in  Napoli,  nella 
Siciliu?  Tanto  meglio,  tanto  meglio  davvero.  Ma  badate  che  il  grido 
#  viva  l'Italia  una  »  non  vi  riesca  grido  separatista.  —  L'Italia  del 
V6QÒ  Bublime  di  concordia,  di  abnegazione.  Il  numero,  il  contegno" 


MISCELLANEA  231 


e  la  diversa  provenienza  dei  volontari  fu  argomento  di  spettacolo 
nuovissimo  ed  oltre  ogni  dire  solenne. 

E  per  quanto  possa  spiacerne  ad  un  repubblicano  assoluto,  la 
sincerità  di  re  Vittorio  Emanuele,  l'eminente  capacità  del  Conte 
Cavour  e  la  sopraffina  politica  di  Napoleone  III  furon  tanto  che 
tasta  per  trascinare  le  turbe.  Possibile  che  non  vi  abbiano  per- 
suaso a  secondare  le  universali  tendenze  quelle  tante  relazioni, 
che  dovete  aver  ricevuto  sul  vero  stato  attuale  della  pubblica 
opinione?  —  Più  d'uno  trovai  diflidente  all'estremo,  ma  che  par- 
tiva pel  campo.  —  E  perchè?  domandai.  —  Perchè  si  combatte 
l'Austriaco.  —  P]cco  la  risposta  che  vince  qualunque  discussione.  * 

Rosolino  rispose  : 

Londra  li  :50  Alaggio  1859. 

Carissimo  Aiigclo, 

« Ho  avuto  15  buoni  giorni  di  forte  malattia  ed  ho  sof- 
ferto molto  fisicamente  e  moralmente  :  ora  sto  meglio  e  da  3  giorni 
ho  lasciato  interamente  il  letto:  spero  di  riavermi  del  tulto  e  di 
acquistare  quello  forze  che  mi  occorrono  per  agire. 

Mio  caro,  ti  lagni  del  mio  lungo  silenzio.  Mi  duole  che  hai  cre- 
duto che  la  tua  lettera  di  3  mesi  fa  mi  fosse  spiaciuta.  Ohi  no^ 
Io  nello  scrivere  settimanalmente  al  nostro  Federico  intendevo  di 
scrivere  anche  a  te:  ero  certo  che  le  mie  lettere  da  Federico  ti 
erano  comunicate,  avendonelo  più  volte  pregato  di  farlo.  —  Alla 
tua  lettera  di  tre  mesi  sono  non  risposi  punto  per  punto,  perchè 
avendo  fatto  proponimento  di  non  più  contrariare  e  sindacare  le 
viste  presenti  dei  miei  antichi  amici  politici ,  credei  non  conve- 
niente di  combattere  quanto  mi  vergasti  in  quel  tuo  foglio;  molto 
più  che  ero  e  sono  persuaso  che  li  fatti  dimostreranno  chi  di  noi 
si  sarà  ingannato. 

Amico  mio,  io  ritengo  per  fermo  che  l'Italia  non  avrà  la  sua 
indipendenza,  mei'cè  l'attuale  invasione  del  soprafllno  politico  Luigi 
Napoleone,  oggi  vostro  grande  e  magnanimo  imperatore;  ritengo 
per  fermo  che  molto  meno  l'Italia  conseguirà  la  Unità  Nazionale; 


232  MISCELLANExV 


e  spero  che  se  non  vorrete  negare  la  luce  del  gioi'no ,  avrete  il 
buon  senso  di  convenire  in  questo,  che  l'attuale  guerra  governata 
da  Napoleone  il  sopraflìno  non  darà  all'Italia  V Unità  tanto  sospi- 
rata da  noi  tutti  e  per  la  quale  tanti  martiri  sono  caduti  in  que- 
sti ultimi  dieci  anni.  La  guerra  attuale,  a  mio  avviso,  non  ci  frut- 
terà che  nuovi  proconsoli  francesi  e  sofTocamento  di  libertà  co- 
stituzionali in  Piemonte.  Un  bene  voi  Lombardi  forse  conseguirete, 
quello  cioè  di  riunirvi  al  Piemonte;  ma  ciò  non  importa  indipen- 
denza d'Italia,  dappoiché  noi  avremo  altre  provincie  d'Italia  invase 
dallo  straniero,  cioè  un  Plonplon  in  Toscana  e  nelle  Romagne,  il 
Papa  sostenuto  in  Roma  dai  Francesi  etc.  Se  l'indipendenza ,  che 
desiderate,  è  questa,  oh!  si,  che  l'avrete  facilmente. 

Mi  dici  che  ti  sei  imbattuto  in  più  d'uno  diffidente  all'estremo 
ma  che  ciò  non  ostante  partiva  pel  campo,  perchè  si  combatteva 
l'Austriaco.  Io  ammiro  costoro,  ma  non  so  imitarne  completamente 
l'esempio  ;  molto  più  che  ho  fiducia  che  vi  sarà  terreno  di  com- 
battere l'Austriaco  senza  bisogno  di  mettersi  sotto  gli  ordini  del 
tristo  despota,  Napoleone  III.  Io  p.  e.  tosto  che  avrò  ricuperato  le 
forze  fisiche  e  avrò  li  mezzi  pecuniari,  non  me  ne  starò  con  le 
mani  alla  cintola,  come  sin  dal  1847  non  ci  sono  stato  un  solo 
giorno  ;  ma  sarò  conseguente  a  me  stesso ,  non  mancherò  al  giu- 
ramento  fatto  alla  mia  patria  di  combattere  per  Y  Unità  d' Italia 
e  contro  lo  straniero  sia  Austriaco  sia  Francese  od  altro ,  che  si 
abbia  il  piede  nella  nostra  sventurata  Italia.  Questo  credo  ch'era 
il  dovere  di  tutti  gl'Italiani  e  precisamente  di  quelli  che  sino  a 
pochi  mesi  fa  professavano  questi  principia  Non  scrivo  ciò  per 
muover  loro  rimprovero,  dappoiché  ritengo  che  un  malinteso  dovere 
verso  la  patria  li  ha  spinti  sotto  bandiera  non  nostra. 

Amico  mio,  mi  parli  di  terreno  per  me  e  i  miei  amici  politici 
in  Toscana,  dove  non  vi  sono  Francesi  e  vi  è  riservato  l'ordina- 
mento politico  a  guerra  finita.  Ora  il  fatto  posteriore  alla  data 
della  tua  lettera  del  13  ha  distrutto  tutto  quanto  mi  scrivesti. 
Plonplon  con  numerose  truppe  Francesi  trovasi  già  in  Toscana: 
di  più  quel  governo  si  è  sottomesso  al  protettorato  Sabaudo-Na- 
poleonico  ed  il  risultato  di  questo  protettorato  è  stato  l'annulla- 
mento dulia  libertà  della  stampa  e  della  libertà  individuale.  Kd  ò 
bene  che  tu  sappia  che  anche  prima  di  stabilirsi  questo  stato  di 
cose  avevo  giù  pruove  dell'intolleranza  del  partito  Sabaudo.  Sappi 


MISCELLAXKA  233 


che  io  il  7  Maggio  scrissi  ad  un  mio  antico  amico  politico,  ami- 
cissimo di  Malenchini,  domandandogli  se  io,  Mosto  (Antonio),  Li- 
bertini (Giuseppe),  D' Antoglietti  ed  altri  saremmo  potuti  andare 
in  Toscana  senza  pericolo  di  venir  vessati  ;  molto  più  che  dichia- 
ravamo di  non  andar  colà  per  cospirare  contro  lo  slato  politico 
impiantatosi,  ma  per  stare  in  Italia  pronti  a  correre  in  qualunque 
punto  della  penisola ,  dove  non  vi  fossero  Francesi.  Il  12  Maggio 
ebbi  la  risposta,  la  più  triste  che  mai  si  potesse  dare  da  Italiani 
e  fu  eh'  era  slato  dato  ordine  agli  Agenti  consolari  di  non  per- 
ìnettere  V  andata  in  Toscana  a  tutti  i  compromessi  in  fatti  di 
politica  contraria  a  quella  seguita  oggi  dai  buoni  ed  onesti 
Ilaliani,  che  sarebbero  quelli  che  plaudiscono  all'invasione  Fran- 
cese e  Napoleonica  del  momento.  » 

Bisogna  confessare  che  in  questa  lettera  non  mancano  le  qua- 
lità, che  gli  amici  tutti  riconoscevano  in  Rosolino  e  che  lo  ren- 
devano loro  tanto  caro,  schiettezza ,  franchezza  e  chiarezza  nello 
esprimersi. 

Cominciata  la  guerra,  gli  Austriaci  furono  sconfitti  a  Paleslro, 
Magenta,  Solferino  e  S.  Martino.  L'entusiasmo  cresceva  con  le 
"vittorie  e  da  tutti  si  riteneva  certa  e  prossima  la  liberazione  d'I- 
talia, quando  si  seppe  che  la  sera  del  6  Luglio  Napoleone  aveva 
mandato  a  proporre  all'Imperatore  d'Austria  un  armistizio,  che 
era  stato  accettato  la  mattina  del  7.  Fu  un  colpo  durissimo.  La 
guerra  finiva  col  lasciare  la  Venezia  sotto  l'Austria  e  col  permet- 
tere che  in  Toscana ,  nei  Ducati  e  nelle  Romagne  fossero  rista- 
bilite le  antiche  signorie.  Tutti  sanno  che  Cavour  a  quella  notizia 
corse  sul  Mincio  e  in  vivo  diverbio  con  Vittorio  Emanuele  voleva 
indurlo  a  non  accettare  l'armistizio.  Il  10  Luglio  «  il  Re  chiamato 
a  se  il  Generale  Della  Rocca  lo  intrattenne  del  colloquio  ch'era 
.avvenuto  poco  prima  tra  lui  e  Cavour.  Sa  lei  che  vorrebbe  Ca- 
vour? disse  il  Re.  Vorrebbe  ch'io  da  solo  continuassi  la  guerra. 
Detesto  anch'io  questa  pace  infame,  ma  io  non  perdo  la  ragione, 
non  mi  lascio  accecare  dalla  passione.  »  A  nessuno  verrà  in  mente 
che  Cavour  desse  quel  consiglio  per  difetto  di  acume  prattico  e  di 
giusta  considerazione,  ma  piuttosto  ch'egli  era  mosso  da  quella 
sovreccitazione  d'animo  che  creò  gli  eroi  del  Risorgimento.  Non 
farà  perciò  meraviglia  che  anche  il  Pilo  volesse  la  continuazione 


234  MISCELLAXE\ 


della  guerra  ;  se  non  che  in  questa  dava  il  primo  posto  ai  volontari 
e  il  secondo  all'esercito  Piemontese.  Egli  scrive  ad  Angelo: 


€  Londra  18  Luglio  1859. 
Mio  carissimo  amico, 

Oggi  quello  che  costà  si  dovrebbe  fare  si  è  di  non  far 

disciogliere  i  corpi  dei  volontari  ;  si  dovrebbe  farli  dichiarare  non 
sodisfatti  della  pace  compiutasi ,  ma  risoluti  a  combattere  finche 
l'Austria  non  sarà  fuori  d'Italia  e  finché  l'Italia  libera  dallo  stra- 
niero non  si  sarà  costituita  o  in  uno  stato  monarchico,  se  Vit- 
torio Emanuele  riverrà  in  campo  con  l' esercito  per  ottenere 
l'unità  della  penisola;  o  sotto  forma  repubblicana,  se  Vittorio 
Emanuele  verrà  meno  al  suo  programma  di  voler  far  l' Italia  li- 
bera e  indipendente.  Dal  canto  nostro  si  sta  facendo  di  tutto  per 
convincere  gì'  Italiani  di  accettare  il  pensiero  ora  manifestato  e 
di  metterlo  tosto  in  esecuzione,  dappoiché  per  riuscire  non  biso- 
gna dar  tempo  agli  Austriaci  di  riordinarsi  e  di  riparare  le  loro 
perdite  ne  a  Napoleone  di  soffocare  l'indignazione  sviluppatasi 
in  tutti  gli  animi  di  sano  sentire.  —  La  Sicilia  sembra  dispostis- 
sima a  muoversi,  giusta  le  lettere  che  abbiamo  ricevuto;  e  già  un 
nostro  amico  vi  è  andato  per  stabilire  gli  accordi.  Oggi  Salvatore 
(Calvino)  e  Vincenzo  (Cianciolo)  dovrebbero  subito  recarsi  in  Sicilia 
e  mettersi  alla  testa  del  movimento.  Io  compirò  il  mio  dovere  ed 
altri  pure.  Ciò  vi  serva  d'avviso.  Nelle  Romagna  è  d'uopo  che  si 
vada  e  si  faccia  ingrossare  il  corpo  dei  volontari  colà  esistenti: 
insomma  ordinare  un  esercito  rivoluzionario  Italiano  e  riprendere 
roslilità,  anche  a  costo  di  rimanere  schiacciati.  È  mestieri  che  si 
operi,  che  si  faccia  scoppiare  la  rivoluzione  ovunque;  onde  la 
storia,  nel  caso  che  la  foi'tuna  ci  fosse  nemica,  possa  dire:  gl'Ita- 
iiani  fecero  il  loro  dovere,  ma  una  forza  maggiore  di  stranieri 
«offocò  il  volere  degl'Italiani,  quello  cioè  di  conquistarsi  la  libertà, 
l'indipendenza  e  l'unità.  Io  spero  e  mi  lusingo  che  tu  e  quanti 
hanno  sangue  Italiano  nelle  vene  si  mellorantio  all'opera  e  giure- 
ranno alla  Patria  ed  a  loro  stessi  di  spargere  l'ultima  stilla  di  san- 
gue por  ottenere  il  santo  scopo  di  sopra  manifestato.  » 


MISCELLANEA  23^ 


Ma  sul  proposito  del  Pilo  di  recarsi   in  Sicilia  bisogna  rifarci 
alquanto  indietro. 


III. 


Nel  Novembre  I808  il  Pilo  ricevette  da  Malta  una  lettera  di 
Giovanni  Corrao,  altro  esule  Siciliano ,  che  lo  invitava  ad  unirsi 
a  lui  per  un  tentativo  in  Sicilia.  Per  circa  due  mesi  si  scrissero  - 
ripetutamente  senza  potere  bene  intendersi  o  per  la  irregolarità 
del  ricapito  o  per  la  difficoltà  di  tutto  determinare  in  iscritto.  la- 
fine  il  Pilo  mandò  al  Corrao  questa  lettera: 

«Londra  li  17  Gennaro  ';9. 

Cùì^o  amico, 

Varie  lettere  v'ho  dirette  in  seguito  dell'ultima  vostra  d'or  soa 
più  mesi  ed  ignoro  se  vi  siano  pervenute.  L'affare  che  mi  propo- 
nete è  stato  accettato  e  non  manca  per  definirlo  che  la  vostra 
venuta.  Se  vi  mancano  i  mezzi  per  ricongiungervi  a  me,  prendete 
ad  imprestito  il  denaro,  che  sarà  pagato  alla  scadenza  senza  fallo: 
contate  per  questo  sulla  mia  parola.  Io  vi  sarò  compagno  nell'im- 
presa :  però  bisogna  far  presto.  Aspetto  un  vostro  riscontro  a  rigor 
di  posta  per  sapermi  regolare.  Addio  :  non  vi  scrivo  altro  perchè 
conto  di  riabbracciarvi  presto. 

Vostro  aff.mo  fratello 
Rosalino.  » 

Ma  prima  di  ricevere  questa  il  Corrao  gli  avea  spedito  un'altra 
lettera,  che  come  tutte  quelle  di  lui  è  scritta  in  un  gergo  tra  lingua 
e  dialetto,  ma  che  pure  il  lettore  vorrà  tenere  in  pregio,  perchè 
questa  corrispondenza  è  il  primo  anello  d'una  catena,  di  cui  l'ul- 
timo è  lo  sbarco  di  Marsala.  Riproduco  la  lettera  quasi  com'è 
originalmente,  salvo  nell'ortografia  e  nella  punteggiatura.  Corraa- 
dunque  scrive  a  Rosolino: 


2oG  MISCELLANEA 


•  Malta  IS  Gennaio  '39. 

Inipareggiahile  amico. 

Ieri  ebbi  il  piacere  di  ricevere  una  vostra  a  me  tanto  cara 
per  mano  di  Grassetti  (Tamaio).  Se  non  mi  avesse  ingannato  il 
Civello,  avrebbe  mesi  quattro  che  sarebbe  (sarei)  entrato  all'Ospe- 
dale e  forse  avrebbe  guarito  il  povero  ammalato:  era  una  buona 
occasione  che  mi  si  presentava,  ma  Civello  mi  è  stato  la  causa. 
Allora  ho  lasciato  Alessandria  e  mi  sono  portato  in  Malta;  ed  ap- 
pena arrivato  il  G  Novembre  subito  ho  scritto  in  Palermo  onde 
vendermi  un  fondo  di  mia  proprietà.  Ma  voi  sapete  il  tempo  che 
prendono  le  vendite  e  per  questo  sarebbe  meglio  che  voi  mi  mu- 
niate dei  mezzi  necessari,  onde  sull'istante  mettermi  all'opera. 
Avrei  amato  fare  tutto  a  speso  mie,  ma  il  tempo  incalza  o  bisogna 
presto  guarire  1'  ammalato  ,  per  cui  resta  a  voi  di  accelerare  il 
passo  e  lasciate  a  me  la  cura  di  guarire  questo  povero  infelice 
padre  di  tanti  figli.  Ed  io  sono  del  vostro  parere,  che  riusciremo 

-a  farlo  alzare  di  letto  in  prima  cura.  Ciò  vi  basti;  all'opera  e  siamo 
■degni  dei  nostri  avi  e  facciamo  conoscere  che  abbiamo  vita,  onore 
e  cuore.  Voi  mi  dite  se  persisto  nel  mio  proponimento.  Mi  fate 
un  torto  :  sallo  Iddio  come  ho  sofferto  e  soffro  a  non  avere  potuto 
andare  presto  all'ospedale  e  quante  occasioni  ho  rifiutato  per  es- 
sere fermo   nel  mio   proponimento.   Forse   non  è  dovere  di  dare 

•tutto  per  una  madre  afHitta  e  calpestata  ?  K  cosa  è  un  uomo,  che 
non  ha  patria  e  libertà?  bisogna  farci  a  riacquistare  la  patria  e 
libertà  col  proprio  sangue  e  la  propria  vita.  Credetemi  degno 
della  vostra  stima  e  credetemi  che  anelo  il  momento  di  guarire 
rinfermo  a  spese  della  mia  salute  :  e  così  i  figli  suoi  acquisteranno 
il  padre.  Sarò  io   fortunato  e  felice  quando  avrò  dato  la  salute 

-all'ammalato,  anche  con  la  certezza  che  dopo  un  minuto  si  veri- 
ficasse la  mia  morte.  Ciò  vi  basti:  attendo  l'esito  con  premura  e 

-contato  che  forse  quest'ammalato  sarà  guarito  da  un  Siculo.  Non 
vi  è  bisogno   di   raccomandarvi   il  silenzio.   Salutatemi  il  nostro 

JPtppo  (Mazzini).  Salutatemi  Mangini.  Voi  ricevete  un  abbraccio  del 

vostro  per  sempre 
Giovanni  Corrao.  » 


MISCELLANEA  237 


Ricevuta  questa  lettera,  Rosolino  il  28  Gennaio  gli  rimise  Li- 
re .'00,  il  Gav.  Palermo  dimorante  in  Malta  gli  diede  il  suo  passa- 
porto; ed  il  Corrao  il  20  Febbraio  partì  per  l' Inghilterra  sotto  il 
nome  del  Palermo.  Verso  la  metà  di  Marzo  era  a  Marsiglia  :  in 
Londra  forse  non  giunse  che  alla  fine  d'Aprile.  Nel  Maggio  il  Pilo- 
cadde  ammalato  :  nel  Giugno  forse  si  attese  di  conoscere  la  piega 
delle  cose  della  guerra.  Dopo  l'armistizio  di  Villafranca  si  credette 
giunto  il  momento  d'  agire.  La  persona  andata  in  Sicilia  a  stabi- 
lire gli  accordi,  come  dice  Pilo,  era  il  Crispi ,  amico  di  Rosolino 
sin  dal  Novembre  1847,  quando  avevano  insieme  partecipato  alle 
dimostrazioni  fatte  in  Napoli  sotto  gli  archi  di  S.  Francesco  di 
Paola  per  invitare  il  Borbone  a  concedere  delle  riforme.  Riuscite 
vane  queste  speranze,  il  Crispi  il  0  Gennaio  1848  tornò  da  Napoli 
a  Palermo,  dove  già  sul  finire  del  Novembre  era  tornato  il  Pilo  ed 
assicurò  questo  e  gli  altri  che  i  liberali  di  Napoli  e  delle  provincia 
non  avrebbero  lasciato  soli  i  Siciliani,  se  insorgevano;  ad  ogni 
modo  promise  loro,  se  la  rivoluzione  scoppiava  il  12 ,  di  tornare 
in  Palermo  col  vapore  del  14.  Infatti  il  14  verso  le  4  pom.  si 
presentò  al  Palazzo  Municipale,  eh'  era  la  sode  del  Comitato  ge- 
nerale formatosi  quello  stesso  giorno,  e  fu  dal  Pilo  presentato  al 
Principe  di  Pantelleria,  che  presiedeva  il  Comitato  di  guerra  e  di 
pubblica  sicurezza  e  che  da  quella  sera  scelse  il  Crispi  per  suo 
segretario. 

Il  Ci'ispi  sbarcato  a  Messina  percorse  incognito  gran  parte  del- 
l' isola,  fermandosi  più  a  lungo  nelle  tre  città  principali.  Vi  ti'ovò 
i  Borboni  profondamente  avversati  come  alla  vigilia  del  12  Gen- 
naio '48,  un'ammirazione  immensa  per  quanto  s'era  fatto  nell'Italia 
superiore,  una  forte  volontà  di  mutamento  politico,  ma  con  mira 
ben  diversa  da  quella  del  1848.  Il  partito  d'azione  era  unitario: 
non  più  si  proponeva  1'  autonomia  dell'  isola  e  la  lega  cogli  altri 
Stati  Italiani,  ma  la  fusione  con  la  monarchia  di  Vittorio  Ema- 
nuele. La  guerra  combattuta  nel  Maggio  e  Giugno  e  le  rivoluzioni 
della  Toscana  e  dell'  Emilia  avevano  prodotto  sugli  animi  dei  Sici- 
liani un  effetto  profondo  e  dato  un  nuovo  corso  alle  loro  aspira- 
zioni. Già  nel  Maggio  '59  molti  in  Palermo,  Messina  e  Catania  si 
erano  dichiarati  pronti  a  un  movimento  rivoluzionario ,  coma 
quello  della  Toscana  nell'Aprile  precedente,  ma  a  condizione  che 
il  Piemonte  prestasse  degli  aiuti  o  i  Napoletani  insorgessero  ancha 


238  MISCELLANEA 


essi,  in  modo  che  il  governo  non  potesse  mandare  altre  forze  in 
Sicilia;  le  quali  condizioni  non  s'erano  potute  per  allora  soddisfare. 
Non  mancavano  nell'isola  i  fautori  dell'indipendenza  già  dichia- 
rata nel  184S,  ma  erano  più  disposti  a  lamentare  l'andamento 
delle  cose  che  ad  agire.  L'  ostacolo  principale  era  la  forza  militare 
Borbonica  :  30  mila  uomini,  la  metà  dei  quali  nella  sola  città  e 
provincia  di  Palermo:  una  polizia  vigile,  sospettosa,  energicamente 
diretta;  in  Palermo  le  caserme  fortificate  e  la  sera  frequenti  pat- 
tuglie di  6  soldati  con  un  agente  di  polizia  :  cannoni  nelle  fortezze 
e  nella  piazza  del  Palazzo  Reale.  Contro  queste  forze  non  basta- 
vano i  700  fucili  depositati  in  Malta  e  qualche  altro  migliaio  che 
non  era  impossibile  di  aggiungervi.  Erano  necessari  gli  aiuti  esterni, 
come  s'  è  detto  ;  qualche  sollevazione  negli  Abruzzi  o  nelle  Cala- 
brie, che  paralizzasse  le  forze  della  Corte  Napoletana  e  soprattutto 
r  invasione  di  un  uomo  temuto  dai  Borbonici  sin  dui  1840,  di 
Garibaldi  allora  comandante  dell'  esercito  Toscano  e  vice-capo 
dell'esercito  della  lega  formatasi  nell'Agosto  '50  tra  la  Toscana, 
i  Ducati  e  le  Romagne.  Ma  questi  soccorsi,  ritenuti  indispensabili 
dai  più  arditi  Siciliani,  non  si  potevano  ottenere  che  inalberando 
li  vessillo  dell'unità;  altra  ragione  per  smettere  le  aspirazioni 
d'  uno  stato  separato.  Con  tali  propositi  dunque  si  stabilì  nell'  A- 
gosto  '50  tra  il  Grispi  e  il  Comitato  segreto  di  Palermo  d'insor- 
gere il  4  ottobre,  onomastico  del  Re.  Ma  il  disegno  non  ebbe  ef- 
letto, non  per  dissuasione  di  moderati,  che  Rosolino  nella  lettera 
seguente  chiama  «  addormentatori  e  faccendieri  monarchici  pie- 
montesi »,  ma  perchè  la  polizia  dai  primi  di  Settemb.^e  aveva 
avuto  sentore  della  congiura,  i  capi  della  quale  o  furono  impri- 
gionati o  dovettero  nascondersi.  Fu  imprigionato  Salvatore  Cap- 
pello, patriota  attivissimo  e  godente  somma  popolarità.  Rosario 
D'Ondes,  Vito  La  Russa  ed  altri;  si  dovettero  nascondere  i  fratelli 
Salvatore,  Pasquale  e  Raffaele  Di  Benedetto,  dei  quali  i  due  primi 
morirono  poi  in  Palermo  il  20  maggio  '(50  colpiti  di  mitraglia  nel 
difondere  le  barricate  del  Càssaro  (corso  Vittorio  Emanuele)  contro 
i  borbonici  accampati  a  Piazza  Vittoria  e  1'  ultimo  nel  1807  a 
Monto  San  Giovanni  combattendo  gli  zuavi  Pontifici.  A  causa  degli 
arresti  la  sommossa  fu  pi'otratta  dal  4  al  mattino  del  giorno  9. 
Ma  frattanto  alcuni  divennero  perplessi  e  sfiduciati:  il  dissenso 
impedì  il  movimento.  Pochi  più  arditi  tentarono  il  giorno  dopo  (10 


MISCELLANEA  239 


ottobfe)  una  sollevazione  nei  dintorni  di  Palermo,  ma  non  furono 
secondati. 

Frattanto,  poco  dopo  del  Gi'ispi ,  anche  il  Pilo  era  partito  da 
Londra,  forse  sul  finire  di  Luglio  e  si  era  recato  in  Toscana.  Di 
là  verso  la  metà  d'  Agosto  andò  nelle  Romagne,  non  per  far  con- 
tinuare dai  volontari  la  guerra  contro  l'Austria,  come  aveva 
pensato  prima,  ma  piuttosto  per  spingerli  ad  assalire  dal  nord  il 
regno  di  Napoli  e  fare  una  diversione  a  favore  della  sollevazione 
Siciliana.  Ma  appena  giunto  colà  per  ordine  del  Governatore  fu 
imprigionato  con  altri  mazziniani.  Neil'  albergo  della  Fenice  di 
Firenze,  dove  Pilo  aveva  proso  alloggio,  fu  sequestrato  per  richiesta 
della  polizia  di  Bologna  un  baule  lasciatovi  da  lui,  nej  quale  oltre 
gli  oggetti  di  vestiario  e  di  viaggio  si  contenevano  «due  ritratti 
di  Mazzini  ed  alcuno  piccole  scatola  con  sostanze  venefiche  {credo 
medicinali)».  (Arch.  di  St.  di  Bologna.  Per  gentile  comunicazione 
del  Barone  Starrabba,  Soprintendente  dell' Arch.  di  St.  di  Pai.). 
Furono  pure  sequestrate  presso  il  locandiere  e  all'  ufficio  postale 
di  P'irenze  otto  lettere  dirette  al  Pilo,  alcune  dello  quali  «  conte- 
nevano espressioni,  che  confermavano  i  progetti  di  Mazzini  .d.  (Di- 
spacci 21  e  24  Agosto  della  prefettura  di  Firenze  alla  direzione  di 
polizia  di  Bologna).  Questi  progetti,  com'è  noto,  tendevano  a  far 
invaderete  Provincie  rimaste  al  Papa  per  portare  poi  la  rivoluzione 
nel  Napoletano.  Ma  ai  primi  di  Settembre  il  Pilo  fu  liberato  dallo 
carceri  di  Bologna  ed  espulso  dal  territorio  delle  Romagne.  Egli 
si  rifugiò  a  Lugano.  Riporto  una  sua  lettera  dirotta  a  Rosario 
Bagnasco,  autore  col  fratello  Francesco  della  celebre  sfKla  del  12 
Gennaio  1848  e  allora  vivente  in  Marsiglia.  Il  Pilo  in  termini  com- 
merciali parla  della  congiura  Palermitana  e  del  suo  ritorno  in 
famiglia,  cioè  in  Sicilia: 

«  Lugano  li  ottobre  1859. 

Mio  carissimo  amico, 

Ieri  ricevei  la  vostra  del  G  corrente  e  mi  riuscì  graditissima. 
Pur  troppo  l'arresto  e  la  privazione  per  40  buoni  giorni  di  libertà 
personale  mi  hanno  dissestato:  mi  troverei  in  tutt' altro  paese  e 
forse  gli  addormentatori  e  li  faccendieri  monarchici  piemontesi 
non  sarebbero  riusciti  a  dissuadere  li  buoni  dal  farla  finita  Dico 
Jion  sarebbero  riusciti  perchè  il  silenzio  che  regna  in  commercio 


240  MISCELLANEA 


mi  signilìca  che  la  cambiale  che  Ciccio  aveva  promesso  e  che 
anche  Giorgio  (Tamaio)  avvisavami  che  sarebbe  stata  il  4  pagata, 
non  fa  certo  alla  scadenza  pagata.  Spero  che  li  debitori  non  tar- 
deranno ad  eseguire  il  promesso  pagamento  ;  io  ,  se  potrò  avere 
li  necessari  mezzi  che  dopo  le  peripezie  sofferte  mi  sono  venuti 
meno,  andrò  in  seno  alla  mia  famiglia.  Intanto  voi  continuate  a 
scrivermi  e  se  avrete  notizie  d'importanza  telegrafate  dicendomi: 
vostro  fratello  è  ftcori  pericolo  di  fare  Mncarotla ,  fate  giro  dC 
cambiale.  Questo  telegramma  mi  significherà  che  tutto  è  riuscito 
e  che  posso  con  amici  andare  o  che  gli  amici  possono  andare,  se 
io  sarò  partito  prima. 

»  Il  telegramma  speditelo  al  sig.  F.  Robiolo  in  Lugano  siìV  vfjlcio 
posta.  —  Addio,  mio  caro;  vogliatemi  bene,  salutatemi  gli  amici 
che  mi  ricordano  e  tante  cose  fate  gradire  ai  componenti  la  vo- 
stra famiglia. 

Addio,  gradite  una  fraterna  stretta  di  mano. 

(Arch.  di  St.  di  Pai.  Stanza  1%  n.  7) 

Il  Pilo  si  trattenne  circa  3  mesi  in  Lugano ,  pur  facendo  fre- 
quenti viaggi  neir  Italia  superiore.  In  questo  tempo  e  più  parti- 
colarmente sul  finire  di  Novembre  le  grandi  potenze  avevano  ac- 
cettata la  proposta  di  Napoleone  III,  di  riunire  dopo  la  firma  del 
trattato  di  pace,  che  discutevasi  in  Zurigo,  un  congresso  per  risol- 
vere gli  affari  d' Italia.  Questo  congresso  secondo  la  volontà  di 
Napoleone  e  dell'Inghilterra  doveva  aprirsi  sulla  base  del  non  inter- 
vento ,  cioè  sul  rispetto  dei  voti  popolari  degl'  Italiani.  Ma  nel 
Gennaio  '60  il  congresso  fu  rinviato  a  tempo  indeterminato,  e 
non  se  ne  parlò  più.  Prima  però  si  poteva  sempre  temere  che  si 
riunisse  e  malgrado  le  apparenze  riuscisse  contrario  alle  aspirazioni 
nazionali.  Per  impedire  o  diminuire  questo  danno  Rosolino  partì 
nel  Dicembre  da  Lugano  per  Genova.  Il  giorno  stesso  della  sua 
partenza  il  Direttore  di  polizia  del  Canlohe  Ticino  mandava  il 
aeguento  rapporto  al  Console  Napoletano  di  Trieste: 

Bellinzona  13  Dicembre  1859. 

«  Il  sig.  Uosolino  Pilo  appartenente  ad  una  distinta  famiglia  di 
Sicilia,  emigrato  dal  i849,  già  più  volte  apparentemente  (?)  espulsa 


MISCELLANEA  241 


dal  governo  Sardo  ed  ultimaiiiente  imprigionato  in  Bologna,  indi 
da  colà  esiliato  per  essergli  state  trovate  addosso  parecchie  lettere 
di  Mazzini,  di  cui  è  ora  il  capo  dello  Stato  Maggiore,  questa  sera 
parte  da  Lugano  alla  volta  di  (*enova.  Scopo  di  questa  gita  è  di 
intendersi  con  alcuni  tra  i  principali  cospiratoi-i  di  Palermo,  Ca- 
tania e  Messina  venuti  espressamente  per  prendfti'e  dei  concerti 
per  una  nuova  e  meglio  organizzata  insurrezione  in  quelle  Pro- 
vincie, Vuoisi  con  questo  prevenire  gli  effetti  del  prossimo  Con- 
gresso, onde  far  valere  sul  tappeto  la  teoria  dei  fatti  compiuti. 
Credo  che  questa  volfa  si  tratti  di  cosa  troppo  seria  nel  caso  che 
abbia  principio,  perchè  il  Rosolino  è  uomo  positivo  nò  facile  a 
sobbarcarsi  ad  imprese  poco  maturate  e  senza  elementi  efiicaci  e 
sicuri.  Negli  ultimi  moti  di  Sicilia  egli  ricusò  (?)  di  prender  parte 
benché  istruito  di  tutto,  sapendo  non  aver  ben  preparato  il  ter- 
reno e  non  ancora  disposti  gli  elementi,  di  cui  dovevasi  far  capi- 
tale; e  paro  certo  che  il  contrordine  partisse  da  lui  (!),  ma  che 
non  giungesse  a  tempo  e  non  potesse  quindi  impedire  che  qualcuno 
dei  cospiratori  non  insorgesse  intempestivamente.  —  Nello  acco- 
miatarsi stamane  da  alcuni  suoi  amici  diceva  che  forse  non  lo 
avrebbero  più  riveduto;  che  però  se  a  Genova  non  avesse  trovato 
tutti  gli  elementi  disposti  e  sicui'i ,  fra  quindici  giorni  sarebbe 
ritornato  a  Lugano  »  (Arch.  di  Pai.). 

Si  riferiva  pure  che  a  Bellinzona  il  Pilo  avesse  comprato  per 
200  lire  un  passaporto  portante  i  suoi  connotati  e  la  condizione 
di  calzolaio.  Ma  il  ministro  Napoletano  crede  che  a  Genova  avrebbe 
preso  un  altro  passaporto,  perchè  «  le  sue  maniere ,  il  volto ,  il 
portamento  tradirebbero  il  contegno  di  un  calzolaio  ».  Da  Ancona 
parimente  si  telegrafava  il  21  Dicembre  al  ministro  Napoletana 
degli  affari  esteri  che  il  Pilo  era  andato  a  Genova  per  far  insor- 
gere la  Sicilia  prima  del  congresso  di  Parigi  e  che  Genova  segui- 
rebbe tali  mosse. 

Certo  a  quei  Siciliani  che  s'abboccarono  con  lui  a  Genova 
Rosolino  consegnò  la  lettera  del  23  Dicembre  1859,  che  si  legge 
nella  Vita  di  Garibakli  della  signora  White-Mario.   Il    Pilo    dice 

agli  amici  di  Sicilia  :  « Vi  scrissi  che   la    Sicilia   insorgendo 

ora  0  meglio  prima  che  il  Congresso  sacrifichi   la    nostra    Italia 

come  nel  1815,  può  salvar  se  stessa  e  23  milioni  di  fratelli 

Animo,  decidetevi  e  fate  che  la  Sicilia  ,  la  quale  è   stata   sempre 

Arch.  Slot:  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  16 


24.1  511SCELLAXEA 


la  terra  delle  generose  e  grandi  iniziative,  non  venga  meno  a  se 

stessa  ed  all'Italia Si,  la  Sicilia    dev'essere    la   formidabile 

cittadella  d'Italia;  è  la  bandiera  tricoloi'e  pura  di  stemmi  muni- 
cipali che  dovreste  inalberare  insorgendo ,  la  quale  rapidamente 
vedrebbesi  sventolare  su  tutte  le  città  della  penisola  ».  La  ban- 
diera  tricolore  pura  di  stemmi  miùnicipaU  era  certamente  quella 
senza  il  segno  della  Trinacria,  ma  anche  senza  la  Croce  di  Savoia. 

Lo  spirito  pubblico  Siciliano  non  era  discordante  dalle  esorta- 
zioni del  Pilo,  salvo  sul  punto  della  bandiera.  Il  pensiero  di  abbat- 
tere il  governo  Borbonico  era  comune  alla  borghesia  ed  all'  ari- 
stocrazia. Al  posto  della  congiura  abortita  nell'  ottobre  sorsero 
in  Palermo  numerose  società  segrete,  delle  quali  1'  una  non  cono- 
sceva l'altra,  ma  che  pure  erano  in  buon  numero  conosciute  da 
certuni  che  appartenevano  a  più  società  nello  stesso  tempo  e  che 
a  un  dato  momento  potevano  ricollegarne  le  fila  e  dirigerne  le 
forzo.  V  era  poi  una  corrispondenza  attivissima  con  Fabrizi  e  Ta- 
maio  in  Malta,  con  i  fratelli  Orlando,  Pilo  e  Crispi  in  Genova. 
Uno  dei  più  operosi  nel  ricapitare  la  corrispondenza  clandestina 
era  Marco  Davi,  comandante  di  un  battello  postale  a  vapore,  che 
deludendo  con  grandissima  cura  l'occhio  penetrante  della  polizia 
consegnava  le  lettere  in  Genova  agli  esuli  Siciliani  e  in  Palermo  ai 
fratelli  Di  Benedetto,  a  Casimiro  Pisani  o  ad  altri.  I  congiurati 
si  diportavano  con  quella  profonda  abnegazione  e  irremovibile  in- 
trepidezza, che  solo  una  grande  idea  può  ispirare;  e  la  grande  idea 
era  la  formazione  d'  un  grande  Stato  Italiano  sotto  lo  scettro  di 
Vittorio  Emanuele. 

In  quel  momento  la  sollevazione  Siciliana  sembrava  necessaria 
alla  salute  d'Italia.  Si  riteneva  da  non  pochi  certa  una  nuova 
guerra  coli' Austria  nella  prossima  pi-imavera  e  dopo  la  profonda 
disillusione  dei  preliminari  di  ViUafranca  si  sentiva  di  doverla  fare 
con  le  sole  forze  nazionali  ;  ma  a  ciò  occorreva  la  conquista  pre- 
cedente del  regno  di  Napoli  e  Sicilia,  e  l' incorporazione  dell'eser- 
cito Napoletano  in  quello  dell'  Alta  Italia.  Bisognava  inoltre  eman- 
cipare il  governo  Piemontese  dalla  dipendenza  di  Napoleone  III  e 
solo  l'Italia  unita  sarebbe  valsa  a  ciò.  Tutto  dunque  dipendeva  da 
quello  che  farebbe  l'Italia  mei'idionale  e  specialmente  la  Sicilia, 
nella  quale,  come  abbiamo  visto,  non  v'ora  scarsezza  di  forze  né 
4i  buona  volontà.  Ma  il  Pilo  pensava  che  molle   volte   una   teu» 


MISCELLANEA  243 


(Jenza  sociale  non  può  esplicarsi  per  mancanza  d'  un  uomo  che 
;se  ne  faccia  come  il  rappresentante  e  1'  autore  o  la  sostenga  con 
ardimento  pari  alle  circostanze.  L'  essere  andata  a  vuoto  la  con- 
giura dell'ottobre  gli  fece  forse  credere  che  mancava  l'uomo  che 
desse  il  primo  urto  e  come  il  segnale  del  movimento  universale. 
Egli  sentiva  in  sé  di  poter  essere  queir  uomo,  ma  non  si  riteneva 
un  gran  capitano  ne  un  gran  politico  ;  nel  campo  dell'  azione  mi- 
litare egli  pensava  giustamente  che  Garibaldi  era  1'  uomo  prede-* 
stinato.  Il  Pilo  avrebbe  rimossi  i  tanti  ostacoli,  che  la  gran  massa 
degl'irresoluti  e  dei  timidi  pone  sempre  nel  passare  dai  progetti 
ai  fatti  ;  ma  a  dirigere  il  movimento  e  a  farlo  trionfare  era  ne- 
cessario il  braccio  di  Garibaldi.  Ed  era  necessario  per  un  altro 
motivo.  Rosolino  era  convinto  che  oramai  per  compiere  1'  unità 
d' Italia  ci  volevano,  più  che  i  diplomatici ,  gli  uomini  d' azione  ; 
ma  s'  andava  avvedendo  che  il  programma,  che  solo  potesse  riu- 
nirli e  perciò  solo  avesse  probabilità  di  riuscita ,  era  quello  di 
Garibaldi:  Italia  e  Vittorio  Emanuele.  Quest'era  pure  il  nuovo 
programma  della  rivoluzione  Siciliana.  Lo  stesso  Mazzini  dovette 
cedere  su  questo  punto  e  perciò  scrisse  il  2  Marzo  '00  «agli  amici 
di  Palermo  e  di  Messina  »  : 

«Se  l'Italia  vuol  essere  monarchica  sotto  la  casa  di  Savoia, 
sia  pure.  Se  dopo  tutto  vuole  acclamare  liberatori  e  non  so  che 
altro  il  re  e  Cavour,  sia  pure.  Ciò  che  tutti  ora  vogliamo  è  che 
l'Italia  si  faccia  ». 

Questa  lettera,  malgrado  la  sua  punta  d'ironia,  ebbe  un  elfetto 
grandissimo.  Quei  congiurati,  ch'erano  soliti  d'ispirarsi  alla  pa- 
rola di  Mazzini  ma  che  capivano  che  il  suo  programma  non  avreb- 
be trovato  seguito,  si  attennero  al  consenso  esplicito ,  dato  dal- 
l'instancabile  apostolo  dell' unità  ,  di  proclamare  Vittorio  Ema- 
nuele :  da  quel  momento  sparvero  gli  ultimi  dissidi  e  tutti  di  qua- 
lunque partito  si  posero  alacremente  all'  opera.  Francesco  Riso, 
agiato  fontaniere ,  fu  giudicato  capace  per  l' ardire  e  la  sagacia 
di  condurre  gli  armati  alla  lotta  e  dal  comitato  segreto  di  Paler-  • 
mo  fu  posto  a  capo  di  tutto  il  movimento  per  preparare  i  me2^i 
necessari  all'azione. 

Le  notizie  dei  preparativi  di  una  prossima  sollevazione  perve- 
nute al  Pilo  lo  determinarono  a  recarsi  ad  ogni  costo  in  Sicilia. 
Ma  i  suoi  mezzi  erano  troppo  scarsi ,  ond'  egli  il  24  Febbraio  '60 


244  MISCELLANEA 


scrisse  a  Garibaldi  da  Genova  chiedendogli  rivoltelle  e  una  som- 
ma di  denaro  per  acquistare  armi  e  noleggiare  un  bastimento. 
Queste  armi  e  questo  denaro  Garibaldi  poteva  prenderli  dai  fondi 
del  comitato  del  Milione  di  Fucili,  che  s'  era  costituito  nell'autunno 
del  '59  con  residenza  in  Milano,  ed  aveva  Giuseppe  Pinzi  a  depo- 
sitario. «  Approntato  questo  —  scrive  il  Pilo  a  Garibaldi  —  io  ed' 
altri  amici  miei  e  con  Medici  e  con  Bixio ,  se  vorranno  unirsi  a 
me,  andremo  al  punto  già  designatoci  per  iniziare  con  quelli  del 
mio  paese  nativo  un  fatto  serio  nel  Mezzogiorno,  dove  voi  a  nostro- 
avviso  telegrafico  dovreste  farci  la  grazia  di  recarvi  per  capita"- 
narci  e  salvare  così  la  causa  Italiana,  pur  troppo  in  pericolo  in 
questo  momento.  —  Dateci,  vi  prego,  quanto  sopra  vi  ho  richiesto 
in  nome  dei  buoni  di  Sicilia  e  siate  certo  che  riusciremo  a  met- 
tere in  fiamme  tutto  il  mezzogiorno  d'Italia  al  griùo  dell'  imita  e 
libertà.  Voi,  Generale,  capitanerete  militarmente  il  paese  e  cosi' 
avrete  garenzia  che  non  sì  potrà  straripare  dal  convenuto  pro- 
gramma, che  solo  jncò  riunire  tutti  pli  eleìnenti  d"  azione  e  così, 
solamente  l'Italia  sarà». 

Questa  è  la  prima  volta  che  il  Pilo  fa  adesione  al  programma 
di  Garibaldi,  benché  non  ne  ripeta  esplicitamente  la  formola.  Ma 
Gai'ibaldi  credette  necessario  di  ricordargliela  e  in  data  del  15 
Marzo  'RO  gli   risponde   da    Caprera  : 

«r  Carissimo  Rosolino, 

Con  questa  mia  intendetevi  con  Bertani  e  con  la  Dii'ezione  di  Mila- 
no per  avere  tutte  le  armi  ed  i  mezzi  possibili.  In  caso  d'azione  sov- 
venitevi che  il  programma  è:  Italia  e  Vittorio  Emanuele.  —  Io< 
non  mi  arretro  da  qualunque  impresa  per  arrischiata  che  sia, 
ove  si  tratti  di  combattere  i  nemici  del  nostro  paese.  Però  nel" 
tempo  presente  non  credo  utile  un  moto  rivoluzionario  in  nessuna 
parte  d' Italia,  a  mono  che  non  avvenga  con  non  poca  probabilità 
di  succe.sso.  Oggi  la  causa  del  paese  è  nelle  mani  dei  faccendieri 
politici  :  bisogna  asi)ettare  che  il  popolo  Italiano  conosca  l' inutilità- 
delie  mene  di  questi  dottrinari.  Allora  verrà  il  momento  d'agire. 
Og;^i  saremmo  biasimati  dalla  gran  maggioranza». 

Ricevuta  qm-sta  lederà,  il  Pilo  niente  sc()sso  dalle  dissuasioni 
di  Garibaldi  preso  accordi  con  Hertani  per  avere  lo  anni  o  il  de- 
naro ;  ma  il  fatto  sia  che  non  ebbe  nulla,  certo  per  causo  indi- 
pendenli  dalla  volontà  di  IJertani,  di  Finzi  o  di  Garibaldi. 


MISCELLANEA.  245 


Nello  stesso  15  Marzo  i  fratelli  Di  Benedetto  e  il  Pisani  scris- 
sero da  Palermo  ai  corrispondenti  Messinesi  di  essere  quasi 
pronti.  «  Siamo  oramai  in  posizione  tale,  che  prestissimo  daremo 
mano  all'opera;  anzi  da  un  giorno  all'altro  può  sopravvenire 
qualche  fatto  che  ci  obblighi  ad  affrettarla.  Gli  eventi  in  Italia  ora 
•devono  incalzarsi  ». 

I  Messinesi  in  data  del  18  ne  informarono  i  fratelli  Orlando,  il 
'Pilo  e  il  Crispi,  i  quali  di  riscontro  avvisarono  i  Messinesi  che 
dal  3  all' 8  del  prossimo  Aprile  di  notte  in  un  punto  presso  il 
•castello  delle  Grotte  sarebbero  sbarcati  due  individui  per  capita- 
nare colà  la  rivoluzione.  La  lettera  sottoscritta  dal  Crispi  diceva: 

Genova  (22?)  Marzo  1860. 

«  La  vostra  del  5  cadente  giunse  con  moltissimo  ritardo  :  non 
■cosi  quella  del  18.  Vogliate,  vi  prego,  risponderci  sempre  coi  mezzi 
•di  cui  noi  ci  serviamo  per  farvi  giungere  le  nostre  lettere. 

«  La  presente  vi  sarà  data  dalla  persona  che  ho  più  cara  dopo 
la  Patria.  Immediatamente  dopo  il  suo  arrivo  preparatevi,  perchè 
dal  3  Aprilo  in  poi  per  cinque  sere  continue  un  individuo  si  trovi 
dopo  le  10  pom.  sotto  al  vecchio  forte  della  Grotta.  Egli  dovrà 
avere  una  cravatta  bianca  al  collo ,  tale  da  farsi  distinguere  di 
notte  dall'individuo,  che  si  presenterà;  dovrà  rispondere  giusta 
la  parola  d'ordine,  che  vi  fu  scritta  da  Robiolo  {pseudonimo  di 
Rosolino  Pilo)  ;  a  poca  distanza  dovrà  tenere  una  vettura ,  nella 
•quale  possano  andare  tre  persone.  Preparate  per  lo  stesso  giorno 
un  asilo  a  coloro  che  arriveranno.  —  La  vostra  del  18 ,  che  fa 
sperare  un  prossimo  avvenimento,  ci  ha  fatto  immenso  piacere. — 
Dopo  la  vostra  del  9  del  mese  nulla  mi  resta  più  a  dire  ai  fra- 
telli Palermitani  :  nel  continente  tutto  è  a  noi  propizio  pel  mo- 
mento. Su  via,  facciamo  il  nostro  dovere  perchè  i  Borboni  vadano 
via  e  il  nostro  paese  divenga  parte  del  grande  Stato  Italiano.  — 
Distruggete  la  presente  dopo  averne  prese  le  indicazioni  >>. 

I  Messinesi  trasmisero  agli   amici   di  Palermo   queste    notizie, 
•accompagnandole  con  la  seguente  lettera  : 

Messina  (27  ?)  Marzo  '60. 
■«Ricevemmo  altre  due  vostre  del  19  e  21  corr.  Con  quest'ul- 


246  MISCELLÀNEA 


tima  vi  parlecipiamo  1'  avviso  avuto  dal  n.  5  che  sarebbero  venute 
alcune  persone  ;  e  se  mai  al  giungere  di  esse  non  sarà  scoppiata 
la  rivoluzione,  che  si  prepari  loro  un  locale  per  stare  nascosti 
e  al  sicuro  *. 

I  fratelli  Di  Benedetto,  il  Barone  Pisani  e  gli  altri  del  comitato 
segreto  di  Palermo  considerando  a  questa  notizia  che  i  lavori 
erano  molto  avanzati,  che  lo  sbarco  a  Messina  pei  primi  d'  Aprile 
di  due  0  più  emigrati  assicurava  la  cooperazione  di  quella  città; 
pressati  inoltre  da  Francesco  Riso ,  e  dal  fatto  che  la  congiura 
correva  imminente  pericolo  d'  essere  scoperta  ,  in  una  riunione 
del  31  Marzo  stabilirono  pel  4  Aprile  lo  scoppio  dell'insurrezione. 
n  momento  appariva  propizio  :  1'  annessione  della  Toscana  e 
dell'  Emilia  al  Piemonte  compiutasi  in  quei  giorni  sembrava  ga- 
rantire un  esito  simile  a  rivoluzioni  dello  stesso  genere. 

Frattanto  a  Messina  l'uomo  dalla  grossa  cravatta  bianca  aspettò 
per  5  notti  consecutive  (dal  3  all'S  Aprile)  presso  il  vecchio  ponte- 
dei  castello  delle  Grotte  la  persona  misteriosa  che  gli  si  doveva 
avvicinare  con  la  parola  d'  ordine  di  Robiolo,  ma  nessuno  si  pre- 
sentò. E  quando  alle  2  del  mattino  del  10  Aprile  due  uomini  sbar- 
cati da  una  paranza  andarono  a  quel  punto ,  non  vi  trovarono 
nessuno.  Erano  il  Pilo  e  il  Corrao ,  che  arrivavano  troppo  tardi, 
ma  non  per  loro  colpa.  Essi  in  Genova,  malgrado  che  non  aves- 
sero avuto  nulla  dal  Gomitato  di  Milano,  avevano  acquistato  rivol- 
telle, qualche  bomba  all'  Orsini  e  forme  per  fabbricare  bombe, 
polvere,  palle,  cariche  di  rivoltelle  e  capsule  di  fucile.  Non  s'  e- 
rano  procurati  molti  fucili,  perchè  dovevano  venire  da  Malta  man- 
dati dal  Fabrizi.  Con  queste  armi  ed  attrezzi ,  che  tutt'  insieme 
empivano  quattro  cesti,  e  con  poco  denaro  essi  partirono  nel  po- 
mei'iggio  del  26  Marzo  da  Genova  per  la  Sicilia.  Ma  prima  di  par- 
lare del  loro  viaggio  debbo  dare  alcune  notizie  di  Corrao,  che  di- 
venta da  questo  momento  l' inseparabile  compagno  di  Pilo. 

Giovanni  Corrao  era  un  calafato  del  porto  di  Palermo,  che  per 
altro  nobilitava  il  suo  mestiere  chiamandosi  costruttore  di  marina. 
Nerissimo  di  barba  e  capelli,  rozzissimo  e  quasi  truce  d'  aspetto,. 
sfornito  d'(  gni  cultura,  era  però  dotato  d' ingegno  vivace,  d'animo 
imperterrito  e  d'  un  coraggio  a  tutta  prova.  Nel  Gennaio  '-'«S  s'era 
séghalato  neira.^dalto  del  Cnstollammare   di   Palermo.   Destinato. 


MISCELLANEA  247 


dipoi  al  servizio  dell'artiglieria  in  Messina  si  trovò  unito  all'altro 
Palermitano  Antonio  Lanzetta;  e  tutti  e  due  diedero  tali  pruove 
d'eroismo  noi  cinque  giorni  che  durò  la  difesa  di  quella  città  (3-7 
Settembre)  che  la  Camera  Siciliana  dei  Comuni  il  23  Settembre 
'48  su  proposta  del  Ministro  della  Guerra  approvò  all'unanimità 
il  seguente  decreto: 

«Giovanni  Corrao  ed  Antonio  Lanzetta  avranno  gli  onori  e  il 
soldo  di  capitani  d'artiglieria.  Il  potere  esecutivo  gì' impiegherà 
in  quei  modi,  che  crederà  convenevoli  ». 

Non  li  dichiarò  benemeriti  della  patria,  come  il  Ministro  pro- 
poneva, per  non  sembrare  d'escludere  gli  altri  non  nominati. 

Caduta  la  rivoluzione,  il  Corrao  si  rifugiò  in  Malta,  donde  alla 
fine  del  Giugno  '49  ritornò  a  Palermo  nella  speranza  d'  una  im- 
minente sollevazione.  Ma  fu  arrestato  poco  dopo  e  per  disposizione 
della  polizia  relegato  in  Ustica.  Nel  Maggio  del  '52,  approfittando 
d'una  barchetta  lasciata  sul  lido  da  alcuni  giovinetti  del  paese, 
vi  s' imbarcò  con  altri  relegati  e  tentò  di  fuggire,  ma  fu  raggiunto 
e  ricondotto  nell'isola.  Sottoposto  per  questo  fatto  a  procedimento 
criminale  non  ne  riportò  condanna;  malgrado  ciò  la  polizia  lo 
mandò  nella  cittadella  di  Messina,  in  cui  stette  dall'Agosto  'ò2  al 
Maggio  del  '55.  (Arch.  di  Pai.  Filza  123G  n.  15S)  Ricondotto  allora 
in  Palermo  e  chiuso  nelle  grandi  prigioni,  venne  liberato  col  patto 
di  recarsi  all'estero  e  di  non  tornare  nel  regno.  Egli  parti  il  5 
Settembre  '55  alla  volta  di  Marsiglia;  di  là  nel  '56  passò  in  Genova, 
ma  ne  fu  espulso  nel  Settembre  '57  come  agente  Mazziniano.  Andò 
in  Alessandria  d'  Egitto  e  di  là  a  Malta,  come  fu  narrato,  finché 
nella  primavera  del  '50  sì  ricongiunse  col  Pilo  in  Londra. 

Tale  era  1'  uomo  che  insieme  col  Pilo  si  recava  in  Sicilia  per 
iniziare  o  capitanare  la  rivoluzione.  Essi  sapevano  l'insufiicienza 
dei  loro  mezzi,  ma  credevano  che  loro  basterebbe  di  dare  il  segnale 
perchè  il  popolo  si  facesse  loro  cooperatore.  Perciò  vanno  senza 
nessun  altro  compagno,  con  poche  rivoltelle  e  bombe  tascabili; 
vanno,  malgrado  che  ne  fossero  dissuasi  da  Garibaldi  e  non  ve- 
dessero da  tutte  le  parti  che  terribili  nemici  o  increduli  amici. 
Vanno  insieme  il  gentile  cavaliere  e  il  rozzo  calafato:  1'  uno  che 
potea  vantare  la  nobiltà  dogli  antenati  catalani  e  normanni  (per- 
chè sì  diceva  che  i  Pilo  discendessero  da  un  conto  di  Barcellona, 
catturato  dai  Genovesi  verso  la  metà   del   secolo    XTI ,  gli   eredi 


248  MIsCELLAXi:\ 


del  quale  fondarono  una  potente  famiglia  in  Genova  ,  donde  alla 
metà  del  secolo  XVI  per  necessità  politiche  si  trasferii-ono  parte 
in  Sardegna,  parte  in  Sicilia  ;  e  nei  Gioeni,  ascendenti  materni  di 
Pilo ,  scorreva  non  1'  aborrito  sangue  d'  Angiò ,  ma  quello  d'  un 
Normanno,  la  cui  discendenza  grandeggiò  nel!'  isola  al  tempo  della 
dinastia  Aragonese);  l'altro  non  avente  altra  nobiltà  che  nel 
braccio  forte  e  nel  cuore  indomito.  Vanno  i  due,  che  quasi  sim- 
boleggiano r  affratellamento  della  nobiltà  e  del  popolo  per  la  sa- 
lute d'Italia;  vanno  incuranti  di  tutto,  fuorché  di  sollevare  la 
madre  afflitta  e  calpestata.  Andate,  uomini  audaci  ;  voi  impedite 
che  negli  eventi  della  risurrezione  d' Italia  vi  sia  soluzione  di 
continuità.  Siete  due;  e  che  possono  due  soltanto?  Possono  mol- 
tissimo, se  sono  veramente  devoti  alla  patria  e  se  incarnano  il 
momento  storico. 


IV. 


I  due  partirono  da  Genova  in  una  vecchia  paranza  comandata 
da  Silvestro  Palmerini  ed  avente  a  pilota  RafTaele  Motto,  che  poi 
lasciò  una  relazione  di  questo  viaggio,  pubblicata  nel  1877.  Oltre 
di  questa  farò  uso  d'ora  in  poi  delle  memorie  inedite  di  Corrao, 
dettate  da  lui  nel  1861  all'Ing.  Salvatore  Mattei,  che  nel  '48  e  nel  '60 
aveva  militato  come  ufliciale  sotto  di  lui.  Debbo  all'  Avv.  Giuseppe 
D'  Accardi,  della  cui  amicizia  mi  onoro,  la  conoscenza  del  signor 
Giovanni  Corrao,  nipote  dell'  eroe,  che  mi  donò  una  copia  di  queste 
memorie.  Parliti  dunque  i  due  da  Genova  alle  3  pomeridiane  del 
26  Marzo,  approdarono  dopo  tre  giorni  di  navigazione  (26-28)  a 
Postiglione  nergolfo  di  Follonica  ed  ivi  per  fornirsi  di  quanto 
■era  loro  necessario  stettero  tre  giorni  (20-31  Marzo).  Da  Postiglione 
giunsero  dopo  altri  tre  giorni  di  navigazione  al  grado  40"  di  latitu- 
dine Nord  quasi  nel  centro  del  Mare  Tirreno.  Il  mare  e  1'  atmo- 
sfera orano  calmi,  ma  dal  sud  venivano  ondate  grandissimo.  Dopo 
poche  ore  si  scatenò  un  vento  violentissimo  di  sud-ovest  :  per  due 
giorni  (4-5  Aprile)  la  tempesta  fu  florissima  :  la  paranza  anrlava  alla 
deriva  nella  direzione  di  Levante.  Nella  sera  del  6  al  vento  furioso 
«l  aggiunse  acqua  e  grandine:  la  notte  fu  orribile.  La  mattina  del  7 
per  non  dare  nello  secche  del  Volturno,  verso  cui  erano  spinti  dal 


MISCELLANEA  249 


vento,  dovettero  poggiare  per  le  bocche  di  Napoli  e  cercare  di  rifu- 
giarsi nel  canale  tra  Procida  e  Capo  Miseno  con  pericolo  di  cadere 
nelleinanidellapoliziaborbonica.il  Pilo,  a  cui  necessariamente  si 
ifece  questa  proposta,  tutto  bagnato  d'acqua  sporca  di  zavorra,  disse: 
«Fate  come  credete;  una  volta  che  il  pericolo  ci  minaccia,  tanto 
sarà  finire  allesso  come  arrosto.  Quando  non  e'  ò  altra  via  di 
scampo,  fuggiamo  il  pericolo  presente;  e  sarà  quel  che  sarà». 
Ad  otto  miglia  da  Capri  scoprii'ono  un  bastimento,  che  riconob- 
bero siciliano  ,  col  quale  dopo  un'  ora  tli  bordeggio  si  trovarono 
non  più  distanti  di  un  tiro  di  pistola.  Domandarono  al  capitano 
-donde  venisse  e  quegli  rispose  che  il  vento  del  sud  li  aveva  stac- 
cati dalla  costa  siciliana  e  che  andavano  a  prender  terra  a  Ca- 
stellammare di  Stabia.  I  due  esuli,  malgrado  i  travagli  del  mare 
e  il  pericolo  della  costa  napoletana,  all'accento  della  terra  nativa, 
che  non  udivano  da  tanti  anni,  trasalirono  di  gioia.  E  già  si  ve- 
devano le  nubi  prendere  un'altra  direzione,  onde  si  attese  bor- 
deggiando ad  un  cambiamento  di  tempo.  Infatti  quando  si  era  a 
*tre  miglia  da  Capri,  si  formò  una  controburrasca  di  tramontana 
con  vento  fresco  dello  stesso  punto.  Era  quel  che  si  voleva  :  si 
fece  rotta  rapidi  e  contenti  pei*  Messina.  Alle  10  di  sera  del  giorno 
9  Aprile  si  imboccò  lo  stretto:  a  cagione  della  corrente  contraria 
ci  vollero  tre  ore  per  arrivare  al  castello  delle  Grotte:  alle  due 
del  mattino  del  10  si  sbarcò  al  posto  designato.  Ma,  come  s'è 
detto,  non  trovarono  il  rappresentante  del  comitato  Messinese. 
Già  attraversando  lo  stretto  avevano  notato  che  la  cittadella  di 
Messina  bombardava  la  città.  Ora  avviatisi  verso  di  questa  incon- 
'trarono  gru])pi  di  uomini  e  donne,  che  guardavano  attoniti  il  can- 
noneggiamento. Ne  domandarono  la  causa  ed  alcuni  risposero  che 
il  popolo  minacciava  d' insorgere  e  perciò  la  cittadella  tirava 
cannonate.  Pilo  li  arringò  ed  esortò  ad  andare  in  aiuto  del  popolo 
e  a  brandire  le  armi  contro  il  comune  nemico.  Ma  la  gente  non 
si  mosse  e  rispose  che  prima  di  giorno  non  si  poteva  conoscere 
il  da  fare.  Allora  Pilo  e  Corrao  con  le  armi  in  pugno  si  diressero 
verso  la  città,  ma  trovate  le  porte  ben  custodite  dalla  truppa,  si 
ritirarono  su  una  collina  al  disotto  dei  Cappuccini  per  attendere 
il  giorno.  La  mattina  Corrao  i-iconobbe  un  certo  Giovanni  Stra- 
pazzo, al  quale  promise  un  compenso  se  recava  nella  città  una 
ietterà  a  Giacomo   Agresta,  proprietario  di   Messina   che    faceva 


2r.O  MISCELLANEA 


pure  r  interprete  e  uno  dei  capi  del  comitato.  Quepjìi  acconsenti 
volentieri,  ma  non  volle  compensi.  Dopo  un'ora  invece  di  Giacomo 
Agresta,  ch'era  in  carcere,  venne  il  cugino  Giuseppe  Agresta, 
quello  stesso  che  per  cinque  notti  aveva  fatto  la  guardia  al  ponte 
delle  Grotte  e  che  dopo  aver  provveduto  i  due  arrivati  di  quanto 
loro  bisognava,  li  condusse  verso  le  2  pom.  sopra  un  legno  mer- 
cantile austriaco,  dove  s'  era  rifugiata  una  parte  del  comitato  se- 
greto di  Messina. 

In  tempi  di  agitazioni  e  di  rivolte  corrono  mille  voci  disparate, 
che  sono  facilmente  credute  dai  troppo  timidi  o  dai  troppo  arditi. 
Così  accadde  ai  due  emigrati  dopo  lo  sbarco.  Sentirono  dire  che 
Palermo  era  già  in  mano  del  popolo,  che  30  mila  uomini  vi  com- 
battevano contro  le  forze  borboniche,  le  quali  dopo  grave  disfatta 
sarebbero  state  respinte  in  mare:  che  Milazzo  e  Barcellona  erano 
insorte  e  che  tutti  i  paesi  dei  dintorni  avevano  inalberato  il  puro 
vessillo  tricolore.  Il  Pilo  era  forse  troppo  corrivo  a  credere  a 
queste  voci,  assai  lontane  dal  vero.  Il  fatto  era  che  Milazzo  e  Patti 
non  si  erano  mosse  affatto;  in  Barcellona  s'era  fatta  una  dimo- 
strazione ma  senz'  armi,  cioè  s'  erano  agitati  dappertutto  dei  faz- 
zoletti tricolori  e  gridato  :  Viva  Vittorio  Emanuele  ;  ma  senza  an- 
dare più  in  là.  Nei  loro  distretti  poi  la  tranquillità  era  stata 
quasi  perfetta.  Quanto  a  Messina  i  fatti  stavano  così:  Giunta  il 
giorno  8  la  notizia  certa  dell'insurrezione  Palermitana  del  4  Aprile, 
della  quale  si  farà  parola  in  appresso,  Messina  si  agitò  potente- 
mente. Si  formarono  crocchi  e  masse  di  persone,  che  presero  a 
insultare  Vi  forti  pattuglie,  che  percorrevano  le  strade:  una  mano 
d'insorti  o.sò  di  attaccare  una  pattuglia,  la  quale  però  li  respinse 
gagliardamente:  altri  operarono  contro  il  distaccamento  militare 
del  carcere,  ma  invano.  In  seguito  a  questi  fatti  fu  proclamato 
lo  stato  d'assedio:  la  città  divenne  quasi  deserta  e  la  maggior 
parte  dello  famiglie  si  rifugiò  in  campagna.  La  sera  del  10  gl'in- 
sorti si  raccolsero  nei  colli  che  circondano  Messina  o  cercarono 
di  penetrarli  in  città,  ma  dopo  un  conllitto  di  0  ore  furono  re- 
spinti dalle  truppe  che  ebbero  un  soldato  moi'to  e  un  udtc.iMle  fe- 
rito. Il  giorno  appresso  (11)  il  comandante  della  Piazza  pubblicò- 
un  proclama  minaccioso,  il  quale  spaventò  tutti  :  gli  slessi  consoli 
stranieri  si  misero  in  salvo  con  lo  loro  famiglie  sullo  navi  di  lor 
nazione,  che  stavano  nel  porto.  Ma  poi  si   recarono   insieme   dai 


MISCELLAKKA  251 


Comandante  della  provincia  per  protestare  contro  i  feroci  propositi 
del  Comandante  della  piazza  ;  onde  questi  mise  fuori  un  altro  pro- 
clama, nel  quale  spiegava  che  i  mezzi  estremi  si  sarebbero  usati 
soltanto  contro  gli  aggressori  e  non  contro  l'intera  città.  I  consoli 
tornarono  alle  loro  abitazioni ,  ma  le  promesse  non  furono  man- 
tenute, perchè  malgrado  che  da  parte  della  città  non  si  fosse  at- 
tentato aHa  sicurezza  delle  truppe,  queste  con  vivo  fuoco  d'  arti- 
glieria e  moschetteria  tirarono  quasi  continuamente  dalla  cittadella 
sulla  città  di  giorno  e  di  notte.  I  consoli  esteri,  meno  quelli  di 
Russia  e  d'  Austria,  di  nuovo  protestnrono,  o  il  Commdante  risposo 
essere  ciò  accaduto  per  equivoco.  Perciò  in  nome  dei  Consoli  il 
ministro  Inglese  e  l'incaricato  d' aflfari  di  Prussia  se  ne  richia- 
marono presso  il  ministero  in  Napoli,  pretendendo  inoltre  inden- 
nità e  soddisfazioni.  (Dispaccio  20  Aprile  '60.  Filza  1230  n.  10).  Lo 
•stesso  Intendente  di  Messina,  Antonio  Cortada,  riconobbe  «  che  non 
v'  era  alcuna  ragione  di  venire  a  questi  estremi  di  terrorismo  che 
avevano  ridotto  il  paese  in  condizioni  da  stringere  il  cuore  e  fa- 
cevano presentire  tristissime  conseguenze  »  (Filza  1230,  foglio  64). 
Il  movimento  di  Messina  era  abortito  e  non  vi  era  piìi  nulla  da 
sperare. 

In  Catania,  dove  le  notizie  di  Palermo  giunsero  come  a  Messina 
il  giorno  8  e  vi  produssero  vivissimo  fermento,  non  si  venne  a 
nessun  fatto  notevole  per  mancanz;i  d'  un  capo  risoluto.  Per  cinque 
giorni  la  rivolta  stette  per  iscoppiare,  ma  infine  svani  senza  ma- 
nifestarsi. Se  in  quei  giorni  vi  fossero  stati  il  Pilo  e  il  Corrao, 
Catania  avrebbe  fortemente  combattuto  i  borbonici.  Neanche  da 
questo  lato  il  Pilo  giunto  troppo  tardi  poteva  sperare  qualche  cosa. 
Non  rimaneva  che  muovere  verso  Palermo,  dove  si  credeva  che 
la  rivoluzione  avesse  una  base  maggiore. 

Ora  si  può  valutare  nella  giusta  misura  la  seguente  lettera, 
che  Rosolino  mandò  ai  fratelli  Orlando  in  Genova  e  che  si  legge 
nella   Vila  di  Garibaldi  della  signora  White-Mario  : 

Messina  12  Aprile  '60. 

M>ei  carissimi  amici  e  fratelli, 

«Eccomi  finalmente  a  terra:  i  primi  pericoli  mi  è  riuscito  di. 


252  MISCELLANEA 


superarli.  Quindici  giorni  di  navigazione  non  mi  fecero  giungere 
in  tempo  all'  inizio  della  rivoluzione  di  Palermo ,  avvenuta  il  3 
corrente.  Se  fossi  giunto  in  tempo    qui   o   in    Catania,   sarebbero 

■  queste  due  città  pure  in  mano  del  popolo Ho  proposto  oggi  di 

radunare  una  buona  parte  di  gioventù  e  marciare  verso  Catania 

e  Palermo Oggi  stesso  partirò  a  cavallo  per  raggiungere  i  30 

mila  che  combattono  in  Palermo  contro  le  truppe  regie.  Il  grido 
dei  nostri  è  unità  e  libertà  d' Italia.  Ieri  sera  giunse  notizia  che 
le  truppe  borboniche  toccarono  una  grande  disfatta,  che  una  grande 
^arte  fu  respinta  in  mare....  Piìi  paesi  della  provincia  di  Messina 
già  sono  in  insurrezione:  Milazzo  è  insorta;  Barcellona  è  insorta 
e  vi  ha  il  marchese  Mauro  con  400  già  in  armi  e  tutti  i  paesi 
del  vicinato  di  Barcellona  e  di  Patti  hanno  inalberato  il  pwro  ves- 
sillo  tricolOì'e.  Io  ritengo  che  la  vittoria  sarà  per  noi  e  che  1'  ora 
è  vicina  della  distruzione  del  dispotismo;  però  fa  d'uopo  che  si* 
pensi  ad  aiutarci,  a  spingere  col  mezzo  della  stampa  codesto  go- 
verno. È  venuto  il  tempo  di  essere  audaci Io  sarò  felice  di  poter 

dare  tutto  il  mio  sangue  all'Italia  nostra.  Voglia  il  cielo  esserci 
propizio  una  volta Addio.  Corrao  vi  abbraccia  ». 

La  marcia  su  Catania  era  stata  caldeggiata  da  Pilo,  quando  i 
due  emigrati,  lasciato  la  sera  del  10  il  bastimento  austriaco  (cioè 

'Con  bandiera  austriaca,  ma  di  terra  italiana  ancor  soggetta  al- 
l'Austria)  ed  entrati  in  città,  ricevettero  nella  casa  di  Giuseppe 
Agresta,  dove  alloggiarono,  la  visita  di  Pasquale  Lo  Surdo,  presi- 

•dente  del  comitato  Messinese,  e  di  altri.  Il  Lo  Surdo  credeva  di 
poter  raccogliere  800  uomini ,  coi  quali  avrebbero  marciato  su 
Catania.  Corrao  era  contrario  e  diceva  doversi  andare  a  Palermo, 

-•dalla  quale  dipendeva  la  somma  delle  cose;  ma  infine  cedette  alle 
istanze  del  compagno.  Fu  stabilita  la  notte  successiva  pel  movi- 
mento. .\lle  9  pomeridiane  del  giorno  li  Pilo,  Corrao  ed  Agresta 
con  i  cesti  delle  munizioni  traversarono  la  città  fino  al  porto,  dove 
salirono  su  un  bastimento  mercantile  americano  posto  in  comu- 
nicazione con  la  terra  per  mezzo  d'  un  lungo  tavolone  e  furono 
ricevuti  cordialmente  dal  capitano.  Caricarono  in  una  lancia  le 
munizioni  e  si  avvicinarono  ad  un  legno  francese  per  pi'endere 
il  sig.  Santi  Marciano,  che   vi  si  era    rifugiato  coli' intenzione  di 

•emigrare  e  che  ora  saputo  V  arrivo  dei  due  emissari  aveva  mutato 


MISCELLANEA  253 


pensiero.  Ricevuto  il  Marciano,  la  lancia  manovrata  da  marinai 
americani  usci  dal  porto  e  si  diresse  verso  il  luogo  detto  «  il  Pa^ 
radiso  »  a  tre  chilometri  al  nord  di  Messina.  Le  sentinelle  lungo 
la  spiaggia  gridavano:  alto!  chi  va  là  ?  e  volevano  che  la  barca- 
si  fermasse.  Ma  Pilo  e  Gorrao  esortarono  i  marinai  a  proseguire 
e  a  non  temere  le  palle.  Infine  giunsero  al  punto  stabilito.  Ivi 
dovevano  trovare  un  rappresentante  del  comitato  con  i  mezzi  di 
trasporto  dello  persone  e  delle  munizioni  per  potersi  poi  riunire 
agli  altri  e  muovere  tutti  insieme  verso  Catania.  Invece  non  tro- 
varono nessuno.  Corrao  si  sdegnò  fortemente:  Agresta  e  Marciano 
si  scoraggiarono:  Pilo  rimase  impassibile  e  disse:  Vedremo  come 
finirà.  Poi  seppero  che  sino  a  mezz'ora  innanzi  erano  state  colà 
appiattate  due  compagnie  di  soldati,  che  evidentemente  davano  la- 
caccia  a  qualcuno.  Dopo  qualche  incertezza,  trasportarono  a  terra 
coir  aiuto  dei  marinai  americani  le  munizioni ,  le  posero  nella 
casetta  d' un  contadino  indicata  dall' Agresta  ed  aspettarono  il 
giorno.  Essendo  poco  dopo  1'  Agresta  tornato  a  Messina  o  per  sa- 
pei'e  dal  comitato  la  causa  del  convegno  mancato  o  per  spedire 
a  (teneva  alcune  lettere  di  Pilo  per  mezzo  di  qualcheduno  del 
battello  postale,  che  da  Malta  doveva  passare  il  13  ,per  Messina, 
gli  altri  tre  decisero  di  mu')vere  alla  volta  di  Palermo  senza  dare 
più  ascolto  al  comitato  Messinese.  La  sera  del  1*3  partirono  per  il 
Faro,  lasciando  sotto  severe  minaccio  il  contadino  della  casetta 
custode  degli  oggetti  depositati  e  di  più  dandogli  una  borsa  di  100 
onze  (L.  1275)  da  consegnarsi  all'  Agresta  quando  fosse  tornato. 
Dopo  tre  ore  di  cammino  giunsero  alla  costa  settentrionale  della 
Sicilia  dirimpetto  a  Milazzo.  Riposatisi  un  poco  noleggiarono  delle 
cavalcature  e  pi'oseguirono  per  la  via  di  Spadafora;  il  Marciano 
per  ristoro  della  fìtta  pioggia ,  eh'  era  venuta  loro  addosso ,  con- 
dusse gli  altri  due  ad  una  Casina  presso  il  mare,  dove  furono  cor- 
dialmente ospitati  dal  proprietario  avv.  F»*ancesco  Guardavaglia. 
Parliti  di  là,  giunsero  a  Santa  Lucia  la  mattina  del  14:  ricevettero 
la  visita  di  molti  liberali,  ai  quali  diedero  incoraggiamenti  e  pro- 
misero prossimi  aiuti  ;  e  ad  un  reazionario,  che  mandò  loro  a  dire 
che  andassero  via  per  fuggire  un  incontro  con  i  militi  della  guar- 
dia urbana,  risposero  che  essi  li  attendevano  per  farli  scomparire 
tutti  con  una  bomba  all'Orsini.  La  notte  si  posero  in  viaggio  per 
Barcellona,  dove  giunsero  a  punta  di  giorno  e  quasi  insieme  con 


254  MISCELLANEA 


loro  arrivò  pure  rAgre:>ta  che  veniva  da  Messina  e  che  disse  es- 
sere state  le  armi  collocate  in  luogo  sicuro  ed  aver  egli  ricevuto 
dal  contadino  le  100  onze.  Allora  mandarono  a  chiamare  un  an- 
tico liberale  per  mettersi  d'accordo  sul  da  fare  in  Barcellona  e 
Milazzo;  ma  l'antico  liberale  non  andò  e  invece  mandò  un  suo 
nipote  a  pregare  i  due  emissari  di  tornare  a  Messina  per  imbar- 
carsi e  mettersi  in  salvo,  perchè  in  Palermo  tutto  era  finito;  se 
no,  sarebbero  caduti  con  certezza  in  mano  al  carnefice.  Pilo  a 
questa  risposta  forse  temette  che  il  suo  compagno  si  scoraggiasse 
e  lo  guardò  fiso  negli  occhi  per  sapere  che  cosa  volesse  rispon- 
dere. Gorrao  con  tutta  calma  e  freddezza  disse:  «  Io  e  il  mio  ami- 
co signor  Pilo  non  siam  venuti  in  Sicilia  per  ritornare  all'estero 
ne  facciamo  parte  della  famiglia  dei  vili;  piuttosto  i  nostri  capi 
in  mano  al  carnefice  che  tornare  indietro  ed  emigrare  di  nuovo. 
Dite  a  vostro  zio  che  la  causa  nostra  non  verrà  meno,  perchè  l'e- 
roe Europeo,  il  novello  Washington,  sta  per  mettere  piede  da  un 
momento  all'altro  nel  suolo  Siciliano.  Noi  non  vogliamo  altro  che 
cavalli  e  carrozza  per  recarci  nelle  vicinanze  di  Palermo.  Paghe- 
remo tutto  con  la  nostra  borsa,  ma  che  vostro  zio  faccia  presto; 
altrimenti  comincieremo  la  rivoluzione  in  Barcellona,  dove  siamo 
ben  conosciuti  ».  Pilo  durante  la  risposta  di  Gorrao  mostrò  viva 
gioia  e  alla  fine  gli  gettò  le  braccia  al  collo  e  se  lo  strinse  for- 
temente al  petto.  In  meno  d'un'ora  l'antico  liberale  fece  allestire 
una  carrozza.  Marciano  ed  Agresta  rimasero  in  Barcellona  per 
ricevere  le  istruzioni  che  i  due  manderebbero  dalle  vicinanze  di 
Palermo  e  quindi  mettere  in  moto  tutta  la  provincia  di  Messina; 
Pilo  e  Gorrao  partirono  alla  volta  di  Patti,  dove  si  fermarono  po- 
chi minuti  e  proseguirono  per  la  Gioiosa,  in  cui  ebbero  calde  ac- 
coglienze e  si  trattennero  duo  ore.  Passarono  la  notte  del  15  in 
un  albergo  presso  il  capo  Orlando  ;  la  gente  di  campagna  accor- 
reva a  vedere  i  due  induci,  che  esortavano  tutti  di  tenersi  pronti 
a  prendere  le  armi  al  segnale  che  darebbero.  La  mattina  prose- 
guirono per  Sant'Agata,  dove  giunsero  poco  prima  di  mezzogiorno 
In  mezzo  a  una  moltitùdine  di  popolo.  Andati  all'albergo  ricevet- 
tero la  visita  di  molti  giovani,  in  gran  parto  studenti  venuti  dalle 
terre  vicine,  che  chiesero  notizie  dei  soccorsi  che  si  avrebbero  e 
dello  speranze  che  si  potevano  nutrire.  Pilo  arringò  quei  giovani 
•esortandoli  a  prendere  le  armi  e  a  finirla  cogli  oppressori.  L'avv. 


MISCELLANKA 


Galvagno  sopi'aggiunto  in  questo  mentre  domandò:  «È  vero  che 
verrà  il  gran  Generale  Garibaldi  ?»  I  due  risposero  :  «  È  tanto 
vero,  quanto  è  vero  che  noi  siamo  qui».  I  giovani  entusiasmati 
trassero  dalle  tasche  dei  nastri  tricolori  e  promisero  che  appena 
tornati  nei  loro  paesi  vi  avrebbero  preparato  la  rivoluzione.  Da 
Sant'  Agata  il  Pilo  scrisse  lettere  ardentissime  e  pressantissime 
ai  fratelli  Orlando,  a  Garibaldi,  a  Bertani,  a  Fabrizi,  che  doveva- 
no essere  spedite  per  me;^zo  dell'  Agresta  rimasto  in  Barcellona; 
e  forse  queste  lettere  furon  tra  quelle  che  giunsero  in  Genova  il 
29  Aprile  a  notte  tarda  e  furono  comunicate  a  Garibaldi  la  mat- 
tina del  30,  come  accenneremo  in  appresso. 

Su  questa  parte  del  viaggio  dei  due  emissari  molle  notizie  si 
trovano  nel  proemio  del  Saffi  al  voi.  XI  degli  scritti  di  Mazzini 
e  nelle  Cosinrazioni  e  ritolte  di  R.  Villari. 

Ora  avvicinandosi  i  due  alla  provincia  di  Palermo,  è  necessa- 
sario  di  conoscere  gli  avvenimenti  di  essa. 


V. 


L'insurrezione  del  4  Aprile,  che  rese  immortale  il  nome  di 
Francesco  Riso,  doveva  principiare  nel  convento  della  Gancia  ed 
essere  sostenuta  dagli  altri  quartieri  della  città  e  da  numerose 
«quadre  dei  paesi  vicini,  che  la  mattina  stessa  appena  cominciata 
la  lotta  sarebbero  corse  a  Palermo.  Pietro  Tondìi  doveva  condurre 
una  squadra  da  Carini,  Pietro  Piediscalzi  da  Piana  dei  Greci,  Do- 
menico Gorteggiani  da  Misilmeri,  Luigi  Puglisi  da  Bagheria;  Giam- 
battista Marinuzzi  doveva  capitanare  i  contadini  della  campagna 
di  Palermo  riuniti  ai  Porrazzi  presso  le  porte  della  città.  Fran- 
cesco Riso  per  essere  pronto  all'alba  a  dare  il  segnale  s'era  rin- 
chiuso nella  notte  del  3  al  4  Aprile  con  altre  20  persone  in  un 
magazzino  del  convento  della  Gancia,  ch'egli  aveva  preso  in  af- 
fitto e  nel  quale  deponeva  la  polvere,  le  bombe  all'Orsini  e  le  al- 
tre armi  della  sollevazione,  senza  che  i  frati  ne  sapessero  niente 
o  partecipassero  affatto  alla  congiura.  Ma  il  Direttore  di  Polizia, 
che  sapeva  della  congiura  senza  riuscire  a  scoprirla,  da  qualche 
indizio  avuto  casualmente  sospettò  che  Piazza  Marina  e  i  luoghi 
vicini  dovessero  essere  teatro  di  qualche  grave  avvenimento;  on- 


MISCELLANEA 


de  vi  mandò  nella  notte  dal  3  al  4  un  battaglione  di  fanteria,  uno 
squadrone  di  cavalleria ,  alcune  compagnie  di  cacciatori  e  due 
cannoni.  Francesco  Riso  per  nulla  sbigottito  dalla  vicinanza  di 
tante  forze  dà  aile  T)  del  mattino  il  segnale  della  insurrezione. 
Squilla  la  campana  della  Gancia  e  sul  campanile  sventola  la 
bandiera  tricolore.  Quindi  egli  e  i  suoi  escono  armati  dal  con-^ 
vento  gridando:  viva  l'Italia,  viva  Vittorio  Emanuele  ;  e  chiamano 
i  cittadini  alle  armi.  Le  loro  file  s'ingrossano,  ma  le  forze  borbo- 
niche si  avanzano:  si  impegna  una  lotta  feroce:  gl'insorti  sono 
costretti  a  rientrare  nel  convento,  dove  proseguono  a  combattere 
con  estremo  furore,  finché  ferito  mortalmente  con  tre  palle  nel- 
r  addome  ed  una  al  ginocchio  Francesco  Riso ,  la  vittoria  resta 
ai  borbonici. 

Nello  stesso  tempo  le  squadre  esterne  trovarono  compagnie  di 
soldati  appostate  nei  dintorni  della  città  e  non  potettero  entrare. 
Pietro  Tondù,  che  aveva  marciato  tutta  la  notte  da  Carini ,  im- 
battutosi all'alba  del  4  Aprile  nelle  truppe  appostate  a  Passo  di 
Rigano'  all'ovest  di  Palermo  ingaggiò  il  combattimento ,  ma  non 
potette  aprirsi  il  varco.  Egli  si  ritirò  nei  Colli  occidentali  della 
città,  donde  nei  giorni  successivi  (5-7)  unitosi  con  Giuseppe  Bru- 
no assali  i  borbonici  a  S.  Lorenzo  e  a  Balda. 

Pietro  Piediscalzi,  instaurato  il  di  4  un  nuovo  governo,  mosse 
il  5  da  Piana  dei  Greci  con  180  Chianióti  armati  di  fucilo  e  molti 
altri  di  falci  e  bastoni.  Ma  come  si  appressarono  a  Palermo  sep- 
pero dei  fatti  della  Gancia  e  retrocessero.  Non  potevano  ritirarsi 
alla  Piana  senza  cadere  di  li  a  poco  in  potere  dei  borbonici;  on- 
de mossero  verso  Monreale  col  disegno  di  disarmare  con  un  colpo 
di  mano  il  presidio  di  quella  città  aiutati  dalle  squadre  dei  fra- 
telli Sant'Anna  di  Alcamo.  Tre  volte  assalirono  quelle  truppe  e 
le  l'espinsero  dentro  l'abitato.  Il  giorno  dopo  (6  Aprile)  rinnova- 
rono la  pugna  sino  a  mezzogiorno ,  ma  per  la  mancanza  delle 
munizioni  si  dovettero  ritii'are.  Tornarono  alla  Piana  accolti  come 
vincitori  o  nella  Chiesa  si  cantò  il  Tedeum.  Il  dì  9  uniti  a  una  squa- 
dra di  Gorleone  comandata  dal  marchese  Salvatore  Firmaturi  e 
ad  altro  di  Misilmeri  e  di  Villabate  andarono  a  Gibilrossa ,  ma 
vi  furono  accerchiati  da  due  colonne  di  soldati  borbonici  prove- 
nienti l'una  da  Palermo  e  l'altra  da  Mezzagno.  Dopo  vivo  combat- 
timenlo  molti  delle  squadre  riuscirono  a  rompere  il  cordone  mi- 


MISCELLANEA 


litai-e  e  a  salvarsi.  Ritornarono  il  10  alla  Piana  alquanto  scorati; 
di  nuovo  però  ripresero  animo  vedendo  il  giorno  dopo  arrivare 
le  squadre  di  Corleone,  di  Giminna,  di  Termini  e  di  Contessa.  Ma 
all'alba  del  giorno  15  giunge  alla  Piana  il  generale  Cataldo  a  ca- 
po di  3,000  uomini;  le  squadre,  che  non  contavano  più  di  700  ar- 
mati, si  ritrassero  nelle  campagne.  II  generale  Cataldo  ristabili  il 
governo  borbonico  e  proclamò  l'amnistia  per  tutti  quelli  che  si 
presentassero  con  le  armi  dentro  24  ore;  quindi  prese  a  inseguire 
le  squadre.  Le  quali  ridotte  a  circa  400  nomini  si  trovavano  presso 
Carini  all' ovest  di  Palermo;  e  comprendendo  che  ornai  non  ave- 
vano altra  via  di  salute  che  l'audacia  deliberavano  di  tentare  un 
colpo  su  Palermo  per  ravvivarvi  la  rivoluzione.  Ma  il  giorno  18 
vi  sono  assaliti  da  tre  colonne  borboniche  di  circa  1000  uomini 
ciascuna,  l'una  da  S.  Giuseppe  dei  Mortilli,  l'altra  da  Monreale  e 
la  terza  da  Capaci  ;  un  battello  a  vapore  li  bersagliava  dalla  ma- 
rina. Benché  troppo  inferiori  di  forze  e  privati  per  vari  accidenti 
dei  principali  comandanti,  gì'  insorti  arditamente  accettarono  la 
battaglia  :  per  6  ore  si  sostennero  nel  disuguale  combattimento  : 
infine  Carini  fu  presa  d'assalto  e  in  gran  parte  bruciata.  Ornai  la 
rivoluzione  era  domata ,  le  squadre  disperse  e  non  più  in  grado 
di  affrontare  il  nemico.  Piediscalzi  il  19  ritornò  alla  Piana  e  non 
vi  trovò  che  silenzio  e  squallore  :  ognuno  credeva  la  rivoluzione 
già  morta  nel  nascere.  Ma  il  giorno  20  a  rianimare  la  rivo- 
luzione arrivano  a  Piana  dei  Greci  Rosolino  Pilo  e  Giovanni 
Gorrao. 

Vedemmo  come  i  due  fossero  giunti  a  Sant'Agata.  Per  il  resto 
di  questa  storia  farò  uso  di  alcune  carte  dell'Archivio  di  Stato  di 
Palermo  ;  delle  memorie  già  citate  di  Corrao ,  che  vanno  dal  26 
Marzo  ai  primi  di  Giugno  del  1800;  di  una  lettera  di  Giovanni 
Pittaluga  pubblicata  nel  Giornale  di  Sicilia  (Maggio  1894)  e  di 
una  bellissima  opera  manoscritta  di  Carmelo  Piola ,  intitolata  : 
Siciliani  illustri  morti  per  la  catisa  nazionale.  L' ing.  Gaspare 
Finazzi  di  Monreale  mi  fece  conoscere  D.  Giacomo  Cusumano,  che 
fu  allato  del  Pilo  nel  combattimento  della  Neviera  e  mi  diede 
molte  notizie,  che  trovai  concordanti  coi  documenti.  Ebbi  poi  cu- 
ra di  visitare  i  luoghi,  la  cui  conoscenza  sembrava  necessaria  a 
comprendere  certi  fatti;  e  in  una  delle  mie  gite  ebbi  a  compagni 
l'egregio  mio  amico  Ing.  Finazzi  e  il  prof.   Alfonso   Sansone   che 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  17 


258  MISCELLANEA 


ha  un  culto  per  tutte  le  memorie  del  patrio  risorgimento  e  nel 
registro  dei  visitatori  del  monastero  di  S.  Martino,  del  quale  par- 
leremo in  appresso,  scrisse  alcune  parole  in  ricordo  di  Rosoli- 
no Pilo. 

Riporto  primieramente  un  dispaccio  del  Luogotenente  generale 
di  Sicilia  al  ministro  per  gli  affari  Siciliani  in  Napoli  : 

«  Palermo  26  Aprile  1860. 

Il  16  corrente  furor,  visti  nei  boschi  di  Caronia  due  stranieri, 
Italiani  all'accento,  ben  vestiti ,  i  quali  si  avvicinarono  a  S.  Ste- 
fano di  Gamastra  e  domandarono  di  qualcuno.  Passava  in  quel 
momento  un  tal  Falla,  corriere  postale  che  da  Palermo  si  recava 
a  Messina  con  la  valigia.  Fu  fatto  fermare  dai  due  stranieri  e  in- 
terrogato sullo  stato  dell'  insurrezione  di  Palermo  e  se  la  lotta 
continuava  ancora  fra  le  truppe  e  il  popolo.  Il  corriere  rispose 
che  aveva  lasciata  la  città  tranquilla  ed  ogni  lotta  finita. 

I  due  stranieri  si  mostrarono  contrariati  a  quelle  notizie;  uno 
di  essi  fattosi  indietro  si  sbottonò  l'abito  e  mostrò  una  fascia  tri- 
colore, che  portava  a  tracollo,  due  revolver  ed  alcune  granate 
fulminanti  sospese  alla  cintura.  Minacciò  di  assassinare  il  corriere, 
ma  si  ristè  da  qualunque  offesa  per  consiglio  dell'  altro.  I  due 
stranieri  cavalcavano  due  muli.  Dai  boschi  di  Caronia  passarono 
oltre  e  furon  visti  nelle  vicinanze  di  Cefalù,  di  Termini  e  di  Vil- 
lafrati,  promettendo  dovunque  pronti  soccorsi  da  Malta. 

Uno  'è  il  notissimo  Rosolino  Pilo,  che  sapevasi  doversi  ritro- 
vare clandestinamente  in  Sicilia;  l'altro  è  ignoto.  Si  è  messa  la 
forza  pubblica  sulle  loro  traccio  e  si  è  promesso  un  premio  a  chi 
in  qualunque  modo  li  metterà  nello  mani  della  giustizia.  — Si 
hanno  degl'indizi,  che  sono  nelle  vicinanz»;  di  Piana  dei  Greci*. 
(Filza  1238,  n.  82). 

E  l'ispettore  di  polizia  di  Termini  scrive  a  Maniscalco  diret- 
tore di  polizia  in  Palermo  : 

«Termini  2S  .\prile  '60. 

II  arlopno  che  sortimmo  dal  Castello  si  avviarono  verso  le  ore 


MISCELLANEA  259 


23  a  questa  volta  con  vetturali  di  Pettineo  due  individui,  che  per 
esteri  si  annunziavano;  l'uno  con  barba  bionda  e  lunga  e  l'altro 
con  lunga  barba  nera  e  capelli  alla  nazzarena.  Avendo  conosciuto 
che  le  truppe  avevano  rioccupata  la  città  si  fermarono  un  istante 
fuori  r  abitato  e  quindi  si  avviarono  a  piedi  per  la  via  di  Gacca- 
mo,  ove  raggiunti  da  due  vetturali  di  Termini,  Antonino  Agnello 
e  Nicolò  Scalambra,  si  condussero  a  Villafrati  e  di  là  si  crede  che 
si  siano  diretti  a  Mari*ieo.  Mi  si  assicura  essere  costoro  gli  emi- 
grati Rosolino  Pilo  e  certo  Gorrao  da  Palermo  ;  anzi  si  dice  che 
abbia  il  Pilo  nel  fondaco  fuori  l'abitato  scritto  in  un  pezzo  di  carta 
il  suo  nome.  Indagando  qual  via  avessero  di  poi  tenuta ,  oggi  ho 
sentito  che  il  Pilo  trovasi  in  Capaci  o  nei  paesi  vicini  e  che  giorni 
sono  furono  in  cotesta  città  raccolte  dai  liberali  delle  somme,  che 
allo  stesso  spedirono;  dovendosi  quest'ultima  notizia  ritenere  co- 
me certezza  assoluta».  (Filza  1671). 

E  Maniscalco  annota  di  suo  pugno  sul  dispaccio  dell'ispettore  : 
«  si  risponda  che  troppo  tardi  ha  conosciuto  questo  fatto  ». 

Con  queste  indicazioni  non  è  difficile  di  rifare  tutto  l'itinera- 
rio di  Pilo  e  Corrao  da  Sant'Agata  in  poi.  Essi  traversarono  i  se- 
guenti territori:  S.  Stefano  di  Gamastra  (16  Aprile),  Gefalù  (17),  Ter- 
mini (18),  Villafrati,  xMarineo  (19),  Piana  dei  Greci  (20-27),  Colli 
di  Palermo  (:iO).  Insomma  essi  traversarono  l'intera  provincia  di 
Palermo  descrivendo  un  larghissimo  cerchio  intorno  a  questa 
città. 

Frattanto  tutta  la  Sicilia  si  riempiva  della  voce  che  non  due 
soltanto,  com'era  veramente,  ma  700,  anzi  migliaia  d'emigrati  erano 
sbarcati  con  armi  e  denaro.  La  presenza  di  Pilo  e  Gorrao ,  che 
annunciavano  il  prossimo  arrivo  di  numerose  forze,  provava  agli 
occhi  di  molti  la  verità  di  quelle  voci  ;  tanto  più  che  i  due  si 
mostravano  pubblicamente  nei  vari  paesi  che  attraversavano,  esor- 
tando i  liberali  a  riordinarsi,  a  rifare  le  squadre,  a  tenersi  pronti 
per  l'azione.  Dappertutto  si  spargeva  la  fama  dei  due  emissari  ve- 
nuti dall'Italia  continentale,  vestiti  di  velluto  nero  con  sciarpe  tri- 
colori e  che  seminavano  dappertutto  monete  d'  oro.  Il  popolo  in- 
•«clinato  al  meraviglioso  se  li  dipingeva  come  due  cavalieri  erranti, 
dei  quali  spessissimo  leggeva  le  avventure  o  le  vedeva  rappresen- 
tate in  infimi  teatri;  li  credeva  venuti  dal  continente  per  sostenere 


260  MtSCKLLAITEA 


la  rivoluzione  finché  non  giungessero  gli  aiuti  di  Malta  o  d'altre 
parti  e  prestava  fede  a  quanto  di  più  esagerato  si  narrasse  sul 
loro  conto.  E  siccome  si  è  potenti  non  solo  per  le  forze  che  si 
ha,  ma  anche  per  quelle  che  ci  si  attribuisce,  la  leggenda  non 
meno  che  la  presenza  di  Pilo  e  di  Gorrao  diedero  nuova  vita  alla 
rivoluzione.  Al  loro  passaggio  le  autorità  sparivano  o  si  scusa- 
vano e  schiere  d'animosi  si  offrivano  al  loro  comando.  Dove  non 
c'era  una  colonna  di  soldati,  che  per  altro  Pilo  e  Corrao  evita- 
vano, si  può  dire   che  il   governo   borbonico    non   esistesse   più. 

I  compagni  d'armi  e  le  guardie  urbane  non  ardivano  d'affrontare 
i  due  emissari.  Passando  questi  dopo  l'incontro  del  corriere  Falla 
dietro  il  monte  di  Cefalù  si  trovarono  con  grande  sorpresa  a  po- 
chi passi  da  molti  compagni  d'armi.  Impugnarono  le  armi  e  con 
viso  impassibile  s'inoltrarono  in  mezzo  a  loro,  anzi  entrarono  nello 
stesso  albergo,  dove  quelli  erano  alloggiati.  Le  guardie  andavano 
e  venivano,  ma  nessuno  ardì  di  montare  le  scale.  Finito  il  pran- 
zo e  pagato  il  conto,  i  due  colle  armi  pronte  uscirono  dall'alber- 
go a  dieci  passi  di  distanza  l'uno  dall'altro.  Il  Pilo  impaziente  di 
scambiare  qualche  parola  con  quei  compagni  d'armi  prende  la  ma- 
no d'uno  di  essi  e  gli  dice  :  «  bastardo  Siciliano,  questo  è  il  momento 
di  ravvederti  ».  La  guardia  cogli  occhi  bassi  non  ebbe  la  forza  di 
rispondere. 

A  duecento  passi  da  Cefalù  si  avvicinarono  a  loro  otto  uomini 
a  cavallo.  Pilo  e  Corrao  li  guardarono  bene  in  viso  e  non  vi  scor- 
sero ostilità,  ma  benevolenza.  Per  più  di  mezz'  ora  camminarono 
tutti  in  silenzio ,  finche  uno  degli  otto  rivoltosi  a  Pilo  gli  disse: 
«  Lei  è  il  signor  La  Masa?  noi  ci  off'riamo  ai  suoi  comandi,  la 
nostra  vita  è  a  sua  disposizione».  «E  voi  chi  siete  ?  rispose  Pilo; 
e  donde  venite  ?  »  Disse  :  «  Siamo  della  Roccella  ;  e  avendo  saputo 
che  in  Cefalù  sono  sbarcati  degli  emigrati ,  siamo  venuti  ad  of- 
frire il  nostro  braccio  ».  Pilo  li  lodò  del  loro  patriottismo  e  si  fece 
da  loro  accompagnare  fino  a  Termini.  —  A  Gratteri  furono  ac- 
colti entusiasticamente  da  tutti,  perfino  dagl'  impiegati   borbonici. 

II  giorno  dopo  giunsero  a  Termini  e  si  fermarono  all'albergo  detto 
Sant',\ngelo  pochi  passi  prima  d'entrare  nella  città  occupala  dalla 
truppa.  Di  là  rimandarono  la  guida  in  Barcellona  da  Santi  Mar- 
ciano, perchè  facesse  venire  da  Messina  le  pirogranate  o  bombe 
all'Orsini,  le  formo  per  la  fabbrica  di  nuove  bombe,  la  polvere  e  i 


MISCELLANEA  .261 


fucili.  Pilo  prima  di  partire  da  Termini  scrisse  nel  magazzino  di  un 
certo  Arangio  in  un  pezzo  di  carta  da  un  iatd  il  suo  nome  e  cogno- 
me e  dall'altro  la  sola  parola  «  parto  »  ;  e  diede  il  foglio  con  una 
sterlina  d'oro  a  un  garzone  del  magazzino  perchè  lo  consegnasse 
al  fratello  Giuseppe  Pilo,  che  allora  dimorava  in  Termini  vigilato 
dalla  polizia.  Quindi  ripresero  il  cammino  per  Villafrati.  Lungo 
la  strada  correvano  gli  abitanti  delle  case  di  campagna  a  vedere 
i  due  e  tra  loro  dicevano  :  «  ecco  gli  emigrati,  ecco  i  nostri  libe- 
ratori: questa  volta  abbiamo  vinto». — Pernottarono  a  Villafrati, 
dove  si  abboccarono  coi  liberali  del  paese.  La  mattina  del  19  si 
posero  in  viaggio  per  Piana  dei  Greci  ;  ma  la  nuova  guida  o  mal 
pratica  dei  luoghi  o  infida  li  condusse  al  bosco  della  Ficuzza,  va- 
stissima tenuta  Reale  tra  Marineo  e  Gorleone,  nella  quale  improv- 
visamente si  trovarono  a  fronte  di  alcune  guardie  appostate.  Il 
Pilo  domandò  ad  una  di  loro  se  quella  era  la  strada  che  condu- 
ceva a  Piana  dei  Greci.  Quegli  rispose:  «  chi  siete  voi  altri  ?»  e 
insieme  chiamò  all'armi.  I  due  viaggiatori  si  trovarono  circondati 
da  più  di  dieci  guardaboschi ,  che  li  volevano  costringere  a  pas- 
sare per  una  strada ,  che  stava  sotto  la  loro  posizione.  Gorrao 
gridò  a  Pilo  :  «  sii,  andiamo  via  per  la  strada  che  facciamo  :  avan- 
ti». E  tutti  e  due  con  le  pistole  nella  destra  e  le  bombe  all'Or- 
sini nella  sinistra,  minacciando  distruzione  se  i  guardaboschi  ar- 
dissero di  tirare  un  colpo,  spronarono  i  muli.  Ma  quelli  insegui- 
vano formando  un  semicerchio  per  arrestarli,  ed  uno  dei  più  gio- 
vani incalzava  troppo  Gorrao,  che  gli  gridò  :  «  miserabile,  non  ti 
è  cara  la  vita  ?  Qui  nella  mia  mano  è  la  vostra  distruzione.  An- 
elate 0  vi  faccio  sparire  tutti  dalla  faccia  della  terra  ».  I  guarda- 
ioschi  si  fermarono,  contenti  d' arrestare  i  due  vetturali  e  la 
guida. 

Quindi  i  due  proseguirono  per  Marineo  e  Misilmeri,  nei  quali  pae- 
si ebbero  liete  accoglienze  e  promesse  di  numerosi  armati  :  nell'ul- 
timo furono  ospitati  da  Antonio  Guzzetta  Guarmusci,  sotto  la  cui 
guida  la  sera  del  20  Aprile  giunsero  alla  Piana  dei  Greci. 

Ivi  intesero  la  sconfitta  di  Garini  di  due  giorni  prima  e  la  dis- 
soluzione di  quasi  tutte  le  squadre.  Pilo  non  si  perdette  d'ani- 
mo :  arringò  i  Chianioti  assicurandoli  dei  pronti  soccorsi  dei  fra- 
telli del  continente  per  la  via  di  Malta  o  per  altra  via;  mandò 
-corrieri  ai  signori  La  Porta  e  Firmaturi  in  Gorieone,  al  Barone  di 


262 •  HISCBLLAKEA 


Sant'Anna  in  Alcamo  perchè  raccogliessero  le  disperse  squadre  e 
alla  marina  di  Girgenti  per  sapere  se  era  avvenuto  lo  sbarco  delle 
armi  e  degli  emigrati  di  Malta.  Gli  abitanti  di  Piana  dei  Greci  si  ralle- 
grarono molto  di  queste  promesse.  Pietro  Piediscalzi,  che  in  quei 
giorni  si  nascondeva  aspettando  l' occasione  di  emigrare  ,    riorga- 
nizzò subito  la  sua  squadra.  Un  capitano  di  compagni  d'armi,  che- 
andò  alla  Piana  il  24  Aprile  per  ritirare  i  121  fucile  che  s'erano 
raccolti  per  le  presentazioni  volontarie,  notò  con  meraviglia  «  che- 
ivi  erasi  novellamente  manifestato   lo   spirito   turbolento   e  che  1 
tristi  imperversavano».  (Filza  12.^8,  n.  8-'i).  Dalln    Piana  fu  subito- 
spedito  a  Palermo  il  calzolaio  Ferdinando  Schirò   per  avvisare  il 
comitato  segreto  della  presenza  di  Pilo  e  Gorrao  e  degl'imminenti 
aiuti.  Quest'avviso  risollevò  gli  animi  :    il   comitato   raddoppiò  di 
zelo  per  raccogliere  uomini  e  denari  e  mandò  a  Pilo  quella  som- 
ma, di  cui  parla  come  assoluta  certezza   l' ispettore  di  Termini  e 
che  fu  di  mille  onze  (L.  12,750).  Il  24  Aprile  si   trovarono  affissi' 
in  vari  punti  di  Palermo  sette  cartelli   «  sediziosi  »   nei   quali  tra 
l'altre  cose  si  diceva  :  «  La  Sicilia  è  una  sola  patria   con   l' Italia 
libera.  I  prodi  emigrati  sono   fra    noi.   Viva   Vittorio  Emanuele  !" 
Viva  la  libertà  !  Viva  l'unità  Italiana  !  All'armi  !  »  (Filza  1238,  n.  76).. 
Il  luogotenente  generale  di  Sicilia    scrive   al   ministero  di  Napoli 
in  data  del  26  Aprile  :  «  I  tristi  che  eransi  ritirati  dopo  gli  scon- 
tri infelici  con  le  Reali  Truppe,   ripigliano   coraggio  e  si  presen- 
tano ad  una  nuova  riscossa  ».  (Arch.  di  Pai.).   Molti   da   Palermo 
si  recarono  nelle  montagne  a  ingrossare  le  guerriglie.   Il  Firma- 
turi  corse  subito  alla  chiamata  di  Pilo  e  giunse  forse  il  22:  circa- 
due  giorni  dopo  si  unì  loro  Pietro  Lo  Squiglio,   uno   degl'  insorti- 
dei  4  Aprile  e  dei  superstiti  di  Carini,  che  dopo   la  disfatta  erasii 
rifugiato  nelle  montagne.  Pietro  Lo  Squiglio,  che  nel  '48  era  stato- 
dei  100  Crociati  Siciliani   andati  sotto  La  Masa  a  combattere  nel 
Veueto  gli  Austriaci,  era  una  vecchia  conoscenza  di  Pilo  e  Gorrao;. 
e  mori  poco  dopo  all'alba  del  27  Maggio,  all'assalto  del  ponte  del- 
l'Ammiraglio. 

La  polizia  che,  come  abbiamo  visto,  non  ignorava  la  presenza 
di  Pilo  in  Piana  dei  Greci,  fece  nel  colmo  della  notte  tra  il  25  e- 
il  26  circondare  dallo  truppe  il  paese  e  procedere  a  un  nuovo  di- 
sarmo «0  all'arresto  dei  più  facinorosi».  (Arch.  di  Pai.).  Ma  Pilo^ 
Corrao,  Lo  Squiglio,  Firmaturi  e  Piediscalzi  sospettando    qualche- 


MISCELLANEA  2G3 


tranello  la  notte  erano  andati  a  dormire  a  un  casino  distante  un 
mezzo  miglio  dal  paese.  L'indomani  seppero  che  la  Piana  era  cir- 
condata dai  soldati,  onde  si  ritirarono  più  in  là  sulle  colline  dello 
Sbanduto.  Il  paese  fu  sottoposto  a  minutissima  perquisizione  :  il 
disarmo  fu  rigorosissimo  :  vennero  tolte  le  spade  perfino  alle  sta- 
tue di  S.  Giorgio  e  di  S.  Demetrio. 

Il  Firmatari  ripartì  forse  il  27  alla  volta  di  Corleone  per  in- 
tendei'si  con  Luigi  La  Porta,  che  il  2  Maggio  ricomparve  a  capo 
di  80  nomini  nei  boschi  di  Ciminna  (Arch.  di  Pai.):  Piediscalzi 
restò  nei  monti  della  Piana  con  la  sua  squadra  non  disciolla  e 
mantenuta  in  gran  parie  a  sue  spese  :  Pilo  con  Corrao  e  Lo  Squi- 
glio  partirono  per  la* valle  di  S.  Martino  per  avvicinarsi  al  co- 
mitato centrale  di  Palermo.  Giunsero  forse  la  mattina  del  29  al 
monastero  di  S.  Martino  appartenente  all'  ordine  di  S.  Benedetto. 
L' abate  Luigi  Castelli  promise  di  somministrare  quanto  era  ne- 
cessario alle  loro  persone,  ma  li  esortò  ad  allontanarsi  da  quei 
luoghi.  I  tre  si  sdegnarono  d'una  accoglienza  così  fredda,  dove 
avevano  sperato  valido  appoggio  ;  onde  attraversato  Monte  Cuccio 
giunsero  alla  regione  detta  Insorra  nella  parte  occidentale  dei 
colli  di  Palermo  e  pernottarono  in  una  casuccia.  Quindi  si  stabi- 
lirono nella  casa  detta  del  Monaco,  che  forse  allora  era  disabitata 
e  vi  si  trattennero  una  quindicina  di  giorni. 

L'Inserra  è  un  altipiano  della  catena  dei  monti,  che  va  da 
Monte  Cuccio  al  mare.  Alto  circa  250  metri  e  posto  in  una  inse- 
natura ad  angolo  tra  la  catena  principale  e  una  sua  diramazione, 
domina  la  vasta  vallata  che  col  nome  di  Piana  dei  Colli  si  stende 
al  nord  di  Palermo  tra  la  catena  della  (juale  parliamo  e  il  monte 
Pellegrino.  Dail'Inserra  .salendo  per  circa  un  chilometro  si  giun- 
ge alla  casa  del  Monaco  posta  tra  vaste  piantagioni  di  fichi  d'In- 
dia all'altezza  di  circa  400  metri  e  chiamata  cosi  perchè  era  pro- 
prietà d'un  convento,  che  vi  faceva  ordinariamente  dimorare  un 
suo  monaco.  Varie  irazzè)'e  o  strade  mulattiere  passano  in  vici- 
nanza della  casa  del  Monaco,  dietro  la  quale  la  montagna  sorge 
ripida  e  nuda,  tutta  greppi  e  massi  e  appena  con  qualche  pianti- 
cella nei  ci'epacci.  Di  questa  casa  ì  tre  fecero  il  centro  delle  loro 
operazioni,  perchè  mentre  da  essa  si  guardava  la  vallata  di  Pa- 
lermo e  si  poteva  scoprire  qualunque  movimento  nelle  sue  stra- 
de, si  aveva  poi  facile  comunicazione  coi  monti  di  Torretta,  Mon^ 


264  MISCELLANEA 


telepre  e  Carini.  Per  stare  al  sicuro  d'  una  sorpresa  tenevano  6 
esploratori,  pagati  ciascuno  con  6  tari  (L.  2,50)  al  giorno,  oltre  il 
mangiare;  e  cambiavano  spesso  dimora,  specialmente  la  notte  che 
passavano  ora  in  una  grotta ,  ora  in  un  pagliaio ,  non  mai  due 
volte  nello  stesso  punto.  Da  questa  casa  spedirono  subito  un  cor- 
riere in  Palermo  ai  fratelli  Di  Benedetto,  che  risposero  essere  la 
citià  ben  disposta,  ma  bisognare  un  aiuto  dal  di  fuori  :  indicarono 
pure  i  capi  della  sollevazione  precedente,  che  speravasi  si  riuni- 
rebbero tutti  sotto  la  guida  di  Pilo  e  di  Corrao.  Questi  allora 
mandarono  corrieri  dappertutto  e  presero  a  riorganizzare  le  for- 
ze insurrezionali  da  Palermo  a  Castellammave  del  Golfo. 

Mentre  cosi  Pilo  attendeva  a  rianimare  la  rivoluzione,  il  suo  no- 
me e  il  suo  ardire  non  erano  senza  influsso  presso  gli  amici  di  Geno- 
va. Garibaldi  appena  conosciuta  l'insurrezione  di  Palermo  ordinò 
che  si  facessero  venire  le  armi  e  i  denari  da  Milano  e  si  allestisse  un 
vapore.  Ma  Cavour  e  Farini  cercano,  benché  indirettamente,  di  disto- 
glierlo dall'impresa  :  le  notizie  della  Sicilia  giungono  poco  incorag- 
gianti. Garibaldi  era  perplesso.  Ed  ecco  che  il  24  Aprile  ritorna  in  Ge- 
nova e  si  presenta  al  Generale  il  Motto  pilota  della  paranza,  con 
la  quale  i  due  emigrati  erano  andati  a  Messina.  Garibaldi  lesse 
commosso  la  lettera  mandatagli  dal  Pilo  e  rivolto  al  Motto  disse: 
«  Ma  se  stamane  ho  letto  in  un  giornale  che  il  movimento  di  Si- 
cilia è  stato  represso  —  Generale,  rispose  il  pilota,  manco  da  po- 
chi giorni  dalla  Sicilia  e  mi  pare  impossibile  che  il  Borbone  abbia 
avuto  tempo  di  frenare  una  rivolta ,  che  ogni  giorno  prendeva 
più  vaste  proporzioni.  Rosolino  e  Corrao  sono  partiti  da  Messina 
per  portare  la  rivoluzione  in  Palermo,  seminandola  lungo  la  via. 
Messina  e  le  vicinanze  erano  insorto  la  sera  stessa  che  entrammo 
nello  stretto.  Kd  ora,  Generale,  ci  vuole  il  vostro  braccio ,  altri- 
menti saranno  tutti  sacrificati*.  Garibaldi  risolve  di  partire  il  più 
presto  possibile.  Ma  il  27  giunge  un  telegramma  di  Fabrizi  da 
Malta:  «Completo  insuccesso  nelle  provincie  e  nella  città  di  Pa- 
lermo. .Molli  profughi  raccolti  dalle  navi  Inglesi  giunti  in  Malta  ». 
Garibaldi  dolente  dichiarò  la  spedizione  impossibile.  Ma  la  notte 
del  20  giunge  un  altro  telegramma  di  Fabrizi  che  la  manina  del 
30  tì  portato  a  Garibaldi:  «  L'insurrezione  vinta  nella  cittù  di  Pa- 
lermo si  sostiene  nella  pravincia.  Notizie  raccolte  dai  profughi 
giunti  in  Malia  su  navi  Inglesi  ».  Nello  stesso  tempo  gli  si  porta- 


MISCELLANEA  261 


rono  altre  lettere  e  dispacci  «  dai  quali  appariva  che  V  insurre- 
zione nell'isola  andava  rapidamente  pigliando  piede.  Si  annunziava 
in  ispecie  che  Marsala  fosse  già  in  potere  degl'insorti  e  si  aggiun- 
geva che  Rosolino  Pilo  era  a  capo  poco  meno  d'  un  esercito  ». 
{Diario  di  G.  Bandi  presso  Ghiaia.  Lettere  di  Cavour ,  voi.  IV, 
p.  GLIII).  Queste  voci  sul  Pilo  m'  hanno  indotto  a  credere  che 
fossero  allora  arrivate  le  lettere  scritte,  certo  con  molte  esagera- 
zioni, da  Sant'Agata  il  i6  Aprile.  Ad  ogni  modo  solo  allora  Ga- 
ribaldi si  decise  definitivamente  ed  esclamò  pieno  di  gioia:  Par- 
tiamo e  sia  pure  domani. 

Quanto  al  telegramma  di  Fabrizi  spedito.il  20  e  giunto  il  27, 
molti  dopo  il  successo  di  Garibaldi  dichiararono  ch'esso  mandato 
in  cifra  era  stato  malamente  interpretato.  Ma  se  il  telegramma 
era  scoraggiante,  era  anche  verissii'no  ;  né  Fabrizi  era  capace  di 
mandare  false  notizie  per  causare  forse  una  catastrofe.  Il  secondo 
telegramma  poi  non  contradice  al  primo:  .^olo  chiarisce  che  l'in- 
surrezione si  .sosteneva  nella  provincia  di  Palermo.  E  se  questa 
notizia,  anch'  essa  vera,  contribuì  a  decidere  Garibaldi,  se  ne  deve 
cercare  la  causa  nell'azione  di  Pilo  e  di  Corrao. 

E  mentre  i  Mille  si  raccoglievano  in  Genova  e  salpavano  da 
Quarto,  Pilo  e  Corrao  ignari  di  tutto  ciò  lavoravano  col  massimo 
ardore  a  ri-sollevare  la  Sicilia.  Siccome  alle  loro  richieste  di  da- 
naro per  pagare  le  squadre  il  comitato  centrale  di  Palermo  ave- 
va risposto  di  non  avere,  dopo  l'emigrazione  di  molti  contribuenti, 
che  450  onze,  alle  quali  non  avrebbe  posto  mano  che  solo  due 
giorni  avanti  l'azione,  il  Pilo  firmò  una  cambiale  di  L.  0,000  da 
scontarsi  in  Malta  da  Nicola  Fabrizi  e  la  mandò  ai  Di  Benedetto 
perchè  la  negoziassero.  Quindi  con  alcuni  capi  della  sollevazione 
precedente  tenne  convegno  nella  Ferriera,  eh'  è  una  tenuta  con- 
tigua airinserra.  Ivi  sedettero  sotto  un  carrubbo  Pilo ,  Corrao , 
Salvatore  Macaluso,  Francesco  Ferrante,  Carmelo  Ischia,  Mariano 
Mineo.  Pilo  mostrò  la  necessità  di  riorganizzare  le  squadre ,  per- 
chè era  tempo  di  tentare  un  colpo.  Quelli  si  dichiaravano  pronti, 
eccetto  Carmelo  Ischia,  che  diceva  di  non  potersi  far  nulla  per- 
chè mancava  il  denaro,  mancavano  le  munizioni  e  soggiungeva: 
«  Maledetto  il  momento,  che  mi  sono  mescolato  in  faccende  poli- 
tiche •>.  Ma  infine  anche  l'Ischia  cedette  alla  pertinacia  di  Pilo  e 
Corrao  specialmente  per  l'assicurazione  di  prossimi  soccorsi,  e  di 


266  MISCELLANEA 


là  i  quattro  convocati  scesero  nella  Piana  o  si  addentrarono  nei 
monti  per  ricominciare  il  lavoi'O,  Qualche  giorno  appresso  l'opera 
era  già  molto  avanzata  :  l'Ischia  aveva  arruolati  400  uomini  della 
Piana  dei  Colli  e  consegnato  un'onza  a  ciascuno  e  aveva  mandato 
al  deposito  di  Carini  2  quintali  di  salnitro  e  non  poca  quantità  di 
piombo.  Dairinserra  Pilo,  Corrao  e  Lo  Squìglio  andarono  a  Ca- 
rini, forse  il  G  Maggio,  dove  convennero  anche  Tondù,  Bruno^ 
Marinuzzi.  Pilo  arringò  la  popolazione  «  dimostrando  che  non  era 
più  il  tempo  di  transigere  con  la  tirannide,  il  cui  trionfo  avrebbe 
soffocato  per  sempre  le  aspirazioni  di  tanti  secoli;  la  lieve  scon- 
fitta sofferta  essere  dovuta  all'infinito  numero  dei  nemici  prov- 
veduti d'ogni  militare  apparecchio  a  fronte  di  pochi  generosi  sfor- 
niti di  tutto.  Esortava  il  popolo  ad  organizzarsi  ed  osteggiare  ancora 
il  nemico,  fino  a  quando  fosse  giunto  il  soccorso  dei  valorosi  fra- 
telli del  continente».  (Manoscritto  citato  di  Carmelo  Piola).  In  Ca- 
rini si  presero  gli  ultimi  accordi  per  la  prossima  sollevazione. 
Pilo  fu  riconosciuto  capo  supremo;  Corrao  ebbe  il  comando  di 
tutte  le  forze,  Tondù  la  soprintendenza  delle  munizioni  da  guerra 
e  da  bocca,  Bruno  l'ispezione  dei  corrieri ,  delle  vetture  e  delie- 
guide.  Si  raccolsero  dalle  casse  pubbliche  e  da  contribuzioni  pri- 
vate più  di  600  onze  (L.  7650),  e  si  versarono  al  Marinuzzi ,  che- 
funzionava  da  ufficiale  pagatore.  Si  convertirono  le  macine  di 
sommacco  in  macine  di  polvere,  si  aprì  un  laboratorio  per  la  fab- 
brica delle  cartuccie  e  la  fusione  del  piombo.  Si  destinò  un  ospe- 
dale dei  feriti  a  Carini  ed  un  medico  curante;  si  nominarono  due 
cappellani,  Padre  Misseri  e  Padre  Calderone.  Gli  animi  si  rinfiam- 
mavano dappertutto.  Da  Torretta  andò  in  Carini  una  squadra  di 
44  uomini  con  100  onze,  da  Montelepre  un'altra  squadra  con  al- 
tre 100  onze,  dai  Colli  di  Palermo  e  da  Capaci  una  squadra  di 
400  uomini,  dalla  Favarella  150  uomini  con  la  musica  alla  testa,. 
da  Tommaso  Natale  e  da  Sferracavallo  50  uomini  e  così  da  altre 
parti;  sicché  già  si  formava  una  colonna  di  più  1000  uomini, che 
si  raccoglieva  sul  monte  detto  Serra  dell'Occhio  per  muovere  dì 
là  all'assalto  di  Palermo.  Cori'ao  li  disciplinava  militarmente  di- 
stribuendoli in  squadre  di  10  uomini  ciascuna  con  un  caporale  e 
preponendo  ad  ogni  10  squadre  un  capo  o  un  sottocapo.  Si  aspet- 
tavano tra  bi-eve  quelli  di  Pai-tinico,  di  Piana  dei  Greci,  di  Cor- 
leone,  di  Misilmeri  o  <li  altri  paesi.   L'isola   era   già  pronta  a  di- 


MISCELLANEA  267 


vampare  di  nuovo  :  lo  sbarco  di  Garibaldi  fu  il  colpo  di  fulmine 
che  incendia  la  polveriera.  E  già  apparivano  i  segni  precursori 
della  nuova  rivoluzione.  L'8  Maggio  il  comitato  segreto  di  Paler- 
mo in  una  stampa  clandestina  diceva:  «  I  nostri  fratelli,  che  nei 
lunghi  anni  d'esiglio  hanno  sospirato  il  momento  di  venire  nella 
loro  terra  natale  a  dividere  i  pericoli  della  lotta  contro  il  Bor- 
bone, sono  già  in  armi  e  con  noi  ».  E  terminava  col  grido  :  «  Viva 
Vittorio  Emanuele,  Viva  l'Italia  ».  (Filza  123S,  n.  2). 

Il  giorno  dopo  verso  le  6  pom.  molta  gente  passeggiava  per 
via  Macqueda  con  sembiante  concitato.  I  giovani  presero  a  scher-- 
nire  i  soldati;  una  mano  d'audaci  voleva  disarmare  una  pattuglia, 
che  prima  cercò  di  respingerli  e  infine  fece  fuoco.  Le  altre  pat- 
tuglie accorse  nello  stesso  luogo  caricarono  la  folla  con  la  baio- 
netta. La  folla  gridava:  «Viva  l'Italia,  viva  Vittorio  Emanuele». 
Vi  fu  un  morto  ed  otto  feriti.  Si  vedeva  che  Palermo  si  prepa- 
rava ad  una  seconda  riscossa.  Il  luogotenente  generale  scrive  a 
Napoli  il  10  Maggio:  «  Gol  durar  delle  speranze  di  vicini  soccorsi, 
che  il  partito  rivoluzionario  si  aspetta  dal  Piemonte,  dura  e  si 
accresce  l'ostinazione  dello  spirito  fazioso,  che  informa  una  parte 
degli  abitanti  di  questa  città,  i  quali  in  preda  ad  un  delirio  anar* 
chico  fan  di  tutto  per  sovvertire  l'ordine  ». 

L' 11  Maggio  sulla  falsa  notizia  dello  sbarco  degli  emigrati  di 
Malta  a  Punta  Bianca  nella  marina  di  Girgenti,  un  buon  nume- 
ro di  squadriglieri  convenuti  da  Piana  dei  Greci,  da  Partinico,  da 
Montelepre  si  raccolgono  a  Malvello  sotto  la  guida  di  Pietro  Pie- 
discalzi.  La  squadra  il  giorno  appresso  circondò  il  paese  di  Roc- 
camena  e  intimò  il  disarmo  a  tutti  coloro  che  non  volessero  se- 
guire la  bandiera  nazionale.  Si  raccolsero  80  fucili,  pochissimi  de- 
nari e  munizioni,  ma  nessuno  del  paese  volle  arrolarsi.  «  Ciò  fatto 
andarono  nell'  ex-feudo  Gallardo,  ove  mentre  stavano  facendo  co- 
lazione arriva  il  marchese  Firmaturi  con  due  dei  suoi  e  più  tardi 
un  uomo  a  cavallo,  il  quale  dà  l'annunzio  che  Garibaldi  era  sbar- 
cato a  Marsala  con  1200  Italiani.  A  questa  nuova  scaricarono  i. 
fucili  per  la  gioia  e  quel  giorno  fu  per  loro  una  festa  incante- 
vole». (G.  Petta,  Piana  dei  Greci  nella  rivoluzione  del  '60,  Pa- 
lermo 1861).  Possiamo  anche  imaginarci  la  gioia,  che  dovette  pro- 
vare a  quella  notizia  Rosolino,  che  aveva  promesso  tante  volte 
gli  aiuti  dei  fratelli  del  continente.   Egli   spedì   subito  un  pedone- 


268  MISCELLANEA 


alla  volta  di  Garibaldi  per  mettersi  ai  suoi  ordini  e  cooperare  con 
lui.  Gran  parte  delle  squadre,  che  dovevano  riunirsi  a  Pilo,  s' in- 
dirizzarono pure  a  quella  volta. 


VI. 


Garibaldi,  vinta  il  13  Maggio  la  battaglia  di  Galatafimi ,  occu- 
pò il  giorno  appresso  il  paese  di  questo  nome  e  di  là  scrisse  al 
Pilo  : 

f  Calatafimi  i6  Maggio  1860. 
Caro  Rosolino, 

Ieri  abbiamo  combattuto  e  vinto  —  i  nemici  fuggono  verso  Pa- 
lermo—  le  popolazioni  sono  animatissime  e  si  riuniscono  a  me  in 
folla.  Domani  marcerò  per  Alcamo.  Dite  ai  Siciliani  eh'  è  ora  di 
finirla  — e  che  la  finiremo  presto:  qualunque  arma  è  buona  per 
un  valoroso,  fucile  falce  mannaia  un  chiodo  alla  punta  d'  un 
bastone. 

Riunitevi  a  me  od  ostilizzate  il  nemico  in  cotesti  dintorni,  se 
più  vi  conviene.  Fate  accendere  dei  fuochi  in  tutte  le  alture,  che 
contornano  il  nemico  —  tirar  quante  fucilate  si  può  di  notte  alle 
sentinelle  e  posti  avanzati  —  intercettare  comunicazioni —  incomo- 
darlo infine  in  ogni  modo.  Spero  ci  rivedremo   presto. 

Vostro 
Q-.  Garibaldi  ». 

La  mattina  del  17  giunse  in  Alcamo  ,  donde  la  sera  prosegui 
la  marcia  in  avanti  e  la  mattina  del  18  occupò  Partinico.  In  que- 
sto giorno  o  nel  preredente  Rosolino  ayendo  intercettate  delle 
corrispondenze  nemiche  le  aveva  spedite  a  Garibaldi,  o  chiestogli 
nello  stesso  tempo  armi  e  munizioni.  Garibaldi  cosi  gli  rispose 
quella  stessa  mattina  : 


MISCELLANEA  269 


cPai'tinico  18  Maggio  1860. 

Caro  Rosolino, 

È  tempo  di  marciare  verso  Palermo,  di  approfittare  dello  en- 
tusiasmo del  popolo  e  dello  sconforto  dei  regi.  Fate  quanto  vi  ho 
scritto  nell'antecedente  e  più  se  potete. 

Io  marcio  verso  Monreale  e  sarò  vicino  a  quel  posto  verso 
sera. 

Avvicinatevi  per  le  munizioni  e  vi  farò  parte  di  quella  che 
abbiamo.  Assicurate  però  i  nostri  prodi  che  col  ferro  faremo  as- 
sai più  che  col  fuoco  contro  i  nostri  nemici.  Con  affetto. 

Vostro 
G.  Garibaldi  ». 

E  poco  appresso  verso  mezzogiorno  mandò  quest'altro  biglietto: 

«  Partinico  18  Maggio. 
Caro  Rosolino, 

Bisogna  dire  ai  nostri  prodi  di  Carini  che  si  preparino  a  coadiu- 
vare r  opera  nostra  di  domani.  Io  marcerò  alle  3  pom.  verso 
Monreale.  Frattanto  si  accendano  falò  questa  notte  su  tutte  le  al- 
ture che  avvicinano  Palermo  e  si  molestino  i  regi  con  fucilate 
di  notte  in  tutte  le  posizioni  che  occupano  e  di  giorno  in  ogni 
modo  possibile. 

Dite  ai  bravi  Siciliani  che  un  ferro  qualunque  nelle  loro  ma- 
ni —  vale  un  fucile.  Addio. 

Vostro 
G.  Garibaldi  ». 

Pilo  fece  accendere  centinaia  di  fiaccole  e  fuochi  sui  monti  ;  e 


270  MISCELLANEA 


i  Palermitani,  come  cantò  Giuseppe  Romano  nel  1862  in   un  car- 
me a  Rosolino  Pilo, 

confortavan  l'ore 
Delle  squallide  sere  i  circostanti 
AirOretea  città  colli  guardando 
Di  molte  faci  risplendenti  e  lieti. 

Ma  la  preoccupazione  delle  armi  da  fuoco   era  insistente   nel 
Pilo,  che  cercava  di  procurarsene  per  tutte  le  vie,  come   mostra 
.il  seguente  biglietto    mancante   di   soprascritta   e   conservato  dal 
Dott.  Giuseppe  Lodi  : 

«  Carini  18  Maggio  '60. 
Signore, 

Dall'ottimo  Giovanni  Ferranti  mi  si  scrive  che  siete  possessore 
di  numero  dieci  fucili  e  che  siete  disposto  a  darli  dietro  mia  ga- 
ranzia. Ciò  posto,  mi  permetto  di  farvi  queste  linee,  che  vi  var- 
ranno per  la  garanzia  che  ricercate. 

Gradite  li  miei  ringraziamenti  e  credetemi 

Obb.mo 
Rosalino  Pilo  —  Capaci  ». 

Pochi  giorni  prima  aveva  anche  tentato  d'avere  munizioni  dal 
Comandante  del  Govèrnolo,  nave  da  guerra  Piemontese  che  dal 
23  Aprile  stazionava  nel  porto  di  Palermo  e  che  contava  tra  gli 
ufficiali  il  Siciliano  Giuseppe  Denti,  nipote  di  Pilo.  Il  Denti  rima- 
sto orfano  aveva  emigrato  con  Pilo  nei  primi  del  Maggio  '49  per 
Marsiglia  e  di  là  poco  dopo  per  Genova.  Il  Pilo  gli  aveva  fatto 
da  padre,  ed  ottenuto  con  gran  difficoltà  un  posto  nell'Accademia 
navale  di  Genova,  donde  lo  vide  uscire  ufficiale  della  Marina  Sar- 
da. Il  Denti  (che  poi  mori  contrammiraglio)  così  gli  scrive  : 


MISCELLANEA  271 


€  15  Maggio  *G0. 

Mio  amatissimo  Rosolino, 

Quanto  caro  mi  sia  riuscito  il  tuo  biglietto  puoi  facilmente  fi- 
gurartelo —  tu  che  sai  quanto  t'  amo.  Mi  avessi  chiesto  la  vita, 
non  avrei  esitato  un  istante  a  dartela  —  nessuno  ne  ha  più  diritto 
di  te.  Ma  quanto  mi  chiedi  è  cosa  assai  difficile.  Il  comandante 
non  è  a  bordo,  ma  quand'anche  vi  fosse  son  certo  che  risponde- 
rebbe negativamente.  Pure  appena  tornerà,  gliene  parlerò  ;  e  ove 
la  persona,  che  mi  ha  portato  oggi.il  tuo  biglietto,  torni,  le  darò 
più  positiva  risposta.  Ama  il  tuo  Peppino  ». 

«  Palermo  18  Maggio. 
Amato  mio  Rosolino, 

. . .  Mi  affligge  più  che  pena  mortale  il  non  poter  farti  avere 
quelle  munizioni  che  desideri.  Se  Iddio  esaudisse  tutti  gli  ardenti 
desideri,  sta  certo  che  avresti  quanta  polvere  e  palle  sono  sul 
Govèrnolo.  Ma  Iddio,  pare,  non  corona  sempre  i  santi  e  forti  pro- 
positi. Ma  credo  in  Cristo  che,  se  non  è  il  Dio  dei  vili,  coronerà 
i  vostri  sforzi...  Ama  chi  t'adora.  Tuo  figlio  Peppino». 

Il  Pilo  la  mattina  del  18  lesse  nella  piazza  di  Carini  tra  l'en- 
tusiasmo generale  la  lettera  di  Garibaldi  del  16,  della  quale  man- 
dò copia  al  comitato  di  Palermo  e  a  molti  altri  Comuni;  poi  verso 
mezzogiorno  si  recò  nei  monti  di  S.  Martino,  dove  fu  raggiunto 
da  Salvatore  Calvino,  capitano  dello  Stato  Maggiore  di  Garibaldi, 
con  una  squadra  di  Siciliani  e  non  di  carabinieri  Genovesi,  come 
scrissero  alcuni.  Di  questa  e  d'altre  cose  e'  informa  la  seguente 
lettera  di  Rosolino  a  Pietro  Tondù  rimasto  in  Carini  per  procu- 
rare oltre  del  vettovagliamento  le  munizioni,  cioè  polvere ,  palle 
e  anche  lancie  per  chi  non  avesse  fucile: 


272  MISCELLANEA 


»  (Monti  di  S.  Martino  18  Maggio). 
Caro  Pietro, 

Le  vettovaglie  arrivarono  qui  alle  ore  17,  non  so  per  quale 
causa;  né  mi  volli  occupare  a  penetrarla.  Se  la  squadra  dei  100 
individui,  che  tu  mi  dici  avere  bene  organizzata ,  si  trova  tutta 
armata  con  fucili,  mandala  domani  presto  qui  stesso,  ove  pernot- 
teremo stanotte  ad  aria  scoverta,  perchè  per  ordine  del  generale 
Garibaldi  non  dobbiamo  abbandonare  questa  posizione,  anzi  dob- 
biamo in  diversi  modi  e  in  diversi  punti  incomodare  il  nemico. 
Si  è  venuto  ad  unire  a  noi  il  nostro  confratello  Salvatore  Calvino 
capitano  dello  Stato  Maggiore  di  Garibaldi ,  portando  seco  una 
squadra  dei  nostri  senza  denaro.  Egli  ci  coadiuverà  nelle  opera- 
zioni da  fare  e  ci  darà  dilucidazioni  —  Sento  con  piacere  i  voli 
che  si  son  fatti  per  la  munizione.  Domani  mandala  tutta  e  fa  con- 
tinuare con  maggiore  alacrità  il  lavoro.  Dal  modo  come  scrive  il 
generale  Garibaldi  è  da  credere  che  tra  stanotte  e  dimani  seguirà 
l'attacco  sopra  Monreale.  Tieni  questa  notizia  come  riserbata  par- 
te solo  e  pel  comune  e  buon  amico  Padre  Luigi  (Domingo?)  — 
Don  Giovanni  (Gorrao)  ti  saluta.  Egli  è  disceso  in  S.  Martino  se- 
guito da  molti  dei  nostri  per  far  delle  scoverte  o  per  attaccare. 

Torno  alla  squadra.  La  condizione  se  non  importa  che  non: 
devi  mandare  tutti  quelli  che  hanno  fucili.  Anzi  te  lo  raccomando 
perchè  ci  sarebbero  di  giovamento. 

Salutami  tutti  i  galantuomini  del  paese ,  che  ebbi  il  piacere 
d'avvicinare.  Rispettami  il  Gomitato.  Abbraccia  il  tuo  fratello 

Rosalino  ». 
(Arch.  di  Pai.  1.'  stanza,  n.  59). 

Garibaldi,  come  dice  nel  suo  secondo  dispaccio  del  18  al  Pilo, 
si  avanzò  verso  le  tre  pom.  per  la  via  di  Monreale  e  si  accampò 
nell'altipiano  di  Renda.  La  mattina  del  19  si  spinse  sino  alle 
primo  case  di  Pioppo  a  5  Chilometri  da   Monreale   e  di  là  scris- 


MISCELLANEA 


273 


se  al  Pilo,  evidentemente  rispondendo  a  richieste  ed   osservazioni 
di  lui  : 

•  Misero-Cannone  19  Maggio  '6u, 
Caro  Rosolino, 

Ho  risposto  alla  vostra  lettera  annessa  ai  dispacci  sequestrati  : 
non  posso  per  ora  mandarvi  munizioni  e  cannoni. 

Penso  di  marciare  verso  Monreale  nelle  ore  tarde  della  gior- 
nata. Con  la  vostra  gente  coadiuvate  il  possibile  alle  nostre  ope- 
razioni, incomodando  il  nemico  in  ogni  modo. 

Dite  ai  vostri  compagni  che  in  Lombardia  e  in  Sicilia  noi  ab- 
biamo sempre  vinto  il  nemico  che  aveva  cannoni  e  noi  no  :  che 
i  Siciliani  sanno  perfettamente  combattere  a  ferro  freddo  e  che 
in  ogni  modo  vinceremo. 

Osservate  i  nostri  movimenti  con  messi  svelti  e  sicuri  e  rego- 
latevi in  conseguenza. 

Si  stanno  confezionando  munizioni  e  subito  che  ne  avrò  delle 
pronte,  ve  ne  farò  parte. 

Salutatemi  i  vostri  bravi  compagni. 

Vostro 
G.  Garibaldi  ». 

Rosolino  dovette  riscrivergli  chiedendogli  istruzioni  e  se  Cal- 
vino, che  dal  giorno  avanti  si  trovava  con  lui,  dovesse  anche 
dipendere  da  lui.  Garibaldi  rispose  con  una  lettera  che  per  lace- 
razione del  foglio  manca  del  principio  e  della  fine: 

«  Renda  19  Maggio  '60. 

Tenersi  sopra  il  nemico  ed  ostilizzarlo  per  quanto  sia  possibile, 
senza  esporsi  seriamente  : 

Tenermi  informato  di  qualunque  cosa  e  coadiuvare  alle  no- 
stre operazioni.  Calvino  sarà  ai  nostri  ordini ,  quando  debba  di- 
pendere da  noi. 

Arch.  Star.  òVc.  N.  S.  anno  XXIV.  18 


274  MISCELLANEA 


Quando  noi  potremo  attaccare  francamente  il  nemico  —  attac- 
carlo pure  risolutamente  da  parte  vostra». 

Il  giorno  dopo  il  Pilo  ricevette  questo  dispaccio  dal  capo  di 
Stato  Maggiore  di  Garibaldi: 


«  Dal  campo  presso  Renda  sulla  via  di  Monreale 
ore  2  poni,  del  20  Maggio  1860. 


(Pressantissimo).  D'ordine  del  Generale  :  Ella  marcerà  solleci- 
tamente con  le  forze  delle  quali  dispone  sopra  S.  Martino,  affine 
di  cooperare  col  Generale  che  opera  sopra  Monreale.  Gol  messo 
stesso  che  reca  quest'ordine  e  con  altri  messi  sicuri,  tosto  che  ri- 
ceverà questa  lettera,  renda  avvisato  il  Generale  del  quando  può 
giungere  con  le  sue  forze  a  S.  Martino ,  con  quali  forze  vi  può 
giungere  e  a  quale  ora  può  cooperare  sopra  Monreale  e  in  qual 
modo. 

Faccia  seguire  i  primi  avvisi  a  misura  che  avanzano  le  sue 
forze  e  principalmente  dopo  l'arrivo  a  S.  Martino. 

Sirtori  » . 

Al  signor  Rosolino  Pilo  a  Carini 

0  dovunque  trovasi  (il  messo  recherà  la  risposta) 

S.  P.  M. 

Il  Pilo,  appena  ricevuto  questo  dispaccio,  ordina  a  Pietro  Ton- 
dù  in  Carini  che  venga  con  tutte  le  forze  o  le  mandi  sotto  qual- 
che capo  fidatissimo  : 

e  Monti  di  S.  Martino  li  20  Maggio. 

(Riserbatissimo)        Carissimo  Pietro, 

In  vista  bisogna  che  le  masse  facciano  mossa  pel  monastero  di 
S.  Martino.  Il  generale    Garibaldi   1'  ha  ordinato  e  bisogna   ubbi- 


MISCELLANEA  275 


(Jirlo  subito  subito.  Disponi  quindi  che  le  squadre  di  costì  vengano 
subito  portando  le  munizioni  e  procura  tu  di  far  aumentare  le 
braccia  per  continuare  la  fabbricazione. 

Se  tu  credi  che  per  riuscirvi  e  per  badare  ancora  alla  fabbri- 
cazione delle  lancie  sia  necessaria  la  tua  presenza,  restati,  pur- 
ché la  marcia  venga  affidata  a  persone  energiche  e  bene  inten- 
zionate. 

Io  affido  a  te  questa  interessantissima  incombenza ,  essendo 
troppo  necessario  che  essa  venga  senza  la  menoma  remora  adempita. 

Bosaiino  Pilo  > 

In  questa  lettera  sono  di  pugno  del  Pilo  la  sola  firma  e  le 
parole  subito  subito  aggiunte  lateralmente  al  testo.  Il  Tondù  ri- 
cevuta la  lettera  si  pose  subito  in  marcia  e  giunse  al  monastero 
di  S.  Martino  circa  le  9  pom.  Ma  poco  dopo  la  mezzanotte  riparti 
alla  volta  del  campo  di  Renda. 

Dopo  il  suo  arrivo  Rosolino  spedi  questo  dispaccio  : 

«  S.  Martino  20  Maggio  oro  iO  pom. 

Arrivato  qui  con  250  uominL 

Domattina  richiamerò  Gorrao  coi  150  uomini  dal  monte  della 
Neviera. 

Le  altre  spero  che  arriveranno  tra  stanotte  e  domani  di 
buon'  ora. 

Al  monastero  di  Valverde  nd'la  jslrada  di  Monreale  ad  un  mi- 
glio da  Palermo  4  grossi  cannoni  mascherati. 

Al  Generale  GarihaldL 

Rosalino  Pilo  ». 

Nella  lettei'a  al  Tondù  «i  maaifesta  l'impeto,  che  Rosolino  met- 
teva in  tutte  le  sue  cose  e  in  questo  dispaccio  fatto  cosi  concisa- 
mente e  nel  quale  è  pure  di  Rosolino  la  sola  firma ,  si  rivela 
oltre  la  stanchezza  forse  anche  l'ansia  di  chi  si  approssima  ad 
•una  pruova  decisiva.  La  *i^nora  White-Mario  nella    Vita  di  Ga- 


276  MISCELLANEA 


ribaldi  dice  che  Rosolino  in  quel  giorno  scrisse  alla  donna,  che 
amava  :  «  Questa  sera  mi  congiungo  con  Garibaldi,  se  le  palle  mi 
rispettano»  Egli  comprendeva  la  difficoltà  della  pugna  imminente, 
ma  con  Garibaldi  era  sicuro  della  vittoria  ;  e  forse  già  pregustava 
l'ebbrezza  del  trionfo  e  pensava  con  orgoglio  alla  donna  amata.. 
Ma  il  fato  si  apprestava  a  colpirlo. 

Il  monastero  di  S.  Martino,  che  si  dice  uno  dei  sei  conventi 
fondati  in  Sicilia  dal  Papa  Gregorio  I  nel  secolo  VI,  è  uno  splendido 
edificio,  che  sorge  a  12  Chilometri  all'ovest  di  Palermo,  sulle  pen- 
dici occidentali  d'una  vasta  vallata  interrotta  da  numerosi  monti 
e  valli  minori  e  cinta  di  alte  montagne  per  tutti  i  lati,  salvo  al- 
l'est dalla  parte  di  Palermo,  dove  ha  più  largo  orizzonte.  La  val- 
lata è  limitata  al  nord  dal  monte  Cuccio  e  dalle  sue  diramazioni 
occidentali,  all'ovest  dalla  Serra  dell'Occhio,  al  sud  dal  Castel- 
laccio  e  dal  monte  Meta,  il  cui  punto  più  alto  si  chiama  Pizzo  di 
Giardinello  (m.  870).  Quest'ultima  catena  divide  la  valle  di  S.  Mar- 
tino dalla  città  di  Monreale;  la  Meta  col  Pizzo  di  Giardinello  do- 
mina dal  lato  sud  la  strada  che  da  Monreale  va  a  Pioppo  e  al- 
l'altipiano di  Renda  e  dal  lato  ovest  la  così  detta  Vallecorta,  che 
divide  la  Meta  dal  monte  Boarra  e  dal  Monte  di  Mezzo,  che  può 
dirsi  una  diramazione  del  Boarra  fìancheggiante  la  Vallecorta. 
Dal  Pizzo  di  Giardinello  si  dirama  verso  il  monastero  di  S.  Mar- 
tino, nelle  cui  vicinanze  finisce,  un  altro  monte  di  altezza  poco 
minore,  che  si  chiama  monte  della  Neviera,  Ad  esso,  come  an- 
cora alla  Serra  dell'  Occhio  e  alle  altre  elevazioni  vicine  al  mo- 
nastero, si  dà  il  nome  generico  di  Monti  di  S.  Martino. 

La  mattina  del  21  Maggio,  mentre  l'accampamento  dei  Mille 
era  ancora  nell'altipiano  di  Renda,  gli  avamposti  Garibaldini  si 
stendevano  sino  alle  falde  del  Boarra  sull'  ingresso  meridionale 
della  Vallecorta  in  un  luogo  chiamato  Lenzitti,  a  due  chilometri 
da  Monreale.  Le  falde  del  Boarra  erano  occupate  dalla  squadra 
di -Piana  dei  Greci  comandata  da  Pietro  Piediscalzi.  Questa  squa- 
dra dopo  la  notizia  ricevuta  il  giorno  12,  come  narrammo,  nell'ex- 
feudo  Oallardo,  s'era  incamminata  per  Corleone,  dove  il  giorno  13 
fu  ricevuta  ti'ionfalmente.  «  Le  grida  di  viva  l'Italia,  viva  Gari- 
baldi si  ripetevano  per  ogni  strada,  per  ogni  vicolo.  Fra  quel  tur- 
bine di  ovazioni  udivasi  pure  il  nome  di  Pietro  Piediscalzi,  il 
quale  alz;t''>  ^nllo  braccia  fu  condotto  in  trionfo  da  un    immenso 


MISCELLANEA  277 


popolo  frenetico  di  gioia ,  che  lo  precedeva,  lo  fiancheggiava,  lo 
seguiva  chiamandolo  il  vero  propugnatore  della  libertà».  (G.  Petta, 
Piana  dei  Greci  nella  rivoluzione  del  '60).  Il  giorno  17  torna- 
rono alla  Piana  e  vi  combattettero  una  colonna  nemica  che  ve- 
niva da  Parco.  La  mattina  del  18  la  squadra  si  presentò  a  Gari- 
baldi in  Partinico,  fu  passata  a  rassegna  dal  colonnello  Giacinto 
Carini  e  col  nome  di  Cacciatori  dell'Etna  destinata  agli  avampo- 
sti di  Lenzitti.  Ma  mentre  si  pensava  di  assalire  il  nemico,  si  fu 
all'improvviso  da  esso  assaliti. 

Il  giorno  20  i  comandanti  borbonici  deliberano  di  prendere 
l'offensiva,  e  la  mattina  del  21  si  fanno  avanti.  Bisognava  assalire 
l'avanguardia  garibaldina  e  per  essere  sicuri  alle  spalle  disper- 
dere le  squadre  dei  monti  di  S.  Martino.  I  Borbonici  procedono 
in  tre  colonne,  partite  due  da  Monreale  (centro  ed  ala  sinistra) 
ed  una  da  Palermo  (ala  destra);  quella  del  centro  si  avanza  di 
buon  mattino  ad  occupare  le  cime  del  monte  Meta  e  il  Giardi- 
nello  ed  oltrepassando  la  Vallecorta  occupa  anche  il  monte  di 
Mezzo  e  in  pai'te  la  cresta  del  Boarra.  Questa  colonna  dal  Giar- 
dinello  apre  il  fuoco  con  colpi  rari  e  riparata  da  un  muro,  che 
ivi  sorgeva  per  divisione  di  proprietà,  è  quasi  invisibile.  G'insorti, 
-che  rispondono  arditamente  e  s'avanzano  cautamente  verso  il  Giar- 
dinello,  potettero  credere  d'aver  vinto  o  respinto  il  nemico.  Gl'in- 
sorti si  stendevano  dal  lato  della  valle  di  S.  Martino  sui  fianchi 
della  Meta  dalla  Neviera  sino  al  Montecristo ,  eh' è  un  poggio 
dominante  la  Portella  di  S.  Martino  cioè  il  passo  che  conduce  da 
Moni*eale  a  questa  valle  e  pel  quale  si  credeva  che  s'  avanzereb- 
bero i  nemici.  Ma  questi  invece  avevano  occupato  le  cime  dei 
monti  e  soprastavano  alle  squadre.  Il  Pilo  all'alba  del  21  aveva 
richiamato  Coi'rao  al  monastero  di  S.  Martino  ;  ma  appena  scam- 
biati i  primi  saluti,  corse  la  voce  che  il  nemico  si  avanzava,  onde 
Corrao  ritornò  di  corsa  al  suo  posto  sul  Montecristo  e  poco  dopo 
Pilo  e  Calvino  salirono  la  Neviera  con  tutte  le  loro  forze.  Frat- 
:tanto  s'avanzano  le  colonne  laterali  nemiche,  l'una  verso  S.  Mar- 
itino minacciante  di  girare  la  Neviera,  l'altro  dal  lato  di  Monreale 
per  assalire  le  squadre  sulle  falde  del  Boarra  e  tagliar  loro 
sia  ritirata  verso  Renda.  Allora  suona  nelle  file  borboniche  la 
tromba  ordinante  il  fuoco  :  la  truppa  accumulata  sul  Giardinello 
•e  sulla  Meta  esce  dai  suoi  rioari  e   comincia    un   terribile   fuoco 


à78  MISCELLANEA 


di  fila  :  una  pioggia  di  piombo  cade  sulla  cresta  della  Neviera  e 
del  Montecristo,  mentre  dall'alto  del  Castellaccio  a  distanza  tuona 
il  cannone.  Pilo  certo  non  s'aspettava  d'  essere  assalito  da  forze 
così  imponenti.  Le  sue  squadre  erano  nell'impossibilità  di  resistere 
a  un  fuoco  così  nutrito  e  a  tanti  nemici  che  sempre  più  s'  avvi- 
cinavano di  fronte  e  alle  spalle,  cioè  dalle  vette  della  Meta  e  del 
Giardinello  e  dalla  valle  di  S.  Martino.  Il  Pilo  vestito  da  borghe- 
se, salvo  che  portava  una  sciarpa  tricolore  ed  un  berretto  con 
striscia  che  lo  indicavano  comandante,  gridava  ai  suoi  :  «  corag- 
gio, fratelli,  eora.k'Lrio  contro  i  satolliti  della  tirnrini.le.  Dobbiamo 
liberare  la  patria.  Viva  l'Italia  una  ».  Le  squadre  non  potevano 
retrocedere  a  S.  Martino,  verso  cui  s' avanzavano  i  Cacciatori 
borbonici;  non  potevano  scendere  nella  Vallecorta.  senza  esporsi 
come  bersaglio  al  fuoco;  non  potevano  difendere  a  lungro  le  loro 
posizioni,  anzi  nemmeno  dispiegare  le  loro  forze,  perchè  dominate 
da  nemici  più  in  alto  e  più  numerosi.  Il  pericolo  non  poteva 
superarsi  senza  un  soccorso.  Rosolino  risolve  di  scrivere  a  Ga- 
ribaldi e  frattanto  resistere  disperatamente.  Egli  sul  Pizzo  cioè 
sul  punto  più  alto  della  Neviera,  seduto  sul  terreno  in  pendio, 
riparato  da  due  roccie  disposte  quasi  ad  angolo  e  da  un  rialzo 
intermedio  di  terra  scriveva  in  un  foglio  sul.  ginocchio  rial- 
zato, quando  una  palla  rimbalzando  da  una  delle  due  roccie  lo 
colpì  nella  testa  e  penetrò  nella  cavità  del  cranio.  Si  piegò 
su  se  stesso,  quindi  cadde  rovesciato  a  terra  dando  in  forti  con- 
vulsioni. Accorsero  i  suoi  per  assisterlo  e  poco  dopo  presolo 
per  le  gambe  e  per  le  spalle  lo  portarono  giù  dal  Pizzo  con  l'iri- 
tenzione  di  trasportarlo  al  monastero.  Ma  in  meno  di  duo  ore 
spirò.  Non  aveva  ancora  quarant'anni,  essendo  nato  in  Palermo 
la  notte  del  12  Luglio  1820.  All'appressarsi  sempre  più  incalcante 
del  nemico,  gli  squadriglieri  accortisi  che  il  comandante  era  spi- 
rato non  pensarono  che  a  salvarsi  e  deposero  il  cadavere  lateral- 
mente a  una  casetta,  che  chiude  l'ingresso  d'un  magazzino  di  neve. 
Potevano  essere  le  9  antimeridiane. —All'alba  dello  stesso  giorno 
un'avanguardia  borbonica  aveva  assalito  alle  falde  del  Boarra  le 
squadre  di  Piana  dei  Greci.  Sulle  prime  fu  respinta,  ma  poi  tor* 
nata  con  forzo  maggiori  sopraffece  le  squadre ,  che  spei-arono  di 
salvarsi  per  la  Vallecorta,  forse  non  credendola  occupata  dai  ne- 
mici ;  ma  mentre  Pietro  Piediscalzì  tentava  questa  via,  infondendo- 


MISCELLANEA 


279 


col  suo  esempio  fermezza  e  coraggio  ai  seguaci,  colpito  da  una 
palla  al  petto  rimase  all'istante  cadavere. 

La  leggenda,  che  accompagnò  il  Pilo  nella  sua  traversata  della 
Sicilia,  continuò  anche  intorno  la  sua  morte.  Si  disse  ch'egli  por- 
tava una  cintura  piena  di  monete  d'oro,  che  avrebbero  eccitata 
la  cupidigia  di  qualcuno  delle  squadre,  il  quale  o  per  questo  mo- 
tivo 0  per  essere  stato  duramente  riproso  dal  Pilo  di  qualche  sua 
rapina  o  d'altro  avrebbe  concepito  odio  feroce  ed  effettuato  nella 
confusione  del  combattimento  il  proposito  omicida.  Un  mio  amico 
di  vasta  cultura  e  d'ingegno  arguto  mi  disse  ch'egli  aveva  girato 
gran  parte  dei  giardini  Palermitani,  dove  lavoravano  molti  delle 
squadre  del  '60,  per  appurare  il  vero  della  morte  del  Pilo  e  che 
le  loro  relazioni  erano  quasi  concordi  che  la  morte  fosse  dovuta 
al  tradimento  di  qualcuno  dei  tanti  mafìusi ,  che  facevano  parte 
delle  squadre.  .Ma  questi  racconti  per  quanto  diffusi  debbono  asso- 
lutamente rigettarsi  ;  essi  mostrano  solo  che  la  scomparsa  improv- 
visa d'un  uomo  eminente  nel  punto,  in  cui  sembrava  elevarsi  a 
maggiori  destini,  impressiona  il  popolo,  che  spiega  la  catastrofe 
col  delitto.  Le  voci  poi  di  tradimento  da  parte  del  Corrao,  l'indi- 
visibile compagno  di  Pilo,  fanno  parte  della  nefanda  gazzarra,  con 
cui  l'ignobiltà  umana  tentò  di  gettare  il  fango  sulle  più  alte  fi- 
gure del  risorgimento  nazionale. 

Fu  Rosolino  di  statura  media,  di  complessione  piuttosto  smilza, 
con  capelli  biondo-chiari  ch'egli  usava  di  portare  lunghi  e  a  zaz- 
zera, e  con  barba  rada  e  tendente  al  rossiccio.  La  sua  salute  ave- 
va sempre  degli  alti  e  dei  bassi.  Soffriva  attacchi  nervosi ,  colpi 
al  cervello  ed  era  minacciato  spessissimo  di  dolori  allo  stomaco. 
Con  tutto  questo  sembrava  incapace  di  riposo  e  di  scoi'aggiamento. 
Instancabile  nell'eccitare  ed  oi-ganizzare  moti  favorevoli  alla  causa 
nazionale,  pronto  sempre  ad  esporsi  a  tutti  i  rischi  era  della 
scuola  di  quelli  che  credono  doversi  tirare  contro  il  nemico  sin 
l'ultimo  colpo:  forse  ò  quello  che  l'ucciderà.  Irremovibile  nei  suoi 
propositi,  imperturbabile  nei  maggiori  pericoli,  devoto  alla  gran- 
dezza della  patria,  egli  testimonia  onorevolmente  d'  una  genera- 
zione la  quale  ebbe  quello  che  e  prima  e  dopo  sembrò  mancare 
agl'Italiani,  il  carattere. 

Morirono  con  Rosolino  Pilo  sulla  Neviera  Salvatoi-e  Pellitteri 
di  Boccadifalco  e  Cristoforo  Caruso  di  Terrasini,  che  feriti  grave- 


280  MISCELLANEA 


mente  non  potettero  fuggire  e  furono  finiti  dai  nemici  soprag- 
giunti. Con  Piediscalzi  poi  nella  Vallecorta  moi'ì  Giuseppe  Taglia- 
via  Palermitano.  I  borbonici  alla  loro  volta  ebbero  due  soldati 
morti  e  sei  feriti. 

Il  22  Maggio  il  Luogotenente  generale  scrive  a  Napoli  :  «  Una 
persona  spedita  come  esploratore  fra  le  bande  che  osteggiavano 
ieri  le  Reali  Truppe  sui  monti  di  Monreale,  di  ritorno  ha  riferito 
che  i  filibustieri  di  Garibaldi  accampati  a  6  miglia  da  quella  città 
non  pigliarono  parte  al  combattimento  e  che  meglio  di  2,000  era- 
no gl'insorti  che  furono  attaccati  dalle  Reali  Truppe.  Li  capita- 
nava il  notissimo  Rosolino  Pilo  Gioeni,  che  fu  ucciso  nel  combat- 
timento 0  spogliato  delle  sue  vestimenta  dagli  stessi  faziosi  e  la- 
sciato nudo  sulle  roccie.  Gl'insorti  ebbero  sette  uccisi  e  parecchi 
feriti  e  dei  prigionieri  >•.  (Filza  1238,  n.  54). 

Di  c*inque  degli  uccisi  abbiamo  riferito  i  nomi.  Ma  dobbiamo 
ancora  intrattenerci  della  morte  del  Pilo. 


VII. 


Chi  dal  monastero  di  S.  Mai'tino  sale  il  monte  della  Neviera 
dopo  una  mezz'ora  giunge  ad  un'amena  valletta,  dove  vi  sono  due 
poveri  fabbricati,  l'uno  per  custodia  dell'  ingresso  del  magazzino 
di  neve,  che  dà  il  nome  ;il  monte,  e  l'altro  per  deposito  degli  at- 
trezzi da  lavoi'o.  Salendo  da  questa  valletta  nella  direzione  del 
Pizzo  di  Giardinello  si  giunge  al  Pizzo  della  Neviera,  cioè  al  punto 
più  alto  di  essa.  In  questo  Pizzo  fra  due  roccio  calcaree  sporgenti 
e  un  rialzo  di  terra  vi  è  un  riparo  che  sembra  sicurissimo,  per- 
chè chiuso  da  tutti  i  lati,  salvo  da  quello  del  monastero  e  del  ma- 
gazzino. In  (juel  riparo  Rosolino  scriveva  a  Garibaldi,  quando  una 
palla  partita  dal  Pizzo  di  Giardinello  colpi  la  roccia  e  rimbalzan- 
do colpì  Rosolino  alla  testa.  La  posizione  e  1'  esame  dei  luoghi 
esclude  assolutamente  che  Rosolino  sia  stato  colpito  da  altra  [)alla 
che  da  una  di  quelle  partito  dal  Giardinello  o  per  soprappiù  di 
rimbalzo.  La  voce  assai  diffusa  ch'egli  sia  stato  ferito  alla  nuca  sem- 
bra una  pruova  del  tradimento  a  chi  non  conosce  i  luoghi;  ma 
precisamonle  alla  nuca  poteva  essere  ferito  ye  la  palla  era  bor- 
bonica, perchè  il  Pilo  nel  descritto   riparo    volgeva    le  spalle  al 


MISCELLANEA  281 


Gìardinello,  donde  sparavano  i  nemici.  Io  però  credo  che  fu  col- 
pito poco  sopra  la  tempia  sinistra,  come  assicura  chi  A'ide  il  ca- 
davere; il  che  coincide  pienamente  con  le  circostanze  sopra  de- 
scritte. Uno  dei  suoi  non  gli  poteva  tirare  se  non  facendosi  aper- 
tamente vedere  da  tutti,  il  che  nessuno  afferma  che  sia  avvenuto. 
Solo  si  dice  che  qualcuno  delle  squadre  fingendo  di  sbagliare  tirò 
nella  direzione  del  comandante.  Ma  questo  non  è  possibile,  perchè 
dovendo  gli  squndriglieri  sparare  nella  direzione  del  Giardinello, 
nemmeno  vedevano  il  comandante  nel  ripai'o  descritto:  chi  di 
loro  voleva  colpirlo  doveva  collocarsi  in  tale  posto  e  maniera 
da  non  lasciare  nessun  dubbio  sulle  sue  intenzioni.  Ora,  come  ho 
detto,  nessuno  afferma  qjesto.  In  quello  spazio  fra  le  due  roccie 
Palermo  dovrebbe  innalzare  una  stela  o  porre  una  lapide  al  suo 
eroico  figlio,  anzi  sulla  roccia  stessa  ,  che  fu  veicolo  di  morte, 
scolpire  la  gloria  dall'instancabile  campione  della  libertà  ed  unità 
d'Italia. 

Caduto  il  comandante,  accorsero  i  suoi,  come  dicemmo,  e  poco 
dopo  presero  a  trasportarlo  giù  dalla  cima  del  monte.  Ma  giunti 
presso  la  casipola  della  neviera,  vedendo  il  comandante  già  morto 
e  1  nemici  vicini  abbandonarono  il  cadavere  a  lato  del  muro  della 
casipola  fra  le  alte  ortiche,  ai  raggi  del  sole  cocente;  e  prosegui- 
rono la  discesa  per  salvarsi.  Giovanni  Corrao  e  Salvatore  Calvino, 
che  durante  il  combattimento  avevano  in  tutti  i  modi  coadiuvato 
il  Pilo,  gli  tolsero  la  sciarpa  tricolore,  l'orologio  e  il  portafoglio 
per  consegnarli  alla  famiglia  ,  lasciandolo  cogli  altri  panni  che 
aveva  indosso.  Sopraggiunti  i  nemici,  spogliarono  il  cadavere 
e  sfondata  la  porta  della  neviera  gettarono  su  di  esso  quel  tritu- 
me di  paglia  e  di  neve  che  vi  era  e  gli  fecero  altri  sfregi.  Fi'at- 
tanto  gli  squadriglieri  in  ritirata  giunti  al  fondo  della  stretta  valle 
cominciarono  a  salire  il  monte  opposto  eh'  è  la  Serra  dell'  Oc- 
chio :  e  i  soldati  dall'alto  delle  loro  posizioni  avrebbero  potuto 
farne  strage,  se  per  pietà  o  per  stanchezza  non  avessero  tirato  in 
aria  o  a  sola  polvere.  Verso  le  11  ogni  combattimento  era  finito. 
Poche  ore  dopo  l'abate  del  monastero.  Luigi  Castelli ,  mandò  sul 
monte  tre  suoi  inservienti  per  prendere  e  seppellire  i  morti  ;  e 
Kjuelli  trovatoli  cadavere  di  Rosolino  lo  riposero  dentro  una  cassa, 
che  avevano  recato  con  se  e  lo  portarono  all'abazia,  dove  fu  de- 
posto la  sera  stessa  del  21  nella  tomba  di  mezzo  detta  di  San 
-Gregorio. 


282  MISCELLANEA 


Sopraggiunta  la  notte,  le  squadre  si  dispersero  e  Corrao  si  ri- 
fugiò a  Montelepre,  che  dista  circa  due  ore  di  cammino. 

Garibaldi  avendo  visto  quella  mattina  il  nemico  spingersi  avanti 
per  la  cresta  del  Boarra  sino  a  Pioppo,  capì  ch'esso  non  intendeva 
più  di  tenersi  sulla  difensiva.  E  credendo  ancora  il  Pilo  in  vita, 
gli  scrisse  questa  lettera,  di  cui  la  sola  firma  è  autografa,  mentre 
le  altre  già  riportate  sono  interamente  di  mano  di  Garibaldi  : 

«  Misero  Cannone  21  Maggio  '60. 

Caro  Rosolino, 

Ciò  che  fece  il  nemico  questa  mattina  non  è  che  una  rico- 
gnizione. 

Da  parte  vostra  continuate  ad  ostilizzare  ed  allarmare  il  ne- 
mico quanto  è  possibile. 

Dite  poi  ai  nostri  picciotti  che  se  vogliono  andare  a  Palermo 
e  liberare  il  loro  paese,  si  conformino  a  far  la  guerra  provvisti 
di  tutto  qualche  volta  e  mancanti  di  tutto  qualche  altra. 

Vostro 
G.  Garibaldi  ». 

Quando  poi  seppe  la  morte  di  Rosolino  ne  fu  molto  addolorato. 
Ma  subito  considerò  che  dopo  la  ricognizione  di  quel  giorno  il 
nemico  (ramai  assicurato  alle  spalle,  forte  di  numero  e  ben  ar- 
mato sarebbe  forse  venuto  il  giorno  appresso  ad  assalirlo  nel  sua 
stesso  accampamento  di  Renda  occupando  prima  i  monti  che  lo 
dominano.  Perciò  fedele  alla  sua  massima  di  assalire  francamente 
a  tempo  opportuno  e  di  non  esporsi  seriamenU:  in  condizioni 
sfavorevoli  ;  persuaso  che  la  sua  superiorità  consisteva  princi- 
palmente in  una  mobilità  occulta ,  che  sconcertava  tutti  i  dise- 
gni del  nemico,  al  quale  appariva  di  sorpresa;  ordina  nelle 
ore  pomeridiane  la  levata  del  campo ,  procede  nel  colmo  della 
notte  per  istrnde  disastrose  sino  a  Parco,  dove  giunge  la  mattina 
seguente  f  di  là  scrive  a  La  Masa  ,  che  ordinava  il  cami)o  di 
Oibil rossa  : 


MISCELLAKKA 


'283 


«  Parco  22  Maggio  1860. 

Abbiam  marciato  tutta  la  notte  con  un  tempo  d'inferno  e  stra- 
da consimile.  —  Siam  qui,  mi  piace  la  posizione  e  procureremo  di 
sostenerla  fino  a  prendere  1' ofTensiva.  —  Inquieteremo  il  nemico 
più  che  potremo  —  farete  lo  stesso  da  parte  vostra  e  mi  darete 
vostre  nuove.  Addio,  caro  amico. 

G.  Garibaldi  ». 

Al  Tondù,  che  aveva  raggiunto  1'  accampamento  Garibaldino, 
il  Dittatore  rilascia  queste  istruzioni,  scritte  tutte  di  sua    mano  : 

^  Parco  22  Maggio  1860. 

Il  Comandante  Pietro  Tondù  è  autorizzato  a  riunir  gente  ar- 
mata --  per  ostilizzare  i  nemici  in  qualunque  modo  possibile. 

Egli  deve  requisire  dalle  Autorità  locali  tutto  quanto  abbiso- 
gna per  mantenere  e  vestire  la  sua  genie — documentando  le 
stesse  con  regolarità. 

Egli  deve  mantenersi  possibilmente  in  continua  relazione  col 
mio  quai'tiere  generale  —  avvertendomi  di  qualunque  cosa  che 
possa  importare. 

Egli  deve  tenere  contfnuamente  dei  piccoli  distaccamenti  sul 
nemico  per  incomodarlo  —  particolarmente  di  notte  —  tagliando  le 
sue  comunicazioni,  convoglio  etc. 

Procurerà  poi  soprattutto  di  dare  la  maggiore  regolarità  e  di- 
sciplina possibile  alla  gente  che  comanda — reprimendo  qualunque 
furto,  violenza,  etc. 

G.  Garibaldi  ». 
(Arch.  di  Pai.  l''  Stanza,  n.  50). 

Non  mi  resta  che  di  dare  una  notizia  di  Corrao.  Rifugiatosi  a 
Montelepre  dopo  il  combattimento  della   Neviera,  in    duo   giorni 
rifece  le  squadre   che  s'erano   sbandate   e   tornò  a  stabilirsi  alla 
casa  del  Monaco  nell'Inserra,  dove  era  stato  un  quindici  giorni  cori' 
Pilo.  Occupò  Montecuccio  e  i  colli  vicini  ed  ogni   sei*a  vi   faceva. 


284  MISCELLANEA 


accendere  un  centinaio  di  fiaccole.  Il  '27  Maggio  alle  tre  pomeri- 
diane arrivò  a  lui  una  staffetta  del  Dittatore,  il  quale  la  mattina 
era  entrato  a  Palermo  da  Porta  Termini.  La  staffetta  consegnò  a 
Corrao  un  dispaccio,  col  quale  gli  si  ordinava  di  scendere  per  le 
B  antimeridiane  del  giorno  appresso  alle  porte  di  Palermo ,  ma 
senza  farne  accorti  i  nemici  e  gli  stessi  suoi.  Corrao  nel  colmo 
della  notte  scende  in  silenzio  verso  Palermo,  ancora  per  tre  quarti 
in  potere  dei  borbonici,  finche  nello  stradone  dei  Lolli  incontrò 
il  nemico.  S'impegna  un  vivo  fuoco  :  cadono  il  portabandiei'a  ed 
altri  militi  del  Corrao  ;  ma  egli  fa  occupare  le  case  dirimpetto  la 
caserma  di  S.  Francesco  di  Paola,  vi  apre  delle  feritoie,  fa  tirare 
all'improvviso  sulla  truppa  accampata  nelle  vicinanze  della  ca- 
serma. Il  nemico  è  volto  in  fuga,  la  caserma  è  presa  d'assalto  e 
il  passo  per  entrare  nella  città  rimane  libero.  Corrao  vi  manda 
metà  della  sua  gente,  ma  prevede  che  il  nemico  tornerebbe  alla 
riscossa;  onde  fece  barricare  una  parte  del  Corso  Olivuzza,  occu- 
pare le  case  all'intorno  ed  egli  si  stabilì  nel  palazzo  Butera  (Flo- 
rio). Infatti  non  molto  dopo  per  lo  stradone  dei  Lolli  si  avanzano 
gridando  forti  colonne  borboniche,  che  ingannate  dalla  scarsa  luce  e 
dal  silenzio  giungono  assai  dappresso  alla  squadra  appostata.  Ma 
-colpite  da  scariche  di  moschetteria  si  danno  alla  fuga:  subito  do- 
po però  ritornano  due  altre  volte  all'assalto.  La  quarta  volta  ven- 
nero con  l'artiglieria,  le  cui  granate  scoppiavano  dentro  le  abita- 
zioni; ma  infine  dopo  un'ora  si  ritrassero  definitivamente.  Allora 
Corrao  ferito  d'una  scheggia  nella  fronte  entrò  vittorioso  in  Pa- 
lermo da  Porta  Macqueda  la  mattina  del  28  Maggio,  quasi  dal 
-lato  opposto  per  cui  era  enti-ato  Garibaldi. 

G.  Paolucci. 


DI  UN  CODICE  DELLE  CONSUETUDINI  E  DEI  PRIVILEGI 

DELLA  CITTÀ  DI  MESSINA 


Il  signor  Giacomo  Rosenthal  libraio  in  Monaco  di  Baviera,  nel- 
l'or trascorso  marzo,  offerse  alla  biblioteca  dell'Archivio  di  Stato 
in  Palermo,  un  codice  in  velino  (cosi  egli)  del  secolo  XIII,  ricca- 
meìite  miniato,  con  rilegatura  del  tempo ,  contenente  le  consue- 
tudini e  i  privilegi  della  città  di  Messina,  domandandone  il  prezzo 
di  L.  3000. 

La  Direzione  dell'Archivio,  non  essendo  in  grado  di  far  tanta 
spesa,  ne  suggerì  1'  acquisto  alla  Deputazione  della  nostra  Biblio- 
teca comunale,  la  quale,  adusata  a  non  lasciarsi  mai  sfuggire  oc- 
casione di  comprar  manoscritti  e  stampati  antichi  che  abbiano 
attenenza  con  la  Sicilia,  e  con  la  sua  storia,  chiese  in  esame  il 
codice  succennato,  bene  intendendo,  che  pur  fatta  qualsivoglia  tara 
alle  notizie  fornite  dal  venditore,  doveva  esso  codice  sempre  avere 
un  pregio  incontestabile.  Imperocché  per  quanto  il  testo  delle  Con- 
suetudini messinesi  sia  ben  noto  per  le  numerose  stampe  fattesene 
perfino  dagli  ultimi  anni  del  secolo  XV,  egli  è  pur  vero  che  i 
manoscritti  che  se  ne  conoscono  ,  non  vanno  più  indietro  del  se- 
colo XVI.  Dei  privilegi  originali  si  sa,  che  Messina  ne  fu  spogliata 
dal  viceré  Conte  di  Santostefano,  e  che  un  sol  codice  del  sec.  XV 
nel  quale  trovansi  tutti  raccolti,  si  possiede  dall'Accademia  di  Sto- 
ria di  Madrid  (Carini  ,  Gli  Archivi  e  le  Biblioteche  di  Spagna, 
I,  i  18-120;  II,  258-265).  Non  mancano  trascrizioni  di  tempi  poste- 
riori, come  non  mancano  stampe  dei  delti  documenti  alla  spiccio- 
lata ;  ma  un  codice  che  tutti  quei  documenti  insieme  riunisse,  e 
che  rimontasse,  siccome  asserivasi,  al  secolo  XIII,  e  magari  al  se- 
colo XIV,  sarebbe  veramente  prezioso. 


286  MISCELLANEA 


Il  codice,  gentilmente  trasmesso  dal  signor  Rosenthal,  fu  preso 
in  esame;  e  fu  rilevato  anzitutto  non  trattarsi  veramente  di  co- 
tlice  in  velino,  ma  in  semplice  pergamena.  Fu  rilevato  altresì  che 
il  documento  di  data  più  recente  in  esso  contenuto,  è  del  30  lu- 
glio Mf7,  e  che  mancano  al  testo  delle  Consuetudini  1  due  ultimi 
capitoli  che  nelle  stampe  portano  la  data  del  15  aprile  1519.  Fu 
finalmente  riconosciuto,  che  la  rilegatura  non  è  1'  originale ,  ma 
soprapposta,  il  che  vien  dimostrato  dal  fatto  che  i  margini  del 
codice,  appunto  per  tal  soprapposizione,  furono  leggermente  ri- 
tagliati. 

Siffatti  rilievi  furono  comunicati  al  libraio  offerente,  al  quale 
fu  dichiarato  che  non  s'intendeva  pagare  un  prezzo  superiore 
alle  L.  1500,  cifra  che  fu  finalmente  concordata  in  L.  2000.  Chi  ha 
conoscenza  dei  prezzi,  per  dir  cosi,  favolosi,  che  pagansi  per  acqui- 
stare dei  codici  membranacei  miniati ,  non  troverà  poi  eccessivo 
quello  di  già  convenuto,  trattandosi  eziandio,  nella  specie,  di  un 
codice  che  off're,  per  avventura,  il  più  antico  testo  delle  celebrate 
Consuetudini  messinesi,  e  dei  non  meno  famosi  privilegi  di  quella 
nobile  città.  E  perchè  meglio  se  ne  intenda  l' importanza,  noi  ne 
indicheremo  qui  appresso  minutamente  il  contenuto. 

Gli  amministratori  della  Biblioteca  si  rivolsero  all'Ili. mo  signor 
Sindaco,  che  è  bensì  Presidente  della  Deputazione  della  medesima, 
sollecitandolo  a  provocare  dall'onorevole  Giunta  Municipale  l'as- 
segnamento in  favore  della  Biblioteca  di  una  somma  eguale  al 
prezzo  convenuto.  A  corroborare  la  loro  istanza  essi  han  fatto 
osservare,  che  la  Biblioteca  ha  dovuto  recentemente  sottostare  a 
apese  considerevoli  per  la  riproduzione  dei  tetti  dei  due  grandi 
saloni  superiori,  in  parte  crollali  ed  in  parte  minaccianti  rovina; 
non  che  per  altre  opere  accessorie.  D'altro  canto  egli  è  noto  come 
gli  assegni  stanziati  nel  bilancio  della  città  per  pagare  gli  stipendi 
agl'impiegati  della  Biblioteca,  e  per  l'acquisto  di  nuovi  libri,  sono 
stati  da  qualche  anno  ridotti,  causa  le  iatture ,  antiche  e  recenti 
soflferte  dalla  comunale  azienda;  e  la  Deputazione  pur  facendo 
presente  il  danno  da  tali  riduzioni  derivato,  si  è  suo  malgrado, 
rassegnata  a  subirle. 

Ma  nel  ca.so  presente  e-ssa  è  tornata,  né  cesserà  dallo  insistere, 
nell'intento  di  ottenere,  se  non  altro,  la  somma  occorrente  all'ac- 
quisto di  quel  bellissimo  codice.  L'occasione  di  acquistare  un  sì  pre- 


MISCELLANEA  287 


zioso  cimelio,  non  si  presenta  due  volte  ;  e  la  maggiore  delle  bi- 
blioteche siciliane,  la  quale,  l'abbiam  già  detto,  ha  avuto  sempre, 
ed  ha  per  programma  non  lasciarsi  mai  sfuggire  codici  e  libri  di 
qualunque  maniera,  che  abbiano  diretta  relazione  con  quest'Isola 
gloriosa,  non  permetterà  che  vada  esso  in  mano  aliena  ! 

Negherà  questa  somma  il  Consiglio  comunale  di  Palermo  ?  Per 
l'onore  della  nostra  città ,  pel  vantaggio  della  nostra  biblioteca 
comunale,  giova  sperare  che  no  !  Ma  se  avvenisse  il  contrario,  io 
credo  che  la  Deputazione  si  rassegnerebbe  a  pagarla  sul  proprio  stre- 
mato bilancio,  restringendo  d'altro  canto  l'acquisto  dei  libri  nuovi, 
fino  a  quando  sarà  ripianato  l'eccesso  di  spesa  sul  relativo  capi- 
tolo del  bilancio,  eccesso  che  è  per  altro  abbondantemente  giu- 
stificato dalla  causa  evidentemente  straordinaria  ed  imprevedibile. 

R.  Starrabba. 


-^>|=^3c^» 


288  MISCELLANEA 


I. 


Il  codice  é  un  in-folio,  che  misura  M.  0.  22  X  M-  Oi  31,  di  foglfc 
86,  scritti  a  due  colonne  da  f.  1  a  f.  54,  a;  a  pagina  stesa  da  f.  55,  a 
fino  a  f.  68,  a  ;  e  di  nuovo  a  due  colonne  da  f.  69,  a  fino  alla  fine.  Sona 
distribuiti  in  10  disuguali  quinterni,  cioè  : 

1"  fogli  1-10  numerati,  dei  quali  il  n.  2  porta  la  doppia  numera- 
zione :  Ve;  il  n.  5:  Vg  ;  il  n.  6  :  V^;  il  n.  7:  'l-,\  il  n.9:  %;  il  10:  'Vj,. 
In  pie'  di  guest'  ultimo,  al  verso ,  il  richiamo  rum ,  che  attacca  col  se- 
guente; 

2»  fogli  11-20,  dei  quali  il  solo  11  ha  la  doppia  numerazione  "/i^. 
In  pie'  del  f.  20  verso,  il  richiamo  flumen,  che  attacca  col  seguente; 

3°  fogli  21-30.  In  pie'  del  f.  30  ve7-so  il  richiamo  l'ibtis  erbariirn,  che 
attacca  col  seguente  ; 

4°  fogli  31-38.  In  pie'  di  quest'ultimo,  al  verso,  il  richiamo  cione, 
ritagliato  per  metà.  Lo  scritto  finisce:  coher-;  nel  seguente,  per  -una 
svista  non  insolita,  segue  :  cohercione  ; 

5°  fogli  39-46.  In  pie'  del  f.  46  veiso  il  richiamo  ritagliato  in  modo 
da  tornare  illegibile.  Ma  la  concatenazione  é  sicura,  leggendosi  in  fine  : 
officia  -  e  nel  susseguente  :  liuìn  ; 

6°  fogli  47-54.  Quind'innanzi  mancano  i  richiami. 
7"  fogli  55-62. 
8"  fogli  63-08. 

9°  fogli  69-76  (il  f.  74  verso,  ed  i  fogli  75,  76  bianchi). 
10»  fogli  77-86  (il  f.  86  veì'so  bianco). 

L:i  scrittura,  in  bel  semigotico,  sembra  di  due  mani  ;  la  seconda,  a 
dir  vero,  inferiore  alla  prima,  appare  a  f.  55,  a,  e  segue  fino  alla  fine. 
Non  faccio  specrale  menzione  di  qualche  insignifjcante  postilla  margi- 
n:ile,  di  carattere  del  sec.  XVI. 

In  capo  al  f.  1  a  sta  scritto,  in  rosso,  Incipiunt  consuetudines  et  sla- 
tu  I  ta  nobili»  aivilatis  mesmne.  \  De  bonis  uiri  et  uxoris  na  \  tis  fìliis 
comunicandis  et  per  \  terciam  dividendis.  Rubrica  \  .  Capolettera  aggre- 
gata alla  ricca  inquadratura  a  fogliami  e  fiori,  in  oro,  rosso,  turchino, 
verde  :  La  detta  capolettera  ó  ornata  di  una  squisitissima  miniatura, 
rappresentante  i  due  sposi,  ed  allusiva  alla  parte  principale  delle  Con- 
suetudini, conlenonto  le  massime  cotj  cui  veniva  regolato  il  contratto  di 
matrimonio.  In  piede  lo  «temma  della  città  di  Messina,  sormontato  da 


MISOELLANEA  289 


tre  testine  ;  ma  è  lavoro  di  mano  posteriore ,  e  non  eseguito  con  pari 
perizia.  Fa  pena  il  vedere  alquanto  sciupata  la  detta  inqnadi-atura,  spe- 
cialmente nel  margine  esterno;  ed  è  maggior  danno  che  sia  stata  ri- 
toccata forse  dalla  stessa  mano  che  vi  aggiunse  lo  stemma  di  cui  s'è 
parlato. 

Le  Consuetudini  occupano  i  fogli  la  — 6 a.  —  Confrontando  con  gli 
stampati,  s'incontrano  delle  varianti  di  qualche  rilievo.  Cosi  nel  cap.  I 
mancano  le  parole:  Saepius  enitn  scriptum  est.  et  in  loto  regno  con- 
suevit,  quùd  ex  quacurnque  causa  viro  vel  uxori  aliqua  bona  provenj- 
rint^  nalis  filiis  communia  sunt  inler  cos  ;  parole  che  sembrano  in  ve- 
rità una  postilla  marginale,  indebitamento  intercalata  nel  testo  da  im- 
perito amanuense.  11  cap.  XXII  de  exheredacione  liberorum  et  spuriis 
corre  così  :  Filius  vel  filia  a  paternis  vel  maternis  bonis  ex  hitn  caiisis 
a  palre  vel  a  matre  exhercdari  polest  ex  quibusper  leges  exheredanlur. 
Manca  poi  quel  che  isi  ha  nelle  stampo:  Maler  vero  eos  exheredi ire  non 
(licilur.  Il  cap.  XXVII  Qunulo  tnulier  obìigari  non  polest  et  quando  po- 
lest è  rodutto  in  forma  abbastanza  diversa  :  Uxor  cum  marito  susccptis 
filiis  siinililer  obligari  po.'esl  si  prò  comuni  utililate  vel  necessitiUe  obli- 
fjaiio  contrada  fuerit.  Mulier  vero  virum  non  habens  se  et  sua  obligare 
2)olest.  11  cap.  XV:  Ex  quacurnque  causa  viro  et  uxori  aliqua  bona  pro- 
venerint,  nalis  filiis  comunia  sunt  inler  eos  corre  anche  esso  assai  più 
spiccio  dello  stampato.  —  La  parola  prolomisis  o  prolhomisis ,  ovvia  in 
tutti  i  corpi  di  Consuetudini  nostre,  é  qui,  forse  unicamente,  scritta, 
come  si  deve,  prolimisis,  o  prolhimisis.  —  Molte  differenze  s'incontrano 
nella  redazione  dei  capitoli  LV  e  LVI.  E  generalmente  ó  a  notare  che 
l'ordine  con  cui  tutti  i  capitoli  si  seguono  nel  nostro  codice,  é  assai  di- 
verino  dallo  stampato.  Abbiam  notato  di  già  che  il  cap.  LXI,  recante  le 
date  del  15  aprilo  1519  e  del  15  febbraio  1517,  manca  affatto  al  me- 
desimo. 

1  Io;4li  G,  ò-  13«  contengono  le  Conslilutiones  Illuslris  domini  \  re- 
gis  friderici  lerci}  excellenlissimi  \  regis  scicilie  edile  in  felici  corona- 
cione  sua,  che  rispondono  ai  Capitoli  di  re  Federico,  stampati  in  tutte  le 
collezioni  dei  Ctipilala  Regni  Sicilie,  a  cominciare  da  quella  di  (ìio.  Pie- 
tio.  Appulo.  (Mi  limito  a  cilar  quella  del  Tksta,  1,  ió-64).  Coni.  Inter 
celerà  que  maieslati  regnanlis.  Fregio  marginale.  Capolettera  con  mi- 
niatura rappresentante  un  re  coronato,  che  tiene  con  la  destra  una  spada 
alzata,  e  con  la  sinistra  un  libro.  Simili  capolettere,  ma  senza  ligure,  a 
f.  8,  6  e  a  f.  11,  (!;  dove  cominciano  i  libri  secondo  e  terzo  delle  Consti- 
tulioncs. 

1  fogli  13,6—  24  i/  contengono  le  Consliluciones  Immunitatum  \  edi- 
tarum  per  Illustrcm  dominum  Re  \  gem  lacobum  in  felici  corona  \  ciò- 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  19 


290  MISCELLANEA 


ne  sua.  Et  incipiunt  primo  ut  infra  videìicet.  Queste  Conslituciones, 
non  occorre  dirlo,  avrebbero  dovuto  andare  innanzi  alle  precedenti.  Ri- 
spondono ai  Capitoli  di  re  Giacomo  (Testa,  I,  5-38).  Com.  Tunc  status 
Principis.  Capolettera.  Mi  limito  a  notare  che  nella  rubrica  del  capi- 
tolo XXVIII,  Quod  forestarii  noti  moleslent  aìiquos  in  cultura  terrarum 
suarum  seu  in  percepcione  fructuuni  impediant  occasione  ipsius  fore- 
ste et  de  amovendis  forestis  de  novo  faclts  tempore  Caroli  il  nostro  cod. 
ha  una  lacuna  al  posto  della  voce  occasione,  e  che  nel  testo  del  detto 
capitolo  s'incontra  un'altra  lacuna  là,  dove  lo  stesso  Testa  legge:  vf^l 
iniuriam  irrogari.  Di  maggiore  rilievo  é  la  variante  offerta  dal  nostro 
cod.  nella  rubrica  del  cap.  XXXTX,  dove  é  stato  letto  da  tutti  gli  editori 
ndjumenta,  mentre  il  nostro  ha,  esattamente,  aduamenta.  Dopo  il  cap. 
XLVII  gli  stampati  (v.  per  tutti  il  cit.  Testa  ,  I,  28)  hanno  la  chiusa 
del  privilegio  regale  con  la  data  Panìiomii  Anno  Domini  millesimo, 
ducentesÌ77ìo  octuagesimo  quinto.  Mense  Februarii  quinto  eiusdem  quar- 
tedecime indictionis  Regni  nostri  anno  primo,  che  torna  al  1286;  e  quindi 
il  CAKinni  {Cap.  R.  S.  f.  11,  &):  Constitutioncs  immunitalian  edite  per  II- 
lustrem  Bominum  lacobum  Dei  grafia  Regetn  Sicilie  Ducatus  Apulie  et 
Principatus  Cajnie  in  festo  sacre  coronationis  sue  et  publicate  in  gene- 
rali colloquio  Panor mi  noviter  celebrato:  de  pena  contentorum  Regiorum 
Castrorum  (Testa  :  contemptorum  mandatorum  regiorum).  Nel  nostro 
cod.  invece  vi  ha  qui  uno  spazio  bianco  di  quattro  linee  e  mezza,  de- 
stinate ad  una  rubrica,  che  poi  non  fu  scritta.  Il  Testa  aveva  opportu- 
namente arguito  dal  testo  del  susseguente  preambolo,  che  com.  :  Inter 
celerà  que  nostrani  mentem,  esser  manifesto  errore  riferire  le  costitu- 
zioni di  cui  é  parola,  al  giorno  della  coronazione  di  Giacomo;  e  conget- 
turò (p.  39)  che  fossero  state  pubblicate  verso  il  1288  (1). 

f.  24,  b.  Privilegium  Imperatoris  henrici  continens  multas  gracias  et 
immunitates  concessas  messanensibus.  Capolettera  con  miniatura  rappre- 
sentante un  Imperatore,  tenente  con  la  destra  lo  scettro,  e  con  la  sini 
stra  il  globo.  Com.  Imperatorie  celsitudinis  benivolenciam.  Fin.  Huius 
rei  lesles  sunt  henricus  uuorm.  epe.  Gualterius  troyanus  epe.  ludotoicus 
Dux  bauatie.  Curadus  Lux  spoleli.  Marquardus  Imperialis  dapifer, 
heinricus  Marscdlcus,  heinricus  pincerna  et  alii  quamplures.  — Signum 


(l)  Lo  Constitutioncs  di  re  Giacomo  leggonsi  nel  codice  Filingeri  dal  quale  ri- 
Htampollfì  11  complnnlo  Cav.  Antonino  Flandina  nel  voi.  XIV  della  serie  Diplo- 
maXica  del  Docum.  p.  serv.  alla  St.  di  Sic.  (pp.  65-82).  Ma  in  quel  testo,  siccome 
aTTerti  lo  stesso  editerò,  mancano  appunto  i  capp.  48  a  G'i,  che  sono  quelli  dei 
qtuli  qui  sopra  si  é  tenuta  ragione. 


MISCELLANEA  291 


Domini  henrici  sexli  Romanorum  Invictissimi  Imperatoria  —  Ada  sunt 
lieo  Anno  Dominice  Incarnacionis  Millesimo  :  e. xcHij."  Indici.  a;iy"  (sic). 
Regnante  domino  henrico  sexto  Romanorum  Imperatore  invictissimo. 
Anno  Regni  eius  xxiiij".  Imperii  vero  iiij°.  Data  apud  Messanam,  v." 
hai.  Novembris  per  manum  Alberti  Iniperialis  aule  Prothonotarii. 

f.  20,  a.  Hec{9,\c)  est  exemplar  Priviiegii  Domini  Imperatoria que  (sic) 
dedit  fidelibus  suis  civibus  Messane  Rubrica  :  Privilegium  confirma- 
tionis  proximi  privilegii  imperaloris  henrici  confirmalum  per  Impera- 
Iricem  Constanciam  ut  infra.  Capolettera  miniata  :  Fin.  :  Data  in  Ci- 
vilale  Messane.  Anno  dominice  Incarnacionis  Millesimo.  Centesimo  No- 
nagesimo  celavo  Mense  lanuarii  prime  indicionis  Regnante  domina  no- 
stra Conslancia  dei  grada  gloriosissima  romanorum  Imperatrice  sem- 
per  augusta  et  Regina  Sicilie  excellentissima  utia  cum  frederico  rotna- 
norum  et  Sicilie  rege  carissimo  filio  eius.  Anno  iij."  /'(fliciler.  Am^n. 

f.  26,  b.  Privilegium  concessionis  r'andacii  factum  messanensibus per 
regem  fridericum  fdium  imperatoria  (sic).  Fin.  Ad  huius  autem  con- 
cessionis nostre  memoriam  et  inviolabile  firmamentum  presans  Privile- 
gium per  manus  mutìiei  de  Salerno  notarii  et  fidelia  nostri  scribi  et 
Maiestatis  nostre  Sigillo  jussimua  communiri.  Anno,  mense,  et  Indie. 
subscriplis.  Dalum  in  urbe  felici  Panarmi  per  manus  Gualterii  vener. 
Troyani  episcopi  el  Regni  Cancellarii  Anno  dominice  Incarnacionis 
Millesimo  Centesimo  nonogesimo  nono  mense  decembris  lercie  Ind.  Re~ 
gni  vero  domini  nostri  Frederici  dei  grada  Serenissimi  Regis  Sicilie. 
Ducatus  Apulie  et  principatus  Capue  Anno  secundo  feliciter.  Amen. 

f.  26,  b.  Privilegium  regis  haroli  de  non  intrundo  vinum  messanam 
ab  extra  dislriclum  et  de  galea  rubra  messanensibus  concessum.  Fin. 
Datum  Capue  per  manna  gauffridi  de  bedomonle  Regni  Sicilie  Cancel- 
larii. Anno  domini  Millesimo  ducentesimo  Scptuagesimo  mense  februa- 
rii  die  vlgesìmo  quarto  eiusdem  xiiij  Ind.  Regnante  doìnino  kurolo 
domino  nostro  Inrictissimo  rege  Sicilie  Regni  cius  Anno  Sexto  Feliciter. 
Amen. 

f.  27,  a.  Privilegium  Regis  haroli  messanensibus  scilicet  de  rotula 
utendo  per  eos.  Capolettera  miniata.  Fin.  Datum  Neapoli per  magislrum 
symonemde  parisius  regni  Sicilie  cancellarium.  Anno  domini  M'cclxxij" 
xvj"  lumi.  XV'  Indicionis  R('g)ii  nostri  Anno  septimo. 

f.  27,  b.  Privilegium  regis  haroli  coìUinens  mullas  ordinaciones  et 
multa  staluta  ad  ulilitatem  Messanensium.  Capolettera  miniata.  Fin. 
Datum  Neapoli  per  Magislrum  Simonem  de  parisius  Regni  Sicilie  Can- 
cellarium, Anno  domini  Millesimo  ccHxxij".  xvj"  lunii  xv"  Indicionis. 
Regni  nostri  Anno  septimo. 

t  28,  b.  Privilegium.  regis  haroli  messanensibus  indultum  de  mata- 


^92  MISCELLANEA 


raciis  non  ministrandis  per  ludeos.  Capolettera  miniata.  Fin.  Dalum 
Viterbii  per  Magislrum  Guillelmum  de  fartimviUa  prepositum  Sancii 
Amati  duacen.  Regni  Sicilie  vicecancellariain  Anno  domini  M"cc"lxxvj". 
lulii  ultimo  eiusdem  iiij  Ind.  Regni  nostri  anfio  duodecimo. 

f.  28,  6.  Privilegiuìn  regis  peiri  inessanensibus  factum  de  non  impo- 
nendis  collectis  et  Juribus  marinarle.  Capolettera  miniata.  Fin.  Datum 
fessane  per  manus  Pericotii  de  bonastro  Scriploris  familiaris  et  fidelis 
nostri  Anno  domini  Millesimo  ducenteyimo  Octuagesimo  secundo  mense 
feb7'uarii  Quinlodecimo  eiusdem  undecime  Indicionis.  Regyiorum  nostro- 
ru)n  Aragonuìn  anno  seplimo.  Sicilie  vero  primo. 

f.  29,  b.  Privilegiuìn  regis  petri  de  malis  stalulis  imposilis  messanen- 
sibus  removendis  et  relractandis  per  eum  eis  dalum.  Capolettera  mi- 
niata. Fin.  Dalum  Messane  per  manus  Periconi  de  bonastro  scriptoris 
faìniliaris  et  fidelis  nostri.  Anno  domini  Millesimo  ducentesimo  octua- 
gesimo Tercio  Mense  Aprilis  Vicesimo  eiusdem  undecime  Indicionis  Re- 
gnorum  noslroì'um  Aragonum  anno  seplimo.  Sicilie  vero  primo. 

ibid.  Privilegium  messanensibus  dalum  per  Infantem  lacoburìi  quod 
Messanenses  possini  creare  extra  regnum  inter  eos  unum  consulem. 
Capolettera  miniata.  Com.  lacobus  Infans  Illustris  Regis  Aragonum  et 
Sicilie  filius  suus  in  Regno  Sicilie  fulurus  successor  et  heres  ac  eius  in 
eodem  regno  generaliter  locum  (encns.  Fin.  Dalum  Calhanie.  Aìino  do- 
mini Millesimo,  ce."  octuagesimo  tercio  mense  deccmbris  qicintodecimo 
eiusdem  duodecime  Indicionis. 

f,  :W,  a.  Privilegium  regis  lacobi  de  prohibita  ingressione  vini  per 
officiales  qicoscumque  vel  per  aliquam  aliam  personam  fiendam  par- 
tem,  (V)  de  contenlis  in  co.  Capolettera  miniata.  Fin.  Datum  Sarchinone 
Tercio  kalendas  augusti.  Anno  domini  Millesimo  Ducentesimo  ìionnge- 
simo  quarto. 

f.  30,  b.  Privilegium  regis  (sic)  friderici  de  lingendis  pannis  serico 
cuculio  et  aliis  de  coloribus  erbarum  et  de  aliis.  Com.  Fridericus  Infans 
Illustris  Regis  Aragonum  et  Sicilie  Domini  fralris  sui  in  regno  Sicilie 
generaliter  locumlenens.  Fin.  Dalum  heraclie  xcciiij°.  Januarii  Quinte 
Indicionis,  (in  margino,  di  altra  mano,  d29I'. 

f.  31,  b.  Privilegiuìn  messanensibus  tributum  per  regem  fridericum 
tercium  de  prohibita  inposicione  colicele  et  exactionis.  Capolettera  mi- 
niata. Com.  Fridericus  tercius  dei  grada  Rex  Sicilie.  Ducalus  Apulie 
et  Prtncipatus  Capue.  Fin.  Dalum  Leontini  per  nobilem  Vinchiguerram 
de  palicio  mililem  regni  Sicilie  Cancellarium  anno  dominice  Incarna- 
cionin  millesimo  Trecentesimo  secundo  mense  octubris  primo  eiusdem 
prime  Indicionis.  Regni  nosli'i  anno  seplimo. 

f.  32,  a.  Privilegium  lurisdiccionis  terre  tauromenii  et  vallis  Melacii 


lilSOELLANEÀ  ^9d 


viessanensibus  concessum.  Capolettera  miniata.  Fin.  Dalum  leontini 
per  nobilem  Yinchiguerram  de  palicio  militem  Regni  Sivilie  Cancel- 
larium  Anno  óominice  Incarnacionis  Millesimo  Trecentesimo  Secando 
mense  oclubris  primo  eiusdem  prime  Indicionis  Regni  nostri  Anno 
septimo. 

f.  32,  b.  Privilegium  de  prohibita  capcione  animalium  fienda  per 
aliquem  nisi  per  luralos  civilatis  Messane.  Capolettera  miniata  Gom. 
Petrus  secundus  dei  grada  Rex  Sicilie.  Fin.  Dalum  Cathanie  Anno  do- 
minice  Incarnacionis  Millesimo  ccCxxxvij".  viiy"  decembris  vj"  Indi- 
cionis. 

f,  33,  a.  Privilegium  continens  multa  membra  et  capiLula  et  primo 
de  non  cogendo  aliquem  civem  et  districtualem  messane  nisi  prò  crimi- 
nibus  infrascriplis.  Capolettera  miniata,  con  figurina.  Com.  :  Lodovicus 
et  lohanna  dei  Grutia  Rex  et  Regina  lerusulem  et  Sicilie  Ducatus  Apulie 
et  Principalus  Capue,  provincie  et  Forcaiquerii  ac  pedemonlis  comiles. 
Fin.  Dalum  in  predicla  nobili  Civitate  messane  per  nobilem  Sergium 
domini  ursonis  de  neapolis  Mililem  luris  civilis pro/'essorem  magne  no- 
stre curie  tnagistrum  racionalem  Viceprothonotarium  Regni  Sicilie. 
Anno  Domini  Millesimo  Trecentesimo  Quinquagesimo  septimo.  die  quarto 
februarii  decime  Indicionis  Regnorum  nostri  Regis  anno  nono,  nostri 
vero  Regine  Anno  quintodecimo.  Feliciter.  Amen. 

f.  35,  a.  Privilegium  de  manutenendo  in  demanio  regio  Civitatem  mes" 
sane  cum  suo  integro  districtu  terram  de  plana  Melalii  et  insolam  li- 
pari.  Capolettera  miniala.  Com.  :  lohanna  dei  grada  regina  etc.  Fin.  : 
Data  uulem  (l)per  virum  Magniflcum  Neapolionem  de  filiis  ursi  Comitem 
Manuppelli  logolhetam  et  prolhonotarium  Regni  Sicilie  dilectum  Colla- 
teralem  Consiliariwn  et  fideleìn  nostrum.  Anno  domini  Millesimo  Tre- 
centesimo sexagesimo  lercio  die  Quintodecimo  Octobris  Secunde  Ind. 
Regnorum  nostrorum  Anno  vicesimo  primo. 

f.  36,  a.  Privilegium  habens  multa  capitula  et  primo  quod  cives  mes- 
sane sint  liberi  et  exempti  a  iure  fundicagii  et  alterius  dirictus  in  qui- 
buslibet  regni  partibus.  Capolettera  miniata.  Com.  :  loìtanna  dei  grada 
Regina  lerusalem.  Fin.:  Data  neapoli  per  Magniflcum  virum  Nea- 
polionum  de  filiis  ursi  Manuppelli  Comitem  etc.  Anno  domini  mil- 
lesimo ccc°lxiij  die  xviij"  Magi  prime  Ind.  Regnorum  nostrorum  An- 
no xxj". 

f.  37,  a.  Privilegium  annullans  irritans  et  in  perpetuum  rescindens 


(1)  A  questo  autem,  che  qui  in  verità  nou  ha  luogo,  dee  sostituirsi  averse,  co- 
me ha  il  cod.  dell'accademia  di  Storia  di  Madrid  (Girini,  II,  260). 


^94  MiSCÉLLANÈA 


creationes  nonnullorum  rectorum  factas  hactenus  in  civitoie  messane 
per  Reges  Sicilie.  Capolettera  miniata.  Com.  Fridericus  dei  Grada  Rex 
Sicilie  ac  Athenarum  et  neopalrie  duce.  Etsi  ad  noslram  Reynpublicam 
etc.  Fin.  Dalum  Messane  per  Nobilem  henricum  rubeum  de  Messana 
Comitem  Aydoni  dicli  regni  nostri  Cancellarium  consiliarium  familia- 
rem  et  fidelem  nostrum  Dileclum.  Anno  dominice  Tncarnacionis  Mille- 
simo Trecentesimo  Sexagesimo  septimo,  vicesimo  sexto  octobris,  Secete 
Indicionis. 

t.  3^,  a.  Privilegium  Quod  Cives  mossane  sint  Uberi  et  immunes  a 
iure  doliane  et  alio  quociitnque  diriclu  in  insulis  Gerbarum  et  kerke- 
narum.  Capolettera  miniata.  Com.  :  Fridericus  dey  gratia  Rex  Sicilie, 
Capilaneis  Insularum  Gerbarum  et  kerkenarum  etc.  Fin.  Datimi  vice- 
simo septimo  marcii  Prime  Indicionis.  Segue  :  Unde  ad  fulurain  me- 
moriam  cerlitudinem  et  caulhelam  diete  università tis  et  singulorum  ci- 
vium  messane,  factum  est  exinde  publicum  transumplum  tnanu  vas- 
salli de  lanuto  publìci  messanen.  notarti  suis  subscriplionibus  robo- 
ratu7n. 

f.  38,  b.  In  alto,  nella  prima  colonna,  leggesi  :  De  poleslate  iurato- 
rum.  Segue  uno  spazio  di  sei  linee  bianche,  verisimilmente  destinato  a 
scrivervi  la  rubrica,  che  poi  non  fu  scritta.  Capolettera  miniata  Com. 
In  primis  quod  omnia  mandata  seu  oinnes  litere  directe  universitati. 
Civitatis  predicte  per  predictum  dominum  regem  etc.  In  fine  (f.  40,  a)  : 
Datum  Messane  xij"  lulii  xv"  Ind. 

f.  40,  a.  Privilegium  regine  marie  confìrmacionis  cuiusdam  prori- 
sionis  facte  per  universitatem  messane  de  animalibus  vineas  intrantibus. 
Capolettera  miniata.  Com.:  Maria  dei  grada  regina  Sicilie  ac  athena- 
rum. et  neopatrie  ducissa.  La  provisione  sarebbe  dello  :  undecimo  octo- 
bris Ind.  eiusdem  currente  anno  domini  Incarnacionis  Millesimo  Tre- 
centesimo sexagesimo  oc  lavo  ;  la  lettera  reale  di  approvazione  reca:  Da- 
ium  Cathanie  Anno  dominice  Incarnacionis  MHxxxij  (sic.  Aggiunto  in 
margine:  c.'O)  die  xviij"  lulii  quinte  Ind. per  nobilem  Jaymum  de  ala- 
gona  consanguineum  consiliarium  familiarem  et  fidelem  nostrmn  ac 
Regni  Sicilie  Cancellarium. 

f.  40,  b.  Privilegium  confirmacionis  ordinacionum  factarum  per  lu- 
ralos  messane  de  vestibus  mulierum,  et  de  sponsis  et  de  aliis  multis.  Ca- 
pok-ltera  miniata.  Com.:  Maria  etc.  Si  boni  principis  est  Invesligacione 
solerli  comoda  subicclorum  inquirere.  Le  ordinazioni  sono  intestate:  Or- 
dinitciones  facle  per  luralos  Nobilis  Civilalis  Messane  anni presentis  sep- 
lime  Indicionis  de  Consilio  mulloruìn  civium.  La  data  in  lino  della  let- 
tera reale  :  Datum  Cathanie  Anno  dominice  Incarnacionis  M^cccHxxxiij' 
(che  tornerebbe  al  1384)  die  xiH^"  Frebuarii  vi)*  indicionis. 


mSOELLANBA  295 


f.  41,  rt.  Privilegium  faciens  m  perpetuum  lerram  et  casirum  de 
monte  far  ti  de  demanio  et  caria  regia  ac  que  (1.  alque)  dislrictu  eivi- 
lalis  messane.  Capolettera  miniata.  Com.  Nos  Marlinus  et  Maria  dey 
grafia  Rex  et  Regina  Sicilie  ac  duculus  Athenarurn  et  Neopalrie.  Lux 
et  ducissa  Et  Inp.ns  martinus  Illustrissitni  domini petri  bone  memorie 
regis  Aragonum  filius,  et  eadein  gratia.  Dax  monlisaìbi.  Gubernator  ge- 
neral is  prò  seretiissimo  domino  lolumne  rege  aragomiin  fratre  et  domino 
nostìo  carissimo  in  omnibus  suis  regnis  et  terris,  coadiutorque  diete  regi- 
ne in  regimine  regni  et  ducatuum  predictorum  ac  pater  eladminislrator 
legiliìnus  dicti  regis.  Fin.  Balani  Calhanie.  undecima  die  Septembris, 
ij"  Ind.  Anno  doir.inice  Incarnacionis,  Millesimo.  Trecentesimo,  nona- 
gesiiiio  Tercio.  Regnique  nostri  dicti  Regis  Secundo  et  diete  regine  xvij" 
Yidit  petrus  promotor.  Loduch. 

f.  42,  a.  Privilegium  confirmacionis  allerius privilegii  regis  friderici 
de  Iia-isdic Itone  tauromine  que  est  de  offieio  stratigocie.  Capolettera  mi- 
niata. Com.:  Martinus  et  Maria  etc.  Fin.  Datum  Calhanie  per  nobilem 
petrum  de  fenolleto  ìnilitem  vicecomitem  Insole  et  de  canato  Regnique 
Sicilie  Cancellarium  consiliarium  familiarem  et  dilectum  nostrum  oc- 
lava  die  aprilis  quarte  Ind.  anno  dominice  incarnacionis  Millesimo  tre- 
centesimo nonagesimo  sex'.o  regni  nostri  dicti  regis  quinto  et  diete  re- 
gine  decimonono. 

f.  43,  b.  Privilegium  continens  multa  capitula  et  primo  confirmacio- 
nem  privilegiorum  et  continens  etiam  straticotum  debere  esse  foren- 
sem.  Capolettera  miniata.  Com.  Martinus  dei  grada  rex  aragonurn  etc. 
Fin.  Ad  huius  autem  nostre  capitulorum  confirmacionis  et  de  novo  con- 
cessionis  fuluram  memoriam  et  roboris perpetui  firmitalem  presens  pri- 
vilegium inde  fieri  fecimus  nostrique  sigilli  magni  pendentis  munimine 
roborari  prefale  universitati  et  singularibus  ipsius  quociens  opus  fuerit 
cunctis  temporibus  valiturum. petrus  cancellarius  primogeniti  aragonum. 
Rex  Marlinus.  Registratum  in  Cancellaria.  (Il  principio  dei  capitoli  é  : 
La  piiiciuni  la  quali  fa  la  universitati  di  missina  ali  sereìiissimi  nostri 
signuri  di  li  cosi  Infrascripti.  Le  clecreta/,ioni  sono  in  latino.  Manca  la 
data. 

f.  45,  a.  Privilegium  messanensibus  traditum  quod  pcssint  et  valeant 
omnes  et  singulos  mercatores  quarumcumque  nationum  guidare  et  as- 
securare  quibusdam  exceplis.  Capolettera  miniata.  Com.  :  Martinus  dei 
gratia  etc.  Fin.:  Datum  Calhanie  die  vicesima  secunda  Octobris  sexte 
indicionis  Anno  dominice  Incarnacionis  M^CCO'xc''  septimo petrus  can- 
cellarius primogeniti  aragonuìn.  Rex  Martinus.  Registratum  in  cancel- 
laria. Registratum  in  xv  prothonotarii.  Palentes.  Registrata  in  Can- 
cellaria. Registrata  penes  prolhonolarium. 


296  HISCELLÀNEA 


f.  46,  a.  Privilegium  continens  multa  capilula  confirmata  messanen- 
sibus  et  primo  de  lurisdictione  lauromenii,  et  quod  capitanei plani  Me- 
ìacii  sinl  Messunenses  et  de  muìtis  aliis.  Capolettera  miniata.  Coni.:  Mar- 
tinus  etc.  Fin.  :  Dalum  Calhanìo  par  nobilem  barlholomeuìn  de  iuvenio 
militem  Regni  Sicilie  Cancellaritim  consiliarium  familiarem,  et  fidelein 
nostrum  Anno  dominice  hìcornacionis  Millesimo  treceìilesimo  nonage- 
simo  nono  die  secundo  augusti  septime  Indicionis  regnique  nostri  dicli 
regis  aragonum  anno  quarto  dicti  regis  Sicilie  octavo  et  diete  regine 
vicesimo  secundo  {dominus  rex  mandavil  michi  friderico  piccinga  of- 
ficii  prothonotarii  magislro  notario  et  locuìntenen  li  presente  loto  Consilio 
Regislratìim  penes  prolhonotarium.  Registratum  in  cancellaria. 

f.  47,  a.  Privilegium  de  non  immiclendo  vinum  in  civitate  messane 
aliunde  quam  de  leì'ritorio  eiusdem  et  prò  usu  hospitii  regis  et  sue  con- 
sortis.  Capolettera  miniata.  Com.  :  Martinus  dei  gratia  etc.  Fin.  Datum 
Messane  per  nobilem  Bartholomeum  de  Iuvenio  mililem  regni  Sicilie 
Cancellarium  consiliarium  familiarem  et  fidelcm  nostrum  dilectum  An- 
no dominice  Incarnacionis  Millesimo  quatricentesimoquarlo  die  vicesi- 
moquinlo  lulii  duodecime  Ind.  Regnique  nostri  dicli  regis  Aì'agonum 
anno  octavo  et  dicti  regis  Sicilie  terciodecimo.  Registratum  penes  pro- 
lhonotarium. Registratum  in  Cancellaria. 

f.  48,  a.  Privilegium  acceplans  et  approbans  certa  capilula  super  so- 
lucionibus  et  iuribus  curialium  civitatis  Messane  et  aliorum  offìcialium 
curiarum  eiusdem.  Capolettera  miniata.  Com.  Martinus  etc.  Fin.  :  Datum 
Cathanie  per  nobilem  barthclomcum  de  Iuvenio  Mililem  Regni  Sicilie 
cancellarium  familiarem  et  fidelem  nostrum  dilectum  Anno  dominice 
Incarnacionis  Millesimo  quatricentesimo  sexto,  die  vicesimo  primo  la- 
nuarii  quintedecime  Indicionis.  Regnique  nostri  dicli  Regis  aragonum 
anno  undecima  et  dicti  regis  Sicilie  anno  quintodecimo.  Registratum  in 
Cancellaria.  Registratum  penes  Prolhonotarium. 

f.  50,  b.  Privilegium  quod  lurati  non  venianl  cantra  del ibe ratio nem 
faclam  per  eos  et  stralicotum  super  delictis  enorrnibus.  Capolettera  mi- 
niata. Com.  Rex  Sicilie  etc.  Consiliarii  nostri,  ì^ovamenti  havimu  inlisu 
ecc.  Fin.  Dalum  Cathanie  die  vicesimo  quinto  augusti  viij  Ind,  Regi- 
strala, luratis  nobilis  civitatis  Messane  consiliariis  et  fidelibus  nostris. 

t.  51,  a.  Privilegium  quod  Terre  dislrictus  messane  inferius  anno- 
tate in  criminalibus  stringanlur  stnngantur  (sic)  sub  gubcrnalione  slra- 
licotif  messane  etc.  Capoletlera  miniata.  Com.  Rea;  Sicilie  etc.  Fin.  Da- 
lum Cathanifi  xvj"  Madii  vij"  Ind.  P.»*  cane,  primogenilus  (sic)  Arago- 
num. Re.v  Martinus. 

{.  51,6.  Privilegium  confirtnacionis  generalis  omnium  privilegiorum 
graliarum  franquitalum  immunitatum  libertatum  rituum  consuetudi- 


MISCELLANBi.  297 


num  e/c.  civilatis  messane.  Capolettera  miniata.  Com.  Nos  Ferrandus 
dei  gì-(ìcia  rex  Aragonum  Sicilie  Valencia  Maioricarum  Sardinie  et  Cor- 
sice.  Comes  Barchirione.  Dux  Athenarum  et  neopatrie  ac  edam  Comes 
Rossilionis  et  Cerilanie.  Supplicanlibus  nobis  humiliter  dilectis  et  fide- 
libus  noslris  Nicolao  Castagna  militi  Regni  Sicilie  Mogistro  racionali 
et  nicoldo  moletis  legum  doctore  magna  Regie  curie  ludico,  Sindicis 
sice  aiìibaxiatoribus  cicilatis  mesmìie  etc.  Datum  barchinone  Tercia  die 
lanuarii  Anno  a  noclivitate  domini  Millesimo  ecce"  Terciodecimo  regni- 
quc  nostri  secundo.  In  fine:  (onfirmacio  general  alos  de  missina  de 
todos  iiviviU'f/ios  et  Ubertades  prottl  ei.-:  ìhk  imus  usi  fueì'unt  (sic).  Regi- 
strala. 

ì'.  52,  b.  I  rivilegiu/P.  quod  EUctio  o/Jicialium  luratorum  fini  in  civi- 
tate  messane  eo  modo  et  forma  quitjuspt-r  Reges  Sicilie  fuil  solttum  obser- 
vari  hactenus.  Capoletteia  miniata.  Com.  Nos  Ferdinandus  etc.  Fin.  Da- 
ium  ba) citinone  Terciadccitna  die  lanuarii  anno  a  nativitate  domini 
millesimo  quadringcnlesimo  terciodecimo  regnique  nostri  secundo.  Rex 
Ferra hdus  :  Registi-ala. 

f.  53,  a.  '<v\v/.-A  rubrica.  Conlerma  dei  privilegi  di  Messina,  fatta  dai  vi- 
ceré. C;i])olett('ia  miniata.  Com.  :  Al/lnsus  dei  gracia  Rex  Aragor.um  et  Si- 
cilie etc.  Vicereges  in  dicto  Regno  Sicilie.  Si  regenlum  auclorilas  etc.  Ad 
istanza  di  Nicolao  de  Balsamo,  Nicolao  l'orco  e  Geronimo  de  Agocto,  amba- 
sciatoi'i  di  Messina,  son  confermati  omnia  et  singula  privilegia  gracias 
frauqu'laics  immunitates  liberlales  ritus  consuetudines  stalula  et  bonos 
usu.Kdii:lei:ivHalis,  etc.  Fin.  Datum  Catìianieper  nobilem  sallimbeni  de  mar- 
quisio  ile  nies.\'ana  militem  legumque  doctorem  regni  Sicilie  prothonota- 
riuin  ti  lufjoiht'.am  Consiliariu7n  familìarem  et  fidclem  regium,  anno 
dominire  Incarnacionis  Millcsiìiio  qualricentesimo  sextodecimo  die  ulti- 
mo octiibris  decime  Indiclionis  Regnique  eiusdem  domini  Regis  anno 
primo  viicanle  officij  cancellarli  ob  mórtem  cancpilarii.  Registrala  penes 
jn-ol/ionolit)  iiim.  Registratum  in  Cancellaria. 

{'.  53,  b.  Privilegium  de  continuationc  exercitii  iurisdictionis  terre 
mcUitii  slruticoto  messane.  Ca|.olet*era  miniata.  Com.  Infuns  Johannes. 
Serenissimi  domini  regis  Ferdinandi  berne  tnemorie  filtus  et  dei  gratia 
Dux  de  f.enyaficl  et  montis  albi  ac  prò  Illustrissimo  domino  alfonso 
rege  aragonum  et  sici'ie  fratre  nostro  carissimo  in  dicto  regno  Sicilie 
Vìccrcx.  Al/bili  Ricìiardo  filingerio  ìniiiti  Straticoto  nobilis  civilatis  mes- 
sane eie.  Fin.  Dalum  Calhanie  sub  nostro  sigillo  secreto  Die  iij"  lulii 
none  Indiclionis  M".t:ccc''.xcj''.  Nos  el  Infante.  Nobili  Straticoto  luratis 
et  Iudi':i/jus. 

ibid.  Privilegium  super  lurisdicione  terre  melacii.  Capolettera  mi- 
niata,  Giova  (jui   riportarlo    testualmente  :   Jnfans   Johannes    vicerex. 


298  MISOKLLANXA. 


Oonsiliarii  regii  nobisque  dilecti.  Essanduni  stala  facla  reìMioni  di  la 
continencia  di  li  privilegii  hi  quissa  nobili  chitati  ha  circa  la  lurisdi- 
doni  di  li  ter  ri  et  loki  di  la  plana  di  milaczu  et  ecciam  di  li  opposi- 
cioni  super  hiis  facti  per  la  universitali  di  milaczu,  per  lu  dilectu  no- 
stru  consigleri  misser  anioni  de  lurribus  legum  doclor  (sic)  Ad  cui  la 
revisioni  di  li  vostri  privilegii  predicli  ac  audiencia  di  ipsi  opposicioni 
commisimu  Tandem  havimu  deliberocione  matura  provistu  hi  vuy  Stra- 
iico  et  ludichi  poczati  et  digiali  usari  et  exerciri  la  lurisdicioni  di  vo- 
stru  officiu  in  la  dieta  terra  di  milaczu  luxla  la  forma  et  continencia 
di  lu  privilegiu  super  lurisdictione  ipsa  concessu  et  factu  a  quissa  uni- 
versitali per  lu  serenissitnu  Re  martinu  Iunior  (sic)  Re  di  quistu  regnu 
noslru  consobrinu  felicis  recordii  pero  vi  comandamu  ki  digiali  exequiri 
et  obediri  la  presenti  nostra  provisioni  et  non  tenlari  lu  contrariu.  Et 
cussi  per  altri  nostri  licleri  scrivimu  ali  officiali  et  universitali  di  mi- 
laczu hi  digianu  exequiri  et  obediri.  Datum  Calhanie  sub  noslru  sigillo 
secreto  die  ocij"  mensis  augusti  none  Indicionis.  Nos  el  Infante.  Regi- 
strata. Vidit  antonius  de  turribits.  Nobili  Slralicolo  ludicibus  et  luratis 
nobilis  civitatis  mes^,ane  Regiis  consiliariis  fidelibus  nobisque  dilectis. 

f.  54,  a.  Privilegium  quod  per  missionem  armigerorum  quam  fece- 
runt  messanenses  conlra  alchamum  non  preiudicelur  eorum  privilegiis. 
Capolettera  miniata.  Riporto  testualmente  anche  questo,  che  é  il  docu- 
mento di  data  più  recente  compreso  nel  codice  :  Alfonsus  Rex  Arago- 
num.  et  Sicilie  et  celerà.  —  Yicereges  in  diclo  regno  Sicilie,  regii  consi- 
liarii  dilecti.  Abenki  per  vostri  notabili  servicii  conslumati  comu  prin- 
chipali  chitati  di  lu  regnu  la  quali  sempriet  continue  non  risguardandu 
periculi  et  expensi  havi  animo  ferventi  ut  apparet  operis  per  effectum 
sirvutu  allamenti  la  sacra  casa  di  araguna  et  maxime  ahi  presenti 
cantra  la  terra  et  caslellu  di  alcamu  more  solilo  intinditi  serviri  di 
ki  multu  plachiriti  et  servirili  lu  comuni  serenissimu  signuri  Re  et 
ad  nui,  tamen  ne  per  avinlura  generassi  alcun  preiudiciu  lu  mandar i 
di  la  genti  ki  farriti  ali  vostri  privilegii  el  inmunitali  vi  declaramu  et 
cussi  per  li  presenti  vi  ceriifìcamu  ki  lu  mandari  di  la  genti  prefala 
nullo  futuro  tempore  gcniri  el  digia  generari  alcun  preiudiciu  ymo  si 
comu  su  stati  per  li  tempi  passali  sianu  in  fuluru,  et  czo  havemu  factu 
j)er  vostra  claricza  el  cerliludini.  Dal.  Nicosie  penultimo  lulii  decime 
Indicionis  sub  anno  domini  Millesimo  cccc'xvij",  sub  Regio  sigillo  secreto. 
Ilerdensls.  Anthoniue  de  Cardona.  Registrala.  Nobilibus  luratis  no- 
bili» civitatis  messane  regiis  consiliariis  dtleclis. 

f.  M,  b,  bianco. 

f.  55,  a.  Pare  scritto  di  mano   diversa ,   ma   contemporanea.  Incipit 
Caàellarium  continem  omnes  cabellas  et  slaluta  cabellarupi  et  aliarum^ 


JilSbÈLLÀlTIA  *  299 

institucionum  Nobilis  civitatis  messane.  Et  primo  de  cabella  casei  Sal- 
suminis  et  aliorum  membrorum  ipsius  cabelle.  Vtdelicet.  Capolettera  mi- 
niata. Gom.  :  Pro  quolibet  cantarlo  casei  inmiclendi  per  mare  etc. 
f.  55,  b.  Sequilur  de  cabella  salis. 
f.  56,  a.  De  m^mbris  sepi. 
f.  56,  b.  De  membris  cannapis. 

i  Carnium  sallilarum. 
f.  57,  a.  In  membro  }  Sagiminis. 

f  Assungie  et  Lardi. 

t.  57,  b.  Sequitur  de  membro  biscocti. 

ibid.,  De  tnembris  Oley. 

i.  58,  a.  De  membris  Tonnine  et  sardium  (sic)  sallilarum, 

f.  59,  a.  De  membro  minuti  salsuminis  et  campi.  Adiuncti  sunt.  E 
forse  vuol  dire:  che  vanno  in  aumento  delle  tariffe  principali  (f.  55, 
57,  58).  Dagli  atti  che  susseguono,  con  la  data  del  7  febbraio  K^98,  (1399 
m.  e.)  é  a  dedurre  che  tale  rimaneggiamento  di  tariffe  si  riporta  a  quel 
tempo. 

f.  60,  b.  Incipit  cabella  carnium.  In  dialetto  siciliano. 

f.  63,  a.  lura  et  proventus  Cabelle  campi  Nobilis  civitatis  Messane 
debenl  eocerceri  per  hunc  modum.  Yidelicel.  Capolettera  miniata.  Com. 
Pro  qualìbel  salma  frumenti  et  farine  etc. 

f.  63,  b.  Assise  Nobilis  Civitatis  Messane  facte  per  Universilaiem  eius- 
dem  super  Rebus  victui  hominum  necessariis  ostense  illustri  Regi  fride- 
rico  et  acceptale  per  eum  :  cioè  le  mele  per  la  vendita  dei  generi  anno- 
nari!, a  cominciare  dal  frumento  e  dalla  semola,  cui  seguono  in  speciali 
rubriche  :  De  Uria  (paste  alimentari)  de  fornariis,  super  molendinariis, 
super  Carnibus,  de  Piscibus,  super  Tonnina^  super  caseo,  super  Oleo.  Segue 
un  capitolo  de  ferranis,  e  cioè  per  la  ferratura  dei  quadrupedi ,  e  poi 
torna  super  Oleribus,  tra'  quali  si  comprende  la  legna  da  ardere.  Quindi 
le  celamide  (laterizi),  le  ferramenta  agricole,  le  candele  di  cera,  la  cubaita 
(noto  dolciume)  ecc.  Fan  seguito  la  tariffa  dei  dritti  spettanti  ai  giudici, 
ai  notai  ed  allo  Stratigò  per  la  confezione  degli  .strumenti  di  vendita,  ta- 
luni atti  provvisionali  dei  giurati  sulla  vendita  del  vino  a  minuto,  sul 
bollo  dei  metalli  preziosi  (in  siciliano)  sul  travaso  delle  mercanzie,  ecc. 
Quindi,  dopo  uno  spazio  di  sedici  linee,  nel  quale  doveva  essere  verisi- 
milmente  scritta  la  consueta  rubrica,  i  capitoli  concernenti  1*  esercizio 
della  pesca  e  del  salato  delle  sardelle  (fino  '/s  del  f.  68  a).  Il  resto,  com- 
preso il  f.  68,  &,  bianco. 

(Da  f.  66,  a  in  poi  mancano  le  capolettere). 

f.  69,  a.  Spazio  bianco  per  la  rubrica  e  per  la  capolettera,  che  man- 
cano. Comincia  :  [\)acobus  dei  grada  Rex  Sicilie  etc.  Per  presens  .  .  . 


300  uisoellaìtba 


privilegium  notum  fieri  volumiis  .  .  .  quod  Index  nicolosus  saporitus. 
Index  Rogerius  de  geremia  et  bernardus  coppula  .  .  .  nuncii  aiì'baxia- 
tores  et  sindici  universilatis  hominum  civilatis  messane  .  .  .  nostro  cuì- 
inini  Immiliter  supplicaverunt  ut  infrascriptas  libertates  immunilates  et 
gracias  de  subscriptis  causis  et  negociis  prò  reformacione  et  reparacione 
et  melioracione  status  fidelium  nosiror'um  civitatis  eiusdeni  .  .  .  conce- 
dere, ncc  non  et  subscripla  privilegia  eisdem  . . .  indulla  tam  per  quon- 
dam .  .  .  Imperato7'em  Enricum  triavum  nostrum  .  .  .  quam  jJer  .  .  . 
Pelrum  Regem  Aragonum  et  Sicilie  dominum  patrevi  nostrum  dare 
memorie,  et  nos  aniequam  assumeremus  regni  nostri  Sicilie  dyadema 
confirìiiare  .  .  ,  .  ,  dignaremur.  Nos  autem infrascriptas  liber- 
tates immunitates  et  gracias  de  novo  concedimus  et  subscripla  privi- 
legia .  .  .  confirmamus  prout  inferius  distincte  et  par  tieni  ar  iter  con- 
tinetur.    Videlicet  : 

.  .  .  quod  ludices  .  .  .  eligendi  de  mandato  nostro  anno  quolibet  .  .  . 
esse  debeanl  .  .  .  tres  legisle  et  duo  ydiote  Ita  tamen  quod  ydiole  ipsi 
legere  eL  scribere  sciant  .  .  . 

.  .  .  ludicem  unum  civem  messane  in  eadem  civitate  messane  .  .  . 
qui  2)ro  parte  .  .  .  curie  nostre  .  .  .  audiat  recipial  et  discutiat  et  de- 
bito fine  decidat  primam  appellacionetn  .  .  .  quolibet  anno  x>er  nostrani 
magnitudinem  volumus  ordinari  .  .  . 

.  .  .  quod  in  tunisio  civis  civilatis  messane  Comul  ìiominum  regni 
nostri  Sicilie  venientium  ad  eamdem  terram  tunisii  .  .  .  per  nostrum 
magnificenciam  eligatur  et  slatuatur  .... 

.  .  .  quod  .  .  ^  de  omnibus  rebus  et  mercihus  quas  .  .  .  per  mare  et 
per  terram  per  quoscumque  exleros  in  eadem  civitate  immicti  et  parlari 
conligerit  et  abinde  extrahi.  essi  paghino  soltanto  quel  che  spetta  aiga- 
belloti  0  credenzieri,  et  ad  solvendum  maiorem  vel  aliam  quanlitalem 
pecuntj  .     .  minime  compellantur  .... 

.  .  .  quod  cives  civitatis  eiusdem  qui  naves  et  alia  vassella  exlcrorum 
prò  portandis  mercibus  et  rebus  suis  ad  partes  alias  .  .  .  conduxerint 
prò  naulo  per  eos  .  .  .  convento  solvendo  in  terra  vel  in  loco  ubi  merces 
vel  res  ipse  exonerari  et  vendi  deijebunt,  lus  dohane  maris  ad  ralionem 
de  tarenis  auri  tribus  per  centenarium  tarenorum  curie  solvere  co- 
gebantiir,  sulla  considerazione  che  il  nolo  è  un  profitto  del  padrone  del 
bastimento,  sono  essi  esentati  dal  pagare  quel  dritto,  il  quale  vien  posto 
a  carico  del  dotto  padrone. 

.  .  .  quod  .  .  .  prò  exoneracione  .  .  .  rerum  et  fnercium  de  rase  in 
vose  medietas  diriclus  dohane  .  .  .  ab  ipsarum  patronis  ,  .  .  exiqatur. 

.  .  .  quod  si  aliqua  vassella  onerala  mercibus  .  .  .  venirent  ad  por- 
lum  civitatis  messane  et  ex  .  .  .  insta  evidenti  et  probabili   causa  .  .  . 


MISCELLANEA  301 


merces  ipsas  salubriter  .  .  .  teneri  non  possent,  ita  quod  prò  salvacione 
ipsarum  .  .  ,  opoì'teret  eas  facere  exonerari  de  vassellis  ipsis  in  terra, 
prò  ipsa  sola  exoneracione  .  .  .  si  nichil  exinde  vendilum  fueì'il  .... 
nichil  nostre  curie  vel  dohaneriis  Iribuatur  .  .  .  Sarà  pagato  bensì  il 
diritto  di  dogana  limitatamente  a  quella  parte  di  mercanzia  che  por  av- 
ventura andasse  venduta.  Qualora  poi  se  ne  operasse,  in  tutto  o  in  parte, 
il  travaso,  sarà  pagata  la  metà  del  diritto  corrispondente. 

Uxeria  quoque  necessaria  in  predicla  doìtana  porlus  prò  Iransdu- 
cendis  et  portandis  equis  mulis  et  aliis  animalibus  de  Calhona  in  Mes- 
sanam  e  viceversa,  construi  et  fieri  mandamus  instanter.  Se  codesti 
«  uscieri  »  si  trovassero  pronti  al  bisogno,  sarà  pagato  alla  dogana  il 
dritto  debito  e  consueto.  Qualora  mancassero,  ed  il  trasporto  dovesse 
operarsi  col  mezzo  di  bastimenti  di  altro  taglio,  e  non  con  gli  «  uscieri  » 
della  curia,  non  sarà  pagato  alcun  dritto. 

Sono  rilasciate  le  exacliones  balislrarum  (?)  quas  de  oneribus  vassel- 
lorum  navigantiurn  ad  partes  uUramarinas  patroni  ipsorum  onerum 
solvere  .  .  .  lenebantur. 

Si  concede  quod  vinum  .  .  .  extra  tenimenta  civitatis  messane  .  .  . 
nuìlatenus  deferulur  extra  vino  necessario  prò  usu  hospicii  domine  ma- 
tris  nostre  et  nostri  et  usu  faìniliarium  et  curialium  noslrorum. 

Vien  confermato  il  privilegio  di  re  Pietro,  concernente  la  composi- 
zione del  Consolato  del  mare  in  Messina. 

Si  concede  che  i  banchieri  {campsores)  non  siano  ad  altro  tenuti  che 
al  pagamento  di  oncie  sessanta  annuali,  prò  antiqua  assisa  de  iure  tan- 
lummodo  canibii,  e  della  pigione  delle  botteghe  della  Curia,  nelle  quali 
esercitano  il  loro  mestiere. 

Si  rilasciano  i  nuovi  statuti,  cioè  i  dazi  sul  ferro,  sul  sale,  sulla  pece, 
e  sulla  seta,  sul  cuculio  e  sulla  Rena  (sabbia  da  zavorra?)  che  erano 
stati  aboliti  da  re  Pietro  nel  parlamento  di  Messina. 

11  deteli uto  che  non  pernottasse  in  un  regio  castello  non  pagherà 
verun  diritto  al  castellano.  In  caso  diverso ,  a  mente  delle  costituzioni 
fredericiane,  pagherà  solo  grana  dieci. 

Si  confermano  : 

il  privilegio  dell'imp.  Federigo  (1°  maggio  XI  indiz.  1197)  per  cui  si 
concede  ai  cittadini  messinesi  la  libertà  d'immissione  e  di  estrazione  da 
quel  porto  ; 

il  privilegio  di  re  Pietro  (20  aprile  1283,  XI  indiz.)  per  cui  furono 
aboliti  mala  nova  statuta,  cioè,  le  nuove  imposte  dei  tempi  svevi  ed 
angioini. 

il  privilegio  di  esso  Giacomo  (15  dicembre  XII  ind.  1283)  per  cui  fu 
vietato  che  alcun  cittadino  messinese  tosse  convenuto  dinanzi  altri  ma- 
gistrati che  non  fossero  lo  Stratigò  di  Messina  ed  i  giudici  della  di  costui 
corte; 


802  uisOELLANEA 


il  privilegio  di  pari  data,  per  cui  fa  •  confermato  »  quod  Messanen- 
ses  ubi  eos  a  iribus  ultra  pxlra  predictam  civilalem  messane  ubicumque 
contingerit  inveniri,  possint  unum  ex  eis  .  .  .  in  consulem  eorum  eli- 
gere  et  statueì'e,  per  quem  questiones  et  cause  .  .  .  discutiantur  et  fina- 
liter  decidantur. 

Qui  presumibilmente  dovrebbe  trovarsi  la  chiusa,  non  che  la  data  del 
privilegio,  complessivo,  di  cui  ci  siamo  finora  occupati.  Invece  dopo  un 
brevissimo  spazio  bianco,  seguono: 

un  privilegio  dell'infante  Federigo ,  per  cui  si  concede  ai  cittadini 
messinesi  la  libertà  di  tingere  i  drappi,  senza  sottostare  alla  gabella  della 
tintoria,  fatta  eccezione  per  la  tintura  con  l'indaco  ;  si  consente  che  siano 
essi  equiparati  ai  Genovesi  per  le  franchigie  a  costoro  concesse  da  re 
Giacomo  ;  e  si  ribadisce  il  privilegio  di  essere  sottoposti  alla  giurisdi- 
zione della  curia  stratigoziale  solamente.  (Mancano  la  chiusa  e  la  data); 

un  privilegio  di  re  Federigo,  del  14  maggio  IX  indiz.  1296,  con  cui 
confermasi  il  precedente  dell'Imperator  Federigo  (di  dicembre  III  indiz. 
1199)  il  quale  porta:  Concedimus  igitur  vobis  et  heredibus  vestris  in  per- 
petuum  ut  per  totum  regnum  nostrum  in  mari  et  terra  liceat  vobis 
mercimonia  et  quaslibet  res  vestras  libere  ponere  et  exlrahere  et  cum 
eisdem  intrare  libere  pariter  et  exìre.  11  testo  di  questo  privilegio  im- 
periale é  bensì  ripetuto  immediatamente  dopo,  non  senza  qualche  va- 
riante. 

f.  74,  6  —  f.  76,  b,  bianchi. 

f.  77,  a.  Capitula  extracta  a  libro  Cnpitulorum  Curie  maris  nobilis 
Civilatis  messane  ad  peticionem  philippi  de  bonfilio  et  perigoni  de  Joffo 
ipsius  curie  consulum.  11  resto  di  q.  f.,  compreso  il  verso  ,  rimane  in 
bianco. 

f.  78,  a.  Quaskidunu  annu  in  li  festi  di  natali  di  nostru  signuri 
ihesu  christu  tucti  li  sei  consuli  li  quali  sideru  in  lu  offlciu  per  lannu 
passatu  si  divinu  congregari  et  iungiri  in  la  curii  ordinala  undi  lu  of" 
flciu  di  lu  consulalu  di  lu  mari  si  reyi  et  illocu  avendu  deu  et  la  bona 
iusticia  innanti  lochi  et  divinu  ysligiri  sei  gintili  homini  experti  in  larti 
di  lu  mari  patruni  di  navi  oy  mircadanti  la  quali  eleciuni  si  divi 
fari  per  schorti  et  per  scarfi.  et  non  per  malicia  oy  priyerij  di  au- 
trui  etc. 

In  qaesto  foglio  ricompaiono  le  lettere  capitali  in  rosso,  ma  senza 
ornati.  Da  f.  79  a.  ricompaiono  eziandio  le  rubriche,  che  sono  le  se- 
gnanti : 

di  lu  siyillu  di  la  curii  -  quantu  lempu  divi  lu  consulu  vacari  — 
per  kitta  maynera  divinu  li  consuli  prochediri  in  iusticia  —  ki  si  divi 
fari  in  la  quìatiuni,  facta  la  conclusioni  —  di  la  appellutiuni  —  di  kissa 


MISCELLANEA  303 


midemmi  —  quandu  sarra  facla  querela  per  hi  conslrictu  di  la  curii 
(cioè,  in  caso  di  sollevata  eccezione  d'incompetenza  per  ragione  di  estra- 
terrilorialità  ,  come  oggi  si  direbbe  in  gergo  curialesco)  —  comu  si  prò- 
chedi  a  quisliuni  facla  summarie  zoe  senza  scriptura  —  li  cunsuli  di- 
vinu  abreviari  li  termini  di  la  quisliuni  —  spisi  di  quisliuni  appellala — 
hi  iudiciu  p>o  fari  lunu  consulte  sulu  et  hi  non  senza  lu  cumpagnu  — 
la  poteslati  di  li  cunsuli  —  comu  mandirannu  li  cunsuli  lor  sentencia 
in  execuciuììi  et  primu  in  li  beni  mobili — comu  exiquirannu  in  beni 
stabili  —  di  iudiciu  supra  adimanda  di  noia  —  di  adimanda  di  nolu  et 
paga  di  marinari  —  di  sacramentu  simjAikimenti  dimandatu  per  la 
parli  —  la  forma  comu  si  prochedi  ala  execucioni  sicundu  lu  novu 
ritu.  (f.  82,  a). 

f.  83,  a.  Com.  Rogerius  divina  favente  clemenlia  primus  rex  Sicilie  du- 
catus  apulie  et  principatus  capue.  oplime  statuii  provida  moderalione 
vetuslas  ut  sui  recipiant  premia  laborantes  precipue  qui  publicis  utili- 
tatibus  obsecundant.  Fin.  ab  universis  effectualiler  observari.  Segue  spa- 
zio bianco  di  undici  linee;  quindi:  Datum  est  hoc  exemplar  originale 
de  nostro  mandato  pelro  de  camugla  loysio  de  trano.  militibus.  Io.  de 
columpna  luriste  et  philippo  bursa  filosofo  syndicis  diete  civilalis  per 
iacobum  de  maniscalco  militem  de  messana  in  lingua  greca  et  latina 
perilum  nostrarum  scripturarum  correptorem  in  civitate  panarmi  et 
sollemnitale  nostre  coronalionis  die  xv.  madii  sub  anno  Incarnationis 
verbi  M.  centesimo  vicesimonono.  aslantibus  reverendis  dominis  rogerio 
beneventano  Io  Salernitano  et  philippo  capuatw presulibus  ricardo  gaye- 
iano  duce  salerni  anselmo  piperio  de  sancto  flore,  pelro  de  sancto  severo 
domino  mercurani  quampluribus  aliis  (f.  85,  a).  Confrontato  con  la  le- 
zione datane  da  Lììnig  (Cod.  II.  dipi.,  voi.  11,  col.  2515-2518)  questo  testo 
presenta  numerose  varianti. 

f.  85,  a.  Segue  (in  nero)  Quisti  su  (in  rosso)  li  capituli  facti  et  ordi- 
nati per  li  nobili  lurati  di  la  nobili  chilati  di  missina  cum  consiglu  di 
li  chiladini  per  bencficiu  universali  li  quali  o/ferissime  preformanu  (sic) 
ali  magnifici  et  polenti  signuri  viceregenti  et  suplicanu  hi  sia  loru 
merci  acccplarili  et  confirmarili  per  lu  beneficia  antedictu.   Videlicet. 

Riguardano  il  consolalo  del  mare.  Le  de^^retazioni,  in  latino,  sono  con- 
trofirmate dal  solo  protonotaro  Salimbene  de  Marchisio. 

f.  86,  a  Tre  linee  bianche.  Indi,  in  rosso:  Per  li  consuli  sichiliani 
in  qualunquala  parli  di  la  mundu, 

\\  f.  86,  b  bianco, 


304  HISOELLANEA 


IT. 


Egli  è  noto,  che  l'Accademia  di  Storia  di  Madrid  possiede  un  bel  co- 
dice portante  l'epigrafe:  Coleccion  de  Documentosy  Reales  Cedulas per- 
tenecienles  à  Messina.  Del  contenuto  del  medesimo  fummo  ragguagliati 
dal  D/  Otto  Hartwig,  che  ne  comunicò  l'elenco  ad  Isidoro  La  Lumia;  que- 
sti ebbe  cura  di  stamparlo  ncWAì'ch.  Storico  Siciliano  (N.  S. an.  I,  314-322). 
In  susseguito,  il  Carini  tornò  ad  esaminarlo,  e  ne  die'  conto  più  ammi- 
nicolato  nella  relazione  sugli  Archivi  e  le  biblioteche  di  Spagna^  ecc. 
(II,  208-265).  Adesso  pare  a  me  opportuno,  dopo  aver  descritto  il  codice 
che  si  trova  oggi  in  potere  della  Biblioteca  Comunale  di  Palermo,  isti- 
tuire un  confronto  tra  questo,  e  il  codice  madrileno,  per  la  parte  concer- 
nente i  soli  privilegi.  E  il  confronto  mi  presenta  i  seguenti  risultati. 

Anzitutto  è  da  osservare  che  il  codice  madrileno,  aprendo  la  serie  coi 
notissimi  diplomi  dei  Consoli  romani  Appio  Claudio  e  Quinto  Fabio, 
Servio  Fulvio  Fiacco  e  P.  Calpurnio  Pisone ,  va  giù  fino  al  1479, 
cioè  fino  all'avvenimento  al  trono  di  Ferdinando  il  Cattolico;  anzi  fino 
al  1405,  includendovi  le  lettere  reali  di  Ferdinando  11  di  Napoli  di- 
rette ai  giurati  di  Messina,  che  sono  eziandio  nel  medesimo  comprese, 
tuttoché  a  rigore  non  costituiscano  dei  privilegi  accordati  alla  suddetta 
città  dai  propri  Sovrani.  Ma  postoché  qui  non  mi  occupo  del  valore 
intrinseco  dei  documenti ,  si  dell'età  del  codice  che  li  raccoglie,  ri- 
levo che  esso  é  di  molto  posteriore  al  codice  palermitano,  avvegnaché, 
.siccome  fu  sin  da  principio  notato,  questo  non  é  anteriore  al  1417,  né 
posteriore  al  1519;  però  non  contenendo  un  sol  privilegio  direttamente 
emanato  da  re  Alfonso  C14!6-1459),  non  si  dee  riferire  ad  età  di  molto 
posteriore  al  periodo  testé  accennato.  Dunque  è  assodato,  per  me,  che  il 
codice  palermitano  precede  almeno  di  un  mezzo  secolo  il  madrileno. 

Il  codice  palermitano,  siccome  si  è  di  già  rilevato,  incomincia  col  le- 
sto delle  consneliidini  della  città  di  Messina,  testo  che  si  presenta  non 
guari  difforme,  nella  sostanza,  da  quello  offertoci  dalle  stampe  lipetuta- 
mente  fattesene;  ma  é  per  certo  notevole,  attesa  la  redazione  in  più 
luoghi  differente.  Ho  notato  questo  fatto,  senza  fermarmi  a  ricercarne  le 
cagioni,  allesochó  il  presente  non  è  per  nulla  uno  studio  critico,  ma  sì 
una  para  e  sem])lice  descrizione  bibliografica ,  che  per  avventura  non 
sarà  detta  lunga,  attesa  l'importanza,  e,  direi,'  la  novità  dell'argomento. 
Avendo  per  altro  trascrit  o  l' intero  codice  con  intendimento  di  stam- 
parlo in  forma  diplomatica,  sarà  allora  il  caso  di  discutere  h\  questioni 
che  potoMero  elevarsi  al  proposito. 


MISCELI.ANKA 


305 


Si  é  rilevato  altresì  che  seguono  in  esso  codice,  con  ordine  invergo, 
le  costituzioni  dei  re  Giacomo  e  Federigo  di  Aragona;  e  ohe  le  costitu- 
zioni di  Giacomo  s'incontrano  eziandio  nel  codice  Filingeri,  contenente 
i  privilegi  della  città  di  Palermo,  destinato  forse  allo  stesso  uso,  cui  ser- 
vir dovette  quello  di  cui  si  è  tenuto  qui  discorso.  Ora  il  codice  madri- 
leno non  accoglie  né  le  consuetudini  di  Messina  ,  né  le  anzidette  regie 
costituzioni,  né  il  Cabellarhim  (f.  òS,  ';-f.  fiS,  6)  né  i  capitoli  della  curia 
del  mare  (f.  77,  a  •  f.  85,  a)  né  finalmente  i  capitoli  cont'ernenti  le  ope- 
razioni in  accomraandita  (f.  85,  a  -  X.  86,  a).  Per  contrario  ha  moltissimi 
documenti,  che  vanno  dall'anno  1421  al  l-WÒ,  non  che  una  specie  di  ap- 
pendice, nel  quale  comprendonsi  anche  carte  e  documenti  che  rientrano 
nel  periodo  dal  1392  al  1416. 

Restringendomi  al  periodo  iniziale  fino  al  1417,  presento  qui  un  qua- 
dro companitivo  del  contenuto  dei  due  codici  : 


Fo. 

'lio 

DATA 

Indicazione  sommaria 
dell'oggetto 

"m 

"1 

i 

i 

t 

Privilegio  dei  consoli  Ap- 
pio Claudio  e  Q.  Fabi.. 

»     »     S.  Fulvio    Fiacco 
e  P.   Calpuiiiio   Piso- 
ne  (1). 

Capitoli     della    cronaca 
H'iihxeon  Inn  \(isileon. 

1(2) 

Palermo  1129.  15  maggio  .     .     . 

Privilegio  di  re  Ruggiero  I. 

83,  a 

22 

Palermo  1160,  12  magg..  ind.  IX. 

»        Guglielmo  I   .    . 

29 

Messina  UGO,  20  agosto,  i!id.  IX. 

»                >          ... 

— 

31 

Palermo  1182.  4  magg.,  XV  ind. 

»        Gu;rlieimo  11.     . 

— 

33 

1197 

»        Arrijio  VI.     .     . 

_ 

37 

(1)  Cari.ni,  II,  258. 

(2)  A.  S.  S.,  I,  317. 

Arch.  Sior.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV. 


20 


306 


MISCELLANEA 


Lcazione  sommaria 
dell'oggetto 

Fo^ 

^lio 

DATA                             ^^^^ 

"3 

o 

ce 

s 

Messina  1194,  ind.  XIIl ,    V  kal. 
novembre Priv 

ilegio   di    Arrigo   VI 

24,6 

39 

Messina  1198,  gen.  ind,  1  (1).    .         « 

Costanza   .     .    . 

26,  a 

43 

Palermo  1199,  die.  ind.  III.    .    .         > 

Federigo  (2)  .    . 

26,6 

44 

Palermo  1188,  3  die.  ind.  III.    .         ■ 

»                   , 

— 

45 

Nola  1275,  4  luglio 

Manfredi  .    .    . 

— 

47 

Capua  1273,  3  maggio    ....         > 

*               »         ... 

— 

49 

Gaeta  1275,  4  agosto 

»               »         ... 

— 

51 

Capua  1272  (3)  24  febb.  XIV  ind. 

►        Carlo    .... 

26,6 

53 

Napoli  1272,  16  giug.  ind.  XV    . 

»            »        .... 

27,  a 

55 

Napoli  1272,  16  giug.  ind.  XV   . 

►            »        .... 

27,6 

56 

Viterbo  1276,  31  luglio  ind.  TV. 

>           »        .... 

28,6 

59 

Messina  1282,  15  febb.  ind.  XI  . 

•        Pietro  .... 

28,  6 

60 

CatoDia  1283,  12  die.  ind.  XII    . 

Giacomo    luogo- 
tenente .    .    . 

69,  « 

63 

Messina  1283,  20  apr.  Ind.  XI    . 

Pietro  .    .    .    , 

29,  h 

65 

Catania  1283,  15  die.  Ind.  XII    .1 

Giacomo    luogo- 
tenente .     .    . 

— 

66 

Barcellona  1294,  ///  kal.  auj.  . 

Giacomo  Re  .    . 

29,6 

67 

•                 »            .    . 

— 

69 

Messina  1296,  14  mag.,  ind.  IX  .        i 

Federico   luogo- 
tenente .    .    . 

30,6 

78 

(1)  m.  e.  1199. 

(2)  Il  Privilegio  porterebbe  la  concessione  di  Randazzo  ai  Messinesi. 
(8)  .Si  corregga:  24  febbraio  XIV  indiz.  1270  (71). 


MISCELLANEA 


807 


loazione  sommaria 
dell'oggetto 

Foglio 

DATA                           ^^^ 

t 

i 

o 

Lentini  1302,  1  ott.  1  ind. .    .    .  Priv 

ilegio  Federico  III  (sic) 
Re 

31,6 

85 

Lentini  1302,  1  ott.  I  ind. ... 

»                 »        .    ,    » 

32,6 

— 

Catania  1337,  9  die.  Ind.  VI  .    . 

Pietro  II   .    .    . 

32,6 

87 

Messina  1357,  4  febb.  X  ind..    . 

•        Lodovico  (i)  .    . 

33,  a 

88 

Aversa  1362,  15  ott.  li  ind.    .    . 

.       Giovanna  (1).    . 

35,  a 

95 

Napoli  1363,  18  mag.  I  ind.  .    .         i 

>               »         ... 

36.  a 

97 

Messina  1367,  26  ott.  VI  ind.     .         i 

>        Federico  III  .    . 

37,  a 

101 

(?)  27  marzo  Ind.  I,  Mes- 
sina 12  lug.  ind.  XV  ....         1 

•               i             ,    , 

— 

105 

Messina  1366  ind.  II 

•                >             .    . 

— 

109 

Catania  1382,  16  lug.  V  ind. .    . 

>        Maria    .... 

40,  a 

114 

Ciatania  1383,  14  febb.  VII  ind.  . 

•           »        .... 

40,6 

116 

Catania  1392,  8  die.  ind.  !..         ■ 

Martino  e  Maria 

— 

118 

Catania  1393,  11  sett,  II  ind.     .         i 

>               >               » 

41,  a 

122 

Catania  1396,  8  apr.  IV  ind.  .    .         ■ 

»               > 

42,  a 

129 

Catania  1396,  15  genn.  Ind.  V    .         t 

Martino     .    .    . 

— 

125 

-Catania  1397,  22  ott.  VI  ind.      . 

Martino  e  Maria. 

45,6 

134 

Catania  23  febb.  Ind.  V  .    .    .    . 

►        Martino     .    .    . 

43,  6 

136 

Catania  1399,  2  ag,  VII  ind.  .    .         i 

>       Martino  e  Maria. 

46,  a 

137 

Messina  1404,  25  lug.  XII  ind.  . 

>        Martino.    .    .    . 

47,  a 

140 

Catania  1406,  21  gen.  XV  ind.   . 

•               •         ... 

48,  a 

143 

Catania  (?)  25  ag.  Ind.  Vili    .    . 

1               »         ... 

— 

149 

(1)  S'intenda  Lodovico  e  Giovanna  d'Angiò. 


30S 


MISCELLANEA 


Indicazione  sommaria 
dell'oggetto 

Foglio 

DATA 

Pi 

s 

i 

1 

Catania  (ì)  \6  mag.  ind.  VII  .    . 

Privilegio  di  Re  Martino. 

— 

isa 

Catania  1392,  13  sett.  I  ind.   .    . 

»               »         ... 

— 

153 

Catania  (?)  8  ott.  ind.  X    .    .    . 

•               »         ... 

— 

155 

1413,  3  genn     .    .    .    . 

»        Ferdinando    .    . 

50,6 

156 

1413,  13  genn 

»               »              .    . 

52,  b 

158 

Catania  1416,  31  ott.  X  ind. .    . 

II  Vescovo  di   I.erida  ed 
Antonio  Cardona ,    vi- 

ceré     

53,  « 

— 

Catania  1416,  7  luglio  IX  ind.    . 

L' Infante  Giovanni  duca 

ili  Penafiel,  viceré  .    . 

53,6 

— 

Catania  12  agosto  IX  ind.      .    . 

lo  stesso 

ib. 

— 

Nicosia  un,  30  luglio  .    .    .    . 

Il  vescovo   di    Lerida  ed 
Antonio  Cardona  ,    vi- 

ceré     ■. 

54,  a 

— 

Prescindendo  dall'insistere  sni  fatto  della  mancanza,  nel  codice  paler- 
mitano, di  non  pochi  docomenti  che  si  vedono  accolti  nel  codice  madrile- 
no, non  posso  dispensarmi  dal  rilevare,  in  qu(?llo,  il  diletto  dei  due  documen- 
ti di  Guglielmo  I,  e  di  quello  di  Guglielmo  LI,  il  quule  conterrebbe  niente- 
meno che  la  conferma  dei  privilegi  consolari  già  ricordati;  — come  non 
posso  fare  a  meno  di  notare  i  tre  diplomi  attribuiti  allo  sventurato  Man- 
fjredi,  morto  e  sepolto,  oom'ognnn  sa,  in  co'  del  colla  soLlo  a  Benevento, 
nel  1266.  I  diplomi  suddetti  sarebbero  datati  del  1273  e  del  1275,  vai  quanto 
dire  sei  od  otto  anni  dopo  di  quell'anno  fatale!  Questi,  che  sono  a(!Colti 
nel  codice  madrileno,  al  cercherebbero  invano  nel  codice  palermitano; 
come  vi  si  oeicherebbero  eziandio  inutilmente  due  diplomi  della  Regina 
Maria  con  le  date  di  Catania  IG  luglio  13^)2  e  Catania  14  febbraio  1383, 
cioó  quando  la  d(Mta  regina  gi:\  trafugata,  era  condotta  prima  in  Sarde- 
gna, e  poscia  in  Catalogna. 

Farmi  eziandio  def^no  di  nota  il  fatto  che  il  privilegio  di  re  Ruggiero 
con  la  data  del  15  maggio  li2Qv  nel  codice  palermitano  non   ò  accolto- 


MISCELLANEA  309 


nella  serie  dei  privilegi,  ma  fa  seguito  ai  capitoli  della  curia  del  mare, 
e  viene  ad  esser  compreso  in  quella  che  potrebbe  dirsi  la  seconda  parte 
del  medesimo.  E  degno  di  nota  è  altresì  come  il  privilegio  di  Giacomo  luo- 
gotenente, con  data  di  Catania  15  dicembre  1283,  privilegio  che  sarebbe 
(come  parve  anche  al  Carini)  di  capitale  importanza,  è  sfuggito  alla  se- 
rie suddetta,  e  messo  in  calce  al  Cabellarium.  Si  può  dir  di  ripicco,  é 
vero,  che  ciò  sia  avvenuto  per  ragione  di  affinità  di  materia  ;  ma  re- 
sterebbe a  spiegare  perchè  codesto  criterio  di  affinità  di  materia  sia 
stato  cosi  saltuariamente  adottato. 

Potrei  andar  oltre  con  le  mie  osservazioni,  ma  giudico  meglio  racco- 
glierle tutte  insieme  nella  pubblicazione  dianzi  promessa.  Per  altro  quanto 
ho  detto  qui  basta  e  soverchia  al  mio  intento  attuale,  che  ó  stato  quello 
di  richiamare  l'attenzione  degli  studiosi  sul  codice  pregevolissimo  dalla 
Biblioteca  nostra  fortunatamente  acquistato. 


it4«'?=».<£y®.<s**45* 


IATO    E    lATINA 


RICERCHE   DI   TOPOGRAFIA   STORICA 


I. 


Tra  i  frammenti  che  di  Filisto,  storico  siracusano  del  IV  sec. 
a.  C,  ci  ha  conservato  Stefano  Bizantino,  ci  son  questi  due  : 

'léxai  •  (fjpoupcov  StxsXto»;,  GrjXuxwi;  •  O^Xiatoi;  Sxtiq  • 
xò  èOvtxòv  'lexofog  xal  'lexat'a. 

'lotxfa,  TcóXti;  ScxeXfa?  •  OtXtoxoi;  SixeXixwv  Seuxlptp  • 
xò  èOvcxòv  ['lamvoi;]  (1). 

È  qui  che  appare  la  prima  volta  il  nome  di  Iato  nella  geo- 
grafia della  Sicilia  greca,  e  non  si  sa  che  di  Iato  ce  ne  sia  stato 
più  d'uno  nella  storia;  è  per  ciò  che  quest'altro  nome,  'laixt'a, 
ha  fatto  sorgere  il  dubbio  se  si  debba  ammettere  l' identità  di 
'léxat  e  'latxfa.  Filisto,  si  dice,  non  può  aver  usato  due  forme 
diverse  :  esse  potrebbero  derivare  da  diversità  di  grafia  intro- 
dotta nei  codici  di  cui  si  serviva  il  lessicografo. 

Le  osservazioni ,  abbastanza  opportune,  sarebbero,  io  credo, 
valide  se  i  due  frammenti  ci  dessero  soltanto  i  nomi,  senz'altra 
iodicazione;  ma  Filisto  non  può  aver  usato  due  forme  identiche: 


(1)  Strph.  Byz.  ad  v.  Cfr.  l'edizione  critica  dei  framm.  futta  da  G.  M. 
GoLUMBA  in  Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XII,  1892,  fase.  III. 


MISCELLANEA 


311 


'létat  cppouptov  e  'lacxfx  uóXt?,  e  in  due  libri  diversi,  attestano  il 
nessun  valore  del  dubbio.  Onde  è  evidente  che  'léxac  castello, 
rocca,  va  ben  distinto  da  *IacT{a  città. 

Or  di  Méxat,  lete,  Iato,  posto  a  sud-ovest  di  Palermo  (1), 
sappiamo;  ma  'latxfa  ?  Avremmo  dunque  accresciuto  di  uno  i 
nomi  delie  città  che,  simili  ad  astri  omai  spenti  ,  si  aggirano 
muti  e  rigidi,  avvolti  nel  gravo  sudario  della  morte,  nell'im- 
menso spazio  della  storia? 


II. 


Ruj'giero  conte  di  Sicilia,  chiuso  con  Malta  il  periodo  del 
conquisto  (1091),  si  diede  tutto,  posate  le  armi,  al  riordinamento 
del  nuovo  e  promiscuo  popolo;  e  per  prima  cosa  pensò  alle 
Chiese. 

Nei  diplomi  per  cui  vennero  assegnate  le  diocesi  ai  vescovi 
di  Girgenti  e  di  Mazzara  —  sono  del  1093  —  il  confine,  risalendo 
il  corso  del  Bt^Iice,  giunto  fin  verso  il  nord  di  Corleone  va  per 
divisionem  lutinae  et  Cephalue  (Cefalà),  e  tra  le  città  o  i  villaggi 
appartenenti  secondo  tale  delimitazione  al  vescovado  di  Mazzara 
è  compreso  anche  Iato  (2).  Maggior  lume  si  ricava  dal  diploma 
arabo-latino  del  1182,  volgarmente  detto  Rollo,  per  cui  il  mu- 
n.fico  Guglielmo  li  assegnava  alla  sua  prediletta  Chiesa  di  Mon- 
reale l'esteso  territorio  compreso  tra  quelli  di  Palermo,  Cefalà, 
Frizzi,  Sciacc»,  Alcamo  e  Partinico,  modificando  così,  in  favore 
di  Monreale,  anche  la  giurisdizione  vescovile  del  1093.  Tra  le 
divise ,  0  feudi  come  si  sarebbe  detto  in  seguito ,  che  costitui- 
vano quella  di  Iato,  chiamata  per  ciò  magna  divina  Iati,  ce  n'era 
una,  la  divisa  latini,  che  aveva  con  le  altre  di  Benbark  e  Desisa 
comune  il  fiume  Felu,  nel  quale  si  versava  il  fiume  discendente 


(1)  Gfr.  G.  I.  G.,  BeroJini  MDCCCCIII,  voi.  Ili,  pag.  60=),  dove  il  Frana 
trasporta  erroneamente  letae  «  in  oppido  Alcarai  ». 

(2)  R.  Pirro,  Sicilia  sacra,  Palermo  1733,  pagg.  fe95  842-3. 


312  MISCELLANEA 


da  latina,  e  giungeva  a  settentrione  fino  aUa  via  che  da  Mertu 
—  oggi  Mirtu,  presso  Partinico  —  andava  a  Palermo,  e  fino  al 
monte  Marsus  —  Marzuddu,  a  sud-est  di  Partinico  —  ;  mentre  ad 

oriente  di  essa  s'avea  l'altra  divisa  detta  Gar,  che,  così  com'è 
designata  nel  diploma  (s'appoggiava  ad  austro  alla  Kala  Iati,  rocca 
di  Iato),  tlovette  comprendersi  nel  bucino  superiore  dell'Iato.  Or 
se  si  considera  che  i  nomi  delle  divise  che  si  trovavano  sul  con- 
fine occidentale  di  quella  parte  di  territorio  assegnata  alla  Chiesa 
di  Monieale  —  Beubark  e  Desisa  —  vivono  tuttora  sotto  le  forme 
di  la  Varca  e  Disisa;  e  che  dall'altra  parte  le  divise  poste,  sul 
confine  orientale  di  quella  magna  di  Iato  —  Elcumeit,  Rande, 
Rahalygt'us  —  corrispondono  ai  luoghi  la  Cumeta,  Renna,  Uagx- 
licèufii,  si  dovrà  convenire  che  la  divisa  latini  o,  come  anche  si 
disse,  la'inae  fu,  coritrariamente  a  quel  che  altri  ha  potuto  pen- 
sare, il  territorio  stesso  attorno  a  Iato  (1). 

Ma  le  divise  erano,  dove  più  dove  nìeuo,  sparse  di  casali,  di 
luoghi  abitati  dai  quali  prendevan  nome;  la  popolazione  rurale 
non  aveva  ancora  disertato  le  campagne  per  addensarsi  nelle 
città  :  il  diploma  avanti  citato  fa  menzione  di  circa  cento  tra 
casali,  borghi  e  castelli  allora  esistenti  nel  territorio  della  (Chiesa 
di  Monreale.  E  la  divisa  latina  ebl)e  anch'  essa  la  sua  popola- 
zione, riunita  in  un  villaggio  detto  appunto  latina. 


CI)  Mi  par  tanto  ovvia  la  cosa,  che  non  insisto  nella  illustrazione  di 
questo  passo  del  diploma;  che  del  resto  non  rai  mancherà,  spero,  majjfgior  op- 
portunità di  furio.  Intanto  è  bene  notare  che  per  «  tlumcn  rjuoit  descendit 
a  Yatina  »  intendo  quello  che  scorre  a  nord  di  S.  Giuseppe  Jato,  ed  il  Felu, 
dove  versa  le  suo  acque,  è  quello  iletto  Disisa,  che  poi  procedendo  nel  suo 
corso  col  nome  di  Gianquadara,  va  a  sboccare  nel  mar  di  Balestrate.  V. 
8.  Cuba,  Diplomi  greci  ed  arabi  di  Sicilia,  Palermo  1868,  pagy;.  187,  190, 
IflfJ  m^W  art.  Hentìurk,  Oesisa  e  Gar.  Quanta  parte  di  rajjione  abbia  avuto 
l'Amari  (Biòl.  I  190)  nel  cercar  Ialina  nel  territorio  dell'odierna  Piana  dei 
Greci,  e  quanta  il  Di  Giovanni  (Arch.  ut  sic.  1892,  pa^g.  485,493),  nell'a- 
verla voluto  riconoscere  nel  nome  di  una  contrada  lazarini  corruzione, 
ei  pen«ò,  di  Ialini,  ne'  pre8«i  di  Belmonlc  Mezzngno,  si  vedila  njcglio  in 
si'guilo. 


MISOELLAKEA  31- 


Del  qual  villaggio  si  ha  conno  in  un  altro  diploma  di  Gu- 
glielmo del  1183  (OusA,  pag.  249)  —  {laXoXXèx,  borgo,  Tì^axtvs,  — 
e  ne  parla  il  geografo  arabo  laqùt,  vissuto  in  quel  iempo,  il 
quale  notava  nel  suo  dizionario  che  "'  vi  si  coltiva  principalmente 
il  cotone  ed  il  canape  „  e  che  fu  patria  del  dotto  musulmano 
Ali-ibn-abd-Ailah.  Del  resto,  nient'altro.  Si  direbbe  che  una  poco 
benigna  stella  abbia  segnato  la  sorto  del  nome  di  questo  villag- 
gio :  comparso  sulla  fine  del  sec.  XI,  scompare  definitivamente 
sui   primi  del  XIII  senza  lasciare  alcuna  traccia  di  sé. 

bi  vogliano  considerare  i  tatti  eh' io  veri  ò  dispoi;endo  crono- 
logicamente e  che  mi  paion  degni  della  più  grande  attenzione. 

Dal  diploma  del  1093,  il  primo  della  serie,  si  sa,  vedemmo, 
di  un  territorio  di  latina,  e  si  sa  ancora  che  nell'allor  diocesi 
di  Mazzara  esisteva  un  Iato;  per  un  altro  del  1095,  pare,  (Cusa, 
paj.'.  1)  Ruggiero  dona  alla  Chiesa  di  S.  Maria  di  Palermo  alcuni 
servi  in  territorio  di  Iato,  ma  nessuna  notìzia  di  latina;  in  uno 
ancora  del  1133  si  parla  di  Iato,  e  non  si  dice  di  latina  (Cusa, 
pag.  515);  nel  1119  e  1154,  (Cusa,  28-34)  re  Huggiero  assegna 
su  i  beni  demaniali  del  distretto  di  Iato  certi  terreni,  e  la  de- 
limitazione è  fatta  dallo  stratego  di  Iato  coH'assistenza  di  fede- 
degni  e  di  vari  seniori  musulmani  e  cristiani  di  Iato,  niente  di 
latina;  Edrisi,  che  scrisse  la  sua  geografia  di  .Sicilia  nella  1* 
metà  del  sec.  XII,  non  tralascia  di  dire  di  Iato,  torte  ctistello, 
di  vasti  confini,  con  prigioni  sotterranee,  ma  nessun  accenno  ad 
un  villaggio  latina;  nel  diploma  del  1182  si  torna  a  parlare  del 
territorio  di  latina  compreso  nella  magna  divisa  Iati,  ma  non 
c'è  una  divisa  Iati;  da  quello  del  1183,  che  è  la  platea  o  ruolo 
dei  villani  della  Chiesa  di  Monreale,  risulta  esistere  il  villaggio 
latina,  ma  nessuna  notizia  di  Iato;  Yaqùt  (1178? —  1229)  pren- 
de nota  di  latina,  passa  sotto  silenzio  Iato.  Ma  siamo  già  nel  sec. 
XIII  ed  ulteriori  ricerche  non  aggiungerebbero  alcun  che  di  nuo- 
vo: latina  non  esiste  piìi  ;  possiamo  bene  fermarci  a  questo 
punto. 

Or  chi  attentamente  consideri  le  note  che  abbiamo  rilevato, 
non  potrà  non  rimaner  colpito  da  questo    fatto:    tutte    le  volte 


314  MISCELLANEA 


che  si  fa  il  nome  di  latina,  si  tace  quello  di  Iato,  e  viceversa; 
sembrerebbe  che  essi  si  sfuggisseio  a  vicenda. 

Eppure  i  due  paesi  furono  coesistenti  :  tutto  lo  dice  ;  entram- 
bi ebbero  importanza:  Ed  risi  e  Yaqùt  ne  fanno  fede.  Iato  è  latina. 
Ed  è  di  tale  evidenza  la  deduzione,  che  non  sarebbe  neanche 
necessario  aggiungere  che  la  traduzione  latina  di  un  documenta 
greco  —  quello  cit.  del  1133  —  ha  latina,  dove  il  greco  ha 
Giato  (1). 


III. 


Torniamo  a  Filisto.  È  lecito  identificare  'léxac  con  'laixfa  come 
s'è  fatto  per  Iato  e  latina  ? 

Qui  ci  sovvengono  due  passi  di  Diodoro  (XXII,  10,  4;  XXIII 
18,  5):  in  uno  è  detto  che  Pirro  chiamato  in  Sicilia  contro  i 
Cartaginesi,  dopo  aver  preso  Girgenti,  Eraclea  ed  altre  città, 
espugnata  Erice,  àTifjpe  upòg  x^v  'laixtvwv  TtóXtv  òXupóxYjxt  Stapepou- 
oav  xal  xaxà  toO  Ilavópfioo  xoXw^  xei}i£v7)v,  e  come  i  leti  ni  di  buo- 
na grazia  s'accordarono,  egli  si  volse  contro  Panormo;  nell'altro^ 
i  'loixTvo:,  cacciatoci  presidio  cartaginese,  si  danno  ai  Romani. 
Se  gli  abitanti  son  Matxìvoc,  la  'locxcvwv  TióXt;  è  la  'latxwc  di  Fi- 
listo, "  insigne  per  la  sua  fortezza  e  situata  in  bel  sito,  presso 
Panormo  „,  come  s' esprime  lo  storico  argiriense  ;  le  leggende 
numismatiche  poi  che  danno  lAlTINQN  (2),  non  lasciano  dubbio  al- 
cuno. Ma  questa  città  ci  è  nota  più  col  nome   classico  di  Iato  ; 


(1)  Pirro,  op.  cit.,  778.  In  questo  diploma ,  tradotto  abbastanza  fedel- 
mente, si  segtiuiio  i  confini  del  casale  MArtù  o  Mertù  —  oggi  Mirtu,  presso 
Partinico— e  si  ha  che  furono  verifieuti  dallo  stratego  ia/mac  e  da  altri 
ufficiali  fra  i  quali  un  caid  de  latino  ed  un  magister  castelli  Jatinensis^ 
ma  nel  testo  greco  è  detto  sempre  di  Giato  —  xoò  Tidzo».  Gfr.  Amari,  che 
tenne  presente  solo  la  Innhizione  Intitm  del  Pirro,  Bibl.  I,  190. 

(2)  V.  In  Thb  UuiTibii  MuBEUM,  Catalogne  of  Qreek  Coins,  Sicily,  85.. 
I/inlon,  1876. 


MISCELLANEA  315 


qual  meraviglia  se,  ai  tempi  recenti  collegando  gli  antichi,  si  fa 
corrispondere  'léxat  a  Iato  e  'lottxfoc  a  latina  ?  0  per  dir  tutto, 
la  TióXti;  'laiT^a  non  è  quella  che  in  seguito  si  disse  |iaXaXXèt 
T^ax^ve,  villaggio  Giatina  o  latina  ?  e  il  cppoupiov  'léxoc  non  fu  in 
appresso  il  kalat  Iati,  castellum  Iati,  o  xaaxIXXtov  xoO  Ftàxou  ?  E 
si  avverta  che  non  si  stenterebbe  molto  a  farne  una  'latxfva  della 
'Iatx{a,  come  Diodoro,  che  di  Filisto  è  conferma  autorevole,  ben 
c'insegna  (1). 

La  distinzione  per  tanto  di  cui  dicevamo ,  e*  è,  sicuro,  tra  r 
due  frammenti,  ma  va  intesa  in  questo  senso  :  'loixfa  è  il  nome 
della  città,  'léxat  è  quello  dell'acropoli,  la  parte  più  forte  ed  in- 
superabile ;  e  Filisto  tutte  e  due  le  volte  non  può  che  aver  in- 
dicato il  medesimo  sito,  notevole  per  popolazione  e  per  la  sua 
forte  rocca. 

'léxai  dunque  è  'lacxfa.  Le  forme  latine  però ,  letenses  di  Pli- 
nio (2)  e  letas  di  Silio  Italico  (3),  se  da  una  parte  sembra  che 
continuino  la  distinzione  tra  rocca  e  città ,  par  che  escludano 
dall'altra  l'antico  nome  di  questa,  alla  quale  viene  esteso  quello 
della  rocca:  così  letas  da  'léxat,  non  da  'latxt'a,  e  letensis  piut- 
tosto da  'laixlvoi;,  anziché  da  'lexafo?.  Forse  qui  Silio  volle  figu- 
ratamente usare  il  celsus  letas  per  laetia  o  laetina  quale  avreb- 
be naturalmente  dovuto  essere ,  ma  mancandoci  in  tutta  la  la- 
tinità gli  elementi  di  controprova,  dobbiamo  contentarci  di  espri- 
merne il  sospetto.  E  sospetto  non  infondato;  perchè  se  alla  distan- 
za di  quindici  secoli,  qual  è  tra  Filisto  e  le  prime  notizie  di  la- 
tina, ritroviamo  l'antico  nome  della  città,  ragion  vuole  si  am- 
metta che  esso  non  scomparve  mai  dall'uso. 


(1)  In  Diodoro,  XIV  9,  9  e,  passim  si  ha  "EvxeXXa  ed  'EvTeXXivot;  in 
un  fr.  del  lib.  XXIII:  8,  2,  si  legge  invece  TtóXt;...  'EvxeXXlva.  Entellina  es- 
sendo lo  stesso  che  Entella ,  la  lezione  'lanCa  di  Filisto  si  può  diritta- 
mente portare  a  latxlva. 

(2)  Nat.  Bist,,  III  8.  »  . 

(3)  Punic.  XIV,  V.  271. 


516 


MlaCKLLANEA 


Possiamo  qiiiiiili   istituire  il  segupnte  prospetto  morfologico  : 


/  'Ilxxc    'lacTt'a     'Isxaìog  loticvoi;      Filisto 


Per 


lodo    greco 


'latttvo; 


Periodo  tornano 


Periodo  arabo- 


(  lotns 

'  Giatìn 

Gialli 

Giatiiiah 

TCaxtvs 


normanno 


rtàxfiv 

latina 

latum  latinuui 


VONETE 
DlODORO 

SiLio  Italico 
Ictensis  Plinio 

Yaqùt 
Edrisi 

Diploma  del 
1182 

Diploma  del 
1183 

Carte  'ìreche 

latinensìs  Carte  latine 

Tatensis  G.    Malater- 

RA   (1) 


Non  sarà  fnoi-  di  Iuog(i  chind*  re  con  qualche  breve  ossor- 
■vazione. 

Si  noti  anzitutto,  per  la  fonetica,  come  il  gruppo  inizialo  (ìì 
suoni  '.e  od  lot  greco,  le  latino,  si  sia  in  seguito  cambiato  in  in, 
che  8Ì  pronunziavai  c/ìu  (  =  T^a) ,  come  nei  documenti  arabi  e 
greci  troviamo  scritto. 

Il  'léxoi  elle  St<  f.ino  Bizantino    avverte    espressamente  ossor 


(1)  7)«  reùus  gesth  Roberti  et  Royerii,  lib.  Ili,  cap.  XX-XXI.  In  Thes. 
antiq.  ital.  voi.  IV.  Sicil.  Il  («^slo  ha  suorreltjiincidc  lacenses  per  la- 
■tenses. 


MI8CKLLAITKA  317 


femminile,  diventa  maschile  nel  hitino,  letas;  il  Cluverio  {Sic. 
ant.,  1.  II,  e.  XII)  aiise  avanti  il  <lubbio  che  forse  Silio  volle  in 
tìn  diverso  una  sillaba  lunga  —  perche  poi  questo,  non  si  capi- 
sce abbastanza  (non  sappiamo  dove  mai  il  Fazello  (De  reb.  sic, 
d.  I,  1.  X,  e.  Ili)  -  e  non  potè  esser  altri  che  lui  a  render  così 
esigente  il  Cluverio —  abbia  letto  che  i'Iinio  usò  letiim);  sap- 
piamo bensì,  e  lo  seppe  anche  il  Fazello,  che  Plinio  scrisse,  ed 
una  sola  volta,  letenaes ;  ma  questo  nome  può  derivare  tanto  dal 
noto  maschile,  quanto  da  un  supposto  neutro.  Vero  è  però  che 
l'aggettivo  avrebbe  dovuto  essere  letaeus  da  *IsxaTo(; ,  ma  forse 
per  evitare  quo!  gruppo  vocalico,  è  prevalso  letensin,  che  sem- 
bra abbastanza  vicino  a  'latTlvog. 

Il  qual  'latxTvos  par  che  visse*  solo  presso  i  Greci;  i  Latini 
probabilmente,  non  ebbero  altro  che  ie^ews/s  ;  solo  durante  il  pe- 
riodo arabo-normanno  si  trova  un  latinensis  che  è  ancor  una 
prova  della  vitalità  di  latina  accanto  a  latitm;  e  a  chi  chiedesse 
perchè  fu  più  comune  latensis  o  letensis,  si  potrebbe  rispondere: 
perchè  più  breve  di  latinensis  o  Ittinensis.  A  proposito  di  lati- 
na, s'usò  —  vedi  anomalie  di  lingua  !  —  anche  il  neutro,  latinum. 

L' osservazione  del  Cluverio  sul  genere  di  letas  avendoci 
svegliato  degli  scrupoli,  dobbiamo  confessare  d'avere  scritto,  sì, 
FtàTov,  sul  latum,  ma  non  c'è  capitato  di  trovarlo  che  sempre  al 
genitivo,  xoO  Ftàxou;  chi  pertanto  volesse  crederlo  maschile,  po- 
trebbe non  ingannarsi.  Tanto,  si  può  ben  dirlo  ,  Iato  s'  è  visto 
di  tutti  i  generi  ! 

Importa  per  ultimo  avvertire  —  ciò  che  del  resto  ognuno 
avrà  notato  —  che  nell'  esporre  i  risultati  delle  nostre  ricerche 
abbiamo  tenuto  conto  soltanto  di  quelle  forme  di  nomi  dall'u- 
niversale consenso  accettate  (1).  E  nessuno  per  certo  vorrà,  di  tale 


(1)  È  necessario  che  noi  aggiungiamo  qualche  cosa  su  due  luoghi,  di 
Tucidide  e  di  Cicerone,  per  giustificare  la  nostra  opinione. 

Narrando  lo  Storico  della  grande  spedizione  ateniese  in  Sicilia,  dice 
(lib.  VII,  2)  che  Gilippo,  mandato  da  Sparta  in  soccorso  ai  Siracusani,  ap- 


318  MISCELLANEA 


restrizione,  farcene  un  carico;  perchè  in  siffatto  genero  di  studi, 
ove  mai  un  dubbio  sorga  e  la  critica  non  sia  concorde  nel  por- 
tare il  suo  giudizio  ,  prudenza  vuole  che  si  vada  molto  cauti 
nell'accogliere  un'opinione  fondata  non  sui  fatti,  ma  sul  crite- 
rio individuale. 


IV. 


La  storia  di  Iato,  o  latina  che  dir  si  voglia,  ha  una  parte  mode- 
sta nella  vita  dei  Greci  di  Sicilia,  per  quanto  ad  essa  strettamente 
si  connetta.  È  un  tenue  filo  quello  che  ci  guida.  Probabilmente 


.prodato  ad  Imera,  si  diresse,  raccogliendo  aiuti  dalle  città  amiche  ed  alleate, 
per  l'interno  dell'isola,  verso  Siracusa;  e  presa  durante  la  marcia  una  certa 
fortezza  dei  Siculi  e  messo  in  ordine  di  battaglia  l'esercito,  giunse  sulle  al- 
ture dell'Epipoli.  La  parola  che  contiene  il  nome  proprio  della  fortezza  è 
stata  variamente  letta  e  tormentata,  perchè  come  1  codici,  cesi  i  critici  non 
■sono  d'accordo  ;  se  ne  può  avere  un'  idea  leggendo .  ad  es.,  1'  edizione  di 
A.  FiRMiN-DiDOT  (Paris,  1833,  voi.  IV,  pag.  342),  o  quella  di  I.  Bekker 
(Berolini  MDCCGLXIII,  pag.  444,  in  nota)  od  i  commentari  di  E.  F.  Poppo 
(Lipsiae  MDGGGXXXVIII,  voi.  IV,  pag.  365).  Giova  però  avvertire  che, 
comunque  quel  nome  si  legga,  i  codd.  non  consentono  l'identità  col  'léxai 
di  Filisto,  perchè  la  lezione  più  accreditata  sarebbe  ysta  o  ystag,  alla  quale 
il  GòUer  volle  sostituire  'léxa^,  vedendo  per  tal  modo  in  Filisto  due  luoghi 
diversi  (cfr.  E.  Pais,  Storia  della  Sicilia  e  della  Magna  Grecia,  Clausen 
Torino-Palermo  1894,  voi.  I,  pag.  93,  n,  2).  Onde  noi ,  in  seguito  alle  in- 
dagini esposte ,  dobbiamo  concludere  che  i  due  framm.  di  Filisto  nulla 
hanno  a  che  fare  con  Tucidide,  e  ripetere  coli'  Holm  che  nella  parola  di 
Tucidide  ♦  è  contenuto  il  nome  di  un  castello  di  posizione  sconosciuta  » 
{Storia  della  Sicilia  nell'antichità  di  A.  Holm,  Torino  Clausen  1896,  vo- 
lume II,  pug.  96  nota). 

Più  semplice  ancora  è  la  disamina  del  luogo  di  Cicerone —  in  Verrem 
Uh.  II,  III,  103  —  in  cui  si  vuol  leggere  letini.  Noi  non  avremmo  trovato 
diflBcoltù  ad  accettare  questa  lezione  ;  ma  i  ms.  danno  concordemente /e^mi, 
ohe  non  ci  sarebbe  ragione  di  cambiare  perchè  in  Tolomeo  ora  si  legge 
A1)xov  invece  del  Afjyov  d'  una  volta.  V.  Holm,  op.  oit.,  voi.  I ,  pag.  138 
■nota;  e  ofr.  Pam,  u.  s. 


MISCELLANEA  319 


una  delle  città  più  importanti  dei  Sicani  (Holm,  loc.  cit.),  in  grazia 
della  sua  inespugnabile  posizione  potè  sottrarsi  per  lungo  tempo 
all'influenza  straniera  ;  che  i  Fenici,  corsari  prima  che  commer- 
cianti, pensarono  solo  a  fondare,  come  nelle  sicule  così  nelle  al- 
tre regioni  mediterranee,  più  che  vere  colonie,  delle  stazioni  na- 
vali per  ragioni  di  commercio;  ed  i  Cartaginesi,  eredi  naturali 
dei  Fenici,  dapprima  non  vi  possedettero  stabilmente  che  Lilibeo, 
Mozie,  Panormo,  Solus  ed  Imera. 

La  notizia  più  antica  dì  Iato  è  quella,  dicemmo,  di  Filisto  : 
rimonta  dunque  al  IV  sec.  a.  C,  quando  Greci  e  Cartaginesi, 
procedendo  nell'esplicazione  della  loro  attività ,  doveano  fatal- 
mente incontrarsi  nella  classica  terra ,  campo  aperto  alle  lotte 
delle  antiche  civiltà.  E  s'incontrarono  e  s'urtarono  per  primo  ad 
Imera  :  Siracusa  affermò  la  sua  preponderanza  nell'isola. 

Nel  lungo  dibattersi  tra  le  armi  greche  e  cartaginesi  le  vi- 
cende di  Iato  non  si  sanno,  s'indovinano.  Posta  sulla  via  che 
per  terra  univa  fra  loro  le  principali  città  marittime  dell'occi- 
dente dell'isola,  dovette  acconciarsi  di  buona  grazia  ad  accettare 
l'alleanza  o  la  signoria  di  Cartagine.  G'indigeni,  poiché  Ducezio 
non  era  riuscito  nell'impresa  di  far  una  Sicilia  senza  Greci,  si 
erano  rassegnati  a  pigliar  l'armi  non  più  per  se  stessi  ;  quindi 
s'  uniscono  in  parecchie  migliaia  ai  Cartaginesi  quando  questi, 
chiamati  dagli  Egestani,  con  manifesta  slealtà  vengono  a  distrug- 
gere Selinunte,  che  pure,  sola,  li  aveva  aiutato  contro  Gelone,  ed 
a  pigliar  vendetta  contro  Imera,  teatro  della  loro  antica  scon- 
fitta (406  a.  C).  Ma  Dionigi  risolleva  le  sorti  della  guerra;  rac- 
cogliendo aiuti  dalle  greche  città  ed  eccitando  lungo  la  strada 
alle  armi,  muove,  come  ad  impresa  nazionale,  alla  volta  di  Mo- 
zie, e  l'assedia;  tutti  i  Sicani  sono  con  lui,  solo  restano  devote 
ai  Cartaginesi  Halicia,  Solus,  Egesta,  Panormo  ed  Entella  (397 
a.  C,  Diod.  XIV  47).  Iato  per  conseguenza  stette  con  Dionigi  ; 
per  breve  durata,  perchè  colla  venuta  d'Imilcone  Dionigi  dovette 
ritirarsi  dinanzi  al  nemico. 

E  così  per  tutto  il  lungo  alternarsi  di  vittorie  e  sconfitte 
greche,  si  dovettero  alternare  le  sollevazioni  e  le  calme  di  Iato. 


320  UISCELLANBA 


E  quando  il  grande  Timoleonte  ,  presa  Entella  ,  battè  col  suo 
piccolo  esercito  quello  ingente  di  Amilcare  sulle  sponde  del  Cri- 
miso  (340  a.  C),  Iato  ne  risentì  certo  gli  effetti  ;  non  durevoli, 
perchè  la  pace  concessa  da  Timoleonte  lasciava  ai  Cartaginesi 
tutta  la  Sicilia  occidentale  di  là  dall' Halicus;  ne  Agatoole  che 
col  portar  la  guerra  in  Africa  primo  diede  l'esempio  ai  Romani 
di  attaccare  il  nemico  alla  testa,  fu  più  fortunato  di  Dionigi. 

Ma  il  giogo  di  Cartagine  non  fu  mai  accetto  ai  latensi: 
quando  Pirro,  già  provato  alle  armi  romane  ,  viene  in  Sicilia  a 
combattere  i  Cartìiginesi,  essi  gli  aprono  lo  porte  della  città 
(276  a.  C). 

Nuove  spade  brillano  al  sole  di  Sicilia  :  essa  che  prima  non 
avea  potuto  esser  tutta  greca  o  tutta  cartaginese,  diventa  una 
provincia  romana;  Iato,  ricaduta  dopo  la  fugace  apparizione  di 
Pirro  nelle  mani  di  Cartagine  ,  fu  tra  le  prime  che  con  Panor- 
mo  ed  altre  città  cacciato  il  presidio  cartaginese,  si  diedero  ai 
Romani  (254  a.  C).  Il  che  però  non  c'impedisce  di  supporre  che 
in  seguito  Verre  lo  abbia  fatto  sentire  il  peso  della  sua  pre- 
tura; che  se  ad  alcuni  portò  via  tutto,  ai  latensi  non  dovette 
lasciare  di  che  esser  lieti. 

Già,  a  dire  il  vero,  la  dominazione  romana  in  Sicilia  si  può 
ben  definire  una  continua  pretura  di  Verre.  Cicerone  scrisse  un'ope- 
ra —  in  Verrem  —  e  mirò  a  colpire  un  uomo ,  Strabene  scrisse 
un  capitolo  —  lib.  VI  della  Geog,  —  e  colpì  un  popolo.  Delle  fio- 
renti e  popolose  città  marittime  d'una  volta,  poche  al  tempo  di  Stra- 
bene sussistevano;  nell'interno  la  forte  Enna,  e  la  sacra  Erice; 
del  resto,  qualche  villaggio  di  pastori  ;  i  Romani  per  popolazione 
vi  tenevano  armenti  di  buoi,  di  cavalli,  di  pecore  e  sopratutto  e 
dapertutto  di  schiavi;  meno  quel  po'  ohe  poteva  bastare  al  con- 
•umo  dell'isola,  tutti  gli  altri  prodotti  andavano  a  Roma.  La 
Sicilia  era  allora  il  granaio  di  Roma. 

Al  tempo  di  Plinio  (a.  23-79),  quando  Augusto,  dando  un 
nuovo  indirizzo  allo  Stato,  mandò  colonie,  restaurò  città,  e  prov- 
vide ad  una  savia   amministrazione ,  i  latensi  erano  annoverati 


MISCELLANEA  321 


fra  Ifì  quRrantaseite  TpopoÌP.ziom  stipeììd/'firie  (ì)  :  forpo  la  qualità 
privilegiata  di  soci  o  federati  che  poterono  o=^sersi  acquistata 
colla  spontanea  dedizione  ai  Romani  al  loro  primo  giungere  in 
Sicilia,  la  perdettero  quando  passarono  un'altra  volta  ai  Carta- 
ginesi, durante  la  seconda  guerra  punica  (2),  o  certo  la  perdettero 
durante  le  guerre  servili:  Tato  insofferente  del  giogo  cartasinese, 
sperimentato  quello  di  Roma,  si  dovette  levare  anch'ossa  al  £rrido 
della  rivolta. 

Tale  periodo  di  riparazione  iniziato  da  Augusto  e  conh'nnato 
dei  successori,  fece  alquanto  diment'care  alla  Sicilia  i  gravi  torti 
di  Roma  :  ma  già  il  decadimento  del^'imp-'^ro  cominciava,  veniva 
meno  la  forza  coesiva,  lo  sgreganxento  nori  si  fece  attendere  a  lungo: 
la  Sicilia,  come  dfstinata  a  non  avere  mai  lunen  quiete  e  verace 
ristoro,  passò  dai  Romani  ai  Barbari,  da  questi  ai  Bizantini,  ai 
Musulmani,  fin<hè  i  Normanni  ,  attratti  dalla  facile  conquista, 
non   passarono,  colla  croce  e  la  spada,  lo  stretto. 

Colla  presa  di  Messina  (1061)  s'apre  per  la  Sicilia  la  nuova 
èra.  T  Musulmani,  quasi  sorpresi  di  tanto  ardimento,  resistono; 
ma  son  disuniti  :  la  mnggioranza  della  popolazione,  di  fede  av- 
versa :  cedono,  contrastando,  ad  .una  ad  una  le  fortezze  e  ridu- 
cendosi nella  regione  occidentale.  Caduta  Palermo  (1072),  fa 
guerra   si  può  dir  vinta,  se  non  finita. 

Quei  di  Iato,  in  massima  parte  musulmani ,  a  Ruggiero  che 
li  richiedo  del  censo  e  <lel  servizio ,  rispondoro  ricusando.  Si 
mosse  il  Conto  nel  1079  con  un  esercito  per  ridurre  a  piìi  miti 
consigli  i  ribelli,  ma  i  latensi,  fidando  nel  nunieio, —  erari  tre- 
dici mila  famiglie,  iperbolizza  il  Malateria — raccolgono  gli  ar- 


ii)  GoloTiie  romnne  ernno  in  Tauromenio,  Catana,  Siracusa,  Therme 
e  Tyndaris;  ni;i  Stnilione,  loc.  cit.,  aggiunge  anche  Panormo  che  Plinio 
dà  corno  oppidum  ;  solo  i  Centnripini  ,  i  Nelini  ed  i  Segostani  fnno  di 
condizione  latina. 

(2)  Sidoiiios  Aihcli  ferox,  et  celsus  Ictus 


luvere 

SiLio  Italico,  loc.  oli. 
Ardi.  Stor.  Sic.  N.  S.  sinno  XXIV.  21 


322  MISCELLANEA 


menti  e  le  coso  loro  nella  valida  rocca,  là,  sulla  spazio?a  mon- 
tagna, vi  si  rafforzano  munendola  di  mura  e  di  ridotti  nei  punti 
accessibili,  ed  attendono  animosi  che  il  nemico  si  stanchi  nel- 
l'attesa della  dedizione.  Ruggiero,  lasciati  quei  di  Sicilia  a  strin- 
gere Iato,  va  con  gli  altri  di  Calabria  .ad  assediare  Cinisi  che 
s'era  mossa  all'esempio;  e  corre  dall'un  campo  all'altro  dirigen- 
do gli  assedi,  esortando,  incitando,  minacciando ,  che  disperava 
quasi  di  riuscire,  finche  si  decide  a  ricorrere  ad  un  mezzo  effi- 
cace :  s'era  di  giugno,  le  messi  biondeggiavano  invitando  in  tanto 
strepito  d*armi  l'assiduo  colono:  Ruggiero  le  fa  ardere  (l):  Iato 
s'arrende.  Egli  nulla  impose  più  di  quel  che  aveva  chiesto  avanti 
l'assedio,  rispettata  la  religione  e  gli  averi  dei  vinti:  metodo 
questo  di  sano  accorgimento  politico  che  rese,  almeno  in  appa- 
renza, meno  stridente  il  convivere  di  elementi  così  eterogenei, 
quali  furono  i  popoli  della  Sicilia  sotto  i  primi  Normanni. 

Il  conte  Ruggiero  avuta  intera  la  signoria  dell'  isola,  pensò 
all'ordinamento  della  conquista,  "  la  grande  lotteria  feudale  „,  de- 
finì l'Amari;  alla  croce  e  alla  spada  colle  quali  s'era  fatta  ra- 
gione diede  la  loro,  e  non  piccola,  parte  ;  riservò  a  se  la  diretta 
amministrazione  di  alcune  città  e  terre.  Fino  al  1182,  anno  in 
cui  passò  alla  Chiesa  di  Monreale,  Iato  appartenne  al  demanio,  e 
fu  tenuta  di  tale  impcrtarza  che  ebbe  il  suo  governatore  regio, 
stratego,  e  un  d'  essi  fu  Giorgio  d'  Antiochia  ,  il  grande  ammi- 
raglio. Noi  incontrianjo  spesso  nelle  carte  dell'epoca  i  magistrati 
e  lo  notabilità  di  Iato:  sono  i  giurati — sceikh,  xaXol  òcvGpwTcot — , 
il  comandante  delia  fortezza  —  (lafaxwp  xo'j  xaat£AX''ou ,    magister 


(1)  Mcnsis  prat  sextus  Sextilom  denotai  oostus  : 

Ilic  studct  ut  lacdat,  studet  alter  ut  ilio  rocedat. 
Laedunt,  lacduntur:  sic  nltcrnando  premuntur. 
Sic  parihus  vutis  non  deficit  hoslibus  hostis. 
T«mpu8  crai  messia:  armis  macerai  ila  fessis. 
Urunlur  messe»:  turbai  rea  ista  lacenses  (latenses). 

Malaterra,  1.  e. 


UISCELLANEA  323 


•castelli —  lo  stratego,  i  notabili  del  luogo  —  caids  -—  che  segnano 
la  delimitazione  di  certi  poderi. 

Continuò  l'opera  di  consolidamento  dello  Stato  il  secondo  Rug- 
giero, il  dotto  e  savio  principe  coronatosi  re  in  Palermo  il  25 
dicembre  1130;  ma  troppe  cose  impedivano  il  quieto  vivere 
ai  vinti  Musulmani,  che  tuttavia  egli  ebbe  soldati  fedeli  e  va- 
lorosi nelle  sue  imprese  :  i  maneggi  di  corte,  la  diversità  di  raz- 
za, l'odio  malcelato  di  religione;  non  assimilazione  quindi,  ma 
eliminazione.  E  il  primo  segno  di  una  persecuzione  religiosa  fu 
la  condanna  al  rogo  di  Filippo  di  Mehdia,  successore  di  Giorgio 
d'Antiochia  nell'ammiragliato,  accusato  di  simulata  fede  (1153): 
il  partito  musulmano  era  potente  a  corte,  contro  di  esso  si  ri- 
volgean  tutte  le  armi  dell'  altezzoso  ed  irrefrenato  baronaggio 
-<5oadiuvato  dall'insofferente  clero.  Mancata  la  mano  ferma  di  Rug- 
giero (27  febb.  1154),  i  baroni  in  Sicilia  ed  in  terraferma  die- 
dero fiero  travaglio  a  Guglielmo;  una  congiura  dei  nobili  armò 
la  mano  di  Matteo  Bonello  contro  Maione  Ammirato  (1160),  un 
nuovo  cecidio  di  Musulmani  avvenne  iu  Palermo  (1161). 

L'  odio  di  religione,  sopito  per  due  o  tre  generazioni ,  ride- 
stato dalle  guerre  civili,  scoppiava  or  qua  or  là  vivo  e  furibon- 
do, ed  i  principi  duravan  fatica  a  reprimerlo. 

Al  Malo  succeduto  Guglielmo  il  Buono  (1166),  i  Musulmani 
non  ebbero  gravi  ed  aperte  persecuzioni:  il  re  era  tollerante, 
amico  anzi,  e  lor  protettore;  ma  alla  sua  morte  (1190)  scoppiò 
nel  Val  di  Mazzara,  dove  s'eran  ridotti  ad  abitare  i  Musulmani, 
una  rivolta  che  fu  calmata  dalla  fiducia  nel  nuovo  re  Tancredi, 
fiducia  che,  pare,  non  venne  meno  sotto  Arrigo  VI  (1194-1197) 
che,  pure,  tanto  crudamente  governò. 

Ma  la  loro  condizione  diveniva  sempre  più  insopportabile: 
non  sicurezza  di  persona  e  di  beni;  nelle  terre  passate  dal  de- 
manio alle  Chiese  ed  ai  feudatari,  il  servizio  più  duro  ;  le  spese 
per  la  crociata  mandata  a  bandire  in  Sicilia  da  Innocenzo  III 
(1198),  gravanti  sui  vassalli,  la  più  parte  musulmani;  il  grido 
d'intolleranza  religiosa,  già  partito  da  Roma.  I  coloni  del  terri- 
torio della  Chiesa  di  Monreale  sentivano  ancor  più  il  giogo  dei 
nuovi  signori  (Amari,  Stor.  d.  Mus.  Ili,  574,  n.  1). 


324  MISCELLANEA 


Dei  Musulmani  capitanati  da  Marcualdo,  gran  siniscalco,  av- 
verso al  partito  papale,  fu  fatta  strage  nei  pressi  di  Palermo 
(1200).  Questo  avveniva  durante  la  minorità  di  Federigo.  E 
poiché  essi  non  aveano  ancora  combattuto  Tautorità  regia,  non 
forono  dichiarati  ribelli,  che  anzi  Innocenzo,  facendo  buon  viso 
a  cattiva  fortuna  ,  scrisse  benignamente  ai  Saraceni  di  Iato  e- 
di  tutta  l'isola  di  conservarsi  fedeli  al  re  di  Sicilia  (Amari,  op. 
cit.  Ili,  585). 

Perchè  Iato  fu  una  delle  rocche  piìi  importanti  dei  Musul- 
mani; ma  Federigo,  per  ragioni  facili  a  comprendersi,  preferì  sa- 
crificare gli  ultimi  avanzi  dell'islamismo  alla  sicurezza  dello  Stato. 
Cosi  nel  1222  (17  lug. -18  ag.)  lo  troviamo  all'assedio  di  Iato — 
capitanava  allora  l'insurrezione  un  Mirabetto  che,  preso,  fu  im- 
piccato in  Palermo  (1)  —  ;  per  quell'anno  però  e  per  parecchi 
appresso  si  distolse  dall'  impresa  :  i  Musulmani  avean  creduto- 
miglior  partito  sottomettersi  profittando  dello  buone  disposizioni 
di  Federigo,  il  quale,  accettati  gli  ostaggi  e  data  loro  sicurtà^ 
si  rimise  in  viaggio,  incalzato  dalla  scomunica  di  Gregorio  IX,. 
per  Terra  Santa  (1228). 

Ma  la  loro  sorte  era  già  segnata;  oppressi  da  gravi  debiti 
che  minacciavano  di  privarli  degli  averi  e  della  persona,  dispe- 
rati, maltrattati,  aizzati  dall'odio,  perseguitati  come  fiere,  si  ri- 
dussero tutti  sui  monti  di  Iato  e  di  Entella  e  per  tre  anni  (1243-46) 
tennero  duro  alle  minacce  di  Federigo^  finche,  stretti  dalla  fame, 
si  arresero;  lo  città  furono  distrutte,  ed  es»?i  mandati  u  raggiun- 
gere i  loro  fratelli  delle  parti  di  Girgenti,  da  tredici  anni  depor- 
tati a  Lucerà.  Questa  fu  la  fine  degli  ultimi  Musulmani  di  Si- 
cilia e  l'ultima  pagina  della  storia  di  Iato  o  latina. 

li  Fuzello,  che  scriveva  nella  metà  del  secolo  XVI,  notava 
che  di  luto  "  admirandae  extant  et  tota  urbe  acervatini  cal- 
cantor  ruinae  ,.  Oggi  più  nulla  resta.  S'erge  il  monte,  scosceso, 


(1)  C'ò  tn  territorio  di  Mezzoiuso,  n  3  km.  Hud-uvest,  iton  molto  lungi. 
dii  lutO|  un  monltf  detto  Maràbilu,  fonte  du  Mirabetto  o  Morabil. 


HISCELLAMEA  325 


accessìbile  sul  da  una  patte,  quasi  solitaria  vedetta,  staccato,  ad 
ovest  della  lunga,  montuosa  catena  che  chiude  a  mezzodì  la 
Oonca  d'oro^  l'operoso  colono  salirà  ancora  su  quel  monte,  col- 
tivando il  suolo, — vedrà  ancora,  mirando,  di  là  le  sottoposte 
fertili  pianure  ,  ma  il  nome  Iato  che  dà  alla  montagna  non  gli 
dirà  che  lassìi  fu  una  forte  città,  che  quelle  pianure  furon  ba- 
gnate dal  sudore  e  dal  pianto  di  lunghe  file  di  schiavi  incate- 
nati, e  dai  sangue  di  migliaia  di  combattenti. 


»^s»lH^f-^^e6» 


326  UISCELLANEA 


APPENDICE 


Scriveva  Yaqùt  nel  suo  Dizionario:  "latina  è  villaggio  di 
quei  che  appartengono  a  .ìlàs  nell'isola  di  Sicilia  „;  e  il  Wiisten- 
feld,  come  rilerisce  l'Amari  {BilL  II  190,  221),  seguendo  il 
compendio  di  quel  dizionario,  dove  lesse  "  Mìlàs  „ ,  volle  latina 
presso  Milazzo.  Al  che  l'Amari  osservò  che  la  lezione  Mìlàs  do- 
veva essere  falsa,  e  lasciando  insoluta  la  questione,  finiva  dicen- 
do ,  e  con  un  certo  senso  di  rincrescimento  ^  che  dobbiamo  ab- 
bandonare l'idea  di  trovare  il  capoluogo  del  distretto  di  latina. 
Ma  poiché  noi  siara  riusciti  a  dimostrare  che  latina  è  lo  stesso 
che  Iato,  non  dobbiamo  ricercare  un  capoluogo  di  distretto,  la- 
tina essendo  stata  essa  stessa  capoluogo  (1);  ed  è  ben  lo  sto-' 
rico  insigne  stesso  dei  Musulmani  in  Sicilia  che  ci  addita  il  mez- 
zo di  uscire  da  questa  che  —  non  essendoci  la  benché  vaga 
notizia  di  un  Mìlàs  nel  territorio  di  Iato  —  parrebbe  una  via^^ 
senz'uscita. 

Esponendo  egli  (Storia  d.  Mus.,  voi.  III,  lib.  V,  cap,  IX),  con 
maggior  rigore  di  critica  ed  esattezza  storica  che  non  avea  fatta 
il  Gregorio  nelle  sue  Considerazioni  (lib.  Il,  cup.  VII),  qual  fu 
]a  condizione  dei  vinti  alla  venuta  dei  Norjuanni  in  Sicilia,  si 
ferma  a  lungo,  di  proposito  y  su  quella  dei  vassalli ,  fin  allora 
poco  ben  definita  nel  diritto  pubblico  siciliano;  e  dopo  aver  fatto 
rilevare  come  la  schiavitù  durava  tuttavia  in  quel  tempo,  viene 
a  parlare  dei  villani  o  rustici  —  i  Tràpocxoi  delle  carte  greche  di 


(1)  Lo  dicono  eaprenamcnte  le  parole  del  cit.  dipi,  del  1183:  la  descri- 
zione del  confini  del  casale  Mirto,  donalo  alla  Chiesa  di  Lipnri  era  stata 
fatta  da  Gior^^io  Ammirato  6tt  xal  n^v  npot8p(av  loù  Fuìtou  òisItzs  xal  ndar]^ 
t1)c  Sia^tpoóoY)c  aòtffi  x*^P><  lotpaxi^Y*^  CUSA,  Dipi,  ecc.,  pag.  516. 


HISCELLANEA  327 


Sicilia  ,  gli  ahl-el-geràid  delle  arabiche  —  distinguendoli  in  due 
maniere:  P  villani  obbligati  per  ragion  della  persona — adscrip- 
titii,  Ivarcóypacpoc,  perchè  iscritti  nelle  platee  ,  come  si  dicevano 
allora  i  ruoli  —  e  sono  i  veri  servi  della  gleba;  2°  villani  ob- 
bligati per  ragion  della  roba — uomini  di  maks,  è^wYpa?pot,  per- 
chè non  iscritti  nelle ^/a/é^é»  propriamente  dette — :  gli  uni  e  gli 
altri  costituenti  una  classe  di  persone  che  stava  tra  gli  schiavi 
e  gli  ahl-el-Mehallét ,  "  gente  dei  villaggi  „  —  i  poupYtatot,  bur- 
genses  dei  diplorai  greci  e  latini  —  (1). 

Quest'appellativo  maks  si  trova  soltanto  in  pochi  diplomi 
arabici  e  greco-arabici  di  Sicilia,  l'ultimo  dei  quali,  quello  del 
1183,  basta  a  determinare  la  condizione  giuridica  di  questi  in- 
dividui posti  suir  ultimo  gradino  della  scala  del  vassallaggio. 
Per  il  qual  diploma — che  si  direbbe  un  complemento  dell'  altro 
dell'anno  avanti,  comunemente  detto  Rollo,  nel  quale  san  de- 
scritte le  vaste  possessioni  assegnate  al  favorito  monastero  di 
Monreale  —  Guglielmo  II,  modificando  l'ordine  precedente  che 
accordava  alle  Chiese    ed    ai    baroni    dell'  isola    di    ritenere  gli 


(1)  I  villani  o  rustici  avevano  personalità  legale,  potevano  testimoniare 
contro  i  borgcsi,  non  contro  i  nobili,  e  liberamente  possedere  e  disporre  di 
beni  allodiali  fuor  delie  terre  del  loro  signore;  a  questi  dovevano  il  servi- 
zio personale  in  un  dato  numero  di  giornate  di  lavoro,  o  r.n  tributo  in  de- 
naro o  derrate  all'anno,  o,  per  abuso,  l'uno  e  l'altro. 

Gli  uomini  di  maks—  che  vorrebbe  dii'e  passibili  di  balzelli  —  erano 
commendati,  affidati,  ospiti  :  uomini  liberi,  insomma,  o  supposti  tali  perchè 
riusciti  a  sottrarsi  alle  persecuzioni  del  loro  signore  e  che,  nella  speranza 
di  star  meglio,  andavano  a  chieder  ospitalità  presso  altro  signore,  ed  al 
quale  dovevano,  per  aver  tetto  e  pane ,  o  giornate  di  lavoro  o  tributo,  — 
come  i  villani. 

Gli  uomini  di  me// a/feY,  villaggio,  cioè  i  burgenses  —  e  sotto  questo  no- 
me s'intendevano  anche  gli  abitanti  della  città  —  erano  al  lutto  liberi,  po- 
tevano testimoniare  anche  contro  i  conti,  e  far  parte  dell'amministrazione  mu- 
nicipale ;  eran  soggetti  a  pagar  le  gabelle,  cioè  tasse  di  produzione  e  di  con- 
sumo, di  pedaggio,  portuali,  di  giustizia  e  collette  feudali,  ed  a  prestare  il 
servizio  e  l'alloggio  militare,  e,  nello  pubbliche  costruzioni,  l'opera. 


528  jnsGELLANKA 


uomini  di  mehalLa ,  viiiaggio,  e  quei  di  maks  rifugiatisi  nelle 
loro  terre,  restringe  questa  concessione  alla  sola  Chiesa  di 
Monreale  (1). 

Or  la  voce  maks  è  un'induzione  felice  e  storicamente  e  giu- 
ridicamente provata  invece  dell'altra  w./.s  che  si  legge  in  questo, 
come  negli  altri  diplomi;  voce  alla  quale  il  Gregorio  (De  suppu- 
tandis  ap.  arabes-siculos  temp.,  pag.  36,  n.  a.)  ed  altri ,  o  l'A- 
mari stesso  dapprima  (Archivio  st.  it.  eit.  e  Storia  ecc.  Ili,  243, 
D.  1-2;,  aveano  dato  diversa  interpretazione  leggendo  inils  o  mels, 
cioè  dubbi  o  mistit  designazione  applicabile  agi'  iscritti  esteri,  e 
traducendo  ascrittizt.  Nessun  motivo  c'impedisce,  se  ben  vedia- 
mo, di  riconoscere  opportuna  la  stessa  lezione  in  luogo  di  .ilàs  o 
Milàs  di  Yaqùt  (2);  onde  avremmo  :  "  latina,  villaggio  di  quei  che 
apparterìgono  al  maks...  „. 

.  E  nel  citato  diploma  del  1183,  tra  i  casali  e  i  borghi  che 
tengono  il  pi  imo  posto  per  il  numero  dei  villani  ivi  stanziatisi, 
c'è  latina  —  TJ^an've  —  dove  su  54,  30  sono  coloni,  uomini  del 
maks,  e  24  borgesi.  Al  che  è  da  aggiungere  il  fatto  seguente: 
dali'e|oca  della  concessione  di  Guglielmo  (1183)  a  quella  in  cui 
Yaqùt  publdicò  il  suo  dizionario  (1228)  ,  gravi  sconvolgimenti 
avvennero  nella  regione  popolata  dai  Musulmani  in  Sicilia:  la 
lotta  tra  il  cristianesimo  e  l'islaniismc  volgeva  al  suo  termine: 
Iato,  città  musulmana,  fu  uno  dei  focolari    delia    ribellione.  Gli 


(1)  GusA,  Diplomi  cil.  pug.  245.  La  traduzione  che  ne  fece  l'Amari  è 
in  Archivio  stor.  Hai.  i847,  app.  16  al  t.  IV ,  pagg.  49  e  87.  Essendo  in 
tale  concessione  couiprosi  anche  gli  uomini  di  mehalla,  burgenses,  l'Amari 
ne  ha  inTcrilo  che  si  deve  inlcndcre  di  quelli  obbligali  ad  una  data  quan- 
tità di  servizio  personale  per  la  coltura  dei  campi. 

(2)  Perchè  ognuno  veda  lo  stato  dello  cose ,  ecco  il  raflfronlo  delle 
lezioni  : 

Yaqùt  nel  Md'gain  (dizionario):  j^^^  =  .ilàs. 

•      ii";l  .Vlur&^iil  (compendio):    ;^^^   =  mllàs. 

Diploma  d«-l  1183: s*^^  =  ni.l.s  ,  clu;  il   greco   tnidaoe 


MISCELLANEA  329 


è  certo  che  i  Musulmani  di  Iato,  come  quei  di  Entella  e  di  al- 
tri luoghi,  quando  il  loro  fatale  destino  li  costringeva  a  posare 
le  armi  della  rivolta,  pur  non  essendo  fatti  schiavi,  non  pote- 
vano consetvare  quella  condizione  di  paiziale  o  di  completa  li- 
bertà che  prima  jLiodevano  ;  non  schiavi  dunque,  non  rustici,  non 
borgesi  ;  uomini  di  niaks,  tributali. 

Cosi  invoce  di  un  Milazzo  o  «ilti'o  nonìc  di  città  fantastica 
esistente  nel  sec.  XII  nel  territorio  della  (Chiesa  di  Monreale, 
avremmo  trovato  la  designazione  di  una  classe  di  villani,  non 
nuova  nella  storia  dtl  diritto  pubblico  siciliaiiO. 

Giorgio  La  Corte 


o<j<5s(5v<5^l|^éy?,-éy?io 


RASSEGNE  BIBLIOGRAFICHE 


DJ  Giuseppe  La  Mantia,  Dei  reali  Archivi  di  Sicilia.  Memoria 
inedita  del  Can.  Rosario  Gregorio  (pubblicata  a  cura  del),  Pa- 
lermo, Alberto  Reber,  1899. 

Il  La  Mantia  (che  onorevolmente  disimpegna  l'ufficio  della  dire- 
zione della  sala  di  studio  nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo,  renden- 
dosi molto  utile  agli  studiosi  coll'agevolarne  le  ricerche),  seguen- 
do le  belle  tradizioni  della  famiglia  sua,  ha  reso  un  buon  servigio 
agli  studi  archivistici. 

EgH  ha  pubblicato  l'importante  memoria  inedita  del  valoroso 
storico  del  diritto  pubblico  Siculo,  Rosario  Gregorio,  sui  Reali  Ar- 
chivi ,  facendola  precedere  da  una  breve  ed  erudita  prefazione, 
nella  quale  dà  in  nota  una  bibliografia  minuta  ed  esatta  di  tutti 
i  lavori  antichi  e  moderni ,  che  trattano  degli  Archivi  regi  di 
Sicilia. 

Il  Gregorio  fu  il  primo  in  Sicilia,  ed  è  rimasto  il  solo  fìn'oggi, 
che  sull'argomento  abbia  dato  una  trattazione  per  quanto  breve 
altrettanto  sistematica  e  cronologica  dal  tempo  Normanno  al  Ga- 
stigliano.  Questa  memoria,  rimasta  inedita,  fu  prima  saccheggiata 
dal  Can.  Cesare  Pasca,  il  quale,  interpolandola  qua  e  là  e  aggiun- 
gendo qualche  scarsa  notizia  per  l'epoca  più  recente,  s'attribuì  il 
merito  di  aver  compilato  una  Storia  degli  Archivi  diplomatici  di 
Sicilia  (sebbene  questa  pubblicazione  fatta  nel  1854-55  nel  Gior- 
nale r  Armonia  sia  rimasta  pressoché  ignota);  poi  servi  di  aiuto 
al  Silvestri  ,  che  iniziò,  ma  non  condusse  a  termine,  un  Saggio 
sullo  stalo  e  sulla  7'iforma  della  Legislazione  dei  pubblici  Architi 
in  Italia. 


BASSEONE    BIBLIOQRAFICHB  331 


Il  can.  Rossi  catalogando  i  mss.  della  Biblioteca  Comunale,  lo 
disse  di  carattere  alieno  ;  il  Silvestri  nel  1859  e  più  tardi  nel  '70. 
lo  riconobbe  del  Gregorio;  ma,  vedi  fallacia  degli  umani  giudizi, 
egli,  che  pur  servendosene  lo  giudicò  un  abbozzo  di  trattazione , 
non  seppe  far  meglio  che  raccogliere  e  non  terminare  una  massa 
indigesta  di  ottime  notizie. 

Molte  opinioni  e  parecchi  giudizi  e  dati  di  questa  memoria  si 
trovano  sparse  o  nel  testo  o  nelle  note  della  grande  opera ,  le 
Considerazioni  dello  stesso  Gregorio  e  non  rispondono  interamente 
alla  critica  storica,  perchè  le  ricerche  fatte  dopo  il  tempo  di  lui 
hanno  modificato  e  chiarito  molti  punti  ;  ma  non  è  a  negarglisi 
l'alto  merito  d'essere  rimasto  il  più  sistematico  espositore  dei  Reali. 
Archivi  di  Sicilia. 

La  pubblicazione  del  La  Mantia  è  quindi  molto  utile,  giacchà 
servirà  di  spinta  ai  cultori  dell'archivistica  siciliana,  onde  ripiglino 
gli  studi  sulla  storia  degli  Archivi  nostri  ;  la  quale  brevemente 
trattata  pel  tempo  normanno-svevo  anche  dal  Bresslau  {Handbuch 
d.  Urhund.  pp.  d35-138),  essendo  tanta  parte  della  vita  amministra- 
tiva si  ricollega  a  questo  gravissimo  problema,  su  cui  oramai  si. 
hanno  molti  discordanti  pareri.  - 


C.  A.  Garufi. 


Sac.  Dottor  Vincenzo  StrazzuUa.  Indagini  archeologiche  sulle 
rappresentanze  del  «  Signum  Christi  »,  Palermo,  1890,  Alberto 
Reber. 


Il  tema  preso  a  trattare  dal  valoroso  giovane  archeologo  sici- 
liano, che  in  poco  tempo  ha  dato  molte  prove  del  suo  eletto  in- 
gegno, è  di  capitale  importanza  e  conta  già  una  letteratura  ab- 
bastanza ricca  e  pregevole,  che  dal  lavoro  di  lustus  Lipsius  (1575) 
vien  giù  a  quelli  dello  Strzjgowscki,  del  Caspari,  del  Carini ,  del 
De  Waal  e  di  altri. 

Tutti  questi  lavori  permetterebbero  lo  studio  del  tema  geniale 
nel  suo  complesso,  cioè  dal  triplice   punto  di  vista  :  archeologico, 


S82  RASSEGNE    BIBLIOGRAFICHE 


paleo{rrafico  ed  artistico.  Uno  studio  siffatto  constaterebbe  le  varie 
forme  del  Siffmim.  CJiristi  e  ne  accompagnerebbe  passo  per  passo 
lo  sviluppo  e  lo  svolgimento  artistico  in  tutte  le  manifestazioni 
delle  arti  rappresentative,  cioè  nell'epigrafi  murali,  nei  cimiteri, 
nelle  medaglie,  monete,  amboni,  plutei,  capitelli  di  colonne,  pezzi 
musivi,  codici,  documenti  diplomatici,  pitture  e  miniature;  e  col- 
legherebbe alla  nozione  sistematica  del  progressivo  sviluppo  di 
quei  segni,  i  quali,  determinandosi  nelle  loro  linee  generali,  di- 
vennero i  termini  della  tradizione,  la  nozione  sistematica  del  pro- 
gressivo sviluppo  del  sentimento  artistico. 

L'A.  comprese  che  la  nuda  esposizione  cronologica  di  una  se- 
rie di  dati  e  di  ricerche  avrebbe  resa  pesante  la  lettura  di  un  si- 
mile lavoro,  ed  avvalendosi  del  fatto  che  sovente  l'esposizione 
cronologica  applica,  anche  indirettamente,  la  legge  dei  principi 
evolutivi,  dichiara  fin  dal  proemio:  «che  terrà  di  mira  certi  fatti 
e  circostanze  che  più  da  vicino  possono  riflettere  la  trasmissione 
e  la  transazione  dell'arte  classica  alla  cristiana,  il  simbolismo  della 
croce  nei  primi  secoli  della  fede,  taluni  singolari  paralleli  dell'an- 
tico e  del  nuovo  spirito  artistico,  i  principali  monumenti  che  ne 
confortano  il  passaggio  alla  èxxXscìa  twv  àesXcpcbv  xptaxiavwv  ».  Senza 
dubbio  il  fine  propostosi  dall'A.  è  buono;  ma  il  libro  avrebbe  gua- 
dagnato molto  di  più,  se  egli,  pur  fermandosi  all'alto  medio  evo, 
avesse  fatto  una  capatina  nei  monumenti  paleografici,  come  a  dire 
nella  Bibbia  greca  vaticana  (sulla  cui  origine  si  sono  tanto  dibat- 
'tuti  il  Vercellone,  il  De  Rossi,  il  Geriani  e  il  Vestcott)  e  negli  al- 
tri mss.  biblici  latini  e  codici  ecclesiastici,  tanto  più  che  poteva 
molto  utilmente  avvalersi  della  pregevole  monografia  del  Carini, 
pubblicata  in  due  edizioni,  e  ch'egli,  eruditissimo  nella  letteratura 
straniera  sull'argomento,  neppure  cita. 

Ma  lo  Strazzulla  ha  voluto  fermarsi  alla  sola  parte  archeolo- 
gica 0  non  è  lecito  muovergliene  appunto,  giacché  egli  non  ha 
preteso  offrire  un  lavoro  completo,  sibbene  una  serie  d'indagini  ; 
qualcuno  però,  forse  con  maggior  fondamento,  potrebbe  fargli  no- 
tare che  nella  parte  relativa  alla  Letteratura  potevano  altresì  ri- 
cordarsi, oltre  il  notissimo  e  recente  lavoro  del  Carini  (Il  edizio- 
ne, 1890),  quelli  del  Menchen  1734,  Jacuzio  1733,  Giorgi  1737,  Ga- 
spari  (Quellen  zur  Ooschìchte  des  Taufsymbols)  ecc. 

La  tela  schematica  del  lavoro,  divisa  in  7  capitoli,  ò  l'esplica- 
zione del  concetto  manifestato  nel  proemio. 


RASSEGNE    BIBLIOGRAFICHE  833 

I.  Schizzo  sull'uso  della  croce  nelTetà  classica  ;  II.  Ulisse  nel- 
l'arte cristiana  e  l'allegoria  della  croce;  III.  Le  prime  allusioni  al 
«Signum  Christi  »;  IV.  Il  Cristo  derisorio  e  le  calunnie;  V.  Per 
la  storia  della  croce  e  del  cristianesimo  ;  VI.  I  monumenti  più  in- 
signi della  croce  cristiana;  VII.  Altri  monumenti  e  di  alcuni  car- 
mi encomiastici  della  croce.  Segue  un  capitolo  dedicato  alla  Let- 
teratura. 

Dico  subito,  pria  di  venire  all'esame  di  ciascun  capitolo,  per- 
chè non  si  generino  dubbiezze,  che  come  indagini  archeologiche 
il  libro  dello  Strazzulla  si  presenta  bene  ed  è  utilissimo,  e  che 
l'insieme  di  una  serie  di  notizie  sparse  in  molte  monografie  fuse 
con  ricerche  nuove  gli  danno  un  sapore  d'originalità. 

Il  primo  capitolo  tratta  le  classiche  tradizioni  relative  alla 
croce  :  le  favole  di  Eros  legato  alla  croce,  di  Prometeo  e  di  Sinis, 
di  cui  le  prime  due  dalla  Grecia  passarono  in  Roma  e  vennero  in 
pieno  cristianesimo  cantate  da  Ausonio. 

Accanto  alle  leggende  la  storia. 

In  Palestina,  dopo  la  morte  di  Re  Saul  furono  crocifissi  sette 
consanguinei  di  lui  ;  un  gran  numero  di  testimonianze  elleniche 
dal  sesto  al  V  sec.  a.  C,  accertano  tale  uso  nella  regione  della  Per- 
side ,  che  posteriormente  fu  anche  seguito  in  Roma  e  nella  Per- 
sia. Descrive  il  modo  come  s'elevava  la  croce  e  s'imponeva  il  sup- 
plizio; con  un  passo  d'Isidoro  di  Siviglia  confronta  brevemente, 
ma  in  modo  chiaro,  le  frasi  greche  colle  corrispondenti  latine  e 
colle  testimonianze  di  Giustino  e  di  Cicerone  enumera  le  varie 
specie  di  crocifissione  ed  i  vari  reati  che  davan  luogo  a  quella 
condanna. 

Il  più  antico  documento,  secondo  l'A.,  che  ne  attesti  l'uso  per 
Roma  si  troverebbe  nelle  commedie  di  Plauto,  poi  nelle  Verrine 
e  nel  prò  RabirLo  di  Cicerone,  in  Orazio  ,  in  S.  Paolo  e  più  giù 
ancora  in  Valerio  Massimo,  Seneca  e  nell' epitomatore  di  Trogo 
Pompeo.  T.  Livio  narra  che  i  congiurati  a  danno  della  repubblica 
subirono  la  pena  della  croce;  Tacito  afferma  che  Nerone  la  inflisse 
ai  fedeli  cristiani. 

Dalle  leggende  e  dalle  crocifissioni,  storicamente  vere,  a  poco 
a  poco  nasce  e  si  sviluppa  il  simbolo.  «  La  tradizione  criminale  e 
rappresentativa  insieme  intrecciandosi  col  simbolismo  cimiteriale 
e  privato  dei  cristiani,  giungeva  fino  al  secolo  di  Ausonio.  La  ero- 


334  RASSEGNE   BIBLIOaBAFICHE 


ce  adottata  prima  di  Cristo  come  simbolo  religioso  (secondo  il 
Kraus)  fu  l'antica  croce  ansata  egiziana ,  da  quei  fedeli  poscia 
ampliata  per  esprimere  il  monogramma  di  Cristo.  Ed  i\  pentalpha, 
pentagrarama,  pentacipulum,  Salus  Pyiliagorae,  di  frequente  con- 
suetudine presso  il  popolo  Ebreo ,  quando  si  vuol  nascondere  ai 
pagani  il  segno  della  salute,  è  inciso  o  dipinto  o  impresso  su  gem- 
me, anelli,  arcosolì  di  catacombe  e  simili.  Così  il  pentalpha  entra 
nel  numero  dei  segni  arcani  e  di  duplice  significato  simbolico,  che 
nei  primi  tre  secoli  del  Cristianesimo  decoravano  specialmente  il 
cimitero  di  Pretestato,  forse  per  le  relazioni  di  civiltà  e  di  com- 
mercio esercitate  dalla  setta  ebraica  in  molti  paesi  di  domina- 
zione latina,  ed  anche  a  Roma  (p.  14)  ». 

Relativamente  all'altezza  della  croce  l'A.  inclina  a  credere  che 
nell'età  imperiale  l'altezza  o  la  bassezza  non  sia  ad  intendere  come 
sistema  legale,  variando  a  seconda  delle  disposizioni  proconsolari 
(p.  17). 

Sull'introduzione  del  simbolo  della  croce,  che  destava  tanto 
disprezzo  prima,  egli  condivide  l'opinione  di  Raoul-Rochette ,  per 
cui  il  T,  ch'era  simbolo  di  vita,  di  felicità  e  salute  presso  i  gen- 
tili, fu  accolto  dai  nuovi  fedeli  cristiani  perchè  rappresentava 
anche  alla  loro  fantasia  il  simbolo  di  colui  che  s' era  sacrificato 
pel  bene  dell'umanità. 

<r  II  II  capitolo  rintraccia  il  mezzo  adoperato  dai  primi  apolo- 
gisti del  Cristianesimo  per  l'esposizione  delle  verità  dommatiche 
riferentisi  al  soggetto  della  passione  ».  Gli  studi  dei  De  Waal,  Gar- 
rucci,  Kraus,  confortati  da  molti  passi  relativi  al  simbolo  che  Ulisse 
rappresentò  nella  fantasia  dei  popoli  classici  e  confrontati  coU'al- 
legoria  della  croce  nei  primi  secoli  del  cristianesimo  rendono  que- 
sta trattazione  piena  d'interesse  ed  attraente. 

Da  questi  confronti  l'A.  trae  una  conclusione,  certo  immagino- 
sa ma  probabile  (cap.  III).  Rapporta  «  il  misterioso  monogramma 
(Tyranio)  con  l'albero  (croce)  della  nax'e  (chiesa)  di  Ulisse  (Sal- 
vatore), che  navigando  presso  l'isola  delle  Sirene  (piaceri  della 
terra)  ne  supera  e  vince  le  attrattive  e  riesce  a  glorioso  porto 
(salvezza,  paradiso)  per  rivedere  la  miranda  coniux  (la  vera  glo« 
ria  ».  Questa  conclusione  è  confortata  dal  fatto  che  nei  primi  se- 
coli del  cristianesimo  i  fedeli  debbono  nascondere  agli  occhi  so- 
spettosi dei  pagani  (Schultze)  il  simbolo  della  redenzione  e  così  la 


BA8SEGNE    UIBLIOGBAFICHE  S'I^* 


T  si  pose  in  mezzo  al  nome  del  defunto,  la  croce  si  dissimulò  in 
aspetto  di  àncora.  «  Onde  se  per  un  canto  Ulisse  legato  all'albero 
della  nave  era  simbolo  usato  nei  primi  tempi  del  segreto  per  ri- 
cordarsi la  croce  e  il  crocifìsso;  l'ancora  e  le  altre  svariate  for- 
me di  croce  dissimulata  esprimevano  compendiosamente  quella 
che  nelle  istruzioni  morali  e  nell'esposizione  delle  divine  scritture 
trovava  più  fecondo  commentario  nella  storia  della  redenzione  » 
(p.  29). 

In  quei  primi  secoli  le  continue  persecuzioni  dovevano  neces- 
sariamente spingere  da  una  parte  i  non  credenti  a  deridere  e  ca- 
lunniare non  solo  i  fedeli,  ma  anche  l'oggetto  della  loro  credenza, 
e  dall'altra  spingere  i  fedeli  a  cantare  le  bellezze  della  fede  e  la 
gloria  di  Gesù  ;  lo  Strazzulla  tratta  questo  argomento  in  due  ca- 
pitoli separati  :  il  IV  ed  il  VI.  La  calunnia  e  l'irrisione  sono,  direi 
quasi,  compendiate  nel  celebre  graffito,  trovato  nel  1856  nel  quar- 
tiere assegnato  alla  guardia  pretoriana,  rappresentante  una  figura 
in  croce  con  corpo  di  uomo  e  testa  d'asino  e  vicino  ad  essa  un'al- 
tra figura  colla  testa  e  la  mano  alzate  verso  la  prima,  colla  scritta 
in  greco  «  Alexamenos  adora  (il  suo)  Dio  *.  Di  questa  irrisione 
l'autore  dovette  essere  un  giudeo  per  testimonianza  di  Tertulliano 
e  di  Minucio  Felice  (Gfr.  Gieseler,  Kirchengesch,  voi.  I,  p.  172  e 
seg.).  La  lode  e  l'encomio  sono  invece  compendiate  negli  epigram- 
mi di  papa  Damaso  e  nei  canti  di  Prudenzio. 

Per  la  storia  della  croce  sono  importanti  gli  accenni  alle  di- 
verse memorie  epigrafiche  ed  iconografiche  priscilliane,  ai  simbo- 
lici segni  della  croce  sia  decussata,  o  croce  di  S.  Andrea  (X),  sia 
immissa  (f)  più  comune  nelle  arti  e  nel  culto  delle  basiliche  pri- 
mordiali e  degli  ipogei.  Il  più  celebre  monogramma,  come  dimo- 
strò il  De  Rossi,  trovasi  nella  camera  degli  Acilii  al  cimitero  di 
Priscilla  fin  dal  II  secolo.  Il  Nazareno  poi ,  divenuto  ScoxVjp  della 
passione  e  resurrezione,  fu  allusivamente  considerato  nel  pesce, 
'ixiWc,  che  s'incontra  congiunto  coll'àncora,  nella  croce  gammata 
incisa,  dipinta  o  grafflta,  anche  negli  anelli  portati  dai  ricchi  cri- 
stiani 'Ixu£  infatti  va'e  :  'iTjaùc  XpioS-ò?  5-éou  Mloq,  otoTT^p. 

Dopo  Costantino  i  Cristiani  escono  a  poco  a  poco  dall'ombra 
e  dal  mistero  e  i  monumenti  della  croce  cristiana  si  moltiplica- 
no (cap.  VI).  Il  cimelio  trovato  in  Selinunte  dall'illustre  Prof.  Sa- 
linas  e  ricordato  dall'A.,  mi  richiama   alla   mente  la  lastra   mar- 


336  EASSEGNE    BIBLIOGRAFICHE 


morea  incastrata  nel  muro  della  facciata  di  fianco  del  magnifico 
protiro  del  tempio  di  Monza,  forse  dei  tempi  di  Teodolinda.  Il  mo- 
nogramma di  Cristo  racchiuso  in  un  cerchio  è  fiancheggiato  da 
due  croci,  da  ciascuna  delle  quali  pendono  attaccati  a  catenelle 
l'alfa  e  l'omega,  rappresentazione  che,  secondo  Mons.  Barbier  di 
De  Montault  (1),  raffigura  la  Trinità. 

La  parte  relativa  ai  monumenti  più  insigni  della  croce  cristia- 
na è  condotta  bene  e  con  sobrietà,  opperò  vai  meglio  rinviare  al 
libro  che  spigolare  in  un  campo  si  vasto. 

In  conclusione  lo  Strazzulla  non  ha  esaurito  il  tema  geniale, 
ma  dal  punto  di  vista  archeologico  ha  dato  un  buon  contributo 
alla  storia  della  Croce.  Alcune  eliotipiche  dimostrative  sarebbero 
state  molto  a  proposito. 


C.  A.  Garufi. 


Giustino  Fortunato.    Santa   Maina  di  Ferino.   Trani,  V.  Vecchi,. 
tipografo-Editore,  1899,  pp.  94. 

In  brevissimo  tempo  il  Fortunato  ha  dato  fuori  sulla  Basilicata 
una  serie  di  lavori  che,  malgrado  siano  forniti  di  molti  documenti 
inediti,  pure  accusano  la  fretta  nella  preparazione  e  nel  concepi- 
mento, come  dimostra  la  lunga  nota  colla  quale  in  questo  to- 
raetto  corregge  l'errore  in  cui  era  incorso  nel  lavoro  precedente 
relativo  al  luogo  dove  sorse  la  chiesa  votiva  di  S.  Maria  di  Vital- 
ba. Questo  io  dico  perchè  la  nota  cambia  alcune  precedenti  conclu- 
sioni, e  se  va  data  lode  all'A.  di  avere  corretto  sé  stesso,  si  può 
anche  osservare  che  la  correzione  in  cosa  importantissima  per 
una  breve  monografia  venga  a  ti'oppo  breve  intervallo.  Valeva 
meglio  pazientare  un  pochino  per  darci  uno  risultato  più  sicuro. 

Oggi  l'A.  ci  offre  due  altri  lavori  :  uno  su  S.  Maria  di  Perno 
e  l'altro  su  Rionero  Medioevale,  di  cui  m'occuperò  separatamente. 
Quello   relativo   a  S.  Maria   di   Perno  è  inteso  a  rammentare   la 


(I)  lnvenlaire$  de  la  basilique  royaìe  dì  Monza. 


RASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE  837 


storia  di  quella  Chiesa,  che  si  collega  con  le  vicende  della  valle 
di  Vitalba.  Precede  uno  studio  breve  ed  accui*ato  sulle  due  iscri- 
zioni latine  scolpite  al  sommo  della  porta  di  quella  Chiesa  e  tut- 
t'ora  esistenti  ;  però  non  so  resistere  alla  tentazione  di  porre  in 
rilievo  una  cosa  che  mi  ha  colpito.  Certo  egli  scrive  per  i  dotti 
e  per  i  cultori  degli  studi  storici,  come  ne  fan  fede  i  12  documenti 
latini  tratti  dall'Archivio  di  Stato  di  Napoli  e  pubblicati  nel  testo 
originale;  e  allora  perchè  non  risparmiare  a  sé  il  disturbo  di 
trascrivere  o  al  lettore  la  noia  di  leggere  per  tre  volte  di  sèguito 
la  medesima  iscrizione,  prima  coi  segni  paleografici,  poi  scioglien- 
do i  nessi  e  distinguendoli  in  versi  e  infine  tradotti  in  italiano  ? 
In  tal  caso  sarebbe  stato  molto  piìi  utile  dare  dello  due  iscrizioni 
i  fac-simili  in  eliotipia,  la  trascrizione  in  versi  nel  testo  e  in  op- 
portune note  le  varianti,  che  per  errore  di  lettura  trovansi  cosi 
nei  rari  manoscritti  coinè  nelle  più  rare  allegazioni,  che  tuttora 
avanzano  delle  controversie  giurisdizionali  del  sec.  XVIJI. 

Ritorno  all'argomento. 

Il  I.  paragrafo  tratta  la  geneologia  dei  Salvano  a  proposito 
di  Gilberto,  che  l'A.  ritiene  il  II  di  tal  nome  e  che  fu  il  fondatore 
della  chiesa  di  S.  Maria  di  Perno.  Il  IL  s'occupa  brevemente  della 
maestranza  di  operai  della  città  di  Muro,  di  cui  pare  fosse  stato 
il  capo  il  Sàrolo,  o  Sarlo,  al  quale  si  debbono  parecchie  costru- 
zioni nella  provincia  di  Basilicata.  Dei  rimanenti  paragrafi:  ii  III.  di- 
scorre con  sufficiente  larghezza  e  cura  dei  vari  possedimenti  di 
quel  monastero  che  nei  sec.  XIII  e  XIV  furono  nel  Goleto  nella 
valle  di  Vitalba;  il  IV.  AéìVaedes  di  Gilberto  II  di  Balvano,  presso 
il  monte  di  Perno,  e  propriamente  nelle  pertinenze  di  Armaterra 
e  presso  S.  Fole;  il  V.  delle  lunghe  controversie  che  dal  1513, 
al  1811  s'agitarono  fra  l'abate  dei  Verginiani  e  i  governatori  della 
Santa  Casa. 

L'A.  opina  che  ove  ancor  oggi  è  il  sito  di  .\rmaterra  me- 
dievale ivi  dovette  essere  un  vicus  dell'  età  romana ,  sia  per  il 
nome  di  Civita  che  tuttavia  conserva,  sia  per  i  numerosi  fram- 
menti epigrafici  venuti  alla  luce  nei  vari  scavi  che  si  son  fattL 
Il  villaggio,  nell'epoca  normanna  sede  di  un  giudice,  nella  parte 
bassa  avea  la  parrocchia  di  S.  Maria  della  Gronda.  L' A.  qui 
s'appoggia  alla  bolla  di  Eugenio  III  del  1152  (e  fa  bene)  da  lui 
pubblicata  nella   precedente   monografia   su  S.  Maria   di  Vitalba. 

Ardi.  Star.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  22 


338  liASSEGNE    BIBL100UAFICHB 


Ho  voluto  rilevare  questo  fatto  per  inferirne  che  l'autenticità  della 
bolla,  non  messa  in  dubbio  dall'A.,  scuote  le  conclusioni  di  lui  sul- 
r  origine  di  Atella  e  rafferma  il  dubbio  ch'io  sollevai  tempo  ad- 
dietro. {Arch.  St.  Sic.  voi.  XXIII). 

Nel  chiudere  questa  breve  rassegna,  convinto  che  l'A.  non  mi 
vorrà  male  per  la  sincerità  mia,  mi  permetto  fargli  notare  alcune 
mende  che  ho  riscontrato  nelle  note.  Parlando  di  Guglielmo  I  e  II 
di  Sicilia  li  distingue  ancora  cogli  epiteti  di  Guglielmo  il  malo,  di 
Guglielmo  il  buono,  quando  gli  studi  odierni  (cito  per  brevità 
quello  solo  dell' Hartwig  pubblicato  nel  1885  neìYArch.  SL  Nap.) 
hanno  sfatato  la  leggenda  della  somma  malvagità  dell'  uno  e  la 
conseguente  opposta  bontà  dell'altro. 

Per  la  Cronaca  del  Falcando  si  serve  della  vecchia  edizione 
del  De  Re,  quando  esiste  ora  quella  splendida  pubblicata  dall'Isti- 
tuto Storico  Italiano  di  Roma  e  curata  dal  Prof.  Siragusa  per  in- 
carico ricevutone  dalla  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria. 

A  proposito  dei  giustizierati  nell'  epoca  normanna ,  certo  non 
così  definiti  come  nel  tempo  svevo,  potevano  anche  citarsi:  la 
cronaca  di  Romualdo  Salernitano,  in  S.  R.  I.  voi.  VII,  p.  191, 
Giannone,  Pecchia,  Gregorio  e  (a  tacere  di  altri)  gli  studi  del 
Winkelmann  e  del  Ficker  sul  GrosshofjitsUtiar. 

G.  A.  G. 


Giustino  Fortunato.  Rionero  medievale ,   con  26  documenti  ine- 
diti, Trani,  V.  Vecchi,  tipografo-editore,  1899  (pp.  130). 

Il  casale  di  S.  Maria  de  Rivonigro,  t'ivus  nifjer,  la  prima  volta 
apparirebbe  come  feudo  vescovile  di  Rapolla,  nella  bolla  di  papa 
Eugenio  III  del  1152,  il  quale  si  richiama  a  precedenti  sanzioni  e 
conferme  di  ponlofici  da  Alessandro  HI  ingiù.  E  l'A.  discorre  con 
suflìciente  larghezza  delle  probabili  origini  del  vescovato  di  Ra- 
polla, di  cui  non  resta  accertato  che  un  fatto  solo  come  il  ^ììi 
antico,  cioè  che  nel  1079  papa  Gregorio  VII,  trasferiva  il  vescovo 
Or.so  dalla  sede  di  Rapolla  a  Bari.  Dopo  Orso  i  primi  due  vescovi 
sicuri  (messo  in  dubbio  Giovanni  Rapollano)  sarebbero  Ruggiero 
doli' anno  1141  e  Uberto  1183   ch'ebbe  parte  neU* edificazione  di 


RASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE  339 


S.  Maria  di  Perno.  Goll'aiuto  delle  due  iscrizioni  (ch'egli  dice  non 
bene  trascritte  dallo  Schultz  e  dal  Bertaux)  accerta  che  Riccardo 
vi  fu  vescovo  nel  1209  e  a  lui  seguirono  Giovanni,  Bartolomeo, 
ecc.,  come  si  desume  dalle  notizie  date  dall'Ughelli  e  da  alcune  al- 
tre iscrizioni. 

A  proposito  dei  diritti  del  vescovo  di  Rapolla  constata  che  la 
provincia  figura  nei  conti  compilati  dai  Maestri  Razionali  della 
Magna  Curia  per  oncie  102  d'oro;  parla  delle  mura  di  quella 
chiesa  e  del  castello  e  ne  segue  le  vicende  nel  basso  medio  evo,  forse 
perchè  la  storia  di  Rapolla  gitta  qualche  sprazzo  di  luce  sulle 
scarse  notizie  che  si  hanno  su  Rionero  medievale. 

A  p.  33  l'A.  apre  una  larga  parentesi  sui  capitula  sive  dado 
del  1303,  non  tanto  per  la  notizia  dello  stato  economico  della  re- 
gione di  cui  egli  s'occupa,  quanto  per  la  storia  dell'antico  diritto 
municipale  delle  provincie  napoletane.  Si  potrebbe  osservare  che 
sarebbe  stato  meglio  occuparsene  più  per  le  notizie  relative  alla 
provincia  di  Rapolla,  giacche  della  seconda  parte  il  Racioppi  ed 
altri  si  sono  occupati  con  speciale  cura.  Checche  sia  l'A.  ha  cre- 
duto darci  una  traduzione  integra  di  quei  capitoli  (pp.  33-381,  una 
breve  trattazione  dei  sistemi  tributari  (pp.  37-44)  e  noi  glie  ne 
siamo  grati,  se  non  altro  per  la  deduzione  che  Rapolla  nel  1303 
contava  2500  abitanti.  Rionero  300,  e  che  per  tassa  «  di  sussidio 
generale  j>  la  prima  pagava  102  oncie  e  l'altra  12;  cioè  alla  base 
di  4  once  per  ogni  100  abitanti. 

Nel  III  cap.  l'A.  ritorna  a  trattare  di  Rionero,  che  nel  1281  era 
un  povero  villaggio  di  poche  centinaia  di  abitanti.  Claquin  di  Bru- 
ges nel  1284  era  custode  delle  foreste  di  Vitalba;  a  lui  succedettero 
Gerardo  d'Ivort  e  sedici  anni  dopo  «  la  sozza  figura  del  Maiella  ». 

I  rioneresi  ed  anche  i  barilesi  (p.  47)  godevano  l'esercizio  degli 
«  usi  civici  »  sul  Gualdo,  sul  Monte  e  su  la  Valle  di  Vitalba,  però 
erano  soggetti  al  pagamento  della  «fida».  Ma  l'Ivort,  o  chi  per 
lui,  pretese  il  doppio  della  fida  ;  la  prima  inchiesta  fatta  su  ri- 
corso dei  Rioneresi  fu  a  loro  favorevole  ;  la  seconda  promossa 
dalla  vedova  d'Ivort  non  si  discostò  dalla  prima;  quattro  anni 
dopo  Carlo  II  li  esonerò  da  ogni  pagamento  di  fida  e  ordinò  il 
rimborso  dell'esatto  ;  ma  nel  1314  il  figlio  primogenito  di  re  Ro- 
berto rinnovò  a  Pietro  l'antico  privilegio.  La  lotta  fra  i  feudatari 
.  e  i  vassalli  (storia  abbastanza  comune)   si   fa   accanita  e  fiera  ;  i 


840  RASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE 


preti,  aiutati  dal  monarca,  ottengono  il  trionfo  di  vessare  i  rione- 
resi,  e  questi  nella  prima  metà  del  XIV  sec.  abbandonano  il  paese.- 
«  Più  di  cinquanta  altri  paesi  di  Basilicata  venivano  intorno  a 
quel  tempo  abbandonati  e  fatti  deserti  per  sempre  »  (p.  63). 

Deserto  rimase  l'antico  villaggio  fino  al  1533,  tempo  cui  risale 
l'origine  del  nuovo  Rionero  ripopolato  dagli  emigrati  dell'Epiro,, 
a  cui  si  unirono  più  tardi  carbonieri  e  maestri  bottai  dell'Ape 
pennino ,  i  quali  fondendosi  cogli  albanesi  finirono  per  impor- 
re al  villaggio  r  unità  dell'  idioma  italiano  (pag.  C9).  Proprio  al 
contrario  delle  nostre  colonie  albanesi  dì  Piana  dei  Greci,  Con- 
tessa, Mezzoiuso,  ecc.  che  tuttavia  sono  bilingui.  Il  nucleo  dei  pri- 
mi abitanti  venne  a  poco  a  poco  crescendo  :  da  500  sul  cadere  del 
sec.  XVII  saliva  a  3000  nel  1735  e  a  9000  nel  1752.  Verso  la  fine 
del  sec.  XVIII  ottenne  che  la  sua  colleggiata  fosse  provvista  dellai 
dote  di  600  ducati  annui.  Il  decreto  del  Murat  del  4  maggio  1811 
l'elevò  a  comune  autonomo  «  ed  oggi,,  fórse  meno  dei  primi  del. 
secolo,  è  sempre  un  gran  borgo  ».. 

Illustrano  l'argomento  26  documenti  inediti  tratti  dall'Archivio» 
di  Stato  di  Napoli,  i  quali  dal  14  Settembre  1203  vanno  al  Gennaio' 
del  1335. 

In  generale,  forse  perchè  la  materia  abbonda,  la  trattazione  di 
questo  lavoro  è  meglio  condotta  degli  altri,  e  se  l'A.  avesse  avuto- 
il  coraggio  di  compendiare  le  pagine  relative  ai  Capitula,  ed  alia 
storia  economica  delle  provinole  napoletane  oso  dire  che  sarebbe 
riescilo  molto  meglio.  Ad  ogni  modo  il  Fortunato  s'  è  reso  bene- 
mei'ito  delle  provincie  della  Basilicata  e  giova  sperare  che  contir 
nui  le  sue  ricerche  che  son  sempre  utili. 

G.  A.  G.. 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


4    K-t- 


Sac.  Vincenzo  Raciti-Romeo.  Aci 
nel  secolo  XVI,  notizie  storiche 
e  documenti.  Estratto  dal  volu- 
me Vili  e  IX  degli  Atti  e  Ren- 
diconti dell'Accademia  di  Scienze 
Lettere  e  Arti  degli  Zelanti  di 
Acireale.  —  Acireale ,  Tipografia 
dell'Etna,  i899.  In-8%  pp.  II,  369. 

II  sac.  Raciti-Romeo  con  varie 
monografìe  condotte  con  amore  am- 
mirabile ,  va  ricostruendo  di  sana 
pianta  la  storia  della  sua  Aci.  E  pen- 
satamente dico  di  sana  pianta,  per- 
ché quanto  innanzi  a  lui  erasi  scritto, 
•era  in  gran  parte  erroneo  o  non 
esatto.  II  nostro  A. ,  attingendo  ai 
documenti  autentici ,  passando  al 
vaglio  della  critica  quanto  dagli 
altri  era  stato  asserito,  e  giovandosi 
de'  suoi  studj  indefessi  di  storia,  ci 
(ha  dato  lavori  che  rivelano  la  verità 


vera  e  si  possono  con  coscienza  e 
fiducia  consultare  e  citare.  È  vero 
che  si  ferma  spesso  e  sproporziona- 
tamente su  minuzie  e  particolari, 
che  non  sempre  hanno  reale  e  ge- 
nerale importanza;  ma  si  tenga  pre- 
sente che  la  sua  e  storia  d'una  città, 
e  che  pertanto  all'interesse  di  questa 
giovano  appunto  le  minuzie  ed  1 
particolari. 

Con  la  guida  costante  de'  nume- 
rosi documenti  dell'  Archivio  comu- 
nale di  Aci  e  con  le  opportune  ricer- 
che critiche  ne'  libri  e  ne'  mano- 
scritti, il  Raciti-Romeo  ci  mette  in- 
nanzi tutta  Ia%ita  di  Aci  nel  cinque- 
cento, economica,  giuridica,  politica, 
agricola,  ecclesiastica,  militare,  mo- 
rale, civile,  artistica ,  descrivendo- 
cene le  vicende  con  abbondanza  di 
dettagli  e  non  perdendo  mai  di  vista 
le  vicende  generali   dell'  Isola  alle 


342 


BULLETTINO    BIBLIOGKATICO 


quali  le  acesi  vanno  necessariamente 
ed  intimamente  legate. 

E  toccando  le  imprese  e  gli  avve- 
nimenti che  nel  cinquecento  fecero 
in  Sicilia  più  rumore  ed  ebbero  sin- 
golare importanza,cnra  di  registrare 
scrupolosamente  la  parte  che  Aci  vi 
ebbe,  come  città  e  per  via  de'  suoi 
figli  0  degli  uomini  che  allora  la 
governavano. 

La  copia  delle  notizie  e  delle  os- 
servazioni é  completata  da  105  do- 
cumenti inediti,  che  fanno  corredo 
al  libro  e  sono  quasi  tutti  di  molto 
valore  civile  e  militare  ed  economico, 
che  ci  fanno  rivivere  la  vita  reale 
agitatissima  del  cinquecento. 

Compia  presto  l'Autore  per  tutt'i 
secoli  la  s'oria  della  sua  Aci ,  e  da 
questa  e  da  quanti  hanno  il  culto 
delle  patrie  memorie  gliene  verranno 
gratitudine  e  lodi. 

S.  S.-M. 


Noie  storiche  messinesi  dei  secoli 
XV  e  XVI.  Documenti  inedili 
raccolti  ed  illustrali  da  Q-iuseppe 
Arenaprimo  di  Montechiaro. — 
Messina,  Tipogr.  D'Amico,  i899. 
In-8«,  pp.  70. 

Distratto  disgraziitamente  quasi 
del  tutto  Tantico  Archivio  Comunale 
di  Messina,  é  fortuna  singolare  che 
qua  e  là  si  posM  scovare  e  salvare 
qualche  documento  relativo  alla  no- 
bile cittA  ed  nlle  suo  vicende  ed  alle 
virtù  de'  saoi  Agli.  Pertanto  ci  ral- 


legriamo sinceramente  di  questa  pub- 
blicazione dell'Arenaprimo,  la  quale 
accoglie  dodici  documenti  di  non 
poco  interesse,  illustrati  con  oppor- 
tune osservazioni  e  note,  e  che  van- 
no dal  1494  al  1543. 

Le  Istruzioni  date  agli  Ambascia- 
tori messinesi  per  il  Parlamento 
generale  siciliano  (1494),  la  Lettera 
de'  Giurati  di  Messina  a  Ferdinando 
il  Caltol;co  (li'JTj,  1"  alLi'a  di  questo- 
Re  ai  Giurati  per  la  Zecca  (1515), 
l'altra  del  Viceré  Moncada  allo  Stra- 
tigò  (1515),  mostrano  quanto  inte- 
resse, quanta  premurosa  cura  met- 
tesse la  città  per  la  questione  del 
primato  sull'Isola  e  dell'esercizio 
di  capitale  e  per  la  conservazione 
e  rispetto  de'  suoi  Privilegi.  I  prov- 
vedimenti per  accogliere  degnamente 
Carlo  V,  reduce  vittorioso  da  Tunisi 
(1535),  la  lettera  al  Viceré  Gonzaga- 
(1538),  l'altra  all'Abbadessa  del  Mo- 
nastero di  S.Gregorio  fatto  abbattere 
per  eostruire  i  nuovi  bastioni  (1539), 
il  Ceremoniale  per  lo  arrivo  dello 
Stratigò  Marchesa  di  Licodia  (1542) 
e  il  Civelo  de'  Centimoli  (1543),  mo- 
strano la  città  sempre  intenta  a  far 
magnifica  figura,  a  far  rispettare  i 
proprj  diritti,  a  provvedere  a  tutt'i 
possibili  bisogni  della  cittadinanza. 
Speciale  importanza  ha  poi  il  testa- 
mento del  celebre  Costantino  Lasca- 
ris,  che  qui  si  restituisce  al  genuino- 
testo  (1501). 

6  S.-M. 


BOLLETTINO    BIBLIOORAFICO 


343 


Suir  assedio  di  Lilibeo  nella  prima 
guerra  punica  ;  studio  storico  di 
Andrea  Di  Girolamo.  Trapani, 
Tipografia  Fratelli  Messina  e  C. 
successori  Modica-Romano,  1898. 
In-S»,  pp,  78,  con  una  carta  idro- 
grafica in  cromolitografìa. 

L'  assedio  famoso  di  I>ilibeo  per 
parte  de'  Romani  (avidi  di  predare 
per  intero  la  Sicilia  ed  affermarvi 
il  loro  assoluto  dominio),  la  eroica 
resistenza  de'  cittadini  lilibetani,  gli 
sforzi  dei  Cartaginesi  per  soccorrere 
i  loro  e  mantenere  la  supremazia 
sai  mare  e  sull'Isola,  le  varie  fazioni 
guerresche  fino  alla  disfatta  della 
flotta  punica  alle  Egadi  ed  al  trattato 
di  pace  che  assicurò  la  dominazione 
romana  in  Sicilia  e  segnò  la  deca- 
denza finale  di  Lilibeo,  sono  narrali 
in  quest'opuscolo  con  diligenza,  stu- 
diati con  critica,  illustrati  con  eru- 
dizione e  con  la  scorta  de'  ruderi 
antichi,  i  quali  sono  in  via  di  scom- 
parire dei  tutto,  ma  possono  ancora 
testificare  della  estensione  e  dello 
stato  della  vetusta  illustre  città  e  del 
suo  magni tìco  sicuro  porto.  Una 
bella  carta  idrografica,  che  segna  io 
stato  attuale  del  mare  lilibetano  ed 
i  limiti  dell'antico  porto  di  Lilibeo 
e  dell'altro  di  Mozia  ,  completa  il 
notevole  opuscolo  del  sig.  Di  Giro- 
lamo. 

S.  S.-M. 


Giovanni  Siciliano.  //  Marchese  di 
Torre  Arsa  e  la  Rivoluzione  sici- 


liana deHS48.-1899,  Remo  San- 
dron-Editore,  Milano  -  Palermo. 
In-16",  pp.  189. 

Questa  pubblicazione  ha  tre  spe- 
ciali intenti ,  che  risultano  chiari 
dalla  intera  lettura:  a)  Far  conoscere 
ai  molti  il  libro  del  compianto  Torre 
Arsa:  Ricordi  su  la  Rivoluzione  s/ci" 
liana  dagli  anni  1S48  e  i849 ,  che 
essendo  stato  tirato  in  un  numero 
non  copioso  di  esemplari  e  non 
messo  in  commercio,  é  conosciuto 
da  pochi  e  non  può  che  solo  da 
questi  apprezzarsene  la  molta  im- 
portanza ;  —  b)  Richiamare  ai  pre- 
senti la  nobilissima  figura  dell'illu- 
stre Uomo,  tanto  alto  d'  ingegno  e 
di  sapere  e  di  bontà  e  d' illibat-zza, 
quanto  modesto  e  gentile  sempre  © 
scMupre  uguale  fino  all'  ultimo  suo 
dì  ;  —  e)  Far  vedere  e  toccare  con 
mano,  su  la  guida  della  storia  della 
rivoluzione  siciliana  del  1848,  come 
e  quanto  le  istituzioni  parlamentari 
difettino  in  molte  parti ,  anche  se 
governate  da  uomini  retti,  convinti 
liberali, pieni  di  entusiasmo  e  di  fede. 

La  molta  materia  del  grosso  volu- 
me del  Torre  Arsa  é  qui  bene  rias- 
sunta, ed  accompagnata  da  osserva- 
zioni e  rilievi  opportuni  e  spesso 
arguti.  Ce  ne  rallegriamo  siiiceia- 
mente  con  l'A.,  anche  pel  piacere 
procuratoci  di  farci  rivivere  un  pò* 
con  l'indimenticabile  e  venerato  Mar- 
chese, della  cui  cotidiana  inapprez- 
zabile compagnia  go  lemmo  per  quasi 
tre  lustri. 

S.  S.-M. 


:J44 


BULLICTIltNO    BIBLlUOKAKlCO 


Doli.  Valentino  Labate.  Per  la 
storia  della  rivoluzione  siciliana 
del  1820.  Termini- Imerese,  Tipo- 
grafia Fratelli  Amore,  d899.  In-8" 
pp.  38. 

L'A.  fa  più  ampiamente  conoscere 
la  cronaca  inedita  di  Baldassare  Ro- 
mano :  .Notizie  di  ciò  che  accadde 
nella  cillà  di  Termini  nel  1820  e 
1821  durante  la  rivoluzione  sici- 
liana, cronaca  che  si  conserva  ine- 
dita tra'  ms.  della  Comunale  di  Pa- 
lermo (4Qq.  D.  79),  ed  alla  quale  par 
il  Sansone  attinse,citandola  anonima, 
nel  800  bnon  lavoro  sa  La  Rivolu- 
zione del  1820  in  Sicilia.  Il  Labate 
riassame  le  Notizie  del  Romano,  ne 
dimostra  la  importanza,  ne  riferisce 
larghi  tratti,  opportunamente  illn- 
BtraniJoli. 

S.  S.-M. 


di  Melfi  ;  —  che  poteva  invocarsi  an- 
che a  nome  dell'Arcivescovo  e,  può 
supporsi ,  a  nome  del  Signore  del 
luogo  ;  —  che  la  violazione  di  essa 
era  punita  in  Messina  con  la  confisca 
dei  beni; —che  la  Costituzione  I,  18, 
mitigò  in  generale  il  rigore  della 
pena,  e  le  Cos'it.  I,  16,  17,  19,  ne 
regolarono  1'  uso  e  la  competenza. 
È  questo  un  nuovo  e  notevole 
contributo  alla  qoistione  Ciulliana. 

S.  S.-M. 


Guida  dei  monumenti  di  Monreale 
compilata  dal  canonico  Parroco 
D.  Q-aetano  Millunzi.  Palermo, 
Tip.  Boccone  del  Poi^ero ,  1899. 
In-IG" ,  pp.  61 ,  con  cinque  foto- 
tipie, una  delle  quali  nella  pagina 
ultima  della  coverta. 


O.  A.  Garufl.  La  De/ensa  ex  parte 
domini  Imperatoris  iti  un  docu- 
mento privalo  del  1227-28.  To- 
rino, Roma-Mil'ino-Firenze,  Fra- 
V'ili  Bocca  Editori.  1890.  In-8% 
pp.  7. 

Stabilita  con  precisione  la  data 
dell'importantissimo  documento  (che 
è  dato  per  intero  in  un  tran-^unto 
del  !•  giugno  12')5)  e  fatte  acute  e 
dotte  osservazioni,  1'  A.  prova  (con- 
fermando gli  argomenti  in  proposito 
del  Di  Giovanni  e  dello  Schupfen 
che  la  Defensa  nomine  Imperatoris 
esisteva  in  Mcs^iina  prima  delle  Leggi 


È  un  libretto  ben  compilato,  che 
con  brevità  e  chiarezza  ed  esattezza 
dà  la  descrizione  del  Duomo  nor- 
manno (co'  suoi  mosaici,  regie  tom- 
be, cappelle  di  S.  Castrense  e  del 
Crocifisso,  e  sagrestia),  del  mirabile 
Chiostro,  de'  quadri  del  Novelli,  del 
Velasqnez,  del  Paladini  edelloStom, 
del  gruppo  in  plastica  di  Antonello 
Gagini,  e  di  quadri  e  statue  di  ar- 
tisti di  minor  grido,  esistenti  in  altre 
chiose  monrealesi.  Chiude  l'elegante 
libretto  una  notizia  riguardante  il 
Parco  reale  di  re  Ruggiero  ed  i 
sotterranei  di  Monreale  scoperti 
nel  1877. 

A  render  completa  la  Guida  oc- 


BULLETTINO    BIBLIOORAFIOO 


345 


correrebbe  la  illustrazione  del  Semi-  sina  (segnato  in  Catalogo  col  N.  180) 

nario  e  delle  due  librerie,  che  con-  dell'  epoca  stessa. 
«ervano  tanti  pregevoli  libri  e  ma-  S.  S.-M. 

noscritti.  Ci  angariamo  che  in  una 
nuova  edizione  il  valoroso  can.  Mil-  — 

lunzi  vorrà  esaudire  il  nostro  desi- 

•derio.  Saro  Cucinofla.   Lettura  di  Fran- 
S.  S.-M.  casco  Quardione.  i899.  Paler- 

mo. Alberto  Reòer.  la-ÌQ",  pp.  30. 


Vincenzìna  Inguauiato.  Real  co- 
ronazione di  Vittorio  Amedeo  II 
di  Savoia.  Oìnferenza  letta  alle 
alunne  della  R.  Scuola  normale 
femminile  «  Regina  Margherita  » 
il  giorno  H  Novembre  i897.  Pa- 
lermi. Tip.  F.  Barravecchia  e 
Figlio  1898.  In-S"  picc,  pagg.  32. 

Dalle  memorie  e  da  speciali  pub- 
ilicazioni  coeve,  la  egregia  scrittri^ie 
riassume  con  l'orma  conveniente  ed 
■esattezza  storica  le  feste  e  le  cere- 
monie  che  si  fecero  in  Palermo  per 
la  coronazione  a  Re  di  Vittorio  Ame- 
deo li,  facendo  opportuni  richiami 
Alle  storiche  vicende  ult^^riori  della 
Casa  di  Savqja  in  rapporto  alla  Sicilia 
ed  alP  unità  italiana. 

E  poiché  (la  una  nota  di  pag.  5 
apprendiamo  chi-;  la  Scrittrice  si  ac- 
cinge ad  illustrarci  un  manoscritto 
del  1720,  contenente  le  Memorie  slo- 
riche di  Gaetano  Giardina,  più  com- 
pleto e  corretto  che  non  sia  quello 
stampato  dal  Di  Marzo  sul  noto  ms. 
della  Comunale  di  Palermo,  ci  piace 
indicare  per  i  debiti  riscontri  un 
Altro  ms.  della  Universitaria  di  Mes- 


Saro  Cncinotta.  messinese  (1831- 
1870),  artista  nell'  anima  ,  rinoma- 
tissimo incisore  e  tra'  più  valorosi 
e  più  cari  discepoli  di  Aloysio..Ia- 
vara  ,  patriota  sincero  che  per  la 
libertà  e  la  indipendenza  della  patria 
die  il  braccio  ed  il  sangue  più  volte 
(18^8,  1860,  18'5f3),  che  barbaramente 
fu  ucciso  in  Parigi  ne'  giorni  della 
Comune,  maritava  che  fosse  ricor- 
dato ai  suoi  concittadini ,  i  quali 
hanno  tr  iscurato  abbastanza  la  gloria 
di  lui.  E  pertanto  bene  ha  fatto  il 
Guardione  a  rinfrescarla  con  la  pre- 
sente lettura,  tenuta  a  Messina  il  1° 
aprile,  delineando  per  sommi  tratti 
la  figura  del  sommo  artista  ,  ricor- 
dandone le  insigni  opere,  le  bene- 
merenze, e  chiedendo  per  lui  un  ri- 
cordo, che  la  patria  non  potrà  non 
accordargli. 

S.  S.-M. 


Doli.  Nicolò  Pizzillo.  Io  strapazzo 
intellettuale  nelle  scuole  prima- 
rie. Lettura  alla  Società  Siciliana 
d' Igiene  nella  tornata  del  31  lu- 
glio 1898.  (Dal  Bollettino  della 
Società.   Anno  I.   Nuova   Serie, 


34G 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


Fase.  3°).  Palermo,  Tipografia 
Fratelli  Marsala,  via  Parlamen- 
to. 56.  i898.  In-8%  pp.  23. 

L'egregio  A.  con  diligenza  e  com- 
petenza svolge  l'argomento,  facen- 
done prima  conoscere  la  storia  (per 
quanto  recente),  e  indicandone  poi 
particolarmente  i  danni  immediati 
e  con!«ecntivi,  si  in  i-apporto  alla 
vita  fisica  ,  come  in  rapporto  alla 
vita  intellettuale  e  psichica.  II  tutto 
dimostra  e  corrobora  con  osserva- 
zioni didattiche  e  mediche  e  stati- 
stiche, opportunamente  invocate,  e 
citazioni  de'  più  reputati  igienisti 
ed  educatori 

Il  grido  d'allarme  del  Dr.  Pizzillo 
non  dovrebbe  restar  senza  eco,  se 
vuoisi  rimuovere  una  delle  cause 
del  lamentato  decadimento  intellet- 
tuale odierno. 

S.  3.-M. 


pone  riuscirebbe  di  danno  economico 
all'  azienda  comunale  e  non  vantag- 
gerebbe molto  i  cittadini  per  la  parte 
igienica  e  per  il  diletto.  Pertanto, 
propone  che  il  F'ellegrino  venga 
trasformato  in  luogo  di  villeggiatura 
ed  in  fonte  di  salate  per  la  città, 
costruendovi  un  comodo  accesso  ro- 
tabile, impiantandovi  un  esteso  bo- 
sco comunale  ne'  luoghi  più  idonei 
(che  indica)  e  lasciando  il  rimanente 
ad  uso  di  pascolo  come  oggi  é.  Si 
potrebbero  solo  censire  due  zone  di 
terreno  fianche^'gianti  la  via  di  ac- 
cesso, per  uso  di  casine  di  villeg- 
giatura. 

Le  proposte  del  De  Stefani  sono- 
degne  di  considerazione  e    dal  lato- 
pratico  e  dal  lato  economico  e  dal 
lato  igienico. 

S.  S.-M. 


Ing.  Oarlo  De-Stefani.  Osserva- 
zioni alla  proposta  di  quotizza- 
zione ed  imboschimento  del  Monte 
Peller/rino.  Palermo.  Tipografia 
.  Lo  S'atulo ..  J899.  In-8°,  pp.  25. 

Esaminando  la  proposta ,  non 
nuova  ma  rimessa  a  nuovo  ora,  della 
quotizzazione  del  maestoso  Monte 
Pellegrino,  il  più  singolare  e  impor- 
tante tra'  monti  che  fan  corona  a 
Palermo,  il  r)e-Slefani,dopo  tracciata 
la  storia  de'  varj  progetti  in  propo- 
sito, dimostra  che  1»  quotizzazione 
ed  imboschimento  così  come  si  pro- 


A.  De  Lorenzo.  Un  terzo  manipolo 
di  Monografie  e  Memorie  reggine 
e  calabresi.  Siena ,  Tip.  editrice 
S.  Bernardino  y  i899.  in -16», 
pp.  X,  412. 

L' illustre  Mr.  De  Lorenzo  non 
dimentica  gli  studj  pi'edi letti  di  sto- 
ria della  natia  regione,  ed  eccolo  ^ 
noi  con  un  terzo  manipolo  ch'é  non- 
meno  ineressante  de'  due  antece- 
denti. 

Precede,  in  sette  capitoli,  la  storia 
del  Seminario  .Arcivescovile  di  Reg- 
gio, dal  1504,  anno  in  cui  fu  insti- 
tuito  dall'Arcivescovo  Mr.  '  aspare 
RicciuIIi  Del  Fo«80,  fino  al  18(50;  la- 


BULLEXTIKO   BIBLIOGRAFICO 


347 


voro  ricco  di  particolarità  e  condotto 
con  scrupolosa  esattezza  su'  docu- 
menti e  le  memorie  coeve,  e  che  ci 
fa  conoscere  eminenti  Prelati,  uomini 
insigni,  educatori  benemeriti,  metodi 
di  insegnamento  ecc. 

Soggetto  affine,  che  illustra  per 
altro  lato  la  pubblica  istruzione  di 
Reggio  ne'  secoli  scorsi,  è  la  memo- 
ria che  vien  dopo,  su  il  Collegio 
teologico  di  Nostra  pignora  del  Ro- 
sario, che  fu  istituito  nel  Convento 
dei  PP.  Domenicani  al  1660 ,  e  fu 
sciolto  al  1784.  È  qui  ben  delineata 
l'opera  di  questa  istituzione  e  si  rac- 
colgono le  notizie  de'  Rettori  e  de' 
Laureati. 

I  Tratti  storici  e  Pagine  sparse 
accolgono  illustrazioni  di  due  bulle 
plumbee  di  un  Cristoforo,  incognito 
Vescovo  reggino  ;  della  famiglia  di 
Ludovico  Abenavoli  (il  noto  combat- 
tente alia  Disfida  di  Barletta  )  che 
ebbe  la  cittadinanza  reggina;  e  della 
trasformazione  delle  Parrocchie  di 
Reggio  negli  ultimi  quattro  secoli. 
Quesf  ultimo  studio  ò  molto  utile 
alla  topografia  ed  alla  storia  della 
città,  la  quale  ,  come  è  noto ,  andò 
quasi  tutta  in  mina  nel  tremuoto 
del  1793,  e  risorse  in  gran  parte  mo- 
dificata e  trasformata. 

Seguono  altri  studioli,  che  danno 
notizie  di  importanza  più  o  men  ge- 
nerale e  talora  semplicemente  aned- 
dotica, sul  Monastero  delle  Domeni- 
cane dì  S.  Nicolò  di  Strozzi,  sa  tre 
Arcivescovi  (di  Rodi,  Malta,  Messina) 
consacrati  dagli  Arcivescovi  di  Reg- 
gio nel  sec.  X Vili,  su  Mr.  Gio.  Andrea 
Serrao,  sur  una  soperchieria   eser- 


citata dagli  Ufficiali  del  Reggimeoto 
Bari  al  i7o6,  sul  Cardinale  Antonio 
Ruffo  che  mori  e  fu  sepolto  in  Ba- 
gnara  (1753),  sur  una  curiosa  stampa 
di  Programma  per  disputa  scolasticit' 
(circa  1760) ,  e  su  altre  curiosità, 
che  r  A.  riunisce  sotto  il  titolo: 
Spighe  e  granelli. 

I  lavori  del  Di  Lorenzo  recano 
sempre  un  atilecontributo  alla  storia 
della  sua  Reggio  e  della  Calabria, 
essend'  egli  de'  pochi  che  lavorano 
con  discernimento  e  soda  dottrina. 

S.  S.-M. 


Catnpagne  del  Principe  Eugenio  di 
Savoia.  Opera  pubblicata  dalla 
Divisione  slorica  militare  dell' I. 
e  R.  Archivio  di  Guerra  in  base 
a  documenti  officiali  e  ad  altre 
fonti  autentiche.  Voi.  XI  {II  del- 
la serie  II)  con  cinque  carie. 
Vienna  1880.  Edizione  dell'I,  e 
R.  Slato  Maggiore  Generale.  To- 
rino Ì80T.  rn-8°,  pp.  XXIV,  312, 
298. 

Non  intendiamo   discorrere   qui 
di  quest'opera  monumentale  e  già. 
meritamente  famosa,  nella  quale  la 
storia  delle  Campagne  del  Principe 
Eugenio  di  Savoia  sono   narrate  in 
modo  e  con  ta  le  ricchezza  di  autentici  - 
documenti  che  più  altro  non  si  può 
desiderare.  Vogliamo  solamente  far 
notare   lìa    speciale   impoitanza    di* 
questo  undicesimo  volume,  che  ri- 
guarda la  guerra  per  la  successione- 


348 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


di  Spagna ,  e  precisamente  la  cam- 
pagna del  1709,  in  Pianterà, sul  Reno, 
su  le  alpi  occidentali  d'iialia,  nella 
Italia  meridionale ,  nella  penisola 
nerica,  ed  in  Ungheria. 

I  mutamenti  ulteriori  della  no- 
stra Sicilia  dipesero,  come  si  sa,  da 
questa  guerra,  che  modificò  prolon- 
damente  lo  stato  politico  d'  Europa. 

II  volume  è  completato  da  un'ap- 
pendice di  documenti ,  con  cinque 
tavole  (allegati  grafici  della  campa- 
gna), e  dalla  Corrispondenza  militare 
del  Principe  Eugenio  dal  2  geunajo 
1709  a  tutto  il  decembre.  Qui,  come 
negli  antecedenti  volumi,  rifulge  di 
tutta  la  sua  luce  la  gran  mente  del 
Principe,  stratega  di  prim' ordine  e 
capitano  valorosissimo. 

S.  S.-M. 


Hivista  marittima.  Estratto  dai  fa- 
scicoli di  ìnarzo- aprile  1898. 
F.  Pometti.  Per  In  storia  della 
Marina  italiana.  Roma,  Forzani 
e  C.  tipografi  del  Senato,  i898. 
In-8»,  pp.  122. 

L*  A.,  svolgendo  an  sao  concetto 
Bu  la  storia  della  marina  italiana, 
la  quale,  non  come  storia  generale 
d'Italia,  ma  come  storia  dei  singoli 
Stati  italiani  si  potrebbe  scrivere, 
porta  il  parere  che  la  storia  delle 
Repubbliche  marittime  italiane  pre- 
lenta due  periodi  ben  distinti,  cioè: 
'il  primo,  dal  sorgere  delle  Repab- 
^liche  alla  caduta  di  Coita ntinopoli; 


il  secondo,  dal  1453  alla  presa  di 
Belgrado  (1716);  ai  quali  seguireb- 
bero altri  brevi  periodi  e  divisioni, 
fino  al  1860,  epoca  in  cui  veramente 
la  storia  della  marina  italiana  co- 
mincia. Il  primo  periodo  è  eminen- 
temente commerciale,  il  secondo  di 
difesa  delle  colonie  orientali  e  del 
bacino  dell'  Adriatico. 

Fatta  brevemente  la  esposizione 
critica  de'  lavori  sin  qui  venuti 
fuori  su  la  marina  d' Italia,  e  dimo- 
strato qual  grande  utile  si  può  e 
deve  cavare  dai  singoli  Arcliivj  ita- 
liani, e  specialmente  dall'Archivio 
segreto  Vaticano ,  il  Pometti  con 
studio  veramente  diligente  e  minuto 
raccoglie  dai  libri  e  specialmente 
dagli  Atti  e  dai  Giornali  delle  Società 
storiche,  tutte  le  notizie  che  si  rife- 
riscono al  primo  periodo  storico 
suddetto ,  e  poscia  del  secondo  che 
chiama  :  «  periodo  della  seconda  cro- 
ciata ♦  . 

11  Pometti  scende  in  campo  ben 
agguerrito ,  con  larga  e  buona  pre- 
parazione, con  erudizione  estesa,  con 
criterj  esatti,  con  critica  che  sa  donde 
muove  ed  ove  mira  :  ci  dia  1'  opera 
alla  quale  s'  è  accinto,  che  farà  cosa 
proficua  alla  Nazione  ed  agli  studj, 
come  dimostra  col  presente  saggio, 
nel  quale  é  pure  ben  molto  di  ricer- 
che proprie  e  di  documenti  nuovi. 

S.  S.-M. 


Alfonso  Professione.  //  Ministero 
in  Spagna  e  il  Processo  del  Car- 


BOLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


349 


dmale    Giulio   Alberoni.    Studio    conoscenza  de'  fatti  e  degli  uomini 

storico  documentalo.  Torino,  Car-    che  vi  pigliano  parte. 

lo  Clausen.  d898  (1897).  In -8% 

pp.  XVI,  297.  S.  S.-M. 


Dietro  langlie  ricerche  e  nuovi 
e  minuziosi  studj  su  documenti  ine- 
diti e  specialmente  dell'  Archivio 
Farnesiano  ,  dell'  Archivio  segreto 
Vaticano  e  di  molti  altri  Archivj  e 
Biblioteche  d' Italia  e  dell'  Estero, 
['  A.  ci  presenta  in  questo  libro  la 
figura  del  celebre  Giulio  Alberoni 
nel  tempo  della  sua  maggiore  po- 
tenza come  Ministro  di  Spagna  e  poi 
nella  caduta  e  nelle  lotte  del  pro- 
cesso a  suo  carico,  terminato  con  la 
piena  sua  vittoria.  La  luce  è  fatta 
piena,  o  quasi,  su  quest'uomo  por- 
tentoso piccolo  di  corpo,  ma  gigante 
per  ambizione,  per  flessibilità  ed 
audacia,  ma  non  si  fina  volpe  e  pre- 
viggente  da  parare  in  tempo  e  scan- 
sare i  colpi  dei  potenti  avversar). 
La  Spaj^na  sorse  per  lui  a  nuova 
vita  economica  e  politica  e  diede  a 
pensare  alle  potenze  d'  Europa;  ma 
fu  quella  una  galvanizzazione  di  ca- 
davere, che  presto  finiva. 

11  Professione  ci  fa  assistere  agli 
intritjhi,  alle  abili  mosse,  ai  retro- 
scena, agli  studiati  accorgimenti  del 
futuro  Cardinale,  dal  punto  in  cui 
fu  nominato  rappresentante  del  Duca 
Francesco  Farnese  fino  a  quando 
ottiene  in  Roma  il  cappello  cardina- 
lizio con  la  cancellazione  del  suo 
strepitoso  processo.  Il  lavoro  è  con- 
dotto con  cura  e  ricchezza  di  parti- 
colari sin  qui  ignorati ,   con   piena 


Benedetto  Croce.  Pulcinella  e  il 
Personaggio  del  Napoletano  in 
commedia.  Ricerche  ed  osserva- 
zioni. Roma,  Ermanno  Loescher 
e  C,  i899.  In-8°,  pp.  IV,  107. 

11  personaggio  del  Pulcinella,  che 
è  passato  e  passa  come  il  tipo  del 
volgo  napoletano,  non  é  ben  definito, 
non  é  ugualmente  delineato  nella 
sua  essenza  e  ne'  suoi  attributi.  Il 
Croce ,  in  questa  sua  monografia, 
ricca  di  ricerche  erudite  e  di  acute 
osservazioni  critiche,  stabilisce  pri- 
ma il  tipo  di  Pulcinella ,  facendo 
nettamente  conoscere  quel  che  fu  al 
primo  apparire  (negl'inizj  del  seco- 
lo  XVII,  per  opera  di  Silvio  Fiorillo), 
donde  proveniva,  come  vestiva  ecc., 
e  quel  che  poscia  divenne  a  via  di. 
modificazioni  e  adattamenti  fino  ai 
dì  nostri.  (Noto  qui,  tra  parentesi, 
elle  iu  Sicilia  il  Pulcinella  non  com- 
parisce e  non  è  noto  e  popolare  che 
dal  secolo  XVIII  in  poi,  e  propria- 
mente dopo  la  celebrità  che  gli  venoe- 
da  Vincenzo  Cammarano  detto  Gian- 
cola  ,  sì  che  esso  stesso  è  soventi 
volte  indicato  col  nome  di  Giancóla; 
e  che  assunse  le  funzioni  che  prima» 
avevano  tra  noi  le  maschere  de'" 
Pantaloni  e  de'  Travaglini). 

Lo  studio  su  Pulcinella  come  tipo 
del  Napoletano  chiama  naturalmente 


550 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


il  Croce  a  studiare  anche  il  Perso-    ha  notizia  che  fosse  capitato  in  Si- 
naggio  del  Napoletano  in  commedia,    cilia. 

ne'  secoli  XVI  e  seguenti;  e  questa  S.  S.-M. 

seconda  parte  del  libro  non  é  meno 
interessante  della  prima   né  meno  — 

infiorata  di  curiose  e  dotte   notizie 

■sul  teatro  italiano.  P.  Villari.  Girolamo  Savonarola  e 

S.  S.-M.  l'ora  presente.  Roma,  Società  edi- 

trice Dante  Alighieri,  1898.  In-8°, 
—  pp.  23. 


L'opera  del  Moretto.  Tipografia  Edi- 
trice. Brescia  1898.  In-k",  pp.  144. 

Questo  minuto  e,  per  quant'era 
possibile ,  completo  Catalogo  delle 
stupende  opere  del  geniale  e  fecondo 
artista  bresciano  serve  di  comple- 
mento allo  studio  magistrale  che  sul 
Moretto  ha  scritto  Pompeo  Molmenti 
nella  occasione  della  commemora- 
zione centenaria  e  della  erezione  del 
monumento  che  la  città  di  Brescia 
ha  fatto.  Il  Catalogo,  con  diligente 
cura  condotto ,  é  diviso  in  cinque 
parti,  riguardanti:  1°  I  quadri  esi- 
stenti in  Brescia;  2"  quelli  che  esi- 
stono nella  provincia;  S*  quelli  che 
sono  sparsi  in  varie  città  e  paesi 
d' Italia  ;  4"  quelli  che  si  trovano  al- 
l'estero,  in  pubbliche  o  private  rac- 
colte; 5",  in  fine,  i  disegni  ed  i 
■quadri  di  dubbia  attribuzione,  oltre 
-  a  an  elenco  di  opere  da  tempo  ignote 
o  perdute.  Delle  principali  opere  (se 
non  di  tutte)  è  data  la  descrizione 
e  se  ne  notano  i  pregi  e  le  critiche 
che  ne  fnron  mosse  e  gli  scrittori 
•  «he  ne  discorrono. 

Di  nessun  dipinto  dal  Moretto  si 


È  questo  lo  splendido  discorso 
denso  di  idee  e  di  fatti,  che  fu  pro- 
nunziato in  Firenze  in  occasione  del 
centenario  del  Savonarola.  L' A.,  pi- 
gliando occasione  dalla  vita  del  Frate 
e  dagli  ideali  che  lo  condussero  al 
martirio,  e  dalla  disputa  sin  oggi 
non  finita  se  ei  fosse  un  santo  od 
un  eretico,  scende  da  storico  sereno 
a  ragionare  di  due  questioni  impor- 
tanti che  oggi  interessano  tanto  l'I- 
talia e  di  cui  si  occupò  anche  il 
Savonarola:  la  questione  economico- 
sociale  e  la  questione  morale.  E  con 
ragionamento  elevato  e  logica  strin- 
gente e  poggiandosi  su  la  esperienza 
della  storia,  viene  alla  conclusione 
che  bisogna  ricostituire  la  base  mo- 
rale della  società  odierna  come  fon- 
damento d'ogni  vivere  libero  e  ci- 
vile. 

S.  S.-M. 


Doli.  Michele  Pinna.  L' Archivio 
Comunale  di  Iglesias.  Cagliari- 
Sassari,  premiato  slab.  tipogra- 
fico 0.  Dessi,  1898.  In-4»,  pp.  IV, 
234,  con  una  tavola  in  cromoli- 
tografia. 


BULLBTTINO    BIBLIOORAFICO 


851 


Aaguriamo  a  tatti  i  comuni  d'I- 
talia che  de'  proprj  Archivj  abbiano 
un  ordinamento  ed  una  illustrazione 
come  questi  che  ha  Igle-<ias.  Il  Pinna, 
narrata  la  origine  e  le  vicende  del- 
l' Archivio  ed  i  lavori  fatti  per  clas- 
giflcarli  ed  ordinarli ,  passa  a  farci 
l'inventario  dello  stesso,  col  numero 
progressivo  ed  il  titolo  e  la  data  di 
ogni  volume  (Parte  I  e  li).  Poi,  se- 
paratamente, dà  l'indice  cronologico 
analitico  de'  documenti  antichi,  che 
vanno  dal  1355  al  1767,  e  1'  Indice 
degli  editti,  patenti,  pregoni,  circo- 
lari e  manifesti,  che  vanno  dal  1653 
al  1840  (Parte  III). 

In  Appendice  poi  (Parte  IV)  sono 
integralmente  riprodotti  XXIV  do- 
cumenti antichi,  interessanti  per  la 
storia  particolare  della  Città  e  per 
la  generale  della  Sardegna,  i  quali, 
rinvenuti  appunto  dal  Pinna,  resta- 
vano inediti,  essendoché  gli  altri  li 
avea  già  dati  fuori  il  Conte  Bandi 
di  Vesme  nel  suo  Codex  Diploma- 
ticus  Ecclesiensis. 

S.  S.-M. 


Mariano  Buscemi.  Scarparu  anarf- 
fabeta.  Accussi  la  penzu  iu.  Ot- 
tavi in  dialettu  nuticianu.  Aci- 
reale, Tip.  edit.  Vincenzo  Micale, 
1899.  In-ie^^,  pp.  i6. 

Oiavarini.  Il  cinquantesimo  anni- 
versario dello  Statuto,  Conferen- 
za. Ancona,  A.  Gustavo  Morelli, 
editore,  1898.  In-i6,  pp.  26. 


Memorie  storiche  degli  Israeliti  in 
Ancona  raccolte  da  O.  Oiavarini. 
Seconda  edizione.  Ancona,  A  Gu- 
stavo Morelli,  Tipografo-Editore, 
1398.  In-IG",  pp.   Vili,  52. 

Per  un  monumento  a  Mario  Rapi- 
sardi.  Discorso  pronunziato  il  22 
Gennaio  1899  alla  Villa  Bellini 
di  Catania  dall'  Avv.  Virgrilio 
La  Scola.  Palermo, Giuseppe  Pe- 
done Lauriel,  1899.  In-8°.pp.  ii. 

Favole  sieiliaie  ed  italiane  del  Sac. 
Mariano  Leonardi  Oaltabiano 
d.  0.  Seconda  edizione  con  ag- 
giunta di  altre  Favole,  Acireale, 
Tip.  ed.  Saro  Donzuso,  1899.  In-S", 
pp.  452. 

(  Volentieri  vorremmo  chia- 
mare su  questo  volume  1'  atten- 
zione de'  lettori  nostri ,  ma  noi 
consente  l'indole  del  periodico). 

Barone  Salvatore  Pennisi  di  Fio- 
ristella. L'arte  nella  numismatica 
greco-sicula. Discorso  letto  all'Ac- 
cademia degli  Zelanti  e  PP.  dello 
Studio  di  Acireale  nella  tornata 
pubblica  del  19  febbraro  1899. 
Acireale ,  Tipografia  dell'  Etna, 
1899.  In-S",  pp.  34. 

Per  la  inaugurazione  di  un  monu- 
mento al  Professore  Mariano  Pan- 
taleo Presidente  della  R.  Accade- 
mia delle  Scienze  Mediche.  Ricor- 
do letto  nella  R.  Università  di 
Palermo  il  12  Dicembre  1898  dal 
Dott.  Giuseppe  Pitrè  Segretario 
Perpetuo  di  essa  Accademia.  Pa- 


352 


BULLETTIKO    BIBLIOGRAFICO 


lermo,  Tipografia  del  Giornale  di 
Sicilia,  1899.  In-8'',pp.  i5.con  un 
ritratto  in  fototipia. 


Id.  Montalbano  di  S.  Lisi  e  S.  Rac- 
cuglia.  Ragusa ,  Tip.  G.  Deste- 
fano,  1899.  In-32°,  pp.  3i. 


Storia  delle  città  di  Sicilia,  diretta 
dal  Prof.  Salvatore  Raccuglia. 
Novara  di  G.  lisrabo  Rosselli  e 
S.  Raccuglia.  Ragusa,  Tip.  G.  De- 
stefano,  1898.  In-32%  pp.  32. 

Id.  Tripi  di  Or.  Paratore  e  S.  Rac- 
cuglia. Ragusa,  Tip.  G.  Deste- 
fano.  In-32'',  pp.  31  [1898]. 

Id.  Giardini  di  Or.  Di  Leo  e  S.  Rac- 
cuglia. Ragusa,  Tip.  G.  Destefa- 
no,  1898.  In-32%  pp.  29. 

Id.  Taormina  di  A.  Zangla  e  S.  Rac- 
cuglia. Ragusa,  Tip.  G.  Destefa- 
no,  1899.  In-32''.  pp.  3i. 


Sui  Collegi  di  Maria  di  Palermo. 
Relazione  dell'  Assessore  per  la 
Pubblica  Istruzione  Prof.  A.  Sa- 
linas  alla  Giunta  Comunale.  Pa- 
lermo ,  Stabilimento  tipografico 
Virz'i,  1898.  In-S",  pp.  69. 

Selinunte.  Nuovi  scavi  presso  i  tem- 
pli dell'acropoli  ed  alla  Gaggera. 
A.  Salinas.  (Estratto  dalle  No- 
tizie degli  Scavi  del  mese  di  giu- 
gno 1898).  In-4%  pp.  3. 


-^^b^^:^ 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


-:•*•.- 


SEDUTA  DEL  DI  8  GENNAIO  1899. 

Presidenza  del  Grande  Uff.  Prof.  Andrea  Giuiì^neri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  propria  sedo  con  l'intervento  di 
27  soci. 

Letto  ed  approvato  il  verbale  della  seduta  precedente,  il  Se- 
gretario Generale  partecipa  l' adesione  a  soci  dei  signori  Mar- 
raffa, Gurgone  e  Barone  Boscogrande;  annunzia  poi  con  rincre- 
scimento la  morte  del  socio  Ingegnere  N.  Renzi ,  proponendo  un 
voto  di  condoglianza,  eh' è  votato  ad  unanimità,  e  presenta  in  fine 
alquanti  libri  dati  in  dono  dal  benemerito  socio  sig.  Pasquale  Di 
Gregorio. 

Presenta  di  poi  una  lettera  del  Principe  di  Fitalia  nella  quale 
dice  che  si  dimette  da  Vice-Presidente,  non  potendo  adempirne  i 
doveri.  11  Presidente,  Senatore  Guarneri,  propone  di  nominare 
una  Commissione,  che  si  rechi  dal  detto  sig.  Principe,  e  lo  preghi 
di  ritirare  la  data  dimissione.  La  Società  approva. 

Il  Vice-Segretario,  Avv.  Giuseppe  Falcone,  presenta  il  Bilancio 
presuntivo  del  1899,  e  dà  ragione  di  alcune  modifiche  in  esso  fatte 
in  rapporto  ai  Bilanci  precedenti.  Queste  modifiche  riguardano 
principalmente  la  forma  relativa  all'allogazione  delle  cifre. 

Fa  pure  egli  rilevare  come  nel  progetto,  già  approvato  dal 
Consiglio  Direttivo,  siasi  tenuto  conto  :  1°  delle  rate  di  L.  3000  da 
corrispondersi  all'  appaltatore  Rutelli ,  in  conto  dei  lavori  in 
corso;  restando  a  saldo  di  essi  L.  14000,  che  vengono  dilazionate 
a  rate  di  L.  3500  ciascuna  nel  quadriennio  1899-1902  (art.  31  pas- 
sività); 2°  delle  spese  di  arredamento  dei  locali  tutti,  allogando 
(art.  35  id.)  la  somma  di  L.  2500,  che  si  prevede  essere  suflJìciente 

Ardì.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  23 


354  ATTI   DELLA    SOCIETÀ 


a  quanto  è  strettamente  necessario  ;  3"  delle  spese  che  sono  indi- 
spensabilmente occorrenti  al  VII  Congresso  storico  Italiano,  che 
dovrà  riunirsi  prossimamente  in  Palermo ,  e  per  cui  si  iscrive 
come  fondo  a  calcolo  la  somma  di  L.  3000  (art.  35  id.)  ;  ma  è  bene 
tenere  presente  che  altre  L.  1000  all' incirca  potranno  ricavarsi 
dagli  articoli  33  e  38,  ove  si  è  largheggiato  nelle  previsioni,  in 
considerazione  appunto  di  tale  fatto  straordinario.  Il  Consiglio  poi 
ha  voluto  allogare  all'art.  37  un  fondo  in  corrispondenza  alle  pos- 
sibili depennazioni  di  residui  attivi,  che  sono  circa  milleottocento 
lire  (art.  13  attività),  riservandosi  di  adottare  gli  opportuni  prov- 
vedimenti a  rimuovere  tale  inconveniente.  Il  progetto  di  bilancio 
ammonta  a  L.  20887,  e  le  due  partite  di  spese  ordinarie  e  straor- 
dinarie pareggiano  con  le  due  partite  di  entrate  ordinarie  e  straor- 
dinarie, essendo  di  L.  11287  la  prima,  e  di  L.  9600  la  seconda. 

Finita  questa  esposizione  sommaria,  il  socio,  Cav.  Serio,  racco- 
manda che  sia  accresciuto  l'assegno  stabilito  pel  Ragioniere,  e  la 
Società  lo  aumenta  a  L.  200  prelevando  le  L.  40  di  aumento  dal- 
l'art. 33  (spese  casuali  imprevedute,  etc.)  che  resta  quindi  ridotto 
a  L.  587. 

Il  Vice-Segretario ,  Cav.  Falcone,  riprendendo  la  parola  dà  let- 
tura del  Bilancio  eh'  è  del  tenore  seguente  : 


SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


BILANCIO    PRESUNTIVO 
1899 


356 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 


^         ,2 
o         "o 


I      ^ 


DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


PARTE  PRIMA  —  ATTIVITÀ 


TITOLO  I. 


Rendita  ordinaria 


Contribuzioni  sociali. 

Socii  —  Per  N.  1000  azioni   alla  ragione   di   L.    5   per   ogni 
azione .        .      L. 

Ministeri  —  Ministero  della    Pubblica  Istruzione  per  N,  400 
azioni , 

Provincie — Provincia  di  Palermo  per  N.  20  azioni       L.     100,  — 
,  Catania     ,     ,   20      ,  ,     100,  - 


N.   40 


L.      200,  — 


JJfunicip»— Municipio  di  Palermo  per  N.  100  azioni      L.     500, 


Messina 

» 

II 

10 

,        Castrogio- 

vanni 

per 

, 

4 

,         Marsala 

» 

11 

4 

Monte  S.  Gi 

u- 

liano 

* 

» 

4 

.         Noto 

9 

11 

4 

,        Siracusa 

» 

• 

4 

50,  — 

20,  — 
20,  — 

20,  — 
20,  - 
20,- 


A  riportarsi  N.  130  azioni      L.     650,  — 
A  Riportarsi  L. 


per  articolo 


per  Ci 


5,000 
2,000 

200 


7,200 


ATTI   DELLA    SOCICTX 


357 


DIFFERENZE 


1899 


per  capitolo 


w~ 

in  più 


in  meno 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Stani 


Numero 


o 
'E. 

e 


n 


DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


- 

Ri 

Riporto 

N. 

130  azioni      L. 

Municipi  - 

-Municipio  di  Termini 

Im  erese 

.. 

4 

»             » 

,         Girgenti 

r 

\ 

n                  " 

,        Parco 

n 

4 

»                  ■ 

,         Nicosia 

71 

4 

»                  • 

,         Acireale 

» 

4 

»                  » 

,         Alcamo 

« 

2 

»                  » 

,         Salaparuta 

» 

1 

»                  » 

1898 


per  articolo 


per  capilo 


N.  153 

Biblioteche  ed  altri  Enti  -  Direzione  dell'  Archi- 
vio di  Slato  (li  Venezia  perN.     4  azioni 
Biblioteca  Fardelliana  di  Tra- 
pani.       .        .        '     i> 
Comunale  di  Vicenza     , 
Nazionale  di  Napoli     , 
\  di  Brera  di  Milano.     , 

Universitaria  di  Mes- 
sina ..'•!> 

Comunale  di  Verona     , 
Gabinetto  di  Lettura   di   Mes- 
sina        »     " 

Direzione  Generale  per  la  con- 
servazione dei  monumenti 
della  Sicilia  .       .       •       *     '    "  _^ 

N.   34 


4 

4 
4 
4 

4 
2 


Riporto  L. 
650,  — 

20,  — 
20,  — 
20,  - 
20,  - 
20,  — 
10,- 
5,  — 


L.     765, 


L.  20.  — 

.  20,- 

,  20,  - 

.  20,- 

.  20.- 

„  20,- 

.  10.- 

,  20,- 


20, 


L.     170,  - 


Totale  Capitolo  I  L. 

Rendita  sui  fondi  pubbUol. 
Direzione  Generale  del  Debito  Pubblico  del  Regno  d'Italia  per 
la  RendlU  acquistata  sugli  avanzi  di  cassa,  giuste  il  Certi- 
ficato al  Utore  di  N.  154,883 ^• 

A  Riportarsi  L. 


7,200       - 


765 


170 


8,135 


8,135 


100 


100 


8,235 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


359 


nto 


1899 


3r  articolo 


7,200 


per  capitolo 


765 


170 


^,135 


]00      — 


8,i35 


100 


8,235 


DIFFERENZE 


in  più 


in  meno 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


360 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 


ed 


III 


IV 


DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


9 
10 
11 


Riporto  L 


Associazioni  al  Periodico  ed  ai  Docuraentì. 


Ministero  dell'Interno 
,  della  Guerra 

degli  Affari  Esteri 
Camera  dei  Deputati. 
Biblioteca  Palatina  di  Parma 
Archivio  di  Stato  di  Palermo 


.5  o-£ 

§li 

rt  t-  o 
e:  o  o 

S\  aj  ** 


L. 


30, 
30, 
30, 
30, 
30, 
30, 


Biblioteca  Labronica  di  Livorno 
;,  Comunale  di  Caltanissetta 

„  ,  „    Castel vctra  no 

Archivio  di  Stato  di  Strasburgo 
,  „        ,    Firenze  . 

„  ,        ,,     Napoli     . 


L. 

180. 

— 

.  \.2  o  L. 

12, 

la.o 

12. 

— 

1       ^ 

12, 

— 

(  ~  ^ 

12, 

— 

1  —  — 

1? 

__ 

•    1  (D   ©      « 

12, 

L. 

72. 

— 

Totale  Capitolo  III  L. 


Introiti  eventuali. 


Vendita  eventuale  del  Periodico  V Archivio  Sioriro  Siciliano 
e  dei  Docunern L. 

Interei^si  sullo  gouiiuc  di  conto  della  Società  depositate  nella 
Ca8!>a  di  Risparmio , 

Contribuzioni  e  largizioni  eventuali , 

Totale  Capitolo  IV  L. 


Totale  Rendita  Ordinaria  L. 


Stì 


1898 


pei'  articolo 


per  capii 


8,235 


?80 


252 


000 

100 
1500 

2,500 


252 


2.500 


10,987 


ATTI    DELLA.    SOCIETÀ 


361 


BlUo 


1899 


7er  articolo 


per  capitolo 


180 

72 

1 

252 

— 

1200 

100 

1500 

— 

2,800      - 


8,235 


252 


2,800 


11,287 


DIFFERENZE 


in  più 


300 


m  meno 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


300 


La  variazione  in  più  per  l'ottenuto  incre- 
mento delle  pubblicazioni  della  Società,  e  che 
sono  con  maggiore  frequenza  ricliieste. 


362 


ATTI    DELLA    SOCIETX 


Numero 


O      !      < 


12 

14 
15 


DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


TITOLO  IL 


Rendita  straordinaria. 


Pondo  di  Cassa    e   Residui    attivi    degli   Esercizi   prece- 
denti. 

Fondo  di  Cassa  a  31  Dicembre  1898  circa      .        .        .      L. 


Residui  attivi  per  contribuzioni  ordinarie  a  31  Dicembre  1898 
circa        

Municipio  di  Palermo  per  resto  di  prezzo  di  carta  forni- 
tagli          

Municipio  di  Palermo  per  sussidio  estraordinario        .        , 

Totale  Capitolo  V  L. 


1898 


per  articolo 


13,825 


992 


14,818 


93 


00 


Totale  Rendita  Straordinaria  L. 


RIUNIONE 


Rendita  Ordinaria 

.         Straordinaria 


Totale  Attività  L. 


14,818 


14,818 


10,987 
14,818 

25,80!i 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


863 


h 

nento 

DIFFERENZE 

1899 

RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 

— — - 

per  articolo 

per  capitolo 

in  più 

in  meno 

5,800 

1,754 

1,046 
1,000 

9,600 

— 

9,600 

761 

1,046 
1,000 

- 
40 

8,025 

93 

» 

La  variazione  in  meno  dipende   dall'essere 
state  parte  dello  stosse  erogate  per  i  lavori  di 
adattamento  della  grande  aula  e  dei  locali  ac- 

ccssorii. 

La  variazione  in  più  é  dovuta  all'accrescersi 
delle  partite  per  mancato  pagamento   di  con- 
tributo ,  ed  intorno  alle   quali    dovrà    essere 
adottato  opportuno  provvedimento. 

^ 

9.600 

— 

2,807 

40 

8,025 

93 

1 1 ,287 
9,600 

— 

300 
2,807 

40 
40 

8,025 

93 

20,887 

— 

3,107 

8,025 

93 

• 

364 


ATTI   DELLA    SOCIETÀ 


Numero 


VI 


VII 


VITI 


16 


17 

18 

19 


20 


21 


22 
23 
24 

25 


DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


PARTE  SECONDA  —  PASSIVITÀ 


TITOLO  I. 


Spesa  Ordinaria. 


Monumenti  e  Pubblicazioni. 

Fondo  per  la  provvista  di  carta  da  impiegarsi  per  la  pub- 
blicazione del  Periodico  l' Archivio  Storico  Siciliano ,  dei 
Documenti  ed  altro L. 

Fondo  per  la  stampa  del  suddetto  Periodico  e  Documenti        „ 

Fondo  per  le  spese  d'incisioni  ed  altro,  spettanti  a  lavori 
di  monumenti  artistici „ 

Fondo  per  acquisto  e  rilegatura  di  libri  per  uso  della  Biblio- 
teca della  Società , 

Totale  Capitolo  VI   .        .      L. 


Imposte  e  ritenute. 

Tassa  di  Ricchezza  mobile  sulla  Rendita  del  Debito  Pubblico 
(art.  G  Attività) 

Tassa  di  Ricchezza  mobile  sulle  L.  2,000  di  assegno  del 
Ministero  della  Pubblica  Istruzione  (art.  2  Attività)  „ 


Totale  Capitolo  VII 


Speae  d'Amministrazione. 


L. 


T> 


Ragioniere 

ASiistente  alla  Soj/rotnri-i  , 

Barandierc  

Eaattore  —  Indnniiità   d'r^sa/.iiMio  al    »J  •"„   dovuta  sulle  con- 
tribuzioni che  si  riscuotono  in  Palermo       .        .       .        , 

A  riportarsi  L. 


1898 


per  articolo 


1,200 
2,000 

600 

200 

4.000 


20 
335 
355 


100 
160 
200 

300 
8?0 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


365 


iOtO 


1899 


3r  articolo 


per  capitolo 


1,500 
;  2,000 

600 

200 


i,300 


20 

1 

- 

335 

— 

!  a55 

— 

1  200 

'  160 

— 

200 

— 

300 

— 

'  860 

— 

DIFFERENZE 


4,300 


35- 


—  4,655 


in  pm 


300 


in  meno 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


La  variazione  in  più  per  rifornire  il  ma- 
gazzino, stante  le  vendite  fatte  al  Municipio. 


40 


340 


366 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 

o 
'5, 

-3 

o 
2 

< 

-a 

26 

27 

28 

2rf 

IX 

30 

31 

32 

z 

33 

DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 


Riporto  L. 

Distributore  —  Indennità  fissa  per  la  distribuzione  del  Perio- 
dico agli    Associati  in  Palermo  e  per  la  spedizione     .        , 

Fondo  per  marche  da  bollo  e  carta  bollata      .        .        .        , 

Fondo  per  generi  di  scrittoio  e  stampe  per  uso  dell'Ammi- 
nistrazione  ^ 

Fondo  per  spese  postali   di  corrispondenza  e  spedizione      , 

Totale  Capitolo  Vili  L. 

Fabbriche  e  Manutenzione. 

Gabella  e  curazia  di  penna  una  d'acqua  che  fluisce  nei  locali 
della  Società       ...  L. 

Appaltatore  signor  Nicolò  Rutelli  per  la  prima  rata  delle  Li- 
re 14,0'JO,  per  resto  di  prezzo  dei  lavori  di  adattamento 
della  Grande  Aula  per  uso  di  Biblioteca  della  Società,  e  degli 
altri  locali,  dilazionate  pagarsi  in  quattro  anni  dal  1899 
al  1902        

Manutenzione  dei  locali  della  Società 


Totale  Capitolo  IX 


Imprevedute. 


Fondo  per  tutte  le  spese  casuali,  imprevedute  ed  altro,  nell'in- 
teresse della  Società 


1898 


per  articolo 

per  capit 

820 

— 

4,355 

50 

— 

750 

— 

1.620 

— 

1,620 

85 

— 

4,800 

— 

4,885 

— 

4,885 

127 

127 

ordinari 

a.  L. 

10,987 

ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


367 


ì' 

ìnto 


1899 


3r  articolo 

per  capit 

860 

— 

4,655 

50 

100 

— 

400 



250 

— 

1,660 

1,660 

— 

1      85 

1 

— 

i 
3,500 



'   ano 



4,385 

4,385 

,    587 

— 

587 

11,287 

DIFFERENZE 


in  più 


340 


800 


460 


1,600 


in  meno 


1,300 


1,300 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


ÌJi  variazione  in  meno  in  relazione  ai  pa- 
gamenti già  fatti  al  di  contro  appaltatore. 

La  variazione  in  più  perchè  il  di  contro 
stanziamento,  nel  precedente  Bilancio  Preven- 
tivo 1b98,  figurava  in  unico  articolo  insieme 
ai  lavori  di  adattamento  della  Grande  aula  e 
dei  locali  accessorii. 


delle 


La  variazione  m  più  in  previsione  dei; 
spese  casuali  pel  VII  Congresso  Storico  Ital 


}68 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 

DESCRIZIONE  DEGLI  ARTICOLI 

Stai 

o 

■1 

6 

o 
1 

< 

1898 

per  articolo 

per  capit( 

XT 

XII 
XIII 

> 

34 
35 

36 

37 
38 

> 

TITOLO  II. 
Spesa  straordinaria. 

13,000 
218 

53 

13,218 
1,600 

Fabbriche  ed  arredamento. 

Appaltatore  signor  Nicolò  Rutelli  per  le  opere  di  adattamento 
della  Grande  Aula  e  dei  locali  accessorii,  giusta  deliberazione 
del  Consiglio  Direttivo  nella  tornata  del  9  Novembre  1898  L. 

Fondo  per  arredamento  dei  locali  della   Società   compresa  la 
Grande  aula , 

Totale  Capitolo  XT    .      L. 
VII  Congresso  Storico  Italiano  : 
Fondo  per  le  spese  occasionali  al  VII  Congresso  Storico  Ital.  , 

Imprevedute  : 
Fondo  in  corrispondenza  alle  possibili  depennazioni  di  resi- 
dui attivi „ 

Fondo  di  riserva t. 

Totale  Capitolo  XIII .      L. 
Monumenti  e  pubblicazioni. 

Fondo  per  far  fronte  alle  pubblicazioni  della  Società  in  sussidio 
degli  Articoli  della  Parte  ordinaria       .       .       .        .        , 

Totale  Spesa  straordinaria  L. 

RIUNIONE 

Spesa  Ordinaria „ 

,       straordinaria ;, 

Totale  Passività  L. 

Il  1 1  a  II  c  i  o 

Totale  Attività L. 

PaMlvità 

13,218 

53 

— 

— 

— 

— 

— 

1,600 

— 

14,818 

10,087 
14,818 

25,805 

25,805 
25,805 

Paregfi 

ATTr    DELLA    SOCIETX 


369 


■nto 


1899 


r  articolo 


per  capitolo 


3,000 
>,500 
■),500 

'8,000 


500 
600 

,100 


5,500 


3,000 


1,100 


9,600 


11,287 
9,600 


20,887 


20,887 
20,887 


Pareg-gio 


DIFFERENZE 


in  pm 


2,281 


3,000 


500 
"600 


6.381 


1,600 
6,381 


7,981 


47 


47 


47 


47 


in  meno 


10,000 


1,600 


11,600 


1,300 
11,600 


12,900 


RAGIONI  DELLE  DIFFERENZE 


La  variazione  in  meno  per  essersi  ritenuto 
sufficiente  il  fondo  stanziato  all'  art.  17  della 
Parte  Ordinaria. 


//  Relatore 
Giuseppe  Falcone,  Vice  Segretmo. 

Il  Ragioniere 
Salvatore  Sanfllippo 


Ardi.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV. 


24 


370  ATTI   DELLA    SOOIEtX 


Il  Bilancio  viene  approvato  all'unanimità,  e  quindi  si  passa  alla 
elezione  dei  Direttori  e  dei  Segretari  delle  tre  classi. 

Si  riuniscono  i  componenti  della    1'  classe   che   ascendono  al 
Num.  di  tredici. 
Direttore  :  Votanti  N.  13,  astenuto  il  can.  Beccaria. 

Beccaria  voti  Num.  12,  eletto. 
Segr.  :  Votanti  N.  13  astenuto  il  socio  Garufi. 

Carlo  Alberto  Garufi  voti  10. 

Pietro  Lanza  di  Scalea  N.  2  —  eletto  Garufi. 

Si  riuniscono  i  componenti  della  2"  classe. 
Direttore  :  Votanti  N.  12  astenuto  il  socio  B.ne  Starrabba. 

Starrabba  voti  11,  eletto. 
Segr.  :  Votanti  N.  12  astenuto  il  socio  Travali. 

Tra^?ali  voti  11,  eletto. 

Si  riuniscono  infine  i  componenti  della  3'  classe. 
Direttore:  Votanti  N.  4. 

Salinas  voti  3—  Patricolo  voto  1,  eletto  Salinas. 
Segr.:  Votanti  N.  4. 

Mangano  Giuseppe  voti  3.  Portai  1,  eletto  Mangano   Giuseppe. 

Finita  la  votazione  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 

Il  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DI  12  FEBBRAIO  1899. 

Presidenza  del  Or.  Uff.  Prof.  Andrea  Ouarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  sua  sede,  con  intervento  di  25  soci, 
e  letto  ed  approvato  il  verbale  della  tornata  precedente ,  il  Pre 
Bidente  riferisce  che  il  si^,'.  Pi'incipe  di  Fitalia,  in  seguito  alle  pra- 
tiche della  Commi.ssione  che  lo  ha  pregato  in  nome  della  Società 
di  restaro  al  posto  di  Vice-Presidente,  ha  ritirato  le  date  di- 
missioni. 

Indi  il  Segretario  Generale  presenta  alcuni  libri  pervenuti  alla 


ATTI    bELLA    SOCIETÀ  371 


Società,  alcuni  dei  quali  donati  dal  Presidente  Guarneri  ;  il  Prof. 
Romano  offre  in  nome  del  socio  Prof  Nicolò  Rodolico  una  recente 
di  lui  pubblicazione,  intitolata  :  Il  popolo  minuto  (Nota  di  Storia 
fiorentina,  1343-1378);  ed  il  Prof  Salinas  presenta^ una  Pianta  di 
Selinunte,  fatta  in  seguito  agli  scavi  recentemente  eseguiti. 

Il  Segretario  Generale  partecipa  la  morte  del  socio,  Generale 
Zanelli,  e  propone  di  mandare  alla  famiglia  un  voto  di  condoglianza. 
La  Società  aderisce. 

Si  passa  alla  votazione  dei  candidati  a  soci,  E  sono  eletti  ad 
unanimità,  la  Principessa  di  Trabia ,  il  Duca  di  Serradifalco,  il 
Sac.  Antonino  Pandolfi,  il  D.""  Salvatore  Bonflglio  e  l'Avv.  Virgilio 
La  Scola. 

Il  Prof.  Antonino  Salinas,  Direttore  della  Glasse  terza,  presenta 
a  nome  della  Commissione,  nominata  a  norma  dell'art.  II  dello 
Statuto  sociale ,  e  composta  da  Mons.  Vincenzo  Di  Giovanni ,  da 
Mons.  Di  Marzo  e  dal  Prof.  Salinas,  la  seguente  Relazione  : 

Avuto  dalla  Presidenza  ronorevole  mandato  di  riferire  in- 
torno alla  proposta  fatta,  di  conferire  al  sig.  Dott.  Giuseppe 
Fiihrer  il  titolo  di  nostro  socio  corrispondente,  siamo  lieti  di 
poter  rispondere,  che,  a  giudizio  nostro ,  il  candidato  può  a 
buon  diritto  considerarsi  come  una  di  quelle  persone,  che, 
avendo  ben  meritato  degli  studj  storici  sulla  Sicilia,  ha  diritto, 
secondo  il  nostro  Statuto,  a  quella  onorificenza. 

Il  Fiihrer,  ora  professore  straordinario  di  storia  e  filologia 
al  Liceo  di  Dillingen,  in  Baviera,  da  molti  anni ,  si  è  rivolto 
con  successo  allo  studio  delle  antichità  cristiane ,  e  ottenuti 
speciali  sussidj  dal  Governo  germanico  prima,  e  poi  dal  mi- 
nistero bavarese,  ha  per  due  volte  fatto  lunga  dinàora  in  Si- 
cilia, esplorando  con  zelo  singolare  le  catacombe  Siracusane 
in  ispecie.  Frutto  delle  esplorazioni  di  lui  è  il  bel  volume  che 
l'Accademia  delle  scienze  di  Monaco  ha  pubblicato  nelle  sue 
dissertazioni,  col  titolo  Forschungen  ziir  Sicilia  Sotterranea 
(Miìnchen,  1897)  accompagnandolo  da  numerose  piante  rilevate 
dall'autore  stesso,  e  da  fototipie  de'  particolari  delle  tombe 
e  degli  oggetti  rinvenuti.  In  esso   sono   esaminate  accurata- 


3t2 


ATTI   DELLA    SOCIETÀ 


mente  le  principali  catacombe  siracusane  e  i  risultati  son  ri- 
feriti coi  particolari  tecnici  e  coi  riscontri  letterarj  in  modo 
da  formare  una  esposizione  completa,  per  quanto  è  possibile, 
di  quelle  maestose  catacombe.  Pertanto,  l'autore,  ci  è  grato 
ripeterlo,  ha  ben  meritato  dalla  Sicilia,  cosi  per  la  pubblica- 
zione del  suo  libro,  come  per  le  sue  esplorazioni  (che  in  com- 
pagnia spesso  dell'Orsi  ha  esteso  ad  altri  70  ipogei  della  Si- 
cilia orientale),  esplorazioni  compiute  col  sagriflzio  della  pro- 
pria salute,  la  quale  risenti  gravi  danni  da  una  lunga  di- 
mora in  luoghi  umidi  e  malarici. 

Palermo,  12  febbraio  1899. 

M.'  Vincenzo  Di  Giovanni 

G.  Di  Marzo 

A.  Salinas,  relatore 


Il  Presidente  mette  ai  voti  a  scrutinio  secreto  la  proposta  della 
Commissione,  di  nominare  Socio  Onorario  il  D.""  Giuseppe  Fiihrer, 
e  l'assemblea  ad  unanimità  lo  nomina. 

Il  Presidente  propone  un  voto  di  lode  e  di  ringraziamento  al 
socio,  Prof.  Giuseppe  Patricolo,  il  quale  con  tanto  zelo  ed  intelli- 
genza e  con  sì  felice  risultato  ha  diretto  le  opere  di  adattamento 
della  nuova  grande  aula  dell'edifizio  sociale.  La  Società  plaudisce 
alla  proposta  del  Presidente,  ed  incarica  il  Consiglio  Direttivo  di 
partecipare  questo  voto  al  benemerito  socio  Prof.  Patricolo  nel 
modo  che  crederà  più  conveniente. 

Il  Prof.  Mons.  Vincenzo  Di  Giovanni  legge  un  suo  lavoro  re- 
lativo a  taluni  punti  della  Topografìa  di  I  alermo,  e  finita  questa 
lettura ,  il  Presidente   scioglie   la   seduta. 

Jl  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  373 


SEDUTA  DEL  DI  12  MARZO  1899. 
Presidenza  del  senatore  A.  Guarneri,  Presidente 

Si  apre  la  seduta,  essendo  presenti  22  soci,  con  la  lettura  del 
verbale  della  precedente  riunione,  il  quale  resta  approvato. 

Indi  il  Segretario  Generale  presenta  i  libri  che  son  pervenuti 
in  dono,  tra  i  quali  alcuni  dal  Presidente,  ed  annunzia  che 
ha  fatto  adesione  alla  nomina  di  socio  il  signor  avv.  Viigilio  La 
Scola. 

Dopo  di  che  si  passa  alla  elezione  di  socio  in  persona  del  can- 
didato Cav.  Salvatore  Butera  da  Vicari,  proposto  da'  soci  Can.  Di 
Bartolo  e  Prof.  Luigi  Sampolo,  e  ad  unanimità  viene  eletto. 

Poscia  il  Presidente  notifica  che  il  Sindaco  di  Noto  ha  trasmesso 
un  vaglia  di  L.  500,  come  concorso  di  quel  Municipio  al  monu- 
mento da  erigersi  nella  chiesa  di  S.  Domenico  alla  memoria  di 
Rocco  Pirro.  Il  qual  monumento  il  Consiglio  Direttivo  crede  op- 
portuno d'inaugurare  in  occasione  del  Congresso  storico.  Co- 
me schiarimento  il  Presidente  soggiunge  che  per  1'  erezione  di 
siffatto  monumento  esisteva  da  anni  un  Comitato  speciale,  però 
procedendo  le  cose  con  lentezza  tale  da  far  credere  che  di  tale 
monumento  si  fosse  dimesso  il  pensiero,  il  nostro  Segretario  Gene- 
rale, seguendo  le  traccio  del  compianto  P.  Luigi  Di  Maggio,  ha  vo- 
luto di  sua  iniziativa  ripigliare  questo  affare,  e  per  mezzo  di  sue 
pratiche,  dui-ate  otto  mesi,  è  riuscito  ad  ottenere  la  indicata  som- 
ma di  L.  500,  necessaria  a  poter  condurre  a  termine  il  predetto 
monumento;  ciò  che  ha  ottenuto  la  piena  adesione,  s'intende,  dello 
antico  Comitato. 

Il  Prof  Romano  domanda  la  parola,  ed  ottenutala,  propone  un 
voto  di  ringraziamento  al  Sindaco  di  Noto  per  aver  dato  final- 
mente esecuzione  ad  una  antica  deliberazione  di  quel  Consiglio 
Comunale,  ed  un  voto  di  ringraziamento  altresì  al  nostro  socio 
Prof.  Mattia  di  Martino  per  lo  zelo  e  la  cura  che  ha  adoperato 
onde  far  pago  il  desiderio  del  Segretario  Generale  e  della  Società. 

La  Società  di  buon   grado  aderisce  a  tali   proposte.   Poscia  il 


374  ATTI    DELLA    SOCIEtI 


Presidente  invita  il  socio  Dott.  Garufì  a  leggere  l'annunziato  lavoro 
dal  titolo  :  «  Sull'ordinamento  amministrativo  Normanno  »  Scacca- 
riuìYi  o  Dimani? 

Terminata  la  quale  lettura,  il  Presidente  scioglie  l'adunanza. 

Il  Segretario  Generale 
D/  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DÌ  14  MAGGIO  1899. 
Presidenza  del  Senatore  A.  Gttarneri,  Presidente. 

Riconosciuto  legale  il  numero  de'  soci,  il  Presidente  apre  la 
seduta  e  invita  il  Segretario  Generale  a  leggere  il  verbale  della 
precedente,  che  resta  approvato. 

Dallo  stesso  Segretario  Generale  vengono  presentati  taluni  libri 
pervenuti  in  dono  alla  Società,  tra  i  quali  tre  opere  importantis- 
sime generosamente  donate  da  M/  Ab.  Crisafulli  e  talune  carte  e 
qualche  disegno  artistico  dal  socio  Pietro  Spataro;  il  quale  ha  vo- 
luto così  iniziare  la  ('ol lezione  di  carte,  stampe  e  disegai  relativi 
a  cose  di  Sicilia,  da  lui  tempo  addietro  proposta  e  caldeggiata. 

Indi  chiede  ed  ottiene  la  parola  il  Dott.  Pitrè  per  proporre  alla 
Società  un  voto  di  applauso  e  di  sentito  ringraziamento  al  Presi- 
dente Guarneri,  il  quale  con  liberalità  veramente  ammirevole  ha 
voluto  provvedere  di  un  tavolo  di  noce  la  grande  aula.  Desso  è 
lungo  metri  3  e  50  rd  è  di  artistica  fattura.  La  Società  grata  a 
tanta  liberalità  ha  per  acclamazione  accolta  sifTatta  proposta. 

Il  Segretario  Generale  annunzia  che  la  Principessa  di  Trabia, 
il  Duca  di  Sorradifalco  e  il  Cav.  Salvatore  Butera  di  Vicari  hanno 
fatto  la  loro  adesione  a  soci.     . 

Si  passa  alla  elezione  de'  seguenti  candidati  a  soci  :  signori 
Cav.  Gasparo  Manzone  o  Vito  Beltrani  ;  sig.ra  Tina  Wkitaker, 
sig.ra  Erminia  Bordiga  ;  Avv.  Gius.  Riservato  e  Prof.  Gius.  Rizza 
Scala. 

Pope  di  che  il  Presidente  invita  M.'  Di  Marzo  a  leggero  le  no- 


ATTI   DELLA    SOCIETÀ.  375 


tÌ7Àe  da  lui  raccolte  su  Riccardo  Qum^lararo  e  Vincenzo  di  Pavia 
insigni  pittori  palermitani  del  risorgimento. 

Terminata  tale  lettura,  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 

Il  Segretario  Generale 
D/  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DI  11  GIUGNO  1899. 
Presidenza  del  Principe  di  Fitalia,  Vic£-Presidente. 

Aperta  la  seduta  e  data  lettura  del  verbale  della  precedente, 
che  resta  approvalo,  il  Segretario  Generale  dà  conoscenza  di  al- 
quanti libri  pervenuti  in  dono  alla  Società,  la  maggior  parte  de' 
quali  donati  dal  Presidente  Guarneri. 

Indi  legge  i  nomi  de'  candidati  a  soci  presentati  dal  Consiglio 
Direttivo,  essi  sono:  G.  Luigi  Conforti  proposto  da  Beccaria  e  Tra- 
vali, Giovanni  Scavo  proposto  da  N.  Siciliano  e  Grispo  Moncada. 

Fatta  la  votazione  risultano  eletti  alla  unanimità. 

Riferisce  in  seguito  il  Segretario  Generale  che  il  Presidente, 
Senatore  Guarneri,  per  lettera  diretta  al  Consiglio  Direttivo,  ha 
dato  la  dimissione  della  sua  carica  adducendo  per  ragione  di  tale 
suo  atto  l'avanzata  età  ed  i  molti  suoi  affari;  aggiunge  che  il  Con- 
siglio Direttivo  \  non  slimando  sufficiente  tali  ragioni  perchè  il 
Senatore  Guarneri  s'induca  a  pi-esenlare  la  sua  rinunzia,  giusto 
nel  tempo  in  cui  la  Società  deve  prepararsi  al  Congresso  stori- 
co, delibera  che  una  Commissiono,  composta  dai  signori  Prin- 
cipe di  Fitalia,  Barone  Starrabba ,  Prof.  Salinas  e  Prof.  Pitrò  si 
rechi  da  Lui  per  invitarlo  a  desistere  dalla  presa  risoluzione;  che 
la  Commissione  adempì  subito  airincarico  avuto,  ma  con  esito  ne- 
gativo, e  che  quindi  il  Consiglio  Direttivo  crede  suo  debito  di  dar 
comunicazione  di  tale  rinunzia  alla  Società  per  quelle  delibera- 
zioni, ch'essa  stimerà  opportune  di  prendere. 

Il  socio,  cav.  Carlo  Albanese,  ha  la  parola  per  esprimere  la  sua 
sorpresa  e  insieme  il  suo  dispiacere  per  quel  che  ha  appreso. 
Egli  opina  che  in  questi  momenti  così  gravi  il  Presidente  non  può 


376  ATTI    DELLA    SOCIBXl 


né  deve  ritirarsi,  poiché  ci  va  di  mezzo  l'onore  della  Società,  il 
decoro  del  paese,  e  perciò  formula  un  ordine  del  giorno  ne'  sensi 
di  sopra  espressi ,  che  poi  modifica  alquanto  nella  forma.  Nel 
frattempo  il  socio  Barrila  presenta  anch'egli  un  altro  ordine  del 
giorno,  il  quale  viene  approvato  dalla  Società ,  dopo  che  il  cav. 
Albanese  ha  ritirato  il  suo.  Intanto  dovendosi  formare  una  Com- 
missione per  presentarsi  al  Senatore  Guarneri,  son  designati  dal 
Presidente  per  comporre  la  stessa:  il  Principe  di  Scalea,  il  Prof. 
Sen.  Paterno,  il  Cav.  Carlo  Albanese,  il  Comm.  Francesco  Varvaro, 
il  socio  Barrila  e  il  socio  Chiaramonte. 

Per  l'ora  già  tarda  si  rimanda  ad   altra  seduta  la  lettura  che 
far  dovea  il  Can.  Beccaria, 

Il  Segretario  Generale 
D.""  Giuseppe  Lodi. 


-oe:<OB« 


^^^^^^*«- 


ATTI   DELLA   SOOllTÀ  ÉITt 


PRIMA  CLASSE 


SEDUTA  DEL  DÌ  26  FEBBRAIO  1899. 

Presidenza  del  Cav.  Can.  Giuseppe  Beccaria,  Dii^ettore. 

La  classe  alle  ore  14  si  riunisce  nel  locale  della  Società  in  S.Do- 
menico, con  l'intervento  dei  soci  : 

Beccaria,  Garufi,  Lodi,  Pollaci  Nuccio,  Di  Marzo,  Gozzucli,  De 
Ciccio,  Grispo  Moncada,  Siciliano,  Romano. 

Il  Dottor  Garufi  comunica  un  documento  del  1227-28  apparte- 
nente al  Tabularlo  di  S.  Maria  di  Malfìnò,  che  ha  una  vera  im- 
portanza nella  storia  della  Befensa,  perchè  dimostra  : 

1."  che  la  defensa  nomine  impet^atorU  esisteva   in    Messina 
prima  delle  leggi  di  Melfi; 

2.°  che  essa  poteva  anche  invocarsi  a  nome  dell'arcivescovo, 
e,  può  supporsi,  a  nome  del  signore  del  luogo  ; 

3.°  che  la  violazione  della  defensa  era  punita  in  Messina  colla 
confisca  dei  beni  ; 

4."  che  la  cost.  I.  18  mitigò  in  generale  il  rigore  della  pena, 
e  le  cost.  I.  16,  17,  19  ne  regolarono  l'uso  e  la  competenza. 

Il  Can.  Beccaria  legge  alcune  noterelle  biografiche  su  docu- 
menti inediti  riguardanti  Vincenzo  Colocasio  umanista  siciliano 
del  sec.  XVI.  Con  questi  documenti  vengono  a  chiarirsi  molti 
punti  oscuri  della  vita  di  quell'umanista  e  vendono  a  lumeggiarsi 


3?8  ATTI    DBLLÀ    SDCIEtI 


alcune  parti  del  famoso,  e  solo  conosciuto,  suo  poema  De  qicarto 
bello  punico. 

Alle  ore  15  '/«  la  seduta  è  tolta. 


Il  Segretario 
G.   A.   Garupi 


MEMORIE  ORIGINALI 

APPENDICE 

ALLA 

TOPOGRAFIA  ANTICA  DI  PALERMO  DAL  SEC.  X  AL  XY 


DA  UN  VOLUME  DI 

ANTICHISSIIVII   DOCUMENTI   ESEMPLATI   DALLI   PERGAMENI 

{Lettura  falla  nella  seduta  sociale  del  i2  febbrojo  1899) 


Fra  alcune  copie  di  antichi  strumenti,  vendizioni,  enfiteusi^ 
donazioni,  testamenti,  del  secolo  XIII,  ho  avuta  la  fortuna  di 
trovare  indicazioni  di  località,  di  contrade,  di  confini,  di  nonai 
riguardanti  la  topografia  antica  di  Palermo,  e  ho  creduto  con- 
veniente raccoglierle,  e  aggiungerle  alle  tante  indicazioni  to- 
pografiche notate  in  tabularli  e  strumenti  notarili  riferiti  nel 
voi.  II  della  mia  Topografia  antica  di  Palermo  dal  secolo  X 
al  XV,  sopra  i  quali  documenti  potei  ricostruire  la  Palermo 
medievale,  in  cui  convivevano  insieme  le  tre  razze  greca,  latina, 
saracenica,  tanto  da  far  dire  trilingue  la  nostra  città  retta 
all'uopo  da  tre  legislazioni,  da  consuetudini  diverse,  da  tre 
religioni,  compresa  la  giudaica,  co'  loro  riti  differenti.  Paler- 
mo aveva  contrade  o  quartieri  abitati  da  greci,  da  latini,  e 
da  saraceni,  senza  dire  della  popolazione  ebrea  quasi  tutta 
chiusa  nel  quartiere  detto  de'  Giudei,  o  nella  Judaica  Inori  la 
Porta  anticamente  detta  del  Ferro,  con  le  sue  canee,  le  sue 
piazze,  i  suoi  bagni,  e  la  sua  Sinagoga  confusa  con  le  Mo- 
schee de'  Musulmani  sparse  per  la  città,  ma  ben  distinte  dalle 
Chiese  o  dai  monasteri  bizantini ,  che  indi  dopo  i  Normanni 
a  poco  a  poco  divennero  di  rito  latino  mutando  lingua  e  ce- 
rimonie di  culto.  Molto  restava  fino  al  secolo  XIII  di  bizan- 
tino e  di  saracenico;  e  difatti  molte  piazze  e  strado  si  nomi- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  unno  XXIV.  25 


382  DA    UN    VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 

Davano  ancora  con  nome  arabo,  raramente  con  nome  latino, 
né  era  perduto  il  nome  bizantino  di  taluni  edifizii  e  di  alcune 
località. 

Riferendomi  pertanto  al  mio  lavoro  predetto  sulla  Topo- 
grafia della  città  dal  sec.  X  al  XV,  aggiungo  ora  le  indica- 
zioni topografiche  che  ho  potuto  raccogliere ,  e  servono  o  di 
conferma  o  di  illustrazione  alle  cose  dette ,  e  sono  sempre, 
anche  se  poche  le  cose  nuovamente  trovate,  un  contributo 
importante  agli  studi  topografici  e  storici  di  questa  Città,  che 
fu  tanto  potente  sotto  i  Normanni  e  fece  di  congiunzione  tra 
l'Oriente  e  l'Occidente,  la  storia  di  due  mondi,  e  di  due  civiltà, 
e  di  tre  razze  famose  nella  etnografia  medievale. 

Una  indicazione  topografica  un  po'  dubbia  della  campagna  di 
Palermo  si  riteneva  il  nome  di  Susa,  creduta  equivalente  a  Sisa, 
ad  Assisa,  sì  che  io  non  potei  giungere  se  non  a  stabilire  che  il 
nome  citato  rispondeva  alla  «  contrada  Cassnrorum  »  che  si 
stendeva  dalla  località  del  Castello  della  Zisa  a  quello  di  Ma- 
redolce,  edifizii  tutti  e  due  intesi  col  nome  saracenico  di  Casr, 
comune  ad  altri  edifizii  non  solo  di  Palermo ,  ma  sparsi  in 
tutta  risola,  e  restato  alla  famosa  platea  Marmorea,  che  ancor 
og^i  posta  nel  centro  dell'antico  6'a.<?r,  o  Castello,  o  Città  Vec- 
chia di  Palermo,  si  nomina  ancora  nel  popolo  col  nome  di 
Cassaro.  Ma  una  nuova  indicazione  e  precisa  vien  ora  fuori 
da  uno  strumento  del  1255,  nel  quale  si  ÌQ'^gQ  di  una  pezza 
di  terreno  «  in  contrata  et  plano  Fabarie  vel  Suse  »,  e  Faba- 
ria  0  Susa  è  appunto  indicato  il  Castello  della  Favara,  oggi 
di  Mare  dolce;  come  pur  si  legge  in  uno  strumento  del  1270, 
nel  quale  la  Favara  e  Susa  è  «  in  contrata  Cassarorum  »  cioè 
dei  Casr  che  facevano  come  una  collana ,  dice  Ibn  Giobair, 
attorno  il  collo  di  giovinetta,  ed  è  indicato  pure  il  muro  e  la 
via  delle  Terme  circondante  esso  muro;  si  che  non  resta  dif- 
ficoltà alcuna  circa  il  Castello  della  Favara,  ben  disegnato 
dalle  Terme  che  erano  nel  suo  piano,  e  presso  la  via  pub- 
blica del  Lido  del  mare  che  va  verso  Palermo  e  verso  le 
Terme.  In  altro  strumento  del  1279  è  indicata  una  vigna  esi- 


ESEMPLATI   DALLI    PERGAHENI  383 


Stente  nel  territorio  di  Palermo.  «  in  centrata  Suse  seu  Faba- 
riae  Panormi  »  :  si  che  i  nomi  di  Susa  e  Favara  sono  usati 
come  equivalenti,  e  non  lasciano  più  dubbio  alcuno  sulla  lo- 
calità che  vogliono  indicare  :  il  che  è  un  bel'  acquisto  per  la 
itopografla  della  Campagna  di  Palermo,  e  per  la  illustrazione 
del  nome  della  Porta  Termarura,  oggi  Porta  di  Termine,  don- 
de si  usciva  verso  le  Terme  esistenti  nel  piano  della  Favara, 
e  potute  ritrarre  in  disegno  sulla  fine  del  secolo  passato,  poi- 
ché le  rovine  esistettero  sin  dopo  il  1850,  e  si  trovano  de- 
scritte e  delineate  dall' Ajola  insieme  col  castello  di  Mare  dolce 
della  Favara. 

Dagli  strumenti  novamente  conosciuti  sono  indicate  Rughe 
e  darbi,  e  sucac,  o  piazzette,  prima  sconosciute;  come  il  luogo 
addetto  nel  1253  ad  uso  delle  tintorie,  ed  era  nel  Seralcadio 
e  probabilmente  presso  il  Monte  di  Pietà  di  oggi,  che  fu  la 
grande  fabbrica  di  panni  che  ha  conservata  fino  ad  oggi  il 
nome  di  Panneria.  Nel  1554  è  nominata  una  casa  «  in  capite 
vici  qui  dicitur  Sucac  il  Kes  »  oggi  via  del  Celso,  e  un'altra 
casa  confinante  di  una  Clementia  «  de  Posta  o  Porta  Kebiri  » 
ancora  ignorata.  È  importante  poi  l' indicazione  del  nome 
del  vico  «  Curiae  Veteris  »  del  1284  e  1290,  e  nello  strumento 
del  1262  il  darbo  qui  dicitur  «  Darb  il  Keus»,  e  una  casa  nel 
Serabuali  «  intus  Gassarum  Panormi  »  da  mezzo  giorno  della 
quale  casa  il  Sera  aveva  una  delle  sue  entrate  ed  uscite,  si 
che  se  sino  a  Santa  Chiara  c'era  il  Shera  detto  di  Santa  Chia- 
ra che  seguiva  a  quello  di  San  Costantino,  due  Shera  ancora 
riconoscibili:  e  il  Sherabuali  doveva  cominciare  presso  la  casa 
poi  detta  nel  secolo  XV  degli  Speciali,  continuando  sulla  vec- 
cliia  muraglia  della  Città  nel  luogo  dove  sorse  il  Palazzo  del 
Marchese  Ugo,  e  avvicinandosi  verso  la  Porta  Sant'Elia  o 
Porta  Giudaica,  lasciò  dentro  l'ediflzio  dell'Università  e  sull'an- 
tica muraglia  il  piccolo  giardino  che  fa  parte  del  Serabuali 
•tanto  famoso.  Non  so  quale  sia  stata  la  centrata  Matrahi- 
norum,  «  Matrahinorum,  extra  Gassarum  »  del  1286  e  1287 
-oggi  forse  detta   dei   Matarassai^   ma   si   vede   poi  chiara- 


384  DA    UN   VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


mente  nelle  ripetute  indicazioni  ciie  la  Ruga  kes ,  il  Darbil 
Kes,  il  Sucac  elkes ,  sono  una  stessa  cosa  corrispondente 
alla  Via  Celso  d'oggi,  e  già  via,  cortile,  e  piazzetta  della  Cal- 
ce dei  tempi  arabi,  così  detta  per  le  fornaci  di  calce  che  vi 
esistevano  presso  la  via  Coperta  o  sul  margine  del  Papireto. 
La  quale  Rugakes ,  o  Sucackes  era  vicina  al  Zucac  Buhabe 
nello  stesso  Cassaro,  o  Città  vecchia,  nominata  in  un  doc. 
dei  1196.  Si  rileva  dallo  strumento  del  1290  che  da  arabi  era 
possesso  nel  territorio  di  Palermo  quel  tenimento  o  masseria 
detto  de  Marausa  presso  il  vallone  «  vocatum  de  flcaraciis» 
e  nel  quale  si  trovavano  il  Lapis  magims  e  il  Lajns  Bedera, 
e  vicino  le  terre  del  tenimento  Curema,  il  gurgo  salilo,  e  la 
porta,  0  in  siciliano  «  purtella  ChusH.  Nel  12P6  è  nominata  nel- 
TAlbergaria  la  ruga  «  Ecclesie  Sante  Marise  de  Carmelo  »,  e 
nel  Cassaro  presso  la  ruga  «  Sanctae  Marise  de  Admirato  »  era 
la  «  stabulura  Saladini  Sciavi  »  e  il  darbo  attiguo.  Si  ripete 
in  questi  strumenti  l'esistenza  della  «  ruga  Pissottuli  »  la  stessa 
che  la  ruga  pissotli  della  Galga,  che  era  la  via  della  Sala 
verde,  detta  grecamente  Pissohis  e  Pissottulits  siccome  altro- 
ve abbiamo  dimostrato.  Non  abbiamo  invece  trovato  la  con- 
trada fuori  Città  nominata  nel  1291  «  Sancti  Joannis  de  Sa- 
bero,  0  de  Libero  »  se  pure  a  quanto  pare  non  sia  «  Sancti  Joan- 
nis de  Leprosis  ».  Esisteva  bella  e  buona  nel  1246  «extra  Cassa- 
rum  in  Alcia  (la  Kalsa)  »  la  «  Ecclesia  Sancti  Francisci  »,  come 
esisteva  nella  Galea  il  darhum,  e  quindi  la  Chiesa  «  Sancti  Bar- 
barse  »  dentro  cui  si  stipolava  un  pubblico  strumento  notarile 
«  Actum  in  Ecclesia  Sancte  Barbare»  nel  1249.  Nel  1250  si 
vendevano  due  darbi  di  acqua  del  fiume  detto  «Gued  Itthulth 
in  territorio  Panormi  in  con  Irata  Garbeli  »  ora  Gabriele.  Si 
credeva  posteriore  la  Chiesa  di  San  Paolo  del  quartiere  di 
San  Giacomo,  ma  esisteva  nel  1255  se  in  uno  strumento  è 
nominato  un  giardinetto  presso  la  Chiesa  «  Sancti  Pauli  de 
Galga  Panormi  ».  Nel  1309  il  Palazzo  dell'  Arcivescovo  ha  in 
una  notificazione  della  Curia  questa  data:  «data  Panormi  in 
Palatio  nostro  Portse  Sanctee  Agatse  in  Cassaro  »   cioè   dove 


ESEMPLATI    DALLI    PERGAMENI  385 


sorse  poi  il  monastero  della  Badia  Nuova  e  il  Palazzo  del 
Marchese  Artale  fin  presso  la  Piazzetta  di  Sant'  Agata  la 
Guilla. 

Sappiamo  ancora  da  questi  strumenti  in  quale  parte  della 
città  esistevano  le  case  de'  Calvelli,  degli  Abate,  de'  Mastran- 
gelo,  di  Borello,  e  di  altre  famiglie  storiche  di  Palermo,  oltre  il 
palazzo  di  Adelicia  di  Golisano  e  di  Goffredo  de  Marturano, 
convertito  in  Monastero  (1194),  che  prima  erano  case,  della 
R.  Curia,  cioè  edifizio  pubblico. 

Ci  è  dato  a  conoscere  per  questi  strumenti  che  nel  1310 
la  via  che  da  Palermo  conduceva  a  Monreale,  diversa  da 
quella  che  pur  da  Palermo,  andava  «  ad  Gerbelem  »  cioè  al 
Gabriele,  si  chiamava  «  Carrubba,  qua  itur  a  Panormo  versus 
Montani  Regalem  ».  È  nominata  nel  Cassaro  nel  1317  la  con- 
trada «  Porte  Travuketi  »  quella  stessa  che  altrove  abbiamo 
dimostrata  essere  la  Porta  dove  stavano  i  cambiamonete  sotto 
i  Musulmani,  presso  la  piazzetta  de'  Santi  Quaranta  Martiri  al 
Casalotto,  in  faccia  al  quartiere  della  Moschita;  ed  era  nel 
quarterie  dell'Albergaria  la  contrata  del  fondaco  «  Quartano- 
rum»  forse  Quaricu'ar-iorum  come  è  nominato  nel  138511  Cereo 
della  Corporazione  fra  i  Cerei  felicis  Urbis  Panormi;  la  quale 
contrata  «  Quartanorum  »  era  su'  confini  della  Piazzetta,  nel 
luogo  che  più  anticamente  si  nominava  «  Phachaar  »  indicato 
negli  strumenti  dell'Abbazia  Basiliana  di  S.  Maria  della  Grotta 
di  Palermo  nel  1094,  e  la  contrada  poi  detta  dello  Stazzone. 
Cosi  nel  1329  è  indicato  che  il  fiume  Cannizzaro  (in  contrada 
Sabucie)  scendeva  innanzi  le  mura  di  porta  di  Mazzara  «  per 
ante  Portam  Mazariae,  moenium  ejusdem  urbis  ».  È  importante 
eziandio  veder  confermata  nel  1332  la  esistenza  di  una  Porta 
Nuova  ultimamente  da  me  scoverta,  nelle  mura  del  Seralca-^ 
dio  «in  contrada  Sanctse  Caterinae  prope  Portam  IMovara», 
oggi  contrada  dcll'Olivella  dove  erano  quattro  casette  che  si 
vendevano.  È  confermata  pure  la  esistenza  della  Ruga  nova 
da  Ballalo,  diversa  dalla  via  del  flumetlo  poi  via  di  Porta  di 
Castro  e  che  era  molto  popolosa:  ed  importante  dovette  essere 


386  DA    UN   VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


sin  dal  secolo  XIII  la  Ruga  «  Capitii  et  Centorbii  »  così  detta 
dall'  alloggio  che  vi  ebbero  gli  abitanti  di  queste  due  città 
raccolti  in  Palermo  sotto  Federigo  Imperatore.  Nella  stessa 
contrada  Albergariae  era  lo  Spedale  di  «  Santa  Marie  de  rac- 
comandata »  (presso  Casaprofessa)  e  il  terreno  proprio  di  S.  Nic- 
colò de'  Greci,  forse  San  Nicolò  de  Chufra  diverso  dal  San 
Nicolò  latinorum,  oggi  Parrocchia  dell'Albergarla.  Santa  Ma^- 
ria  de  Grupta  riteneva  ancora  questo  nome  nel  1385 ,  e  lo 
ritenne  sino  a  Carlo  Y  :  vi  era  abbate  uno  di  nome  greco,  e 
Tatto  è  sottoscritto  dalle  firme  di  due  testimouii  in  carattere 
greci.  Era  poi  nel  1407  nella  vanella  per  la  quale  dalla  con- 
trata  della  Curia  pretoria  si  andava  «  ad  lattarinas,  ex  oppo— 
sito  tenimenti  Sanctae  Catarinae,  l'Hospitium  Magnum  nobilis 
Guarnerii  de  Vigintimilio  de  Alcamo,  vicino  a  case  dirute- 
di  Enrico  de  Bononia  miles  »,  e  queste  case  Ventimiglia  fu- 
rono forse  quelle  che  si  confusero  nella  fabbrica  del  Palazzo- 
Pretorio  del  secolo  XV,  ovvero  il  tenimento  di  case  site  nella? 
contrada  di  Santa  Maria  della  Miraglia  e  appartenenti  nel 
1431  ad  Antonio  de  Vigintimilio,  «  secus  viam  publicam  »  e^ 
che  fecero  sul  lato  della  via  Maqueda  d'oggi  la  parte  turrita 
della  Casa  Pretoria  e  il  luogo  delle  pubbliche  Carceri  sul  lato 
occidentale  di  essa  Curia  Pretoria. 

In  un  documento  del  1408  si  nomina  il  Darbo  di  Salo- 
mone de  Carastono ,  che  dovette  essere  presso  la  Porta  Bu- 
suemi,  sulla  quale  si  alzavano  le  case  de'  Crastoni  sino  al  se- 
colo XV  con  le  «  «des  Sanctae  Mariae  de  Porta  in  Cassaro  »^ 
ma  è  dubbia  la  topicità  di  questa  chiesa,  se  forse  non  è  quella 
che  nel  1490  si  trovava  «per  oppositum  hospitii  Petri  de  Spe- 
tiali  »  e  apparteneva  in  ultimo  alla  Congregazione  dei  Maggior- 
domi, 0  del  Volto  di  Cristo  ed  ebbe  nome  di  S.  Marina.  Nel 
quaderno  de*  tonni  dovuti  alle  Chiese  nel  1399  si  nomina  una 
Santa  Maria  de  porta  o  de  partu  o  de  portu;  ma  era  nel  Se- 
ralcadio,  dove  ancora  esiste. 

Si  sa  per  uno  strumento  del  1269  che  nel  Cassaro  di  Pa- 
lermo era  una  ruga   arabicamente  detta  Zucac  Macrissim,  e- 


ESEMPLATI    DALLI    PERGAMENI  387 

altra  ruga  nello  stesso  Cassare  pur  arabicamente  detta  Zucac 
Kalfuni,  probabilmente  nella  via  della  Porta  Busuldeni  o  Bo- 
suè,  oggi  de'  Biscottari;  e  ci  è  fatto  conoscere  che  la  Doana 
di  mare  fu  di  nuovo  costruita  di  legname  nel  1269,  succe- 
dendo all'antica  forse  de'  tempi  arabi,  ed  esistente  nella  ma- 
ritima  di  Palermo,  dove  ancora  esiste.  Si  rileva  pure  che  la 
ruga  «  Centorbii  et  Capricii»  era  «infra  moenia  exteriora» 
del  Cassaro  della  Città,  e  doveva  essere  nell'  antico  quartiere 
della  Moschea  della  Città  araba,  per  la  posizione  di  questa  via 
oggi  via  della  Parrocchia  de'  Tartari.  È  nominata  trovarsi  nel 
Cassaro  nel  1270  una  Chiesa  di  S.  Tomaso  de'  latini  Panormi, 
la  stessa  forse  ora  nella  via  del  Protonotaro,  da  distinguere 
da  quella  di  S.  Tomaso  de'  Greci;  e  probabilmente  verso  Sa» 
Demetrio  doveva  essere  la  Cappella  di  San  Bartolomeo ,  sita 
«  intus  Cassarum  Panormi  in  ruga  Sancti  D.  ».  In  uno  stru- 
mento del  1271  è  indicata  una  casa  sita  «  intus  Cassarum  Pa- 
normi »  in  contrata  Porta?  Serabuali  »,  la  quale  Porta  non  si 
conosce  né  nelle  indicazioni  de'  tempi  arabi,  nò  in  quelle  de' 
Normanni,  fra  le  Porte  della  Città;  e  mi  persuado  che  questa 
Porta  Serabuali  deve  essere  stato  un  nome  dell'entrata  e  del- 
l'uscita di  questo  principale  Shera  o  boulevard,  e  volesse  dire 
0  la  Porta  Busuldeni  per  cui  si  entrava  nel  Sera,  o  la  Porta 
Judaica  per  la  quale  si  usciva  presso  l'Università  di  oggi.  Se 
pure  per  facilitare  il  passeggio  lungo  il  Serabuali  questa  Porta 
non  fu  dove  ora  è  l'entrata  del  Palazzo  Ugo,  o  la  porta  se- 
condaria dell'Università  sul  lato  settentrionale  in  via  Giusep- 
pe Alessi,  a  cui  corrisponde  un  avanzo  del  detto  Shera,  chiuso 
ora  dentro  la  Università  predetta,  dove  anche  restò  chiusa, 
vicina  alla  Porta  Giudaica,  che  era  sita  nella  piazzetta  dell'U- 
niversità, la  porta   Vetere  così  detta  nel  1207. 

Facciamo  pertanto  alle  indicazioni  riferite  nella  Topogra- 
fìa antica  di  Palermo  questa  giunta,  e  crediamo  aver  gio- 
vato al  nostro  lavoro,  a  cui  altre  giunte  potranno  esser  fatte; 
come  ad  es.  questa  che  non  voglio  tacere,  cioè  che  nella  vi- 
sita fatta  il  25  agosto  1892  da  me  con  la  Commissione  Munì- 


388  DA    UN    VOLUMK    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


cipale  per  la  enumerazione  e  descrizione  de'  monunnienti  e  delle 
antichità  della  Città,  trovai  con  molto  piacere  dentro  il  Mo* 
nastero  delle  Vergini,  che  dal  lato  dove  fu  l'antica  Chiesa  di 
Sant'Andrea  sulla  muraglia  della  Città  Vecchia  tra  la  Porta 
Oscura  e  la  Porta  Patitelli,  esistono  ancora  in  un  piccolo  atrio 
alcune  colonne,  tuttora  al  loro  posto,  di  un  portico  che  potè 
essere  il  portico  della  Moschea  esistita  presso  la  Fonte  della 
salute,  che  diede  nome  alla  Bah  assàta  (corrottamente  Porta 
oscura),  la  quale  fonte  fu  poi  la  Peschiera  durata  sino  a  tem- 
po non  lontano  (1890)  dentro  il  predetto  Monastero,  vicinis- 
sima, ma  più  bassa,  del  portico  veduto,  e  nel  suolo  della  quale, 
allora  che  fu  del  tutto  seccato  e  colmato  di  terriccio  sotto  gli 
occhi  nostri,  si  trovarono  rottami  di  colonne  e  un  capitello 
corinzio  romano  che  io  potetti,  acquistare.  Due  delle  colonne 
che  mancano  al  portico  nel  centro  sono  collocate  nel  Coro 
delle  monache,  ed  hanno  fregi  arabi  con  segni  di  caratteri 
cufici  in  alto  e  in  basso,  ed  altre  due  colonnette,  conosciute, 
con  iscrizione  araba  sono  quelle  due  collocate  nella  Chiesa  a 
muro,  sotto  il  coro,  a  sinistra  di  chi  entra.  Non  credo  potersi 
dubitare  che  sono  avanzi  della  Moschea  della  Fonte  della  sa- 
lute, nella  quale  un  pio  musulmano  dormendo  sognò  che  la- 
vandosi in  quella  Fonte  avrebbe  ricuperata  la  sanità,  donde  il 
nome  a  quellacqua  della  portentosa  guarigione.  Restano  nella 
stessa  (Chiesa  delle  Vergini ,  che  prese  il  luogo  di  quella  di 
S.  Teodoro,  altre  due  colonne  a  faccia  ottagonale,  e  moìto  an- 
tiche, e  chi  sa  quali  altri  avanzi  potrebbero  scovrirsi  dell'an- 
tica chiesa  che  fu  edificata  sulla  muraglia  della  Città  vecchia, 
di  cui  sono  visibili  i  grandi  massi  e  i  resti  di  f;ibbrica  bizan- 
tina o  per  lo  meno  normanna. 

Ma  cominciamo  le  indicazioni  topografiche  e  citazioni  co- 
me si  riferiscono  dal  secolo  XIII  al  XV. 

ll'.>4.  12*  Imi.,  Af^osto  (trans,  noi  1278).  GofTi'edo  de  Marturano 
ed  Ad«licia  de  Oulisano  costruiscono  nella  casa  loro  la  chiesa  di 
Santa  .Maria  la  Nova,  »  quam  tu  et  uxor  tua  (iiielis  nostra  divim 


ESEMPLATI    DALLI    i'KHaAÌIENl  389 

obtuta  construxistis  Panormi  infra  domum  que  fuit  olim  Adelicie 
de  Gulisano  quam  eidem  Adelicie  celsitudo  nostra  concesserat  » 
come  dice  re  Guglielmo  nel  detto  ti'ansunto  del  1278.  Confini,  da 
oriente  e  mezzogiorno  le  mura  del  (Massaro  di  Palermo  ,  da  occi- 
dente il  lenimento  della  Chiesa  di  S.  Maria  l'Aramiraglio  e  il  Barbo 
in  cui  era  la  Porta  d'ingresso,  e  da  tramontana  la  via  pubblica 
dove  la  detta  casa  teneva  la  Porta  ed  altri  confini. 

1236.  9»  Ind.,  lulii.  Vendizione  di  un  casaline  a  septentrione 
«  in  ruga  Pissottuli  unde  habet  liberum  introitum  et  esitum 
suum  ». 

1241.  14=*  Ind.,  Februarii.  Vendiziono  che  la  l' Abatessa  della 
Chiesa  di  Santa  Maria  de  Marturana  di  due  pezze  di  terre   «  sitas 

in  centrata  Sancii  Ioannis  de  Sobero Fines  vero  praedicto- 

runi  duaruni  peciarum  lerrarum  sic  distinguntur  :  «  ab  oriente 
terra  Ecclesiae  Sancii  Ioannis  Hospitalis via  pubblica  me- 
diante unde  habent  liberum  introitum  et  exituum  suum». 

1246.  4'  Ind.,  lulii.  Vendita  di  una  casa  «sitam  in  civitate  Pa- 
normi extra  Cassarum  in  Alcia  iuxta  Ecclesiam  Sancii  Fran- 
cisci  », 

1249,  8'  Ind.,  22  Ottob.  Vendizione  di  una  casa ,  casalino  e  di 
terra  vacua  «  iuxta  eam  posilam  in  civitate  Panormi  in  Galea;  con- 

flnes a  meridie  est  Darbum  Sanclae  Barbai'ae Actum 

in  Ecclesia  Sanctae  Barbarae». 

1250.  8"  Ind.,  23  May.  Vendizione  di  due  darbi  «  de  aqua  tiumi* 
nis  quod  dicitur  Gued  Itthulth,  siti  in  territorio  Panormi  in  con- 
trata  Garbeli ». 

1252.  10"  Ind.,  11  Oli.  Vendizione  e  consegna  di  un  giardino  «in 

territorio  Mentis  Regalis,  confìnes a    meridie  est  iardinum 

Belvider  ». 

1252.  17*  Ind.,  2  Agosto.  Vendizione  e  consegna  di  una  casa 
«  sitam  in  civitate  Panormi  inlus  Gaicam  iuxta  domum  Leonis  Greci, 
iuxta  darbum  Sanctae  Barbarae  de  Galea  et  iuxta  alias  domos 
meas  ». 

1253.  12*  Ind.,  22  Ott.  Concessione  e  assegnazione  «prò  parte 
regie  Curie  »  ad  Adamo  de  Petralia  di  certi  casalini  diruti  della 
Curia  siti  «  in  loco  Seralcadii  Panormi  »  per  costruirli  e  beueflcarli 
«  considerantes  et  videntes  quod  eranl  necessaria  nimis  et  oppor- 
tuna prò  suo  statu  et  ad  opus   lingiturarum   suarum  ».    Confini: 


390  DA    CK    VULLMK    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


*  Ab  oriente  tenimentum  dominum  Domini  Nicolai  de  Giracio.  Ab 
occidente  est  Darbus.  A  meridie  est  Domus  Domini  Accagini,  et  a 
semptemtrione  est  Domus  Presbiteri  Petri  de  Petralio,  et  alii  con- 
fines  ». 

1254.  12'  Ind. ,  10  Martii.  Vendita  di  una  casa  in  Palermo  »  si- 
tamin  capite  vici  qui  dicitur  Sucac  il  kes  ....  confìnes  :  ab  orien- 
tes  domus  Clementiae  de  Posta  kebiri  ». 

1253.  11'  Ind.,  ultimo  Februarii.  Vendita  di  una  apoteca  «  sitara 
extra  Cassarum  dictae  civitatis  Panormi  in  ruga  Centorbii  et 
Capicii  ». 

1253-1254.  12'  Ind.  Vendita  al  «  Magistro  Martino  Aulae  Sacrae 
Regiae  advocato  »  di  due  apoteche  «  in  simul  contiguas  sitas  intus 
Cassarum  Panormi  in  maiore  ruga  Marmorea  ». 

1255.  13'  Ind.  Maii.  Vendizione  di  una  casa  terrana  «  ruinosam 
cum  casaline  post  terram  esistentem  versus  septentrionem,  quae 
domus  est  in  vico  Curie  Veteris  iuxta  domum  domini  Archiepi- 
scopi Messanensis  ». 

1255.  14'  Ind.,  10  Dicembre.  Vendita  di  una  pezza  di  terra  ca- 
pace circa  di  una  salma  e  mezza  di  frumento  seminata  in  longo 
aut  in  longitudine,  sita  in  contrata  et  plano  Favarie  vel  Suso.  '.  .  .  . 
«  quae  pecia  terrarum  est  gerba  et  inculta  et  piena   Zomariis  et 

fruticetis  et  cannizolis Dieta  pecia  terrarum   sita  est  in  contrata 

et  plano  Favarie,  ab  oriente  cuius  est  quedam  pecia  una  terrarum 
que  tendit  usque  ad  viam  pubblicam  littoris  Maris  que  vadit  ver- 
sus Panormum  et  apud  Thermas  et  alias  ». 

1255.  Enfiteusi  di  casa  e  di  giardinetto  presso  la  Chiesa  «  Sancti 
Pauli  de  Galea  Panormi  ». 

1256.  14'  Ind.,  primo  lulii.  Concessione  ad  annuo  censo  fatta 
dall'Abate  del  Monastero  di  S.  Giovanni  degli  Eremiti  di  una  casa 
presso  il  casalino  del  Signor  Matteo  de  Calvellis ,  la  casa  di  Gu- 
glielmo Buchirodi,  e  da  mezzogiorno  il  giardino  della  chiesa  so- 
pradetta, e  da  settentrione  il  fiume  et  si  qui  alii  contìnes. 

i257.  15'  Ind.,  20  lanuarii.  Concessione  dell'  Abate  di  S.  Gio- 
vanni degli  Eremiti  di  una  casa  dello  stesso  Monastero  sita  «  in 
civitate  Panormi  in  contrata  Kemonie  cui  ex  parto  orientis  adia- 
c€t  Casalinum  domini  Mattei  de  Calvello,  ex  parto  meridie  il  giar- 
dino del  detto  Monastero,  e  dalla  parte  di  Septentrione  flmnen 
eiusdem  urbis». 


ESEMPLATI    DALLI    PERGAMENI  391 

1257.  15*  Ind,,  22  Junii.  Vendizione  di  una  apoteca  «  sitam  in 
civitate  Panormi  in  ruga  Gentorbii  et  Gapitii  contiguam  apotece 
lacobi  de  Mistretta». 

1262.  15»  Ind.,  15  lulii.  Vendizione  di  una  casa  grande  sita  «  in- 
tus  Gassarum  Panormi  in  Sherabuali  in  contrata  domus   quedam 

Secreti  Raimundi  propre  darbum  qui  dicitur  Darhilku a  me^ 

ridie  domus  Shera  unum  habet  introitum  et  exitum  ». 

1284.  Vendizione  di  una  casa  terrana  cun  casalino  «  in  vico  Gu- 
rie  veteris  sìtam,  Gonfines  a  meridie  est  vicus  predictus,  a  sempten- 
trione  Murum  civitatis  predictae». 

1286.  Donazione  di  un'apoteca  sita  in  civitate  Panormi  in  con- 
trata Matrahinorum  extra  Gassarum. 

1281.  15'  Ind.,  1°  Aprilis.  Gasa  posseduta  dal  Monastero  della 
Martorana  «  in  Givitate  Panormi  extra  Gassarum  in  contrata  sancti 
lacobi  de  Maritima  in  contrata  Matrahinorum  *. 

1287.  17  Novembris.  Vendita  e  assegnazione  che  fa  il  nobile 
uomo  milite  Rogerio  de  Mustaccio  de  Messana  di  due  apoteche 
solerate  site  «  in  quarterio  Syralcadij  »,  di  una  casa  nel  luogo 
detto  Sucac  il  ches,  di  altro  stabile  in  contrada  Malvolli. 

'1289.  2»  Ind.,  30  Junio.  Locazione  di  una   ipoteca   piccola   sita 

«in  quarterio  Seralchadii  Panormi A  septentrione  est  magna 

ruga  Seralchadij  unde  habet  introitum  et  exitum  «. 

1290.  4*  Ind.,  16  Februari.  Assegnazione  e  consegna  di  un  ca- 
salino sito  «  in  ruga  Gurie  Veteris  ». 

1290.  3"  Ind.,  29  Julji.  Designazione  del  lenimento  di  terre  Cu- 
remi  et  Merausi  usurpate  da  «  Dominus  Rogerius  de  Magistro  An- 
gelo Miles  Regius  Justitiarius  civitatis  Panormi  ...»  Per  confine 
nel  detto  tenimento  Marausi  è  un  grande  vallone  «  vocatum  defl- 
caraciis  »  una  mandra  di  un  certo  Gharboni  saraceno  olim  pro- 
curator  Gurie,  una  pietra  chiamata  Lapis  Niger,  e  il  fiume  «quod 
descendit  de  Marasa  ».  Questo  Lapis  magnus  è  nel  detto  tenimento 
e  Masseria  di  Maraausi,  e  andando  per  cristam  cristam  si  giunge 
«  ad  lapidem  Bedera  ,  et  sic  concluduntur  fines  ».  Le  terre  usur- 
pate appartenevano  al  tenimento  e  pertinenze  nominato  Guremi , 
e  cominciano  da  porta  Ghasi  al  gurgo  salito  e  al  vallone  de  Gane- 
ris  0  Ganerorum,  donde  si  scende  al  vallone  Marausi,  e  si  sale 
alla  Pietra  bedere  .... 

1296.  11»  Ind.,  13  Agusti.  Goncessione  di  un  giardino.  .  .  «  in  ci-- 


392  DA    UN'    VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


Titate  Panormi  in  Albergarla  in  ruga  Ecclesise  Sanctse  Mariae  de 
Carmelo  .  .  .  secus  viam  publicam  unde  terra  ipsa  habet  introitum 
et  esitum  ...» 

1303.  2»  Ind.,  1"  Sept.  Concessione  di  due  parti  di  casa  «  in  ci- 
vitate  Panormi  in  Ruga  Ecclesiìe  Sancte  Marie  de  Admirato.  As- 
signaverunt  ipsi  venditores  eidem  Emptori  omnia  scripta  ebraica 
annotata  quse  habebant.  Fines  vero  predictae  Domus  sunt  hii. 
Ab  una  parte  est  stabulum  Saladini  Sciavi  et  darbum ,  ab  alia 
parte  est  predicta  ruga  Ecclesie  Sancte  Marie  de  Ammirato  et 
alia  ». 

1309.  8»  Ind.,  25  Oct.  Testamento  con  molti  legati  di  case,  mo- 
bili e  stabili,  fra  cui  si  fa  donazione  di  una  casa  sita  nel  quarte- 
rio  Albergariae  Panormi  in  darbo  di  Donna  Romana  de  Magistro 

Petro  de  Curtisio secus  viridarium   Monasterii   Monialium 

Sancte  Marie  de  Marturana  Panormi....»  (si  trova  in  questo 
strumento  una  firma  di  testimonio  in  carattere  greco). 

1310.  20  Junii.  Vendizione  di  una  pezza  di  terra,  la  quale  ha 
da  una  parte  la  via  pubblica  «  qua  itur  ad  Garbilem,  et  ex  altera 
parte  est  alia  via  pubblica  Carrube  qua  itur  a  Panormi  versus 
Montem  Regalem ». 

1317.  15»  Ind.,  22  Aprii.  Lascito  di  una  casa  chiamata  «  Chugi- 
ram,  silam  in  quarterio  Panormi  Gassari  in  contrata  Port?e  Tra- 
vuketti ,  e  ""di  un  lenimento  di  case  in  quodam  Cortile»  sitam  in 
quarterio  Albergariae  Panormi  in  contrada  Monasterii  Sancii  loan- 
nis  Heremifarum  Panormi  junta  Jardinum  predicti  Monasterii. 
Item  è  lasciata  «  tabernam  unam  sitam  in  quarterio  Seralcadii 
Panormi  in  contrata  Ecclesie  Santse  Anne  justa  domuin  heredum 
quondam  Burrelli  et  secus  viam  publicam  ...»  ad  altri  oggetti 
lasciati  in  l<'ij-at(>.  Fra  i  testimoni  ò  un  «Judex  Ptolomeus  de 
Capua  » . 

1322.  8*  Ind.,  -ì  Januar.  Donazione  fatta  dall'Abbadessa  e  dalie 
suore  del  Monastero  di  Santa  Maria  de  Marturano  alla  Moniale 
8Uor  Dyonisia  ,  di  apoteche  e  di  camere  site  «  estra  Portam  Ma- 
rilime  dici»  urbis  .  . .  » . 

1322.  C)*  Ind,,  12  9mbris.  Concessione  ad  enfiteusi  di  un  casa- 
lino  scoverto  appartenente  al  .Monistero  di  S.  Maria  de  Mai  tura- 
no, sito  nel  quarterio  dell'Albergarla  «  in  contrata  fundaci  Quar- 
'4anorum  •  appartenente  ad  esso  monastero  .  . . 


ESEMPLATI    DA/,I,I    PERGAMEM  393 

1320.  12*  Ind.,  17  Maii,  Donazione  della  Priora  e  delle  suore 
del  Monastero  di  S.  Maria  de  Marturano  di  una  vicenda  di  acqua 
del  fiume  Gannizzaro  sito  «  in  contrada  Sabugiae  de  territorio 
dictse  urbis  descendentis  per  ipsam  Sabugiam  inferius  per  dire- 
ctum  et  transeuntis  per  ante  Portatn  Mazaria?  ma?muni  urbis 
eiusdem  »  con  espressione  delle  condizioni  della  irrigazione  con- 
ceduta. 

1331.  14'  Ind.,  10  Junii.  Vendizione  di  una  casa  solerata  sita 
*  in  Cassaro  dictae  Urbis  in  contrata  Curiae  Pretoriae  juxta  do- 
mum  Ioannes  de  Cavallanti  et  secus  duas  vias  publicas». 

1332.  15'  Ind.,  10  Apr.  Dichiarazione  di  possesso  di  quat- 
tro casette  contigue  site  in  Seralcadio  in  contrata  «  Sancte  Ca- 
terine prope  Portam  novam  »  e.  concessione  di  esse  casette  con 
censo. 

1334.  3"  Ind.,  31  Die.  Vendizione  di  un  casalino  e  di  una  ipo- 
teca sita  in  contrata  Ruge  nove  de  Ballare.  In  questo  strumento 
fra  le  firme  de'  testimoni!,  si  legge  una  in  volgare  «  Ego  Mastru 
Francisco  de  Junta  testis  sum  ». 

1341.  9'  Ind.,  3  Febb.  Vendita  di  due  pezze  di  terra,  in  opposto 
al  giardino  appartenente  al  Monastero  della  Martorana  ,  site  «  in 
quarterio  Albergariae  Panormi  insta  Stallam  et  Domos  quondam 
Domini  Nicolai  Abbatis  Militis  ». 

1341,  9"  Ind.,  6  Julii.  Enfiteusi  di  una  apotega  solerata...  -<  se- 
cus vanellam  quse  dicitur  de  Virgilio  et  secus  dictam  Plateam  (la 
via  Marmorea). 

1343.  11*  Ind.,  29  Mai.  Dotazione  per  ingresso  nel  Monastero 
Sancta^  Maria)  de  Marturana,  di  una  casa  «  sitam  et  positam  in  Cas- 
saro dictse  Urbis  in  ruga  quondam  circumspecti  ludicis  Riccardi 
de  Leontino  ». 

1344.  12'  Ind.,  10  Februar.  Concessione  di  una  parte  di  un  pezzo 
di  teria  «  sitae  et  positae  in  contrata  Azize  de  territorio  Panormi» 
confinante  a  terre  a  vigna. 

1348.  2*  Ind.,  1"  Oct.  Indicazioni  di  possessi,  di  case,  e  di  servi, 
«  in  contrata  Faxumeri  territorii  Panormi,  di  una  taberna  in  platea 
publica  quarterii  Albergarise  »  con  lascito  di  legati  per  benevolezza, 
e  devozione. 

1349.  2*  Ind.,  28  Aprii.  Enfiteusi  di  tre  case  terrane  col- 
laterali ipsi  Monasterio   de    Marturano    «  secus   domos   quse    fue- 


394  DA    UN   VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 


runt   Dopno    Ioannis   de  Aragonia   et   secus   fundacum    Guirreni 
de  Ang.  » 

1350.  3'  Ind.,  15  Februar.  In  questo  strumento  di  concessione 
di  una  apoteca  è  nominato  per  confine  l'orto  o  il  viridario  «  Eccle- 
siae  Sancti  Michaelis  de  elebanina ...» 

1366.  5'  Ind.,  21  Januar.  Enfiteusi  di  un  cortile  con  due  case 
terrane  una  coverta  ed  altra  scoverta  con  pergola,  albero  di  fico, 
e  canne  esistenti  nel  detto  cortile  «  in  quarterio  Seralcadii  in  ca- 
pite superiori .  .  .  secus  demos  monasterii  Sanctae  Mariae  de  Gan- 
cellario ...» 

1306.  5*  Ind.,  7  Octob.  Enfiteusi  di  una  apoteca  solerata  sita  e 
posta  «  in  urbe  Panormi  in  quarterio  Porte  Patitellorum  seu  Ma- 
ris  .  .  .  et  secus  Tarsinatum,  viam  publicam  et  plateam  publicam 
et  confi nes  ...» 

1367.  6»  Ind.,  26  Maii.  Enfiteusi  di  due  case  terrane  site  e  po- 
ste «  in  Gassare  Panormi  in  centrata  Sancti  Demetrii  secus  cortile 
Dorane  Musectae  de  Algerie  ». 

1369.  7*  Ind.,  5  Martii.  Enfiteusi  di  una  apoteca  solerata  «  cum 
Cortile  secus  quamdam  domum  et  cortile  Sanctse  Caterinse  de 
Cassare et  secus  viridarium  conventus  Sancti  Francisci  Pa- 
normi ». 

1371.  10  Ind.,  31  Januar.  Concessione  ad  enfiteusi  di  un  casa- 
lino  diruto  sito  e  posto  «  in  contrada  Terracbine,  quarterii  Porte 
Patitellorum  dictse  Urbis  secus  Gassarum>. 

1376.  14'  Ind.,  20  Maii.  Concessione  di  un  tenimento  di  terre 
«cum  arboribus  olivarum,  amindolarum,  lìcuum,  carrubarum,  et 
prunorum,  situm  et  positura  in  territorio  Panorrai ...  de  febaro 
seu  Sclaraiuni .  .  .  secus  terram  Sancti  Ioannis  de  Guida». 

1377.  2'  Ind.,  24  Nov.  Descrizione  di  beni  di  minore  siti  nel 
Cassare,  e  una  taverna  sita  in  Ballare  suis  finibus  limitata.  (In 
questo  strumento  si  legge  fra  i  testimoni  :  Ego  Andrea  di  Giovanni 
ut  supra  judice  testor). 

1378.  1'  Ind.,  22  Maii.  Gompiraento  di  un'apoteca  sita  e  posta 
ciò  dieta  Urbe  scilicet  in  Maritima  in  contrata  Portse  Maris  cum 
cortili  et  cobina  sibi  conjuncto  et  collaterare  ». 

1385.  9'  Ind.,  24  Martii.  Concessione  in  perpetuo  di  due  case 
terrane  <  unam  intus  aliam  cura  quodam  Cortili,  sitas  et  positas  in 
quarterio  Albergarise  in  Ruga  di  lu  Carmino  secus  domum  Isoldoe 


ESEMPLATI    DALLI   PERO AMENI  395 


Mulieris  de  Mazaria  (in  questo  strumento  si  trovano  fra  i  testi- 
moni due  sottoscrizioni  in  caratteri  greci;  e  firmate  «  testis  frater 
Philardus  Abbas  Sancta3  Marise  de  Grupta  ». 

1386.  9*  Ind.,  1°  Febr.  Locazione  di  persona  e  di  servizii  con 
molte  condizioni,  e  di  servire  nella  spezieria,  e  in  tutto  la  perso- 
na locante  ;  per  la  durata  di  quattro  anni  e  con  multa  di  dieci 
^oncie  d'oro. 

1387.  11'  Ind.,  2  Jan.  Concessione  in  perpetuo  di  tre  casalini 
«  in  quarterie  Albergarla^  secus  Domum  Hospitalis  Sanctae  Marie 
de  Racumandatis  ...  et  secus  terras  sancti  Nicolai  Graecorum  ex 
parte  altera  viam  publicam  et  alios  confines  ....  » 

1388.  9*  Ind.,  5  Febr.  Riconcessione  ad  enfiteusi  di  un  terreno 
da  piantare  a  vigna  sito  nella  contrada  «  Faximeri  territorii  dictae 
Urbis  ...... 

1393,  2'  Ind.,  10  9mbris.  Compra  di  tre  case  terrane  congiunte 
insieme  e  collaterali  site  nel  quartiere  dell'Albergaria  ...  «  secus 
viridarium  heredum  quondam  Guirreri  de  Atterio...». 

1407.  18"  Ind.,  20  Agusti.  Concessione  di  un  tenimento  di  cin- 
que case  solerate  e  coperte  di  ceramidi  e  di  terrazza  con  cortile 
site  e  poste  «in  Cassare  dictae  Urbis  in  centrala  del  Monastero  e 
della  Chiesa  di  S.  Maria  de  Admirato  »  in  opposito  dictae  Eccle- 
siae  ....  secus  Hospitium  Magnum  quod  fuit  nobilis  Guarnerii  de 
Vigintimilio  de  Alcamo  et  secus  domos  dirufas  quas  nunc  possi- 
det,  ut  dicitur,  dominus  Henrigus  de  Bononia  Miles,  quae  dicuntur 
pertinere  ad  Sanctam  Annam  nunc  vanellam  pubblicam  per  quam 
itur  de  centrata  Guriae  Praetoris  ad  Lattarinas  ex  apposito  teni- 
menti  Sanctae  Catharinae». 

1407.  l' Ind.,  5  Novem.  Concessione  enfiteutica  di  case  poste  '<  in 

Cassare  dictae  urbis  intus    Darbum  Salomonis  de  Carastono 

secus  Ecclesiara  Sanctae  Mariae  de  Partu  ex  parte  posteriore. 

1408.  1*  Ind.,  30  lulii.  Concessione  enfiteutica  di  casa  solerata 
posta  «  in  Cassare  dictae  urbis  secus  domum  Monasterii  Sancti  Sal- 
vatoris  de  Cassare  ». 

1430.  9»  Ind.,  24  Novembre.  Concessione  di  un  trappolo  del 
Monastero  di  S.  Maria  la  Martorana,  posto  in  quarterie  Alberga- 
riae  «  in  centrata  conventus  Monasterii  Sanctae  Mariae  de  Monte 
Carmelo  secus  cortile  domorum  censuale  Hospitalis  Ecclesiae 
Sanctae  Mariae  de  Raccomandatisi». 


o96  DA    UN   VOLUME    DI    ANTICHISSIMI    DOCUMENTI 

1431.  1'  Ind.,  3  Settembre.  Rendita  di  censo  sopra  un  teni- 
mento  di  case  «  in  centrata  vocata  Sancta  Maria  de  la  Miraglia 
iuxta  domos  domini  Antonii  de  Vigintimilio,  et  secus  viain  pub- 
blicam  ». 

Spero  che  altre  indicazioni  accrescano  sempre  le  noti- 
zie topografiche  delle  rughe  e  delle  contrade  della  nostra 
Città,  descritti  nella  Tojiografia  citata,  pubblicata  nel  1889-1890 
in  Palermo,  alla  quale  mi  riferisco. 

M.*"  Vincenzo  Di  Giovanni. 


••K^f^*' 


STORIA  ED  ARCHEOLOGIA  DI  TROTILON,  XIPHONIA 


ED  ALTRI  SITI 

PRESSO  AUGUSTA  DI  SICILIA  (*). 
(Lavoro  approvato  dal  Consiglio  direttivo  nella  seduta  del  12  aprile  1899) 


I.  Preliminarl 


Quasi  a  partire  dal  1870  la  Storia  di  Sicilia  nell'antichità 
ebbe  molti  insigni  cilltori  che  si  adoperarono  a  rintracciarne 
le  memorie  più  importanti  e  recondite,  spesso  confuse  ed  er- 
roneamente note.  A  tali  indagini  si  procedette  con  quel  fine 
senso  storico  ed  archeologico  che ,  mano  mano  eliminando 
qualche  falsa  interpretazione  filologica  e  con  prove  più  moderne 
allargando  i  limiti  dei  rapporti  monumentali,  ha  presentato  poi 
sotto  un  aspetto  direi  interamente  nuovo  l'evoluzione  civile, 
militare  e  artistica  della  singolarissima  isola.  Così  trasformaronsi 
ormai  tante  vecchie  opinioni  suggerite  o  dalla  boria  paesana  o 
da  inesatte  cognizioni,  ed  oggi  furono  corrette  pel  sussidio  di 
materiali  archeologici,  la  cui  scoperta  è,  con  le  notizie  clas- 
siche sommesse  alla  critica ,  la  più  sicura  testimonianza  per 
trattare  in  maniera  più  certa  e  scientifica  di  antichità  siciliane. 
Non  è,  per  questo,  mio  intendimento  di  voler  porre  tutte  in  dis- 
credilo le   passate  storie   municipali  e  regionali   della  nostra 


['>  Cfr.  la  mia  Summa  libelli  de  Trolilo  Xiphoniaque  alque  aliis  locis 
proxime  edendi  in  'Rivista  di  Storia  Antica  e  Scienze  affini',  a.  IV, 
fase.  3"  (1899),  pp.  209-212. 

Ardi.  .S!o}\  Sic.  K.  S.  anno  XXIV.  26 


398  PRELIMINARI 


classica  terra,  tanto  più  che  alcune  di  esse,  come  Amico  p. 
es.  e  Fazello,  il  Pausania  della  Sicilia,  son  sempre  ai  di  nostri 
attendibilissime  fonti  per  molti  riguardi.  Ma  certamente ,  con 
l'uso  diligente  di  testi  greci  e  latini  che  delle  memorie  sici- 
liane riferiscono  preziose,  benché  talora  vaghe  ed  imperfette 
notizie,  nonché,  adottando  le  varie  edizioni  critiche  degli  storici 
e  geografi  che  le  rapportano,  e  col  sussidio  monumentale  cre- 
sciuto oggimai  per  quantità  ed  importanza,  attingiamo  a  fonti 
più  chiare  e  ci  è  consentito  di  fare  più  precisi  raffronti  in  or- 
dine a  quanto  riguarda  questa  nobilissima  terra,  oggi  in  ispecie 
che  la  scienza  storica  ha  potuto  favorevolmente  prendere  un  in- 
dirizzo più  sicuro  con  un  metodo  di  identificazione  archeologico- 
ietteraria.  Ninno  infatti,  a  non  dir  d'altro,  vorrà  negare  i  lumi 
pòrti  dalla  '  Storia  della  Sicilia  nell'antichità'  [I]  (trad.  Torino, 
Clausen,  1896)  e  dalla  '  Geografia  antica  della  Sicilia  '  (Palermo, 
1871)  del  prof.  Adolfo  Holm;  ai  quali  preziosi  lavori  son  poi  se- 
guiti, segnalati  oltre  ogni  dire,  quello  del  Freemann,  '  History 
of  Sicily'  (Oxford,  I-IV  [1894]),  ed  infine  il  dotto  ed  ingegnoso 
volume  di  Ettore  Pais ,  '  Storia  della  Sicilia  e  della  Magna 
Grecia'  (Torino-Palermo,  1894). 

Se  molto  controverse  furono  e  son  tuttora  le  vicende  e  tal- 
volta r  ubicazione  di  qualche  oscura  città  greco-siceliota  del 
versante  orientale,  riescono  pertanto  di  sommo  vantaggio  e  di 
notevole  interesse  e  risultato  gli  studi  specialmente  dell'Holm 
e  del  Pais,  dell'Orsi,  del  Cavallari  e  del  Columba,  per  quel  che 
vi  concerne,  singolarmente,  le  ricerche  storiche  e  monumentali 
dell'elemento  ellenico  primitivo  approdato  a  queste  coste. 

Di  non  ultima  importanza  è  senza  dubbio  la  conoscenza  di 
Trotilon  e  di  Xiphonia,  la  cui  archeologia  ha  meritato  qualche 
attenzione  da  parte  dei  dotti  moderni  con  notevoli  contributi 
che  districano  un  po'  le  tenebre.  Gli  ò  in  questi  prossimi  anni, 
nei  quali  la  storia  dell'elemento  calcidico  in  Occidente,  mas- 
sime per  le  vicende  studiate  in  diverso  monografie  e  con  ot- 
timo metodo  dal  Columba,  ha  fatto  un  passo  in  avanti.  Quanto 
poi  ai  sili  in  parola,  non  pretendo  colmare  siffatta  lacuna  nel 


PKELIMINAUI  399 


campo  storico  ed  archeologico  di  Trotilon  e  Xiphonia,  poiché 
Ja  maturità  delle  indagini  e  delle  esplorazioni  attraverso  i  mi- 
seri avanzi  sarebbero  i  precipui  requisiti  per  raggiungerne 
V  ideale.  E  poi  c'è  la  condizione  poco  propizia  che  Trotilon  e 
Xiphonia,  a  quanto  sembra,  non  solo  offrono  appena  indizi  per 
importanti  ricerche  da  fare  e  per  osservarle,  ma  anche  per- 
chè, a  mio  avviso,  poco  materiale  oggettivo  potrebbero  offrire 
in  caso  che  si  procedesse  a  scavarne  il  devastato  terreno.  Se 
non  che,  valendomi  delle  poche  notizie,  specie  di  Tucidide, 
Polieno,  Diodoro,  Strabone,  Livio,  Plutarco,  Vergilio  e  Stefano 
Bizantino,  e  segnatamente  degli  ultimi  riflessi  e  delle  conclu- 
sioni più  0  meno  opportune  a  cui  si  è  oggi  pervenuto ,  por- 
gerò ,  con  qualche  proprio"  criterio ,  uno  schizzo  delle  due  o- 
scure  città ,  e  taluna  breve  menzione  farò  di  alcuni  altri  siti 
•confinanti  o  vicini  che  nell'antichità  furono  il  centro  di  qual- 
X5he  operazione  strategica  o  motivo  d'ispirazione  poetica  a  Ver- 
gilio e  a  Silio. 

Da  Trotilon ,  la  cui  fondazione  fu,  forse  sincrona  a  quella 
di  Xiphonia,  passerò  a  quest'ultima,  tratteggiando  anche  quelle 
poche  osservazioni  che  i  poveri  resti ,  non  anco  soggetti  a 
studi  topografici  ed  a  scavi ,  mi  poterono  suggerire  nelle  di- 
verse escusioni  da  me  fattevi  Testate  dello  scorso  anno  (1898). 
Benché  in  proposito  pochi  fatti  registrino  nelle  loro  opere  Tuci- 
dide, Polieno,  Diodoro,  Strabone  e  Livio,  i  principali  a  cui  pos- 
siamo far  capo,  e  sempre  per  relazioni  con  la  storia  di  Sira- 
cusa che  è  la  storia  dell'  antica  Sicilia  :  è  nondimeno  a  tener 
fede  in  una  considerazione  che ,  quand'  anche  intrecciati  tra 
loro  Trotilon  e  Xiphonia  con  Thapsos  e  Megara-Hyblaea  e  con 
.Leontinoi  e  Syracusai,  massime  alTepoca  delle  origini,  di  Dio- 
nigi 1  e  di  Gerone  II  ;  gli  esordi  di  Trotilon  si  presentano , 
parmi,  quasi  contemporanei  a  Xiphonia,  anch'essa  calcidica.  Tu- 
vcidide  e  Polieno  sono  le  più  ragguardevoli  fonti  che  ne  rive- 
.lino  le  origini  con  quella  serietà  per  cui  nulla  è  a  dubitare 
-del  fondo  storico,  poco  di  qualche  equivoco.  Conforme  la  cro- 
nologia che  nella  storia  della  Sicilia  antica  vien  determinando 


400  PREUMINARI 


i  successivi  stahdlimelnti  coloniali,  giacché  dopo  le  greco-italiote 
Kyme  (1053-?)  e  Rhegion  (812),  vennero  fondate  nell'isola,  in 
sovrapposizione  ai  Siculi  che  vi  precedettero,  Naxos  nel  735, 
Syracusai  nel  734,  Catane  e  Leontinoi  nel  729,  e  Megara  nel 
728  :  non  siamo  certo  lontani  dal  vero,  seguendo  le  tracce  di 
Polieno  (Y,  5,  1  sq.),  quando  narra  che  i  Megarei,  cacciati  da 
Theokles  di  Leontinoi,  appena  che  vi  si  erano  stabiliti  i  Cal- 
cidei  loro  compagni  di  viaggio,  poterono  per  un  solo  inverno- 
fermarsi  ad  abitare  Trotilon.  Da  ciò  deriva  la  conseguenza  per 
cui  Trotilon  si  sarebbe  fondata  insieme  con  Leontinoi,  o  me- 
glio nell'intervallo  729-728  av.  C.  in  cui  vi  furono  i  Megarei; 
è  questi,  andati  subito  aThapsos,  e  di  là  ancora  espulsi  o  dai 
Siracusani  o  dai  Leontinoi  o  dai  Calcidei  di  Xiphonia ,  o  da 
tutti  insieme,  finirono  per  esser  nello  stesso  anno  728  (15  mesi 
dopo  la  fermata  a  Leontinoi)  stanziati  a  Megara-Hyblaea  coi 
soccorsi  del  re  siculo  Hyblon,  come  diremo  nel  capitolo  :  '  Note 
su  M.  H.  '  —  Giacché,  se  Strabone  dice  (VI,  2,  2;  p.  267) .  .  . 
XT^CTac  .  .  xohc,  5è  àtàodccQ  "Mi^ccgoc,  t?]v  "Y^Xav  TrpÓTspov  xaXou[jilvT]V, 
è  evidente  come  essi  dovettero  andar  lieti ,  dopo  tante  pere- 
grinazioni ed  espulsioni,  di  venire  accolti  da  Hyblon  che,  per 
esser  siculo  e  quindi  avversario  dell'  usurpatore  Theokles  in 
Leontinoi  già  sicula,  aveva  da  trarre  vantaggi,  in  caso  di  scop- 
pio, neir  ammettere  ad  Hybla  l' elemento  dorico-megarese.  Se 
■però  i  Megarei  non  si  fermarono  al  promontorio  di  Xiphonia 
od  alle  falde  del  Tauro,  propizii  per  la  singolare  sporgenza  ad 
Est,  per  due  porti  laterali,  per  la  fertilità  dei  campi  sovrastanti, . 
tutti  bei  luoghi  ed  opportuni  per  le  operazioni  militari  e  mer- 
cantili, gli  è  perchè  essi  non  avevano  realmente  proprie  navi, . 
essendo  stati,  con  la  scorta  di  Theokles,  condotti  dalla  Grecia  in 
Sicilia  su  navi  calcidesi,  ed  anche  pel  piiY  importante  motivo  che,. 
se  fossero  stati  nella  possibilità  di  crescere  per  numero  e 
forzo,  si  sarebbero  resi  esiziali  e  pericolosi  alla  potenza  della 
corintia  Siracusa  od  alle  altre  colonie  (calcidiche)  Leontinoi  e 
Xiphonia.  Sicché  i  Megarei  avrebbero  traversato  quella  zona 
rettilinea  che  mena  d&l  raonticello  Trotilon  e  dall'alto  Panta- 


PHELIMINABI  401 


iyas  alla  larga  distesa  che  va  Ano  al  fiume  Mylas  (Marcellino) 
e  non  avrebbero  quindi  preso  il  sentiero  di  N-W  verso  S-E 
che  conduce  al  TaQpo;  àxpov,  perchè  già  la  vicina  Xiphonia, 
che  sarebbe  di  fresco  bella  e  impiantata  da  Calcidei,  si  sarebbe 
mossa  contro  di  essi.  -  Ma,  giusta  tal  ragionamento,  Xiphonia 
potrebbe  apparire  preesistente  a  Trotilon  e  a  Leontinoi,  le 
quali  abbiamo  cronologicamente  piantate  al  729-728,  quasi  in 
pari  tempo.  Nulla  sul  riguardo  ci  si  rivela  dalle  classiche  tra- 
dizioni, ma  sembra  probabilissimo  che,  essendo  il  promontorio 
Tauros  ed  il  porto  Xiphonicus  molto  convenienti  per  la  fon- 
dazione di  una  fattoria  sul  dorso  o  ai  piedi  del  monte  Tauros, 
•o  meglio  dov'è  oggi  Augusta,  i  Calcidei  di  Theokles,  che  sap- 
piamo venuti  a  Katane  con  le  loro  navi  insieme  ai  Doriesi  d^ 
Megara,  si  fossero  divisi  in  due  sub-colonie ,  Leontinoi  e  Xi- 
phonia, scegliendo  a  preferenza  Leontinoi  di  grande  opportu- 
nità per  i  possibili  maneggi  strategici  con  le  trincee  che  si 
elevano  rimpetto  all'Ionio,  e  Xiphonia  per  le  operazioni  ma- 
rittime coi  suoi  vasti  porti  ai  fianchi  del  chersonesos  e  pel 
Tajpoc;  àxpov  di  Tolomeo  che  le  fti  lieta  corona  ad  Est,  favo- 
revolissimo per  maneggi  in  caso  di  guerra. 

Sovrattutto,  quindi,  venne  abitata  la  penisoletta  dov'è  oggi 
Augusta,  per  essere  in  mezzo  al  porto  Megarese  e  allo  Xi- 
phonico  :  essa ,  con  una  ottima  e  ridente  posizione ,  aveva 
tutti  i  privilegi  che,  conforme  alla  tattica  militare,  potes- 
sero mettervi  la  colonia  in  grado  di  resistere  alle  vicinanze 
(ii  guerra.  Sarebbe  stata  non  già  come  Thapsos ,  eh'  è  una 
prigione  e  poco  atta  a  difendersi  ;  ma ,  in  circostanze  di  as- 
sedio ,  poteva  divenire  poco  più  che  una  Ortygia ,  con  a  tra- 
montana molti  luoghi  di  scampo.  Però ,  secondo  una  più 
probabile  congettura,  par  che  essa  debba  aver  avuto  dappoi  una 
-stazione  mercantile,  e  che  forse  le  difendeva  (V-IV  sec),  alle 
falde  del  monte  Tauros,  ovvero  poi  avrebbe  avuto  rapporti  con 
le  rive  orientali  e  occidentali  che  rispettivamente  fronteggiano 
la  città.  La  presenza  di  sepolcri  che  di  quando  in  quando  si  ven- 
nero scoprendo  nel  circuito  della  odierna  Augusta,  valgono  ad 


402  PRELIMINABt 


attestar  molto  dell'essere  un  tempo  colonia  greca.  Se  cosi  non 
si  ammette ,  neppure    dovremmo  tener  conto  dei  resti  che  si 
osservano  alle  falde  del  monte  Tauros.  Benché  non  sempre  si- 
cure e  determinate  le  condizioni   classiche  degli   avvenimenti 
che  si  rapportano  a  Xiphonia  e  alla  piccola  Tauromenion ,  è 
tuttavia  certo  che  il  porto  di  Augusta  (ad  Ovest)  valse  per  gif- 
affari  commerciali  e  guerreschi  ai  Megaresi,  ('he  se  anche  Ver- 
gilio ,  dopo  varii  secoli,  chiamava  col  medesimo  nome  quello 
di  Est  [Megaros  sinus),  da  ciò  devesi  conchiudere  che  Xiphonia 
dovette  perderò  man  mano  d'iiupurtaiiza  e  sparire  affatto ,  io- 
epoca  che  non  possiamo  determinare,  per  dar  più  campo  alla 
crescente  grandezza  della  ormai  siracusana  Megara  che  avrebbe 
forse  dominato  pure  Tantico  Xi|i^v  Sc^wvero?  dello  pseudo-Scilace. 
E  quando  il  cons.  Marcello   nel   212  av.  C.  distrusse  Megara, 
fra  i  suoi  abitanti,  in  quello  sconvolgimento,  molta  parte  det 
superstiti  dal  disastro,  con  molta  probabilità  dovettero  popo- 
lare Xiphonia,  cioè  la  penisola  dov'è  oggi  Augusta.  Nel  capi- 
tolo che  tratterà  dei  martyres  supra  Megara  in  avrò  occasione 
di  avvertire,  sulla  fede  di  qualche  buona    testimonianza,  che- 
anche  l'antica  Megara,  pure  dopo  la  presa  di  Marcello,  e  certo 
fino  ai  primi  secoli  del  Cristianesimo,  ebbe  esistenza,  per  quanto 
con  fama  assai  minore  della  precedente.  La  trattazione  della 
materia  nei  seguenti  capitoli   curerà  di    mostrar   più  chiara- 
mente molti  argomenti  accennati  in  questa   sintesi    generale , 
con  un  apparato  riguardante  la  letteratura    bibliografica  del- 
l'assunto. Né,  dopo  lo  schizzo  su  Trotilon  e  Xiphonia,  riusciran- 
no fuor  di  luogo  taluni  appunti  sui  fiumicelli  Pnntakyas,  Damy- 
rias,  Mylas,  Selinus,  Alabon,  la  cui  ricordanza  nelle  classiche  fonti 
è  spesso  in  stretta  relazione   con    la   storia   delle  vicine  città 
elleniche.  Una  controversia  su  quel  che  dice  Stefano  Bizantino- 
intorno  a  Megara-Hyblaea  ed  altre  notizie  rispettivamente  in- 
teressanti saranno  oggetto  della  mia  attenzione.  Trarrò  a  com- 
pimento il  nucleo  di  queste  ricerche  con  un  episodio  di  mar- 
tirologio cristiano  avvenuto  presso  il  medio  Pantakyas  e  re- 
lativo a  Megara,  stantechè  negli  Ada  vengono  ricordati  mar- 


TKOTILON    E    TKOGILOS  4ll3 


tiri  supi-a  Megaram^  e  annoderò  tale  supplizio,  eseguilo  nel 
238 ,  con  un'  iscrizione  di  fanciullina  defuncLa  Ilyblae  nel  III 
secolo  o  quasi.  All'argomento  martirologico  si  connette  ancora 
la  descrizione  della  grotta  che  trovasi  un  po'  a  N-W  della 
borgata  Brucoli,  degna  di  maggiore  attenzione  da  parte  degli 
archeologi  cristiani  per  alcuni  dipinti  dei  primi  secoli,  non 
certamente  tutti  del  249-251,  come  rapporta  la  tradizione,  cioè 
poco  dopo  il  martirio  mentovato  e  durante  la  persecuzione  di 
Decio,  ma  di  età  bizantina,  per  alcuna  parte.  E  fino  ad  oggi 
ben  conservata  la  pittura  della  Vergine  col  Bambino,  e  oscuri 
indizi  di  una  scena  battesimale  e  dei  tre  fratelli  Alfio ,  Fila- 
delflo  e  Cirino  martiri  di  Leontinoi,  rappresentati  nella  parete 
dell'antro,  accanto  alla  così  detta  *  Mater  Adonai',  col  quale 
cenno  chiuderò  le  mie  indagini.  E  il  lavoro  fu  da  me  fatto  «pen- 
sando che  tra  tanti  uomini  più  capaci  di  me,  italiani  e  stra- 
nieri, niuno  potea  avere  insieme  lo  zelo  e  le  cognizioni  locali 
d'un  siciliano  »  (1).  So  non  che,  bisogna  pure  avvertire  il  let- 
tore che  si  è  dovuto  tante  volte  toccare  un  po'  analiticamente 
certi  fatti  e  circostanze,  a  fine  di  agevolare  nel  tempo  istesso, 
e  per  quanto  mi  fu  possibile,  le  persone  di  media  cultura  che 
amano  saper  qualche  notizia  di  storia  patria. 


II.  Trotilon  e  Trogilos. 

1.  A  circa  nove  km.  da  Augusta  verso  N-W,  percorrendo 
la  via  provinciale  che  mena  a  Villasmundo,  fino  alla  contrada 
Torre,  detta  volgarmente  trazzera  grande,  e  quindi  passando 
per  la  strada  del  feudo  Arcile  al  piano  inclinato  del  predio 
Occhiali ,  si  giunge  alla  valle  di  Marcauto ,  continuazione  del 


(1)  Co!  dire  di  M.  Amaiu,  Storta  dei  Musulmani  in  Siciliay  I,  Firenze 
185 i,  p.  XXI. 


404  TROTILON    E   TKOGtLOS 


fiumicello  Pantakyas,  il  quale,  dopo  aver  percorso  alcune  terre 
di  proprietà  del  signor  principe  di  Cerami,  si  getta  a  parecchi 
kni.  di  distanza  nel  lato  occidentale  della  borgata  Brucoli.  Di 
questi  ed  altri  notevoli  siti  si  parlerà  innanzi ,  specie  in  ri- 
guardo alla  toponomastica  o  per  quanto  vi  si  può  osservare 
di  memorie  archeologiche.  Per  il  momento  occorre  fermarsi  a 
Trotiiou,  e  nella  seconda  parte  di  questo  capitolo  anche  al  con- 
simile omonimo  Trogilos,  confusi  da  taluno:  epperò  Trotilon  e 
Trogilos  sono  i  limiti  del  territorio  odierno ,  o  quasi ,  di  Au- 
gusta, e  dentro  di  essi  versano  queste  indagini. 

Fabbricata  presso  alla  riva  destra  del  tiozoc^iòc,  Ilavxaxuas 
tucidideo,  sopra  una  collina  presso  che  circolare,  che  si  eleva 
all'estremo  confine  della  ricordata  valle  di  Marcauto,  ove  assai 
basso  è  il  corso  del  fiume,  al  presente  stato  la  rocca  di  Tro- 
tilon, che  fu  prima  dei  Leontinoi  e  nel  V  secolo  incirca  dei 
Siracusani ,  rimane  abbandonata  e  solitaria  con  molte  rovine 
di  case  e  di  parecchie  basi  edilizie  che  dovevano  essere  gran- 
dioso fortezze  e  tempii.  Conforme  a  quello  che  può  oggi  offrire 
il  desolante  spettacolo  a  cui  fu  ridotta  per  mano  nemica  e  per 
posteriori  saccheggi ,  suppongo  che  la  sua  popolazione ,  nei 
tempi  della  maggiore  prosperità ,  potè  giungere ,  a  non  dir 
molto,  a  quattro  o  cinque  mila  abitanti,  accanto  a  quella  della 
prossima  madre  patria  Leontinoi ,  che,  nei  secoli  VI-V,  rag- 
giuFjgeva  i  trentamila  (1).  Operai  conoscitori  del  sito  parlano 
pure  di  molti  grossi  macigni  ad  intaglio,  che  vennero  fino  a 
ieri  continuamente  escavati  da  Trotilon  e  adoperati  per  Ibn- 
damentali  casine  campestri  costruite  in  vicinanza.  Anche  oggi, 
per  poco  che  se  ne  vogliano  esporimentare  i  resti ,  si  ravvi- 
sano fortissime  basi  rettangolari  di  maestosi  fabbricati,  e  spe- 
cialmente nel  lato  settentrionale  della  distrutta  cittadella  parmi 


Ci)  Cfr.  Bkloch,  La  pop.  ani.  di  Sic.  [in  '  Arch.  Stor.  Sic.  '  1889]  jipd 
0.  M,  0>LU.MHA ,  CoHlributu  alla  Storia  dell'  clemenlo  calcidico  d'  Occi- 
dunld  —  Arclieului/ia  di  LeorUini  [Estr.  dall'A.  S.  .S'.,  N.  S. ,  a.  XVI ,  Pa- 
lermo i8Ul],  pag.  15. 


TROTILON    E    TllOOlLOS  !  '  '  "• 


ravvisare  vestigi  d'ingresso  ad  un  tempio  (ufjóvaoi;,  npòòpo\io(;  ?), 
anche  per  il  fatto  che  esso  guarda  verso  Oriente.  Vi  è  la  conti- 
nuazione, a  volte  interrotta,  d'ambo  i  lati  del  suolo  (stereobate) 
che  à;  per  la  sua  volta,  un  livello  alquanto  distante  dal  ter- 
rapieno di  sotto ,  in  modo  da  trovarvisi  avanzi  di  gradini , 
(àva^a6[jio''),  mentre  poi  in  direzione  E-W  seguirebbe  bilateral- 
mente il  recinto  (Tiep-'^oXo?)  del  tempio.  Non  è  ora  il  caso  di 
potervi  rintracciare,  con  la  semplice  osservazione,  quanto  di 
archeologico  si  asconda  in  quel  campo ,  nuovo  agli  studiosi; 
qualcosa  è  certamente  a  vedere  e  imparare  in  quel  diruto  aspetto 
per  scorgervi  un  tempio  od  altro  di  simile.  Ma ,  esplorando 
pure  il  recinto  della  cittadella,  moltissimi  frammenti  vascolari 
greci  nella  più  comune  policromia  armonica  ed  elegante,  pezzi 
di  anfore  e  tegoloni  vi  sono  sparsi,  oltre  al  vasto  sperpero  di 
intagli  a  varia  grandezza  che  coprono  il  monticello  Trotilon 
per  un  circuito  considerevole  da  potervi  subito  scorgere  una 
civile  abitazione.  Pure  nel  1850  gli  eremiti  del  santuario  di 
Maria  Adonai,  facendo  sul  luogo  degli  scavi  fino  alla  profon- 
dità di  quattro  metri,  vi  trovarono  delle  suppellettili  che  non 
ho  visto  e  non  saprei  se  andassero  poi  interamente  disperse  (1). 
Nella  letteratura  archeologica  è  Trotilon  un  campo  intera- 
mente vergine ,  e  sarebbe  ormai  tempo  che  venisse  soggetta 
a  qualche  esplorazione,  massime  per  sapere  della  sua  necro- 
poli, a  rinvenir  la  quale  non  è  supponibile  che  si  giunga  con 
la  semplice  escursione  di  poche  giornate,  tanto  più  che  poche 
testimonianze,  e  di  carattere  anzitutto  topografico  e  storico,  pos- 
sono addursi  ora  per  una  monografia  del  soggetto.  Noto  per- 
tanto che  a  settentrione  di  Trotifon  ,  presso  al  giardino  e  ai 
mulini  che  sono  giù  alla  valle,  a  distanza  di  più  che  un  km. 
si  scopersero  vario  tombe  da  operai  che   vi  facevano ,  pochi 


(I)  S.  Salomone,  Augusta  Jlluslrala  ,  Catania  1876,  pag.  134:  cfr. 
Neofìlo  —  ossia  cenno  delle  Grolle  dal  Greco  alle  fal'le  del  Monte  Assia 
in  Sicilia,  comi)ilalo  da  un  Eremita,  Augusta  1872,  che  è,  nell'insieme, 
•un  opuscolo  d'indole  piuttosto  ascetica. 


40G  TKOTILON    E    TKOGtLOS 


anni  addietro,  il  canalicolo  per  la  noria  che  giunge  al  feudo 
Cerami.  Dopo  la  cacciata  dei  Megarei ,  i  Leontinoi ,  fortifl- 
cando  Trotilon  in  riva  al  fiume,  ne  avrebbero  fatto  un  uópyo?, 
un  serravalle  di  qualche  importanza  strategica,  cambiato  po- 
scia in  un  comune  a  poco  a  poco  ampliato. 


*  * 


2.  La  più  antica  testimonianza  che  ricordi  la  fondazione- 
di  Trotilon  è  pregevolissima,  massimamente  se  si  consideri' 
che  Tucidide  suol  segnare  a  grandi  linee  generali  le  coste 
orientali  della  Sicilia ,  ove  menziona  le  ktiseis  elleniche  del 
secolo  ottavo.  Dopo  cinque  anni  dalla  fondazione  di  Archias 
in  Siracusa  e  sei  da  quella  di  Naxos  (1),  Teokles  e  i  Calcidei, 
partendo  da  quest'ultima,  fondarono  Leontinoi ,  vinti  i  Siculi, 
e  quindi  Katane  (2).  La  narrazione  dello  storico  Ateniese  pro- 


ci) Vd.  G.  M.  CoLUMBA,  o.  e,  p.  12  sgg.;  E.  Pais,  Storia  della  Sicilia; 
e  della  Magna  Grecia,  voi.  I,  Torino-Palermo,  Clausen,  1894,  p.  178;  per 
Thucyd.  (VI,  4,  1)  mi  son  valso  dell'edizione  Teubneriana  {ilerum  recoyn. 
el  praef.  est.  God.  Boehme) ,  Lps.  1888  ;  clV.  A.  Holm  ,  Storia  di  Sicilia 
ncW antichità,  trad.  Dal  Lago-Graziadei,  1,  Torino  1896,  p.  243  ss.  L'espo- 
sizione di  qnesti  latti  é  accennata  nel  dotto  lavoro  MEGARA  HYBLAEA 
Storia  topofirafia  necropoli  e  analhemata  per  F.  S.  Cavallari  e  P.  OrsI' 
(Estratto  dai  'Monumenti  Ant.  '  voi.  I,  punt.  4*,  Roma  1892;  vedi  Ohsi, 
Thapsos  necropoli  Sicula,  Roma  1895  (Estr.  d.  '  Mon.  Ant.  ',  voi.  VI). 

(2)  È  la  sintesi  di  ciò  che  narra  Tucidide,  e  che  metto  in  relazione 
con  la  cronologia,  di  cai  nei  '  Preliminari  '.  Egli  narra  [VI,  3,  1]  ;  '  EX- 
Xr^voov  Bà  7;p«òT0v  XaXxiSfJc  è?  €ùpota5  TtXeùoavcsc  \itxa.  ©cuxXéou;  oìxioxoD 
Xdgov  (pxtaav  (a.  73-5  a.  C).  Indi  parla  dell'approdo  corintio  a  Siracusa' 
(VI,  3,  2)  :  Zupaxousa^  ti  toù  èxo|iévou  «T0U5  (734)  'Apxtac  "^^"^  'HpaxX6i.8(bv 
ex  KoplvGou  «pxtot,  2tx«XoÙ5  igiXdoac  «pòiTov  àx  x-fj^  vt,ood  (cioè  da  Ortygia). 
Per  la  xxioi;  di  Leontinoi  (a.  729)  vd.  tra  ^\i  altri,  ps.  Skymn.,  Ilepii^y. 
p.  12  jitTà  taOitt  8'4«è  Ndgoo  Atovxfvoi,  cioè  elio  Theokles  fondò  Leontinoi 
dapoiché  ebbe  lasciati  nn  buon  numero  di  Calcidei  per  abitare  Naxos. 
Costoro  erano  in  parte  venuti  pure  con  altri  dell'  isol.i  di  Naxos  nelle 
CyoUdes,,  come  riferisce  Ellanico,  forse  spiegando  cosi   il   nome  dell» 


TROTJLON    E    TROGILOS  407 


cede  chiaramente  :  «  Verso  lo  stesso  tempo  (cioè  in  cui  venne 
edificata  Katane  da  Euarchos) ,  Lamis ,  conducendo  coloni  da 
Megara ,  giunse  in  Sicilia  e  si  stabili  in  un  luogo  detto  Tro- 
tilon  sulle  sponde  del  fiume  Pantakyas,  e  in  seguito  (partitosi) 
di  li,  per  un  po'  di  tempo  fece  parte  della  stessa  cittadinanza 
con  i  Calcidei  di  Leontinoi  ;  però ,  cacciato  poi  da  costoro , 
fondò  Thapsos ,  ove  morì.  Ma  gli  altri  (i  suoi  compagni  Me- 
garei),  espulsi  da  Thapsos,  e  avendo  loro  dato  il  terreno  il  re 
siculo  Hyblon  che  fece  pure  ad  essi  da  guida,  fondarono  la 
città  di  Megara  soprannominata  Hyblaea  *. 

Le  notizie  fornite  da  Tucidide  vengono  a  dichiararsi  ancor 
meglio  «  da  due  aneddoti,  come  dice  il  Pais,  derivati  da  fonti 
alquanto  antiche  e  conservati  nell'opera  di  Polieno  ».  E  questa 
fonte  ancora,  in  parte,  e  a  maggiore  conoscenza  dei  fatti,  ver- 
rebbe supplita  da  Strabone,  benché  alquanto  erroneo.  L'Ama- 
siota  infatti,  sulle  orme  di  Eforo,  racconta  i  primordi  dell'ele- 
mento calcidico  nella  Sicilia  Orientale  con  la  circostanza  che 
«  Theokles  Ateniese,  portato  nell'isola  dalla  forza  dei  venti,  vi 
avrebbe  scorto  la  rozzezza  degli  indigeni  (i  Siculi)  e  la  bontà' 
del  suolo,  e  che  poi ,  tornato  in  patria ,  non  potendo  indurre 
gli  Ateniesi  (a  fondarvi  loro  colonie),  scelto  un  gran  numero 
di  Calcidei  dell'Euboea  ed  alcuni  Joni,  oltre  a  Doriesi,  la  mag- 


ktisis  siceliota  [cf.  Erasmi  Vindigii  Ellen  in  J.  lìRONOvir,  Themurus- 
antiq.  (jraecar.,  XI,  p.  545].  Per  il  complesso  di  queste  ktiseis  riferisca 
il  tratto  dello  ps.  Skymnos,  IIspti^Y-  vv.  270-77,  conforme  al  noto  strabo- 


niano 


63X6  "óXs'.f,  (05  '^aotv,  arò  xcbv  Tpto'.xiw 
8exGÌTiQ  Ys'^sqi  iisii  xaùxa,  SeoxXéo'jj  otóJ.ov 
Tzapx  XzXy.iSécov  Xa^óvio?.  xtjv  Vohxo^  '(iwii 
èv.  Tà)V  ^AGy,vfi)v,  xxi  auvf;/.0ov,  (bg  Xóyos, 
"lotìvef,  6ixa  Atopisij  cixY,tGpeg. 
OTCcosctìc  5'èv  aùxotc  -(&\o\ii'vy}i;„  ci  XaÀy.t5e!j 
xtJoo'Jot  Nccgov,  ci  M£Y*psic  2è  ttjv  "Y^/.av. 


408  TKOTILOJJ    E    TBOGILOS 


gior  parte  Megarei,  avrebbe  intrapreso  la  via  del  mare;  cosi 
i  Calcidei  sarebbero  stati  fondatori  di  Naxos  e  i  Doriesi  di 
Megara,  detta  prima  Hybla  ». 

Nessuna  meraviglia  deve  arrecare,  nel  processo  di  questa 
tradizione,  il  fatto  dell'andata  e  del  ritorno  di  Theokles  dalla 
Grecia  verso  la  Sicilia,  specialmente  che  l'Jonio,  come  TEgeo 
ed  il  Tirreno,  erano,  dopo  le  audaci  escursioni  fenicie  e  car- 
taginesi, si  frequentemente  traversati  da  navi  elleniche,  giac- 
ché i  Greci,  audaci  sul  mare  e  alle  coste  mediterranee,  anche 
prima  delle  colonie  nostre  (1),  avevano  stabilito  lor  sede  a 
Cume  {?•).  Ma  questo  argomento  viene  escluso  dalle  nostre  ri- 
cerche. Quel  che  più  importa  è  il  tragitto  operato  da  Theokles 
per  la  via  di  Naxos  a  Katane;  giacché,  mentre  nel  racconto 
dell'Amasiota  si  espongono  i  motivi  dell'emigrazione  verso  la 


(1)  Thucyd.  vi  ,  4 ,  1:  xaxà  Se  tòv  aòiòv  xpóvov  y.xì  sx  Msyapwv  à7:oix£av 
àytov  è;  S'.xeXiav  àcpJv.sxo,  xai  •.zip  Jlavxaxóou  zs  7zoxa.\ioò  Tpió-iXóv  xi 
òvojia  x**P'^^  oixiaag  xal  Soxepov  aùxoOsv  xoig  Xa?»xt8e5oi  sj  Asovxivou;  òXSyov 
Xpóvov  gujinoXtxsóoac,  xat  òtzo  aùxcov  dx:iecà)v  xal  Soctjjov  oìxioas  aùiòg  [.lèv  &ko- 
evTjoxe'.,  0'.  8'àÀXoi  ex  xf^;  Bd'^oi)  àvaoxavxsj  'YpXwvog  paotXéo);  ZtxsXoO  izpo- 
8ÓVX0S  xYjv  xwpxv  xaì  xa6r^Yr,aa}i£vou  MsYapéag  cpx'.cav  xoùg  '^YpXaifcuc  xXtj- 
6évxas. 

Strabox.  vi,  2,  '^  [p.  ".^(^7  C]  :  6soxXéa  8"A9Y]vacov  TiapsvsxOévxa  àvéjiotj 
«Ì€  xTjv  S'.xeXtav,  xaxavor^oa'.  xt^v  xe  oùSévetav  xòiv  àv^pwTicov,  xal  xì^v  àpexrjv 
"^i  y^i  '  èrtaveXGóvxa  8è  'A9Y]va{cug  |ièv  jiirj  Tteioxt,  XaXxt8éag  8è  xoù?  èv  €ù3o(qs 
ew>xvo'J5  zapaXa^óvxa  ,  xai  •ctb'v  'Iwvwv  xivas ,  ext  8è  Awpiécov  oi  nXetou;  ■^aav 
Mt^apets,  r.Xtùoac  •  toO;  (ièv  oùv  XxXxiJéa;  xxioa'.  Ndgov,  xoù^  8è  Awpiéac  Mé- 
Yoepa,  tijv  'YpXav  «pótspov  xaXounévyjv. 

(2)  Cf.  Stra».  V,  4,  4  Cp.  243)  :  xaOxaic  (uóXsoO  S'ècpegflc  èaxi  Kunrj  , 
XaXxi8i(i>v  xal  Ku(ia{a)v  naXatóxaxov  xxla|ia  ,  7iaoù>v  ydp  soxt  Tipso^uxaxv)  xòiv 
•M  Iix<Xix(&v  xal  xi&v  'IxaXi(oxl8a>v.  Le  città  elleniche,  che  più  delle  altre 
ebbero  importanza  storica  mandando  colonie  in  Sicilia,  furono  Calcide 
(t3  o  14)  e  Focea  (12);  ma  da  quello  colonizzazioni  non  si  ebbero  che 
piccole  fattorie,  so  si  toglie  un  piccolo  numero  di  sedi  meglio  popolate: 

l'elemento  calcidico  in  Sicilia  era  considi-rato  come  un  yévoc  x*^»' 'i***^^» 
o  solamente  tò  x«Xxi8ixóv,  e  rappreuenta  la  razza  ionica  accanto  alla  do- 
rica (CoLUMBA,  0.  e,  pg.  3-4,  n.  2). 


TROTILON    E    TKOQILOS  409 


Sicilia,  coi  nomi  delle  stirpi  elleniche  che  vi  approdarono,  pei* 
ragione  della  fertilità  e  di  una  probabile  supremazia  sull'inetto 
popolo  siculo,  Stefano  Bizantino,  pur  attingendo  alla  fonte  stra-^ 
boniana,  aggiunge  una  nuova  particolarità,  col  sussidio  della 
quale  si  può  giungere  a  determinare  meglio  la  ktisis  di  Tro- 
tilon  :  —  a  v.  Kaxàvy; .  .  .  xaié^Tj  Tipo?  xòv  'A|jeXiavòv  iroxafiòv  ^ 
OeoxXéou?  ToO  Xxk'AiUtjìq  vaO<;.  Se  sull'autorità  di  Stefano,  Tbeo- 
kles  veleggiò  fino  all'Ameliano  o  Amenano  (ora  ludicelló),  quel 
fiume  che  scorreva  per  Katane  ora  ingrossando  ed  ora  riti- 
rando le  sue  acque,  siccome  avvisano  Ovidio  e  Strabone,  ciò 
è  segno  che  1'  Amasiota  ha  appreso  dalla  tradizione  la  cono- 
sciuta navigabilità  di  un  piccolo  fiume  al  pari  del  Terias  e 
del  Pantakyas  nell'agro  leontino,  notizie  che  interessano  pet* 
la  storia  delle  relazioni  commerciali  calcidiche.  Con  Strabone 
e  col  lessicografo  bizantino  abbiamo  cosi  un  nuovo  sostegno 
per  dichiarare  vie  meglio  che  da  Naxos  fino  a  Megara ,  il 
gruppo  complessivo  delle  colonie  di  Theokles,  distribuendosi, 
fece  delle  altre  fermate  intermedie  nella  pianura  del  fiume 
Symaithos  (Katane ,  Leontinoi ,  Euboia  colonia  posteriore  di 
Leontinoi),  donde  poi,  col  sussidio  tucidideo  siamo  condotti  alla 
stazione  di  Trotilon  (1). 

Segue  inoltre,  per  più  ampii  e  diretti  particolari,  Polieno, 
secondo  il  quale  Theokles  occupò  Leontinoi,  patteggiando  coi 
Siculi  che  non  li   avrebbe    rimossi    (2).  1  Megarei  intanto  e  i 


(1)  Vd.  CoLuMBA,  p.  4;  ci",  p.  6,  ove  avverte  che  da  Naxos  muovono  i 
fondatori  di  Katane,  Leontinoi  e  Kallipolis.  Il  passo  di  Strabone,  ove  trovasi 
menzionato  l'Amenano,  é  [VI,  3,  13]:  xaGànep  Tispt  toO  'A|ievdvou  oufipaiveiv 
tpaot,  T&'j  5ià  KaxavTrjj  ^iazo^  •  sxXednei  yip  èr.ì  ■JioXÀà  ìttj,  xal  ndXtv  ^st:  cf. 
Pind.  Pylh.  I,  57  'Ap.iivac;  Ovid.  Metam.  XV,  279-280  [vd.  (Jluver,  Sicilia 
Antiqua,  I,  9;  Holm,  Stor.  di  Sic.  I,  p.  TI]  : 

'  Nec  non  Sicanas  volvens  Amenanus  arenas 
Nunc  fluit,  iiiterdum  suppressis  lontibus  aret  '. 

*    (2)  PoLYAEN.  V,  5,  1-2;  cf.  Pais,  0.  e,  p.  179,  595;  Holm,  o.  c,  p.  271, 
alla  n.  18,  TpmiXov. 


tlO  TROTILON    E    TEOGII.OS 


Beoti  di  Platea  desiderano  congiungersi  con  lui  che,  non  po- 
tendo violare  i  patti  siculo-calcidici,  con  uno  stratagemma  fé' 
entrare  a  Leontinoi  i  Megarei  i  quali  avrebbero  cacciati  i  Si- 
culi per  prendere  il  loro  posto.  Ma  di  poi,  col  pretesto  di  una 
sacra  processione  in  onore  xoìc,  SwSexa  %-s,olc,  (1),  stante  la  presa 
della  città  ,  Theokles  fé'  prima  compiere  il  sacro  sito  ai  Me- 
garei. Prese  quindi  da  loro  le  armi  i  Calcidei  per  eseguire 
ristesso  rito,  Theokles  per  mezzo  del  banditore  ordinò  ai  Me- 
garei inermi  lo  sgombro  da  Leontinoi  prima  che  tramontasse 
il  sole.  Dopo  ciò,  appena  fu  loro  concesso  dai  Calcidei  di  abi- 
tare a  Trotilou  per  un  solo  inverno. 

È  sopratutto  a  osservare  come  non  vada  interamente  al- 
l'unisono Tucidide  con  Strabone ,  che  pure  ebbe  molto  a  va- 
lersi di  lui.  Secondo  il  sommo  storico  Ateniese  Thukles  (p. 
Theokles)  e  i  Calcidei  di  Naxos  (fondata  già  nel  735)  partendo 
verso  sud  sei  anni  appresso  (729)  per  fermarsi  a  Leontinoi,  dopo 
avere  spinto  i  Siculi  a  guerra,  popolano  anche,  vicino  agli 
•stessi ,  Katane  (2).  Sicché  Leontinoi  e  Katane  furon  contem- 
poranee del  729.  Dallo  stesso  Tucidide  è  poi  manifesto  rilevare 
come  xaxà  Zh  lòv  autòv  Xf^ivov ,  Lamis  (3)  condusse  coloni  da 
Megara  in  Trotilon,  e  che  poi  partecipò  insieme  con  essi  della 
cittadinanza  leontina ,  dove  già  erano  stabiliti  i  Calcidei ,  per 
esserne  indi  a  poco  cacciato.  Così  Trotilon  sarebbe  stata  abi- 
tata poco  dopo  Leontinoi,  e  forse  nello  stesso  anno  721). 


(1)  PoLYABN.  V,  5,  2;  cons.  Golumba,  p,  16  e  n.  5. 

(2)  Thuctd.  vi,  3,  3  :  OouxXfjc  9è  xal  ol  XaXxiSfjg  àx  Nolgou  ópiiYjGévxeg 
*it«i  néjmxq)  fi«tà  Zupaxoóoag  (a.  734)  otxioeévxac  AeovxJvoug  te  T:oXé|i(p  xoò; 
.ZixcXoùc  àgtXdoavxcc,  oMt^ooai  xal  (lex*  aòxoù;  Kaxdv¥]v. 

(3)  Dal  che  si  vede  quanto  sia  esatto  Tucidide  per  aver  distintamente 
menzionato  I^mis  oichista  di  Trotilon  e  poi  di  Thapsos,  ed  Euarchos  di 
Kataiuj  (VI,  3,  3J  :  oìxioxtjv  Si  aùxol  Kaxavalot  ènoii^oocvxo  EOapxov  ,  al  con- 
trario di  Strabone  che  non  sempre  individualizza  le  diverse  ktisois  della 
Sicilia  orientale.  Per  la  Zankle  (calcidica),  tbndatrico,  alla  sua  volta,  di 

■RbcKion,  Mylao,  Himera,  Metauros,  e  pel  dominio  dei  Calcidei  in  Sicilfa 
■ul  porthmoB,  cfr.  Columba,  p.  6. 


TROTILON    E    TROGILOS  411 


Secondo  Slraboiie,  che  non  fa  menzione  di  Lamis,  il  mag- 
gior nunjoro  della  spedizione  di  Theokles  sarebbe  stata  di  Gal- 
cidei  e  di  alcuni  Ioni,  con  molti  Doriesi  di  Megara.  Dove  dunque 
l'arrivo  di  Theokles  in  Sicilia  precedette  di  sei  anni  quello  di 
Xamis ,  per  Strabone  fu  tutta  una  spedizione  complessiva  di 
Calcidei,  Ioni  e  Doriesi  di  Megara.  Dando  maggior  preponde- 
ranza a  Tucidide,  il  quale,  nella  sua  concisione,  lascia  giungere 
-a  miglior  segno,  sarei  d'avviso  che  realmente  più  grande  e 
numerosa  fu  la  spedizione  calcidica  di  Theokles,  di  quanto  non 
sia  stata  poi  la  rnegarica  di  Lamis.  E  potè  essere  anteriore 
r  arrivo  di  Theokles  in  Sicilia  anche  pel  fatto  che  egli ,  non 
ancora  sbarazzatosi  dei  Siculi  [ZixsXoi]  antichi  indigeni,  avrebbe 
ricorso  allo  stratagemma  narrato  da  Polieuo  per  provvedere 
al  sicuro  e  indipendente  stabilimento  della  propria  colonia,  che, 
per  essere  rimasta  con  a  capo  il  principale  condottiero  del 
nucleo  calcidico ,  doveva  essere  senza  dubbio  più  forte  e  nu- 
merosa di  quelle  fermate  a  Naxos  e  a  Katane  lasciate  indietro. 
Lamis  allora ,  coi  Megarei  del  tutto  nuovi  nell'  isola ,  non  a- 
vrebbe  trovato  in  Leontinoi,  già  sicura  conquista  dei  Calcidei, 
un  terreno  molto  propizio  allo  stanziamento  e  alla  concilia- 
zione. Si  sarebbe  quindi  messo  in  condizioni  dubbie,  e  ciò  gli 
produsse  un  piccolo  ritardo  per  ottenere  una  propria  sede. 

Infine,  non  vale  il  dire  con  Strabone  che  Theokles  era  Ate- 
niese, giacche  Calcidese  lo  chiama  Tucidide,  Polieno  e  Stefano, 
e  forse,  se  pure  non  errò  davvero  l'Amasiota ,  nei  codici  an- 
drebbe letto  XaXxiSea  dove  nei  lesti  leggesi  'ASrjvarov  (1).  Ma, 


(1)  Se  pure  non  è  cosi,  certo  la  tradizione  di  Etbro,  accolta  da  Stra- 
bene, vien  ritenuta  come  erronea:  v.  Golumba,  p.  4,  n.  le  p.  10. — Cfr. 
il  Thapsos  di  F.  S.  Cavallari  (Pai.  1877),  e  Holm  ,  Storia  di  Sicilia,  I, 
p,  271 ,  n.  18.  Per  la  letteratura  archeologica  non  sono  a  dimenticare  : 
Kekulè,  Die  Terracollen  von  Sicilien,  Berlin  1884,  p.  7  ss.;  Cavallaki, 
Le  terrecoUe  figurate  di  Megara  (in  '  Boll.  d.  Comm.  di  ant.  e  b.  a.  di 
Sicilia  ',  1873,  n.  6);  id.  Su  alcuni  vasi  orientali  con  figure  umane  rin- 
venuti in  Siracusa  e  Megara  Ibi.,  Palermo  1887;  Orsi,  Notizie  Scavi,  1889, 
p.  41  ss.  ed  altri  contributi  notevolissimi  che  si  riferiscono  alla  paletno- 
logia e  specialmente  all'arte  greca  vascolare  delle  regioni  in  discorso. 


41.2  TROTILON    E   TROGILOS 


d'altro  canto,  Theokles  e  i  Calcidei  che,  dopo  aver  sostenuto 
una  guerra  {TzoXé\iM  xoù?  StxeXcb?  i^eXàaavxe;,  Thuc.  1.  e),  avevano 
finalmente  presi  accordi  coi  Siculi  per  abitare  a  Leontinoi  in- 
sieme con  essi  già  anteriormente  stanziativi ,  si  servì  dell'  a- 
stuzia  per  disfarsi  di  loro,  avvalendosi  della  inconsapevolezza 
dei  Megarei  e  di  questi  ancora  un'altra  volta,  dopo  che  essi, 
arrivati  in  Sicilia  per  mutar  fortuna  e  attratti  dalla  delizia 
della  regione,  come  i  Calcidei  (1),  potevano  essere  di  ostacolo 
al  loro  ampliamento  coloniale  nella  metropoli  e  nei  dintorni 
leontinoi. 

Una  discordanza  è  tra  Tucidide  e  Polieno ,  avvertita  dal 
Pais  (2).  Il  primo  fa  giungere  i  Megarei  a  Trotilon,  indi  a  Leon- 
tinoi ,  poi  a  Thapsos ,  e  finalmente  ad  Plybla  ;  Polieno  invece 
narra  che  essi  siano  andati  a  Trotilon  per  un  solo  inverno, 
|jiiXpt  évo;  x^i[i.(b\o<; ,  dopo  la  stratagemma  di  Theokles  per  cui 
vennero  espulsi  da  Leontinoi.  Ma,  per  un  criterio  adottato  dallo 
Schubring  e  dal  Pais  (3),  e  che  l'Holm  giudica  poco  probabile, 
il  testo  di  Polieno  è  corrotto,  e  allora  in  luogo  di  TpwxcXov  si 
dovrebbe  leggere  Si^lioy.  Giova  intanto  riferire  il  passo  di  Po- 
lieno, che,  attingendo  forse  a  Timeo,  dice,  oltre  all'aneddoto 
di  Theokles,  (V,  5,  2)  :  xr,(;  Aeovxfvwv  èxTteaóvtes  (cioè  ol  Msya- 
pels)  T  p  w  T  i  À  0  V  xaBtóxYjaav  ^éxpt  évo?  X£t[A(T)vo?  •  [léXp^  yàp  touxou 
ouveX'ijpi^aav  oi  XaXy.ibeZq.  Ma  pare  più  attendibile  l'opinione  del 
Columba,  secondo  il  quale  i  Megarei  sarebbero  andati  a  Tro- 
tilon e  poi  a  Thapsos,  per  la  circostanza  che,  ove  Polieno  ac- 
cenna fino  a  qual  tratto  estendevasi  la  sovranità  ed  il  terri- 
torio leontino-calcidico  (ouveXwprjaav) ,  è  evidente  che  non  si 
devono  passare  i  limiti  di  Trotilon,  atteso  quanto  prima  di  lui 
aveva  detto  saggiamente  Tucidide. 


(1)  Pel  Leontinoi  Calcidei  v.  anche  Thucyd.  Vi,  76,  2  xal  AsovcCvtov  [lèv 
XoiXxt8é(Dv  òvxtov,  e  VI,  79,   1  XaXxtMa^  òvtac  Aeovxivouc;  ci*.  VI,  4,  1  citato. 

(2)  Fai8,  Hicilia  e  M.  G.,  o.  e,  pg.  ITD-IHU;  clr.  Holm  ,  Storia  di  Si- 
cilia^  p.  2^(0,  ove  mette  la  ronUazione  di  Tiotilou  al  728  a.  C. 

(3)  Vd.  Holm  e  Schubking  apd  Pais,  o.  c,  p.  595,  e  Columua,  p.  41. 


TROTILON    E    TROGILOS  413 


Non  comprendo  però  come  il  eh.  prof.  Columba  nel  suo 
eccellente  lavoro  'Sull'elemento  calcidlco  in  Occidente'  (1), 
conformemente  a  quanto  si  vede  nella  piccola  Geografìa  del- 
rHolm,  abbia  collocato  Trotilon  nelle  collinette  del  villaj^gio  Bru- 
coli  0  Bruca,  con  la  sua  breve  rada  dal  lato  di  Est.  Quel  che 
rimane  per  decifrare  la  topograiìa  di  Trotilon  è  il  breve  passo 
di  Tucidide  e  i  tratti  diruti  nel  sito  descritto.  Lo  stesso  Tuci- 
dide narra  che  Lamis  si  fermò  uTisp  IlavTaxjcu  -rs  uoxxijloj  Tp.ó- 
TtXov  {l.  <?.  VI,  4,  1),  e  non  vi  trovo  molivi  sicuri  per  rico- 
noscere Trotilon  sulla  penisoletta  di  Bruca  (fra  il  Pantakyas 
ad  Occidente  e  la  sua  rada  ad  Est).  Ma,  dicendo  ÓTièp  IlavTa- 
xóou,  Tucidide  ha  voluto  signiflcare  al  di  sopra  del  fiume,  cioè 


(1)  Vd.  p.  12,  18 ,  51  e  tav.  topogr.  I  la  Leontine,  tav.  II  Trotilon  e 
dintorni  ;  cfr.  Holm  ,  D.  Geogr.  antica  di  Sicilia ,  nella  relativa  Carta 
comparativa.  Con  ciò  non  si  esclude  che  1'  agro  leontino  dovesse  esten- 
dersi a  mezzodì  Ano  al  Pantakyas,  opportuno  ai  carichi  di  grano,  e  al- 
l'odierna rada  di  Brucoli  che  fu,  anche  in  tempi  posteriori,  un  impor- 
tante caricatore  di  frumenti  :  cfr.  Columba,  p.  3ó,  41.  È  notevole,  presso 
al  promontorio,  un  castello  inalzato  da  Giovanna,  moglie  di  re  Giovanni 
di  Navarra  e  Sicilia  dopo  il  1466,  e  donato  a  Giovanni  Bastida  con  Bru- 
coli, il  caricatore  e  la  rada.  Delle  tre  iscrizioni  che  vi  erano  affisse,  due  sono 
scomparse  con  buona  parte  dell'ediflzio.  Quella  che  resta  è  stata  meglio 
ripubblicata  dal  Columba,  p.  52,  nota:  —  Regina.  Siculis.  diva,  regnante. 
Ioanna  —  Aedita  (sic),  suìn.  Bruculae.  frugum.  custodia,  turris  —  et 
Bastida.  vocor.  quoniam.  Bastida.  Ioannes.  —  Me.  fieiH.  fedi,  sumpsi. 
quoque,  nomen.  ab  ilio.  —  Gli  storici  antichi  della  Sicilia  riferiscono  altri 
due  distici  epigrafici  cumulativamente,  ma,  essendovi  un  contenuto  di- 
verso, essi  mi  sembrano  da  doversi  riferire  separati  : 

[1]  :  '  Bellipotens  Bruculam  Rex  Caesar  Reginae  Joannae  (sic) 
Donavit,  portu,  iuribus,  arce,  situ  '. 

[Il]  :  *  Sunt  tercenta  minus  cum  iam  tot  lustra  fluebant, 
Et  Romae  Paulus  Papa  Secundus  erat  '. 

Cons.  tra  gli  altri.  Di  Blasi,  Storia  di  Sicilia,  li,  7;  P.  Pinto,  Invito 
alla  camjjagna  di  Megara,  Augusta  1867,  p.  12,  n.  1;  S.  Salomone,  Aug. 
lllustì-.,  p.  132:  —  [Paolo  II  Barbo  pontificò  1464-1471]. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  27 


414  TROTILON    E    TROGILOS 


sul  monticello  che  fiancheggia  il  suo  corso  medio  (cava  di  Mar- 
cauto),  di  quella  raaniera,  per  esempio,  con  cui  Erodoto,  [VI, 
105,  ed.  H.  Kallenberg,  voi.  II,  Lps.  1885]  avverte  che  Tispl  xò 
IlapSév'.ov  5po;  ih  òizkp  Tayér^b  ^  Hàv  TztpmiTz-zti.  E,  per  altro,  che 
sarebbero  state  nell'antichità  ellenica  quelle  fabbriche  dirute  e  le 
innumerevoli  tracce  di  frammenti  vascolari  greci  sul  monticello 
a  destra  del  f.  Pantakyas?  Quest'ultima  è  la  massima  testimo- 
nianza per  dar  buona  ragione  a  Tucidide,  il  quale  pone  Trotiloa 
nell'altura  che  vien  gradatamente  inalzandosi,  tra  rupi  e  val- 
loncelli,  fino  al  sito  in  discorso,  cioè  uTcèp  Eavxaxuou  no- 
xafioO.  Dell'essere  poi  Trotilon  un  edifizio  turrito  presso  il  fiume 
si  hanno  esempi  anche  in  Oriente  per  opera  di  Dario  contro 
i  nomadi  del  deserto  :  òxtÒ)  xec'Xea  ixdXtt  [leyàXa  laov  àu'àXXi^Xwv 
àKéXovxa  [Herod.  IV,  124  apd  Sittl ,  in  Rlv.  di  Storia  Antica 
e  Scienze  afflili,  1897,  fase.  3",  p.  68];  e  ciò,  per  Trotilon,  era 
a  vantaggio  dei  Leontinoi  che  stavano  un  po'  più  dentro 
terra  (1). 


* 
*  * 


3.  Gli  esposti  avvenimenti  procedettero  molto  probabilmente 
nel  729  a.  C,  la  data  più  comunemente  accettata,  vale  a  dire 
cinque  anni  dopo,  come  fu  osservato,  da  che  il  corintio  Archias 
ebbe  fondata  Siracusa.  Strabone  [VI,  2,  4;  p.  269]  :  xà^  5à  Su- 
paxouoo^  'ApX^a?  |ièv  Sxicasv  ex  KopfvGou  7iXeuaa<;  uepl  Tobi;  aùxoù^ 
Xfivou;,  oli  J)xto0rjaav  xal  fj  Nà^o;  v,a\  lòc  Méyapa.  Delle  rapide 
generalità  con  cui  1'  Amasiota  racconta  lo  svolgimento  delle 
ktiseis  greco-siceliote  fu  detto  prima;  ora  si  scorge  che  Sira- 
cusa,  agguerrita  fin  da'  primordi  della  sua  esistenza,  si  av- 
viava mirabilmente  per  essere  pericolosa  alle  vicine  città.  Tu- 
cidide, nel  passo  allegato  [VI,  4,  1],  è  molto  prezioso  per  le  no- 


(1)  Il  Pais,  Alahta  (Pisa,  1891),  p.  57,  inettn  Trotilon  più  vicina  a 
Laootini;  cfr.  Omi  ,  Mepara,  p.  5,  che  dice  :  «  il  quale  luogo  (Trotilon) 
retta  ancora  controverso  ». 


TBOTII/ON    E    TROaiLOS  415 


stre  indagini  anche  per  esser  vissuto  nel  V  secolo  a.  C.  Dili- 
gente nelle  sue  affermazioni,  e  ciò  a  poca  distanza  dalla  colo- 
nizzazione greca  nella  Sicilia  orientale,  presenta  Lamis  fonda- 
tore di  Thapsos,  ove  mori  (àuoBvf^(Jx.tt)  dopo  l'espulsione  sof- 
ferta dai  Calcidei-Leontinoi  :  xal  òkò  aòxwv  (XaXxiSswvj  èxTieawv 

Cosi  a  TrotiJon,  che  sarebbe  stata  di  qualche  anno  o  poco 
più  anteriore  alla  ktisis  raegarica  di  Thapsos  e  Megara  Hy- 
blaea,  successe  una  serie  di  peregrinazioni  che  non  hanno  su- 
bito termine.  La  gelosia  dei  vicini  Siracusani,  che,  per  essere 
di  stirpe  dorica,  non  dovevano  guardare  di  buon  viso  i  pro- 
gressi dei  Megarei  nella  costa  che  padroneggia  il  ridente  e 
vasto  porto  di  Augusta,  e  Finimicizia  rivaleggiante  e  superiore 
dei  Leontinoi  scacciò  anche  da  Thapsos  i  Megarei ,  e  allora 
Megara  resta  dal  728  la  sede  definitiva  degli  espulsi  coloni, 
quando  il  re  siculo  H-yblon  viene  in  loro  soccorso  (1).  Basti 
ricordare  come  in  altro  luogo  Tucidide  (VI,  94,  1-2),  riser- 
bandosi di  riferirne  il  contrasto  come  un  portato  della  tra- 
dizione ,  accenna  altri  fatti  posteriori  della  lotta  tra  i  Doriesi 
di  Siracusa  e  i  Megarei  di  Hybla,  ou;  ini  réXwvòc  toO  xupàvvoo, 
waKsp  xal  Tipéxepóv  |jloi  eTprjxai,  àvaaxT^aavxes  Supaxóaioc  aòxol  SXo^o^ 
xr]v  Y^^v:  segno  questo  che,  per  essere  arrivata  Siracusa  nei  pri- 
mordi del  V  secolo  ad  impadronirsi  di  Megara,  le  mire  della 
espansione  siracusana  poterono  realizzarsi  solo  quando  i  Me- 
garei di  Hybla,  resi  presto  imbelli,  forse  per  la  deficienza  degli 
aiuti  siculi,  dovettero  soggiacere  alla  prospera  metropoli  di 
Sicilia  che  aveva  da  trarne  vantaggi  economici,  mercantili  e  stra- 
tegici al  nord  della  frontiera  dell'Epipolai.  Oltre  a  ciò,  i  forti 
di  Trogilos,  Kalauria  e  Leon,  che  furon  poscia  rizzati  nel  de- 
clivio della  collinetta  che  fiancheggia  l'Epipolai,  il  castello  Lab- 


el) L'Orsi  prova  (Megai-a,  p.  6-7,  nota)  con  le  scoperte  archeologiche 
-che  i  Dori  abitarono  Ja  loro  Megara  del  piano,  e  i  Siculi  la  Hybla  del 
^monte,  d'onda  poi  si  uuitìcò  il  nome  Megara-Hyblaea. 


416  TBOTILON   E   TKOGltOS 


dalon,  TEuryalos,  THexapylon  e  Akradine,  nonché  la  penisola 
di  Thapsos  e  la  rocca  di  Styella  tra  il  f.  Cantora  {Selinus)  ed  il 
Marcellino  {Mylas)  a  N.  di  Megara,  tutti  no<tevoli  per  essere  valsi 
da  forte  difesa  prima  che  il  nemico  potesse  penetrare  nell'acro— 
poli  di  Siracusa,  sono  siti  della  massima  importanza,  dei  quali' 
dovevano  avvalersi  i  Siracusani  fino  a  che  il  con».  Marcello  nel' 
212-211  non  li  superò  audacemente.  Ma  di  questi  sarà  fatta 
menzione  altrove.  Per  tornare  a  Trotilon ,  niun'  altra  notizia^ 
classica,  tranne  Tucidide  e  Polieno,  ricorda  le  ulteriori  vicende 
di  quel  Xwpt'ov.  Dall'insieme  del  materiale  diruto  però  si  rileva 
che  la  cittadella  continuò  ad  essere,  fin  dopo  assai  la  cacciata 
dei  Megarei,  una  rocca  di  Leontinoi  e  poi  di  Siracusa,  prima 
0  durante  la  guerra  del  Peloponneso  (414-413).  V'ha  memoria 
in  Tucidide ,  secondo  cui  gli  Ateniesi  da  Katane  xa-clTiXs'jaav/ 
Ito  HsY^piov  twv  èv  StxeXfa....  xal  èXOóvxeg  lui  epunà  xt  xwv  2u- 
paxooiwv  xal  oùx  IXévxes  (1).  Ora  il  forte  in  parola  che,  per  esser 
chiamato  Iputxà  xc,  non  doveva  forse  aver  più  la  importanza  di 
prima,  «  è  assai  probabilmente  il  Trotilon,  che  dopo  la  incor- 
porazione del  territorio  leontino  al  siracusano  apparteneva  a 
Siracusa  ».  Del  resto  il  totale  silenzio  che  ne  fanno  scrittori 
greci  e  latini,  in  rapporto  ai  ruderi  che  fino  ad  oggi  vi  si  os- 
servano, dà  a  credere  come  indubitato  che  la  storia  di  Trotilon 
si  sia  confusa  con  quella  di  Siracusa  e  con  le  sorti  di  essa 
alla  fine  del  terzo  secolo  a.  è.  v.  E  certamente,  sebbene  nulla 
in  proposito  sia  detto  da  Livio  e  Plutarco,  e  niente  si  ricavi 
dai  frammenti  diodorei  del  1.   XXVI  intorno   alle  condizioni 


fi)  Thucyd.  vi,  94;  cf.  Columba,  Archeologia  di  LeotUini,  o.  e,  p.  51 
(ottima  interpretazione  per  la  continuità  dell'esistenza  di  Trotilon).  Dif- 
ferente é  la  versione  del  prof.  Orsi  (Megara  Hgòl.,  p.  15),  che  crede  quel- 
l*ipQ|ii  TI  Tfi)v  2upaxoo((i)v  sia  stato  Megara.  *  Si  deve  certo,  egli  dice,  a 
questa  retiiston/.a  ,  l'aver  scelto  gli  Ateniesi  durante  tutta  la  campagna 
eome  stazione  della  flotta  la  vicina  Thapsos,  perché,  interposta  al  cherso- 
neso  di  Ortigia  ed  a  quello  di  Xiphonla,  taglia>.va  lo  oomunioazioni  di  Si- 
racnsa  colla  piccola  fortezza  megarese*. 


TBOTILON    E   TE0GIL08  417 


imposte  dai  Romani  alla  vinta  Siracusa,  dopo  il  trionfo  di  M. 
Claudio  Marcello  nel  211;  come  tutte  le  città  furon  prese  e 
saccheggiate  da  quel  valoroso  console  che  fu  chiamato  '  la 
spada  di  Roma  ' ,  e  tutti  i  forti  che  egli  ebbe  ad  incontrare 
ira.  Leontinoi ,  Megara  e  Siracusa ,  cosi  anche  Trotilon ,  forse 
ridotta  a  minore  importanza  demografica  per  una  certa  lon- 
i;ananza  da  quella  metropoli,  dovè  cadere  per  opera  dello  stesso 
Marcello.  Non  esiterei  quindi  a  ritenere  che  la  rovina  del  Xwfc'ov 
TpwTtXov  sia  proprio  avvenuta  nel  212  o  211  a.  è.  v.,  cioè  al- 
quanto prima  di  Siracusa.  Difatti  racconta  Diodoro  (1)  5xt  tQv 
Hupaxouatwv  [itxcc  tJ)v  àXwaiv  xf^g  róXswg  àTravnrjaàvxwv  MapxéXX(}) 
|xe0'^/C£xy]pfa5,  xà)v  |xèv  èXeuBipoìv  £(fTj  awjiàxwv  ^etoaaOac,  xà;  5à  xxr,- 
aets  àrtxaa;  ScapTràaac.  Tutt'al  più,  dando  buona  fede  al  testo  dio- 
doreo,  è  molto  probabile  che  Trotilon  con  tutti  gli  altri  luoghi 
acquistati  (xxvjcen;)  e  non  ancora  distrutti,  fu  saccheggiata  dopo 
"^Siracusa,  |xexà  xr^v  SXcDutv  xf^;  TcóXewg  [Supaxo'jatwv];  mentre  i  suoi 
abitanti,  rimasti  liberi  (èXeóBspa  ow^axa)  ma  senza  la  patria,  or- 
mai perduta,  avrebbero  popolate  ed  in  parte  riedificate  le  vi- 
cine città. 

* 

4.  Se  non  che  giova,  rettificare  Terrore  in  cui  cadde,  per  ef- 
fetto della  omonimia,  un  commentatore  di  Stefano  Bizantino  (2), 
Tomaso  De  Pinedo,  della  fine  del  sec.  XVII.  Il  lessicografo  dice, 
tra  altre  notizie  estranee  al  nostro  assunto,  TpwYtXo;,  Xwpa  ^v 


(1)  DiOD.,  Fragni.  1.  XXVI,  exc.  de   Vìrt.  et  Vii.,  p.  569,  III. 

(2)  Vd.  Stephanus  [Byz.]  de  Urbibus,  quem  primus  Thom.  de  Pinedo 
Lusilanus  Latii  iure  dotiabat  etc.y  Amstelodami  1678,  s.  v.,  p.  669  Tptó- 
yiXoi;. —  De  Pinedo ,  movendo  falsamente  sulle  tracce  del  passo  tacidideo 
'da  noi  studiato  (VI,  4,  1),  annota:  « perpera?n  apud  Thucyd.  legitur  Tpeó- 
-xIXov  prò  TpwYiXoc,  Sic  enim  idem  eodem  loco  paulo  infra  vocat  liunc 
docum»;  ma  cf.  Gluveuio  ,  Sicilia^  I,  11-12  ,  e  Holm  ,  Storia  di  Sicilia 
-neW antichità,  I,  p.  44. 


418  TROTILON    E    TROGILOS 


StxeX^....  TÒ  I0VIXÒV  TpwY'^co;  xal  TpuiyiV.a.  Nella  confusione  in  cui 
versa  l' editore  portoghese ,  giudicando  TpwxtXov*  errore  per 
Tpa)Yi).cs,  si  osserva  pure  che  egli,  anche  accennando  a  Livio 
(XXV,  23),  Cluverio ,  Arezzo  e  Fazello,  che  lo  collocano  in 
luogo  ben  diverso  dal  Trotilon  tucidideo,  mostra  dì  non  aver 
letto  o'per  lo  meno  di  non  avere  diligentemente  studiato  la 
topografia  di  Siracusa  e  dei  suoi  siti  settentrionali,  per  come 
sono  esattamente  accennati  dall'autore  della  storia  peloponne- 
siaca. Tanto  Trotilon  che  Trogilos  sono  ciascuno  per  sé  un  Xwpfov, . 
vicus,  ma  quello  è  al  confine  nordico  e  questo  a  sud,  nel  campo 
delle  nostre  ricerche.  Chi  guardi,  tra  le  altre,  la  '  carta  topo- 
grafica comparativa  della  Sicilia*  del  prof.  Adolfo  Holm  e 
quelle  del  Columba  avverte  che,  se  Trotilon  è  presso  alle  rive 
del  fiume  Pantakyas ,  con  quella  postura  che  fu  scorta,  cioè 
un  po'  a  N.  di  Augusta  (a  un  sei  km.;  ma,  secondo  me,  a  N-W,. 
a  circa  9  km.),  Trogilos  al  contrario  è  opportunamente  messa 
a  sud  di  Thapsos,  tra  questa  e  Siracusa,  in  fondo  a  quell'in- 
senatura del  m.  Ionio  che  vedremo  di  chiamarsi  con  Livio 
portus  Trogilorum  (o  con  altri  codd.  Trogiliorum).  Aveva 
quindi  ragione  Filippo  Cluver  di  avvertire  la  diversità  topo- 
nomastica e  topografica  di  Trotilon  e  Trogilos;  infatti,  per 
questa  seconda  regione  o  rocca  si  ha  una  moderna  corruzione 
nella  denominazione  Targia,  cioè  Tex-feudo  il  quale  si  distende 
tra  il  Labdalon  ad  Oriente  e  il  campo  dei  Romani  con  sopra  il 
forte  di  Leon  ad  Occidente,  dove  il  litorale  inferiore  ha  preso 
il  nome  di  Stentino,  corrispondente  al  porto  dei  Trogilii  menzio- 
nato da  Tucidide  e  Livio  (1).  L'identificazione  si  desume  con  molta 
evidenza  dalla  narrazione  Tucididea  in  quel   che  concerne  la 


(\)  É  snperllao  notare  per  la  regione  settentrionale  di  Siracusa  il  dotto 
lavoro  di  Hoi-m-Cavali.ari,  Topografia  archeologica  di  Siracusa,  Paler- 
mo 1883,  oltre  l'Atlante  e  V  Appendice.  Fer  la  vicina  Magnisi ,  oltre  la 
monografia  del  dott.  Orsi ,  vaol  essere  menzionato  :  F.  S.  Cavallari,. 
Thap$o$.  ApjK'ndicc  alla  memoria:  Ledila  e  le  opere  di  escavazionc  in> 
Sicilia  anteriori  ni  preci  (in  •  Arch.  St.  Sie.  '  del  1877). 


TEOTILON    E    TlIOOILOS  419 


spedizione  ateniese  in  Sicilia  [414-413J.  «Alcuni  tra  gli  Ate- 
niesi,—è  Tucidide  che  parla  (1)  così  —  costruiscono  una  trincea 
air  intorno  verso  tramontana  (tra  V  Epipolae  e  Megara) ,  altri 
accumulando  pietre  e  legni  le  portano  al  così  detto  spesso  Tro- 
gilo,  nello  stosso  modo  con  cui  benissimo  era  ad  essi  avvenuto 
il  trinceramento  dal  gran  porto  (di  Siracusa)  all'  altro  mare 
(il  porto  piccolo,  Aàxxiog,  a  N-E  del  quale  comincia  Akradine  »). 
Indi  Tucidide  discorre  di  un  muro  ch-^  i  Siracusani  avrebbero 
costruito  vicino  a  quello  degli  Ateniesi,  uscendo  dalla  loro  città  (2). 
Per  comprendere  come  i  Siracusani  si  avvicinassero  agli  Ate- 
niesi presso  Trogilos,  ai  piedi  dell' Epipolae,  basti  por  mente 
a  quest'altro  passo  (3)  di  Tucidide  :  —  «  Avendo  così  (i  Sira- 
cusani) cominciato  in  modo  da  uscire  dalla  loro  città ,  fecero 
la  fortificazione  dal  disotto  delia  cinta  ateniese,  conducendo 
un  muro  trasversale ,  estirpando  ulivi  dal  terreno  e  facendo 
torri  di  legno  (a  causa  della  sollecitudine ,  come  gli  Ateniesi 
avevan  fatto  la  loro  trincea  con  pietre  e  legni).  Non  ancora 
le  navi  ateniesi  (movendo)  da  Thapsos  avevano  navigato  in- 
torno verso  il  gran  porto,  epperò,  anche  i  Siracusani  li  sovra- 
stavano lungo  il  mare,  quando  gli  Ateniesi  fermavano  l'occor- 
rente sopra  terra  fuori  Thapsos  ». 


(1)  Thuc.  vi,  «9,  1:  xal  fg  Ooiepa^?  et  |ièv  izsiyiiZo^  Tà>v  'Ae»]va£cov  iò  Tcpèc 
Bopéav  ToO  TtuxXou  tsìxoc,  ol  tè.  XiGcuc  xai  g-JÀa  gufii^opoOvTec  r^apé^aXXov  è«l 
Tòv  TptDytXov,  xaXoóiievov  dcei,  ^r.sp  ppa^óxaiov  ÈYiyvsTO  aùxotc  ex  xoò  mya^ou 
Xt^iévo;  èni  tyjv  éxépa'^  GccXaoaav  -co  àjlOTsixtofia, 

(2)  Thuc.  VI,  99,  2:  5::oTeix'Ceiv  8è  àjieivov  èSóvtei  (ai  Siracusaiiij  elvoct 
■J  èxeivoi  (gli  .Ateniesi)  Sn«XXov  agstv  tò  Tet^og.  Il  sottostante  '  Porlus  Tro- 
gilorum'  è  pure  indicato  da  Livio  al  XXIV.  3",  9,  cioè:  (con  a  capo  Bò- 
milcar)...,  t  classis  Punica  litori ,  quod  inter  urbem  (Syraousanorum)  et 
castra  Romana  erat,  adpulsa  est...  ». 

(3)  Thuc.  VI,  99,  3-4  :  §Teixi*ov  o5v  èSsXeòvc£g  àr.ò  Tf,;  O'^e-cépa;  nóXecof 
àpgifievoi,  xatcoOsv  xoO  xuxXou  [cf.  per  quello  aten.  VI,  99,  I]  xojv  'Atìr^vaiwv 
èYxàpoiov  xetxo;  àyov-s;  ,  xdg  xe  éXoiag  èxxómovxes  xoO  xs|iévou5  xaL  guXtveuj 
v.aOtJxavxeg  .  al  ti  vf;e;  xwv  'AGTjvaCwv  o'jtko  ex  xy,?  Bacj;ou  nspisTTETrXeuxEoav  è{ 
xòv  iJLÉYav  Xt^iéva,  àXX'  exi  ol  iupaxóoioi  èxpàxouv  xàv  |i6pi  xt]v  O'dXaooav,  xaxdi; 
Y*;v  8' ex  xfjc  Oottj'ou  ol  'AOrivaiot  ti  ènixi^Seia  siti^YO'^'co- 


■420  TROTILON    E    TROGILOS 


Dove  dunque  Tucidide  ha  che  le  palizzate  venivano  elevate 
a  settentrione  di  Siracusa  per  opposizione  agli  assalitori  Ate- 
niesi, si  osserva  nella  posteriore  notizia  che  gli  Ateniesi,  re- 
spinti dagl'indigeni  e  messi  in  fuga  dal  gran  porto  siracusano, 
si  fermavano  con  le  loro  navi  alla  penisoletta  di  Thapsos.  In 
questo  modo  Trogilos  (Stentino),  che  è  tra  l'Epipolae  e  Thap- 
sos ,  veniva  ad  avere  in  quest'occasione  la  fondazione  intem- 
pestiva di  due  muri  con  torri,  una  siracusana,  l'altra  ateniese, 
le  quali  poi,  nell'assedio  romano  di  Marcello,  a  due  secoli  di 
intervallo,  dovettero  essere  molto  probabilmente  il  teatro  delle 
operazioni  militari  romane ,  Kalauria  o  Galeagra  e  Leon.  Fu 
dunque  l'occasione  strategica  che  nel  414-413  die  principio  a 
coleste  due  rocche,  né  si  può  pensare  ad  età  più  remota,  nes- 
suno indicandone  simile  contingenza,  ma  avendone  sicura  no- 
tizia da  Tucidide  che,  se  tace  il  nome,  gli  è  perchè  lui  non 
doveva  saperlo,  o  perchè  dovettero  denominarsi  a  quel  modo 
posteriormente;  e,  per  altro,  abbiamo  avvisato  che  non  sempre 
son  da  quello  mentovati  questi  siti  sussidiarli  della  sicurezza 
civile.  Errò  dunque,  pel  complesso  di  queste  considerazioni,  il 
De  Pinedo,  noli' illudersi  di  confondere  Trotilon  con  Trogilos, 
la  cui  rispettiva  origine  varia  da  tre  secoli  e  più ,  e  la  cui 
toponomastica  e  demografìa  subì  vicende  al  tutto  particolari 
e  diverse.  Questi  fatti  trovano  il  corrispettivo  raffronto  in  altri 
passi  dello  stesso  Tucidide  al  lib.  VII.  Dopo  aver  narrato  quali 
aiuti  vennero  da  Sparta  e  Corinto  a'  Siracusani,  fa  menzione 
delle  cinte  murali  sopra  descritte.  Racconta  (l)  che  questi,  a- 


(I)  11  castello  tucidideo  d' lela  non  ó  d.i  confondersi  con  letae  (oggi 
B.  Giuseppe  Iato)  a  Sud  di  Panormos  :  cf.  Diodoro  ,  1.  XXllI  (in  EcL)] 
Plinio,  N.  II.  Ili,  8;  Sieph.  Byz.  s.  v.  'Isxal,  cppoóp-.ov  SixsX(ac  (dal  1.  VI 
di  Philist),  forse  confondendo  quel  noXCxvtov  della  Sicilia  settentrionale 
con  la  Tortezza  dello  adiacenze  siracusane;  Silio  Ital. ,  Pan. ,  XIV  ,  271; 
Pazello,  li.  Sic.  I,  10;  Cluvkr,  .Sic.  A.  II,  1?.  Tucidide  fa  vedere  che  il 
7poóptov  "létoc  doveva  essere  tra  Siracusa  (forse  Orfygia)  e  l'iìpipolae,  ma 
non  saprei  ove  ravvisarlo  esattamente:— cf.  E.  A.  Fukicman,  History  of 
Sicily.  III  ^Oxn.rd   1802),  p.  2W,  n.  4;  A.  Hoi.m,  6V.?c/i.  5ìc.,  II,  p.  40,  413. 


TROTILON    E    TROGll.OS  421 


vuto  sentore  dell'approssimarsi  di  Gilippo,  andavano  a  lui  con 
tutte  le  schiere  per  congiungersi.  Preso  qualche  muro  del  castello 
leta,  schierato  come  per  andare  al  combattimento,  mosse  verso 
l'Epipolae.  E  salendo  all'Euryalos,  dove  prima  anche  gli  Ate- 
niesi, s'  avviò  ai  Siracusani  verso  il  muro  ateniese  [cf.  Thuc. 
VI,  99,  1].  Di  lì  per  caso  andatovi  per  7  od  8  stadii ,  giunse 
presso  agli  Ateniesi  nel  gran  porto  (1)  ecc. ..;  «  nel  resto  del 
circuito  presso  Trogilos,  verso  l'altro  mare  (la  costa  orientale, 
mentre  il  {ley.  XiiiifjV  è  a  W.),  vi  erano  già  delle  pietre  per  lo  più 
aggiunte  insieme,  ed  esistono  opere  semilavorate,  e  le  complete 
erano  in  abbandono  (2)  ».  Sì  ha  poi  occasione  di  mentovare 
Trogilos  in  Livio,  allorché  accenna  o  meglio  particolarizza  la 
strategica  topografìa  riguardante  il  cons.  Marcello,  già  vinci- 
tore di  varie  città ,  specie  di  Leontinoi  e  Megara,  prima  di 
prendere  Siracusa  nelP  a.  211  a.  è.  v.  ;  e  Plutarco,  sua  copia 
fedele,  accenna  al  Trupyov  xtvà,  che  Livio  ha  messo  vicino  al 
porto  di  Trogilos. 

Nella  narrazione  liviana  (3)  è  primieramente  descritta  l'es- 
pugnazione leontina ,  e  il  tutto  dappoi  procede  cronologica- 
mente e  in  rispetto  all'  ubicazione  Leontinoi-Megara-Siracusa, 
in  modo  che  il  console ,   mentre   sfibrava  e  indeboliva  lenta- 


(1)  èQ  iiéyav  Xifiéva,  quello  eliti  Livio,  narrando  l'assedio  di  Marcello 
[XXV,  26,  4]  chiama  pure  '  magnus  portus  '  ad  Occidente  di  Qrtygia,  e- 
gnalmente  che  il  '  sinus  megaricus  '  ad  Ovest  di  Angusta  :  per  quei  due 
porti ,  cf.  HoLM,  Storia  di  Sicilia,  I,  p.  259. 

(2)  Thugyd.  vii,  2,  3-5,  dove  è  a  notare  la  conclusione:  x(p  8è  àXXcp 
[xoù  xuxXou]  Ttpòg  -còv  TpcÓYtXov  ènl  -cyjv  èxépav  GdXaooav  X£9ot  te  napaJe^X'yj- 
jiévoi  TtJ)  TiXéovt  TJSyj  -^oav  xal  èoxtv  i  xal  -fniispyo,,  xà  òì  xal  ègsipyaojiéva  xx- 
TeXetnsxo.  Per  il  doppio  muro  inalzato  presso  il  gran  porto,  cf.  pure  Plu- 
tarco, Lysander,  i6,  [ed.Lps.,  C.  Sintenis]...  8ià  ruXiTir.ou  -où  oxpaxTjyì^aavxos 
TtepL  SixsXtav  xxé,  e  Tucidide  ancora  [VII,  2,  4]  che  di  lui  dice  aver  tro- 
vato dei  muri  :  è:rxà  \iri  rj  òxxò)  axaSiwv  tjìyj  àzexsxéXsaxo  xotj  'AGYjvaio'.;  sg 
TÒv  iiéyav   Xi|iéva    SikXoOv  xsixog, 

(3)  Mi  son  valso  dell'ediz.  di  G.  Weissenborn— .M.  Miillei",  Lips.  1888, 
.pars  III,  l.  24-30. 


422  TUOTILOX    E    TB0GIL08 


mente  la  grande  metropoli  greco-siceliota  col  distruggere  le 
sue  città  di  settentrione  o  col  conquistarne  i  forti  baluardi 
delle  frontiere  [Trotilon  ,  Styella  ? ,  Trogilos  ,  Galeagra  ,  Leon 
ecc.] ,  trovava  poi  più  facile  la  presa  di  Siracusa.  «  Marcel- 
lus,  —  dice  Livio  [XXIV,  30,  1]  —  cum  orani  exercitu  profe- 
ctus  in  Leonlinos,  Appio  quoque  adcito,  ut  altera  parte  adgre- 
dcretur,  tanto  ardore  militum  est  usus...  ut  primo  impetu  ur- 
bem  expugnarent  »,  —  Indi  passa  al  resto  [XXIV,  35,  1-2] 
«  Interim  Marcellus  cum  tertia  fece  parte  exercitus  ad  reci- 
piendas  urbes  profectus,  quae  in  motu  rerum  ad  Carthaginienses 
defecerant,  llelorum  atque  ilerbesum  dedentibus  ipsis  recepit, 
Megara  vi  capta  diruit  ac  diripuit  ad  reliquorum  ac  maxime- 
Syracusanorum  terrorem  ».  —  Ho  voluto  addurre  questi  brani 
liviani  perchè  son  veramente,  pure  con  tutto  lo  sfoggio  di  ro- 
manità, molto  evidenti  per  dinotare  come  lo  storico  padovano,, 
nel  vivo  apparato  della  descrizione  strategica,  ove  sono  ricor- 
dati nomi  di  città  distrutte  prima  di  Siracusa  (ultima  caduta, 
Liv.  XXV,  2^3-31),  avrebbe  certo  fatto  menzione  di  Trotilon 
se,  a  quei  tempi,  fosse  stato  un  luogo  importante;  ma  invece 
Livio  lo  avrà  voluto  comprendere  tra  le  città  che  chiama  igno- 
biliores.  Così  anche  avrebbe  ragione  Diodoro  di  mettere  com- 
plessivamente la  presa  ed  il  saccheggio  delle  conquiste ,  cioè 
delle  rocche,  dopo  l'accordo  dei  vinti  Siracusani  con  Mar- 
cello. Livio  però  ha  ricordato  il  porlus  Tr ogilorum  per  in- 
cidenza ,  raccontando  un  episodio  avvenuto  poco  prima  la 
presa  di  Siracusa  e  dopo  quelle  di  Leontinoi   e  Megara    (l). 


(1)  Cf.  Pi.UTAKCH.  Mnrcellus^  i3  [p.  304]:  6  8è  MapxsXXog  à-o8eix0el; 
Onaxo;  tò  xp'.Tov  it;  2ixeX£av  SnXeuaev.  Ed  il  motivo  si  è  per  quanto  segno, 
tbid.  :  al  Y*?  'Avvi^oo  n«pl  xòv  7tóX«|iov  tòmpaSCat  KapxTjìovfou;  ènfjpav  aù9t{ 
dvTiXa^i^GcvtoOai  xf^i  vy^ocu,  niXioia  T«xapaY|iév(ov  tò)v  xàg  Supay.oóoa;  |isxà  xy)v 
•I«p(i)vii[iou  xoù  xupotvvou  xtXtoxrjv.  Anche  Plutarco  descrive  le  fortunato  im- 
prese di  Marcello  (18,  p.  308):  tlX»  8è  t6 'iTt^oxpixou;  upò;  ^AxptXXa;  oxpa- 
xón«8&v,  xal  x«xixx«iv«v  6nip  óxxxxiOXt.X{ou5  ininiowv  ytji^OLV.x  PaXXo|iévoi{;,  à::4- 
&pa|it  8è  «oXXijv  xr,5  Zix«X(ac  xal  «óXti;  àrtéoxr^ot  }^o.■.fTfio'^\.tli'^  xal  |i!Ìx*C  *'''" 


TBOTILO»    E    TR06IL08  423 


Dal  contesto  liviano  si  rileva  pure  che  Marcello  era  attendato 
a  non  molto  intervallo  da  Trogilos.  I  fatti  procedettero  così. 
Annibale,  dopo  le  battaglie  combattute  coi  Romani  al  Ticino 
e  alla  Trebbia  (218  a.  è.  v.) ,  al  Trasimeno  (217)  e  a  Canne 
(216) ,  strinse  alleanza  con  Filippo  V  di  Macedonia,  che  sol- 
levò ,  come  è  noto ,  la  provincia  romana  d' Illiria ,  accese  la 
ribellione  nelTApulia,  nel  Sannio,  nella  Lucania,  nei  Brutti!, 
nelle  città  greche  nell'  Italia  meridionale ,  e  specialmente  a 
Siracusa.  Questa  allora  ruppe  il  trattato  di  alleanza  con 
Roma ,  che  rimontava  ai  tempi  di  Cerone  li  (a.  263)  di 
cui  sarà  detto  nella  storia  di  Xiphonia.  Durato  per  due  anni 
l'assedio  di  Siracusa  (212-211),  oltre  la  vittoria  riportata  sui 
Macedoni  (I  guerra  macedonica,  214-205)  e  il  contrasto  che 
dovette  sostenere  contro  Filippo  e  Annibale,  il  console  Mar- 
cello aveva  preso  Megara,  uóXiv  ev  tar^  ^laXacoxàtats  twv  StxeXto)- 
T''5tDv  (Plutarch.  Marc.  18)  (1),  e  ciò  avvenne  durante  l'assedio  di 
Siracusa  :  xf^s  5à  TtcXtopxia^  [i.  e.  Zupaxcuatìiv]  oià  iJ.éaou  MàpxeX- 
Xo;  elXe  [lèv  MsYapéa;.  Cronologicamente  e,  movendo  da  Megara 
all'Epipolae,  siamo  quindi  a  Marcello  Aóiiltitióv  xcva  Sìrapxixxifjv 
ì%  Supaxouawv  Xa^wv  IxTcXéovxa  aìXp-^cXwxov ,  à^coóvxcov  ìtv.  Xuxpocg 
Ttòv  Supaxouaiwv  v.0\xÌ<70L'z%-o!x  xòv  àvSpa,  TioXXàxt;  òrzàp  xo-jxou  StaXeyó- 
[Jtevoc,  xal  oxìvxi^i^tvoc,  ti  ù  p  y  o  v  xt  v  à  xaxecjxé'j^axo  cpuXaxxójxevov  [Jièv 


xr.oe  uccoag  xoòc  àvcixaxOfjVa:  ToXiiy^oavia;:  cf.  Liv.  XXIV,  35,  e  pei-  AcriVae 
V.  Steph.  B.  s.  V.  'AxpiXXa,  TióXic  StxeXJaj  cu  7:óppco  it>paxooaù)v.  Il  bruna 
di  Pinta  reo  va  d'accordo  con  gli  altri  due  menzionati,  di  Diodoro  e  Livio, 
per  assicurarci  che  Trotilon  ,  come  le  altre  città  e  fortezze  greche  e. 
cartaginesi,  fu  espugnata  da  Marcello.  A  Roma  la  fama  di  questo  illustre 
noXtopxr^-ci^c  fu  viva  fino  ai  tempi  di  Orazio,  il  quale  ebbe  tra  i  posteri, 
più  tardi,  un  nepote,  figlio  di  Ottavia  e  genero  di  Augusto  (m.  nel  23  a. 
C.)  :  cf.  specialmente  Hor.  Carrn.  I,  1>,  45-46  l'elogio  dei  Marcelli  accanto 
a  quello  della  '  gens  Julia  '  Juliuni  sidus,  v.  47)  :  «  Croscit  occulto  velut 
arbor  aevo  —  Fama  Marcellus  »... 

(I)  Anche  Strabone  (VI ,  2,  2)  pare  di  ravvisare  che  Megara  sarel)be 
stata  fondata  alquanto   prima   di   Siracusa:  avvertenza  fatta  dall' Holm,- 
Storia  di  Sicilia,  1,  p.  9. 


424  TBOTILON    E    TKOGILOS 


à{ieXw? ,  àv5pa?  Se  Suvàpievov  5é^ao0ai  xp'j(pa ,  xoO  xst'Xou;  IrapaioO 
Tcap' aùxòv  Svxo;  [Pliitarch.  ibid.].  Livio  chiarisce  il  irópYov  xcvà 
di  Plutarco,  narrando  la  stessa  incidenza  [XXV,  23,  8-14],  e 
dice  :  «  medius  atque  utrisque  opportunus  locus,  ad  portus  Tro- 
gilorura  propter  iur/'im,  qnam  yocsltìX  Galeagram,  est  visus». 
Ora,  giacché  il  campo  dei  Romani  era  indiscutibilmente  tra  il 
forte  di  Leon  e  1'  odierna  contrada  Targia  (alquanto  a  N-W 
della  rocca  di  Labdalon),  sembra  che  la  turris  Galeagra,  per 
essere  luogo  opportuno  al  convegno  delle   due  parti,   dovette 

-erigersi,  a  non  dir  altro,  fra  scala  Greca  e  il  campo  dei  Ro- 
mani. 

Ma,  siccome  prima  Tucidide  ha  descritto  a  tramontana 
(Tcpòs  popéav)  di  Siracusa,  o  meglio  dell' Epipolae,  il  muro  co- 
struito dagli  Ateniesi  (Thuc.  VI,  99,  1)  e  poi  aggiunge  che, 
di  rincontro,  i  Siracusani  costruirono  un'  altra  cinta  murale, 
uscendo  dalla  città,  vicina  a  quella  ateniese,  non  lungi  da 
Trogilos  (Thuc.  VI,  99,  3-4),  resterebbe  che  la  torre  Galea- 
gra  (1)  (o  Kalauria  ?]  sorse  tra  quelle  muraglie.  Ed  era  buona 
per  l'osservazione  della  campagna  di  guerra  che  si  distende 
a  Nord  dell'Epipolae,  cioè  tra  questa  fortezza  e  la  già  caduta 
Megara.  L'osservazione,  che  di  li  presso  vi  fanno  i  Romani 
attendati  nel  campo,  è  da  Livio  e  Plutarco  rappresentata  come 
in  luogo  vicino  alla  rocca  di  Siracusa:  [Liv.  XXV,  23,  8-14]... 
«  cum  saepius  commearent  (verso  Galeagra)  unus  ex  Romanis 

-ex  propinquo  murum  contemplans,  numerando    lapides  aesti- 
mandoque  ipse  secum,  quid  in  fronte  paterent  singuli,  altitu- 


(i)  Per  il  significato  della  v.  Galeagra  [YaXé>)  ovv.  '{ixk%,  donnola,  e 
&YP*.  caccia],  usata  metaforiramenttì  nói  senso  di  '  gabbia  '  (cf.  l^LUTARCir., 
PhcK.  33),  soccorrii  Suida,  s.  v.,  il  quale  per  Y^^saypa  intende  un  òpYavov 
Ttji«pT(itxóv ,  una  specie  di  supplizio,  tutto  interpunto  di  fibule  feiTee, 
•  donde  poi  si  faceva  passare  il  condannato  all'estremo  momento.  Come 
laogo  alquanto  remoto  dalla  città,  la  'turris  Galeagra'  potè  esser  desti- 
nata alle  condanne  dei  maK^ttori,  forse  ai  tempi  della  tirannide;  ma 
iDon  trovo  raffronti  per  confermare  siffatta  opinione. 


TROTILON    E    TK0GILO5  425 


dinern  muri,  quantum  proxime  coniectura  poterat,  permensus 
humilioremque  aliquanto  pristina  opinione  sua  et  ceterorum 
omnium  ratus  esse  et  vel  mediocribus  scalis  superabilem,  ad 
Marcellum  rem  defert  ».  —  Al  qual  luogo  deve  aggiungersi  il 
brano  seguente,  dove  si  accenna  che,  non  potendosi  effettuare 
il  tentativo  strategico  di  giungere  al  locus  (t.  Galeagra)  con 
più  vigilanza  custodito,  si  colse  l'occasione  «  quam  obtulit 
transfuga,  nuntians  diem  festum  Dianae  per  triduum  agi»  in 
Siracusa.  E  siccome  Tito  Livio  dice  di  poi  che  Marcello, 
«  electis  idoneis  centurionibus  militibusque  et  scalis  in  occulto 
comparatis  »,  ordinò  che  riposassero  a  dormire  perchè  «  noeta 
in  expeditionem  eundum  esse»,  fino  a  quando  «sub  luce» 
ebbe  distrutte  con  tutte  le  forze  l'Hexapylon  e  l'Euryalos;  dal 
contesto  di  questa  tattica  descrizione  con  probabilità  si  desume 
che  sarebbe  passato  poco  tempo  durante  le  ore  mattutine  per- 
chè dalla  *  lurris  Galeagra  '  si  potesse  giungere  alla  frontiera 
dell'acropoli  siracusana.  Cosi  anche  i  due  brani  di  Tucidide 
si  raffrontano  a  quest'altro.  Oltre  a  ciò,  il  Sittl  (1),  tra  le  torri 
che  si  andavano  rizzando  nell'  antichità  da  nemici  che  domi- 
narono per  qualche  tempo  il  mare,  ricorda  a  proposito  della 
fuga  di  Annibale  il  passo  di  Livio  [XXXIII,  48,  IJ:  — «ad 
mare  inter  Acillam  et  Thapsum  ad  suam  turrem  pervenit  » 
(la  quale  torre  è  chiamata  da  Giustino  XXXI,  1  «  rus  urba- 
num  »  )  —  ;  e  siamo  sempre  presso  al  *  portus  Trogilorum  '. 


*  * 


Dopo  ciò  null'altro  si  legge,  se  si  toglie  quel  di  Silio  Ita- 
lico [Pttu.  XIV,  259],  che  del  sottostante  porto  dice:  '  perflata 


(1)  C.  Sittl,  Studi  sulle  costruzioni  antiche  dette  xsixfì,  i^i^pyo^  turres, 
speculae  in  *  Rivista  di  Storia  Ant.  e  Scienze  atBni  '  a.  II  (1897J,  fase.  3, 
p.  71,  (articolo  citato  anche  addietro).  —  Per  Trogilos  e  Leon  vedi  il 
Freeman,  The  History  of  Sicily,  III,  p.  210  ss.,  659  ss. 


426  XIFHONIA    E   TADROMENION 


Trogilos  Austris';  e  qui  opportunamente  il  poeta  alludeva 
esattamente  al  porto  dove  molto  influisce  lo  scirocco ,  cui  è 
esposto,  da  non  offrire  garenzia  alle  navi  che  vi  ancorassero. 
Nondimeno  anche  questa  piccola  rada  sarà  stata  utilizzata 
dagli  antichi  Siracusani,  massime  per  il  tempo  in  cui  domi- 
narono da  Thapsos  e  Megara  Ano  a  Trotilon  e  Lentinoi. 

Trogilos  fu  quindi  ben  diversa  da  Trotilon  ÓTièp  xoO  Ilav- 
xaxóou  xe  Tcoxajioù ,  ma  non  per  tanto  l'esistenza  di  quest'  ulti- 
ma dovette  durare  fino  a  poco  dopo  la  presa  di  Siracusa,  per 
quanto  dice  Diodoro  sulla  condizione  di  tutti  i  tenimenti  sira- 
cusani dopo  il  211  a.  C.  La  tortezza  di  Trotilon  così,  fino  a 
che  dipese  da  Leontinoi,  dovette  essere  amministrata,  come  le 
colonie  calcidiche  siceliote,  secondo  ciò  che  si  legge  in  Ari- 
stotele (1):  vo|xc9éxat  5' èy^vovxo  ZàXeuxó?  xe  .  .  .  xal  XapwvSa?  6 
Kaxavaìo^  zolq  aOxoO  noXixou.q  xal  tccXq  SXXaiq  xcàc,  XaXxtSixali; 
TióXeot  xoùq  Ttepl  'IxaXfav  xal  2txeXt'av.  Né  altro  può  attingersi 
dalle  tonti  classiche;  indizio  evidente  che  Trotilon  dovette 
confondersi  prima  con  Leontinoi,  e  poi,  sottomessa  questa  ca- 
pitale, con  la  potente  Siracusa  dai  tempi  di  Dionisio  I  [406-367] 
fino  alle  vittorie  di  Marcello. 


in.   XlPHONIA   E   TaUROMENION. 

1.  Benché  siano  giudicate  alquanto  confuse  le  testimonianze 
di  Diodoro,  di  Strabone,  dello  pseudo-Scilace  e  di  Stefano  Bi- 
zantino nonché  dell'Arabo  Edrisi  circa  le  menzioni  topografi- 
che relative  alla  greca  Xiphonia  e  qualche  altro  sito  prossi- 
mo al  suo  circuito,  ebbero  però  buona  ragione,  1' Holm  e, 
fino  al  1894,  il  Pais,  di  asserire,  come  prima  il  Gliiver,  che 
non  sia  affatto  vero  ciò  che  da  taluni  moderni  si  volle  affer- 


ei; ARI8T0TBLIS  PoUUca,  li,  9. 


XIPHONIA    E    TADBOMENION  427 


mare  sull'ubicazione  dell'antica  Xiphonia  presso  al  Capo  Mo- 
lini  nel  territorio  di  Acireale.  Agli  storici  ed  agli  archeologi 
è  nota  la  polemica  Holm-Vigo,  già  sostenuta  con  tanto  entu- 
siasmo d'ambe  le  parti  nel  1873,  e  oggetto  di  diverse  pubbli- 
cazioni (l).  —  L'occasione  venne  da  queste  parole  dell'Holm  (2): 
«  In  prima  egli  (Filippo  Olùver,  nel  1619)  si  pose  a  determi- 
nare più  precisamente  la  linea  delle  coste.  S' avvide  che  il 
capo  Xiphonico  non  era  il  capo  Mulini  presso  Aci,  siccome 
aveva  pensato  il  Fazello,  ma  quello  che  modernamente  chia- 
mavasi  capo  S.  Croce  ». 

Nella  disamina  dell'argomento,  raccogliendo  le  classiche 
tradizioni  e  le  moderne  conclusioni,  mi  fermerò  a  raffrontare 
le  poche  notizie  classiche  le  quali  si  rapportano  a  Xiphonia, 
e  appoggerò,  quindi,  i  miei  criterii  sul  contributo  archeologico 
che  ci  vien  foriiilo  da  pochi  monumenti  superstiti. 

Sull'origine  di  Xiphonia  abbiamo  conoscenze  alquanto  con- 
troverse; ma  nondimeno,  se  si  spogliano  delle  contraddizioni 
a  cui  talvolta  conducono  i  pochi  scrittori  greci  che  ne  fanno 
menzione,  resta  che  essa  fu  edificata,  quasi  contemporanea- 
mente a  Leontini  (a.  729  av.  è.  v.),  nella  penisola  dove  oggi  è 
sita  Augusta  [  isola  delle  palme  ]  ,  mentre  ai  piedi  del  colle 
Tauros,  che  si  stende  a  N-E  della  odierna  città  menzionata , 
era  la  fattoria  di  Tauromenion,  sorta  più  tardi  ancora.  Il  geo- 
grato  Strabone,    che  scriveva  nel  I  sec.   av.  Cristo,  comincia 


(1)  Vd.  L.  Vigo,  Dell'origine  e  silo  della  velusia  Sifonia  nel  giorn. 
*La  Falce',  nn.  55-57,  Palermo,  R.  Stamperia,  1847;  Holm-Vigo,  Del 
vero  silo  della  vet.  Sifonia,  Palermo,  Lao,  1873,  nella  fine  del  quale  opu- 
scolo «  si  previene  il  lettore  che  saranno  pubblicate  le  due  ultime  lettere 
definitive  dell'Holm  e  del  Vigo  »,  da  me  non  viste.  Vd.  Holm,  Storia  della 
Sicilia  nelV antichità,  1,  p.  43. 

(2)  A,  Holm,  D.  Geogr.  antica  di  Sicilia.  Prima  versione  italiana  dal- 
l'originale tedesco  di  P.  M.  Latino,  Palermo,  1871,  a  pg.  18.  —  Prima  del- 
l'ellenica Xiphonia,  l'elemento  fenicio  vi  sarebbe  approdato,  utilizzandone 
il  porto  ;  «  e  perchè,  dice  l'Holm,  anche  la  penisola  di  Augusta  non  do- 
vrebbe in  tempi  assai  antichi  aver  avuto  una  colonia  fenicia?  »  vedi 
Storia  di  Sicilia  I,  p.  184. 


428  XIPHOXIA    E    TAUKOMENIOX 


la  sua  descrizione  a  questo  modo  (1)  :  «  Le  città  che  furono 
tra  Katane  e  Syracusai  perirono,  Naxos  e  Megara,  dove  con- 
vengono le  foci  di  tutti  i  fiumi  che  scaturiscono  dall'Etna  (?) 
per  terminare  con  foci  portuose.  Ivi  è  anche  il  promontorio 
di  Xlphoìiia.  Scrive  Elbro  che  queste  antichissime  città  della 
Sicilia  furono  fondate  15  generazioni  dopo  la  guerra  troiana». 
Fu  già  osservato  nel  precedente  capitolo  l'errore  di  Strabone 
che  non  visitò  la  Sicilia  (2).  Esso  consiste  appunto  nell'aver  col- 
locato Naxos  tra  Katane  e  Siracusa,  mentre  è  universalmente  sa- 
puto che  essa  precedette  alla  famosa  Tauromenion  che  sorse 
a  Nord  di  Catania.  Naxos  infatti  sarebbe  stata  distrutta  da 
Dionisio  I  nel  403  a.  C.  (3).  Né  dice  interamente  bene  Strabone 
quando  asserisce  che  essa  e  Megara  exXsXotTiaat.  Se  Naxos  fu 
presa  dai  Siracusani  per  dar  luogo  alla  nuova  Tauromenium, 


(i)  Strabone  VI,    2,   2  [p.  267  C]  :    ai  [TióÀeigl  5è  [lexagò  Katecvirjc  xal. 
Supaxouowv  èxXeXoinaoL ,  Nàgog  xal  Méyapa,  òjrou  xat  al  xwv  uoxajicbv  sxpoXal 
ouvsXOcùaai  Jidvxov  xaxappsóvxtov  ex  xf,?  A'ixvYjg  eig  sùXi|Jisva  axó|jiaxa.  èvxaùO-a 
Si  xat  xà  zfii    Si^coviag    àxpoxi^ptov.    lyYjoi  5è  xatixac  "Ecpopog    Tpwxag 
xxioGfjvai  TTóXetg  'EXXrjvfSa^  èv  ZixeXJq:  TievxsxaiSexocxir)  ye'^s'?  nexà  xà  Tpcolxà. 

(2)  Cf.  F.  SoLLiMA,  Le  fonti  di  Strabone  ìiella  Geografia  della  Sicilia, 
Messina  1897,  passim,  [v.  mia  recens.  in  'Scuola  Second.  Ital.  '  1898,. 
pp.  453-4]. 

(3)  Cfr.  il  lavoro  del  dott.  Gaetano  Rizzo,  La  Tavola  degli  Slrategi 
a  TauromeniOf  parte  li,  Catania  1893,  p.  28;  se  non  che  l'A.,  a  mio  av- 
viso, segne  la  svista  topogratìca  di  Strabone,  [VI,  3,  3]  e  crede  che  il 
ni.  Tauro  di  Diodoro  [XIV,  58,  2]  sia  quello  della  più  importante  Tauro- 
menion, sopra  di  Katane.— Dove  Cicerone  in  una  lettera  [ad  Allicum,  XVI, 
11,  7]  scritta  «  in  Puteolano  »  nel  710  V.  C.  diceva:  •  Epistolas  Catinam, 
Tauromenium,  Syracnsas  comnìodins  mitiere  poterò  »,  parrebbe  che  vo- 
lesse riferirsi  alla  nostra  '  Tauromenium  '  degli  Zanklaioi  d'Hybla,  stando 
alla  saccessione  topogratìca  N-S,  ma  ó  evidente  che  egli  intendesse  par- 
lare della  più  nota  a  N.  di  Catania,  giacché  in  ordine  di  tempo  avrebbe 
scritto  lettera  prima  a  Katane  e  poi  a  quella  Tauromenium,  ovvero  può 
anch'essere  una  eventuale  successione  di  nomi.  Per  l'interpretazione  di 
tale  passo  ciceroniano  cons.  A.  Levi,  Del  nome  antico  di  Taormina  in 
'  Holi.  di  Filol,  Class.',  luglio  1897,  Per  i  superstiti  di  Naxos,  che  anda- 
rono ad  abitare  il  vicino  monte  Tauros  [Tauponévtov,  cioè,  Taùpo?  e  |iév(o], 
vd.  il  lavoro  del  prof.  V.  Casagrandi,  Le  campagne  di  Cerone  II  contro 
I  Mamertini  duratile  lo  ttrategalo,  Torino-Palermo  1894,  p,  32  s.  alla  n.  70. 


XIPHONIA    B    rADROHENION  429 


Megara,  benché  distrutta  da  Marcello  a  circa  due  secoli  d'in- 
tervallo ,  restò  un  TiaXi'Xvtov ,  xo)[xt]  pJjv  Kaiavatcov,  almeno  fino 
al  IV  sec.  d.  è.  v. ,  come  sarà  dimostrato.  Si  manifesta  però 
la  confusione  dell'  Amasiota ,  e  che  va  quasi  d'  accordo  con 
r  errore  osservato ,  dove  asserisce  che  vi  fu  xxtajAa  .  . .  Tai>- 
po|ji£vcov  5è  Tiòv  £v  "Y^Xyj  ZaYxXttóv  [VI,  2,  3,  p.  268]. 

Il  Pais  ne  à  scoperto  l'equivoco,  giacché  se  i  Megarei  che 
Theoklesebbe  cacciati  da  Trotilon,e  che  i  Siracusani  ed  i  Leontini, 
da  soli  0  insieme,  ebbero  respinti  da  Thapsos,  non  andarono  alla 
penisola  Xiphonia,  ciò  fu  perchè  vi  erano  in  quella  ridentissima  e 
favorevole  residenza  i  Calcidei,  «i  quali,  se  li  ammettiamo  signo- 
ri di  Xiphonia,  poterono  assai  facilmente  e  sorvegliare  i  Mega- 
resi a  Thapsos  e  più  facilmente  ancora  cacciameli  ».  Da  que- 
ste osservazioni  segue  che  Strabone  confondeva  la  fattoria 
mercantile  sul  Tauros  sopra  il  promontorio  'Croce'  [Tauponl- 
viov]  con  la  più  famosa  omonima  succeduta  a  Naxos  verso  la 
fine  del  V  sec.  a.  C  — Tauros  è  il  monte  presso  Naxos-Tau- 
romenion ,  e  Tauros  anche  N-E  dell'odierna  Augusta,  cioè 
di  Xiphonia,  il  colle  dov'era  la  fattoria  di  Tauroraenion,  la 
quale  termina  a  sud  in  modo  da  formare  un  promontorio  a 
foggia  di  spada  (1).  Alcuni  scrittori  anche  moderni  confondono 
il  promontorio  Xiphonicus  o  TaOpog  dcxpov  di  Tolomeo,  presso 
cui  sorse  la  piccola  Taupofiéviov,  con  la   punta   meridionale  di 


(1)  Per  poco  che  si  guardi  cotesta  penisoletta  del  Taùpog  p.  es.  dal 
lato  settentrionale  di  Augusta,  si  scorge  che  essa  finisce  in  una  lunga 
punta  che  ha  tutte  le  particolarità  per  rassomigliarsi  al  pesce- spada, 
gicpia;  fcf.  St.fog,  spada],  e,  a  un  certo  tratto,  ove  il  piano  [dal  e.  S.  Croce 
a  Nord]  comincia  ad  elevarsi  per  diventar  collina,  si  nota  unu  certa  ca- 
vità naluralmente  praticala  nell'interno  roccioso,  che  potrebbe  assomi- 
gliarsi all'occhio  del  pesce  in  parola.  —  Quando  j^li  Ateniesi  (guerra  del 
Peloponneso)  movevano  da  Katane  verso  Siracusa,  «  their  course  led  them 
into  the  doublé  bay  wich  lies  between  the  Xiphonian  peninsula  and  the 
norlh  side  of  Achradina  »  :  vd.  E.  A.  Frkeman  ,  The  Hislory  of  Sicily, 
III,  p,  210.  Tra  gli  antichi,  il  Cellario,  Geogr.  ani.  I  (Lps,  1701,  p.  980): 
«....in  ora,  Xiphonia  promontorium:  addunt  alii  oppidum  nominis 
eiusdem,  nec  non  portum  ». 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  28 


430  XlPHONIA    E   TADKOMENION. 


Augusta  [Xiphonia]  che,  prolungandosi  quasi  parallelamente 
al  m.  Tauro,  termina,  in  foggia  alquanto  stretta,  con  lo  sco- 
glio della  lanterna  *Avolos'  del  secolo  XVI  (1).  Quali  sieno  stati. 
i,  rapporti  tra  le  due  vicine  città  non  sappiamo;  ma  si  nell'uno 
che  nelFaltro  sito  sopravvanzano  le  testimonianze  archeologia 
che  della  loro  greca  esistenza.  Perfino  nel  sec.  XII  il  geo- 
grafo Edrisi  (2)  scriveva  come  segue  :  «  (da  s.  Panagia)  alla 
Gazìrat  Mismàr  («  isola  chiodo  »,  MeoijjLépT] ,  oggi  penisola  Ma-: 
gnisi  [Thapsos])  quattro  miglia.  —  Indi  a  'Iksitù  (Etcpwvt'a,  il 
porto  Xifonio  di  Augusta)  quattro  miglia.  —  A  Ras  'as  Salibah 

(«capo  della  Croce»,  oggi  detto  Santa,  Croce)  sei  miglia. —A 
"Wàdì  Zaydùn  («fiume  di  Zaydùn»,  Brucoli?)  sei  miglia».  Per 
quanto,  incompleto  ed  inesatto  nello  stabilire  le  distanze,  Edrisi 
^;ra  di  gran  lunga  nell'assegnare  sei  miglia  dal  porto  Xipho- 
nicus  al  capo  Croce,  ma  è  esatto  nella  successione  dei  luoghi. 
fecondo  i  migliori  cartografi  moderni  (Magnaghi,  p.  es.)  dal 
Xmtjv  Ei'f(i)V£tos  alla  punta  S.  Croce  bisogna  notare:  a)  Punta. 
Izzo  ad  E  di  Augusta  (Xiphonia);  h)  Punici  S.  Elia  (Magna- 
ghi), 0  P.  di  Croce  Lunga  (Smyth),  od  anche  e  più  comune- 
rpente  P.  del  Monaco  (Ferraguto);  e)  Capo  S.  Croce  (con  faro, 
vicino  l'eremo  di  S.  El^na!  =  xò  xf]?  Stcpwviai;  àxpwx/.ptov  [lat. 
Nord  37°  14.'  31"].  Ed  ora  uno  sguardo  alle  fonti  storiche 
Qhe  parlano  di  Xiphonia  e  del  suo  porto. 


* 


2.  Il  procedimento  di  questa  nuova  fattoria  sul  Tauro  an- 
drebbe nel  seguente  modo.  Quando  Dionisio  I,  signore  di  Si- 
racusa, si  accinse  a  rifabbricare  Messane  distrutta  dai  Carta- 
gi/iesi,  quei  di  Rhegion  ne  provarono  gelosia,    stante  la  vici- 


(1)  Con  faro:  lat.  N.  ZV  12'  38". 

(2)  M.  Amaiu,  Dibliolecn  arabo-sicula.  voi.  I  (Torino  Roma,  1880),  pa- 
gina l*i5.  —  Per  .Magnisi  (Thapsos)  cfr.  pure  A.mari,  Storia  dei  Musul- 
mani, III,  p.  2i3. 


XirHONlA    E    TAUBOMENION  431 


nanza,  e  per  non  esserne  sopraffatti  chiamarono  abitanti  di 
Naxos  e  Katane  e,  «  senza  dubbio ,  quanti  Calcidei  si  trova- 
vano in  Sicilia  e  li  fecero  stabilire  a  Mylai,  punto  strategico 
di  grande  importanza  contro  Messane».  Succede  guerra  tra 
Dionisio  ed  Heloris,  ma  Rhegion  vi  perdette;  i  «  neo-Messeni 
vincitori  marciarono  su  Mylai  e  la  presero»,  e  senza  mole- 
starvi i  Calcidei,  patteggiarono  per  il  loro  sgombro.  Fu  allora 
elle  i  Calcidei  si  stabilirono  «  chi  in  un  luogo,  chi  un  altro  »  (1). 
Gli  Zanclei  stabiliti  a  Tauromenion  secondo  Holm  sarebbero 
andati,  forse,  ad  Hybla  etnea  di  dove  poi  passarono  alla  più 
famosa  Tauromenion  (Gesch.  SiciLj  II,  p.  437);  ma  nondimeno 
i  monumenti  idraulici  e  i  numerosi  vestigi,  dei  quali  verrà 
detto ,  dimostrano  ài  aver  ragióne  il  Pais  nelle  sue  recenti 
indagini  se  pensa  alla  collocazione  di  cotesti  emigranti  Zan- 
klaioi  prima  a  Megara-Hyblaea  sul  monte  Tauros  dirimpetto  a 
Xiphonia  {SLoria  d.  Sicilia ,  o.  e,  p.  592)  (2).  Sarebbe  quindi 
questa  piccola  Taupofievtov,  come  si  esprime  TAmasiota,  -/.Tiafia 
xtòv  èv  "YpXiQ  ZayxJwaiwv  poco  dopo  la  guerra  regino-siracusanaj, 
al  principio  del  IV  secolo,  dopo  ch«  nel  secolo  Vili  vi  sarebbe 
stata  una  fattoria  calcidica  che  dovette  estendersi  poco  ap- 
presso al  chersoneso  ove  fu  fondata  Xiphonia  (Augusta).  — 
Ora,  del  promontorio  menzionato  da  Tolomeo  [III,  4,  9]  Taù- 
pos  àxpov  e  del  Xt[jiT^v  Et'fwveto?  (3)   e  coste  adiacenti  parla  ap- 


(1)  Cons.  DiODORO,  XIV,  87,  3:  v.  A.  Holm,  Geschichle  Siciliens  II,  p.  437 
8g.,  123;  G.  M.  CoLUMBA,  o.  e,  p.  33;  cf.  E.  Pais,  Storia  d.  Sicilia  e  d. 
M.  Grecia,  o.  e,  \>g.  596-597  ;  J.  Schlbring,  Umwand.  des  Megarischen 
Meerbusens  in  Sicilien  (in  'Ztschrlt  fiii*  Ailgemeine  Erdkunde'.  N.  F. 
XVII  voi.,  Berlin  1804),  p.  453. 

(2)  Cfr.  GoLUMBA,  Archeologia  di  Leonlini,  p.  33,  il  quale  osserva 
che,  nel  primo  decennio  del  sec.  IV,  l'elemento  caloidico  in  Sicilia  scom- 
pare ingloriosamente,  e  degli  Zanclei  stabiliti  a  Tauromenio  (?)  dice  op- 
portunamente che  non  ebbero  importanza  storica.  —  L'illustre  prof.  Ca- 
CAGRANDi  [Catnpagne  di  Cerone  II,  o.  e,  pag.  37  alla  n.  70]  ritiene  una 
corruzione  straboniana  (testo)  invece  di  iwv  èv  MuXig  ZaYxXadtuv,  contraria- 

. mente  all'opinione  del  Pais  {Atakta.  VI,  p.  56  ss.). 

(3)  Il  Sinus   Xiphonicus    menzionato  dallo  ps.   Skylax,  §  13,  ove  di 


432  XIPHONIA    E    TAUROMENION 


punto  in  linee  generali  il  siciliano  Diodoro  {XIV,  58),  allor- 
quando narra  altre  vicende  di  Dionisio  I.  Per  la  comunità 
dei  lettori  ricordo  l'evoluzione  di  tali  avvenimenti  con  la  cir- 
costanza che  Siracusa,  la  famosa  colonia  del  corintio  Archias,. 
governata  dapprima  come  la  madre  patria,  con  una  moderata 
aristocrazia  e  poi  assoggettata  da  Gelone  [485-476]  e  da  suO' 
figlio  Gerone  I  [476-466],  sin  dal  V  secolo  ebbe  alternanza 
di  guerre  e  di  pace  coi  vicini  Cartaginesi,  i  quali  miravano  a 
impadronirsi  della  Sicilia  orientale  e  del  :iop0tiós  di  Messane 
col  duplice  intento  di  togliere  il  primato  sull'Ionio  alle  città 
greco-siceliote  e  quello  sul  Tirreno  alle  greco-italiote  (1).  Sic- 
come pei  Romani  poteva  riuscire  favorevolissima  ai  proprii  ne- 
goziati la  possibilità  di  un  dominio  in  Sicilia ,  in  queste  vi- 
cende dei  Greci  di  Sicilia  coi  Cartaginesi  si  trova  il  germe 
della  grande  lotta  romano-punica;  e  ciò  perchè  Cartagine  ve- 
nisse allontanata  dall'Ionio,  al  qual  fine  si  studiarono  di  riu- 
scire prima  Dionigi  maggiore  (2),  tiranno  di  Siracusa  per  beo- 
39  anni  [406-367],  e  poi  Agatocle,  succedutogli  al  potere 
[317-289],  dopo  un  breve  sopravvento  repubblicano  [343-317] 
ristabilito  già  dal  corintio  Timoleonte.  —  Per  il  presente  giova 
fermarsi  a  Dionisio  I.  La  sua  usurpazione  di  Siracusa  avvenne 
poco  tempo  dopo  in  cui  le  forti  stazioni  mercantili  di  Panor- 
mos,  Motye  e  Lyliboion  vennero  in  mano  dei  Cartaginesi.  Al- 
lorché Dionisio  entrava  come  signore  in  Siracusa,  essi  avevano- 


poi  la  piccola  Taupojiévtov  doveva  eseguire  i  suoi  tralDchi  marinareschi. 
Giova  consultare  il  Fbeeman,  History  Sicily,  IV,  (Oxlord  1894),  pp.  504  ss. 
sulla  confusione  di  Diodoro  XIV,  58  .  .  .  Ttspi  xòv  Taùpov  xaXoóiisvov,  e  sul- 
l'allra  di  Strabone  VI,  2,  3,  Tauponéviov  5è  xwv  èv  "Y^iXtq  ZayxXaitov. 

(1)  Per  quel  che  si  legge  sulla  pirateria  degli  antichi  Siculi,  anteriori 
alle  xx(oti{  greco-siceliote,  pare  che  solo  i  Fenici  e  i  Cartaginesi  loro 
fratelli  abbiano  potuto  per  primi  jtuperare  le  difficoltà  degli  approdi 
nelle  coste  dell'isola.  Dice  Stuauonb  [VI,  207  C.]:  xoù  -(àp  npóxapov  8t- 
diivat  xi  XijoxT^pta  x(I)v  Tt>ppy)v{&v,  xal  xì^v  d)(ióxi']xa  xùv  xaiixjg  pappdpwv ,  &azt . 
|iT,8à  xax'  i|i;iop(av  nXttv. 

(2)  Aiovuoto;  6  np«o?6x«po5  apii  Plutauch.,.  Tìmoleon  6,.  10;  Dion,  3,  9,  11. _ 


XIPHONIA    E    TADROMENION  433 


già  presa  e  saccheggiata  (1)  Agrigentum  [406],  dopoché  nel 
410  avevano  distrutte  Selinus  e  Hiraera.  Già  voleva  Cartagine 
impadronirsi  dell'isola;  Dionisio  ne  frenò  l'ambizione,  proprio 
quando  Roma  aveva  a  difendersi  contro  i  Galli.  Il  suo  tenta- 
tivo andò  a  vuoto,  e  sebbene  egli  in  tre  guerre  contro  Carta- 
gine abbia  mantenuto  il  fiume  Halykos  come  confine,  nonper-^ 
tanto  Gela  e  Camarina  vennero  anch'esse  soggette  al  tributo 
cartaginese,  mentre  d'altra  parte  Dionisio  aveva  da  contrastare 
coi  Siculi  che  vedevano  in  lui  un  usurpatore.  Fu  allora  che  suc- 
cesse quanto  Diodoro  narra  nei  termini  seguenti  :  «  I  Siculi, 
odiando  da  tempo  Dionigi  (2),  avendo  allora  occasione  di  ri- 
bellarsi, passarono  tutti  dalla  parte  dei  Cartaginesi,  tranne  gli 
Assorini.  Dionigi,  resi  liberi  i  servi  in  Siracusa,  forni  di  essi 
sessanta  navi;  aff'rettò  dai  Lacedemoni  più  di  mille  raercena- 
rii  (3)  e,  partendo,  munì  di  custodie  la  città  e  portò  dalle  vi- 
cinanze i  viveri.  Con  moltissima  diligenza  fortificò  di  mura 
la  città  di  Leontinoi,  e  quivi  raccolse  vettovaglie  dalle  pia- 
nure. Indusse  anche  i  Campani  abitanti  in  Katane  a  passare 
Boll'or  chiamata  Aitne  (4)  perchè  la  preda  fosse  sicuramente 
custodita.  Dopo  ciò  conducendo  tutta  la  forza  i60  stadii  da 
Siracusa,  si  accampò  vicino  a  quel    che  chiamano  Tauro)*... 


(1)  Xenoph.  Hisloria  Graeca  [ree,  0.  Keller,  Lps.,  1893],  I,  5,  21  :  xal 
èviauTÒg  sXtjYsv,  àv  cj)  KapxvjSóvioi  etg  SixeXCav  otpaxeuoavxsc  e'ixooi  xal  èxaxòv 
tpii^psot  xal  nej^fjc  oxpaxiàs  SóìSexa  |jiuptdoiv  'Axpocyavxa  Xi|i(p,  v-'^'-XQ  V-^'^ 
-^xxTfjgévxsq,  :ipogxaGe^Ó!ievoi  8è  énxà  iif^vas:  cf.  ibidem,  II,  2,  24;  II,  3,  5, 

(2)  Cf.  Plutakch.,  DioK,  3  (p.  959)..  .  còno)  xrj^  xupavviìog  lìpu|iévii]g 
PePaCws,  ànoaxdvxsg  oi  Supaxouaiot  Seivà?  xal  Tiapavónoug  ù^peig  xxé .  .  . 

(3)  V.  Plutauch.,  Pelopidas,  21  (p.  295),  dove  accenna  all'alleanza  di 
Dionigi  con  gli  Spartani  ...  :  èv  015  xpó'^otc  Aaxs5ai|ióviot  Atovuo£(p  x(p  Sixs- 
7.Ì01.-  xupccvvcp  oxpaxTjYoùg  xal  àpuooxàg  ine|j.T:ov. 

(4)  Aitne,  già  Katane,  avendo  avuto  questo  nome  dai  tempi  di  'lépwvog 
xoO  Supaxouaiwv  xupavvou ,  xal  TrpogaYopsóoavxog  aùx7]v  Aixvrjv  àvxl  Kaxocvyjs, 
in  Strab.  vi,  2,  3  (p.  268):  cf.  DiOD.,  XI,  49  e  le  lodi  di  Pindaro,  special- 
mente nella  zuBtovlxrj  a' ,  dedicata  'lépwvt  Aixvaltj) ,  v.  60.  —  Per  quel  che 
riguarda  la  cacciata  degli  Aitnioi  per  opera  dei  Katanaioi  dopo  la  morte 
di  Gerone,  cons.  Strab.,  VI,  l.  e,  il  quale  assegna  lo  stabilimento  degli 
«spulsi  Aitnaioi  a  80  stadii  fuori  (Aìxvrj), 


434  XIPHONIA    E    TAUROMENIOIT 

••-;..  ..      •.        .       ■  ;•     !  /  --^ 

Per  le  nostre  ricerche  importa  quest^ultimo  tratto  che  qui  ri- 
portiamo neiroriginale  :  [lexà  5è  xa-jia  àTiò  twv  2upaxouawv  éxaiòv 
é^TjXOVxa  <TzaZio\Jc,  Tz^ooccyoc-^ùìy  auaaav  xr^v  S'jva^itv,  xaxeaxpaxoTOSsoas 
Tcspl  xòv  TaOpov  xaXo'jjjLsvcv.  Dell'importantissimo  passo  diodoreo 
fa  pure  cenno  il  prof.  Pais  [SI.  d.  Sicil.,  p.  595,  n.  1  preziosa],, 
il  quale,  tenendo  conto  dello  stadio  minore  di  m.  150  usato 
dagli  antichi,  consente  nel  far  convenire  la  località  descritta 
da  Diodoro  al  promontorio  Tauros  (1).  Sicché,  il  ch.mo  storico 
colloca  Xiphonia  «a  S-W  di  quest'ultimo  (e.  Croce  o  Ta-jpos. 
àxp&v) ,  la  lingua  di  terra  ove  oggi  è  Augusta  ».  E  allora  il 
vf^i  Sttptovt'as  axpctìXTr^ptov  è  lo  stesso  che  il  TaOpoi;  di  Diodoro,  il 
TaOpos  àxpov  di  Tolomeo,  presso  al  soprastante  Taupo|jL£vtov  degli 
Zanklaioi  di  Hybla  che,  secondo  la  premessa  opinione,  do- 
veva esser  sorto  in  queir  epoca ,  o  poco  prima.  —  Anzi ,  rac- 
cogliendo i  particolari  delle  operazioni  militari  di  Diodoro, 
come  sono  indicati  minutamente,  si  desume  che,  nel  momento 
del  pericolo  in  cui  versava  Siracusa  per  l'arrivo  dei  Cartagi- 
nesi, Dionisio,  premunita  la  sicurezza  della  propria  città,  si 
valse  dei  soggetti  Leontinoi,  che  mandò  al  proprio  paese  per 
difenderlo,  e  la  cavalleria  siracusana  spedi  a  Katane  (2).  Non 
vi  si  accenna  ad  altro  passaggio  che  sia  stato  fatto  ancora 
più  a  settentrione  né  in  Senofonte  che  ne  parla  indirettamente, 
né  da  Diodoro;  giacché  allora,  dovendo   approssimarsi  i  Car- 


ili) Il  m.  Tauro,  che  si  eleva  snll'Ionio  da  punta  dell'Edera  (a  N-E'ài 
Brucoìi)  tìno  al  e.  S.  Croce,  dà  anch'esso  l'imayine  di  due  corna  che  ven- 
gono a  terminare  l'uno  nella  voltata  N-\V  (rada  di  Brucoli)  e  l'altro  nel 
XiiiV  Si<p(óveiòs.  Per  simile  conflgnrazione  nei  pressi  di  Taormina  cons.  il 
dotto  lavoro  del  V.  Casagrandi ,  che  fu"  nostro  venerato  maestro  (o.  ó„ 
pg.  34,  n.  70). 

(2)  Senofonte,  HUlor.  Gr.  II,  3, 5, '  ci  soccorre  u  spiegare  e  completare  t 

frammenti  diotlorei,  quando  scHve:  ìfàv  8è  Vtp  aò-cto  xpóvm]  |4Ò6  a.  C.)  -/ài 

Atovóoioc  6  Ivpaxóoto;  tupavvoc  jiixì)  ■^txyjOetj  òkò  KapxYjSovdtov  TiXav  xai  Ka- 

^dpivav  dntóXto*.  )i«t' óXCrov'&è  xal  Àtovutlvoi   Supaxoolo'ig   oùvotxoOvTe?   &ni- 
»  .  •.      ;  ■        I       .  ...  ..il        ,  ,      1., 

otr^oav  tli  xi^v  aO-ccùv  róXiv  ànò  Aiovoiou    x*l    Supaxouofwv.    7tapaxp'?l|ia  tè.  xal. 

ci  Iwpaxouo'.ot  tnnilc  Onò  Aiovùoou  «t;  KaTdvv)v  à««atci>.r,oav. 


XIPIIOXIA    E    TAUROMENIOX 


'435 


tagin'esi  '(Tal  'Nord  Verso  "iSiracùsa,  si  fermò  Dionigi  al  port'iis 
Xiphónicus,  cioè  160  stadii  da  Siracusa,  e  non  al  porfus  Me- 
pUrensis  che  sarebbe  stato  vicino  d'  assai  alla  frontiera  dèl- 
l^Epipolai,  e  ciò  indipendentemente  da  ogni  forzata  congettuVa 
"cui,  malamente  indirizzato ,  voleva  pervenire  il  Vigo  con  fe 
èue  dissertazioni  (1).  Aveva  quindi  ragione  il  Cliiver,  tre  se- 
coli fa,  allorché  impiantava  Xiphónia  Ove  oggi  è  Augusta: 
«  Xiphónia,  'Jiaec  urbs  nulla  alia  esse  potést  quam  qua'e  nufic 
vulgo  Augusta  (ùViVwr».  E  bene  conchiude  Ìl  Pais,  nelle  ultirtie 
pagine  della  sua  storia,  ove  prova  che  la  fattoria  posta  sul 
colle  Tauros,  sopra  il  promontorio  Xiphoneios,  si  chiamava  Tau- 
romenion.  —È  importantissinia  Ja  dimanda  che  si  fa  il  Pais: 
—  «  Ma  come  si  spiega  che  la  città    che   sorse   dal  capo  Xi- 

'pbonio,  si  chiamò  Xiphónia  e  non  Tauromenion  ?»  E  cónchiude 
rispondendo:  —  «Tauromenion  fu  il  nome  della  fattoria  calci- 
dica,  che  ebbe,  a  quanto  pare,  breve  e  corta  vita;  la  città 
sorta  ai  suoi  piedi  prese  il  nome  di  Xiiihonia,  che  veniva  sug- 
gerito dalla  forma  della  penisola  »  [o.  e,  pg.  598].  —  E  ap- 
punto presso  il  promontorio  Tauros  e  più  a  N-W  verso  all'in- 
senatura del  Aipiv  Iccpwvetoi;  dello  ps,  Scilace  di  Carianda, 
dovette  essère  indubiafnente  una  stazione  mercantile  con  una 

'piccola  città,  di  cui  resta  ora  qualche  notevole  monumento. 
E  quello  un  punto  dì  facile  approdo,  ove  l'elemento  ellenico- 
siceliota,  che  tanto  seppe  utilizzare    T  opportunità  delle  coste 

'e  delle  rade,  poteva  esercitare  i  suoi  traffichi  commerciali. 

*  * 
'  3.  Per  l'identità   toponomastica   vale   T  interpretazione  del 


(l)  Vd.  HoLM-ViGO,  Sul  vero  silo  della  vetusta  Si  fonia,  o.  e.  p.  7,  i 
nomi  diversi  di  questo  promontorio  :  tra  la  Cala  del  Salvatore  a  N.  e 
la  punta  Izzo  a  S,  é  il  TaOpog  dei  Greci,  chiamato  poi  capo  S.  Croce  dai 
Cristiani  latini  e  bizantini  forse  per  allusione  alla  pseudo-leggenda  dello 
sbarco  di  S.  Elena  verso  N-E  con  la  croce  del  Nazareno  trovata  in  Pa- 
lestina e  poi  pervenuta  a  Roma.  Esiste  anche  oggidì  l'eremo  dedicato 
alla  santa  in  parola,  né  trovo  testimonianze  antiche  che  ne  facciano  men- 
zione; il  nome  di  S.  Croce  é  tuttavia  estraneo  alle  nostre  ricerche,  uscendo 
esso  dai  limiti  dell'epoca  ellenica. 


436  XIPHONIA   S   TAUBOMENION 


passo  diodoreo  menzionato  [XIV,  58,  2]  ,  cioè  della  fermata 
di  Dionisio  I  che  à-ò  xwv  Supaxouaióv  éxaxòv  i^i^jxovxa 
oxaSicu;  Trpo^ayaYÒìv  aiiaaav  xrjv  Sóvajiiv ,  xaxEaxpaTOTiéSeuae  uepl 
Tòv  TaDpov  xaXo'jfievov.  —  Navigando  da  Siracusa  verso  Au- 
gusta bisogna  percorrere  16  miglia;  con  la  misura  dello  sta- 
dio minore  equivalente  a  m,  150 ,  ci  troviamo  in  grado  di 
dover  rigettare  la  pretesa  Xiphonia  del  Vigo  presso  Acireale, 
giacche  avremmo  una  distanza  tra  Siracusa-Augusta  di  km.  24 
(anzi  23  sono  all'interno  del  Xtfjirjv  Etcpwvsw?)  secondo  il  passo  dio- 
doreo, ed  essa  è  quindi  una  sicura  testimonianza  per  assicu- 
rarci che  il  Taupo?  di  Diodoro  è  proprio  quello  presso  cui  si 
sarebbe  posato  Dionigi,  e  che  Tolomeo  chiama  pure  il  Taùpo; 
àxpov  (1). 

Nessun'altra  memoria  storica  si  ha  di  tal  sito,  ma  della 
prossima  Xiphonia  è  interessante  ciò  che  le  si  riferisce  per  l'a. 
265  a.  è.  v.  [01.  CXXVII,  3;  V.  C.  489],  in  cui,  come  racconta 
lo  stesso  Diodoro  (XXIII,  4),  avvenne  guerra  tra  Gerone  II 
(268-214)  e  i  Romani  (2).  Per  la  opportunità  dei  lettori  riepi- 
logo i  noti  avvenimenti. 

Dopo  la  morte  di  Agatocle  (317-289)  re  di  Siracusa,  che 
aveva  un  esercito  di  Mamertini,  venturieri  Campani  di  origine 
Sannitica,  ima  forte  schiera  di  essi,  ricevuta  la  mercede  del 
servizio  prestato,  s'impossessarono  di  Messane,  quando  Gero- 


(1)  L'altra  testimonianza  dello  ps.  Skylax  (G.  G.  M.  recogn.  C.  Mùller, 
Paris,  Didot.  1882;  voi.  I,  p.  21  [Periplus.  13J)  é  limitata  solo  alle  parole... 
xal  TcóXtg  MeYapLg  xal  XipiTjv  E  tcp  cóvetog.  Una  breve  nota  dice:  «  Ek^o)- 
v«lov  cod.  Strabo  VI ,  p.  267  memorat  tò  xfic  Sicp(ov(a{  dcxpcoTT^ptov  (Capo 
della  S.  Croce),  Urbem  St-.p(t)v(av  novimus  ex  Theopompi  fr.  207  et  Diodori 
XVIIF,  4.  Portum  fortasse  habes  in  Hesj'schio:  Eicptpou  (Ei!f(ovCov)  Xiiii^v  ». 

(2)  Il  passo  ó  discusso  da  Holm  e  Vigo,  specialmente  a  pp.  5,  11  ss., 
19,  25  88,,  'M.  —Il  FuKKMAN,  o.  c. ,  IV,  p.  505,  aggiunge  che  Diodoro  nei 
e.  58  e  "jQ  alludo  ai  due  Tauros  diversi,  e  che  al  e.  58  intende  proprio 
parlare  del  ni.  Tauros  meridionale.  Per  la  cronologia  di  Gerone  II,  che 
regnò  54  anni,  ho  visto  di  G.  Bkloch  (trad.  Casagrandi):  Per  la  storia 
di  Sic.  dalla  guerra  pirrica  alla  I  punica,  p.  3  ss.  o  di  V.  Casagkandi, 
Oiterv.  cronol,  tuUa  signoria  di  G.  Il,  p.  17  (Acireale,  189'i), 


XIPHONIA    E    TAUUOMENJON  437 


ne  II  si  unì  coi  Cartaginesi  (1)  per  porre  assedio  a  quella 
città  ;  ma ,  dopo  varie  vicende ,  soprarrivato  il  cons.  App. 
Claudio  per  battere  Cerone  e  per  impadronirsi  di  Katane,  fa- 
vorevole sito  per  recarsi  a  Siracusa,  si  venne  a  patti  [a.  265], 
conforme  ai  quali  Cerone  si  liberava  dal  pericolo  di  Roma  o 
di  Cartagine  (2)  per  la  sua  Siracusa,  qualora  una  delle  due 
parti  fosse  stata  vittoi'iosa.  E  allora  Cerone  patteggiava  per 
l'alleanza  con  Roma  .  .  .  ,  Twixalot  . , .  Tcpò?  Mépwva  TzoXkà  Tté[i.^a.i, 
TÒv  Supaxouoiwv  fSaotXéa,  cptXov  5vTa  xal  ou|i[iaXov  [allusione  fatta 
da  Plutarch.,  Marcellus,  8].  Contemporaneamente  Annibale, 
capitano  del  naviglio  cartaginese,  si  avvicinava,  inconsapevole 
delle  trattative,  presso  Siracusa.  A  questo  svolgimento  di  cose, 
si  annoda  la  narrazione  diodorea,  che  procede  come  appresso  : 
«  —  Partiti  i  consoli  alla  volta  di  Sicilia  e  assediata  Adranon, 
la  presero  per  forza.  Dopo,  assediandola  i  Centoripini  e  stando 
nelle  porte  di  bronzo,  in  primo  luogo  mandarono  ambascia- 
tori presso  gli  Alesini.  Indi ,  venuta  la  timidezza  pure  nelle 
altre  città,  anch'esse  mandarono  ambasciatori  per  pace,  e  pro- 
misero che  avrebbero  consegnato  le  città  ai  Romani.  Erano 
67,  prese  le  forze  delle  quali,  andarono  in  Siracusa  per  asse- 


(1)  Vd.  DlODOKO,  XXII  [iu  Ecl.  XV,  p.  499J.  ó  8è  'lépwv  xataaxpa- 
xrjY^Oetc  ó::ò  toO  <E>o£vixo;,  X7)v  noXiopxiav  àTToyvoù;,  Ì7:avf,XG£  sì;  2upaxoùaa;, 
TtspipóYjxov  eÙTj{i6piav  Tceptrt6TcoiT]|Jiévo{,  oi  8è  KapxnjSóviot  xai  'lépwv,  dcnoneirxwxóxes 
ttjc  MeaofjVYjc,  ouvJjXOov  si;  oóXXoyov,  xal  cu(i|i.axfav  rpòg  àXXy^Xouc  7iotr,aà|isva 
ouvéOsvTO  y.oiv^  7ioXe|Ji^aai  MeoofjVTjV. 

(2)  Se  ne  ha  pure  un  cenno  in  Pausania,  Descr.  Graeciae,  VI,  12.,.. 
'lépcDv  8è  èxaXeiTO  'IspoXéoug.  [lexà  8è  ttìv  ' AyoLQoydéo'ji;  zoo  Ttpóxspov  tupavvig- 

oavxog  xsXeuxr^v,  Supaxouo(otg  aùtìi;    àvaTis'^uxst    xùpavvog  ó  'lépwv  cSxo; 

*P(0|jiaitov  8s  Ttspt  SixsXCa;  èg  xòv  r.pbz  KapxvjSovCou;  tcóXshov  xaxaoxavxtov, 
elxov  [lèv  ai  Ka.pyriió'V'.oi  iqi  vr^ooo  :iXécv  ij  ^niotì.  'lépcov.  5s  ouvtó'.xt,  fiév  àpxt 
èg  xòv  7lóX6|iov,  éXéoBa;  xà,  KapxTjSovicov  «jceos.  fiexà  8è  où  roXò  S'jvdiiEt  xe 
atvat,  vojit^ojv  xà  'Pwiiaicov  èxwpwxspa  xai  fspaittìxepx,  à|ia  sj  ^iXiav  fJisxs^aXsxo 
d)5  xouxoug.  II  tratto  allude  al  momento  della  conciliazione  romano-sira- 
■cusana,  avvenuta  proprio  quando  Annibale,  con  le  proprie  navi,  stava 
j)er  venire  in  soccorso  di  Cerone. 


438  XIPHONIA   E  taueomÈkion 


(ilare  Geroiie.  Vedendo  cbstiii  che'i  Sifà'ciisarii  rtiale  lo  corti- 
portarario,  spedi  anibas(*iatori  ai  consoli  per  una  ratiflcaziòtìb 
di  pace.  Volendo  far  guerra  (i  Romani)  da  "solo  ai  Cartagi- 
nési, ben  volentièri  'acconsentirono.  E  conchiusero  paè'e  óol" re 
per  15  anni  :  prese  da  lui  (da  G'erone)  150  mila  dramme,  ebberb 
consegnati  i  prigionieri  che  aveva  fatti,  ed  egli  resta  a  governat^e 
Siracusa  e  le  altre  città' dipendenti  :  Akrai,  Leòntinoi,  Mégar^, 
Ailoron ,  Neaiton,  Taiiromeniòn  »  (1).  —  Si  annoda  a  tale  con- 
vegno il  resto  della  narrazione,  ov'ò  détto  che, -mentre ''queste 
cose  avvenivano,  Annibale  navigò  con  la  forza  'del  navigi'i'o 
verso  Xiphórtia,  per  soccorrere  a  Gerone  :.  .  .  to'jxwv  Trpaxxd- 
|i£v(riv,  xaxÉTcXeoaev  Wvyiiaq,  [lexà  vauxtxfji;  8uvà[jLew?  eie,  xyjv  ZC- 
"(pttìv {av,  ^(/tpffCiày  xG)  ^ao'tXet.  (ia0(bv  5è  xà  7t£7cpaY[i£va,  àvtXói^^óev.. 
E,  per  l'esalta  interpretazione  del  passo  controverso  da  Leo- 
nardo Vigo,  Annibale,  come  bene  avvisò  il  prof,  llolm,  «  per 
«portar  soccorso  ai  Siracusani,  sarebbe  forse  restato  troppo 
«lontano  da' quésta  città,  se  avesse  sbarcato  le  sue  trupp'e'àl 
«Capo  dei  Molini  »  [/&.,  p.  5].  —  Né  è  affatto  credibile  qùè'lfo 
che,  sulla  fbde  del  Ferraj^uto,  dice  sbadatamente  il  Vigo  delT-a 
poca  profondità  del  Xi[ir]v  Etcpwvsw?,  ove  Annibale  avrcbl^e 
fatto  ancorare  la  flotta  cartaginese  per  soccorrere  Gerone. 
Vero  è  che  presso  alle  coste  in  fondo  alle  quali  si  estendono 
le  odierne  saline,  si  ha  un  fondo  molto  basso,  bastevole  per 
potervi  ancorare  le  barche  soltanto;  ma,  a  chi  guardi  attentà- 
''toénte  la  carta' coroidrografìòa  dello  Smyth,  apparirà,  feohtr'à- 
Hàmente  alle  facili  e  ardite   asserzióni   del   Vigo  (2),   che  il 


(l)Cf.  PoLiB.,  I,  Ue'àiid  tloLV,  Vclusla  StfòHia,  0.  c.,'p.  26:  —ol'bk 
'P(i)|A«tct  ttpcos^éSavTo ,  xal  iiàXioxdi  8ià  xà;  X'^V^JY^*?  GaXaxToxpatoOvciov  yàp 
T'I)V  Kapx,r,8ov{o)v  «òXa^cOvio,  jiT)  TcavxaxóGev  àTtoxXfiiofiiwoi  tòjv  àvaYxaJoDV. 

(2)  Cf,  I-.  Fkuuaouto,    Augusta   di   Sicilia   iti    Parlamento   Italiario, 
p.  9,  e  L.  Vigo,  Vero  silo  di  Xifonìa  ,  o.  e,  p.  10.  Tre  sono  Pe- 
cari'' particolari  su  cui   lio    fermate   le   mie   indagini:  a)    Piano   delia 
Otta  a  l'orto  di  Augusta  nlivato  dal  cap.""  Sinyth  dolla  R.  Marina  \Xv\- 
(annica  (1823);  b)  Port.   Augusta  suivèged  'by  captain  V.  F.  Shortland,. 


XIPHOKIA    E    TAUBOMEKION  439 


porto  Xiphonicus  era  ed  è  profondo  abbastanza  per  potervi 
approdare ,  massimamente  verso  l' area  che  si  distende  tra 
Carrubhazzo  al  promontorio  Tauros,  altro  che  le  triremi  di 
Annibale.  D' altro  lato ,  non  è  probabile  che  Annibale  siasi 
fermato  in  quello  che  oggi  è  il  porto  di  Augusta  {sinus  me- 
garensis),  giacché  di  lì  al  sobborgo  di  Epipolai,  punto  culmi- 
nante della  frontiera  settentrionale  di  Siracusa ,  non  corre 
molto  intervallo;  e  il  capitano  cartaginese  si  sarebbe  in  tal 
modo  trovato  molto  vicino  per  recare  aiuti  a'  Siracusani.  In- 
vece, egli  dovette  senza  dubbio  ancorare  il  proprio  naviglio 
nel  X:|x^v  Zi^wveto?  che  è  ad  Est  della  penisola  ov'ò  oggi  Au- 
gusta (vetusta  Xiphonia).  11.  che  trova  un  sostegno  nel  testi- 
monio stesso  di  Diodoro,  secondo  cui  pare  di  dover  inferire 
che  anche  Xiphonia,  in  queirurto  romano-siracusano,  doveva 
essere  o  alleata  o  meglio  soggetta  a  Siracusa,  come  Megara, 
Leontinoi  ed  altri  centri  popolali  della  vicinanza. 

Dopo  tutto,  niente  avvi,  per  quanto  io  abbia  fatte  delle  in- 
dagini, che  si  rapporti  a  testimoniare  la  posteriore  esistenza 
di  Xiphonia,  la  quale  non  ebbe  certo  alcana  importanza  per 
sé ,  ma  dovette  influire  ai  commerci  il  suo  preziosissimo 
sito  con  porto  ad  Est  e  ad.  Ovest,  di  sommo  vantaggio 
per  la  metropoli  siracusana.  11  geografo  Stefano  dice  appena: 
Et'^wvt'a,  TióXcg  ]StxeXia; ,  valendosi  di  Teopompo  [Philipp.  39], 
e  assegna  ai  suoi  abitanti  il  derivato  di  Xt^toviixat ,  come  da 
Caulonia  KauXwvtàtat  (1). 


R.  N.  assisted  bj-  the  officers  of  H.  M.  S.  Ilyara  il867;;  e)  Bnja  e  porlo 
dì  A w(/ws/a.  Rilievi  eseguiti  sotto  la  direzione  del  cap.  di  vascello  G.  B. 
Wagnaghi  comandante  il  r.  piroscavo  Washington  (Genova,  R.  Ufficio 
Idrografico,  1888).  Alle  quali  vuoisi  aggiungere  la  carlina  dell'  ing.  L. 
Ferraguto,  come  appendice  all'opuscolo  menzionato  (IS62). 

(1)  Rammento  i  testimonii  moderni,  da  altri  citati,  oltre  il  F'ais,  di 
cui  sópra:  dopo  Filippo  Cluver,  Sicilia  Antiqua,  I,  ss.,  che  la' métte 
òv'é  oggi  Augusta,  cons.  P.  Pixto  ,  Invilo  alia  càìnpaprui  di  Megara, 
e.  7,' n.  1  (colloca  X.  dove  abbiamo  mésso  la  piccola  Tanroiiieniòtì).. 
Interessanti    sono  :  J.   Schubiukg  ,  Zeischrifi   far  alìgemeine    Erdkun- 


440  XlPHONIA   E   TAUBOMENION 


* 
*   * 


4.  Nelle  costruzioni  delle  strade  in  Augusta  ,  da  un  ven- 
tennio ad  oggi,  numerose  furono  le  scoperte  di  tombe,  mas- 
sime nella  parte  meridionale  della  città,  dove  più  probabil- 
mente sarebbe  stato  il  centro  dell'abitato.  Io  segnalo  per  pri- 
mo nel  predio  Palina,  di  proprietà  della  signora  Trerae- 
stieri,  fuori  il  circuito  della  città  e  vicino  al  piano  della 
fiera ,  e  propriamente  attraverso  le  rive  N-E  del  siniis  Me- 
garensisj  una  tomba  praticata  sopra  un  enorme  scoglio,  l'u- 
nica ctie  siasi  discretamente  conservata  ;  mentre  altre  di  si- 
mile formazione,  che  sono  sparse  per  un  centinaio  di  metri 
lungo  la  riva  medesima,  o  vennero  distrutte  da  operai  per 
bisogni  di  pietra,  ovvero  per  Fazione  delle  acque  del  porto  fu- 
rono ridotte  in  tale  stato  da  conservare  appena  gl'indizi  del 
loro  stato  antico  di  sepolcri.  Gli  è  nondimeno  evidente  che 
quella  costa,  ove  oggidì  il  mare  si  è  venuto  internando  di  più, 
tanto  da  rimanere  a  un  7."^  qualche  scoglio  con  tomba  in 
mezzo  al  basso  fondo,  fu  in  epoca  remota  una  piccola  necro- 
poli. Del  resto  qualche  altro  sepolcro  si  è  scoperto  eventual- 
mente nel  predio  interno,  or  non  è  molto,  e  quindi  questo  se- 
polcreto può  ascriversi  con  ogni  probabilità  alla  greca  Xipho- 
nia,  non  avendo  altre  testimonianze  che  lo  rapportino  ad  al- 
tro ciclo  prossimo  di  abitazione,  che  vorremmo  invano  ri- 
cercare. 

Abbiamo  visto  i  pochi  rapporti  di  Xiphonia  con  Tauro- 
menion,  alle  falde  dell'opposto  TaOpo?.  Qui  appunto  si  scorge 
qualche  memoria  archeologica,  non  per  anco  segnalata,  e  però 


de,  XVII,  p.  447  «8.;  A.  HoLM ,  Geschichte  Siciliens ,  1,  p.  390;  E.  A. 
Frkbman,  Ilinlory  of  Sicily,  IV,  pg.  114.  «  Ihe  first  haltlng  placo  ol"  the 
Syracusan  army  was  made  at  that  other  Tauros  which  overlooks  the 
Ma  jatt  to  the  north  or  tho  peninsulu  of  Xiphonia  >,  e  p.  504-508  ove 
discute  il  noto  passo  diodoreo  XIV,  5U. 


XIPHONIA    K    TADROMENION 


441 


di  sommo  interesse  per  dedurne  come,  oltre  che  all'epoca  si- 
cula,  quella  costa  dovette  essere  centro  di  traffichi  mercantili. 
Vado  un  po'  innanzi  per  fermarmi  indi  a  poco  al   sito   dove- 
fu  Tauromenion. 

Nel  predio  di  Santi  Ciccarello  [Pezzagrande,  alle  falde  del 
Tauros]  presso  alla  moderna  strada  ferrata,  in  una  sezione 
verticale  praticata  or  è  un  trentennio ,  oltre  una  prossima 
enorme  scavazione  sotterranea,  si  ravvisa  un  sepolcro  che, 
per  quanto  potei  osservare ,  doveva  essere  di  un  giovanetto, 
del  quale  avanzano  frammenti  di  cranio  e  le  estremità.  Il  tu~ 
mulus  era  sub  divo,  e  la  terra  sovrapposta  lo  aveva  reso  invi- 
sibile prima  del  tempo  in  cui  si  faceva  la  ferrovia;  era  coperto- 
da  grande  tegolone  rossastro  ;  non  ha  resistito  al  tempo  per 
essere  incavato  in  fragile  tufo  calcare. 

Nei  dintorni  segnalo  anche  delle  tombe  sicule  di  ottima 
conservazione,  e  più  a  settentrione,  nel  campo  del  signor  Giu- 
seppe Omodei-Ruiz,  molte  tombe  a  cielo  aperto  incavate  nella 
roccia  (1).  Più  giù,  anche  nella  contrada  Pezzagrande  (predio- 
Passanisi),  sembra  scorgere  i  vestigi  di  un  palmento  o  di  un 
piccolo  trapetum,  scavato  sul  dorso  della  collina.  Nulla  in 
proposito  può  stabilirsi  per  la  cattiva  conservazione  di  questi 
antichi  vestigi. 

Bisogna  fermarsi  alla  così  detta  piccola  Tauromenion  per 
ravvisare  qualche  monumento  di  maggior  interesse  e  di  cui 
può  pronunziarsi  parere.  Per  l'esattezza  delle  indicazioni,  rian- 
nodo a  quanto  fu  esposto  le  precipue  determinazioni  topogra- 
fiche. Il  colle  Tauros  comincia  a  Nord  da  capo  Campolato, 
che  è  di  riparo  alla  rada  dell'odierna  borgata  Brucoli  [tra  il 
Pantakyas  ad  W.  e  la  rada  ad  E.],  e  per  un  lungo  tratto 
quasi  ad  arco  pronunciandosi  verso  la  costa  bagnata  dall'Ionio, 
finisce   al    capo   S.  Croce  (TaOpos  5xpov  tolomaico).  Di   questo 


(1)  Anche  il  Cavallari,  {Megara.  p.  31)  segnalava  tombe   preelleni- 
che nei  bordi  del  porto  megarese  e  da  Leontinoi  al  capo  S.  Croce. 


4à2  Xn-HOKIA    K    TAUROMENIOK 


ultimo  fé'  cenno  il  noto  Edrisi,  geografo  arabo  del  secolo  XII 
[v.  Amari  Schiaparelli,  Bibl.  Arabo-Sicula,  Roma  1883,  p.  67, 
69].  Secondo  Edrisi  questo  promontorio  è  a  14  miglia  da  Si- 
racusa e  a  6  (?)  dal  capo  El  Saliba  (S.  Croce).  Per  quel  che 
abbiamo  indagato,  Edrisi  avrebbe  confuso  un  po'  la  nomen- 
clatura e  inesattamente  indicate  le  relative  distanze;  egli  era 
per  ciò  un  improbabile  sostegno  pei  propugnatori  della  Xipho- 
nia  ov'  è  oggi  il  Capo  Molini.  Se  non  che,  a  circa  2  km.  dal 
Ta-jpos  àxpov  tolomaico,  costeggiando  per  la  riviera  dei  Xc{jl7]v 
Etcfcóvetos  dello  ps.  Skylax,,  e  traversando  i  bassi  terreni  della 
contrada  Scat-dina,  si  giunge  a  una  rupe  inclinata  in  cui  il 
colle  comincia  a  pigliar  nome  di  iìanco.  È  qui  appunto  dove 
converrà  fermarsi  per  osservarvi  di  quelle  costruzioni,  o  dirò 
meglio  delle  escavazioni  fatte  per  scopi  pratici,  rispondenti  a 
materiali  bisogni  della  colonia  Tauromenion,  o  di  questa  con 
la  vicina  Xiphonia. 

Sul  vivo  masso  è  praticata  esteriormente  una  specie  di  in- 
canalatura, opportuna  e  apposta  fatta  per  il  passaggio  delle 
acque  piovane  che  quivi  verrebbero  a  raccogliersi  da  una  val- 
letta discendente  verso  due  differenti  direzioni,  Una  di  queste 
tende  al  detto  canalicolo  che  immetteva  dentro  una  profonda 
cisterna  a  Nord,  servita  certamente  anche  per  usi  campestri 
in  età  non  molto  da  noi  lontana;  un'altra  direzione  prende- 
vano le  acque  discendenti  verso  un'apertura  elissoidale  che 
comunica  a  Sud  con  due  cisterne  di  non  eguale  dimensione  e 
profondità,  ma  attigue  e  messe  in  diretta  comunicazione  con 
un  finestrino  nel  lato  sporgente  della  roccia.  —  Tutto  ciò  si 
osserva  nel  predio  del  signor  avv.  Beniamino  Bruno ,  con  la 
cisterna  fuori  dell'odierno  giardinetto  e  le  due  vasche,  al  Sud, 
in  luogo  non  visibile  ai  passeggieri  della  campagna.  —  Quello 
che  più  importa  è  la  struttura  dei  due  serbatoi ,  che  offrono^ 
tati'?  le  particolarità  per  essere  raffrontati  a  consimili  tipi 
ellenici  e  romani.  Il  serbatoio  che  si  allarga  al  lato  meridio- 
nale à  un  circuito  molto  p|ù  considerevole  dellVaitro  che  è 
scavato  d'accanto  ;  di  sopra,  il  canalicolo  si  congiungeva  coq 


XIPHONIA.  E^TAUKQUEKiOK  ^,3h 


una  vasca  aperta  che  comunicava  con  una  delle  due  (forse  la 
maggiore)  cavità.  Ambedue  offrono  una  pulita  ed  intatta  ce- 
n^entazione  rosseggiante  con  pareti  liscie  e  con  tetto  da  nien- 
t'altro  interrotto  che  dalla  osservata  apertura  comunicativa. 
Oltre  a  questi  importanti  serbatoi,  il  giardino  Bruno,  prolun- 
gandosi alquanto  inclinatamente  in  direzione  E-W ,  è  chiuso 
d^  una  forte  cinta  murale,  le  cui  basi  servirono  per  l'innalza- 
mento di  muraglie  dovute  al  seicento.  Tra  i  due  serbatoi 
^,  la  profonda  cisterna  fuori  il  giardino,  trovo  a  una  certa 
Pl-ofondità  frammenti  svariati  di  tegoloni  sepolcrali  in  argilla 
rossastra,  stoviglie  frammentarie  ed  altri  rottami  in  bella  po- 
licromia ellenizzante,  dai  quali  nulla  d'importante  può  rilevarsi 
se  non  si  scavano  le  basi  di  quell'intervallo  che,  fino  a  qual- 
che metro  in  giù,  appariscono  molto  solide  per  sostenere  forti 
edifìzi.  L'attuale  livello  presenta  varii  intagli  che  dovevano 
sorreggere  dei  buoni  fabbricati  ai  lati  dei  serbatoi.  Dentro 
il  giardino,  ov'  è  il  piano  inclinato,  si  scorge  un  tale  aspetto 
del  terrapieno,  da  potersi  opportunamente  credere  come  punto 
in  cui,  per  canali  interposti,  potessero  scorrere  le  acque  ac- 
cumulate di  sopra.  Dopo  ciò,  resta  a  fermare  la  curiosità  nella 
vasca  settentrionale,  che  ho  indicato  come  più  piccola.  Vi  si 
accede  con  facilità  per  una  scaletta  che  è  con  sicurezza  fattura 
qoutemporanea  all'intaglio  roccioso  dell'internamento.  Il  pavi- 
mento è  del  tutto  piano  e  ben  livellato  ;  né  esiterei  a  giudi- 
carlo atto  ai  bagni,  ovvero  all'immissione  delle  acque  purifi- 
cate nella  attigua  vasca.  Tra  di  esse  è,  quasi  in  continuazione 
alla  parete  comune,  un  arcosolio  con  due  alti  gradini  di  sotto, 
^r"  i  quali  si  può  penetrare  nella  vasca  settentrienale.  In 
<;Qmplesso,  è  indiscutibile  che  a  queste  due  cavità  giungessero 
!(?,  acque  dal  valloncello  superiore.  I  vecchi  colopi  del  predio 
j^^rlano  anche  di  un  quarto  serbatoio  di  apqua  ancora  più 
a  settentrione,  che  ven/ie  interamente  cQlma,to  con  pietre  ^, 
terra. 

Questo  è  l'estremo  confine  orientale   della  colonia    Tauro- 
jnenion,  la  quale  da  quella    rocciosa   frontiera   si  prolungava 


444  XIPHONIA    E   TAUROMENION 


per  un  tratto  quadrangolare.  La  sua  popolazione  potè  giungere 
a  poco  meno  di  quanto  fu  detto  probabilmente  per  Trotilon, 
da  4  a  5  m.  ab.  Parrebbe  che  proprio  nel  luogo  delle  vasche 
doveva  essere  la  parte  più  forte  e  cospicua  del  t:oXiXvcov,  tanto 
più  perchè  antichi  testimonii  assegnano  comunemente  la  con- 
serva delle  acque  comuni  o  private  o  di  ricchi  mercanti  in 
luoghi  esteriori  all'abitato.  Si  può  pensare,  quanto  a'  serbatoi,, 
che  siano  stati  non  tanto  una  xoX'jjjiSYjOfa,  ^piscina,  lavacrum^ 
come  quella  che  fu  da  altri  notata  in  vicinanza  di  Megara- 
Hyblaea;  ma  meglio  forse  un  Xàxxoc,  o  m\  dividiculuYrì.GW 
Ateniesi  ed  altri  Greci  facevano  delle  fosse  nascoste  sotterra, 
larghe  e  rotonde  e  quadrate,  eùpuXwpa,  dice  il  lessicografo 
Snida s,  xal  atpóyYuXa  xal  Texpàywva,  xal  laùia  xovcwvxec: ,  dvo"^- 
67:£5éX&'''^o  xal  eXai&v  eti;  aOxà  xal  xaOxa  X  a  x  x  o  u  <;  èxàXouv  [cf. 
Suid.  s.  V.  Xàxxcs;  ed  Aristoph.  ThesvHoph.  43;  per  "omoge- 
neità di  forma  Snida  chiama  pure  Xàxxo?  il  sepulchrum,  fossa, 
mors\.  —  Sopperisce,  per  l'identificazione   dei    nostri  serbatoi, 

Plinio  [N.  H.,  XXXVI,  52  (23)  ]  :  —  «  et  cisternas calcis 

quam  vehementissime  duabus  (parlibus)  construi  convenit, 
fragmentis  scilicet  silicis  non  excedentibus  libras  ...  ;  utilius 
(jerninas  esse,  ut  in  priore  vitia  considant  aquae ,  atque  per 
colum  in  proximam  transeat  maxime  pura  aqua  ».  E  realmente 
le  due  cisterne  vicine  della  piccola  altura  di  Tauromenion 
hanno  tutte  le  caratteristiche  della  tecnica  pliniana,  ed  il  co- 
lum ["^.Ojiói;,  •?,0dtvtov,  StuXtcxìf^p]  è  il  finestrino  donde  passava  da 
una  vasca  all'altra  l'acqua  purificata.  —  0  può  anche  conget- 
turarci che  quivi  sia  stato  un  dividicidum  o  casiellum  [v.  Pe- 
sto, Verh.  signif.  s.  v.],  o  meglio  una  torre  in  un  acquedotto 
con  serbatoi  relativi,  dai  quali  l' acqua  era  con  tubi  appositi 
0  canali  distribuita  nella  cittadella  sottostante  o  per  un  certo  nu- 
mero di  privati  [cf.  Frontin.  116].  Anche  in  Columella  (1)  si 
hanno  delle  opportune  spiegazioni ,   attesa  la  località  su  cut: 


(1)  Colum.,  De  Re  liuffica,  I,  5,  2  (?8.;  cf.  Pallai»,  R.  R.  I,  17. 


XIPHONIA    E   TATJROMENION  445 


vennero  scavate  le  vasche  (1),  ove  dice:  «  hae  (aquae)  quoque 
si  deficient,  et  spes  arctior  aquae  manantis  coej/erit,  vastae 
cisternae  hominibus .  .  .  instruantur,  colligendae  aquae  tandem 
pluviali,  quae  salubritati  corporis  est  accomoda tissima:  sed  ea 
sic  habetur  eximia,  si  flctilibus  tubis  in  contectam  cisternara 
deducatur:  buie  proxima  fluens  aqua  e  montibus  oriunda,  si 
per  sacra  praeceps  devolvitur  .  .  .  caelestis  aqua  maxime  sa- 
lubris  intelligitur  ...  ;  optime  autem  salubribus,  ut  dixi,  locis 
ad  orientem,  vel  ad  meridiem,  gravibus  ad  septentrionem  villa 
convertitur:  eademque  semper  mare  recte  conspicit,  cum  pul- 
satur  . .  .  ,  nunquam  ex  ripa,  sed  paullura  submota  a  litore 
(proprio  come  la  posizione  della  piccola  Tauromenion  con  le 
vasche  alquanto  distanti  dalla  rive  del  sinus  Xiphonicus),  etc  » 
—  Ho  tutto  riferito  il  testimonio  di  Columella  che ,  tra  quel 
che  dicono  in  proposito  gli  altri  scrittori  di  costruzioni  simili, 
è  il  più  sicuramente  adatto  per  l' identificazione  dei  serbatoi 
tauromenii.  E  siccome  i  Greci  nei  loro  acquedotti  seguivano 
l'esempio  della  natura,  nel  nostro  idraulico  monumento  si  rav- 
visa la  discendenza  avvallata  della  collina  che  si  prestò  benis- 
simo per  scavare  la  roccia  sottostante  all'uso  indicato.  Se  nelle 
nostre  cisterne,  secondo  la  più  probabile  congettura,  si  nota 
una  riserva  delle  acque  piovane  utili  in  caso  di  siccità  o  per 
la  provvisione  dei  possibili  approdi  navali  nel  porto  Sifonico; 
con  esempi  consimili  abbiamo  a  ricordare  quanto  venne  sco- 
perto in  Atene,  Delos,  Cos,  Geos,  Siracusa,  per  lo  più,  come 
sull'antica  piccola  Tauromenion,  «  sul  dorso  sassoso  delle  col- 
line che  scendono  verso  il  mare»,  siccome  avverti  Golumella 
e  poi  i  moderni  archeologi.  Questi  monumenti  appartengono  in 
massima  al  periodo  della  tirannide,  con  rete  di  canali  che  va- 


li) Per  simiglianti  costruzioni  elleniche  vd.  Curtius,  Ueòer  slddtische 
Wasserbaulem  d.  Hellenen  in  '  Archaeol.  Zeitung  '  del  1847,  p.  19  ss.; 
cfr.  GuHL  e  Kohner,  trad.  Giussani,  o.  c,  I  (Grecia^  pg.  99  s.  e  flg.  100 
*  Fonte  Burinna  '  suU'is,  di  Cos,  scoperto  dal  Ross. 

Arch.  Sfor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  29 


446  XIPHONIA    K    TAUROMENION 


lessero  alla  distribuzione  delle  acque  nella  città  fabbricata  sul 
bassopiano.  Anzi,  per  buona  parte  dei  possibili  raffronti,  noto 
come  pure  nei  tre  serbatoi  della  fattoria  tauroraenia,  per  quanto 
insegna  Vitruvio  (1),  «  il  corso  d'acqua  disponibile  d'ogni  sin- 
golo condotto  era  diviso  in  tre  parti,  1' una  destinata  ad  ali- 
■mentare  le  fontane  pubbliche ,  la  seconda  per  le  terme ,  la 
terza,  infine,  per  Fuso  privato».  Or  appunto  la  cisterna  a 
nord,  come  più  profonda  e  larga  abbastanza ,  doveva  o  po- 
teva somministrare ,  anche  per  essere  in  luogo  alquanto  più 
basso  delle  altre,  le  acque  alle  fontane  sparse  nella  cittadella 
di  Tauromenion;  e  la  seconda,  cioè  Tintermedia  ,  era  giusta- 
mente identificabile  per  vasca  delle  terme  non  tanto  per  la 
maggiore  lindura  delle  sue  pareti  e  il  tetto  a  volta,  ma  sin- 
golarmente per  la  gradinata  utilizzata  e  fattavi  appositamente 
perchè  vi  si  scendesse  nel  piano  e  ben  levigato  pavimento. 
E  ognuna  delle  tre,  come  potrebbe  risultare  dopo  una  breve 
campagna  di  scavi ,  deve  molto  probabilmente  avere  i  suoi 
canali  sotterranei. 


5.  Se  non  che,  a  parecchi  metri  dalle  vasche  descritte,  e 
•sempre  verso  sud,  lungo  le  falde  del  Tauros,  sono  solide  fon- 
damenta di  ragguardevoli  fabbricati,  che  forse  non  dovevano 
far  parte  del  nocciolo  principale  di  case  onde  si  svolse  la  pic- 
cola Tauromenion.  Quel  che  somministra  il  metodo  architet- 
tonico in  luoghi  cosi  prossimi  al  declivio  di  monti,  è  Colu- 
'mella  (I,  5,  9],  che  rilerirò  pure  originalmente  per  la  mag- 
giore identificazione  delle  superstiti  basi  ora  visibili:  «— Qui»- 
quis,  egli  avverte,  aedificia  volet  in  declivibus  areis  extruere, 
semper  ab  inferiore  parte  auspicetur:  quia  cum  ex  depressiore 
loco  fuorint  orsa  fundamenta,  non  solum  superfìciem  suam  fa- 


ci) Apd  OuHi.  KoHNKK  (trad.  C.  Giussani),  o.  c,  II  [Ruma],  1889,  p.  B7. 


XIPHOXIA    B    TAUR0MEKI02T  417 


cHe  sustinebunt,  sed  et  prò  fultiira  et  substructione  fungentur, 
adversus  ea,  quae  mox,  si  forte  villani  prolatare  libuerit,  ad 
superioreni  partem  applicabuntur  :  quippe  ab  imo  praestructa 
valenter  resistei! t  contra  ea,  quae  postmodum  superposita  ìd- 
cumbent  ». 

Di  tali  sicuri  fondamenti  abbisognava  il  sito  in  discorso, 
dove  certamente  era  un  fabbricato  campestre,  molto  vicino 
al  circuito  della  fattoria.  Della  solidità  architettonica  danno 
prova,  per  quanto  vi  scorse  la  nostra  osservazione,  i  vestigi 
di  profonda  e  soda  costruzione,  alla  quale  incombeva  dal  lato 
orientale  l'immediata  rupe.  E,  senz'altro ,  siccome  giù  da  quel 
sito  in  direzione  N-W  si  distendeva  nel  bassopiano,  alquanto 
inclinato,  la  stazione  di  Tauroraenion;  siccome  pure  gV  indizi 
superstiti  della  collinetta  e  vasche  prossime  nulla  presentano 
di  straordinario  e  per  quantità  tegoloni ,  frammenti  di  vasi  e 
stoviglie  in  ceramica,  opino  che,  tra  il  luogo  onde  si  fron- 
teggiano le  vasche  e  il  circuito  della  cittadella,  doveva  essere 
un  intervallo  di  più  che  20".  Cosi  potrebbe  essere  stato,  an- 
che per  la  grande  contenenza  delle  vasche,  massime  di  quella 
più  profonda  [cistet^na]  e  dell'  altra  la  più  a  sud  [Xàxxo^],  che 
esse  fornissero  acqua  a  tutta  la  piccola  Tauromenion  con  tubi 
fittili,  dai  quali  probabilmente  scorreva  inferiormente  perchè 
gli  abitanti  potessero  attingerne  con  comodità. 

*  * 

Dalle  vasche  in  giù  trovo  due  grottini  con  sarcofagi  larghi, 
•sufficienti  per  potersi  chiamare  bisomi  o  trisomi.  Per  i  vestigi 
che  se  ne  ravvisano  nella  parte  esterna  diretta  a  ponente, 
suppongo  che  dovevano  essere  delle  piccole  tombe  a  finestra; 
giacché,  per  quanto  le  intemperie  e  la  friabilità  della  roccia, 
oltre  alle  acque  discendenti  dalla  imminente  collina  Tauros. 
■abbiano  in  gran  parte  rovinate  le  tracce  ad  intagli,  è  chiara- 
mente visibile  una  buona  scanalatura  quadrata,  opportuna  per 
•poter  contenere  un  coperchio  appoggiatovi  perpendicolarmente. 


448  XlPHONIA    E    TAUBOMENION 

Quella  zona  di  campagna,  molto  frequentata  e  oggetto  di  false 
credenze  popolari  che  spesso  indussero  degli  avidi  coloni  alla 
ricerca  di  pretesi  tesori ,  è  ora ,  per  il  lato  archeologico,  in- 
uno  stato  di  deplorevolissima  squallidezza ,  ed  invano  vi  si 
vorrebbe  scorgere  l'indizio  di  qualche  notevole  vestigio  antico». 
a  meno  che  non  si  tratti  di  grossi  intagli  rettangolari  che  ac- 
cennano a  considerevoli  ediflzi. 

V 

* 

*  * 

Importa  ora  dire  del  vero  nucleo  abitato.  La  piccola* 
Tauromenion ,  fabbricata  in  una  zona  quadrangolare,  per 
quanto  è  lecito  a  dire,  si  distendeva  alquanto  all' ingiù  dai 
piedi  della  collinetta  Tauros  per  una  superfìcie  piana  che, 
siccome  fu  osservato,  sensibilmente  scendendo,  finiva  per 
giungere  press'  a  poco  alle  odierne  saline ,  le  quali  debbono 
essere  un'opera  non  molto  remota.  Non  è  improbabile  che, 
neir  epoca  greca ,  sia  stato  utilizzato  da  piccole  navi  anche 
quel  tratto  del  Xt[jirjv  Zc(^a)veio?  ove  oggi  sono  i  tratti  della  sa- 
lina Regina.  Di  tal  guisa  la  piccola  Tauromenion,  intimamente 
legata  alla  vicinissima  Xiphonia,  per  quanto  potè  durare  bre- 
vemente, aveva  facile  la  comunicazione  ordinaria  con  l'uno  e 
con  l'altro  porto.  Non  è  chi  non  vi  scorga  una  piccola  fatto- 
ria che  aveva  tutti  i  vantaggi  marittimi.  Se  non  che  la  super- 
ficie del  campo  tauromenio^  oggidì  molto  soggetto  alla  colti- 
vazione, ha  dato  qualche  monetucola  di  bronzo  ora  smarrita, 
e  qui  e  là  vi  si  ravvisano,  tra  le  moderne  muraglie  di  con- 
fine, un  buon  numero  di  pezzi  ad  intaglio  che  lurono  all'età 
di  Tauromenion  adibiti  per  costruzioni  edilizie.  Numerosi 
sono  i  pezzi  c^ei  soliti  tegoloni  a  colore  rossastro  con  pro- 
fonde incavature  laterali  ;  frammenti  di  giarre  e  di  grandi 
vasi  striati  di  linee  a  varii  ordini;  molti  rottami  di  vasi  e  di 
anfore,  stoviglie  di  pulita  ceramica  con  tinta  di  elegante  rosso 
e  nero.  Tali  vestigi,  che  ricoprono  flnoggi  la  superficie  del 
predio,  sono  veramente  abbondantissimi  e  svariatissimi.  I  dati, 


XIPHONIA    E    TAtJKOMENIOK  449 


attuali  possono  ricevere  maggior  luce  con  una  buona  campa- 
gna di  scavi;  e  come  a  Tauromenion,  ne  anche  al  monticello 
Trotilon  e  alle  catacombe  presso  il  fiume  Damyrias  [Moli- 
nello, vd.  nei  segg.  cap.]  fu  finoggi  tentata  una  sistemata 
•campagna  di  scavi.  I  segni  evidenti  per  riconoscere  la  pic- 
cola Tauromenion ,  quasi  interamente  manifesta  per  la  qua- 
drata zona  di  rottami  ellenici  ed  ellenizzanti,  si  ravvisano  nel 
predio  dei  sigg.  Francesco  Lavaggi  a  nord  e  Beniamino  Bruno 
a  sud. —  Una  testolina  umana,  grafflta  sopra  un  frammento 
di  rossa  ed  elegante  ceramica,  potei  raccogliere  casualmente 
nel  corso  delle  mie  esplorazioni.  Nondimeno,  in  quel  fianco 
meridionale  della  collina  che  dista  un  mezzo  km.  dai  descritti 
serbatoi  e  in  prossimità  alla' riva  del  Xi{ir]v  Zi'^wvecos,  scorgo 
vestigi  di  muri  ciie  procedono  in  senso  parallelo  verso  la  co- 
sta, e  accennano  a  un  edifizio  separato  e  di  utilità  marittima. 
Quivi  presso  sono  anche  rottami  di  stoviglie  e  di  grossa  ar- 
gilla rossastra,  che  facevan  parte  di  qualche  grande  giarra  o 
dolium  [v.  Columella,  R.  A*.,  XII,  6,  1,  e  4,  5;Varron.,  li.  R. 
Ili,  15,  2],  a  bocca  larga  e  di  grande  capacità  per  contenere 
di  quel  vino  che ,  come  avverte  Seneca  [Epist.  36]  sarebbe 
stato  poi  messo  in  amphorae,  o\w ero  per  grano,  olio  od  altro  di 
simile.  Quella  parte  di  collina  che  scende  inclinatamente  verso 
ovest  al  jiorlo  Si  fonico  è  oggi  chiamata  Granaielli  ;  i  vestigi 
indicati  sono  presso  alle  grotte  che  si  denominano  volgarmente 
Mannarazzi  (dispregiativo  di  mandre). 

Riassumendo:  la  piccola  Tauromenion,  che  pare  non 
abbia  avuta  lunga  vita,  può  essere  stata  abitata  dagli  Zanklaioi 
d'Hybla;  messa  in  rapporti  con  la  vicina  Xiphonia ,  sembra 
abbia  goduto  d'una  propria  esistenza  fin  quasi  al  tempo  di 
Nerone  II  o  poco  dopo.  Di  importante  nell'antichità  fu  il  suo 
porto;  quello  che  Tolomeo  chiama  Tajpo?  àxpov  è  la  punta 
estrema  (a  sud)  della  piccola  fattoria,  attorno  alla  quale  si 
dovette  svolgere  un  centro  di  popolazione  non  molto  nume- 
rosa, attesa  la  vicinanza  di  molte  altre  cittadelle;  solo  le  va- 
sche meritano  oggi  speciale  attenzione. 


460^  PAWTAKYAS 


IV.  —  Pantakyas,  Damyrias,  Mylas,  Selinous,  Alabon. 

Nella  breve  descrizione  archeologica  di  quel  che  riguarda  la 
topografia  dei  dintorni  augustani,  cercando  pure  di  secondare 
il  desiderio  di  persone  locali,  non  ho  voluto  trascurare  qualche 
notizia  sui  fiumi  Pantakyas,  Damyrias,  Mylas,  Selinous,  Alabon, 
che  furono,  in  talune  vicende  classiche,  teatro  delle  guerre  spe- 
cialmente sostenute  da  Siracusa ,  senza  la  cui  storia  in  rap- 
porto con  l'evoluzione  di  Thapsos,  Megara ,  Leontinoi  e  Ka- 
tane,  nessuna  importanza  avrebbero  e  come  i  fiumi  mento- 
vati, cosi  gli  altri  siti  limitrofi. 

Riassumo  per  quest'argomento  i  testimonii  antichi  che  ri- 
velano l'importanza  relativa  di  cotesti  fìumicelli,  movendo  dai 
dintorni  di  Trotilon  presso  cui  scorre  il  Pantakyas,  e  di  li 
giungendo  a  mezzogiorno  fino  al  piccolo  Alabon  che  si  getta 
accanto  alla  megarica  Hybla. 

1.  Il  fiume  Gisira  o  Porcari  (1),  donde  il  nome  di  '  Por- 
caria'  ad  una  confinante  estensione  campestre,  ha  origine 
tra  Carlentini  e  Villasmundo  ;  ha  il  suo  corso  medio  vicino 
al  monticello  su  cui  sorse  il  nucleo  civile  di  Trotilon ,  come 
fu  detto  a  suo  luogo,  e  si  getta,  qualche  volta  assai  impetuo- 
so, ad  ovest  della  borgata  di  Hrucoli.  Fu  rilevato  il  passo  tu- 
cidideo  [VI,  4,  1];  xal  ònìp  Ilavtaxuou  te  tzox<x.\ì.o~j  TpwxcXov.  Da 


(1)  Cfr.  oltre  Fazello,  T  Holm,  D.  Geogr.  ani.  d.  Sicilin,  p.  13;  Co- 
LUifBA,  Archeol.  di  Lentinoi,  o.  e,  pg.  -41  ;  A.  Holm,  Storia  d.  Sicilia,  ì,. 
p.  74,  or'é  fatta  l'analisi  navra-xoO,  itavra-T^ac  (Vibio).  In  alcune  eilii- 
zioni  di  Tucidide  anche  navTaxte;,  —  Nel  Forcellini-Furlanetto,  a.  v.  è 
avvertito  che  altri  lo  derivano  da  ndiayo?»  /'v/^o'",  •  il":i  per  saxa  vola- 
tas  soDitam  orgentem  edit.  Secaridum  fabala;),  olim,  dum  plenus  ince- 
derei, totam  Siciliani  sonito  implebat;  post  raptum  autein  Proserpinae^ 
cun»  Cereri  filiain  quaerenti  obstreperet,  tactMc  iujjsns  paruit  numinis 
volontarti  »  ;  cfr.  Sam,  Bocharti,  Geogr.  Sacra  seu  Phaley  el  Canaan^. 
Lagd.  Bat.  10^2,  p.  r)38. 


rANTAKYAS  451 


Vergilio  è  nominato  invece  Pantagia  [Aen.  Uli,  689J  e  ne  so»: 
segnalate  le  opposte  rive  rocciose,  con  molte  grotte  naturali 
utilizzate  in  remotissime  epoche  sicule.  La  roccia,  fino  alla  bocca,^ 
mantiene  un'altezza  considerevole  che  fé'  dire  al  poeta  :  «  vivO) 
praetervehor  ostia  saxo  Pantagiae  ».  Nel  commento  di  Servio  ar 
Yergilio  vien  fatto  cenno  dell' irruenza  del  fiume:  «  cum  ple-^ 
nus  flueret,  implebat  sonitu  pene  totam  Siciliam,  unde  et  Pan- 
tagias  dictus  est,  quasi  ubique  sonans  ».  \ì  è  tuttavia  un'e- 
sagerata descrizione,  ma  dalla  quale  si  rileva  la  fama  avutai 
da  quel  ruscello  che,  solo  non  molto  lungi  da  Brucoli,  pu^ 
prendere  il  nome  di  fiume.  Anche  Tolomeo  [HI,  4,  9]  ne  fa 
menzione,  ma,  secondo  alcuni  codici,  variandone  alquanto  1» 
nomenclatura  :  Uavtàxou  TioxafioD  iy.^oX(xi ,  e  cosi  é  pure  chia- 
mato Panlachus  nella  Tavola  Peutingeriana.  Sicché,  da  Tuci- 
dide fino  al  IV  sec.  dell'è.  v.,  si  è  mutato  il  x  nella  gutturale 
media  y  P^r  ridurre  poi  questa  all'aspirata  X  che  trovasi  sola- 
mente nel  Panlachus  di  qualche  cod.  tol.  e  in  Peulinger.  Nel  caso- 
comune,  rischiarato  dalla  nota  di  Servio,  si  scorge  molto  di 
verosimile  tra  il  fatto  dell'irruenza  conosciuto  dagli  antichi  e> 
la  formazione  etimologica  del  nome  Pantagia.  Giacché,  se 
guardiamo  al  Ilavxaxua;  tucidideo,  esso  si  risolverebbe  agevol- 
mente in  Tcàvxa,  omnia,  e  xuw  ^=  xuéw ,  ingravido  ,  dal  quale 
xu^a,  onda,  acque  ondeggianti  onde  xò  xu|jia  GoXàaor]?,  oltre  a 
xuap  e  xua6o;,  cyathus,  xuxc;  =  cutis,  circuito,  ampiezza,  tutto 
ciò  che  involge,  usato  per  esprimere  qualunque  idea  di  cavità. 
In  ogni  modo  si  trova  opportunamente  denominato  il  flumicello 
Pantakyas  in  rapporto  alle  sue  coste  inferiori,  che  son  forti 
burroni  i  quali  formano  una  lunga  e  relativamente  larga  insena- 
tura incassata;  nel  qual  senso  è  anche  inclusa  l'idea  di  un  danno- 
so ondeggiamento  che  si  concilia  con  la  toponomastica  di  Tuci- 
dide e  con  la  variazione  posteriormente  assegnata.  Nulla  dirò  per- 
tanto del  più  comune  Pantagia  e  Pantagies,  nel  quale  si  ravvisa 
come  la  piena  di  quel  fiume  deve  tutto  travolgere  e  trascinare  quan- 
to gli  avvenga  d'incontrare  sulle  alture  ove  si  interna  la  sua  valle, 
compresa  la  cava  di  Marcauto  presso  cui  è  Trotilon  [cf.  ^yw]. 


452  PANTAKYAS 


Ma,  d'altra  parte,  il  IlàviaXo^  tolomaico  e  peutingeriano  non 
addimostra  che  un  lieve  cambiamento  fonetico ,  che  sempre 
conserva  tuttavia  il  concetto  già  enunziato.  Confrontinsi  a  tal 
uopo  gli  avverbi  TiavTaXf]  e  TravxaXTj ,  TiaviaX^Sev,  uavxaXoT  e  7:av- 
xaxóas,  7:a>/TaXoO  e  Tia^/TaXwg,  che  significano  complessivamente 
«da  per  tutto,  da  tutte  le  parti».  I  quali,  messi  in  raffronto 
con  Xu  radice  di  X^w,  Xe'jw  (XéFw),  verso,  spando,  e  con  X<5os 
accanto  a  XoO?  (e  XóFo?),  rase  per  versare,  e  X'^ot;,  versamento^ 
dichiarano  l'affinità  della  denominazione  intesa  ad  esprimere 
gli  sbocchi  impetuosi  del  Pantachus  in  tempo  di  piena  :  e 
certamente,  per  quanto  iperbolica  la  nota  serviana,  aveva 
molto  fondamento  sulla  realtà.  Anche  il  Bochart  (1.  e.)  a  tal 
proposito  aggiunge:  «Fallor  an  Poeni  patlak  vocarent  a 
verbo  syro  petak,  id  est  iaculari,  proicere,  et  cum  impetu 
propellere,  ...  ut  Cluverius  author  est,  licet  cursu  sit  brevis- 
simus,  ut  qui  sex  circiter  ab  Leontinis  oritur  passuum  mini- 
bus, tamen  hiberno  tempore  Leontinorum  collium  torrentibus 
imbribusque  auctus,  tanta  vi  devolvitur,  uti  magnam  saxorura 
copiam  secum  trahat». 

Ovidio   lo    nomina   in   mezzo    a   Megara   e   al  Symaithos 
[Fasi.  IV,  471-2J: 

•  Liqaerat  Ortygien,  Megareaqoe,  Panlagienque 
Quaqae  Symaetheas  acciplt  ire  aqaas  »  ; 

E  'Paiitagies'  lo  ha  pur  chiamato  Plinio  \N.  H.,  Ili,  14,  3 
amnis  P.],  mentre  è  detto  Panlagia  da  Vibio  Sequestre ,  da 
Silio  Italico  [Puh.  XIV,  231]  e  da  Claudiano  [Rapi.  Proserp,^ 
II,  58].  Nell'Archeologia  di  Trotilon  ho  preferito  chiamarlo 
Panlakyas,  attenendomi  al  più  antico  testimonio  che  si  abbia 
in  proposito,  il  grande  Tucidide.  Por  la  vicinanza  con  Tro- 
tilon, fortezza  di  Leontinoi  e  poi  di  Siracusa,  il  flumicello  ac- 
quistò importanza  nell'  antichità.  Fu  molto  frequentato  quel 
largo  braccio  di  terra  che  si  distende  dalle  sue  rive  a  quelle 
deiropposta  rada  di  Brucoli.  Presso  il  luogo  ove  oggi  resta  il 


DAHYRIAS  453 


castello  di  Giovanna,  di  cui  si  fé'  cenno  in  nota,  era  la  sta- 
zione mercantile  leontina  donde  si  rendeva  agevole  il  carico 
dei  grani  prodotti  nei  famosi  campi  leontinoi.  Il  Pantakyas  e 
la  rada  di  Brucoli,  soli  ricoveri  marittimi  dall'  odierno  sob- 
borgo fino  a  Messane,  erano  certo  utilissimi  approdi  pei  com- 
merci nell'antichità  greca  e  romana. 


* 
*  * 


2.  In  direzione  N-S,  cioè  da  Trotilon  verso  Siracusa,  s'in- 
contra per  primo  il  corso  dell'  altro  flumicello  che  chiamasi 
oggi  Molinello,  dai  Saraceni  Yaddeda ,  dai  Greci  con  ogni 
probabilità  Damyrias,  per  come  suggerisce  1'  Holm.  Ma  non 
voglio  trascurare,  nel  non  piccolo  intervallo  tra  Pantakyas  e 
Damyrias,  la  designazione  di  alcune  tombe  che  restano  tut- 
todì dalla  valle  di  Marcauto  alla  contrada  Torre.  Molte  grotte 
che  rimontano  ad  epoca  sicula,  e  delle  quali  non  mi  occupo, 
si  trovano  lungo  la  cava  Marcauto;  indi,  prima  di  ascendere 
sulla  sommità  della  collinetta  Trotilon,  sopra  un  poggetto  di 
forma  circolare  od  elissoidale,  si  osservano  i  vestigi  delle  fon- 
damenta di  un  edifizio  che  avrebbero  tutto  occupato  il  tratto 
elevalo  sulla  valle,  vedendosene  chiari  resti  del  recinto  im- 
prontato sulla  stessa  disposizione  del  piccolo  altipiano.  A  po- 
nente sarebbe  stato  un  Tipóvaoi;  {?),  e  ne  resta  una  muratura 
quadrangolare ,  la  cui  area  è  misurata  dalla  lunghezza  E-W 
per  7,  80*"  X  larghezza  N-S  in  5'".  Il  recinto  è  volgarmente 
appellato  chiesa,  conserva  segni  molto  sensibili  di  una  remota 
fabbricazione  circolare  :  ha  lunghezza  E-\V  in  26,  60'"  X  l^ir- 
ghezza  media  (diametro)  23,  30°*  circa. 

Gli  scavi  condurrebbero  a  risultati  più  sicuri;  per  oggi 
basterà  una  notizia  preliminare  nel  campo  archeologico.  E  si- 
milmente è  a  dirsi  per  alcuni  residui  antichi,  non  anco  esplo- 
rati, nella  parte  di  campo  che  ha  nome  'Occhiali',  ove,  tra 
le  diverse  grottine  apposta  scavate,  àvvene  alcune  su  massi 
ora  separati  da  quella  roccia  che  costeggia  un  piccolo  pendìo 


454  DAHYRIAS 

donde  si  discende  a  Marcauto.  Ne  segnalo  una  in  ottima  con- 
servazione, con  due  finestre  successive  nel  suo  ingresso  ;  tra- 
la  prima  e  la  seconda  apertura  doveva  stare  il  solito  Cooper- 
cnlurn,  opevculum,  ambulalorium ,  7i(s)\ia:  dentro  possono  stare' 
comodamente  tre  individui. 

Infine,  lungo  la  strada  che  dall'ex-feudo  Arcile  (N-E)  mena 
alla  contrada  Torre,  comunemente  chiamata  '  trazzert  grande',, 
scorgo  due  tombe  attigue  scavate  sub  divo  con  dimensioni 
più  vaste  alla  base  e  più  strette  alT  orlo  ;  ciascuna  può  dirsi 
un  sepolcro  tetrasomo  o  polisomo  anche.  Una  ài"'  altezza  X  li93 
luiìgh.  X  0,96  largh.  del  fondo  X  0,60  largh.  a  fior  di  suolo;: 
l'altra,  che  ne  dista  0,90™  e  le  sta  in  direzione  parallela,  ha 
1"  alt.  come  la  prima  X  1.93  lungh.  id.  X  1»20  largh.  di  ba- 
se X  0,60  all'orlo.  Non  mi  sembra  improbabile  che  in  quei 
dintorni  vi  siano  state  altre  tombe  di  simile  tecnica,  ora  di- 
strutte per  rescavazione  della  pietra  che  vi  si  è  fatta. 

* 
*  * 

Percorrendo  circa  4  km.  dal  Pantakyas  verso  mezzogiornov. 
in.  quella  svoltata  che  dal  promontorio  Campolato  mena  al 
vasto  porto  di  .\ugusta,  si  giunge  al  Molinello  o  San  Giulianov. 
che  «  nasce  a  mezzodì  di  Carlentini  »  e  negli  Atlanti  antichi 
non  ha  ordinariamente  il  proprio  appellativo  assegnatogli  nel- 
l'età classica.  Quanto  a  ciò  mi  sembra  di  aver  piena  ragione 
r  llolm  (1)  di  identificarlo  qo\  Da^nyriaa  [ow,  Diarnyrias],  di 
cui  niuu  altro  fa  ricordo  eccetto  Plutarco  (;i)  nella  vita  di  Tir 
moleonte. 


(1)  Cons.  A.  HoLM,  Geofj.  ani.  d.  Sicilia,  p.  35-30,  o  ii.  U  a  pg.  91» 
dove  é  i-irerita  la  testimoniarza  di  Arnoldt,  D'Orville,  Fazello,  che  son 
dall'  Holni  discordi  ;  ~  id.,  Sloria  della  Sicilia,  I,  p.  74  ;  J.  Schubring, 
Vmxtmnd.  d.  Megnr.  MeerO.,  p.  4fi2. 

(2)  Plutarch.,  Timol.,  31,  ov' è  a  notare  npecialcnento  il  tratto:  to3 
tipoXicynoi  t^  KaXaup(av  axpaTtóoocvTcc,  6  'Ixìtt;;  è|i^aXiì>v  ai;  x^v  £upaKoua{tt> 


DAMYBIAS  455 


Nel  secolo  IV  a.  €.,  poiché  da  Siracusa  era  stato  cacciato 
il  tiranno  (1)  Dionisio  II  con  l'opera  di  Dione ,  per  rientrarvi 
nel  346,  il  giovane  Timoleonte,  mandato  dalla  madre  patria 
Corinto  nella  metropoli  siceliota  per  ordinarla  e  liberarla  dai 
soprusi  della  tirannide  e  dai  pericoli  di  continue  guerre,  riu^ 
sci  pure  a  spegnere  l'ambizione  di  Hiketas  (2i,  signore  di  Leon- 
tinoi,  e  di  Mamerkos,  tiranno  a  Katane  (3).  Il  populo  siracu- 
sano, narra  Plutarco,  era  malcontento,  essendo  oltraggiato  da 
tiranni  (alludendo  a  Dionisio  I  e  II,  padre  e  figlio).  E  poiché 
Mamerkos  nello  scrivere  poemi  e  tragedie  (4)  aveva  alla  stima 
di  sé  per  aver  vinto  i  mercenari,  consacrati  gli  scudi  agli  dei, 
vi  incise  sopra  una  violenta  epigrafe  metrica:  'Questi  scudi^ 
tinti  di  rosso  e  fregiati  d'oro  li  abbiamo  conquistati  con  scu- 
detti di  poco  pregio'.  —  Ciò  fatto,  mentre  Timoleonte  moveva, 
verso  Kalauria  (v.  cap.  VI)  a  capo  dell'esercito,  Hiketes  con 
assalti  tolse  molto  bottino  da  Siracusa,  e  molto  danneggiando 
e  trattando  con  orgoglio  si  allontanò  alla  volta  della  stessa. 
Kalauria,  non  provando  timore  di  Timoleonte  che  aveva  pochi 
soldati.  Quegli   però ,  lasciatolo    avvantaggiare  nel  cammino. 


Xeiav  te  QMjy^iy  èXaps  .  .  .  èxetvoc  5è  TtpoXapelv  èdox;  i5itoxev  iTrrel;  J/wv  xat 
«l^iXcus.  aiaGó|isvog  8' ó  'Ixéxr^;  i:òv  Aajiupiav  5ia^s.ir;x(bj  urrsoxvj  Tixpd  tòv 
noxafióv,  cój  à|iuvoi>jievo{.  xal  yàp  aùtqi  Sotpooc  %  te  xo-j  Tiópou  x*^«'^<ìxt;5  xal 
xò  xpr,iivà)5ss  xTjs  èxaxépwOsv  òxOr^;  TcapeL^e.  —  Altre  lezioni  di  Plutarco  ri- 
portano A'.xiJLuptac,  del  resto  £a  per  Sia  é  un  fenomeno  lonetico  non  raro; 
cf.  8tà ,  sillaba  rinforzativa  come  ^x. 
{\)  GoKN.  Nepot.,  Timcleon,  li,  1. 

(2)  kl.  .  II,  3;  cons.  F.  P.  G Kìtov alo,  IKETAS  si- 
gnore di  Leontini,  Catania  1892,  p.  21. 

(3)  CoBN.  NiiPOT.,   Tiinoleon,  II,  4. 

(4)  Por  la  letteratura  cortigiana  in  Sicilia  nel  secolo  IV,  vd.   special-- 
mente  C.  0.  Zuretti,  L'attività  letteraria  dei  due  Biori'sii  di  Siracusa 
in  '  Riv.  di  Filol.  e  d'Istr.  class.'  an    XXV  fase.  4.",  pp.  529-557  e  ann. 
XXVI,  fase,  l.o  pp.  1-23  [1897-98],  e  per  più  larghe  notizie  sui  tempi  di. 
Cerone  I,  cf.  G.  Busolt,  Griech.  Geschichle,  Bd  IH  .  T.  I  '  die  Pentekoir- 
taètie',  Gotha  1897,  p.  151  ss. 


456  DAMYBIAS 


gli  mise  in  rapido  movimento  la  cavalleria,  pur  avendo  dei 
veliti.  Accortosene  Hiketes ,  varcato  il  Damynas ,  si  collocò 
furtivamente  presso  il  fiume  per  difendersi ,  e  poiché  aveva 
egli  coraggio  e  (quanto  a  Timoleonte)  c'era  il  pericolo  (o  la 
dilficollà)  pel  passo  attraverso  il  fiume  e  il  dirupo  da  tutte  e 
due  le  parti  della  riva  elevata,  si  fermò  dinnanzi.  La  soprav- 
venuta contesa  e  l'emulazione  produsse  ai  condottieri  insieme 
con  Timoleonte  il  ritardo  della  battaglia  ecc.  »  —  Vi  sono  spic- 
cale particolarità  riferite  da  Plutarco,  e  si  presentano  esse 
con  molta  esattezza  di  identificazione  perchè  si  possa  risol- 
vere la  questione  del  Damyrias  -  Molinello.  È  vero  che  Hike- 
tes [a.  339  a.  C.J  aveva  dove  nascondersi  presso  al  Molinello; 
giacché,  entrandovi  lunghesso  la  riva ,  fin  oltre  quel  tratto 
alla  cui  riva  sinistra  è  il  piccolo  altipiano  roccioso  con  cimi- 
tero cristiano  dei  primi  secoli ,  in  relativa  uniformità  sono 
più  innanzi  molto  elevate  le  opposte  sponde.  E  Hiketes  leon- 
tino  poteva  opportunamente  annidarsi  con  le  sue  forze  uapà 
Tòv  TTCTajjLÓv,  w?  à[xuvoó[ji£vo(;  ;  ed  é  anche  vero  che  egli  vi  si 
trovava  in  condizione  da  potersi  difendere  e  riparare  contro 
il  duce  Timoleonte  per  il  fatto  che  rj  xs  uópou  yjxXzTibvr\c,  xal  xò 
xpif][iv(ì)5e?  x%q  IxaTÉpwGsv  5x67];  erano  favorevoli  condizioni  pel 
tiranno  leontino.  Per  altro,  «  é  chiaro,  nota  Holm,  che  il  Da- 
myrias fosse  tra  Siracusa  e  Leonlinoi,  perocché  Hiketes,  che 
carico  della  preda  siracusana  lo  valica,  ò  in  punto  di  riti- 
rarsi naturalmente  verso  la  sua  Leontinoi  ».  Ora,  da  Siracusa 
a  Leontinoi  vi  sono  i  flumicelli  Alahon  (s.  Gusmano)  e  Selinous 
(Gantara)  ai  lati  S.  e  N.  di  Megara-Hyblaea;  indi  il  Mylas  (Marcel- 
lino) e,  più  a  settentrione,  rimpetto  alle  due  fortezze  spagnuole 
Garzia  e  Vittoria,  isolotti  del  porto  di  Augusta,  scorre  il  Mo- 
linello, costeggiante  internamente  con  ripide  elevazioni.  Tutti 
e  quattro  tali  flumicelli  si  gettano  nel  gran  porto  augustano; 
né  altro  ne  scorre  a  tramontana  che  il  Pantakyas,  il  quale, 
come  meglio  noto  universalmente,  anche  per  le  sue  relazioni 
con  la  storia  di  Leontinoi,  poteva  essere  ricordato  da  Plutar- 
'CO.  Né  si  possono  idontiflcare  le  particolarità  della  sua  descri- 


DAMVRIAS  457 

zione  militare  con  quanto  offre  il  corso  del  Pantakyas,  ancor 
esso  incassato  da  rupi;  e  poi  Hiketes  sarebbe  stato  troppo  lon- 
tano, né  avrebbe  potuto  percorrere  si  sollecitamente  tutto  quel 
tratto  che  è  dall'Epipolai  al  Pantakyas.  Infine,  non  dobbiamo 
uscire  da  questi  limiti  per  la  circostanza  che  Timoleonte,  dopo 
avere  spinto  con  un  lieto  presagio  i  soldati  ad  entrare  nel 
fiume,  come  narra  ancora  Plutarco,  indusse  i  nemici  a  pie- 
gare. Questo  urto  potevasi  fare  lungo  il  corso  del  Molinello  (1) 
che,  per  non  essere  molto  largo,  non  doveva  offrire  ai  Sira- 
cusani tante  difficoltà.  —  Dopo  questi  fatti  si  ricordano  le  ope- 
razioni militari  col  cataneo  Mamerkos  presso  1'  Alabon  ,  sic- 
ché non  occorre  pensare  ad  altra  regione  per  rispetto  alle 
campagne  di  Timoleonte  coi  Leontinoi  e  coi  Catanei  alleati. 


* 
*  * 


Oltre  a  ciò,  l'archeologia  del  Damyrias  ha  d'interessante  le 
catacombe,  delle  quali  ho  dato  per  il  primo  notizia  neW  Ar- 
chivio Slot'.  Sicil.  del  1896  (2).  La  loro  forma  architettonica 
é  in  tutto    consimile  a  quella   del   cimitero  di   san   Giovanni 


(1)  c:rr.  E.  A.  Freemann,  HisLory  of  Sicily,  IV,  Oxford  1894  ,  p.  334, 
n.  4  ove  il  chiarissimo  A.  dimostra  che  Timoleonte  attaccò  l'esercito  di 
Hiketas  «  in  a  strong  position  on  the  further  side  of  the  Damyrias,  which 
hat  thei-L'lore  lo  be  forded  in  the  lace  of  enemy  ». 

(2)  V.  Strazzulla,  Dei  recenti  scavi  eseguili  nei  cimiteri  cristiani 
della  Sicilia,  con  studi  e  raffronti  archeologici.  Estr.  dall'A.  S.  S.,  N.  S., 
an.  XXI,  fase.  I-ll.  pgg.  83-87  ;  cf.  J.  Fìjhrkr.  Forschungen  zur  Sicilia 
Sotterranea,  Miinchen  1898,  p.  8  :  «  Valle  del  Molinello,  zvvischen  Augu- 
sta und  Lumidoro  .  .  .  Eine  oberflachliche  Besclireibung  der  Hypogeen 
am  linken  Uier  des  Molinello  bei  Lumidoro  flndet  sich  nunmehr  bei 
V.  Strazzulla,  o.  c.  ».  Ne  diedi  una  breve  notizia  perché  quelle  cata- 
combe, quasi  sconosciute  agli  archeologi  cristiani,  meriterebbero  di  es- 
sere esplorate,  massime  nella  galleria  che  s' interna  inferiormente  alle 
più  visitate  e  si  barbaramente  saccheggiate  anche  ai  nostri  giorni. 


456 


presso  Siracusa.  Le  accennò  appena  Francesco  Vita  (1)  nel 
seicento,  quando  in  Sicilia  non  si  conoscevano  ancora  gli  studi 
di  archeologia  cristiana  promossi  dal  Panvinio,  da  Jean  THeu- 
Teux,  dal  Bosio,  il  Colombo  della  Roma  sotterranea,  e  da 
Paolo  Aringhi.  Andarono  indi  soggette  a  molte  devastazioni 
non  solo  nel  periodo  dell'  invasione  saracena  in  Sicilia,  dal 
secolo  ottavo  in  poi,  ma  anche  fino  a  pochi  lustri  addietro. 
Dopo  i  valorosi  e  fortunati  conati  del  prof.  Orsi,  1'  unico  che 
abbia  cominciato  a  esplorare  la  Sicilia  sotterranea  nelle  Pro- 
vincie di  Siracusa,  specie  in  san  Giovanni,  e  di  Catania,  riu- 
■scirebbe  oramai  di  sommo  vantaggio  per  la  scienza  agiogra- 
fica e  archeologica  una  buona  campagna  di  scavi  negli  ipogei 
-  cristiani  che,  nei  secoli  IV-V  e  forse  anche  nel  III,  formarono 
le  necropoli  delle  vicine  abitazioni.  Così  l'archeologia  del  Da- 
myrias  avrebbe  più  lumi  per  quanto  gli  si  riferisce  nel  pe- 
riodo iniziale  del  Cristianesimo. 

* 
*  * 

3.  Il  Mylas  o  Myla  (Marcellino)  è  ricordevole  per  quel  che 
ne  somministra  Livio,  ove  narra  i  fatti  che  si  riferiscono  al- 
l'espugnazione di  Siracusa  e  città  vicine  [XXIV,  30,  3]  :  «Sy- 
racusanis,  octo  milia  armatorum  agmine  profectis  domo ,  ad 
Mylan  flumen  nuntius  accurrit,  captam  urbem  esse,  cetera 
falsa  mixta  veris  ferens  etc.  »  Il  qual  tratto,  per  le  operazioni 
militari  del  console  Marcello,  à  relazione  col  seguente  (XXIV, 
31,  14):  «  quae  ad  Mylan  falso  nuntiata  erant  ».  —  Non  corre 
dubbio  che  il  Mylas  sia  ora  Marcellino,  come  sin  dal  cinque- 
cento aveva  detto  il  Fazello,  e  con    lui  l'Holm  (2)  anche  og- 


(1)  F.  Vita,  Ineslo  Islorico  della  culla  di  Augusla,  Veoetia  MDG.LIII, 

•W.  8. 

(2)  A.  HoLM,  Della  Geogr.  uni.  d.  Sicilia  ,  o.  e. ,    pg.    13  ;   cfr.   ibid. 
■^««rta  tsompar.  di  Sicilia;  id.  Siorùi  d.  Sicilia,  I,  p.  74,  cous.  I.  Schuuring, 

Umwand.  d.    Megar.  Meerb.,  p.  457. 


81SLIN06  459 

gidi.  Poco  distante  dal  Mylas  è  Luraidoro,  nome  della  contra- 
da campestre  che  dava  pure  il  nome  alla  stazione  ferrovia- 
ria (1). 

4.  Quello  che  oggi  diciamo  Càntara  (Rigolizia)  è  menzionato, 
per  quanto  io  sappia,  dal  solo  Strabone  [Vili,  7,  5,  p.  387  G.]: 
SXkoc,  oè  (7ioxa[xc/g)  ^ileXivoO?  6  Tcapà  -col;  'YpÀaioti;  Meyape'jaiv  oOg 
à^iQXfpoL'^  KapX'yjSóvcot.  La  fonte  è  buona;  nessun  moderno  vi 
ha  posto  mente.  Rimane  a  decifrare  :  quando  i  Cartaginesi 
scacciarono  i  Megarei  dalla  loro  città?  Strabone  non  ha  po- 
tuto errare;  parlando  dei  diversi  fiumi  che  si  chiamarono  S^- 
linunte  (cfr.  XVII,  3,  16  il  2^  fiume  accanto  alla  città  omo- 
nima fondata  dai  Megarei  nel  628;  Ptol.  Ili,  4,5),  ricorda 
anche  il  nostro  che  scorre  a  nord  di  Megara. 

E  tra  il  Mylas  ed  il  ruscello  Gantara,  quasi  interamente  oscuro 
nell'antichità,  si  possono  ravvisare  le  memorie  di  Styella,  a  nord 
di  Megara-Hyblaea.  Stefano  Bizantino  descrive  cotesto  forte:  (2) 
UxueXXa  ,  <:ppouptov  xf/c  èv  ^txeXta  MsYap^So^  (per  Megaris  venne 
intesa  la  regione  che  circondava  1'  antica  Megara  Hyblaea). 
Parlando  di  Trotilon  ho  richiamato  l'attenzione  sulla  conget- 
tura del  Columba  [o.  e,  p.  51]  che  dove  Tucidide  VI,  94  dice 
degli  Ateniesi  di  esser  partiti  da  Katane  ed  indi  uapéTiXeuaav 
iÌ7il  Meyapwv  x(I)v  èv  x^  i^txsXta  .  .  .  xal  èXSóvxsj  ini  è  p  U|xà  x  t  xwv 
Supaxouotwv  xxX. . . ,  può  forse  riconoscersi  che  lo  storico  Ate- 
niese alludeva  al  castello  di  Trotilon.  Queir  epujia  per  altri  è 
il  forte  di  Styella,  come  pensava  il  Gòller  e  l'Orsi  (3).  Ma  di 
Styella  fu  già  scritto  da  altri  [cf.  Steph.  B.  a  v.  'YpXat ...  : 
fjL^a  5è  xwv  'YjjXiòv    SxOsXXa  xaXelxa:]. 


(1)  Oggi  staz.  di  Megara-Iblea. 

(2)  Leake,  Numism.  hell.  Sic.  (London,  1854),  p.  70,  ricorda  due  mo- 
"nete  d'argento  di  Styella  nel  British  Mnseum  ;  cf.  Schubring,  o.  c,  p.  462; 
HoLM,  Sicilia,  p.  152. 

(3)  Megara-Hyblaea,  1.  e,  p.  15. 


■i60  ALABON 


* 


5.  Tra  Megara  e  Thapsos  scorre  YAlabon  (san  Gusmano), 
od  anche  Alaba.%  Alabis,  di  cui  è  notizia  in  Plutarco  ,  come 
fu  detto  [Timol.  34,  p.  252].  Timoleonte,  ^exà  5è  xajxa  axpa- 
xeuaa?  ènl  Màfxepxov  et;  Kaxàvyjv  xal  Tcepl  zò  ^e~j[i(x,  xr]v  'A  [>  o  — 
Xov  (1)  ex  Tcapaxà^sw;  U7t6axàvxa  wi'/o\oac,  xal  xps'j'ajievoi;  ÒTièp . 
5toXtX''o'ji;  àveìXev,  tov  |X£po;  oùx  òXiyov  f^aav  oì  7:e[jLcp0£vx£c  utiò  Téa- 
xwvos  è7X''xoupoi  Ootvtxe;.  Ricorda  tal  fiume  Tolomeo  [III,  4,  9],. 
'AXàpou  ;;oxa[ioù  èx^oXat;  e  dove  certamente  Silio  Italico  allude- 
a'  Megaresi  vicini,  è  appunto  nel  XIV,  227  : 

'  Nec  non  qai  potant  Hypsamque  Alabimque  sonoros  '. 

Oltre  Vibio  Sequestre  [De  Flurnin.  s.  v.  corrotto  Alachis\. 
cfr.  Hesychius  {Leocikon,  ed.  J.  Alberti,  Lugd.  Batav.  1746]:: 
'AXaplwi;  Tzo-za\iòi,  e  Stefano  B.  che  chiama  'AXa^wv  città  sicula 
(tióXis  [StxeXco;])  e  fiume;  ma  con  lui,  che  si  esprime  confu- 
samente, non  si  saprebbe  ove  trovarne  le  traccie  {ci.  llolm,. 
Storia  di  Sicilia,  o.  e,  I,  p.  165,  n.  58;  Schubring,  p.  444). 

Nelle  monete  di  Megara  vien  raffigurato  VAlabon  «  propter 
fluvii  imaginem  ex  Siculorum  ingenio ,  qui  haud  dubie  est 
Alabus  urbi  vicinus  »  (2).  È  inesatto  lo  Schubring  quando  as- 
serisce che  il  molo  megarico  potè  essere  stato  in  quel  lungo 


(1)  Mi  8011  valso  dell'ediz.  critica  curata  da  C.  Sintenis  (voi.  II,  Lps. 
1879)  che  ha  'A^oXov,  mentre  qualche  altra  riport.i  'AXa^ov  col  Gluvkr, 
Sicilia  ani.  I,  11;  cf.  Holm,  Geogr.  ani.  d.  Sicilia,  o.  e,  pg.  13;  id.  Sto- 
ria d.  Sicilia,  I,  p.  75  e  lo  Schubring,  Umic.  d.  Meg.  Meerbusens,  nelle 
pgg.  444-44G. 

(2)  I.  ECKHEL,  Doctr.  Numorum  Veterum,  I,  p.  218  ;  cfr.  Leake,  Num. 
Hell.  Sic.  p.  00;  Holm,  Storia  della  Sicilia,  I,  p.  272;  NJionnet,  Mé- 
daillea,  I,  p.  251,  289.  Per  lo  vario  leslimonianze  cons.  V.  De  Vit,  Ono- 
maslicon,  I,  s.  v. 


ALABOK  461 

argine  di  terra  che  si  spinge  nel  mare  tra  le  bocche  del  Gàn- 
tara  e  del  San  Gusmano.  Giustamente  l'Orsi  avverte  {MegarOy 
p.  22,  n.  4)  che  quivi  «  è  un  banco  di  sabbie  e  di  scogli  di 
formazione  geologica;  nulla  prova  che  esso  possa  essere  una 
gettata  artificiale».  Tanto  lo  Schubring,  che  l'Holm  credono 
probabile  che  il  porto  di  Megara  sia  stato  lo  sbocco  della  Can- 
tara  (1)  o  Rigolizia,  presso  alla  quale  si  videro  le  fondamenta 
degli  antichi  vewoctxot  ed  una  pietra  con  l'iscrizione  Hc[Po}2]. 
D'altra  parte,  è  noto  che  Megara,  più  che  altro,  era  una  co- 
lonia agricola.  —  Chiudo  questi  appunti  topografici  col  te- 
sto di  Diodoro  (2)  :  «  Dedalo ,  egli  racconta ,  abitò  presso 
Cocalo  e  i  Sicani  per  più  tempo,  ammirato  nell'eccellenza  del- 
l'arte. Preparò  in  quest'isola  quelle  opere,  che  fino  ad  ora 
restano.  Vicino  alla  Megaride  fece  con  senso  artistico  la  co- 
sidetta  Kolymbethra,  dalla  quale  un  gran  fiume  (!?),  chiamato 
'AXXa^cóv  si  getta  verso  il  mare  vicino».  Questa  piscina  o 
lavacrum  è  in  vicinanza  dell'  Alabon  e  quindi  al  lato  Sud  di 
Megara  -  Hyblaea  ;  mentre  dal  lato  Nord  era  il  ^ppouptov  di 
Styella.  —  I  passi  relativi  a  quella  xoXu{ji3T,epa  si  riscontrano 
soltanto  in  Diodoro  e  Vibio  a  v.  Alabis.  L'Holm  [Slot:  d.  Si- 
cilia, p.  229,  cf.  p.  113  s.]  aggiunge  la  difficoltà  di  poter  tro- 
vare anch'oggi  gli  avanzi  del  serbatoio  che  sarebbe  stato 
tratto  dal  f.  Alabon  nella  Megaris,  e  quindi  «  rimane  la  con- 
gettura che  sia  un'opera  antichissima»;  se  non  che  egli  stesso 


(1)  Schubring,  op.  cit.;  Holm,  Storia  di  Sic,  pg.  272;  Orsi,  p.  23. 

(2)  DlODORO,  IV,  78,  1:  Aa£8aXoc  8è  zapi  te  tw  KwxctXq)  xaì  xolc  Stxavol^ 
8iéxpi«J.ie  TiXsto)  xptivov,  Gau[ia|^ó|jL£vos  sv  z^  xaxà  ttjv  léxvYjv  òitsppoXTj.  xaxEGxeóaoe 
8'  èv  tf;  VTjOfjj  laÙT-Q  xivtt  xòiv  èpyiDV,  à  |iixp^  "^^'^  "^'ùv  Siapiévet.  TtXrjotov  [lèv  yàp 
xf)?  Msyap{5oij  cptXoxéxvwj  èTroCyjoe  xtjv  òvoiiaJ^oiiévYjv  KoXu|ipy;9pa  ,  èg  •^5  V^éfa.^ 
Tioxajjiòs  sìg  XYjv  TiXyjatov  GiXaxxav  ègepsÓYSxat  xaXoó|isvo5  'A  X  X  a  p  (i)  v.  —  Per 
Dedalo  che,  tiratasi  addosso  l'ira  di  Minos,  venne  da  Creta  iii  Sicilia,  ove 
fu  ospitato  dal  re  sicano  Cocalo,  vd.  pure  Plutarch,,  Thes.  19:  AaiSotXou  tè 
nXoitp  cpoyóvxog  sic  'AGr^vag,  Mivo)?  Tiapà  xi  Sóyiiaxa  ^Jiaxpatg  vaooi  dicuxoDv  ótcò 
X8t|ii&vo5  «ìg  litxeXiav  àTtrjvéxOyj  xdxel  xaxéaxps^'s  xòv  ^ioy, 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  00 


462  NOTE    su    MEGAEA 


ricorda  che,  secondo  lo  Schubring,  fu  quella  un'opera  romana, 
e  secondo  il  Fazello  essa  devesi  attribuire  ai  tempi  di  Fede- 
rico II  (sec.  XIII)  (1). 


V.  Note  su  Megara-Hyblaea. 

1.  Nulla  dirò  in  proposito  dell'eccellente  lavoro  di  Cavallari 
e  Orsi  suir  archeologia  di  Megara  [Megara-Hyhlaea ,  Roma 
1892),  ma  mi  fermo  ad  alcuni  argomenti  che  le  si  riferiscono 
solamente  pel  periodo  imperiale,  cioè  per  quanto  si  rapporta 
ad  avvenimenti  cristiani  dei  primi  secoli. 

Quantunque  distrutta  nel  212  dal  cons.  Marcello  [Liv.  XXIV, 
35,  1-2,  l.  e],  che  'Megara  vi  capta  diruit  ac  diripuit',  varie 
fonti  greche  e  latine  concordano  tuttavia  nell'  ammetterne  la 
continuità  dal  I  sec.  a.  C.  al  IV  dell'  è.  v.  Dei  due  golfi  che 
sono  ad  Est  e  ad  Ovest  di  Augusta  fa  menzione  Vergilio 
[Aen.,  Ili,  689]  : 

'...  Fantagiae,    Megarosque    sinus,    Thapsuinque  iacentem '. 

Strabene  nel  l  sec.  di  Cr.  dice  quanto  rapporto  una  se- 
conda volta:  «I  Doriesi  fondarono  Megara^  che  prima  s'era 
chiamata  Hybla.  Quelle  città  (cioè  Meg.  H.  e  Naxos)  sono  di- 
siiulle,  tuttavia  perdura  il  nome  di  Hybla  per  1'  importanza 
del  miele  ibleo»  (2). 


(1)  Talune  mura  esistenti  a  sud  di  Giannalena  potrebbero  attribuirsi, 
Mcoodo  Schubring,  a  quelle  costruzioni;  ma  Fazello  le  crede  dell'  epoca 
di  Cesare;  il  Cavallari  di  epoca  medievale  (vd.  Megara  H.,  p.  29). 

(2)  Vd.  in  Stkab.,  VI,  2  [p.  267]  singolarmente  le  parole al  jiàv 

oBv  KÒX«t{  oòxé-s'  •lai  ;  xò  xfjc  'YpJlTjj  òvojjia  ounnatvsi  8ià  X7)v  i.ptxr\w  xoù 
*YpXaiou  ji4XtT0{.  —  Ricordo  di  passaggio  che  il  miele  ibleo,  così  rinomato 
nell'antichità,  ebbe,  coltura  sommamente  sall'opposto  monte  Hybla,  onde 


NOTB    SU    MEOARA  463 


Ma  Plutarco  [50?- 130?  d.  C],  diversamente  dall' Amasiota 
che  mostra  come  Naxos  e  Megara  IxÀeXotTiaat ,  alquanto  più 
tardi  di  lui,  ci  riconduce  ad  "YpXiQ  TioXtXviw  [itxp(ò  (1),  e  ancora 
ai  tempi  di  Adriano  (117-138)  e  dei  due  Antonini  (fino  all'an- 
no 192)  Pausania  (2)  aggiunge  per  la  nostra  tesi  :  Suo  5à  Tjaav 
iv  StxeXt'a  Tzoktiq,  a[  " Y  [i  X  a  t ,  f^  [jiàv  F  e  p  s  a  t  t  ;  èraxXYjatv ,  ttjv 
5à  woTTep  ye  xal  ■^v,  IxàXouv  ^tlZ,ov(x.  Vlp^oi  5è  xal  xax'  èjiè  xà 
òvó|i.axa ,  ■f\  (jiàv  ?pr][xo;  èg  écTiav,  fj  5è  xa)|Jiif]  xGv  Kaxava((ov ,  ■/)  Fe- 
peàxt;  xal  ìspóv  ot^tat  "Y^Xcia;  Soxt  GeoO  uapà  StxsXotv  IX^v  xijià^ 
xxé ...  —  Da  questo  brano  di  Pausania  rilevasi  che  nel  II  sec. 
é.  V.  in  Sicilia  era  Hybla  col  soprannome  di  Gereatis,  e  di 
■tale    decifrazione    non    giova    occuparmi    (3);    ma    interessa 


poi  l'odierna  Melilli  [MeXópXa];  e  Plinio  dà  pure  notizie  della  confezione 
con  cui  solevano  averlo  gli  antichi  [XI,  13,  1]  :  •  Atticae  regionis  hoc, 
et  Siciilae,  Hinietto,  et  Hybla  (i.  e.  monte),  ab  locis:.  .  .  est  autem  initio 
mei,  ut  aqua,  dilutum,  et  primis  diebus  fervei,  nt  musta,  seque  purgai: 
vicesimo  die  crassescit,  niox  obducitur  tenui  membrana,  quae  fervoris 
ipsins  spuma  concrescit.  Sorbctur  optimum,  et  minime  fronde  infectum, 
e  quercus,  tiliae,  arundinam  foliis  .  .  .  [XI,  t4,  t]  Summa  qaidem  boni- 
tatis  natione  constai...  pluribus  modis  :  aliubi  epim  favi  cera  specta- 
biles  gignuntur,  ut  in  Pelignis,  Sicilia  etc.  »  —  Cfr.  tra  i  poeti  che  can- 
tarono la  campagna.  Vero.,  Ecl.  I,  54,  Hyblaeis  apibus  etc. ,  ed  anche 
Silio  Italico,  cosi  esatto  conoscitore  dell'isola  [Puh.  XIV,  26]  : 

'  Nectaie  Cecropias  Eyblaeo  adcedere  ceras  ', 

e  XIV,  200:  «  Audax  Hybla  favis  etc.  .  »  —  Il  Leake,  Num.  Hell.  Sic, 
p.  60,  ha  monete  di  Megara  (Hybla  Megala)  con  testa  di  donna  velata 
avente  una  corona;  di  dietro  é  un'erme.  Cfr.  Ovid.,  Ex  P.  IV,  15;  Martial. 
11,  43;  XXXilI,  105.  Il  nome  ^/«/!>/i' secondo  alcuni  sarebbe  derivato  dalla 
parola  araba  halava,  presa  dal  siriaco,  cioè  YXuxàl^etv,  dulcescere,  e  può 
.aver  avuto  relazione  con  la  dolcezza  del  miele  ibleo  che  vi  si  faceva  in 
prossimità. 

(1)  Plutarch.,  Nicias,  lo. 

(2)  Pausania,  Descriplio  Graeciae,  V,  23,  6. — Il  passo  fu  emendato  da 
Schubart  e  Schuljring  ;  cons.  a  tal  proposito  A.  Holm,  Storia  della  Sici- 

Ma,  1,  p.  152  s. 

(3)  Cfr.  per  ciò  an  accenno,  a  non  dir  più  altro,  apd  Holm,    Geogr. 


464  NOTE    su    MEGARA 


qui  osservare  come  Pausania,  ricordando  '  Hybla  maior  '  che 
sarebbe  forse  il  tioX^Xviov  {jlix^óv  di  Plutarco,  della  Gereatis  as- 
serisce d'essere  ridotta  ad  Spyj^ioi;,  mentre  della  jiei^wv  asse- 
risce che  era  -^  5è  xw{iir)  t&v  Katavaccov.  Prima  di  tali  testi- 
monii,  tanto  Erodoto  che  Tucidide  (1)  e  poi  anche  T.  Livio, 
quando  anno  da  riferire,  specie  il  secondo,  cose  che  si  rap- 
portano ad  '  Hybla  FeXeàxt?  '  scrivono  "Y^Xr],  la  quale,  secondo 
il  Munter,  era  a  Belpasso,  e  secondo  Cliiver,  Partey  e  Schu- 
bring  a  Paterno  [v.  Freeman,  o.  e,  p.  I,  app.  IX;  Pais,  Alcun. 
osserv.,  p,  132],  dove  la  *  Minor  '  era  '  Heraia  ',  e  la  nostra 
Megara  ritenne  la  denominazione  impostale  dai  coloni  doriesi 
di  Megara  ellenica,  dopo  che  evasero  da  Leontinoi  e  da  Tro- 
tilon,  non  che  da  Thapsos,  secondo  la  tradizione  tucididea  e 
polienea.  Cosi  anche  Diodoro  [IV,  78]  chiama  Meyapóc  il  ter- 
ritorio ove  sorse  Megara  Hyblaea,  presso  cui  scorre  il  fiume 
'AXXa^«I)v,  e  anche  appella  ÌJLeyocpEìQ  e  non  ^YfAaXoi  gli 
abitanti  della  nostra  città,  quando  narra  la  guerra  tra  Cero- 
ne II  e  i  Romani  (265  a.  C.) .  .  .  'Axpwv,  AsovTtvwv,  Meyapéwv 

xtI.  [XXIII,  4].  —  E  Cicerone  [in   Verrem  act.  II,  1.  V,  25] 

^  Megaris ,  qui  locus  est  non  longe  a  Syracusis';  e  Plinio 
[N.  H.  Ili,  14,  3]  tra  Leontinoi  e  Y amnis  Pantagies  no- 
mina Megaris,  mentre  poi  [III,  14,  5]  ricorda  gli  Hyblaei 
con  quest'ordine  successivo  :  «  Halesini,  Hennenses,  HyblenseSy 


ant.  di  Sicilia,  p.  22,  e  n.5a  pg.  89;  R.  Garrucci  in  Civ.  Catt.  del  1868, 
p.  216;  per  più  recenti  notizie  vd.  Holm,  Storia  d.  Sic,  1.  e.  e  pg.  272, 
nota  19. 

(1)  HuRon.  VII,  155  TzóXii  'YBXrj,  riferendo  fatti  dei  tempi  di  Gelone 
tifrnore  dei  Siracusani;  cons.  in  Tucidide,  tra  gli  nitri  passi,  VI,  63,  2: 
['YfiXa,  con  fatti  di  Katane],  e  VI,  7f),  1  fMéyapa,  con  circostanze  riguar- 
danti il  Temenites,  l'Epipolai  e  1'  Olympieion  della  prossima    Siracusa]. 

Similmente,  Platone,    Nóiiwv  I,   630  A.   (ed.  Lps.  C.  F.  Hermann) 

iXo^*v  6éoYviv,  7io>.(Tifjv  Tfi)v  Iv  IixtXlcf:  TAtf  et  pioiw;  cf.  S(:?iol.  in  Ler/cs,  1.  e, 
aÒTÓv  [i,  e.  ©éoYvtvJ  àx  taÓTYjc  fièv  tlvat  xf,{  M  tyap  Itoq,,  àTteXOóvca  ti  sJj 
Ztx«X(av,  &i  11  lotopla  ixct,  yt'^iaBgn  vó|i(p    ìitynpiu   ixel  xtì. 


NOTE    SU    MEQABA  46c 


Herbitenses,  Herbessenses  etc.  »,  abitanti  di  città  che  sono  tutte 
della  zona  prossima  all'odierna  Paterno,  per  la  quale  confr. 
Clùver,  Sicilia,  II,  8  [cons.  presso  Eckhel  monete  con  epi- 
grafe "Y^ìXa?  MeyaXa?].  Un'altra  testimonianza  è  Silio  [Pun.,  XIV, 
273;  cf.  V.  227  . .  .  Megara  . ..  per  la  quale  vedi  Cliiver,  I,  11; 
lì,  8  e  Servio  ad  Ed.  I,  55,  tutte  classiche  fonti  per  la  diver- 
sità dei  nomi  usati  per  H.  Geleatis  e  Megara  H.  nonché  pei 
rispettivi  abitanti. 

Tucidide  (1)  specifica  "Y|SXav  FocXeàTtv,  TcoAejifav  oòaav ,  che 
Nikias  con  l'esercito  ateniese  oOx  el^Xov  l'anno  prima  della  sua 
morte.  Dappoi,  parlando  (2)  di  Katane  e  Kentoripa  e  delle 
vettovaglie  bruciate  dagli  Ateniesi  agli  Inessaioi  ed  agli  Hy- 
blaioi,  soggiunge  (3):  xal  à(fcxó|Jievoc  iq  KaxàvTjv  xaxaXaii^àvo'jat 
Tous  tre  Itz-kìolz  f^xovtai;  ex  xwv  'AGtjvwv  . . . ,  il  che  vuol  dire  che 
bisogna  pensare  evidentemente  ad  Hyhla  presso  Katane  (4). 
Da  tale  ragionamento  si  toglie  a  conchiudere  (il  che  non  può 
restare  una  povera  congettura),  che  Hybla  reÀeSit;  deve  essere 
identificabile  con  Paterno,  e  quindi  Pausania  non  avrebbe  po- 
tuto recar  confusione,  anche  pel  fatto  che  solo  di  due  fa  memoria, 
trascurando  H.  Heraia.  —  Egli  doveva  però  aver  ragione  di 
sostenere  che  la  TroX^Xvtov  |iixpóv  plutarchea  fosse  la  nostra  Me- 
gara esistente  pure  ai  suoi  tempi  per  sobborgo,  xu){jnr]  di  Ka- 
tane, attesa  la  conferma  di  poche  altre  fonti. 

Resta  a  dire  della  testimonianza  di  Livio.  Egli  mostra  che 
la  settentrionale  era  chiamata  Hybla,  giacché,  dopo  aver  detto 
[XXIV,  35]  che  Marcello  '  Megara  diruit  ac  diripuit  ',  ad  in- 
tervallo di  tempo,  cioè  allorché  il  console  romano  era  partito 
dalla  Sicilia,  Murgenlia^  Ergetium^  Hybla  e  Macella  si  ribel- 
larono ai  Cartaginesi  sopravvenuti.  E  mentre  prima  ha  presen- 


(1)  Thucyd.,  vi,  r.2,  4-5. 

(2)  Id.        VI,  94,  3. 

(3)  Id.        VI,  94,  4;  cons.  Holm,  Storia  d.  Sicilia,!,  p.  152,  n.  30. 

(4)  Infatti  qui  Tucidide  fa  cenno  di    città  che   erano   nel   circuito  di 
ICatane,  tutte  a  tramontana  dell'agro  siracusano  e  megarese. 


466  KOTE    su    MEGARA 


tato  la  distruzione  di  Megara ,  ora  dunque  con  Hyhla  vuole 
indicare  quella  presso  Katane,  deducendosi  ciò  anche  per  le 
altre  città  vicine  che  vi  sono  nominate  [Liv.  XXVI,  21,  14]. 
Del  resto,  anche  Tolomeo  [III,  4,  14],  per  quanto  gli  possa  di- 
fettare il  successivo  ordine  topografico,  distingue  "Y^Xx  dalia- 
nostra  Méyapa  i^  xal  Meupa  (dialettale?);  e  Tucidide,  ogni  qual 
volta  ha  occasione  di  parlare  della  nostra  città,  la  chiama  non 
Hybla,  sibbene  Megm^a.  Egli  racconta  (1)  difatti  che,  al 
tempo  della  messe  (a.  414),  ot  èv  xf,  StxsXta  'AGinvalot  àpavxeg 
ex  xf^5  Kaxàvirjs  TiapéTcXeuoav  irà  MeYapwv  xwv  èv  x^j  StxeXia  xxé. 
Or  poi  che  per  mare  e  per  terra  passarono  verso  il  fiume 
Tìf]p:a$  (s.  Leonardo  a  N.  di  Leontinoi) ,  apportarono  devasta- 
zione e  incendii  nelle  biade,  uccidendo  pochi  Siracusani  in- 
contrati. È  quindi  probabile  che,  ove  gli  scrittori  per  la  Si- 
cilia dicono  "YfiXir],  deve  intendersi  la  Geleatis,  mentre  il  nome 
Méyapa  era  consueto  per  la  nostra.  Nondimeno  occorreva  pro- 
vare che  quest'ultima  esisteva,  benché  iroXt'Xvcov,  xróixr],  vicus; 
e  la  fonte  è  Servio,  commentatore  di  Virgilio. 

Dove  il  poeta  [Aen.  Ili,  689,  1.  e]  ha  menzionato  '  Mega- 
ros  sinus\  Servio  nel  IV  sec.  dell' è.  v.  interpretava  il  verso 
con  le  parole  :  =  Megara  oppidum  est  iuxta  Syracusas  =.  Non- 
dice  erat,  fuit,  ma  chiaramente  est;  e  in  altro  luogo  {ad  Ed. 
I,  54  Hyblaeis  apibiis,  cit.j  annota  :  «  Hybla  vel  Hyble  oppi- 
dum est  Siciliae,  quod  nunc  Megara  dicitur  »  (2).  In  tal  modo, 
benché  forse  con  qualche  errore  di  nomenclatura  e  di  topo- 
grafìa, doveva  aver  buona  ragione  Pausania  di  dire  Megara 
esistente  in  forma  di  xw|xr)  dipendente  dall'  amministrazione- 
catanese  nel  II  secolo.  Il  modo  non  sappiamo ,  mancandone 
le  testimonianze;  ma,  sulla  fede  di  Servio,  aveva  ottimi  fonda- 


ti) Thucyd.,  vi,  94,  1-2  (passo  citato  altrove  due  volte);  cosi  quando 
lo  stesso  Tucidide  racconta  che  essi  l'ondarono  Selinunte  [VI,  4],  li  chia- 
ma M«Y«P«ic;  Pomi».  Mela,  Descr.  orbii.  111,  17;  cf.  liiner.  Antonini  (ed. 
Parthey  e  Pinder) ,  p.  253  .  .  .  ab  oppido  Megara,  id  est  castello  Si/ra- 
cuianorum.  .  . 

(2)  Cf.  I.  Gronovii,  Thesaurus  Oraec.  Antiqq.,  XI,  p.  55fi  [Jlellen  Era- 
imi  Vindigii]. 


KOTE    SU    MEOARA  467 


menti  il  Garrucci  di  riferirsi  con  quel  passo  a  Megara-Hy- 
blaea.  Giacché,  ove  Pausania  dichiara  che  "YpXa  TtXtòizK;  era 
ridotta  ad  £pr][JLog  nel  II  sec.  di  Cristo,  era  naturale  che  si  do- 
vesse attribuire  l'iscrizione  della  t'anciuUetta  lulia  Fiorentina, 
di  cui  tosto  dirò,  a  Megara,  per  essere  ella  stata  defuncta 
Hyhlae  tra  la  fine  del  Ili  e  il  principio  del  IV  secolo.  Prima 
di  decifrare  quest'  altro  notabilissimo  titolo,  occorre  rettifi- 
care un  passo  di  Stefano  da  Bisanzio. 


2.  Egli,  tra  le  sei  Megara  òhe  enuncia,  tutte  nella  regione 
mediterranea,  avverte  che  la  sesta  è  in  Sicilia  .  .  .  Méyapa . . . 
IxTTj  èv  ^txeXfa ,  i\  upóxepov  "Y^Xr; ,  arcò  "Y^Xcovo;  paocXéoo^.  xal 
*Y^Xatot  TToXlTat.  Evidentemente  appare  che  Strabone  [VI,  p.  267, 
1.  e]  sia  stato  la  fonte  diretta  di  Stefano  (1),  come  molto  da 
Tucidide  dovette  attingere  alla  sua  volta  1'  Amasiota.  Se  non 
che  alla  v.  "YpXat  è  detto  da  Steph.  B.  :  xpeT;  tcóXeiì;  StxeX^ag  • 
•f\  jjiet'Cwv  \<;  ùl  TcoXìToi  'Y^Xarot.  .  .  xrjv  "YpXav,  à^ò  "Y^Xou  [sic)  to5 
PaotXéwi;.  .  .  xoùg  IvoixoOvTai;  Meyapéa;  èxàXouv.  Qui  si  avverte  che, 
per  esser  coerente  con  quanto  ha  detto  a  v.  Méyapa,  era  da  scri- 
vere ÒLTzh  "YpXwvo.;,  anche  perchè,  miglior  testimonio  di  lui,  ce 
lo  avverte  il  massimo  Tucidide.  Ma  Terrore  e  la  confusione 
è  poi  del  commentatore,  quando,  dopo  aVer  dichiarato  a  v. 
Méyapa  che  fu  distrutta  da  Marcello ,  ricordato  il  noto  verso 
vergiliano  e  il  relativo  comento  di  Servio  che  ci  conduce  alla 


(1)  Per  tutte  le  citazioni  concernenti  Staphanus  Byz. ,  mi  son  valso 
dell'ed.  De  Urbibus,  primus  Thcm.  De  Pimelo  .  . .  illustrabaly  con  colla- 
zione lac.  Gronovii  cum  cod.  Perusino  ,  Anistelodami  1678;  cf.  p.  451  a 
V.  Méyapa,  e  p.  675  s.  v.  'YpXai.  —  Se  non  che  V  Holm,  Storia  d.  Sic.  I, 
p.  152,  pone  mente  alla  buona  emendazione  di  Giulio  Schubring.  Umtoand. 
d.  Megar.  Meerb..  p.  452-3  :  'YpXat  xpeic  TróXeig  ZtxeXtag.  i\  ust^wv  ^c  ol 
TioXlxai  'YpXaloi  Mevapei; ,  ■^  jxf/pà  ■^c  ot  «oXlTat  *YpXalot  raXswxai ,  f)  8i 
iXà-cTtóv  'Hpa£a  xaXeiTat  .  .  .  7j  8è  iietl^etìv  ànó  'YpXtovo;   xoO  paoiXéoJC  xxè  .  .  . 


468  NOTE    su    ÌIEOARA 


Megara-Hyblaea  '  iuxta  Syracusas',  di  poi  a  v.  "YpXat  pare  di 
contraddirsi  con  quello  che  ha  prima  avvertito,  notando:  «tres 
Hyblae  Siciliae  urhes  celebrantur,  maior,  parva,  minor;  maior 
Hybla  sedebat  inter  Aetnam  montem  et  Symoethura  aranem, 
parva,  sive  Galeotis  (?),  cuius  oppidani  Galeotae  et  Megaren- 
ses ,  posita  erat  inter  Syracusas  et  Leontinos  etc.  »  Nessun 
passo,  specialmente  tucidideo,  ci  induce,  parmi,  a  confondere 
Hybla  Galeatis  (1)  con  Megara-Hyblaea,  come  s'è  visto;  men- 
tre d'altra  parte  il  De  Pinedo  con  Stefano  identifica,  opportu- 
namente, la  Méyapa  "Y^Xy)  (v.  p.  451)  presso  Siracusa,  fondata 
da  Hyblon,  con  la  "YpXa  [lei^wv  che  sarebbe,  al  pari  dell'altra, 
fondata  dallo  stesso  re  Siculo.  Nulla  di  nuovo  si  ricava  infine 
dal  breve  passo  dello  ps.  Skymn.  [Heptir^Y.,  p.  12J:  xxf^ouac. . . 
ol  Meyapet;  "rtjv  "YpXav. 


* 
*  * 


3.  Rimane  a  dire  dell'iscrizione  cristiana  che  si  rapporta  alla 
bambina  defuncta  Hyblae.  Riassumerò  in  poco  le  osservazioni 
del  dottissimo  Garrucci  (2)  per  riannodare  1'  argomento  con 
una  esecuzione  di  martirio  avvenuta  in  sito  a  nord  di  Me- 
gara,  questa  pure  essendo  un  villaggio  nel  III  e  IV  secolo 
delPè.  V. 


(1)  Anche  erra  Eckhel,  D.  iV.  V.,  1  (Vindobonae,  1792),  p.  218:  «Me- 
gtra,  maritima  a  Syracosis  in  septemtriones,  dieta  oliin  Ilybla  Galeotis 
et  parva,  sed  traductis  eo  Graecis  Megarensibus  dieta  Megara  ;  ai  man- 
8it  vctus  tiomen  in  notando  melle  Hyblaeo  eximii  saporis»;  Eckijel  é 
quindi  anche  Ini  con  la  convinzione  dell' Head,  H.  N.  V.—Cons.  per  questo 
ineKoal  convincimento  I.  Ph.  D'Orville,  Sicula  quibus  Siciliae  veteris 
ruftern  illuxlvantur,  ed.  P.  Hurmannns  (Amstel  1764),  che  parla  di  Me- 
gara al  e.  172;  A.  Holm.  Della  Gcoc/r.  ant.  di  Sicilia,  p  22,  89,  —oltre 
il  Ci.UvRR,  Sic.  antiqua.  1.  e. 

(2)  Con».  R.  Oarkucci,  Civ.  CUI.,  p.  210-221  (a.  1868);  G.  B.  Dk  Rossi, 
Buìlstl.  di  Arcfieol.  criil.,  1868,  p.  75;  E,  Lr  Blant,  Revue  Archéol.,  1869, 
p.  23;  V.  Strazzulla,  in  A.  S.  S.  1896,  Estr.,  p.  74-75. 


NOTE    SU    MLGARA  469 


Il  testo  è  pubblicato,  tra  gli  altri,  da  Th.  Mommsen,  Cor- 
pus  Inscriptionum  Latinarum,  X^  Berolini  MDCCCLXXXilI, 
m,  7112: 

*  Julia  Fiorentina  infan{i)i  dulcissimae  atqiue)  in- 
noceniissimae  fideli  factae  parens  conlocaoit 
quae  pridie  Nonas  Mariias  ante  lucem  pagana 
nata  Zoilo  (?)  corr{ectore)  P{romnciae)  mense  octavo  de- 

[cimo  et  vicesi- 
5)    ma  secunda  die  completis  fìdelis  facta  hora  no- 
ctis  octava  ultimum  spiritum  {a)gens  supervixit 
horis  qualtuor  ita  ut  conÉuela  repeteret  ac  de- 
functa  Hybl(a)e  hora  dei  prima  septimum  Kal{endas) 
Octobres  cuius  occasum  cunt  uterq(ue)  parens  òm- 
10)    ni  momento  fieret  per  noctem  maiestatis 
vox  extitit  quae  defunciam  lamentari  2)rohi- 
berel  cuius  corpus  prò  foribus  martyro)-um  cum 
loculo  suo  per  pr{e)sb{y)terum  humatu{m)  e{st)  1111  Non{as). 

lOct{o)br{es). 

Vv.  1-2.  Il  nome  della  defunta  lulia  Fiorentina  al  nominativo, 
mentre  i  suoi  epiteti  tutti  in  dativo  col  verbo ,  pareiu  conlocavit 
[sottint,  l'oggetto  loculum;  cf  v.  13];  vd.  mio  Museum  Epigraphi- 
cum,,  n.  2  (^il9)  dell'anno  356  '  Depositus  Sporus  eie.  . .  Constantia 
coniunx . . .  posuit '.  In  ambidue  i  titoli  si  avverte  una  idiotica 
conslructio  xaxà  oóvso'.v.  -  V.  3.  Le  apposizioni  ad  lulia  sono  sva- 
riate :  pagana  nata  (3),  fìdelis  facta  (5) ,  agens  etc.  (6)  e  il  rela- 
tivo quae  (3)  va  congiunto  con  supervixit  (6).  Aggiungonsi  molte 
altre  particolarità:  dell'ora  precisa  della  nascita  [l'aurora,  ante 
lucew.],  del  corrector  Zoilus  (?)  nell'ablativo  assoluto,  del  mese  e 
del  giorno  nonché  dell'ora  ottava  della  notte  in  cui  fu  battezzata 
(5-G)  ecc.  —  V.  3  sgg.  La  apposizione  ad  lulia,  che  molto  importi,  è 
pagana  nata;  cons.  Garrucci,  Civ.  Catt.,  art.  cit.  p,  212  sg.,  il  quale 
sostiene  che  lulia  dovette  nascere  da  genitori  pagani.  Or  siccome 
al  v.  8  è  dichiarato  che  essa  morì  in  Hybla,  parmi  di  poter  conci- 
liare  le   riferite    testimonianze   di   Plutarco    [koXìxviov  {i-.xpóv]  e  di 


470  NOTE    8U    MEGARA. 


Pausania  [xwjnr]],  e  allora  fermerei  il  mio  convincimento  nel  senso 
che,  se  i  genitori  le  fornirono  battesimo  con  tanto  zelo  e  solleci- 
dine  poco  prima  di  morire,  verrebbero  chiamati  giustamente  pa- 
gani dal  redattore  dell'epitaffio  non  perchè  tali  quanto  a  credenze 
religiose,  ma  perchè  abitassero  nell'allor  pogus  (toà(xviov,  xwiiyj)  di 
Megara-Hyblaea  (1).  Questo  vocabolo,  nota  Garrucci ,  conferma» 
l'alta  epoca  dell'epigrafe.  —  Vv.  5-7.  La  malattia  di  lulia  è  qui  ac- 
cennata per  l'incidenza  che  lei  fu  fidelis  facta  con  il  conferimento 
del  battesimo  hora  noctis  octava,  quando  stava  per  rendere  l'ul- 
timo anelito  ;  ma  sopravvisse  quattr'ore  al  battesimo.  —  v.  9,  iitet^- 
que  parens:  da  questo  verso  si  deduce  che  nel  parens  del  v.  2  si 
debba  pur  comprendere  la  madre.  ~vv.  Ì2-Ì3  cuius  corpus .. . 
cum  loculo  suo  etc. . .  Così  nel  proprio  loculo  fu  deposto  il  corpo 
di  lulia  Fiorentina,  e  siccome  c'è  anche  la  particolarità  che  fui 
sepolta  per  cura  del  presbitero  (ne  si  sa  dove,?),  che  è  pure  un 
altro  indizio  di  alta  epoca,  si  desume  oltre  a  ciò  che  il  gentilizio 
Florentinus  spettasse  a  cospicua  famiglia  iblea ,  giacche  di  solito- 
anche  nei  cimiteri  cristiani  della  Sicilia,  soprattutto  nella  provin- 
cia di  Siracusa,  pei  poveri  'stabat  commune  sepulcruni  '  col  nome 
appena,  o  senza.  In  generale  la  grammatica  e  la  sintassi  dell'iscri- 
zione di  lulia  è  buona,  tranne  qualche  iperbato;  le  circostanze  cui 
si  allude  dal  redattore  sono  degne  di  considerazione  specialmente 
per  due  condizioni,  la  prima  perchè  il  notevole  cimelio  spetta  ad 
Hybla  presso  Siracusa  che  sopravvisse ,  benché  piccola  ,  alla  di- 
struzione marcelliana  del  2i2  a,  é.  v.  ;  l'altra,  perchè  il  titolo  ap- 
partiene quasi  agli  ultimi  anni  del  III  secolo,  poco  dopo  il  sup- 
plizio dei  martyres  supra  Megaram  (cfr.  v.  12,  prò  foribus  mar- 
tyroì^m,  sic),  dei  quali  ricorderò. 


* 
*  * 


L'epigrafe,  studiata  dal  Zaccaria,    dal   Gener   e  dal  Muratori 
dopo  la  trascrizione  di  Andrea  Lucchesi,  dal  signor  Ignazio  Riz- 


(1)  Ovvero  perchè  fossero  cristiani  occulti;  cf.  un  esempio  di  Roma^ 
in  un'iscrizione  dei  tempi  quasi  di  Costantino,  nella  quale  é  detto  di  una 
donna  die  era  inter  fideles  fUelis,  intcr  alienos  pa<jana,  apd  0.  Mahuc- 
CHi,  //  cimil.  e  la  basii,  di  s.  Valentino,  p.  14. 


NOTE    SU    MEGARA  471 


zari  di  Catania  passò  al  Museo  parigino  del  Louvre  (v.  Garrucci, 
Le).  —  lulia  «nacque  ai  6  Marzo,  prima  che  spuntasse  la  luce 
del  giorno ,  visse  18  mesi  e  22  giorni  (ibid.,  p.  212)  ».  Delle 
quattro  circostanze  esaminate  da  Raffaele  Garrucci,  a  noi  in- 
teressa fermare  1'  attenzione  sulla  seconda  ,  cioè  sulla  incidenza 
della  nascita  di  lulia  Zoilo  corr-ectore  provinciae  (v.  4);  e,  per  le 
nostre  ricerche,  giova  anche  aggiungere  che  lei  è  defuncta  Hy- 
blae  (v.  8).  —  Come  mostrai  nel  1896  sulle  opportune  testimonian- 
ze di  Gatti,  De  Rossi  e  Carini ,  i  coirrectores  provinciae  Siciliae 
durarono  fino  ai  primi  decennii  del  secolo  IV  (1)  e  non  più  tardi 
degli  ultimi  anni  di  Costantino  (m.  337).  Così  l'iscrizione  cristiana 
di  Julia  è  la  più  antica  tra  le  scoperte  epigrafiche  nella  Sicilia 
Sotterranea;  poiché,  delle  iscrizioni  cimiteriali  che  fino  ai  nostri 
giorni  vennero  trovate,  la  più  remota  risale  all'anno  356  (2)  e  fu 
scoperta  da  F.  S.  Cavallari  nel  cimitero  di  s.  Giovanni  presso  Si- 
racusa. Or  non  essendo  più  altro  che  èprjtioc  l'Hj'bla  presso  Cata- 
nia al  II  sec.  d.  C,  bisogna  ammettere  che  nell'epigrafe  in  parola 
si  alluda  evidentemente  al  7toX£xviov  di  Megara-Hyblaea,  né  si  deve 
punto  pensare  alla  meridionale  Hybla  Heraia  che  sarebbe  troppo 
lontana  per  il  complesso  delle  circostanze.  Che  anzi,  siccome  lulia 
ebbe  il  «  suo  sepolcretto  posto  innanzi  l'ingresso  che  si  diceva  dei 
martiri,  prò  foriMis  martyrorum  »>  e  le  si  rese  questo  pietoso  tri- 
buto da  un  sacerdote,  cuius  corpus  .  .  .  pe>^  presbyter'iim  humatum 
est,  naturalmente  nella  custodia  martyrtim  o  cella  memoriae  dei 
prossimi  martiri  di  Megara,  pensiamo  subito  a  quelli  che  vennero 
suppliziati  sul  monticello  dirimpetto  all'altura  di  Trotilon,  quello 
che  chiamasi  Diavolo  d'Opera  e  del  quale  non  ho  testimonianze 
che  porgano  l'antica  denominazione.  Della  controversia  che  si  ri- 
ferisce ai  loro  Atti  dirò  nel  seguente  capitolo.    Per    ora   avverto 


(1)  Vd.  V,  Strazzulla,  Arch.  St.  Sic.  del  1896,  Estr.,  p.  75,  n.  1;  cons. 
R.  Garrucci,  /.  e,  p.  215,  e  più  recentemente  Carini  in  Arch.  SI.  S.  del 
1898,  p.  442  e  444. 

(2j  V.  Strazzulla,  Museum  Epigrnphicum  seu  Inscriplionutn  chri- 
stianarum  quae  iti  Syracusanis  calacumbis  reperlae  sunl  Corpusculum,.. 
Panormi  1897,  p.  221,  n.  2  (419)  :  'depositis  Sporus  . .  .  decessit   in  pace 
Conslanlio   Aug{usló)    Vili  et   luliar.o    Caes(are)  Coss'  [Th.  Mommskn,  , 
C.  I.  L..  X*,  n.  7167]. 


472  NOTE    su    MEGARA 


che,  se  lulia  morì  ad  Hybla,  essa  fu  certo  alla  piccola  borgata  di 
Megara  ;  giacché  di  questa  si  hanno  menzioni  martirologiche,  non 
delle  altre  Ible.  Non  ho  pertanto  argomenti  antichi  in  sostegno 
per  stabilire  il  loculus  depositionis  di  lulia  in  quel  recinto  con 
TTpóvaoc  (?)  che  nel  II  cap.  di  questi  studi  ho  avvisato  di  rimanere 
tuttora  presso  la  greca  Trotilon,  e  che  volgarmente  chiamano  la 
Chiesa.  La  mia  congettura  è  nulladimeno  fondata  in  ciò  che,  di 
fronte  a  questo  sito,  a  circa  un  km.  dall'opposta  riva  del  f.  Pan- 
takyas  (negli  Ada  'Assia'),  si  eleva  in  forma  conica  il  monti- 
cello  Diavolo  d'Opera,  identificato  col  luogo  dei  martiri  di  Megara. 
E  giacché  i  «  sepulchra  martyrum ,  xi^ot  liapiùptov ,  osserva  Gar- 
rucci  (1),  erano  chiese  consecrate  alla  loro  memoria  e  nelie  quali 
erano  venerate  le  loro  reliquie,  e  di  queste  fabbriche  al  sec.  Ili 
si  contava  per  tutta  la  cristianità  un  gran  numero  »,  non  essendo 
di  li  altre  località  cospicue  in  proposito,  se  ne  togli  la  grotta  della 
•  Mater  Adonai'  e  le  più  distanti  catacombe  del  'Molinello',  nulla 
vieta  di  collocare  la  deposizione  di  lulia  presso  Trotilon  ,  cioè  non 
molto  lungi  dall'altura  '  Diavolo  d'  Opera  '.  Martirizzati  nell'a.  238 
ed  lulia  defunta  a  Megara  -  Hyblaea  nella  fine  del  III  od  al  prin- 
cipio del  IV  secolo,  cioè  a  poca  distanza  di  tempo  e  di  luogo  dal- 
l'esecuzione martirologica,  quando  ai  dintorni  specialmente  doveva 
ancor  essere  fresca  la  memoria  del  martirio  eseguito ,  i  genitori 
di  lulia  Fiorentina ,  che  tenerissimamente  ne  piansero  la  per- 
dita (2)  e  ne  affidarono  la  sepoltura  al  Tipsa^utepog  della  èxxXrjoìa 
|iapTóp(i)v,  l'avrebbero  con  ogni  probabilità  deposta  nella  chiesa  pres- 
so Trotilon,  dedicata  ai  martiri  di  Megara. 

È  quindi  notabilissima  questa  iscrizione  per   dimostrare,  oltre 
alla  testimonianza  di  Plutarco,   Pausania ,  Servio  ed  altri,   1' esi- 


(1)  Vd.  /.  e,  p.  220  ;  cf.  V.  Strazzulla,  Museum  Epigraphicum,  o.  e, 
p.  30  ss.  e  le  note  appostevi. 

(2)  Ck)n8.  specialmente  i  vv.  9-11,  dove  le  parole  *cuius  occasiim  cnm 
aterque  pareiis  omiii  momento  fleret,  per  nocteni  '  etc.  fanno  pensare 
alla  *  tristissima  noctis  imago  '  di  Ovidio,  nonché  il  lamento  di  un  ve- 
dovo in  iscriz.   del   dm.  di  s.  Valentino    illustr.   dal   Marucchi,  p.  79: 

"  o  durut  raptor  mors  improba  "  etc. 


NOTE    SU    MEGARA 


473 


stenza  di  un  borgo  Megara ,  forse  1'  unica  Hybla  superstite  alme- 
no fino  al  IV  secolo  dell'  é.  v.  Non  si  hanno  altre  memorie  che 
si  riferiscano  a  Megara  dopo  questa  età;  è  però  probabilissimo 
che  più  tardi,  nei  bassi  tempi  imperiali,  i  Megaresi,  ridotti  ad  abi- 
tare un  villaggio,  e  attratti  da  migliore  e  più  eccellente  postura, 
abbiano  popolata  la  penisoletta  dell'opposta  riva,  insieme  con  gli 
Xiphoniatai ,  per  dar  poi  origine  ad  Augusta  sotto  Federico  II 
[1197-1250].  L'elemento  Arabo,  che  nel  sec.  Vili  saccheggiò  Sira- 
cusa, come  narra,  tra  gli  altri,  Teodosio  monaco  nella  'AXoootc  tfj; 
Sopay.ouayjc,  non  risparmiò  la  campagna  archeologica  di  Augusta. 
Se  non  che,  della  evoluzione  posteriore  di  questo  elemento  e  dei 
nuovi  abitatori  della  penisola  ove  oggi  è  Augusta  non  tocca  ag- 
giungere altro  in  queste  ricerche,  limitate  soltanto  alla  storia  an- 
tica e  all'archeologia  (i).  Ho  accennato  a  devastazioni  saracene,  e 
appunto  nella  valle  alta  del  fiume  Molinello  scorgo  dei  vestigi  che 
meritano  particolare  attenzione,  prima  di  giungere  all'agiografia 
del  monticene  Diavolo  d'Opera  e  alla  grotta  Adonai. 


(1)  Spetta  all'anno  1086  la  seguente  notizia  riferita  du  M.  A.mari  {Stu- 
ria  dei  Musulmani  in  Sicilia,  Firenze  1868,  voi.  Ili,  p.  166):  •  Ruggie- 
ro I  (normanno)  (poco  prima  di  prendere  Siracusa),  mandato  Giordano 
coi  cavalli  che  l'aspettasse  al  Capo  di  Santa  Croce,  là  dove  fu  poscia 
edificata  Agosta  (?!),  salpò  con  l'armata»,  fece  tre  fermate,  a  Taormina, 
a  Lognina  presso  Catania,  e  la  terza  al  capo  di  S.  Croce,  dove  egli  (Rug- 
giero) trovò  Giordano  coi  cavalli  e  si  disponeva  per  prendere  Siracusa. 
Di  poi  a  un  paio  di  secoli,  secondo  lo  stosso  Amari  (BiOl.  Arabo-Sicula^ 
I,  p.  244;  cfr.  II,  p.  IH),  «  'Al  'Inbirùr  (l'imperatore  Federico  II)  fondò 
invece  di  Catania  (ai'sa  dall'Etna)  un'altra  città,  alla  quale  pose  nome  di 
Gnstàrah  (Agosta)  [Edrisi,  trad.  dall'Amari].»  Confronta  pure    la  cronaca 

dell'anonimo  (Nicolò  de  Jamsilla)  presso  il  Caruso  [5/6/.  hislor.  regni 
Siciliae,  Pai.  1723,  II,  p.  678];  sicché  di  Augusta  città  si  può  comin- 
ciare a  parlare  solamente  col  sec.  XII,  o  poco  prima.  Può  con  frutto  con- 
sultarsi la  Historia  diplomatica  Friderici  li,  ediz.  di  J.  L.  A.  Huillard- 
Bréholles ,  a  spese  del  De  Luynes,  tom.  V,  parte  I,  p.  419  (an.  1239); 
ibid.,  V,  p.  510,  632,  633  ss.,  775>,  797,  825,  869,  979,  982,  1180,  dove  si 
parla  segnatamente  dello  storico  porto  di  Augusta  e  dei  privilegi  concessi, 
da  Federico  alla  città. 


474  TIMPA    DDIERI 


* 
*    * 


Nota.  Nel  secolo  scorso  l'Houel  (1)  die  notizia  della  Timpa  Ddierì, 
lungo  la  via  che  da  Augusta  mena  a  Lentini,  nella  località  Delu- 
deri,  la  quale  si  estende  in  quel  tratto  di  feudo  che  forma  parte 
•della  stretta  e  tortuosa  valle  del  Molinello.  Una  altissima  ru- 
pe da  levante  a  ponente  si  erge  poco  men  che  perpendicolar- 
mente, con  aspetto  quasi  piano  e  levigato ,  e  per  la  sua  forma  è 
-quasi  unica  in  Sicilia,  proprio  quella  che,  come  osservarono  Dal 
Lago  e  Graziadei  nella  traduzione  dell'  Holm,  può  chiamarsi  Ddierì, 
parola  del  dialetto  siciliano  di  Val  Noto  ,  non  applicabile  a  qual- 
siasi sito  inaccessibile  che  sia  pieno  di  grotte,  nel  modo  che  asse- 
rirono Italia-Nicastro  e  Schubring;  ma  solamente  «  a  quel  com- 
plesso di  grotte  disposte  in  linea  orizzontale  e  con  ordine  alle 
quali  si  accede  [non  molto]  comodamente  per  una  specie  di  ter- 
razza naturale  formata  dallo  sporgere  della  rupe  a  guisa  di  cor- 
nicione che  gira  tutt'  all'  intorno  »  Se  1'  uso  di  tali  grotte  fa  pen- 
sare ad  epoca  remotissima  e  preellenica,  nulladimeno  nel  saccheg- 
gio che  l'elemento  saraceno  apportò  nella  Sicilia  Orientale,  la 
Tbnpa  Ddierì  fu  molto  probabilmente  un  sito  solitario  e  oppor- 
tuno per  i  giacimenti  di  quel  popolo  devastatore  ;  ed  una  stanza 
con  muratura  che  era  incavata  nel  più  occidentale  tratto,  con- 
servando vestigi  di  carattere  Arabo,  indecifrabile ,  fa  pensare  al 
ricovero  del  capo  di  una  di  quelle  nomadi  corporazioni.  Non 
dirò  altro  in  proposito,  e  non  dovevo  però  tacere  che,  avendovi 
ravvisato  un  acquedotto  che  occupa  molto  delio  sventramento 
interiore,  nonché  alcune  fialette  e  lucerne  con  frammentini  figu- 
lini a  colori,  ritengo  che  la  Timpa  del  Molinello  meriti  speciale 
considerazione. 

Dalle  foci  del  Terias  all'  Anapos ,  come  dal  capo  Xifonico  al 
golfo  Megarese  abbondano  simili  grotte  naturali  o  scavate  dalla 
mano  dell'uomo  in  età  lontanissime.  Specialmente ,  come  avverte 


(I)  HouB/.,  Voyage  piltoresque  des  iles  de  Sicile ,  de  Malta  et  de  Li- 
pari in  k  voli.  (Paris,  Ì782-S7)  :  cf.  IV,  p.  67  sgg.  ;  Holm,  Storia  di  Si- 
-cilia,  1,  p.  219,  222. 


KALAURIA,    LEON  475 


r  Holm,  ove  «  corre  per  un  miglio  il  tortuoso  Canale  della  Bruca, 
per  il  quale  si  versa  in  mare  il  fiume  Porcari  (Pantagia) ,  nelle 
sue  chiare  acque  si  specchiano  le  grotte  scavate  nelle  rupi  ver- 
ticali alte  dai  14-17"  ».  E  in  pari  modo  lo  Schubring  pose  atten- 
zione alle  altre  grotte  che  accompagnano  il  Molinello  a  quattro  o 
cinque  km.  dal  Porcari,  anch'esse  scavate  nelle  rocce  a  picco,  non 
dissimili  da  quelle  che  si  osservano  presso  alle  foci  del  san  Gu- 
smano  e  lungo  le  spiagge  del  chersoneno  Thapsos.  Dopo  una 
breve  disamina  di  alcune  torri  a  sud  di  questa  penisola,  parlando 
del  monticello  Diavolo  d'Opera  e  delle  sue  grotte,  troveremo  che 
immani  fatiche  abbiano  intrapreso  e  compito  gli  antichissimi  abi- 
tatori della  zona  campestre  della  odierna  Augusta,  a  cominciare 
da  Thapsos  (pen.  di  Magnisi)  fine  al  roccioso  terreno  dei  dintorni 
del  Pantakyas  presso  Trotilon. 


VI.  K  ALACRI  A,  Leon. 

1.  Due  notevoli  passi  di  antichi  scrittori  meritano  spe- 
ciale considerazione,  non  solo  perchè  indicano  nelle  linee  ge- 
nerali un  luogo  diflicile  a  potersi  stabilire,  ma  anche  per  una 
certa  differenza  fonetica  con  cui  esso  viene  nominato.  È  di 
una  torre  che  io  voglio  dire,  alla  quale  si  riferiscono  Livio  e 
Plutarco.  Anteriormente,  discorrendo  dell'assedio  di  Siracusa 
tenuto  da  Marcello,  abbiamo  citato  Livio  il  quale  ricorda  una 
turris  Galeagra,  che  Plutarco,  narrando  quasi  conformemente 
a  lui,  non  nomina,  ma  vi  allude  col  dirla  T^upyov  xcvà  [Plu- 
tarch.  Marcellus,  18,  p.  308].  Secondo  Livio,  Damippo  spar- 
tano, cioè  degli  alleati  di  Siracusa,  mandato  a  re  Filippo  di 
Macedonia,  fu  preso  dai  Romani;  ma  siccome  Epicydes  (1) 
aveva  premura  che  venisse  riscattato  Damippo,    non  lo  vietò 


(1)  Ricordo  che  Siracusa    fu   presa  dal  cons.   Marcello   [a.  211  a.  C] 
•quando  era  sotto  il  dominio  di  Epicydes  ed  Hippocrates  :  Liv.  XXIV,  32. 


47t5  KALAURIA,    LEON 


Marcello,  poiché  allora  i  Romani  ostentavano  l'amicizia  degli 
Etoli,  che  erano  alla  loro  volta  alleati  degli  Spartani.  Mandati 
ambasciatori  a  parlare  del  riscatto  dinanzi  a  Marcello,  si  trovò 
un  luogo  quanto  poteva  esser  meglio  opportuno  agli  uni  e 
agli  altri,  per  mezzo  della  torre  che  dicono  Galeagra,  presso 
il  porto  dei  Trogili  (1).  Della  piccola  stazione  di  Trogilos  a 
sud  del  chersoneso  Thapsos,  con  un  seno  che  fé'  dire  a  Silio- 
di  essere  '  perflata  Auslris  ',  come  fu  notato  indietro ,  non  è 
nulla  a  dubitare,  né  da  aggiungere  (2).  E  parimenti  è  chiara 
il  passo  liviano  '  locus ,  ad  portus  Trogilorum  ,  propter  tur- 
rim,  quam  vocant  Galeagram  '.  Naturalmente  avrei  dovuta- 
parlar  prima  di  un  altro  passo  di  Plutarco,  perchè  si  riferisce 
a  fatti  anteriori  da  più  di  un  secolo  (339  av.  è.  v.);  ma  appo- 
sitamente ho  preferito  trascurare  l'ordine  cronologico,  per  co- 
minciare da  Livio  che  indiscutibilmente  colloca  il  forte  di  Ga- 
leagra presso  Trogilos,  per  passare  al  brano  alquanto  oscuro 
e  difficile  di  Plutarco  che  è  per  ciò  degno  di  studio  compa- 
rativo per  l'esatta  toponomastica. 

Nella  vita  di  Timoleonte  (§  31)  è  detto  da  Plutarco,  sicco- 
me abbiamo  avvisato  nell'identificare  il  Damyrias  fì.imien  col- 
l'odierno  Molinello,  che  quell'eroe  Corintio  fu  mandato  dalla 
madre  patria  in  Siracusa  per  salvarla  dalla  tirannide  dei  due 
Dionisii;  mentre  Hiketes  signore  di  Leontinoi  e  Mamerkos  di 
Katane  approfittavano  dell'  opportunità  per  impadronirsene^ 
non  seppero,  per  quanto  uniti,  tenergli  fronte.  Giova  ora  fer- 
mare l'attenzione  sul  passo  di  Plutarco  per  andare  all'ipotesi 
che  egli,  nel  nominare  Kalauria  intende  forse  parlare  della  me- 
desima iurris  Galeagra  mentovata  da  Livio  presso  Trogilos. 
"  Mentre  Timoleonte,  racconta  Plutarco,  moveva  (da  Siracusa) 
verso  Kalauria  con  Tesercito,  Hiketes  con  assalti  tolse  molta 
preda  da  Siracusa,  e  molto   danneggiando  e  trattando  (il  po- 


(1)  Livio,  XXV,  23,  8  sgg. 

(2)  Cf.  la  *  Carta  Comparata  della  Sicilia  Antica  '  delPHoLM;  per  Leoa 
e  Trogilos  vd.  E.  A.  Frbkman,  History  of  Stcili/,  III,  p.  65U  sgg. 


KALACRIA,    LEON  477 


polo)  orgogliosamente,  si  allontanò  alla  volta  della  stessa  Ka- 
lauria,  non  dandosi  pensiero  di  Timoleonte,  poiché  costui  ave- 
va poco  numero  di  soldati.  "  Sin  qui  si  scorge  che,  se  Hiketes 
era  mosso  da  Leontinoi  verso  Siracusa  e  poi  tornava  a  nord 
alla  volta  di  Kalauria,  nulla  temendo  lo  sparuto  numero  della 
milizia  siracusana  di  Timoleonte,  doveva  aver  avuto  sentore 
dell'uscita  di  costui  verso  Kalauria  per  opporglisi;  mentre  il 
duce  timoleonte  si  sarebbe  partito,  probabilmente  per  la  via 
orientale  dell'Epipolai  o  di  Achradina,  contro  l'avversario,  in- 
consapevole dell'assalto  che  Hiketes  andava  o  era  andato  a  ope- 
rare in  Siracusa  per  altra  via,  la  quale  non  doveva  essere  se 
non  ad  occidente  dell'Epipolae  q  giù  di  là.  Ciò  anche  potrebbe 
spiegarsi  per  la  circostanza  del  non  ancora  avvenuto  incon- 
tro dei  Leontinoi  coi  Timoleontei.  Indi,  fatta  la  preda,  Hiketes, 
non  provando  lo  spauracchio  di  una  esigua  schiera  qual'era 
la  timoleontea,  si  muove  per  incontrarsi  con  questa,  sperando 
compire  l'operazione  della  vittoria  anche  con  la  decimazione 
di  quelle  forze  sparute.  Ma  il  duce  Corintio  gli  lascia  pren- 
dere l'avvantaggio...  5è  upoXapeìv  làaag,  e  poi,  partendo 
da  Kalauria,  dove  lo  ha  collocato  Plutarco,  gl'insegne  furiosa- 
mente la  cavalleria.  .  .  èStwxsv  Ikizzìì;,  servendosi  a  ciò  degli 
stessi  soldati  di  leggiera  armatura  .  .  .  eXwv  -/al  ?];tXous.  Dopo 
il  bottino,  i  Leontinoi,  benché  baldanzosi  sui  pochi  veliti  di 
Timoleonte,  non  dovevano  avere  altra  aspirazione  che  di  pren- 
dere la  via  del  settentrione  per  tornare  carichi  alla  loro  città. 
E  giacché  Hiketes  si  era  mosso  verso  Kalauria,  dappoi,  per  l'in- 
seguimento sopravvenuto  di  Timoleonte  contro  i  cavalieri  av- 
versarli, questi  avrebbero  prese  una  via  obliqua ,  alquanto 
verso  Ovest,  per  trovare  più  facile  il  passaggio  attraverso  il 
corso  alto  dei  fiumi  Alabon,  Selinus  e  Mylas,  finché  si  fermarono 
alle  rocciose  coste  di  sinistra  del  Damyrias  che,  seguendo  l'Holm, 
abbiamo  identificato  col  Molinello.  Ove  poi  Plutarco  termina 
narrando  la  vittoria  di  Timoleonte,  con  la  circostanza  che  Hi- 
ketes credeva  di  trovarsi  in  luogo  sicuro  e  adatto  alla  difesa, 
è  da  notar  come,  per  essersi  Timoleonte  gettato  coi  suoi  nel 
Aich.  Star.  Su:  N.  S.  anno  XXIV.  31 


478  KALAUBIA,    LEON 


fiume  Damyrias,  Hiketes  era  certamente  passato  alla  riva  op- 
posta, alla  sinistra,  e  con  tutte  le  sue  forze  aveva  dovuto  var- 
care il  fiumicello,  per  lo  meno  dal  corso  medio.  E  se  Timo- 
leonte  sbaraglia  le  sue  forti  e  baldanzose  schiere ,  egli  con 
poco  numero  di  soldati,  si  deve  manifestamente  scorgere  in 
tale  particolarità  la  stanchezza  della  fuga  nelle  schiere  leon- 
tine  perchè  potessero  esser  sopraflfatte  dai  Timoleontei. 

Per  unificare  Kalauria  con  Galeagra,  bisogna  por  mente 
alle  parole  di  Plutarco,  ove  dice  che  Timoleonte,  lasciando 
ad  Hiketes  leontino  il  vantaggio  di  TcpoXaPcìv,  gli  mise  in 
fuga  la  cavalleria  ;  e  di  lì  (Kalauria)  al  Damyrias,  ove  si  na- 
scose l'esercito  leontino,  è  un  tratto  considerevole  che  giusti- 
ficherebbe, da  un  canto,  l'inseguimento  timoleonteo  e  la  fuga 
di  Hiketes.  Cosi  il  forte  di  Kalauria  parrebbe  di  essere  stato 
ai  pressi  settentrionali  dell'acropoli  siracusana.  Ora,  per  altro 
canto,  giova  esaminare  un  nuovo  passo  dello  stesso  Plutarco 
[Maìcell.,  18J  in  rapporto  a  Livio  [XXV,  23,  8  ss.]  che,  co- 
me osservammo  nel  cap.  H,  4  di  queste  ricerche,  nomina  una 
«  turrim,  quam  vocant  Galeagrara  »,  dove  i  Romani  con  Mar- 
cello facevano  le  loro  tattiche  ispezioni.  Poiché  Galeagra,  il 
TtupYov  Tivx  plutarcheo,  giudicammo  (cap.  H)  essere  tra  la  Tar- 
gia  e  il  campo  marcelliano,  parmi  verosimile  la  conseguenza 
che  la  lu)')-is  Galeagra  presso  i  portus  Trogilorum  sia  la 
stessa  che  Kalauria,  stante  la  medesima  vicinanza  che  Plu- 
tarco e  Livio,  nei  tre  passi  allegati,  assegnano  dalla  frontiera 
nordica  siracusana  alla  torre  in  parola.  Galeagra  stava,  come 
si  desume  da  Livio,  tra  Leon  e  Siracusa,  «  alquanto  discosto 
dal  muro  »  (Holm).  E  che  presso  Galeagra  i  Romani  ebbero 
agio  di  prender  Siracusa,  è  detto  da  Cassio  Dione  presso  Zo- 
nara  [IX,  5]  :  -^v  xt  xoli  Supaxouotot?  xoO  xtiXouQ  i%i\ia.y,oy ,  8 
FaXcàYP*^  d)v6(jux^0Vj  3  Ttplv  [lèv  èXàvGave  xotoùxov  6v,  xóte  8è  èfpcD- 
pii)r^.  vrififlOL^  ouv  xol>{  Supaxouocou;  uavvuXt5a  'ApxéjjitSi  5yovxot<; 
7wtv5rjju(,  ixéXtvai  oxpaxtwxoc;  xiol  xax'èxefvo  xò  Xwpiov  ÒTCtpptjvot 
xò  x«rxo«  (1). 


(1)  Cf^.  r  Holm,  che  dà  più  fede  a  Livio  che  a  Dione ,  in   Topografia 
archeologica  di  Siracusa,  p.  300. 


KALAUEIA,    LEON  479 


Onde  credo  si  possa  forse  identificare  la  turì^is  Galeagra 
con  la  Kalauria  plutarchea. 

Se  pure  Livio  dice  '  turrim  quam  vocant  Galeagram  \  gli  è 
che  tale  denominazione,  nel  tempo  della  supremazione  romana 
in  Sicilia,  dovette  possibilmente  prevalere  nell'  uso  popolare, 
dove  al  contrario  Plutarco  ha  usato  1'  esplicito  nome  classico 
Kalauria.  Sicché  la  fortezza  presso  o  dentro  Trogilos  potè  chia- 
marsi Galeagra,  variante  e  corrotto  per  Kalauria. 

* 
*  * 

2.  Un'altra  Tiópyo?  di  difesa,  come  Trogilos  e  Kalauria,  di- 
pendente anch'essa  dalla  prossima  Siracusa,  era  Leon,  pure  in 
prossimità  del  chersoneso  Thapsos.  La  nomina  Tucidide  allorché 
racconta  che  gli  Ateniesi  (siamo  perciò  al  415-413)  con  l'eser- 
cito da  Katane  si  movevano  alla  volta  del  forte  Leon. . . .  xaxà 
Aéovxa  xaXoufievov,  che  dista  dail'Epipolai  per  sei  o  sette  sta- 
dii,  e  quivi  sbarcata  la  fanteria  che  subito  va  a  prendere 
Euryalos,  con  le  loro  navi  si  fermano  a  Thapsos,  il  cui  angu- 
sto istmo  vien  palafittato  (i). 

Appena  due  secoli  dopo,  un'altra  vicenda  si  riferisce  alla 
stessa  toponomastica  ed  è  rapportata  da  Livio  [XXIV ,  39, 
12-L3],  sempre  sul  riguardo  dell'  assedio  posto  dai  Romani  a 
Siracusa  : .  .  .  "  ipse  {Vimperator  romano)  hibernacula  quinque 
milia  passuum  ab  Hexapylo  —  Leonta  vocant  (2)  locum  —  com- 
munivit  aedificavitque".  E  giacché  la  rocca  di  Leon  si  allon- 
tana, conforme  lo  storico  Ateniese,  per  sei  o  sette  stadii  dai- 
l'Epipolai, tenendo  per  base  del  calcolo  lo  stadio  minore,  si  ha 

m.  150  X  "7  =  lOòO'", 


(1)  Thucyd.,  vi,  97,  1  :  ,  .  .  ai  'AOttjvocìo'.  .  .  .  x(j)  orpatsóiia-ct  ex  zriz  Kaxi- 
yriz  a^óvieg  xaxà  xòv  Aéovxa -xaXotijievov  ,  ò^  dméxet  xcòv  'StottoXwv  ig  ■?)  éuxà 
<jxa8(oo5,  xal  xoù{  ns^oùg  à.Ko^i'^doa.vnz  i  '^*ÌC  "^  vauoì  èj  xtjv  BoccJ'o^  xa9op|ii- 
ooc|ieva  xx4...;  cf.  E.  A.  Freeman,  Tke  hislory  of  Sicily,  III,  app.  XIII; 
A.  HoLM,  Gesch.  Sic.  (Lpz.  1874),  II,  p.  385. 

(2)  Gfr.  in  Thdcid.  Aéovxa  -xaloMjisvov  e  la  Livio  L,  vocant  locum. 


480  KA£,AmBlÀ,    LEO» 


e  quindi  poco  più  di  un  chilometro,  motivo  pel  quale  gli  Ate- 
niesi poterono  di  lì  a  poco  impadronirsi  del  castello  Euryalos. 

Riferendoci  alla  testimonianza  liviana  [XXIV ,  33 ,  9]  per 
l'intervallo  che  corre  da  Leon  alFHexapylon,  se,  ai  tempi  di 
Marcello,  «inde  terra  marique  simul  coeptae  oppugnari  Syra- 
cusae,  terra  ab  Hexapylo ,  mari  ab  Achradina ,  cuius  murus- 
fluctus  adluitur»,  scorgesi  che  ai  lidi  ove  finisce  Achradina  (e- 
Tycha)  comincia  l'Hexapylon;  e  per  esser  di  lì  a  Leon  occor^ 
rendo  'quinque  milia  passuum  '  e  da  Leon  all' Epipolae  circa 
un  km.,  il  sito  in  parola  non  è  presso  ai  lidi  di  Trogilos,  ma 
alquanto  entro  terra.  Leon,  altro  luogo  torte  e  utile  per  la 
strategia  siracusana,  si  sarebbe  così  trovata  a  formare  id 
punto  d'intersezione  di  un  angolo  avente  un  lato  minore  N-S^ 
Leon-Epipolai ,  per  un  chilometro,  e  1'  altro  di  5  miglia  ro^ 
mane,  Leon-Hexapylon ,   in   direzione  N-SE  (1). 

Se  fu  grande  la  metropoli  greco-siceliota,  cantata  da  Piur- 
daro  (2) 

[leYaXouóXtei;  w  Supaxóaot,  ^a6u7:oX£|jiou 

téjievo?  'Apeos  àv- 

5ptov  rreixtov  TE  aiSapoXapjiàv  5ai|jióviai  xpocpot,. 


(1)  Cfr.  la  carta  esattissima  '  Syracuse  during  the  Athenian  Siege  '  apd 
Fkeeman,  Hist.  of.  Sicily,  o.  e.  Ili ,  pg.  167  ;  ma  vedi  pure  la  mappa 
*  Syracuse  under  Dionysios  '  ibid.  IV,  p.  56,  dove  dei  due  Hexapylon  (?) 
bisognerebbe,  a  quanto  sembra,  adattare  il  più  orientale  al  passo  liviano. 
Per  più  minute  ricerche  cons.  A.  Letronne,  Essai  critique  sur  la  topo- 
graphie  de  Syracuse  au  commencement  du  cinquième  siede  avanl  Vere 
vulyaire,  Paris  1812,  e  più  recentemente  A.  Holm-P\S  Cavallari,  To- 
poyrafia  archeologica  di  Siracusa  (con  la  collaborazione  dell'ing.  Cristof. 
Cavallari),  Palermo  188'.i,  p.  75  [con  Atlante  ,  più  Appendice  alla  Top. 
arch.  di  Siracusa].  11  Cavallari  (1.  e.)  osserva:  •  Thapsos  dista  dall'ap- 
prodo dei  Trogili  m.  5000  via  di  mare;  quindi,  senza  avventiiiarsi  in  mi 
cammino  lungo  per  terra,  t,ì  arriva  immediatamente  sotto  Tica  e  l'Epi- 
poli  •.  E  più  giù:  *  l.a  distanza  del  porto  dei  Trogili  sino  ai  passaggi, 
prossimi  all'Eurialo  ó  di  m.  4000  circa*. 

(2)  Carm.  [recogn.  W.  Christ,  Lps.  18S7J,  Pylh.  II,  vv.  1-3. 


EALAUBIA,    LEON  481 


già  fondata  da  Archias,  che  delle  quattro  località  (Achradina, 
Neapolis,  Tycha  ed  Epipolae  oltre  l'isola  di  Ortygia)  si  avviava 
a  formare  una  sola  città  popolosa  e  potente,  era  naturale  che, 
anche  ai  suoi  sbocchi  settentrionali,  avesse  delle  torri  sussi- 
diarie. E  come  l'importanza  delle  sue  porte  era  maggiore  che  in 
ogni  città  di  Sicilia,  ed  in  rapporto  al  numero  delle  vie  com- 
merciali che  vi  si  congiungevano;  così  presso  ad  esse,  al- 
l' Hexapylon  ed  all'Epipolae,  nonché  ai  forti  di  Labdalon  e  di 
Euryalos,  queste  ed  altre  rocche  che  si  vennero  formando,  spe- 
cialmente ai  tempi  della  guerra  del  Peloponneso  e  più  furon  fa- 
mose ai  tempi  di  Dionisio  I-,  valevano  maggiormente  ad  assicu- 
rare la  difesa  della  città,  il  cui  nucleo  potè  appena  soggiacere 
in  parte  sotto  Marcello  nel  IH  "secolo  av.  Cristo.  Fu  ben  detto 
■che  «  alle  porte  si  svilupparono  le  arti  di  fortificazione  e  d'as- 
sedio dei  Greci  »,  e  la  torre  ebbe  origine  «  da  quelle  spor- 
genze murali  . .  .  allo  scopo  di  opporre  una  più  viva  e  dure- 
vole resistenza  agli  assalti  nemici  ».  Ora,  l'incremento  strate- 
gico di  Siracusa  era  tale,  e  la  sua  supremazia  aveva  si  grande 
potere  sulle  piccole  città  vicine  che,  anche  più  in  su  dal  porto 
di  Trogilos  (scala  Zappuglio,  scala  Greca,  Labdalon),  si  sentì 
il  bisogno,  con  l'andar  dei  tempi,  di  rassicurar  meglio  la  si- 
curezza del  paese.  Se  tra  la  odierna  contrada  Targia  ed  il 
forte  di  Leon  era  il  campo  dei  Romani,  siccome  abbiamo  vi- 
sto con  Livio,  è  chiaro  che  a  N-W  del  Labdalon  si  dovesse 
trovare  la  torre  di  Kalauria  o  Galeagra,  in  vicinanza  della 
quale  sarebbe  passato  e  Hiketes  e  Timoleonte  nelle  operazioni 
militari  di  cui  fu  detto,  e  lo  speculator  di  Marcello  prima  di 
prendere  Siracusa.  Oltre  a  ciò,  l'utilità  delle  torri  fra  Trogilos 
e  Siracusa  era  agevolata  dalle  rupi  e  dalle  alture  isolate  che 
divennero  in  tal  guisa  opportunissime  per  lavori  di  forte  mu- 
ratura e  per  riconoscervi  il  campo  sottostante,  come  ad  Orco- 
meno  e  Messene,  ovvero  per  guardia  contro  i  pirati.  Un  sob- 
borgo abbisogna  di  luogo  forte  ove  potersi  ditendere  in  caso 
di  assedio,  o  per  far  fronte  a  invasioni  di  ladri,    affinché  ar- 


482  KALAURIA,    LEON 


rivi  Taiuto  della  città  stessa  »  (1),  e  poteva  esso  servire  o  per 
«  difesa  privata  »,  ovvero  per  «  organizzazione  comune  contro 
i  pericoli  comuni  ai  paesi  limitrofi  ».  Se  siffatte  costruzioni  le 
troviamo  alla  frontiera  di  una  interessante  e  grossa  città,  co- 
me a  settentrione  di  Siracusa ,  [dovevano  essere  più  estese 
per  impedire  Iti  presa  all'avversario;  ed  è  perciò  che,  non 
bastando  l'Epipolai  col  Labdalon  e  V  Euryalos  se  non  per  la 
sola  difesa  di  Siracusa,  avendo  essa  sotto  di  sé  anche  Megara 
e  il  sobborgo  di  Trogilos,  potevano  servire  di  preliminare  di- 
fesa anche  le  torri  Galeagra  e  Leon,  prima  ancora  che  il  ne- 
mico giungesse  all'acropoli.  Ma  queste  due  torri  son  sempre  in 
certa  prossimità  alla  frontiera  dell'Epipolai,  conforme  a  quello 
che  dice  Plinio  [N.  H.  XXXV,  169],  citato  dal  Sittl  (o.  e, 
p.  70),  sul  proposito  di  Annibale:  '  Spectat  etiam  nunc  spe- 
culas  Annibalis  in  Hispania  terrenasque  turris  iugis  montium 
impositas  '.  Il  loro  uso  e  la  ripetizione  scende  anche  ai  tempi 
postclassici;  per  esempio  Giuseppe  Ebreo  [Ant.  lud.  XIII, 
2,1],  tra  le  altre  cose ,  leggiamo  il  notevole  passo  :  xaxà. 
2txe)iav  èv  x<p  XeYotiévw  TetpaTiupYup  xxl. ,  mentre  il  Da- 
masceno {Vita  Isidori ,  63)  sul  golfo  Plynos  alle  coste  del- 
PAfrica  settentrionale  colloca  un'  altra  Tetrapyrgia ,  che  non 
saprei  se  si  possa  identificare  con  quella  menzionata  in  una 
iscrizione  delle  catacombe^  siracusane  di  san  Giovanni  (2)  : 
Oe''5(i)v  [è]vTa06a  xTxe  àizh  TeipaTiopY^^'S. 


(1)  Vd.  C.  Sittl,  Sludi  sulle  coslrusioni  antiche  dette  -ztlxf}'  nùpfoi, 
turres,  speculae  in  '  Riv.  di  Stor.  Ant.  e  Scienze  afflili',  a.  II  (1897),  ùi- 
BClrolo  S»,  p.  67  88.  [lav.  cit.l. 

(2)  Cf.  V,  Strazzulla,  Museum  Epigraphicum,  p.  185  [n.  348],  e  '  Os- 
Mrvv.  all'epigr.  di  Chrysìane'  in  Riim.  Quurlahchrifl  del  1807,  I-III, 
p.  24.  —  Siccome  l'iscrizione  fu  dal  prof.  Or»i  scoperta  in  s.  Giovanni, 
poó  ipoteticamente  ammettersi  che  IMicidon  sia  stato  oriundo  di  qualche 
grappo  tetragono  a  nord  di  Siracasa  ? 


DIAVOLO  d'opera.  488 


VII.  Diavolo  d'Opera. 


1.  La  biancheggiante  collinetta  'Diavolo  d'Opera'  (vulgo 
Diavolopri),  che,  guardata  dall'opposto  monticello  Trotilon,  par 
di  finire  a  cono,  ha  nel  suo  ventre  una  grotta,  dovuta  per  molta 
parte  alla  mano  dell'uomo  in  età  remotissima.  È  abbastanza 
larga  e  più  lunga ,  con  entrate  spaziose  volte  a  nord  ed  a 
sud,  allargando  la  sua  periferia  nel  centro,  superiormente,  o 
meglio  alla  sua  cima.  Questo  enorme  antro  offre  una  grande 
apertura  che  direi  òuatov  (luminare),  dal  quale  si  è  staccato, 
per  intemperie  od  altre  cause,  un  grosso  macigno.  La  natura 
della  grotta,  e  l'esser  situata  in  luogo  solitario,  con  l'attraente 
veduta  dell'Ionio  ad  Oriente  e  con  Leontinoi  da  N-\V,  rendono 
questa  collinetta  un  punto  interessante ,  sebbene  pochissimo 
frequentato.  Secondo  ciò  che  leggiamo  negli  Ada  Mcu-tijrum 
supra  Megaratn,  il  monticello  Diavolo  d'Opera  fu  poi  rifugio 
di  martiri  Leontinoi  nel  III  secolo.  Nulla  vi  si  scorge  d'impor- 
tante per  le  ricerche  archeologiche,  ma  si  raffrontano  molte 
circostanze  del  martirologio  con  l'argomento  topografico.  Ne 
feci  una  piccola  nota  nel  1896,  allegando  in  parte  ciò  che 
togliesi  da  Ottavio  Gaetani.  Quello  che  si  nota  negli  Atti  e  in 
posteriori  studi  del  codice,  dond'essi  derivano,  merita  ora  spe- 
ciale considerazione,  e  per  la  topografia  della  zona  augustana 
del  settentrione,  e  per  le  altre  vicine  città  (1).  È  riconosciuta 


(1)  Per  la  letteratura  deirargomento,  che  però  non  ha  avuto  Ano  ad 
oggi  uno  studio  speciale,  cons.  i  cenni  dei  seguenti  :  0.  Gaetani,  Vitae 
Sanctorum  Siculorum,  Panornii  1657,  I,  p.  43  e  Animadvv.  ,  pp.  33  s,, 
72  ss.,  100  e  Isagoge  ad  hisloriam  sacram  Siculam,  e.  376,  n.  6,  p.  193j 
Caruso,  Memorie  storiche,  11,  5,  p.  189;  F.  Aprile,  Della  cronologia 
municipale  d.  Sicilia,  Palermo  1725,  p.  452;  G.  Di  Giovanni,  Storia  Ec- 
cles.  di  Sicilia,  Palermo  1847,  1,  p,  109  [un  brevissimo  cenno,  dal  quale 
nulla  d'interessante  si  rileva];  G.  E.  Di  Blasi,  S/.  del  regno  di  Sic,  Paler- 
mo 1844,  1,  p.  62  s.;  F.  Mauro,  Vita  ed  Alti  dei  ss.  Fratelli  Alfio,  Filaddfo 


484  DIAVOLO  d'opera 


oramai  la  poca  o  nessuna  validità  storica  degli  Atti  e  le  esa- 
gerazioni introdottevi,  oltre  alle  confusioni  topografiche  con- 
cernenti il  territorio  di  Leontinoi  e  dei  luoghi  sottostanti  a 
quei  monti  fino  alla  spiaggia  orientale,  dall'odierna  Brucoli  al 
al  Pantakyas  ,  al  Greco  e  alla  marina  di  Agnone.  Il  gesuita 
P.  Filadelfo  Mauro  seguì  nel  seicento  le  strane  tradizioni  del 
codice,  troppo  liberamente  da  lui  tradotto,  e  vale  poco.  Il 
ch.mo  prof.  Columba,  fondandosi  sul  Cod.  Vat.  1591,  che  sa- 
rebbe del  964,  ha  identificato  alcune  località  leontine ,  delle 
quali,  per  limitarci  ai  martyres  supra  Megara  suppliziati  sul 
Diavolo  d'Opera  (1),  occorre  scegliere  quello  che  nel  Codice 
è  a  f .  153,  ove  cominciano  gli  atti  di  Agatone  vescovo  Lipa- 
ritano,  che  fuggì  nella  grotta  *Mater  Adonai',  e  i  §§  81-82 
dei  Bollandisti,  ove  si  allude  alla  regione  costiera  presso  cui 
è  l'antro  suddetto. 

Quanto  può  riferirsi  ai  martiri  supra  Megaram  è  preso 
dal  martirologio  dei  tre  SS.  Alfio,  Filadelfo  e  Cirino.  L'esecu- 
zione del  loro  martirio    avvenne  nel  238,  quand'  era   Armato 


e  Cirino  e  di  nitri  mm  di  Lenfini,  Catania  1691  [mi  son  valso  dell'edi- 
zionp  non  bnona,  ir.a  più  recente;  disp.  23,  p.  356  ss.]:  R.  Garrucci,  Civ. 
CaH.  del  1868.  cit.,  p.  219;  D.  G.  Lancia  di  Brolo,  Storia  della  Chiesa 
in  Sicilia  nei  primi  X  xecoli,  I,  Pai.  1880,  p.  114,  116,  124-125;  G.  M. 
Columba,  Archeologia  di  Leontini  (cit.)  in  'A.  S  S.  '  del  1891,  Estr., 
p.  72  ss.  [vd.  specialmente  '  La  topografia  di  Leontini  secondo  1'  agio- 
grafia': breve,  ma  interessantissimo  capitolo];  Strazzulla,  Dei  recenti 
Acavi  in  'A.  S.  S.  '  1896,  MI,  p.  86-87  Estr.;  cfr.  Boia.\nd.  Acta  Sancto- 
rum  ,  niens.  Mali,  II,  pg.  507  ss.,  772  ss.  —  Ringrazio  il  dotto  amico 
mjirr  Giuseppe  Cozza-Lnzi  che  mi  forni  gentilmente  delle  comunicazioni 
del  cod.  Vaticano  n.  1591,  ove  sono  distesi  gli  ntti  dei  martiri  men- 
zionati. 

(1)  Vd.  HoLM,  St.  d.  Sic.  I,  p.  222  ..  .  •  Il  vallone  che  si  chiama  Cava 
Diavolo  d'Opera  (cava  A  il  nomn  che  si  dà  in  questa  regione  ai  valloni 
formati  dalle  acque  correnti  i  per  la  immensa  fatica  che  deve  essere  co- 
italo lo  «cavarvi  tante  grotte  ».  Queste  grotte  si  vedono  nel  pendio  W-E 
del  monticelio,  tra  rupi  e  burroni:  por  le  nostre  indagini  basta  fermarsi 
all'enorme  grotta,  soprastante,  grande  sforzo  della  remotissima  antichità. 


DIAVOLO  d'opera  485 


prefetto  di  Leontini.  Se  non  che,  essendo  avvenuto  il  supplizio 
a  Diavolo  d' Opera ,  In  luogo  cioè  dove  non  è ,  né  era  città 
prossima,  si  dubita  di  qual  paese  siano  essi  stati,  «  namque, 
dice  il  Gaetani,  bisce  latebris  urbes  tres  proximae,  Leontini  in 
Mediterraneis  (?),  Morgantiura  et  Megara  litorales  ».  Io  ritengo 
che  quei  martiri  di  Diavolo  d'  Opera  siano  stati  di  Megara, 
già  ridotta  a  vicus.  Bisogna  quindi  escludere  Morgantia  e 
Leontini. 

2.  La  questione  di Morgantina  in  rivaall'Jonio  fu  oramai  nega- 
tivamente definita  dal  Columba.  Tucidide  la  chiama  (IV,  65)  Mop- 
YavTLvifj  e,  dopo  lui,  in  varii  tratti  Diodoro,  dal  quale  evidentemente 
si  rileva  che  Morgantina  non  era  presso  Agnone  vicino  alle 
rive  del  TTjf'a;  (s.  Leonardo),  ma,  come  ha  osservato  Ad.  Holm: 
«  in  direzione  di  libeccio  da  Centorbi ,  sulla  destra  del  Dit- 
taino,  si  eleva  720"",  sopra  il  livello  del  mare  il  monte  Judica, 
che  porta  le  rovine  di  un'  antica  città. . .  ,  non  molto  distante 
da  Agyrio»;  e  questa  con  molte  probabilità  fu  Morgantina. 
Difatti  dal  Siculo  Diodoro  sappiamo  che  Magone,  comandante 
di  Imilcone  in  Sicilia,  pose  il  campo  èv  xfj  xwv  'Appiva^wv  Xwpa 
Tiapà  TÒv  Xpuoav  Tzoxajjióv,  èyy^s  xf^i;  ó5oi)  ti)?  cpepouorj;  cts  Mopyav- 
T^vYjv  (1).  In  un  passo  di  Livio  [XXVI,  21,  14]  non  è  chia- 
ramente mostrata  l'ubicazione  ove  l'abbiamo  rappresentata  coi 
moderni:  'post  profectionem  ex  Sicilia  Marcelli  Panica  clas- 


(1)  DiOD.,  XIV,  95  [il  l'atto  si  rapporta  alfa.  392,  ai  tempi  di  Dioni- 
sio I];  cf.  DiOD.,  XI,  78;  XIV,  78;  XXVI,  4.  —  Vd.  Holm,  St.  d.  Sic,  I, 
p.  151  ;  Freeman,  Eist.  of  Sicily,  IV,  p.  170.  —  Cicerone  {In  C.  Verrem 
act.  II,  lib.  3,  18,  47]  la  pone  nel  numero  di  città  che  luron  latte  ad  Ovest 
dei  Campi  Laestrygonii,  col  dire  «  Herbitensis  ager  et  Hennensis,  Mur- 
gentirius,  Assorinus,  Imacbarensis,  Agyrinensis  ita  relictns  erat  ex  maxi- 
ma parte  etc.  »;  cf.  ibid.  II,  lib.  3,  e.  43,  103  [e  lì,  lib.  Ili,  23,  56],  e  siamo 
perciò  entro  terra.  —  Cons.  per  altro  Str.\b..  VI,  1,  0  Mopyaviiov,  e  VI, 
2,  4  (p.  186);  SiLio,  Pun.  XIV,  2')6  '  fiondosis  Murgentia  campis';  Pun. 
iV.  H.  Ili,  8;  111,  14,  5  '  Murgentini ';  XIV,  4.  J2  '  Murgentina  (vitis)  e 
Sicilia  potissima,  quam  etc.  '  ;  ma  Steph.  Byz.  s.  v.  Mópvyva,  ttóX'.;  Z-.xs- 
-Xébv  [da  Philistas,  lib.  II],  gentile  Morgynaeus.  l'orse  al  mare. 


486  DIAVOLO  d'opera 


sìs  octo  milia  peditum,  tria  Numidarum  equitum  exposuit,  ad 
eos  Murgeniia  et  Ergentium  urbes  defecere'  (1).  Qui  può 
probabilmente  ammettersi  che  gli  undici  mWdipedites  ed  equites 
sbarcarono  dal  naviglio  cartaginese  per  avviarsi  alla  volta  di 
Murgentia  (variante)  e  di  Ergetium  (alquanto  ad  Est  di  Aidone 
e  Piazza)  limitrofe.  Appunto  per  questo  criterio,  dove  Livio 
soggiunge  [XXIV,  27,  5]:  'ad  Murganliam  tum  classem  na- 
viuni  centum  (Appius)  Romanus  habebat,  quonam  evaderent 
motus  ex  caedibus  tyrannorum  orti  Syracusis  ,  quoque  eos 
ageret  nova  atque  insolita  libertas,  opperiens  ',  il  prof.  Holra 
avverte  che  dev'esservi  stato  un  errore  (2),  ed  anzi  il  Mannert 
suppone  che  qui  si  voleva  indicare  Megara ,  prossima  a  Si- 
racusa, e  con  porto  vasto  abbastanza  per  l'approdo  di  cento 
navi  (3). 

Ma  dove  Steph.  Byz.  dice  Mópyuva  tióXc?  SixeXca?,  forse  la  iden- 
tica con  la  Mergane  di  Polibio  [I,  8,  3],  e  con  molta  probabi- 
lità può  ravvisarsi,  secondo  Cluverio,  una  piccola  città  vicino 
Siracusa  (4);   forse,  io  penso,  ai  pressi  dell'odierna  stazione 


(1)  E  anche  qui  siamo  ben  lungi  dall'Agnone,  tanto  più  che  Livio  poi 
soggiunge:  «  secutae  defectionem  earum  Hybla  {Palemò)  et  Macella 
(Afascali)  etc.  »,  per  la  quale  ultima  vd.  Holm  ,  Geogr.  ant.  di  Sicilia. 
p.  84  [CliiverJ. 

(2)  A.  Holm,  Storia  d.  Sicilia,  I,  p.  l.'il,  n.  29.  —  Così  invece  di  ad 
Murgantiam  nei  codici  liviani  andrebbe  letto  ad  Megaram ,  anche  per 
riaacire  consono  il  tratto  alla  rivoluzione  siracusana;  cf.  Holm,  Geogr. 
ani.  di  Sicilia,  p.  16  ;  Fazello,  Thesaur.  Ant.  Sic,  IV,  78  D. 

(3)  Comunque  sia,  Diodoro  all'a.  104  a.  C.  assegna  la  totale  distru- 
zione di  Morganzia  per  opera  di  Salvio,  ed  egli,  nato  in  Agyrium  ,  po- 
teva benissimo  conoscere  la  vicina  città  dei  Morganlini  ;  vd.  Fragm.  lib. 
XXVI,  4,  ove  la  nóXi;  òxupa  MopYavxivrj  fu  presa  ed  assediata  più  volte,... 

xal  TauxKjv  jièv  JtV^pnaotv,  ìtcI  Sa  MopYavx{vT3v  rjyev ,  xat  TioXiopxelv  nàXiv 

èiux«ipii  xV(V  MopYotvtfvrjv.  E  più  innanzi  :  6  Si  MopYavxtvyjv  noXtopxi^oag  Sa- 
XoOloc^  intfipa|x(bv  ttjv  ^ùpav  jiéxft  xoù  Atovxivot)  :it5£ou  xxè  .  .  .  Stavounsvoj. 
(Tpóqpwv)  Si  tà  TpióxaXa  xaxaXapéoOat  [Triocala  vicino  le  terme  Selinun- 
tlnej. 

(4)  Vd.  ìloLìi,  (Jeayr.  ani.  di  Sicilia,  p.  86. 


DIAVOLO  d'opera  487 


ferroviaria  di  Agnone',  in  quel!'  angolo  «  formato  dalla  costa 
siciliana»  dove  è  un  sito  noto  per  Murgo  (I).  Per  escludere 
la  posteriore  esistenza  di  Morgantina  all'interno  e  di  Morgane 
nelle  rive  ioniche  della  Sicilia,  si  ha  in  Strabone,  1.  e.  xal  t))v 
MopyàvTcov  . . .  uóXt?  5'  fjv  auxY),  vOv  S'oùx  èaxiv.  Io  non  di- 
scuto se  qui  Strabone  voglia  parlare  di  Morgantina  (o  Mor- 
gantion)  città  interna,  come  accuratamente  pensa  il  Columba; 
ma  se  pure  si  voglia  riguardare  ai  fatti,  nessun  documento 
assegna  l'esistenza  della  piccola  Morgyna  (forse  le  mariiima 
Leonlinl)  ai  tempi  imperiali. 

3.  Bisogna  quindi  pensare  che  i  martyres  supra  Megaram 
siano  stati  oriundi  di  quella  ridotta  cittA  che  Tolomeo  chia- 
mava anche  ^  Meópa  con  forma  volgare,  e  che  Pomponio  Mela 
[II,  7,  16],  vissuto  sotto  Claudio,  cioè  poco  dopo  Strabone,  am- 
mette tra  le  città  di  Sicilia,  a  ditlerenza  di  costui  che  ne  nega 
la  sopravvivenza.  Il  Gaetani  opina  (cfr.  cap.  V  di  questi  Stu- 
di): «  equidem  crediderim  Megaram,  tempestate  Strabonis  a 
magnitudine  sua  excidisse  »;  sicché  l'Amasiota  avrà  voluto  si- 
gnificare che  non  era  estesa  come  nel!'  epoca  classica,  giac- 
ché egualmente  Pausania,  Plutarco ,  Mela ,  Plinio,  Tolomeo  e 
Servio  (il  più  vicino  tra  tutti:  IV  sec.  dell'era  volg.)  la  am- 
mettono come  ancora  rimasta. 

Infine,  quanto  all'origine  dei  nostri  martiri ,  non  opinerei 
mai  che  siano  da  Leontinoi;  non  c'è  testimonio   sul  fatto,  e 


(1)  II  prof.  0.  M.  Columba,  Contributo  ecc..  Archeologia  di  Leontini^ 
o.  e,  pp.  52,  suppone  diversità  tra  Mort^antina  (o  Morgantion)  e  Morgan- 
tia.  —  Dopo  la  congettura  del  Mannert  e  dell' Holin  sul  passo  liviano 
XXIV,  27,  5,  paruii  di  avere  ottimo  fondamento  la  versione  del  Colum- 
ba, tanto  più  che  lo  stesso  Livio  nel  XXVI,  21,  14  dice  Murgentia,  va- 
riando cioè  la  nomenclatura  e  confermandosi  cosi  a  Tucidide,  Diodoro, 
Cicerone,  Plinio  ed  altri  ricordati.  Così  ove  oggi  dicesi  Murgo  fu  Mur- 
gantia  (Liv.),  ovv,  MepYivyj  (Polib.)  o  Mópvuva  (St.  Byz).  Cfr.  V.  Gasa- 
ORANDi,  Le  campagne  di  G frane  II,  pg.  5,  n.  8,  che  ammette  la  sola- 
Morgantia  presso  il  Chrj'sas  (Dittainoj,  come  l'Holm. 


488  DIAVOLO  d'opera 


ove  è  detto  che  essi  perirono  supra  Megaram,  parmi  che  im- 
plicitamente si  debba  comprendere  la  loro  derivazione  da  Me- 
gara.  Se  Siracusa  e  Leontinoi  ebbero  altri  martiri,  perchè  su- 
bilo convertite  al  cristianesimo  fin  dai  tempi  apostolici,  anche 
la  zona  intermedia,  ov'era  la  piccola  Megara,  ha  memorie  di 
antico  culto  cristiano.  Oltre  l' epigrafe  della  battezzata  Julia 
Fiorentina,  or  innanzi  esaminata,  i  cimiteri  cristiani  scavati 
4n  quel  tratto  litorale,  ed  una  tradizione  secondo  cui  s.  Paolo 
{Ad.  Aposi.  XXYIll,  12)  si  sarebbe  fermato  tre  giorni  a  Si- 
racusa e  poi  avrebbe  predicato  la  nuova  fede  nelle  coste  (1) 
orientali  fino  a  Messina ,  fanno  supporre  che,  se  la  persecu- 
zione non  risparmiò  i  primitivi  fedeli  di  Leontinoi  e  Siracusa, 
anche  la  Megara  cristiana  potè  avere  dei  proprii  martiri. 
Dei  quali  sappiamo  appena  (Gaetani,  o.  e,  I,  p.  43)  quanto 
segue  : 

«  —  a.  Chr.  GGXXXVIII,  d.  I  Novembris.  Armato  Siciliae 
«  Praef.  Ecclesiam  Siculam  vexante,  plures  Chriatianorum  mar- 
«  tyrium  consumavere  in  Monte,  qua  fluvius  Assia  praeterfluit, 
«  inter  veterem  Megaram  et  Morgantium  {o  tneglio  Morgyna, 
«  Morgane).  In  eo  monte  latebrae  erant,  in  quibus  christiani 
«  metu  persequutionis  occultabantur;  quod  ubi  cognitum  est 
«  Armato  consulari,  qui  per  eos  Siciliae  tractus  tum  versa- 
«  batur,  comprehendi  a  militibus  iubet,  constantesque  in  Chri- 
«  sii  fide,  alios  igne  vivos  combussit,  alios  autem  variis  modis 
€  intertecit;  coetus  ille  non  virorum  modo,  sed  mulierum  fuit: 
«  nomina  in  vitae  libro  conscripta  sunt  —  ».  Il  loro  culto  fu 
rimesso  in  onore,  dopo  lunga  dimenticanza,  da  Paolo  V,  che 
li  chiamò  martyres  de  Monte,  Il  fiume  Assia,  anziché  il  Por- 
cari (Pantagia),  è  con  molta  probabilità  quello  che  sbocca  nel- 
l'ex-feudo s.  Calogero,  e  proprio  nel  locale  nomiiKito  Castel- 
luccio,  forse  per  i  ruderi  tuttora  esistenti  di  un  antico  ca- 
stello. 


(1)  Anche  a  sud  di  Augnata  (Terra vecchia)  la  tradizione  riconosce  il 
pozzo  del  Salvatore  presso  una  chiesa,  ora  sparita,  dei  tempi  di  S.  Paolo. 


LA   GROTTA    ADONAI  489 


L' Holm  non  saprebbe  dove  potesse  essere  l'Assia;  ma  io 
penso  che  negli  Ada  vi  sia  confusione  toponomastica ,  tanto 
più  che  mai  dagli  antichi  fa  fatta  la  menzione  Assia  per  ri- 
spetto al  Pantakyas  (Pantagia).  Sicché,  il  redattore  degli  Ada 
di  S.  Neoflto,  stante  la  convenienza  della  descrizione  topogra- 
fica alla  cava  Diavolo  d'  Opera,  ha  nominato  1'  Assia,  invece 
del  Pantagia,  anche  perchè  la  uapaBaXaooca  xoO  Fpéxou  conviene 
esattamente  alla  prossimità  di  questo  ultimo  fiumicello.  Se  ne 
ha  la  descrizione  nel  Codice  già  Criptense  ed  ora  A'^aticano 
n.  1591,  f.  153,  uXYjofov  toO  Tzoxa\LO\j  xoO  'Aoaca,  allorché  si  rac- 
conta l'andata  di  Agatone  Liparitano  eì?  x^v  7iapa0aXaaacav  xoQ 
Fpéxou  (Mater  Adonai)  (1).  La  grotta  del  monticello  Diavolo 
d' Opera  fu  probabilmente  rifugio  di  martiri  leontini  e  di 
Agatone  nella  seguente  persecuzione  del  tiranno  Tertyllus.  Di 
altre  relazioni  tra  queste  latehrae  e  il  sottostante  (a  S-E)  an- 
tro di  Maria  Adonai,  vedi  il  seg.  capitolo. 


Vili.  La  grotta  della  'Mater  Adonai '. 

1.  Gli  Atti  dei  SS.  Alfio,  P^iladelfò  e  Cirino  [Boll.  Ad.  SandL, 
m.  mail,  II,  p.  507  ss.]  al  §  81  dicono  e:?  x^v  TiapaBaXaaatav 
xoO  rpéxou,  indicazione  topografica  che  viene  più  volte  ripe- 
tuta. Cosi  vien  designata  la  costa  di  mare  che  dalle  foci  del 
Pantagia  mena  fin  quasi  all'insenatura  di  Agnone.  I  tre  mar- 
tiri leontini  appariscono  ad  Agatone  Liparitano  e  ad  Alessan- 
dro (veó^uxo;),  dicendo:  «  Ite  in  Grecum^  iuxta    mare,  ibi  vos 


(1)  Gens.  Gaetani,  Yilae  SS.  Siculorum,  I,  p.  100;  Animadvv.,  p.  73, 
n.  12  :  «  bis  niontibus  hodie  nomen  Diavolopri,  distant  Megara  VI  M.  P., 
(invece  un  8  miglia)  Leon'ini  Vili,  Assia  vero  flavius  fortasse  est,  qni 
Gisirae  (?)  dictiis  et  in  Panthagiam  inlluit  ».  Questa  affluenza  dell'Assia 
nel  Gisira  avverrebbe,  secondo  il  cod.,  presso  la  Cava  Marcauto,  ad  Est 
della  quale  si  erge  Diavolopri. 


490  LA   GROTTA   ADONAI 


consistere  oportet  ad  mortera  ».  Cosi  Agalhon  che,  per  fug- 
gire la  persecuzione  di  Diomede ,  tiranno  di  Pozzuoli,  si  era 
recato  nel  monte  Diavolopri  e  poi  nella  sottostante  grotta  di 
Maria  Adonai,  alquanto  prossima  alla  costa  del  Greco ,  am- 
maestrò Alessandro  nelle  dottrine  cristiane,  per  poi  battezzarlo 
e  consacrarlo  vescovo.  Di  questi  luoghi  nascosti,  ove  s'impar- 
tivano insegnamenti  evangelici  al  catecumenato,  si  hanno  me- 
morie, specialmente  nei  secoli  delle  persecuzioni,  anche  a  Ro- 
ma e  nelle  catacombe.  «  On  trouve  des  cryptes  sans  arcosolia, 
ou  dont  les  arcosolia  étaient  trop  élevés  pour  se  prèter  à  la 
célébration  des  saints  mystères.  Ces  cryptes,  selon  une  conjec- 
ture  très-probable  de  p.  Marchi,  étaient  destinée  à  l'instruction 
des  catéchumènes;  elles  se  composaient  ordinairement  de  deux 
salles,  de  fa^ns  que  la  separation  de  deux  sexes  pùt  y  ètre 
observée;  elles  avaient  des  chaires  pour  les  catechistes,  et  des 
bancs  taillés  dans  le  tuf  pour  les  auditeurs  »  (1).  La  duplice 
grotta  di  Maria  Adonai  potè  essere  scavata  nella  seconda  metà 
del  III  secolo  da  una  colonia  di  fedeli,  tra  i  quali  vennero  segna- 
lati Agathon  da  Lipari  e  Alessandro  che  ebbe  nome  Neofìto  ; 
di  lui  dicono  gli  atti  che,  ordinato  vescovo  per  miracolo  del- 
l'apostolo Andrea,  assistito  dai  tre  SS.  Fratelli,  governò  la  chiesa 
leontina  per  anni  33  e  mesi  5,  morendo  il  17  aprile  nell'età 
di  80  anni  e  mesi  5  [v.  Ada,  parte  IV,  e.  3,  n.  124;  Brolo,  Sto- 
ria, 0.  e.  I,  pg.  129].  —  Gli  Atti  fanno  poi  menzione  di  un 
tempio  che  avrebbe  costruito  un  certo  Publio,  il  quale,  richie- 


(1)  Cf.  Marchi,  Monumenti  delle  arti  cristiane  primitive  nella  me- 
tropoli del  Cristianesimo,  Roma  1844,  tav.  17;  Mahtigny,  Diclionnaire 
des  anliqq.  chrétiennesy  Paris  1877,  pg.  150.— Potranno  essero  state  adi- 
kit»  a  tale  scopo  delle  stauze  scavate  in  vicinanza  anche  nella  Tinipa 
Ddieri;  cioè,  dei  vani  di  origine  probabilmente  preellenica  Airono  forse 
opportanisiimi  per  V  istruzione  dei  catecumeni  :  vi  é  inlatti  anche  qui 
la  grolla  della  scuola,  co^'i  chiamata  tlnora,  con  attorno  all'abside  una 
«inU  adatta  per  sedervi  un  buon  numero  di  persone;  per  es.  di  cri- 
stiani segreti  cf.  Bull.  Arcfieol.  Comunale  di  liunui,  1877,  p.  241  ss. 


LA   GROTTA    ADOKAI  491 


sto  di  un  ricovero,  «  latebram  dedit,  quam  habebat  in  medio 
monte,  iuxta  Assiani  fluvium  ».  Benché  inesatte  le  designa- 
zioni del  Martirologio,  la  latebra  in  medio  monte  non  può 
essere  altra  che  quella  del  monticello  Diavolopri.  Se  pure  il  Pan- 
tagia  scorre  in  vicinanza  di  ambedue  le  località,  (Greco  e 
Diavolopri),  non  si  deve  pensare  che  a  quest'ultima,  giacché 
questa  sola  è  con  monte,  e  presso  di  essa  è  il  Pantakyas 
che  poco  dopo  piglia  il  nome  di  Gisira,  e,  del  resto,  il  Fpéxos 
è  una  7rapa0aXaaota  che  ha  le  due  grotte  Adonai  sulla  pianura 
alquanto  lontana  dal  m.  Diavolo  d'Opera.  Ove,  dunque,  ai  piedi 
di  Trotilon  è  un  recinto,  già  descritto,  che  flnoggi  è  nominato 
la  Chiesa,  non  è  improbabile  che  sia  stato  edificato  un  tem- 
pio, quello  di  cui  parlano  gli  Ada  :  «  porro  hic  Publius  tem- 
plum  aediflcarat,  valde  elegans  (nullumque  in  illis  oris  aliud 
erat)  Dominae  nostrae,  laudatissimae  Dei  genitricis  ac  semper 
Virginis  Mariae,  nec  dum  fuerat  consecratum  ab  episcopis; 
quod  Tertulli  metu  ,  nemo  venire  illuc  auderet  ».  Se  questo 
tempio  lu  edificato  sul  monte,  bisogna  investigarlo  soltanto  ai 
dintorni  di  Trotilon,  giacché,  quando  gli  atti  soggiungono: 
«  templum  b.  Agatho  ac  baptisterium  picturis  exornavit  »,  non 
può  affatto  convenire  questo  testo  con  la  tecnica  del  dipinto 
di  Maria  Adonai,  che  spetta  indubitatamente  ad  età  bizantina. 
Gli  Atti  perciò,  scritti  nel  secolo  X,  avrebbero  confuso  l'epoca 
in  cui  la  duplice  grotta  venne  scavata  e  per  la  prima  volta 
abitata  nel  III  secolo,  con  una  circostanza  posteriore,  secondo 
la  quale  sembra  verosimile  che,  per  la  santità  del  luogo  ove 
abitò  Agathon  e  Neophytos ,  verso  il  secolo  VII  od  Vili  potè 
venire  una  chiesa  bizantina  con  pitture  non  riferibili  affatto 
a  s.  Agatone,  ma  a  mano  artista  di  parecchi  secoli  alquanto 
lontani. 

* 

*  * 

2.  Farò  la  descrizione  della  doppia  grotta  di  Maria  Adonai 
•<^rpépo'j  7:apa0aXaao(a)  per  giungere  poi  all'esame  delle  sue  pit- 


492  LA    GROTTA    ADONAI 


ture  che  sono  bizantine.  Queste  si  vedono  nel  vano  orientale, 
prolungato,  verso  il  cinquecento  o  poco  prima  (1)  ,  in  forma 
di  chiesetta.  La  classica  grotta  a  sud  si  allarga  prima  per 
ra.  '2,05,  allungandosi  in  m.  3,40;  il  suo  tetto,  come  nel  resto, 
non  è  liscio  abbastanza,  siccome  le  pareti  laterali.  Una  entrata 
intermedia  con  piccola  absida  ha  un  Ò7:a~ov  {luminare  ci-yjìLaé),. 
oggi  quasi  interamente  interrato  di  sopra.  Misura  in  lunghezza 
7,30""  X  5,60  largh.  X  1,80  di  profondità.  Non  trovo  vestigi 
di  sarcofagi  sulle  rocce  laterali.  A  sinistra  però,  vicino  alla 
moderna  inferriata,  sono  due  contigui  sedili ,  alquanto  inca-- 
vati,  che  non  saprei  se  siano  serviti  per  altri  usi.  Fuori  di 
li,  in  un  recinto  ad  ovest,  rimangono  alcune  grotte,  delle  quali 
una  specialmente  artificiale  ;  sono  in  istato  di  cattiva  conser- 
vazione, e  nulla  può  dirsi  in  proposito. 

Gioverà  fermare  l'attenzione  sulla  parte  cospicua,  la  chie- 
setta bizantina  di  Maria  Adonai.  Nello  sfondo  di  essa  è  Maria 
Vergine  col  Bambino  Gesù  sul  braccio  destro.  Essa  tiene  al 
capo  un  mantello  celeste  cupo,  ornato  di  lista  rossastra;  sulla 
testa  ha  corona  reale,  terminante  con  globetto  e  piccola  croce 
equilatera,  indizio  questo  per  giudicare  il  lavoro  dell'  età  bi- 
zantina, quando  gl'imperatori  Orientali.,  come  nelle  monete  e 
nei  musaici  sovrattutto  ravennati  (2),  erano  ornati  di  diadema,, 
molto  similmente  alle  rappresentazioni  di  Maria  e  di  Gesù,  il 
cui  culto  non  aveva  più  contrasti  pagani,  da  Giuliano  l'Apo- 
stata in  poi.  La  veste  del  Bambino  doveva  esser  succinta  :   è 


(1)  Il  Salomone,  Augusta  Illustrala,  p.  135,  narra  la  tradizione,  con- 
forme la  qaale,  verso  il  sec.  XV,  an  pastorello  si  sarebbe  accorto  che  il 
terreno  di  sopra  sprofondava  sotto  i  piedi  di  un  bue,  e,  fatto  cos'i  uno 
«piiaglio,  si  sarebbe  scoperto  l'antro  sotterraneo. 

(2)  Cf.  a  tal  uopo  la  consacrazione  dell' imp.  Giustiniano  li  (685-695) 
sai  mosaico  di  S.  Vitale  in  Ravenna  apd  Schultze,  Archaologie  d. 
altchrist.  Kunst,  Miinchon  1895,  p.  371;  e  il  Cristo  diademato  di  s.  Apol- 
linare in  Classe  (ih.  p.  343)  nonché  la  s.  Famiglia  del  cimitero  di  Priscilla 
(i//id.,  p,  329),  a  non  dir  d'altro.  Quest'ultimo  dipinto,  di  epoca  tanto 
più  antica,  non  dà  ai  tre  personaggi  alcuna  caratteristica  reale  o  divina. 


LA    GROTTA    ADONAI  493 


color  rosso  grigio  a  crespe  e  con  lista  al  collo ,  in  bianco; 
tiene  con  la  sinistra  un  globo  rotondo  a  color  verdastro,  se- 
gnato da  fascia  grigiognola.  Nel  conìplesso  il  Bambino  è  ve- 
stito di  bianco,  e  con  segni  che  ricordano  un  celeste  sbiadito; 
posa  anche  lui  con  Maria  la  sinistra  sulla  croce,  mentre  la 
Vergine  la  sorregge  di  sotto.  La  croce  immissa  f,  coi  tre 
lati  superiori  eguali,  misura  in  altezza  per  metà  del  corpo  di 
Gesù  ,  coronato  come  Maria.  Di  sotto  restano  ornamenti  in 
nimbo.  Meglio  conservalo  ò  il  Bambino;  dall'omero  sinistro  in 
giù  la  Vergine  non  si  conserva  sempre  bene.  11  dipinto  di 
Maria  Adonai  (Madre  di  Dio)  venne  tratteggiato  in  un  quadro 
ellittico  concavo,  sopra  la  stessa  parete  molto  ben  levigata  ; 
la  concavità  vien  gradatamente  pronunciandosi  dall'  alto  in 
giù,  e  il  fondo  si  conserva  ancora  biancastro.  La  pittura  della 
Vergine  col  Bambino,  non  solo  per  avere  rispettivamente  la 
corona,  in  segno  del  loro  dominio  sulla  terra,  e  il  globo  alle 
mani,  ma  anche  per  l'aggiunta  della  croce  non  più  simbo- 
lica (1),  è  riferibile  all'età  bizantina.  Fu  nel  concilio  TruUano 
0  quinisesto  [a.  692]  che  si  ordinò  di  dipingere  storicamente, 
abbandonando  gli  emblemi  simbolici ,  non  più  compresi  dal 
popolo.  E  giacché  la  croce  e  il  diadema  col  globo  sono  evidentis- 
simi segni  della  divina  autorità  e  i  più  spiccati  caratteri  del  di- 
pinto Adonai,  non  esiterei  a  giudicare  il  dipinto  di  un  quattro 
secoli  posteriore  al  vescovo  Agatone.  Il  mio  dotto  amico  prof. 
Orazio  Marucchi  ha  pubblicato  pochi  anni  addietro  un'imagine 
della  Vergine,  spettante  ai  tempi  di  papa  Teodoro  (642-649), 
la  quale  non  ha  diadema,  ma  il  capo  «  velato  e  adorno  di 
nimbo  rotondo,  indossa  una  ricca  veste,  ad  imitazione  del  co- 
stume delle  imperatrici  bizantine  »,  mentre  sul  suo  petto  «  si 
appoggia  la  testa  dell'infanto  divino  anch'  essa  circondata  da 


([)  Di  questo  argomento  mi  sono  occupato  in  altro  recente  lavoro: 
•  Indagini  archeologiche  sulle  rappresentanze  del  *  Signum  Christi  '  ».  [Pa- 
lermo, Reber,  1899J,  passim. 

Arch.  Stor.  Sic,  N.  S.  anno  XXIV.  32 


494  LA   GROTTA   ADOKAI 


nimbo  rotondo,  ma  con  l'aggiunta  della  croce  nel  mezzo»  (1). 
Ma  giustamente  egli  considera  questo  dipinto  del  cimitero  di 
san  Valentino  come  riillimo  per  tempo  a  «  quel  ciclo  di  im- 
magini di  Maria  che  ci  offrono  le  pitture  cimiteriali  »  ;  così 
l'affresco  di  s.  Maria  Adonai  potrà  essere  stato  un  lavoro  del 
periodo  di  transizione  dall'arte  cimiteriale  alla  bizantina,  VII- 
VIII  secolo,  allorquando  la  Vergine  aveva  già  assunto  col 
divino  Infante  quella  che  il  Pératé  chiama  'attitude  hiératique' 
che  riprodussero  in  molti  altri  tipi  le  Madonne  bizantine.. 

3.  Ma  se  la  pittura  di  Maria  Bs,oxòxoc,  può ,  sotto  l' aspetto 
tecnico,  aggiudicarsi  al  secolo  VII-VIII,  non  sembrami  si 
possa  tenere  eguale  convinzione  per  le  altre  laterali.  Si  scor- 
gono in  quelle  pareti  molti  vestigi  di  dipinti,  ora  quasi  affatto 
sbiaditi;  mentre  d'ambo  i  lati  del  muro  di  sfondo,  ove  abbiamo 
ravvisato  la  Vergine,  restano  tuttora  delle  tracce  evidenti  di 
individui  ed  ornamenti  accanto  ad  essi.  A  sinistra  son  tre  per- 


ei) Vd.  0  Mardcchis  11  cimitero  e  la  basilica  di  san  Valentino  e  gui- 
da archeologica  della  via  FUnninia,  Roma  1890,  pg.  62,  ove  ricorda  il 
più  antico,  quello  delle  catacombe  di  Priscilla,  forse  del  I  secolo,  e  quello 
del  cimitero  ostriano  del  IV-V  secolo.  Anche  il  Marucchi  si  occupa 
della  Vergine  priscilliana  nell'eccellente  volume  Le  memorie  dei  ss.  Apo- 
stoli Pietro  e  Paolo  nella  città  di  Roma  con  alcune  notizie  sul  cimitero 
apost.  di  Priscilla,  Roma  189''i,  pp.  90-96 ,  ove  giudica  con  altri  che  il 
dipinto  sia  della  prima  metà  del  li  secolo.  Per  altri  studi  sulla  rappre- 
sentazione della  Vergine  cons.  il  notissimo  ed  interessante  di  G.  B. 
Db  Rossi,  Imagines  seleclae  Deiparae  Virginis .  Romae  1863  (tipi  tolti 
dalla  Roma  sotterranea);  V.  Schultze,  Archdol.  Studien ,  Wien  1880, 
p.  177  88.;  F.  X.  Khal's.  Roma  Sott.,  Freiburg  i.  H.  1873  e  ISTO*,  tav  4; 
id.  Real  Encyklopiidie,  Freib.  1886,  li,  p.  362;  A.  Pératé,  L'Archeologie 
chrél.,  Paris  1892,  p.  120  ss.,  153  s.  (la  Verg.  e  l'infante  del  cim.  ostr.) 
e  specialmente  Rohault,  La  Sainte  Vierge,  ètud.  archéol.  et  iconogr., 
2  voli.,  Paris  1878,  il  Lkhnrr,  Die  Marienverehrung  in  der  ersten  Jahr- 
hunderten*,  f^tuttgart  1886;  C.  Schmidt,  Bcmerkungen  zur  angeblichen  all- 
hoptvichen  Madonnadarstellungcn  in  *  Rom.  Qnartalschrilt  '  del  1807, 
H.  4,  p.  407  88.;  Marucchi  in  RQS  del  1896,  H.  4,  p.  384,  od  il  Garrucci 
nella  Star.  Art.  Crisi.  Vd.  il  mio  recente  lavoro:  Di  un  dittico  siculo-bi- 
zantino in  Cefalù  in  'Rem.  Quartalschr.  '  del  1899,  tav.  X,  flg.  3. 


tA    GttOTTA    AbONÀI  40f 


sone,  delle  quali  si  discerne  in  una  la  faccia"  e  la  testa,  manto 
celeste  surrogato  da  un  altro  rosso  che  dalla  spalla  sinistra 
scende  giù  sotto  il  braccio  destro.  Queste  osservazioni  si  pos- 
sono fare  diligentemente  nella  figura  di  mezzo;  e  giacché  gli 
Atti  dei  tre  martiri  Alfio ,  Filadelfo  e  Cirino  parlano  di  que- 
sta pittura  che  sarebbe  stata  eseguita  dal  vescovo  liparitano 
Agatone,  quando  soggiornò  in  questa  grotta  col  neofito  Ales- 
sandro, non  panni  impossibile  che,  tanto  questo  gruppo  di  tre 
santi  rappresentativi,  come  l' altro,  raffigurante  una  scena  di 
battesimo,  si  ascrivano  ad  Agatone  o  a  mano  cristiana  della  fine 
del  III  secolo.  La  questione  viene  ad  essere  cosi  della  massima 
importanza  per  l'agiografia  e  l'archeologia  cristiana  del  terri- 
torio augustano,  rimaste  finoggi,  come  a  Leontinoi  e  in  Sira- 
cusa ,  una  incognita  difficile ,  oscura  perfino  ai  Bollandisti. 
Non  mi  affido  agli  Atti,  la  cui  validità  non  è  da  nessuno  rico- 
sciuta,  tranne  che  dal  Gaetani  parzialmente  e  dal  Mauro,  en- 
trambi agiografi  del  seicento ,  e  quest'  ultimo  specialmente 
enorme  esageratore.  Se  non  che,  è  incontestabile  il  fatto  della 
diversa  tecnica  tenuta  dall'  artista  dei  tre  persor^ggi  e  del 
battesimo.  Il  centro  della  parete,  ove  s'incurva  in  foggia  di  el- 
lissi la  pittura  contenente  Maria  con  l'Infante  figlio,  ha  un'ap- 
parenza abbastanza  diversa  dai  dipinti  laterali;  quella  viva  e 
fresca,  in  istato  di  perfetta  conservazione,  con  tutte  distinte  le 
particolarità  della  figura,  tranne  qualche  lieve  perdita  nella 
parte  inferiore  del  dipinto;  i  tre  martiri,  invece,  e  la  scena 
battesimale  del  lato  opposto  si  scorgono  appena.  Nell'insieme 
la  policromia,  vinta  da  un  languido  rosseggia  mento,  non  mo- 
stra alcun  punto  di  contatto  con  la  varietà  dei  colori  grigia- 
stro, azzurro  cupo,  biancastro  della  pittura  centrale.  Nella  quale 
poi  è  a  notare  che  essa  è  interamente  conservata,  quale  usci, 
bella  e  vivace,  dal  pennello  dell'artista  bizantino.  E  perchè,  se 
furono  anche  della  stessa  epoca  le  pitture  dei  Iati,  non  dovreb- 
bero anche  queste  conservarsi  in  istato  consimile  ?  lo  quindi 
ritengo  che,  dove  gli  Acta  alludono,  per  non  dire  affermano, 
che  Publio  edificò  un  tempio  alla  Vergine,  potrebbesi  trovarlo 


496  LÀ   ORO+TA   AbONAi 


presso  Trotilon,  come  fu  avvertito;  e  invece  la  duplice  grotta 
del  rpéxos  fu  utilizzata  e  così  nata  nel  III  secolo  colle  pitture 
parietali,  tranne  quella  di  Maria,  che,  alla  sua  volta,  sarebbe 
divenuta  tale  in  età  bizantina,  anche  per  ragione  della  conti- 
nuazione posteriore  dello  stesso  luogo  santo.  Ed  oltre  alla  ra- 
gione della  policromia,  per  contrassegnare  la  distanza  del  tem- 
po che  corse  dalle  esibizioni  laterali  a  quella  della  Vergine, 
abbiamo  una  nota  che  può  ravvicinare,  per  simili  tipi,  la  fi- 
gura di  mezzo  (forse  S.  Alilo,  il  maggiore  dei  fratelli)  ad  al- 
tre del  periodo  imperiale  o  del  principio  del  medio  evo.  Per 
esempio  il  s.  Marco  di  Costantinopoli  ed  un  pettine  istoriato 
del  Cairo  nel  Museo  Gizeh,  or  ora  pubblicato  dallo  Strzygowski  (l), 
ambidue  non  certamente  di  età  bizantina,  mostrano  i  perso- 
naggi con  manto  che  dall'omero  sinistro  si  avvolge  sotto  il 
braccio  destro,  come  si  scorge  nel  dipinto  della  nostra  grotta. 
A  queste  particolarità  devonsi  pure  aggiungere  quelle  di  va- 
rie tracce  di  fiori  e  festoni  {l^y.cc^noi)  con  tinte  verdastre  in 
ambedue  le  raffigurazioni,  ornamenti  che  non  scorgonsi  at- 
torno all^  'Madre  di  Dio'.  —  Il  dipinto  a  destra  ò  poi  un  qua- 
dro che  sta  da  sé,  e  allude  con  moltissima  probabilità  al  bat- 
tesimo che  Agathon  conferi  ad  Alexander  il  quale  da  quel  tempo 
fu  chiamato  Neóffu-co?.  Quivi  son  residui  di  figure  in  rosso;  una 
dal  lato  estremo  di  destra  distende  la  mano  verso  un  indi- 
viduo che  pare  in  ginocchio.  Accanto  si  ravvisano  testoni  e 
verzure;  ma  il  tutto  è  così  oscuro  e  smarrito  che  nulla  di 
più  positivo  può  asserirsi.  Come  in  questa  configurazione  i 
fiori  e  i  festoni  valgono  a  significare  la  gloria  della  patria 
celeste  riserbata  ai  fideles  èv  Xptcnó:»,  anche  nel  lato  sinistro  la 
stessa  decorazione  alludeva  alla  gioia  del  cielo  riserbata  ai 
tre  martiri  fratelli.  Di  questo  argomento,  che  fu  tanto  trattato 
e  pur  sempre  altra3nte  agli  archeologi  cristiani,  basta  qui  os- 

(i)  Per  il  %  Marco  vd.  Sghultze,  Archàologie,  p.  357;  cf.  Jos.  Strzy- 
gowski, Die  chrisllichen  Denhmdler  Aegyptens  la  '  Rom.  Quartalschrift  ' 
1808,  MI.  Uv.  r,  flg.  2. 


La  grotta  adonai 


49? 


servare  che  solo  nell'epoca  in  cui  era  in  vigore  la  'disciplina 
del  segreto  '  potè  ricorrersi  a  simili  segni  simbolici.  Ecco 
dunque  un'altra  prova  per  assegnare  le  pitture  in  parola  ad 
età  più  remota  che  non  sia  quella  della  Vergine  Adonai. 

La  grotta  lateralmente  fu  tutta  a  dipinti,  ma  il  loro  stato 
odierno  è  così  deplorevole  che  nulla  se  ne  può  dire.  Esso  ha 
due  periodi  di  vita  cristiana,  ed  è  molto  più  notevole  dell'al- 
tra attigua,  anche  per  essere  stata  frequentata  nel  medio  evo, 
come  dimostra  la  pittura  della  Madonna  Adonai.  Non  tu  una 
catacomba,  né  una  confessio,  ma  una  cella  memoriae  direi 
piuttosto,  dove  i  martiri  famosi  di  Leontinoi  avrebbero  avuto 
un  singolare  culto  fin  da'  tempi  prossimi  alla  loro  morte. 
Questa  xpuTixa  è  in  forma  quasi  equilatera,  ed  ha  le  dimen- 
sioni : 

lungh.  6, 30"»  X  largh.  5, 95  X  alt.  3, 05  (il  pavim.  è  mod.) 

Quasi  nel  centro  della  crypta  è  uno  spiraglio  (èTcatov  ,  lumi- 
nare^ luminare  cryplaé),  largo  cm.  48;  e  va  sopra  restrin- 
gendosi È  quello  che  la  tradizione  spiega  nel  modo  accen- 
nato; ma  pure,  se  ciò  siasi  potuto  avverare,  non  è  d'altra  parte 
a  dubitare  che  quel  piccolo  pozzo  di  aria  spetti  ai  primordi 
della  crypta  Adonai.  Il  monumentino  è  interessante,  ed  ho  il 
piacere  di  segnalarlo  per  primo  agli  archeologi.  Importa  che, 
per  la  sua  gelosa  conservazione,  vi  abitano  degli  eremiti  forse 
fin  dal  secolo  XV,  in  cui  si  scopri  alla  luce  il  famoso  dipinto 
di  Maria,  che  spero  di  poter  pubblicare  nella  Riirn.  Quartal- 
schrift. 

Cefalù,  1899. 

Sac.  dott.  V.  Strazzulla. 


•*i*'^,<^^®'je^-iS' 


M  I S  C  E  L  L  A  N  E  A 


LA  RIVOLUZIONE 


LA  GUERRA  MESSINESE  DEL  1674-8 


APPUNTI  E  DOCUMENTI 
(coni,  e  fine  v.  Arch.  Stor.  Sic,  voi.  XJQV,  pag.  209). 


XCVI. 
(R.  S.  —  B.  2449). 

Risposta  speciale  sul  conto  riportato  al  N.  XG,  fatta  dal  Duca 
di  Bounieville  e  mandata  anch'essa  a  S.  M.  con  lettera  del  21  ot- 
tobre 1677. 

Para  responder  al  tanteo  embiado  de  la  Corte  del  dinero  necessario 
para  tener  un  Eiereito  de  12000  Infantes ,  y  15200  caaallos  en  ol  Reyno 
de  Sicilia  sin  excluir  (dice  al  Titulo  del  Tanteo)  el  lercio  de  Sicilia,  que 
86  supone  de  2500  hombres,  y  que  el  sustento  corre  por  el  Real  Pa- 
trimonio. 

Priuiero,  No  se  hallan  12000  Infantes  efectibos  en  Sicilia  y  bay  cerca 
de  dos  min  Cauallos,  si  toda.s  las  Campanias  fueran  Montadas  con  lo  poco 
de  Dragones  que  quedan. 

2.  El  lercio  de  Sicilia  es  muobo  menos  de  25(i0  y  no  bastan  para  la 
guarniviou  de  Falernio,  y  el  remfuerzo  de  los  Castillos  del  reyno,  demas 
00  se  paga  por  el  Keal  Patrimonio,  però  recive  el  diario  comò  los  otros 
del  dinero  do  las  Remesas  y  los  que  estan  en  Palermo ,  so^o  son  uias 
puutuainiunle  pagados,  que  los  donias  del  Exercito,  y  tienen  los  Mosque- 
ieroi  desto  terclo  algo  mas  que  los  de  los  otros  Tercios. 


MrSOELLANBA  499 


3.  Entre  las  pagas  de  los  Generales  no  pone  la  del  General  de  las 
Arinas,  no  los  sobresaeldos  o  encomiendas,  qne  puede  hauer  el,  y  otros 
Generales. 

4.  Tampoco  el  Patrimonio  no  paga  a  log  Ministros  del  Officio  de  Vee- 
(lor  General,  y  Conserbadoria,  ò  alomenos  no  a  todos. 

5.  En  el  repartimento  de  la  Infanteria  del  Eicrcito  se  suponen  12000 
Infantes  sin  los  del  pais,  però  estos  no  se  pueden  contar  para  nada,  sino 
se  forman  dos  Tercios  de  a  1000  hombres  cada  uno  en  lugar  de  las  Mi- 
lioias,  ò  alomenos  se  ponga  por  Companias ,  y  Sargpntias  Mayores,  el 
quarto  de  la  Milicia,  corno  bauia  empezado  Castel  Rodrigo. 

6.  Poner  la  Infanteria  sin  el  Tercio'  de  Sicilia,  en  otros  once  Cuerpos 
de  Tercios,  ò  Regimientos  no  seria  facil,  porque  quedaria  jioca  gente, 
y  corno  los  Alemanes  son  los  qne  mejor  sirben  allora  entre  las  Nacio- 
nes,  y  se  huien  mcnos,  los  Ittalianos,  Borgonones,  Mallorqnines,  sardos, 
corzoì?  y  semejantes  estando  lo  que  se  huien,  y  passan  al  Enemigo,  pa- 
rece  que  seria  mejor  mantener  los  tres  Regimientos  Alemanes,  y  aiudarles 
a  reclutar,  annque  el  menor  puede  l'ormar  un  buen  Esqnadron  de  500 
hombres  y  los  dos  otros  mas. 

1.  El  Tercio  de  Baraona,  que  Aie  Regimiento,  es  de  buena  calidad,  y 
en  Companias  hace  un  buen  Esquadron  de  cerca  500  hombres  de  Serui- 
cio,  se  le  podrian  anadir  dos  Companias  de  otro  Tercio,  corno  del  Tercio 
uiejo  de  la  Armada  que  tiene  \o  con  las  agregadas. 

2.  El  Tercio  de  Napoles  no  està  en  Sicilia  entero,  ni  tiene  aca  Mae- 
stro de  Campo  pero  doce  Campanias  uieias,  y  quatro  agregadas  en  este 
Reyno,  y  se  podria  reducir  a  doce  Campanias,  si  quiere  la  Corte,  aqui 
no  tiene  sino  un  Sargento  Mayor. 

3.  El  Tercio  uiejo  de  la  Armada  tiene  45  Companias  que  han  najado 
la  mayor  parte  de  los  Nauios,  y  podrian  ser  reducidas  a  20  Companias. 

4.  El  Tercio  de  Sicilia  tiene  28  Companias  y  seguii  las  Muestras  i795 
hombres  poco  mas  ó  menos  se  podria  reducir  en  20  Campanias  corno  el 
el  de  la  Armada. 

5  El  Tercio,  que  Uaman  de  bisboa  tiene  U  Companias  uiejas,  y  qua- 


500  MISCELLANEA 


tro  anadidas  de  la  nuebas,  que  uinieron  con  el  Marqnes   de  Villaflel,  se 
podrian  redacir,  corno  el  de  Naples  a  12  Companias. 

6.  El  Tercio  de  Cerdena  consiste  en  15  Companias  se  puede  reducir 
en  10  y  mandar  reclnlar  otras  dos  nuebas  en  Cerdena. 

7.  El  de  Mallorca  es  de  10  Companias  mny  flacas  y  la  gente  mejor, 
que  el  de  Cerdena  se  podria  reclutai*  y  poner  en  12  Companias. 

8.  El  Tercio  Borgoiìon  en  11  Companias  se  podria  reducir  en  6  sino 
8e  recluta  reformando  en  el  otro  tercio  Borgonon  que  dicen  se  lebanta 
en  Milan. 

1.  De  los  Italianos  bay  el  de  Milan  del  Conde  francisco  Ares  en  8 
Componias  sin  la  de  Boso  agregada  y  en  disputa  por  las  antiguidades 
contra  los  otros  Capitanes  y  assi  in  suspense. 

2.  El  del  Marques  Palauesino  en  16  Campanias. 

3.  El  de  Don  Blas  de  Aflitto  en  11  Compaiiias. 

4.  Tercio  de  Don  Juan  Bautista  de  Palma  en  7  Campanias.  —  De  estos 
qnalro  Tercios  se  podrian  formar  dos  de  Ares,  y  Palauesin  hacer  uno 
de  12  Companias  pidiendo  Palauesin  de  ser  reformado ,  quedaria  Ares, 
que  sirue  con  gusto.  De  Palma  y  Aflitto  formar  otro  Tercio  de  12  Com- 
panias y  assi  quedarian  dos  Tercios  de  Milaneses. 

5.  Tercio  de  Napolitanos  de  Don  Merino  Carrafa  Cauallero  de  ualor 
y  que  sirve  con  gusto  y  gana  de  merecer  maìores  puestos  tiene  12  Com- 
panias. 

fi.  El  Tercio  de  Oracio  Mastro  Nuncio  en  9  Companias  muy  flacas  de 
cfitas,  y  de  lo  que  queda  quo  no  es  agregado  de  las  Companias  del  Ba- 
lallon  de  Napoles  se  podria  formar  un  Tercio  de  doce  Companias  con  el 
de  Don  Merino  Carafa  en  so  Caueza. 

ì.  El  Regimicntu  Aleman  do  Vlbin  en  12  Companias  y  una  nueba,  que 
ba  benido  dr  Napoles  Jtgregada  en  11  de  Octubre  de  1677  se  podria  re- 
duoir  en  io  Campatìias. 


WBOBLLAinU  501 

2.  El  Regimiento  del  Goronel  Don  Andres  Chichineli  se  paede  reducir 
a  otras  10  Companias  de  las  17  que  tiene. 

3.  EI  Regimiento  que  fae  del  Baron  de  Soye  y  despues  de  Don  Luj's 
de  Salcedo  se  pnede  reducir  a  10  Companias. 

4.  El  Tercio  de  los  Corzos  en  7  Gompaiìias  sin  Maestro  de  Campo 
que  dicen  està  lebantando  gente  en  Corcega  las  7  Companias  ?on  mny 
flacas,  y  se  podrian  reformar  en  quatro  con  un  Sargento  Mayor  sin  Ma- 
stro de  Campo. 

Ahora  se  hallan  tres  Compafìias  de  Albaneses,  que  ha  conducido  aqui 
un  Caballero  de  la  Religion  de  Malta  Napoletano,  y  dice  ser  agregadas 
a  un  Tercio,  que  lebanta  en  Napoleè  para  Cicilia ,  estas  Campaiiias  no 
se  paeden  ajustar  uien  al  pie  Ittaliano  y  pretenden  gozar  del  ile  Espa- 
rìol,  y  comò  no  hablan  sino  Albanes,  ò  Griego  han  menester  un  Cabo, 
que  los  entienda,  y  aqui  se  balla  el  Marques  lascari  Hennano  del  Arzo- 
bispo  de  Durazo  que  ha  sernido  bien  en  Gandia,  y  por  aca  gozando  de 
reforma  se  le  podria  hacer  Cabo  de  estas  tres  Companias  con  Titnlo  de 
Sargento  Mayor  basta  que  hiciese  uenir  mas  dellos  corno  ofrece,  y  si 
fueren  basta  500  ó  600  formarle  un  Tercio,  y  probar  entre  tanto  si  està 
gente  puede  seruir  de  algo  en  estas  montanas. 


De  los  Naturales  de  Sicilia  bay  los  Tercios  que  sigaen  muy  malos, 
y  flacos  y  mas  Paisanos,  que  soldados. 

El  del  Principe  de  Rocaflorida  en  cinco  Companias ,  que  es  recinido 
al  sueldo  corno  los  demas  Tercios  niegos  muy  flaco,  però  el  menos  malo 
de  todos  y  mas  de  seruicio  y  obediencia,  que  los  demas  Sicilianos. 

El  Tercio  de  flume  de  Nisi  de  Don  Luy»  de  Moncada  consiste  en  6 
Companias  gente  sin  obediencia  y  que  se  deue  reformar ,  y  si  es  poesi- 
ble  sacar  algunas  Companias  para  el  Tercio  de  Roccaflorida,  y  de  las 
otras  dejar  una  ò  dos  sueltas. 

El  del  Marques  Don  Carlos  Valdina  que  en  la  Rocca  està  ya  la  maior 
parte  rompido  se  podria  reforraar  enteramente,  quedando  una  ò  dos 
Companias  y  juntarlas  al  tercio  de  Roccaflorida. 


502  nSOSLLAKEA 

Lo  mismo  se  ha  de  hacer  del  Tercio  de  D.  francisco  de  Juan,  y  assi 
de  tados  los  Sicilianos,  y  se  puede  formar  a  Roccaflorida  un  Tercio  de 
10  Companias,  y  de  los  demas  de  fiume  de  Nisi,  la  Roca,  y  Monforte, 
ner  si  se  puede  sacar  una  ò  dos  Companias  sueltas  de  cada  una. 

Assi  despues  de  la  reforma  hecha  que  darian  en  Sicilia  ciuco  Tercios 
de  Espanoles,  Vno  de  Sardos,  uno  de  Mallarquinos,  y  otro  de  Borgofìo- 
nes,  però  estas  tres  flacos  y  todauia  no  es  seruicio  reformarles  porque 
sera  perder  el  pie  de  estas  Naciones  y  se  podrian  reclutar,  y  en  la  ne- 
cessidad  de  Infanteria  que  tiene  el  Reyno  no  seria  uien  de  hecharles, 
però  bien  reducirlos  ahora  en  menos  Campaiiias. 

Los  Ittalianos  se  podrian  reducir  corno  se  ha  dicho  arriba  en  dos 
Tercios  Milaneses,  y  un  Napolitano  y  un  Siciliano  que  serian  quatro  en 
todos. 

# 

De  los  Alemanes  tres  regimientos  nombrados  ariba  en  30  Companias 
cadanno  de  10  serian  doce  Tercios  con  el  de  Espaiìoles  uiejo  de  Sicilia 
y  tres  Regimientos,  en  todo  12  tercios  y  tres  Kegimientos  y  alj."unas 
Compafiias  sueltas,  y  no  puede  hauer  menos,  si  qneremos  conseruar  al- 
gona  Infanteria  uieja  en  el  Reyno ,  demas  qne  entre  los  8  tercios  de 
Espaùoles  h:iy  tìorgofion,  entre  el  Tercio  uiejo  de  la  Armada  qne  pedi- 
ran  los  Gabos  de  la  Armada  si  se  pusiesen  a  la  mar ,  y  el  de  Napoles, 
que  no  tiene  Maestro  de  Campo,  sino  solo  Sargento  Mayor  aqui ,  que- 
dando  el  Maestro  de  Campo  en  Napoles. 

Ademas  de  todo  bay  Compaiìias  de  Corzos,  y  tres  de  Albaneses  y  al- 
gnnas  sueltas  de  Sicilia  que  podran  quedar,  y  que  no  se  pueden  hcchar- 
las  en  todo,  si  qneremos  guardar  algun  pie  de  estas  Naciones,  y  la  In- 
fanterìa es  necessaria  en  el  Reyno,  y  ann  con  esso  guarnecidas  las  Pla- 
zas  en  las  fronteras  del  Enemigo  y  las  matinas  no  quedaran  3000  In- 
fantes  para  sacar  en  campana  efectibos. 

De  Caualleria  bay  cerca  de  43  Companias  con  tres  de  Dragones  muy 
endebles  abora,  y  haccn  en  todo  montadas,  y  desmontadas  cerca  de  2iG0 
soldados  segun  las  muestras,  algunas  Comjianias  t-e  podrian  reformar 
para  aJuRtarliis  mejor,  y  buscar  de  rcducirlas  a  50  onuallos  cadauna  mon- 
tados  aiomenos  estos  uendrian  a  sor  ''tO  Companias  sin  los  Dragones  y 
•erU  en  està  forma  el  tener  numero  de  2(KX)  soldados  a  cauallòs  y  150 


MISOBLLANEA  508 


Dragones,  no  es  menester  hacer  fundamento  sobre  el  seruioio  militar  de 
los  uaro:  es,  sobre  la  Caualleria  de  la  Milicia,  porque  el  primero  està  a 
la  horden  del  Marques  de  Yrache,  y  no  parece,  o  sima  de  nada  centra 
el  enemigo,  el  otro  es  lo  mismo  y  tiene  obligacion  de  aiudar  a  los  de 
la  Milicia  de  a  pie. 

Para  el  diario  de  estos  doce  Tercios,  y  tres  Regimientos  seran  me- 
nester con  los  Corzos,  Aluaneses,  y  algunas  Gompanias  sueltas  de  Sici- 
lianos  y  para  las  40  Compafiias  de  eaballos  ,  y  tres  de  Dragones  alome- 
iios  al  mes  3(j000  escudos,  para  los  Otìlciales  Mayores,  Maestros  de  Campo 
y  Coroneles  que  no  reeiuen  diaria  5000  escudos. 

Por  la  primera  plana  de  los  Generales,  sin  el  Capitan  General,  si  el 
Reyno  le  paga  inclniendo  el  Gouernador  de  las  Àrmas  que  tiene  1000 
escudos  de  sneldo  y  183  de  enconiienda  seran  menester  mas  de  5500 
escudos. 

Por  lo  que  pone  de  diferentes  Gastos,  comò  espias,  correos,  falncas, 
tratados  con  los  enemigos  y  hospitales  sin  los  gastos  secretos ,  qne  han 
de  ser  separados  y  no  uienen  del  Reyno,  no  puede  ser  raenos  de  5000 
escudas  al  mes. 

Los  gastos  secretos  a  la  disposicion  de  Su  Magestad. 

I^s  fortiflcaciones  no  pueden  acabarse  nunca  si  han   de  uenir  todos 

sus  Gastos  del  Patrimonio  el  qnal  pretende  no  poder  entratener  los  Ca- 
stillos,  y  los  de  su  dotacion  con  los  Offlciales  del  Reyno  y  la  Esquadra 
de  Galeras  del,  y  assi  para  las  fortiflcaciones,  uien  se  puede  meter  alo- 
menos  cada  mes  3000  escudos. 

Para  la  Àrtilleria,  comò  para  los  pagamentos  de  sus  Cabos  Mayores 
y  Menores  Carpinteros,  herreros,  y  obras  de  fustes,  caxas,  y  semejantes 
mejoraciones,  pues  es  engaào  creer  que  paga  todo  el  Patrimonio,  (el 
qual  pretende  que  las  rentas,  y  cargas  ordiiiarias,  que  debe  el  Reyno  con 
los  gastos  de  las  Galeras  de  Sicilia  passan  de  SyoOO  escudos  lo  que  sacan, 
en  este  tiempo  de  las  tandas,  y  otras  rentas  a  probecho  del  Rey  en  este 
Reyno)  no  puede  liauer  menos  de  6000  escudos. 

Para  los  Otìlciales  de  Veedoria  General  y  ConserbaJoria ,  y  Probeedo- 
ria  (.que  es  eugaùo  creer  que  pague  todo  el  Patrimonio)  no  puede  bauer 
menos  .... 


S04  MlSOELlAMtA 


Por  el  pan  de  mnaicion  cebada  y  pa.ia,  que  ne  paga  lodo  el  Patri- 
monio y  que  nunca  ha  tenido,  ni  landra  ai  rnagacen  de  esto,  para  salir 
en  Campana  alomenos  suflciente  para  un  Exercito  no  se  puede  poner 
menod  por  el  pan  de  15000  escudos. 

Par  la  cebada  y  paja  en  aiuda  de  lo  que  bace  el  Patrimonio  6000 
escudos. 

Ahora  para  formar  Tren  de  Artilleria  y  poder  llebar  canones  y  para 
nagajes  por  la  Artilleria,  y  lleaar  Ics  uiueres,  y  por  los  Generales  corno 
en  Cataluiìa  ò  alomenos  la  mitad  o  en  todo  800  nagajes  a  medio  escudo 
cada  dia  haran  400  escudos,  y  corno  no  se  puede  estar  todo  el  aùo  en 
Compana  si  se  quenta  por  seis  meses  seran  6000  escudos  al  mes  deui- 
dido  en  12  meses,  por  los  seis  de  Gampaùa  solos  sera  a  12000  cadauno 
dellos  y  sino  son  8  de  Campana  comò  puede  suceder  en  Sicilia  sera  un 
lercio  mas  y  uendra  a  9000  escudos  cadauno  de  los  oeho  meses. 

Demas  de  esto  con  tan  poco  diario  no  se  puede  uestir  el  soldado  y 
para  12000  Infantes  a  8  escudos  cadauno  el  aiìo,  sera  cada  mes  8000 
escudos. 

t 

Para  dos  mill  soldados  de  acabalio,  y  150  Dragones  a  10  escudos  cada 
uno  son  1750  escudos  cada  mes. 

La  remoDta  de  la  Caualleria  cada  ano  y  ahora  que  se  ha  de  remontar, 
la  que  ha  benido  desmontada  de  Milan  no  puede  hauer  menos  de  15000 
escudos  al  aùo  que  seran  cada  mes  1250  escudos. 

Suma  101400  escndas  al  mes. 

En  està  suma  no  entra  el  sucldo  del  Capitan  General,  ni  de  los  Re- 
formados  que  sirucn  cerca  de  su  persona  y  loda  uia  no  les  paga  todo 
el  Patrimonio. 

Los  Gaitos  secretos  no  entran  tanpoco  aqui  ni  se  pagan  por  el  Pa- 
trimonio. 

La  Veedoria  General,  Conserbadoria,  y  pagadoria  no  entran  tampoco 
en  està  suma  y  no  se  pagan  entoramento  por  ol  Patrimonio. 


MISOBLLAMEA  505 


No  los  Almagacenes  y  municiones  de  Guerra,  que  todauia  el  Patri- 
monio no  puede  librar,  y  por  esso  uieueu  de  quando  en  quando  de  Na- 
poles  a  quanta  de  las  remesas. 

Las  Armas  para  Gaballeria  y  Infanteria,  que  tanto  faltan  en  el  Reyno, 
y  que  el  Patrimonio  no  da  en  ninguna  manera,  ni  nada  de  esto,  y  que 
assi  es  forzoso  pedirlo  de  Napoles  a  quenta  de  Us  Remesas. 

Asta  los  qnarteles  y  alojamientos  en  los  Presidios  no  los  hace  el  Pa- 
trimonio, ni  pormite  que  se  alojen  las  tropas  en  las  casas  de  Giudadanos, 
de  ma  nera  que  a  costa  de  las  remesas  se  han  de  labricar  los  quarteles, 
y  Caballerizas  para  la  Canalleria  en  la  mayor  parte  de  los  Presidios. 

Para  los  rendidos  que  uienen  del  Enemigo  se  dan  dos  eseudos  a  ca- 
dauno y  el  pan,  el  Patrimonio  por  aia  del  Secreto  uiene  a  pagar  algo 
de  esto  en  Melazo  però  con  trauajo,  y  dice  que  es  forzoso  que  lo  saqae 
de  algun  otro  pagamento. 

Para  el  rescato  ide  nuestros  prisioneros  de  los  quales  tiene  muchos  el 
Enemigo  nu  se  balla  un  grano. 

Para  muchas  Operaciones  en  sitios,  o  campanas  corno  para  granade- 
ros  y  Otros  semejaates  gastos  no  bay  tanpoco  un  Real  y  en  esto  no  con- 
tribuye  el  Patrimonio. 

El  diario 36000  eseudos. 

Por  los  Maestres  de  Campo  y  Coroneles        .        .  5000  esc. 

Para  la  primer  plana  general 5500  esc. 

Par  difeientes  gastos 5000  esc. 

Fortificaciones 3000  esc. 

Paga  de  artilleria 6000  esc. 

Pan  de  municion 15000  esc. 

Cebada 6000  esc. 

Para  tren  de  Artilleria  de  biueres  y  uagajes        .  9(X)0  esc. 

Para  uestir  la  Infanteria 8000  esc. 

Para  uestir  la  Canalleria  y  Dragones    .        .        .  1750  esc. 

Para  remonta  de  la  Caualleria        ....  1250  esc. 

Toda  estas  sumas  sin  las  que  son  mencionadas 

aqui   arriba   y   no  comprehendidas    hacen  

cada  mes 101400  eseudos. 


506  lilSOBLLANXA 

XCVII. 

(R.  S. --B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  San  Lorenzo  il  25  ottobre  1677,  col  quale 
si  ordina  il  sequestro  dei  600  scudi  annui,  che  pesano  sull'  Arci- 
vescovado di  Palermo  in  favore  del  Collegio  della  Compagnia  di 
Gesù  di  Messina,  considerandoli  beni  di  ribelli,  come  tutto  ciò  che 
fa  parte  di  quella  città  o  appartiene  ai  cittadini  di  essa. 


XOVIII. 

(R.  S.  -  B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  14  novembre  1677 ,  nel  quale 
son  riferite  varie  notizie  relative  alla  guerra. 
Se  ne  trascrivono  due  soli  brani. 

Don  Carlos  etc. 

Reverendo,  etc.  Cardenal  Portocarrero,  etc. 

Siete  cartas  vuestras  de  10  de  octubre  en  punctos  concernientes  a 
essa  Guerra  se  han  receuido  ;  en  vna  decis  .         .         .... 

Ed  otra  referis  que  en  la  que  escriuisteis  en  26  de  septiembre  me 
disleis  quenta  de  hallarse  el  enemigo  acampado  en  la  liana  de  Mascari 
y  de  las  operaciones  que  bauia  practicado  basta  aquel  dia  a  qne  anadis 
que  las  nolicias  que  los  Cauos  de  esse  Exercito  os  bauian  comunicado  se 
rcducian  a  que  a  24  de  el  niismo  so  puso  en  marcba  el  oueniigo  reti- 
raudo.se  del  paraj^'e  que  ocupaua  y  repartio  su  InfiUiteria  en  las  Plazas 
de  Taormina,  la  Escaleta,  el  Ibisso  y  Mecina,  y  la  Caualleria  en  los  pa- 
rage»  de  San  Placido  y  Sauca  confrontando  todos  los  auisos  en  que  la 
perdida  de  lìancesses  ba  side  sumamente  considerable  bauiendo  enfer- 
mado  gran  numero  de  soldados  y  la  mayor  parte  de  los  Otlleiales  siendo 
de  calidad  quo  ay  Rogimiento  que  ha  quedado  con  muy  pocos,  o,  nin- 
ganos  paHHundu  el  iiunuu'o  do  los  rendidos  de  450  cuyas  noticias  bauian 


MI80BLLAXKA  507 

sido  bien  lamentables  en  Mecina  produciendo  alguna  disension  entre 
francesses  y  Mecinesses  poi-'boluer  dei-rotado  el  eneiviigo  y  sus  armas 
con  tan  poco  credito,  no  hauiendo  coiiseguido  ninguna  operacion  en  està 
salida,  ni  en  la  que  antecedentemente  hizo  a  la  vista  de  iMelazo  sin  qoe 
de  nuestra  parte  haya  hauido  considerable  descalabro  con  hauer  estado 
nuestras  tropas  en  la  parte  que  insinuais;  animando  os  tannbien  ser  ciarla 
la  nuerte  de  Don  lacome  Auerna  vno  de  los  principales  reueldes  de  Me- 
cina y  qiiedar  sin  esperanzas  de  vida  el  Marques  Galidoro  que  es  de  la 
misma  calidad  persuadiendo  os  a  que  en  el  resto  de  està  campana  no 
passaran  fiancesses  a  nneuos  tentatiuos. 


Y  haniendose  visto  atentamente  todo  lo  que  auisais  no  puede  dejar 
de  recouozerse  hauer  sido  effecto  de  la  Diuina  prouidencia  el  enfermar 
el  Exercito  de  el  enemigo  y  su  retirada  y  si  huuiese  hauido  gente  y  di- 
sposicion  vastante  para  aconietei'le  en  tan  bueiia  occasion  bien  pndiera 
hauerse  conseguido  el  dejarle  derrotado  corno  decis ,  y  he  mandado  da- 
ros  por  Estado  las  ordenes  conuenientes  a  cerca  de  el  empieo  de  essas 
Galeras  y  incomodar  la  comunicacion  de  Mecina. 


XCIX. 

(R.  S.  -  B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  24  novembre  1677,  col  quale 
fra  le  altre  cose  si  dispone  che  il  pi'estito ,  a  cui  si  ora  ricorso 
per  le  estreme  necessità  pecuniare  del  momento  ,  sia  veramente 
volontario  (sulla  qual  cosa  S.  M.  mostra  qualche  dubbio)  e  non  si 
adoperi  nessun  genere  di  pressione  sui  contribuenti,  anzi  ai  mal- 
volenterosi  si  assicuri  bonariamente  il  rimborso  delle  somme 
erogate. 

Don  Carlos  Por  la  gracia  de  Dios  Rey  de  Castilla,  de  l.eon  de  Aragon 
de  las  dos  Sicilias  de  Hiernsalem,  de  Nauarra  y  de  los   Indias  etc.  May 


508  msoBLLAiniA 

" " " i 

Renerendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  mi  mny  ebaro  y  muy 
amado  amigo  de  mi  Consejo  de  Estado  mi  Virrey  Lngar  theniente  y  Ca- 
pitan general  del  Reyno  de  Sicilia  en  Interim.  En  carta  de  13  de  se- 
tiembre  me  disteis  quenta  de  qiie  hauiendo  os  escrito  el  Marqnes  de 
Villafiel  Gouernador  de  la  Armada  determinana  salir  cn  busca  del  Ene- 
migo  con  las  Esquadras  df  Galeras  hauiles  de  faccion  qne  se  hallauan 
en  esse  muelle  pidiendo  os  jastamente  la  direccion  de  adonde  se  hania 
de  encaminar,  hizisteis  vna  Jnnta  de  los  Cauos  y  Ministros  que  Expre- 
sastei8  para  ver  la  forma  en  que  se  le  deuia  responder  y  principalmente 
para  la  de  qne  le  siguiesen  las  Galeras  de  esse  Reyno  que  por  falta  de  paga» 
no  lo  podian  azer  deuiendo  ser  las  primeras,  y  qne  parecio  a  todos  que 
en  quanto  a  salir  a  busca  al  Enemigo  se  diese  al  Marques  de  Villafiel 
respuesta  de  gracias,  y  en  quanto  a  la  paga  de  las  Galeras  de  esse  Reyno 
sier.do  el  credito  contra  la  Crnzada  de  sumas  considerables  y  imposibli- 
tado  el  socorro  de  dicba  Esquadra,  por  este  motiuo  y  no  hallandose  el 
Patrimonio  (corno  lo  asegaraua  el  Presidente)  con  vn  Real  para  acudir 
a  està  vrgencia,  se  resoluio  que  llamaseis  a  los  nobles  y  de  caudal  de 
es«a  Ciudad  y  con  representacion  de  està  necessidad  en  que  tanto  se 
interesauan,  contribuyesen  con  lo  que  cada  vno  pudiesse  y  quisiese,  y 
qne  se  hania  conseguido  sin  violencia  y  con  particnlar  atencion  fineza 
y  gusto  de  los  mismos  contribuyentos  poco  mas  a  menos  de  12000  reales 
y  esperanais  conseguir  mas  para  acudir  a  la  frontera  de  Catania ,  con 
qne  de  està  manera  se  hauia  facilitado  el  que  se  pùdiese  esecutar  con 
mas  proporcionadas  fuerzas  la  delerminacion  del  Marques  de  Villafiel,  y 
auisasteis  que  todo  este  dinero  iua  entrando  en  Thesoreria  con  quenta 
a  parte,  y  la  snficiente  claridad  para  poder  embiarme  la  noticia  con  el 
sigoiente  correo,  y  que  por  via  de  emprestido  era  en  la  calidad  que  lo 
hauian  pedido,  aunque  los  mas  lo  hanian  entregado  sin  està  condicion  ; 
Sobre  que  mande  escriuiros  en  despacho  de  25  de  Octubre  respondiendo 
OS  en  el  a  està  y  a  otras  cartas  vueslras  sobre  puntos  tocantes  a  essa 
Guerra,  que  os  aprouaua  el  medio  de  que  hauiais  vssado  para  socorrer 
las  Galeras  de  esse  Reyno  y  acudir  a  lo  mas  preciso  con  la  contribucion 
volontaria  por  via  de  emprestido  ejecutandose  esto  sin  ningun  genero 
de  foerza  y  con  ci  gusto  qne  sìgnitìcauais  de  los  mismos  contribujentes 
y  08  embie  algunas  cartas  con  los  nombres  en  bianco  en  manifestacion 
de  mi  Real  gratitnd  y  dandorac  por  bien  seruido  de  la  flneza  y  zelo  que 
hauian  mostrado  para  que  si  os  pareciese  podais  llenarlas  y  repartirlas 
entr»;  los  que  se  houieren  manifestado  mas  tìnos  y  merezedores  de  està 
demonstracion.  Y  haniendose  despnes  reciuido  etra  carta  vuestra  de  10 
de  Octubre  en  que  continuando  darmi)  quenta  do  lo  quo  so  iua  perci- 
ai«odo  de  el  emprestido,  remitis  relaciou  de  lo  cobrado  y  gastado  desde 


MISCELLANSA  509 


el  correo  antecedente  Ha  parecido  deciros  quedo  con  està  noticia  y  con 
loda  satisfacion  del  cuidado  que  aplicaaais  en  qne  se  lleuase  con  claridad 
y  distincion  la  quenta  y  razon  de  lo  que  este  medio  va  prcduciendo 
Pero  bien  qne  este  effecto  de  el  emprestido  sea  de  la  mera  volantad  de 
los  coiitribujentes  (corno  me  haueis  referido)  y  que  en  el  no  ha  da  in- 
teruenir  ningun  genero  de  fuerza  corno  os  lo  he  encargado ,  ni  aprieto 
alguno  si  no  que  se  ha  de  deferir  al  aruitrio  mero  de  los  mismos  con- 
tribujentes  toda  via  He  resuelto  preueniros  y  ordenaros  qae  si  recono- 
ciereis  de  alguno,  o,  algunos  no  hauer  concurrido  con  muy  franca  y 
antera  voluntad  en  lo  que  huuieren  contribuido,  les  procureis  asegurar 
de  la  paga  de  la  misma  cantidad  por  qnenta  de  mi  Real  hacienda  siem- 
pre  que  buenamente  se  pudiere.  Y  sea  muy  Reuerendo  en  Christo  Pa- 
dre Cardenal  Portocarrero  mi  muy  charo  y  muy  amado  amigo  nuestro 
Senor  en  vuestra  continua  guarda.  • 
De  Madrid  a  24  de  Noviembre  de  1677. 


Yo  el  Rey 


Bustamanle  Secretario. 

Vidit  Duca  di  S.  Germano. 
Vidit  Corre  Referendarius. 


Vidil  Carrillo  Referendarius. 
A  tergo: 
Al  muy  Reuerendo  ecc. 


C. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  7  dicembre  1677,  col  quale 
S.  M.,  avendo  conosciuto  che  si  occultavano  nell'Isola  molti  beni 
de'  ribelli  Messinesi,  soggetti  a  confisca ,  ordina  che  si  adoperi 
maggiore  zelo  nello  scovrirli  e  ai  rivelanti  volontari  si  conceda 
indulto  ed  il  quarto  dell'importare  dei  beni  rivelati. 


Ardi.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  33 


Ilo  MISCELLANEA 


CI. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  20  dicembre  d677,  riferentesi 
ad  alcune  pretese  di  D.  Francesco  Piatamene ,  principe  di  Roso- 
lini,  dal  quale  si  rileva  che  i  beni  dei  Messinesi  ribelli  non  tro- 
vavano compratori,  e  che  per  mancanza  di  fondi  non  si  potevano 
pagare  gli  assegni  fatti  ai  Messinesi,  rimasti  fedeli,  a  titolo  di  buoni 
vassalli. 


GII. 

CR.  S.  —  B.  2449). 

Parendo  utile  da  molto  tempo,  anzi  necessario  per  evitare  cla- 
mori, frodi  e  diserzioni,  di  ridurre  la  milizia  siciliana,  che  no- 
minalmente era  composta  di  10000  fanti  e  1600  cavalieri ,  in  un 
corpo  di  soldati  regolari  di  2000  fanti  e  600  o  400  cavalieri ,  da 
pagarsi  a  carico  dei  comuni  dell'Isola,  S.  M.  con  dispaccio,  dato 
a  Madrid  il  24  dicembre  1677,  ordina,  confidando  nella  gran  pru- 
denza del  Viceré,  di  esaminare  quel  che  possa  farsi  in  proposito 
*  con  la  maggior  soavità  e  dolcenza  »  tanto  verso  i  cittadini, 
quanto  rispetto  al  servizio  regio. 


CHI. 
(R.  S.  —  B.  2449). 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  24  dicembre  del  1677,  col  quale 
8i  avvisa  il  Viceré  Don  Vincenzo  Gonzaga  che  1'  armata  d'Olanda 
nei  primi  del  prossimo  marzo  sarà  nel  Mediterraneo,  e  quindi  gli 


MISCELLANEA  511 


si  ordina  di  tener  pronti  i  piani  di  guerra  e  quanto  occorre,  per- 
chè dopo  r  arrivo  di  quella  le  forze  alleate  in  mare  e  quelle  di 
S.  M.  in  terra  dian  mano  senza  indugio  all'esecuzione  delle  ope- 
razioni militari,  raccomandando  specialmente  di  preparare  ciò  che 
è  necessario  per  incendiare  la  flotta  francese  nel  porto  di  Messina. 


CIV. 
(R.  S.  — B.  1687). 

Copia  di  una  lettera ,  data  a  TPrancavilla  il  28  dicembre  1677, 
colla  quale  il  Duca  di  Bourneville ,  Governatore  Generale  delle 
Armi,  ffi  a  Sua  Maestà  gli  elogi  di  D.  Pietro  Paolini  e  chiede  per 
lui  una  degna  ricompensa,  accludendo  un  memoriale,  dallo  stesso 
diretto  al  Re. 

Senor, 

• 
El  Theniente  de  Mastre  de  Campo  General  Don  Fedro  Paolini  a  cuyo 
•  cargo  corre  el  gouierno  de  la  fro«tera  de  francauilla  la  mas  propinqua 
al  Enemigo  de  muchos  dias  y  ha  hecho  tan  partìculares  y  sifialados 
seruicios  a  V.  Magestad  desde  el  principio  desta  guerra  con  tanta  pun- 
tualidad  y  zelo  en  todas  las  ocasiones  que  se  le  han  encargado,  anadiendo 
a  ellos  el  que  oy  ha  hecho  en  la  sopi^sa  de  la  Mola,  Plaza  tan  impor- 
tante y  tan  diflcil  de  que  se  ubiesse  jazgado  sucediesse  asi,  por  ser  una 
plaza  tan  inespugnable,  y  hauer  subido  desde  lo  Inferior  de  un  precipi- 
cio  a  las  murallas  por  una  cuerda,  y  no  solo  satisfecho  desto  ,  uiendo 
los  cortos  medios  que  ay  en  este  Reyno  ha  dado  para  poner  los  Viueres 
y  Municiones  necessarias  en  dicha  Plaza ,  quinientos  escudos  y  siendo 
esto  digno  de  la  noticia  de  V,  Magestad  no  me  ha  parecido  esimirme 
de  acompaharle  el  incluso  memorial  pues  en  que  V,  Magestad  le  honrre 
con  una  merced  exemplar  correspondiente  a  este  tan  senalado  serui^io 
no  solo  primia  V.  Magestad  al  dicho  Thiniente  de  Mastre  de  Campo  Ge- 
neral Paulini  sino  que  anima  a  otros  para  que  le  imiten  en  semejantes 
seruicios,  este  que  ha  hecho  de  la  interpresa  de  la  Mola  es  uno  de  los 
.mas  particulares  que  he  visto  hazer  en  «d  dìscurso  del  tiempo  que  à  que 


512  mSCELLANBA 


sirno  y  que  no  ay  segnndo  del  en  estos  siglos,  y  no  dudoqne  en  la  Real 
Grandeza  y  liberalidad  de  V.  Magestad  esperimentarà  el  suplicante  la 
recompensa  merecida,  quedando  yo  con  el  deuido  rendimiento  a  los  Reales 
Pies  de  V,  Magestad  Cuya  Catolica  Persotia  guarde  Nuestro  Senor  los  di- 
latados  aiìos  qne  la  Monarquia  ha  menester.  Francauilla  y  Diziembre  28 
de  1677. 


OV. 

(R.  S.  — B.  1687). 

Don  Pietro  de  Aldar,  Maestro  di  Campo,  con  lettera,  data  a  Ga- 
strorao  il  1°  di  gennaro  1678,  informa  un  suo  zio  a  nome  D.  Pie- 
tro Lagasta,  per  darne  conto  al  Viceré  del  modo  fiero  e  sdegnoso 
col  quale  si  era  comportato  il  Conte  Aresi,  Maestro  di  Campo  dei 
Milanesi,  a  cagione  della  ronda  passata  degli  Spagnuoli  al  campo 
da  lui  occupato.  Chiama  questo  modo  di  procedere  capriccioso  e 
scandaloso;  chiede  che  sia  punito  severamente ,  affermando,  per 
mettere  in  cattiva  vista  1'  Aresi ,  in  mancanza  di  buone  ragioni, 
che  questi  aveva  servito  solo  cogli  Alemanni  e  che  gli  si  era  dato 
il  comando  di  un  Terzo  non  vi  essendo  nessuno,  che  volesse  pas- 
sare d'Italia  in  Sicilia  per  quella  guerra. 


evi. 

(R.  S.  —  B.  1686). 

Il  Conte  D.  Gian  Francesco  Aresi  con  lettera ,  data  a  Milazzo 
il  3  gennaro  1078,  da  informazioni  sulla  grave  contesa  da  lui  avuta 
cogli  Spagnuoli  e  su  quel  che  ha  risoluto  di  fare  per  tutelare  la 
dignità  propria  e  dei  soldati  italiari. 

Illustrissimo  signore  mio  Padrone  Colendissimo 

Mentre  stano  comandando  Tlnfanteria  Ittalinna  sotto  gli  ordini  del 
•ignor  Dncu  di  Bornonuille  per  la  parte  di  Tanormioa  il  di  31  del  pas- 


UISCELLANEA  513 


sato  si  mutò  la  Piazza  d'Armi  dal  luogo  di  Gacci  a  quello  di  Castro  Rauo, 
doue  fu  assegnato  per  quartiero  mio,  e  di  tutti  li  miei  vfBciali  e  soldati 
una  picciola  strada  dissabitata,  appartata  in  testa  della  quale  non  n'era 
che  una  siepe,  che  non  haueua  altr'  uscita,  che  d'un  picciol  sentiero,  che 
porgeua  alla  campagna.  Qui  dunque  mi  alloggiai  con  tutta  la  mia  Infan- 
teria, et  occupai  l'angustia  della  strada  con  baracche  per  quelli  che  non 
capiuano  nelle  case,  poi  conforme  al  stilo  militare  misi  un  Corpo  di 
Guardia  all'imboccatura  del  quartiere  con  due  sentinelle  sopra  li  due 
Angoli,  et  altra  alla  sboccatura  del  sentiere,  che  con  duceva  alla  campa- 
gna in  forma  tale  che  il  mio  quartiere  stana  serrato  fra  le  mie  guardie; 
quando  di  li  a  puoco  la  Pattrolia  spagnuola  uollè  entrare  dentro  del  me- 
desimo; e  perche  le  mie  sentinelle  compiendo  al  loro  obligo  non  gli  per- 
misero l'ingresso,  né  andaron  le  lamento  à  S.  Eccellenza,  il  quale  udite 
le  mie  raggioni  si  rese  pago,  non  passò  un  quarto  d'  bora  che  S.  Eccel- 
lenza con  il  signor  Maestro  di  Campo  Generale  uennero  al  mio  proprio 
quartiere,  dove  non  bastarono  le  raggioni,  e  rimostranze  da  me  addotte, 
per  euitare,  che  S.  Eccellenza  non  mi  ordinasse  permettessi  rondar  detto 
mio  quartiere  dalla  Pattrolia  spagnuola  ,  e  però  feci  rettirare  le  mie 
guardie,  e  lasciar  libero  l'ingresso,  per  compire  all'  ubbedienza  da  me 
douuta  a'  miei  Generali,  e  poi  considerato  il  pregindicio  nottabile  se- 
guito alla  mia  nattione,  renunciai  il  posto  mio  il  medesimo  giorno,  ha- 
uendomi  obligato  a  seruire  di  semplice  soldato  in  tutte  le  funcioni,  che 
si  fossero  presentate,  nel  servitio  di  S.  Maestà ,  ma  il  signor  Duca  di 
Bornonuille  mi  ordinò  uenissi  in  .\resto  à  Melazzo,  di  dove  né  ho  uo- 
luto  partecipare  del  tutto  à  S.  Eminenza ,  al  quale  faccio  la  medesima 
rinuncia  in  scritto.  Supplico  Vostra  Signoria  lUnstrissima  a  passar  buon 
Vfflcio  apresso  d'esso  Duca,  acciò  m'  honori  di  compatirmi,  e  mentre  con- 
fido nell'innata  galanteria  di  V.  S.  Illustrissima  mi  raffermo  Melazzo  il 
3  gennaro  1678. 
Di  V.  S.  lll.ma. 


Devotissimo  ed  obbligatissimo  Seruo 
Conte  Don  Gio.  Francesco  Aresi 


514  MISCELLANEA 


CVII. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Conte  Giovan  Francesco  Aresi  con  lettera,  data  a  Milazzo  il' 
4  gennaro  1678,  informa  il  Viceré  della  grave  quistione  avuta 
cogli  Spagnuoli  suoi  commilitoni,  e  si  dimette  dal  posto ,  che  oc- 
cupa nell'esercito. 

Eminentissimo  Signore, 

Porgo  a  piedi  di  Vostra  Eminenza  la  nottizia  d'un  pregiudicio  notta- 
bile  seguito  alla  mia  nattione  Ittaliana,  mentre  trouandomi  con  il  signor 
Gouernatore  dell'Armi  ci  conuenne  mattare  il  campo  dal  luogo  di  Gaggi, 
à  quello  di  Castro  Rauo  doue  fu  assegnato  per  quartiere  mio  proprio, 
di  tutti  li  miei  VflBciali,  e  soldati  Ittaliani,  che  stanano  à  miei  ordini  una 
piccola  strada,  disabitata,  appartata,  la  quale  aueua  in  capo  d'  essa  una 
siepe  che  non  haueua  altr' uscita,  che  quella  d'un  picciol  sentiero,  che 
conduceua  alla  campagna.  Quiui  dunque  mi  alloggiai  con  tutti  li  Vffl- 
ciali  e  soldati,  e  doppo  riempite  tutte  le  case  occupai  l' angustia  della 
strada  con  baracche,  per  alloggiare  quelli,  che  non  capiuano  in  esse.  Poi 
conforme  al  stilo  militare  misi  un  Corpo  di  Guardia  all'imboccatura  del. 
quartiere  con  due  sentinelle  sopra  l'angoli  della  strada  et  altra  al  sen- 
tiere,  che  sboccaua  per  l'altra  parte  alla  campagna,  di  modoche  restaua 
il  mio  quartiere  serrato,  e  guardato.  Quando  di  li  à  poco  passò  la  Pat- 
trolia  spagnuola,  la  quale  uolendo  entrare  dentro  del  detto  quartiere  delli 
Ittaliani,  le  sentinelle  del  Corpo  di  guardia,  che  stanano  all'imboccatura 
non  gli  lo  permisero.  Né  andarono  le  lamente  à  S.  Eccellenza,  e  trouan- 
domi presente  dissi  le  mie  raggioni,  delle  quali  appagato  ordinò  non 
dovesse  la  Pettrolia  entrare.  Non  passarono  pochi  momenti  che  S.  Ec- 
cellenza con  il  Maestro  di  Campo  Generale  uennero  al  detto  quartiere 
mio  dove  noo  bastarono  le  niue  remostranze,  e  raggioni  da  me  rappre- 
sentate, che  mi  obligarono  con  repplicati  ordini,  à  lasciare  entrare  nel 
quartiere  mio  la  Pattrolia  Spagnuola ,  ond'  io  essequendo  i  suoi  ordini 
rettirai  le  mie  guardie,  e  gli  lasciai  libero  l'ingresso. 

Eminentissimo  Signore  questo  é  un  pregiudizio  nottabile  seguito  alla 
mia  nattione,  la  quale  so  l'Eminenza  Vostra  si  degnerà  sentire  apporterà 
mille  ettempi  à  suo  fanore,  né  tal  cosa  si  praticò  già  mai,  dà  che  l'It* 


HISCELLANBA 


taliani  hanno  1'  honore,  di  seruire  il  nostro  Monarca,  e  però  non  aueado 
hauuto  stomaco,  di  soffrire  questo  colpo  renuntiai  subbito  il  mio  Posto, 
hauermi  obligato  à  scriuere  da  semplice  soldato  ,  hauendo  assicurato  il 
signor  Gouernatore  dell'Armi,  che  se  si  fosse  rappresentato  qualch'  oc- 
casione, non  haurebbe  perciò  patito  il  seruicio  di  S.  Maestà,  ma  questo 
non  mi  fu  permesso,  anzi  fui  mandato  preso  qui  à  Melazzo,  e  però  ric- 
coro  à  piedi  di  Vostra  Eminenza  facendogli  la  medesima  rennncia,  sup- 
plicandomi ad  honorarmi  possi  seruire  con  una  Picca  da  semplice  sol- 
dato, per  non  smaccare  la  mia  nattione  della  quale  1'  Eminenza  Vostra 
n'é  Padre,  E  per  fine  mi  rassegno  Melazzo  il  4  Gennaro  1678. 
Di  V.  Eminenza 

Umilissimo  Seruo 
Don  Gio.  Francesco  Aresi 


CVIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  4  gennaro  1678,  accusa 
al  Viceré  ricezione  di  sei  lettere*  di  lui  con  notizie  militari,  rias- 
sumendone il  contenuto. 

Don  Carlos  por  la  gracia  de  Dios  Rey  de  Castilla  de  L<on  de  Aragon 
de  las  dos  Sicilias  de  Hierusalem  de  Nauarra  y  de  las  Indias  etc.  Muy 
Reuerendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  mi  muy  charo  y 
muy  amado  amigo  de  mi  Consej  >  de  Estado  mi  Virrey  Lugarlheniente  y 
Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia  en  Interim;  De  qnatro  de  Nouiem- 
bre  se  han  reciuido  seis  cartas  vnestras  concernientes  apuntos  militares. 

En  vna  remitìs  papel  de  auisos  que  os  ha  ydo  participando  el  Gouer- 
nador  de  las  Armas  Duque  de  Bournonuile  y  copia  de  carta  que  le  escri- 
uio  el  Gouernador  de  Saponara  sobre  lo  que  se  offrecia  por  aquella  fron- 
tera,  enfermedades  desunion  y  falta  de  viueres  que  padeze  Mecina. 

Con  otra  acompunais  diferentes  papelos  y  decis  que  hauiendo  os  en- 
biado  con  expreso  el  General  Don  Bernardino  Sarmiento  copia  de  la  que 
Don  Venito  Ximenez  Gouernador  de  Saponara  escriuio  al  Duque  de  Bour- 
nonuile con  auiso  de  que  partirian  catorze  Galeras   de   Mecina  para  Ics 


516  MISCELLANEA 


puestos  de  Pi*ouenza  por  si  las  mias  pudiesen  intentar  salir  a  encontrar- 
las  juntas  con  los  Nauios  y  qua  los  del  enemigo  que  se  hauian  ydo  ha- 
uian  sldo  catorze  lo  participasteis  al  Marques  de  Vayona  y  os  respondio 
seria  bueno  bazt-r  junta  sobre  elio  paia  ver  lo  que  conuendria  y  assi  la 
canuocasteis  el  dia  :-U  de  octubre  de  los  Cauos  de  la  Armada  y  Galeras 
y  del  Principe  de  Palagonia  y  Don  Pedro  de  Napoles  y  fueron  de  pa- 
rezer  no  conuenia  salir  en  demanda  de  las  Galeras  de  el  enemigo  con 
que  el  de  Vayona  boluio  a  escriuiros  para  sauer  vuestro  dictamen  en  la 
resolucioa  que  se  liauia  de  seguir,  y  vltimamente  le  lespondisteis  que  lo 
que  los  Gauos  de  la  Armada  y  Galeras  hauian  discurrido  parecia  no  ba- 
uia  que  mouerse  por  entouzes  a  ningun  tentatiuo. 

En  otra  dais  qnenta  de  que  quando  Uego  a  esse  M nelle  el  Marques 
de  Vayona  os  escriuio  papel  (que  ya  por  copia  embiasteis  con  otra  carta 
vuestra  de  21  de  octubre)  refiriendo  os  sus  andamentos  desde  que  passo 
a  Melazo  y  preguntando  os  la  operacion  que  se  podria  intentar,  a  que 
le  respondisteis  lo  importante  que  seria  a  mi  seruicio  fuese  disponiendo 
que  se  repartiesen  las  Esquadras  de  Galeras  en  Zaragoza  Trapana ,  Me- 
lazo y  Palermo  subre  que  el  Marques  os  propuso  formaseis  vna  junta 
en  que  se  discurriese  aste  puncto,  corno  lo  ejucutasteis  llamando  para 
ella  al  de  Vayona,  al  de  Grani,  Conde  de  la  Mondoua  ,  Prior  de  la  Ro- 
chela,  Principe  de  Palagonia,  Don  Manuel  de  Silua,  y  Don  Pedro  de  Na- 
poles y  que  hauiendo  sido  este  vltimo  'ie  parer  de  que  se  repartiesen 
en  las  releridas  Plazas  para  su  defensa  impedir  los  sòcorros  que  se  in- 
trodugen  en  Mecina  y  conducir  congesta  occasion  a  la  Plaza  de  Zaregoza 
alguna  gente,  toHos  los  demas  pcrmanecieron  constantes  en  su  opinion 
de  que  no  conuenia  desunirlas  de  esse  Muelle  reuiitiendo  solamente  a 
la  Rabia  de  Melazo  dos,  o,  tres  que  son  las  que  pneden  estar  alli  como- 
damenti'. 

En  otra  escriuis  que  hauiendo  permitido  el  tiempo  salir  de  Melazo  al 
Marquf-'S  de  Villaflel  signio  su  viage  a  Palermo  donde  dio  fondo  el  dia 
primt'io  de  Nouiembre. 

En  otra  releris  que  a  las  instancias  que  el  General  de  la  Caualleria 
Don  Diego  De  Bracamonto  us  bazia  para  ir  a  Palermo  os  parecio  no  darle 
licenzia  aunque  no  se  la  hauias  negado  con  que  diciendo  Don  Diego  per- 
dia  su  Vida,  y  lo  que  necesitaua  de  remedios,  se  encamino  a  essa  Ciudad 
donde  con  diucrsos  memoriales  y  fees  de  Medicos  pidio  licencia  para 
passar  a  Napol»»»  a  tornar  las  arena»  de  Isquia  y  Baiìos  de  Puzol  y  por 
lo  abanzado  del  tiempo  y  hauerso  attirado  el  enemigo,  ballaros  en  co- 
nocimiento  de  su  fatta  de  salud  y  que  no  lo  probiuia  mi  Real  despacho 
de  15  de  Junio  le  concidisteis  permisso  por  dos  messes  y  en  el  interim 
qaedaua  la  frontera  rcparada  con  aquellos   Cauos    basta   quo  pudiese  ir 


MISCELLANEA  517 


otro,  mas  principal  comò  sacederia  si  pasase  el  Dnque  de  Bournonuile, 
o,  arriuase  el  Mastro  de  Campo   General  a  qnien  se  esperaua  cada  dia. 

En  otra  auissais  qne  haaiendo  concedido  licencia  al  Daque  de  Mon- 
teleon  Don  Julio  Pinateli  Vicario  General  de  la  Ciadad  de  Trapana  por 
las  continuas  instancias  que  os  hauia  hecho  expecialmente  desde  que  he- 
redo  para  retirarse  a  Palermo  a  effecto  de  curarse  de  los  achaques  que 
le  molestan  hauias  dispuesto  passase  a  aquella  Plaza  de  Trapana  a  exer- 
cer  este  empieo  el  Principe  de  Pozo  Real  que  estaua  en  la  de  Girgento, 
y  el  Conde  de  Rocalmuto  fuesse  a  està  desde  la  de  Noto,  para  cuyo  go- 
uierno  quedauais  discnrriendo  el  sugeto  que  mas  dignamente  pudiese 
ocuparle. 

Tambien  se  ha  reciuido  con  el  mismo  ordinario  carta  vuestra  de  4 
de  Nouiembre  para  mi  Secretarlo  Don  Garcia  de  Bustamante  en  que 
con  occasion  de  passar  en  vna  Galera  a  Napoles  el  Marques  de  Vayona 
embiais  duplicado  de  carta  de  25  de'octubre  poniendo  os  a  mis  pies  por 
el  Titulo  que  hauiais  reciuido  por  Estado  de  Theniente  General  de  la 
Mar  pero  que  vuestra  buena  ley  no  os  permitia  dejar  de  decirme  que 
essos  cargos  necessitan  mucho  el  dia  de  oy  de  soldado  que  los  Gauierne. 

Y  visto  el  contenido  de  todas  las  referidas  cartas  papeles  y  copias 
que  las  acompaùan,  ha  parecido  deciros  que  quanto  mas  se  uee  de  estos 
auisos  hallarse  opurado  de  mantenimiento  el  enemigo  tanto  mas  con- 
uiene  no  amitir  diligencia  alguna  que  resguarde  y  deflenda  qualquiera 
prouision  que  de  fuera  se  le  intentare  subministrar  a  cuyo  fin  He  resuelto 
boluer  a  encargaros  y  mandaros  (comò  lo  hago)  que  en  està  parte  se 
estt  con  la  maior  atencion  y  vigilancia  no  perdonando  medio  humano 
que  mas  pueda  conducir  al  proposito;  y  he  maiidado  escriuir  al  Gran 
Maestre  de  Malta  fio  de  lo  qne  le  mereze  la  justiflcazion  de  la  caussa  y 
su  obligacion  y  denocion  a  està  Corona,  atendera  mucho  atajar  con  ef- 
fetto el  que  de  aquella  Isla  se  transporten  granos  ni  viueres  algunos  de 
qualquiera  Calidad  a  los  Reueldes  ;  y  en  quanto  a  las  operaciones  ma- 
ritimas  os  tengo  ya  dadas  las  ordenes  conuenientes  ;  y  sea  mny  Reue- 
rendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  muy  charo  y  muy  amado 
amigo  nuestro  Seiìor  en  vuestra  continua  guarda  de  Madrid  a  4  de 
Enero  de  1678. 

yo  ci  Rey. 

Buslamanle  Secretarius. 

Etc.  Etc. 


)18      •  MISCELLANEA 


CIX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  5  gennaro  1678,  rice- 
vute le  notizie ,  mandategli  dal  Viceré  con  lettera  del  17  no- 
vembre 1677,  che  l'Armata  di  Francia  si  era  ritirata  dalla  costa 
di  mezzogiorno  a  Messina  ,  rinnova  gli  ordini  perchè  le  galere- 
dei  Regno  impediscano  per  quanto  sia  possibile,  che  pervengane 
a  quella  aiuti  e  viveri  dalla  Francia. 


ex. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Avendo  il  Viceré  con  lettera  del  9  gennaro  1678  scritto  al  Re 
le  difficoltà,  che  il  Marchese  di  Villafiel  incontrava  nel  fare  con 
la  flotta  qualche  operazione  guerresca  e  nel  tentare  di  impedire 
il  giungere  dei  soccorsi  di  Francia  a  Messina  ,  perchè  le  Galere 
del  Regno  di  Sicilia,  di  Napoli,  di  Spagna  e  di  Genova  mancava- 
no di  viveri  e  specialmente  di  biscotto,  S.  M.  ordina  di  fare  per 
quanto  riguarda  quelle  del  Regno  severe  rimostranze  al  Tribunal 
del  Real  Patrimonio  e  minaccia  pene  a  quei  ministri,  che  costan- 
temente si  mostrano  riluttanti  a  compire  in  proposito  il  loro« 
dovere. 


CXI. 

(R    S.  —  B.  1687). 

Copia  di  una  lettera  del  Generale  in  capo   francese,  Marchese 
di  Vivonne,  data  a  Messina  il  9  gennaro  1678,   diretta  al  Gover- 


MISCELLANEA  519 


Datore  Generale  delle  armi,  Duca  di  Bourneville,  che  tratta  del 
cambio  dei  prigionieri  di  guerra. 

A  Messine  ce  9  Janvier  1678. 
Monsieur 

Vos  deui  dernieres  dn  premier ,  et  du  quatriesme  du  courant,  me 
furent  rendues  le  cinquiesme  en  celie  Ville,  par  le  retour  de  mon  trom- 
pc'tto.  Pour  responce  j  auray  1' honneur  de  Vous  dire,  que  j  ay  iiomó- 
Monsieur  de  Juigny,  Lieutenente  Colonel  du  Regiment  de  Schombery, 
pour  traitter  de  l'Eschange  General,  avec  Monsieur  le  Colonel  Ulbin,  ila 
ont  esté  long  teras  voisins,  et  ayant  desia  de  l'estime  l'vn  pour  l'autre, 
ils  n'en  sont  que  plus  propres  a  diriger  vne  affaire  de  cette  nature, 
ainsy  on  comencera  a  la  traitter,  quand  il  Vous  plaira. 

J'  ay  bien  de  la  joye  d'aprendre  que  Vous  ayez  escrit  pour  faire  ve- 
nir nos  prisoniers  qui  sont  a  Naples,  car  ce  sont  ceux  qui  doivent  en- 
trer  les  premiers  dans  le  traitté,  et  sans  l'eschange  des  quels,  cette  af- 
faire ne  peut  avoir  lieu.  G'est  pourquoi  je  Vous  prie,  de  redoubler  vos 
lettres  su  ce  suiect.  Cependant  jl  y  a  quelques  Officiers  Messinois  prisio- 
niers  a  Melasse,  comme  pouroyent  estre  les  Sieurs  Pisani,  Trapanesi 
le  Monaquel  et  autres,  les  quels  vous  pouriez  renvoyer  icy  sur  lenr  pa- 
role, de  la  mesme  maniere  que  nous  vous  avons  envoyè  et  envoyons 
tous  les  iours,  beaucoup  d'autres  des  vostres. 

Je  me  contente  Monsieur  des  Officiers  pris  a  la  Mole,  que  vous  avez 
en  agreable  de  m'  envoyer,  pour  estre  icy  sur  leur  parole,  sans  desirer 
les  quatre  vingt  soldas  que  vous  me  proposez.  Il  me  semble  que  leur 
echange  ne  presse  pas  plus  que  le  General,  ainsy  leur  sort  sera  regie 
dans  le  temps  qu'  on  reglera  celuy  de  beaucoup  d'autres  persones  quand 
J'  ay  receu  les  prisoniers  que  vous  avez  en  la  bonté  de  m'  envoyer,  ce 
na  pas  esté  dans  la  vene  de  les  eschanger  par  preference  aux  autres 
prisoniers  que  vous  avez,  Qa  esté  pour  leur  donner  moyen  de  se  mieux 
faire  solliciter  icy,  et  ils  y  sont  prisoniers  sur  leur  parole,  vous  asseu- 
rant  que  je  nesonffriray  point  qu'  ils  servent  en  aucune  maniere,  jusques 
a  ce  que  le  tra y té  General  s'  esecnte,  et  si  je  vous  renvoye  les  persones 
que  vous  m'avez  demandé,  c'est  aussy  en  vous  priant  de  leur  en  faire 
vser  de  mesme  iusques  au  mesme  tems,  suivant  que  je  leur  en  ay  fait 
donner  la  parole  avant  partir.  Vous  en  trouverez  le  nombre  dans  le  me- 
moire  cy  joint,  et  je  finis  en  vous  asseurant,  que  les  jnterests  du  Roy 
a  part,  lon  ne  se  auroit  estre  avec  plus  de  passion  que  je  le  suis. 


520  MISCELLANEA 


le  vous  prie  Monsieur  de  vous  souvenir   de  m'  envoyer  icy  les  offi- 
•cierf  Messinois,  dont  il  est  parie  dans  cétte  lettre. 


M.  P. 
Monsienr 
Monsieur  Dnc  de  Bournonville 


Votee  tres  humble  tres  obeissant  Servi tear 
Vivonne 


CXII. 

(R.  S.  -  B.  1687). 

D.  Pietro  Paolini,  con  lettera,  data  a  Francavilla  il  12  genna- 
To  1678,  dà  al  Viceré  alcune  notizie  militari  e  chiede  il  posto  di 
Maestro  di  Campo. 

Eminentissimo  Signore, 

Li  continui  trauagli,  et  occupazioni,  non  m'hanno  dato  campo  d'esser 
continuamente  alli  piedi  di  V.  Eminenza  potendogli  assicurare,  come 
fedel  vassallo  di  S.  M.  che  non  dormo,  ne  notte,  ne  giorno,  et  hora  sa- 
ranno da  vantaggio,  perché  se  ritirano  tutti  li  nostri  truppi,  e  resta  in 
tutto  à  mio  carigo  il  finir  di  pronedert  La  Mola:  à  fortificar  il  Castello 
di  Caltabiano,  à  fortificare  anco  questo  Castello  di  Francauilla  ,  e^  Con- 
uento  delli  Capnccini  et  io  assicuro  à  V.  Eminenza  che  son  pronto  ad 
assistere  à  quanto  e  di  mia  obligazione,  e  morir  trauagliando  per  il  ser- 
uigio  del  Ré  Nostro  Signore  ; 

Io  sto  trattando  un'  altra  materia  di  qualche  importanza  al  sernizio 
di  S.  M.  e  se  la  Fortuna  m'accompagna,  spero  far  qualch'  altro  di  buono 
innanzi,  che  V.  Eminenza  si  parte  di  questo  Regno,  la  quale  partenza  io 
sento  sino  all'animo,  perché  non  posso  hauer  la  fortuna  di  seguitare  di 
feruirc  à  V.  Eminenza  però  non  lascio  di  uenir  humilmente  à  supplicar 
la  sua  grandezza  à  fine,  che  uogli  per  sua  clemenza  honorarmi  col  po- 
llo di  Maestro  di  Campo,  se  pur  conosce  V.  Eminenza  che  io  lo  merito, 
•e  8f>  la  Città  di  Taormina  non  é  stata  pigliata,  non  ó  stato  per  mia  colpa, 


MISCELLANEA  521 


et  io  come  oABciale  inferiore,  deuo  soggiacere  à  quello,  che  mi  uiene  or- 
dinato, e  non  lascio  di  ponere  alla  notitia  di  V.  Eminenza  come  li  con- 
tinui cannonati  della  Piazza  della  Mola  hanno  buttato  in  terra,  e  roui- 
nato  li  dui  pezzi  d'Artiglieria,  che  l'Inimico  hauea  posto  uerso  li  Capuc- 
cini  per  guardar  l'acqua,  et  anche  l' hanno  buttato  in  Terra  li  dui  noni 
fortini,  che  l'Inimico  hauea  fatto  nella  parte  nominato  della  Chiusa, 
e  l'altro  della  parte  della  giarlotta,  fortini,  che  sono  in  mezo  della  Mola 
e  Tauormina  e  di  questi  fortini  l'Inimico  non  ni  può  far  nessun  conto 
e  continuamente  fuggino  Francesi,  e  si  uengono  à  render  alla  Mola.  L'I- 
nimico sta  ponendo  una  batteria  sotto  il  Castello  di  Taormina  in  una 
parte  nominata  sopra  la  Madonna  della  Rocca ,  però  li  Cannoni  della 
Mola  r  hanno  dato,  li  donano  un  grandissimo  trauaglio.  Io  non  lascio  di 
nuouo  supplicare  V.  Eminenza  si  serua  honorarmi  di  sue  duplicate  let- 
tere con  rappresentare  à  S.  M.  li  seruigij  che  ho  fatto  in  questo  Regno 
in  tempo  di  V.  Eminenza  e  particolarmente  d' hauer  guadagnato  la  Piaz- 
za, e  Castello  della  Mola,  la  quale  presa  V.  E.  per  sua  benignità  non  la 
deue  riconoscere  d'altro  solo,  che  dal  suo  humile  schiauo  D.  Petro  Pao- 
lini,  e  questo  lo  espongo  a  V.  Eminenza  perché  mi  dubito,  che  qualche- 
d'  uno  non  uolesse  entrar  per  terzo  et  io  sto  facendo  la  relazione  del 
felice  successo  di  quost'impresa  per  inuiarne  la  copia  à  V.  Eminenza  à 
fine,  che  in  quello  poi  riconosca  il  trauaglio  spesa,  e  diligenza,  e  stra- 
tagemme,  che  io  ho  usato  per  lo  spazio  di  otto  mesi  per  portare  è  per- 
fezzione  questa  grande  impresa,  e  quello,  che  più  mi  glorio  é  d'  hauerla 
conseguita  senza  perder  nn'huomo,  e  che  sia  stato  in  tempo  del  felice 
Gouerno  di  V.  Eminenza  dal  quale  io  ne  spero  ogni  augmento,  e  grazie 
e  continua  protezzione,  che  tanto  ogn'  uno  si  deue  permettere  dalla  gran- 
dezza di  V.  Eminenza  , 

Rimetto  a  V.  Eminenza  la  copia  delle  lettre,  che  m'  ha  fatto  il  Signor 
Duca  di  Bornouille  à  S.  M.  altre  tante  desidero  dalla  gratia  di  V.  Emi- 
nenza che  é  il  fine  con  il  quale  bacio  a  V,  Eminenza  per  mille  uolte  li 
piedi  Francauilla  12  gennaro  78. 

Eminentissimo  Signore 

Di  V.  Eminenza 

Vostro  seruidore  e  schiauo 

D.  Pelro  Paolini 


522  MISOBtLANEA 


CXIII. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Don  Pietro  Paolini,  Tenente  di  Maestro  di  Campo  Generale, 
con  lettera,  data  a  Francavilla  il  12  gennaro  1678,  raccomanda 
caldamente  al  Viceré  per  le  meritate  grazie  e  ricompense  Andrea 
Russo  di  Taormina,  da  lui  posto  a  capo  dei  militi  paesani ,  che 
diedero  la  scalata  alla  piazza  di  La  Mola,  entrandovi  i  primi  per 
la  Curda. 


CXIV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio ,  dato  a  Madrid  il  17  gennaro  1678,  torna 
ad  ordinare  al  Viceré  che  si  acquistino  e  si  mandino  tosto  a  Ma- 
drid tutti  i  volumi  delle  costituzioni,  leggi,  prammatiche  e  con- 
suetudini municipali  del  Regno  di  Sicilia,  invano  fin'ora  chieste  e 
promesse. 

Don  Carlos  poi'  la  gracia  de  Dios  Rey  de  Castilla,  de  Leon,  de  Aragon, 
de  las  dos  Sicilias ,  de  Hyerusalem  ,  de  Navarra,  y  de  las  Yndias  Etc. 
Muy  Reuerendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  Mi  Muy  charo 
y  May  Amado  Amigo,  de  Mi  Consejo  de  Estado ,  Mi  Virrey  Lugar  The- 
niente  y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia;  en  Interim.  En  4  de  junio 
del  Ano  proximo  passado  mande  escriviros  el  Orden  cuyo  tenor  se  si- 
gue  =  Don  Carlos  por  la  gracia  de  Dios  Etc.  Muy  Reuerendo  en  Christo 
Padre  Cardenal  Portocarrero  Etc.  Conuiniendo  tener  presentes  aqui  las 
Pragmaticas  de  ese  Reyno  y  hallarme  en  conocimiento  de  ellas  para  las 
ocnrrencias  que  se  ofrecieren  reconociendo  sus  disposiciones  se  escriuio 
al  Marqoes  de  Castel  Rodrigo  en  carta  del  Secretarlo  Don  Ysidoro  de 
Angulo  de  21  de  Henero  de  este  Aiìo  embiase  por  via  de  este  mi  Su- 
premo Conscio  de  Italia  las  que  se  huuieren  promulgado  nuevamente  y 
lai  qa«  se  promulgassen  en  su  tiempo,  y  tambien  todos  los  Volumenes 
•de  las  passadas  y  que  conforme  se  fuessen  Bacando  se  fnesen  remitiendo 


MISCELLANEA  523 


prompta  y  efectivamente.  Sobre  que  à  respondido  el  Marqaes  en  carta 
de  15  de  Marzo  haaia  dado  à  este  efecto  las  ordenes  à  los  Tribanales 
por  donde  se  promulgali,  y  porqae  conviene  tengan  puntual  egecucion, 
ós  encargo  y  mando  las  repetais  y  cuideis  se  remitan  las  Pragmaticas 
en  la  forma  refenda,  que  me  servireis  en  elio,  y  sea  muy  Reuerendo 
en  Christo  Padre  etc.  Yo  el  Rey.  Bustamante  Secretarius.  con  Sefiales 
del  Consejo  =  Y  porque  no  han  Uegado  basta  aora  las  referidas  Prag- 
maticas que  se  han  pedido,  y  conviene  à  mi  Real  Servicio  se  egecute  y 
observe  la  orden  mencionada  con  toda  puntualidad,  ós  encargo  y  mando 
que  sin  dilacion  alguna  dispongais  se  remitan  dichas  Pragmaticas  corno 
està  ordenado  por  e!  Despacho  preinserto,  y  jnntamente  copias  de  las 
Constituciones,  y  leyes  municipales  de  ese  Reyuo  que  assi  es  mi  Real 
Volnntad  ;  y  sea  muy  Reuerendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero 
nuestro  Seiìor  en  vuestra  continua  guarda.  De  Madrid  a  17  de  Henero 
de  1678. 

yo  el  Rey. 

Bustamante  Secretarius 
Etc.  Etc. 


oxv. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Duca  di  Bourneville,  Governatore  Generale  delle  armi ,  con 
lettera,  data  a  Milazzo  il  18  gennaro  1678,  un'altra  invia  al  Car- 
dinal Portocarrero  del  Generalissimo  Francese,  data  a  Messina 
il  0  dello  stesso  mese,  che  tratta  dello  scambio  dei  prigionieri;  gli 
comunica  alcuni  inconvenienti  dovuti  alle  recenti  riforme  militari 
neirorganizzazione  delle  milizie,  e  finalmente  rinnova  la  preghiera 
già  fatta  pervenire  a  S.  M.  di  permettergli  di  andarsene  a  Roma 
ad  aspettar  la  conclusione  del  trattato  di  pace  per  poi  ritirarsi  a 
casa  sua,  giacché,  scrive  egli  melanconicamente,  alludendo  certo 
al  nuovo  Viceré  di  Sicilia,  Don  Vincenzo  Gonzaga,  della  Gasa  Du- 
cale di  Mantova  :  «  no  creo  que  vn  Virrey  soldado  tan  viejo  y  de 
tantas  experienzias  tenga  menester  de  un  Governador  de  las  ar- 
mas,  ni  tendra  gana  de  tenerlo  ». 


521  MISCELLANEA 


CXVI. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Pro- Auditore  D.  Giuseppe  Calabresi  con  lettera,  data  in  Fran- 
cavilla  il  19  gennaro  1678,  fa  al  Viceré  grandi  elogi  del  Tenente 
di  Maestro  di  Campo  Generale  D.  Pietro  Paolini,  del  quale  chiede 
la  promozione  e  dà  alcune  notizie  militari  al  Viceré. 

• 

EmìDentissimo  e  Reuerendissimo  Signore 

Il  Tenente  di  maestro  di  campo  Generale  D.  Petro  Paulini  a  quattro 
giorni  clie  si  ritroua  nella  Mola  con  600  homini  di  questa  città  di  Casti- 
glione e  linguagrossa  doue  ha  fatto  molti  sortiti  senza  alcun  danno  delli 
suoi  soldati,  et  il  nemico  s'  ha  ritirato  in  Tauormina  con  sua  perdita, 
et  li  cannoni  della  mola  hanno  battuto  e  battono  continuamente  il  Ca- 
stello di  Tauormina,  di  dui  fortini  che  il  nemico  hauea  uno  é  fracassato 
dell'intuito,  l'altro  é  in  parte  :  però  non  ui  sono  soldati  dentro  che  do- 
dici che  uè  ni  erano  si  uennero  a  rendere.  Il  nemicò  con  otto  galeri  e 
dui  tartani  portò  in  Tauormina  quattro  cannoni  dui  di  bronzo  che  por- 
tano libri  24  di  palla  e  dui  di  ferro  di  libri  t2  delli  quali  cannoni  dui 
li  piccoli  hanno  salito  in  Tauormina  e  pretende  portarli  nel  Castello, 
però  non  li  può  riuscire  la  salita  per  il  continuo  battimento  dalla  mola 
e  pure  in  Tauormina  ha  portato  dui  mila  soldati  et  hanno  fracassato 
tutta  quella  Città  ne  escono  fuori  perché  iil  cannone  si  scopre  tutta  la 
gente;  hanno  pure  posto  1500  soldati  nello  Castello  della  forza  et  altre 
tanti  jn  Sauoca,  e  quella  marina  perche  si  dubitano  di  quella  parte,  però 
Eminentissimo  Signore  non  si  perde  tempo  che  la  gente  paesana  del 
nemico  é  stata  assai  maltrattata  da  quello  ,  il  che  é  buono  per  il  Real 
Beruigio,  e  facendo  il  nero  seruigio  del  Re  nostro  Signore  se  1'  ha  pro- 
meso  premij,  ne  si  sparagnerà  fatica  per  riducere  ogni  cosa  al  seruigio 
di  S.  M.  ehe  Iddio  guardi  cosi  dal  detto  Tenente  Paulini,  come  da  me  e 
con  altro  ordinario  spero  anuisare  a  V.  Eminenza  il  negozio  del  modo 
s'assenterà  per  il  Real  seruigio,  e  priego  V.  Eminenza  per  quanto  posso 
che  si  degni  fare  al  detto  D.  Petro  Paulini  Maestro  di  Campo  Italiano 
perché  son  sicaro  uedendosi  onorato  da  V.  Eminenza  farà  più  del  do- 
nere  e  cose  Jmaginabili  per  causa  che  non  ha  quiete  ne  giorno  ne  notte. 

Io  doppo  non  ho  potato  essere  con  esso  D.  Paulini  nella  Mola  perche 


MISCELLANEA  525 


sono  stato  costretto  a  trattenermi  in  questa  per  mandar  ogni  giorno  ba- 
stimento di  uitto  e  monitione  cosi  nella  mola  come  a  detto  D.  Paulini  e 
suoi  soldati,  e  di  stare  continuo  all'aunisi  così  del  Duca  di  Buornonuille 
come  di  D.  luis  salsedo  Gonernatore  nella  Mola,  e  ueramente  s'  ha  man- 
dato nella  mola  bastimento  per  un  anno,  e  non  si  cessa  mandarci  ;  l'i- 
stesso  s'  ha  fatto  con  il  castello  di  Caltabiano  doue  ho  mandato  molti 
mastri  cosi  per  fabrica  come  per  liguame  che  si  fortifica  quel  Castello 
secondo  il  parere  del  detto  Duca  e  di  D.  Carlo  Girunbergh.  et  in  questa 
pure  si  tiene  pronta  farina  e  formento,  et  è  arriuato  il  Prouiditore  ge- 
nerale di  questa  frontiera  con  il  formento,  tutto  per  auuiso  di  V.  Emi- 
nenza alla  quale  facendoli  ogni  douuta  reuerenza  li  bacio  mille  uolte  li 
piedi.  Francauilla  li  19  Gennare  1678. 
Emineutissimo  Signore 

Di  V.  Eccellenza 
Hamilissimo  e  deuotìssimo  sernitore 
D.   Gioseppe  Calabresi   Pro  Auditore 

Da  Tauormina  uengono  ogni  giorno   francesi   a   randersi  e  sono  in 
quantità. 


CXVII. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  21  gennaro  1678,  a  pro- 
posito di  un  certo  Don  Vincenzo  Vonbillo,  fuggito  da  Messina  co- 
me reo  di  delitti  comuni,  esorta  il  Viceré  per  politiche  necessità 
a  non  castigare  ne  maltrattare  siffatti  soggetti. 

El  Rey 

Illustre  Don  Vincente  Gonzaga  Gentilhombre  de  mi  Camara  de  mi 
Consejo  de  Guerra  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyrio  de  Sicilia. 
Hauieudose  aduertido  al  Cardenal  Portocarrero  en  dispacho  de  17  de  se- 
tiembre  proximo  pasado  que  se  hauia  hechado  menos  no  huuiese  dado 
quenta  de  la  resolucion  que  auia  tomado  de  poner  presso  en  el  Castillo 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  34 


526  MISOBLLANEA 


de  Palermo  a  Don  Vincente  Vonbillo  por  Reuelde  y  hauer  seguido  las 
Vanderas  de  francia.  Respondio  en  despacho  de  17  de  nouiembre  qua 
luego  que  la  Junta  donde  està  remitida  la  causa,  la  hizo  de  que  remitio 
copia,  escriuio  con  expresso  à  los  generales  de  la  Artilleria  Don  Gaspar 
de  Borga  y  Don  Luis  de  Sal?edo  emuiasen  preso  con  buena  coslodia  a 
Palermo  al  dicho  Don  Vigente  donde  està  de  que  auisso  tamuien  en  car- 
tas  de  5  y  16  de  octubre  remitieno  a  consulta  que  Don  Pedro  Guerrero 
la  higo  entonijes  en  que  le  rapresento  el  motiuo  por  que  este  suxeto  se 
salio  de  Mecina  diciendo  el  que  si  este  fuera  un  prisionero  de  Guerra 
Mecines  huuiera  seruido  por  mi  pero  que  tenia  diuersa  iaspegion  auien- 
do  presentadose  aunque  pueda  decirse  que  fue  acto  inboluntario  atri- 
buyendolo  al  omicidio  que  cometia  y  temor  del  castigo  y  que  asi  en  este 
caso  no  se  deuia  atender  tanto  al  rigor  [de  la  justicia]  quanto  a  la  ra- 
Qon  de  estado  [para  los]  Megineses  fugitiuos  de  aquella  ciudad  no  ob- 
stante  bengan  forgados  de  su  propria  necesidad,  se  les  gerrase  la  puerta, 
ò  fuesen  admilidos  para  el  castigo  no  baliendoles  el  seguro  de  su  buena 
fee  facilmente  con  este  exemplo  los  otros  mantendrian  con  mas  desespe- 
racion  su  reueldia,  y  se  acreditarian  sus  voges  de  que  los  Espaiìoles  eran 
vengaliuos  y  que  por  ningun  medio  conseguiria  la  gragia  en  cnya  aten- 
gion  hera  de  pareger  que  el  Cardenal  me  diese  quenta  y  ordenase  a  la 
Junta  que  por  entonges  no  pasase  addante  està  causa  asta  otra  orden  y 
hauiendome  refendo  el  Cardenal  que  en  vista  de  està  consulta  a  estado 
suspensa  està  materia  asta  que  yo  la  degida  y  que  aunque  la  Junta  no 
le  bauia  dicho  formalmente  el  castigo  que  meregia  este  suxeto  se  reco- 
nocia  la  grauedad  de  sus  delitos  ;  He  querido  se  os  participen  los  mo- 
tiuos  que  se  cousideran  para  que  teniendolos  presentes  y  informando  os 
con  soda  distincion  de  la  causa  de  este  suxeto  auiseis  de  lo  que  tuuie- 
redeis  por  mas  conueniente  en  ella  aduirtiendo  os  que  en  los  demas 
cassos  que  se  ofrecieren  obreys  segun  la  calidad  de  cada  vno  y  sus  cìr- 
custangias  atendiendo  mucho  a  no  dilìcultar  que  los  Megineses  se  aparten 
de  su  feruor  poniendolos  en  desconfianza. 
De  Madrid  a  21  de  Enero  i678. 

yo  el  Rey.  • 

Bartholome  de  Legasa 

Etc.  Etc. 


MISCELLANEA 


527 


CXVIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  21  gennaro  1678,  consi- 
derando i  carichi,  la  guerra  e  gli  altri  mali,  che  avevano  afflitto 
il  Regno  di  Sicilia,  come  un  castigo  divino  pel  generale  perver- 
timento dei  pubblici  costumi,  ordina  che  si  ristabilisca  in  ogni  modo 
l'impero  dell'ordine  e  della  buona  morale,  e,  poiché  pei  chierici  i 
mali  nascono  specialmente  dal  sottrarsi  facilmente  alla  giurisdi- 
zione dei  loro  Ordinari  per  mezzo  del  Tribunale  della  Monarchia, 
comanda  che  sia  evitato  tale  inconveniente. 

Don  Carlos  por  la  gracia  de  Dios  Rey  de  Castilla  de  Aragon  de  Leon 
de  las  dos  Siciiias  ùe  Hierusalem,  de  Nauarra  y  de  las  Indias  etc.  May 
Reaerendo  en  Christo  Padre  Cardenal  Portocarrero  rai  muy  ebaro,  y 
muy  amado  Amigo,  de  mi  Gonsejo  de  Estado,  mi  Virrey  Lngar  theniente 
y  Capitan  general  del  Reyno  de  Sicilia  en  Interim.  He  entendido  que  en 
esse  Reyno  se  experimentan  graues  relaxaciones  en  todos  estados  cuya 
continoazion,  y  tolerancia  pnede  mouer  a  la  diuina  Jasticia  para  los  ca- 
stigos  de  esterilidal  y  Guerra  que  ha  padecido  y  padeze  esse  Reyno  y 
deuiendose  occurrir  por  todos  medios  a  establezer  la  enmienda  para  con- 
ciliar la  soberana  clemencia  He  resuelto  preueniros  de  que  me  hallo  con 
estas  noticias,  y  con  el  senti miento  de  que  se  desatienda  lo  que  tanto 
importa  y  ordenaros  y  mandaros  (corno  lo  hago)  que  interpongais  quan- 
tas  diligencias  tuuiereis  por  concurrir  a  la  reformacion  de  las  costum- 
bres  y  castigo  de  los  pecados  pnblicos. 

Velando  sobre  los  Ministros  para  que  satisfaciendo  ellos  a  su  obliga- 
cion  en  no  permitir  abusos,  persuadan  tambien  con  el  esemplo  de  sus 
acciones  y  que  soleciteis  con  todos  los  Prelados  de  Iglesias  y  Religiones 
esten  muy  atentos  a  la  moderacion  de  sus  sobditos  para  corregir  los 
excessos  que  pidieren  prompto  remedio  sin  ninguna  humana  contem- 
placion  ;  y  este  mismo  be  resuelto  se  diga  por  despachos  mios  al  Arco- 
bispo  de  Palermo  y  a  los  demas  Obispos  del  Reyno  exprimendoles  que 
aunque  es  de  su  primera  obligazion  este  cuidado  satisfago  yo  a  la  mia 
deflriendo  a  que  cumpliran  con  la  que  les  recreze.  El  hazerles  yo  me- 
moria de  ella  y  encargandoles  que  me  den  quenta  de  todo  lo  que  les 
pareciere  necessita  de  ordenes  mias  para  corregirse  ;  y  por  que  se  cree 


>28  MISCELLANEA 


que  el  principal  fomento  de  esse  dano  en  los  Eclesiasticos  ha  consistido 
en  los  faciles  recursos  qne  hallan  en  el  Yuez  de  la  Monarchia  para  exi- 
inirse  de  sus  Snperiores  he  mandado  se  escriua  tambien  a  este  Ministro 
aduirtiendole  de  elio  y  de  que  no  admita  semejantes  instancias  ,  sino 
fnere  en  los  cassos  inescusables  y  entonzes  hauiendo  precedido  los  ter- 
minos  regulares  del  derecho  sin  aduocar  desde  luego  las  causas  inhi- 
biendo  a  los  Juezes  ordinarios;  Porque  mi  precissa  voluntad  es  que  a 
estos  no  se  les  impida  la  jnrisdicion  para  que  puedan  obligar  a  sus  sub- 
ditos  a  la  deuida  obseruancia,  sin  que  se  de  lugar  al  subterfugio  de  que 
se  valgan  de  quel  juzgado  para  euadir  el  justo  castigo  de  sus  errores; 
De  que  he  querido  auisaros  encaminando  a  Vuestras  manos  las  referidas 
cartas  y  ordenes  mias  y  encargado  os  (come  lo  hago)  vuestra  consciencia 
en  que  atendais  con  todo  desnelo  a  lo  que  queda  expressado  y  del  re- 
ciuo  de  este  despacho  me  auisareis  ,  y  de  su  puntual  execucion  porque 
quiero  tenerlo  entendido;  y  sea  muy  Reuerendo  en  Christo  Padre  Car- 
denal  Portocarrero  mi  muy  charo  y  muy  amado  amigo  nuestro  Senor 
en  Vuestra  continua  guarda.  De  Madsid  a  21  de  Henero  de  1678. 

yo  el  Rey 

Buslamanle  Secretarius 
Etc.  EtC. 


CXIX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  21  gennaro  1678,  ordina- 
che  si  pongano  galere  a  Milazzo,  Lipari  e  Siracusa  per  impedire 
per  quanto  sia  possibile  ,  che  giungano  soccorsi  dalla  Francia  a 
Messina. 


MISCELLÀNEA  529 


cxx. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Il  Duca  di  Bourneville,  Governatore  Generale  delle  armi  nel 
Regno  di  Sicilia,  in  virtù  dei  poteri  conferitigli  il  22  dicembre  1677 
dal  Viceré  Cardinal  Portocarrero,  nomina  suo  delegato  per  trat- 
tare lo  scambio  dei  prigionieri  di  guerra  il  Colonnello  Don  Mi- 
chele de  Ulbin,  con  la  data  del  22  gennaro  1678. 


CXXI. 

(R.  S.  -  B.  1687). 

Don  Bernardo  Barone  con  lettera  ,  data  a  Francavilla  il  24 
gennaro  1678,  manda  al  Governatore  Generale  delle  armi  alcune 
notizie  militari. 

Excellentisimo  Seòor, 

En  este  Punto  acauo  de  rezinir  Auisso  de  D.  Inis  de  Salzedo  en  que 
me  dize  Partizisse  a  V.  E.  que  en  taormina  al  romper  el  nombre  em- 
pezo  abatir  la  Mola  con  quatro  caùones  de  a  treinta  y  seis  libras  y  lo 
dessaze  las  cassas  y  qua  Monsiear  de  Montonaan  que  se  balla  hauer  Ile- 
gado  à  taormina  y  los  franzesses  acojer  las  colinascon  que  quita  la  co- 
mnnicacion:  Yo  ymbio  a  recono(;er  si  han  tornado  el  passo  del  Y  gra- 
niti a  la  Mola  y  desto  y  de  lo  demas  qoe  fuere  adquiriendo  de  nueuo 
yre  avisando  a  V.  E.  cuya  Vida  guarde  Dios  muchos  aùos  y  felizes  Fran- 
«auilla  y  beuero  24  de  1678. 

Excelentisimo  Setìor 
Beso    las   manos   de  V.   E. 
Sa  mas  obligado  seruidor 
Don  Bernardo  Varone 

Excelentisimo  Senor  Daqae  de  Bornouila. 


580  KISCBLLANBA 

CXXII. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Duca  di  Bourneville  con  lettera,  data  a  Milazzo  il  25  genna- 
ro  1678,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari. 

Eminentisimo  Senor. 

Por  etra  carta  mui  amplia  dei  quenta  a  V.  Eminencia  de  la  Reforma, 
por  està  vengo  auisar  a  V.  Eminencia  el  mal  estado  en  que  estamos,  y 
quanto  nos  podra  costar  la  perdida  di  Don  Fedro  Paulin  ,  porque  con 
ella,  se  ha  retardado  la  fortificacion  de  la  Rochela ,  todos  los  Paisanos 
que  heran  de  su  deuocion,  hauiendose  apartado  luego ,  aunque  sin  per- 
der tiempo  he  enbiado  alla,  al  Mastre  de  Campo  Baraona,para  recojerla, 
comò  lo  va  haziendo,  y  renouaudo  el  trabajo ,  pero  segun  las  cartas  de 
Sal?edo  que  me  enbia  el  Mastre  de  Campo  General  se  balla  este  Gouer- 
nador  mui  desconsolado  y  disgustado  de  su  Plaza,  que  tanto  estimaua, 
al  Principio;  Fide  mas  Gente  y  dinero  y  otras  cosas ,  ò  que  le  muden. 
y  comò  me  he  allado  malo  reziuiendo  estas  cartas,  escriui  al  Mastre  de 
Campo  General  que  avanzase  à  Francauilla,  y  metiese  en  la  Mola,  el 
Sargento  maior  de  la  Armada  que  pasaua  de  aca.  con  algunas  Companias 
para  refuer^o,  à  Salgedo,  si  se  qneria  quedar,  corno  me  pareze  que  bara 
ò  sino,  que  pusiese  Baraona,  en  la  Mola  ;  y  se  acabase  la  fortiflcazion  de 
la  Rochela  ; 

En  este  punto  que  acabo  està  Lignea ,  me  viene  la  ajunta  carta  de 
Baraona,  y  veo,  que  SalQedo  està  ya  en  el  embarazo  ,  y  no  aun  entrado 
el  socorro,  y  asi  juzgne  V.  Eminencia  en  el  estado  en  que  me  hallo  de 
no  poder  j untar  tropas,  para  disputar  las  colinas,  y  el  Puesto  de  la  Ro- 
chela; Suplico  a  V.  Eminencia  mandar  ayudarme,  y  acordarse  que  el 
Rey  no  tiene  ningnn  trigo,  y  mui  poca  gebada  en  està  frontera ,  si  to- 
davia,  queremos  no  perder  la  Mola  es  menester  juntar  tropas,  y  socor- 
rerla  teniendo  el  paso,  y  comunicazion  avierta,  asi  vea  V.  Eminencia  si 
qoiere  que  se  bneluan  à  Palermo,  las  tropas  que  ban  venido  con  Don 
Dnarte  Correa,  ò  si  quiere  que  se  empleen  aca  se  siruira,  enbiar,  dinero 
para  asistirlos  con  el  Pan  pnes  ya  Piden  el  diario,  y  no  sono  aconstum- 
brados  a  guardar  mucbo; 

No  me  allo  vien  aun,  pero  todavia,  no  de^are,  de  salir,  y  socorrer  la 


UISCKLLJLNBA  531 


Mola,  en  quanto  me  sera  posible  por  el  diario  desta  Frontera  que  V.  Emi- 
nencia  a  destinado,  si  se  a  de  aguardar  las  libranzas,  nombre  por  nora- 
bre,  que  quieren  hazer  los  Offlcios,  vendra  tarde  y  no  sera  de  probecho, 
en  el  estado  que  ocurre,  y  de  poco  Remedio,  a  nuestro  mal,  espero  que 
los  canonazos  no  espantaran  tanto  a  Salgedo,  que  arandone  el  Puesto  de 
la  Rochela,  con  que  tiniendo  este  no  se  perderà  la  Plaza,  por  romperle 
las  casas,  pues  no  son  de  los  soldados,  y  tambien  el  canon  de  la  Mola, 
à  de  responder  a  estas  Baterias,  y  ver  si  pueden  hazer  dano,  a  las  del 
enemigo.  Lo  peor  es  que  no  està  acauado  el  Furtin  de  la  Rochela,  y  que 
me  falta  todo  para  juntar  las  tropas,  V.  Eminencia  considerara  todo  esto 
con  su  alta  comprension,  cuia  Eminentisima  Persona  guardo  Dios  mu- 
chos  anos  corno  deseo  Melazo  25  de  Henero  1678. 
Eminentisimo  Senor 

A  los  pies  de  V.  E. 
Su  mas  obediente  seruidor 
Alex  :    Duque  de   Bournouille 


CXXIII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Il  Colonnello  Ulbin  con  lettera ,  scritta  a  Rametta  il  26  gen- 
naro  1678,  dà  conto  al  Duca  di  Bourneville  del  primo  abbocca- 
mento avuto  col  Generale  Joigny  per  lo  scambio  dei  prigionieri 
di  guerra. 

Senor  ayer  en  el  parage  del  Oliueto  limite  de  los  conflnes  me  juntè 
con  el  General  Coronel  de  .loigni  y  hauiendo  reciprocamente  mostrado 
los  Poderes  hizo  el  reparo  que  el  mio  hera  sostituido  de  V.  E.  y  que  el 
suyo  era  inmediato  constituido  del  Senor  Duque  de  Vivona  que  reputan 
en  igual  Puesto  con  el  seùor  Cardenal  Virrey  y  assi  que  mi  comision 
deuia  ser  igual  a  la  suya  con  absoluta  potestad  sin  alguna  reserua  o 
escepcion  comò  V.  E.  bera  por  la  copia  de  su  poder  que  me  entrego  di- 
che de  Joigni  que  sin  embargo  lo  remitia  a  lo  que  resolveria  el  seùor 
Duque  de  Vivona  y  que  pasaria  por  elio  en  quanto  a  la  excepcion  de 
Personas  perseguidas  por  la  Justicia  en  materia  de  estado  solamente  y 
no  comprendidas  en  la  reuelion  de  Mecina  Venia  dicho  de  Joigni  en  que 


582  MISCELLANBA 


no  se  coniprehenderian  en  el  Gange  General  pero  que  hauiendo  cumplido 
el  tiempo  de  su  condena  destierro  ò  otro  castigo  puedan  bolber  a  sus 
casas  y  Dominio  de  Francia  pero  que  los  Prisioneros  Mecineses  de  Guerra 
desde  que  Mecina  imploro  la  proteccion  del  Rey  Chi-istianisimo  y  hantes 
de  hauer  tornado  con  sus  armas  la  proteccion  deuan  igualmente  repu* 
tarse  por  Vassallos  desde  el  momento  que  diche  Rey  Christianisimo  les 
reciuio  en  su  proteccion  aunque  no  hubiesen  sus  armas  entrado  en  Me^ 
Cina  y  tornado  la  poscsion  della  ;  Con  està  primera  controuersia  nos  apar- 
tamos  con  resolucion  de  juntarnos  en  el  mismo  parage  el  Primero  del 
mes  venidero  de  Febrero,  despues  de  hauer  dado  parte  y  reciuido  cada 
qual  las  ordenes  de  sus  Superiores,  por  lo  que  suplico  a  V,  E.  se  sima 
para  esse  Tiempo  mandar  lo  que  en  los  cassos  referidos  se  haya  de  re- 
sponder  y  efectuar  en  esa  segunda  conferoncia,  el  diche  Seiior  de  Joigne 
me  hizo  grandes  instancias  de  parte  del  Sefior  Duque  de  Viuona  sup- 
plicante a  V.  E.  por  la  restitucion  de  la  muger  de  Don  Jacono  de  Auerne 
que  por  haaerle  prometido  de  hacerlo  no  e  podido  escusar  de  partici- 
parlo  a  V.  E.  comò  tambien  que  he  eligido  por  mi  camarada  y  asistente 
en  està*  conferencias  al  Capitan  Don  Juan  Alberto  de  Giranda  que  ahora 
86  balla  de  Guarnicion  en  està  Plaza  con  su  Compania  por  ser  practico 
en  la  lengua  francesa  y  Espanola  que  tambien  fué  empleado  del  Seiior 
Marques  de  Villafranca  en  la  asistencia  de  la  Persona  del  General  Ruiter 
y  los  demas  Siguientes  Cauos  de  la  Armada  de  Olanda  espero  que  V.  E. 
lo  tendra  a  gusto  y  le  conflrmara  en  este  empieo.  Guarde  Dios  a  V.  E. 
De  Rameta  26  de  Henero  1678. 

Exc.mo  Sefior 

A  los  Pies  de  V.  E. 

Miguel  Vlbin. 


CXXIV. 
(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Duca  di  Boui'neville  con  let(era,  data  a  Milazzo  il  30  gen- 
nàro  1078,  manda  al  Viceré  alcune  notizie  militari  e  manifesta  il 
timore  che  i  soldati  italiani,  sejj^uendo  l'altrui  esempio,  passino  al 
nemico. 

Excelentislmo  Senor 

Parte  ette  ce  'reo  para  aaìsar  a  V.  Kminencia  corno  Guarnicion  y  Ve- 
xinos,  cstainos  aqal  sin  trigo,  ni  medios  para  ayadarnos , 


mSOELLANSA  533 

Montauban  continua,  à  maltratar  la  Mola,  con  su  Artilleria  Don  Duarte 
Marcba,  manana  con  su  Gente  hazia  Francauilla,  yo,  a  tres  del  que  Vie- 
ne, pero  sin  vn  grano  de  trigo,  ni  dinero,  Salcedo  lama,  y  pide  dinero, 
para  sus  fortiflcationes ,  Baterias,  refleziones,  de  Brechas,  y  cosas  ,  se- 
mejantes.  Y  en  verdad  que  nezesita  de  ellos ,  pues  en  vn  sitio^  no  se 
haze  nada  ein  di  nero. 

Marcelo  Velez  dice  que  no  tiene  nada  tanpoco  ;  el  Mastro  de  Campo 
General  scriue,  que  falla,  balla  pan,  Qebada  y  Paja,  que  por  esso  tiene 
diflcultad  de  recojer  las  tropas  y  juntarse  con  migo  Qerea  de  la  Mola. 

Si  no  se  retira  Montauban,  no  dejare  de  salir  y  bare  lo  posible  para, 
mantener  la  Mola;  y  si  me  pierdo  sera  por  mi  Qelo  y  ardor,  de  qnerer 
•eruir,  y  no  por  mi  culpa,  el  no  tener  dinero  ni  Pan,  y  mui  pocas  tro- 
pas està  Reforma  Hauiendonosquitado  muchos  y  de  losbuenos;  V.  Emi- 
nencia  disponga  ,  comò  fuere  seruldo,  lo  que  me  pesa  es,  que  los  que 
le  consultan  por  alla  no  ban  visto  las  cosas ,  y  no  saben  el  aprieto  en 
que  estamos  y  lo  mas  malo  a  mi  parezer  es  que  de  las  Gompanias  de  la 
Armada  y  Sezilia  que  tiene  Don  Duarte,  se  huj^en  Parte  al  Enemigo  comò 
podriau  bazer  los  Italianos,  en  todo  me  remito,  a  la  boluntad  de  V.  Emi- 
nencia  cuia  eminentissima  Persona  guarde  Dios  muchos  ailos  comò  desco 
Melazo  30  de  Henero  1678. 

Emine ntisimo  Seiior 

A  los  pies  de  V.  Eminencia 

Su  mas  obediente  seruidor 

Alex.   Duque  de  Bournoville 

Seàor  Eminentisimo  aqui  an  Uegado  lettras  para  el  Dyario ,  pero 
aguardan  librancas  y  polisas  nombre  por  nombre  de  palermo  no  se  que 
Inuencion  an  hallado  pero  mucho  baze  a  suflFrir  el  soldado  con  estas 
tardan(^as,  y  para  los  que  an  de  salir  con  migo  corno  tambien  a  la  guar- 
nison  de  la  Mola  les  viene  muy  mal  de  no  recibir  nada  quando  mas  lo 
tienen  menester. 


cxxv. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Il  Duca  di  Bourneville  con  lettera,  data  a  Milazzo  il  30  gen- 
napo  1678,  informa  il  Viceré  di  una  grave  quistione  sorta  tra  il 
Conte  Aresi  e  gli  Spagnuoli. 


534  MISCELLANEA 


Eminentisimo  Senor, 

El  Conde  Arres,  Partio  està  maSana,  de  aqui,  a  essa  ^i'idad  hauieU' 
dome  enbiado  a  dezir,  que  en  llegandoay  se  Pondra  en  arresto,  yjnnta- 
mente,  a  los  Pies  de  V.  Emiuencia,  y  aunque  he  soli^itado,  por  todos 
moiios  el  disuaderle  de  su  dictamen,  no  a  sido  posible,  creo  juzga  que 
con  yr  ay  consignira  su  intento;  y  aun  dinero,  comò  lo  han  logrado  los 
demas.  que  han  pasado  ay  desta  y  otras  calidades.  Supleco  a  V.  Emi- 
nencia  considere  està  materia  y  que  si  con  este  sujeto  no  se  haze  alguna 
demostra^ion ,  la  mala  conseguenzia  que  se  sigue  ;  No  dudo  en  que 
V.  Eminencia  lo  mirara,  con  su  solita  Justifleation  dejandolo  yo  todo  co 
la  disposigion,  a  V.  Eminencia  cnia  eminentisima  Persona,  guardo  Dios 
muchos  aiìos  corno  deseo  Melazo  30  de  Henero  1678. 

He  permetido  de  boca  a  Ares  a  su  peticion  de  mudar  el  aresto  que 
tenia  in  Melazzo  a  otro  in  Palermo  a  las  ordeaes  de  V.  Eminencia.  el 
Borgonon  base  seruicio  y  esto  està  aiustado  quanto  durara  no  se,  es  ca- 
ualero  Ares  que  puede  servir  bien  si  quiere,  pero  no  creo  que  se  aiu- 
stara  con  el  Maestre  de  campo  General  parecen  poco  satisfechos  el  vno 
de  otro  y  sin  duda  està  manera  de  avituar  y  dejar  el  servicio  del  amo 
tan  facilmente  no  puede  ser  apruebada  in  nada. 

Eminentisimo  Senor 

A   los  pies   de  V.    Eminencia 

su  mas  obediente  seruidor 

Alexandro  Duque  de  Bournonville 


CXXVI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  3  febbraro  1^78,  comunica 
al  Viceré  di  aver  mandato  a  Roma  come  ambasciatore  straordi- 
Dario  il  Cardinal  Portocarrero  per  indurre  i  Principi  d'Italia  ad 
entrar  nella  Lega,  che  allora  si  trattava,  ordinandogli  di  sugge- 
rire allo  «tesso  tutto  ciò  che  potesse  tornar  utile  a  tale  scopo. 


MISOELLAKEA  535 


El  Rey, 

Illustre  Don  Vizente  Gonzaga  Gentilhombre  de  mi  Camara,  de  mi  Con- 
sejo  de  Guerra,  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sizilia.  Al 
Cardenal  Portocarrero  he  mandado  pasar  à  Roma  por  mi  Embaxador 
estraordinario  à  esforzar  el  Tratado  de  la  Liga ,  assi  por  lo  que  su8 
instancias  podran  adelantar  su  efectuacion,  corno  por  lo  que  està  demo- 
strazion  podra  influir  para  facilitar  concurran  à  ella  Ics  demas  Prin- 
cipes  de  Ytalia,  para  quienes  Ueua  cartas  mias.  Vos  os  comunicareis  con 
el,  sugeriendole  todas  las  noticias  del  intento,  y  quanto  pueda  conducir 
à  su  mejor  direccion.  De  Madrid  a  3  de  febrero  1678. 

yo  el  Reg 

Bartholome  de  Legasa. 


CXXVII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  iM.  conoscendo  lo  stato  miserabile  in  cui  si  trovano  le  Ga- 
lere di  Sicilia ,  che  i  loro  ufficiali  da  tre  anni  non  son  pagati,  che 
tanto  più  son  maltrattate  le  ciurme ,  a  cui  mancano  i  medici  e 
perfino  le  caldaie  per  cucinare ,  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il 
4  febbraro  1678,  emana  ordini  severi  perchè  il  R.  Patrimonio,  il 
quale  si  mostra  così  restio,  tosto  proveda. 


CXXVIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  4  febbraro   1678,  dà  al- 
cune previdenze  per  i  viveri  che  il  Tribunale  del  Patrimonio  do- 


536  MISCELLAKEA 


veva  somministrare  all'esercito,  e  conoscendo  la  riluttanza  di  esso 
nell'adempimento  di  questi  suoi  doveri,  ordina  che  ne  siano  trat- 
tati severamente  i  componenti. 


CXXIX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  4  febbraro  1678 ,  ordina 
al  Viceré  di  curare  il  cambio  del  prigioniero  Conte  di  Prades,  e 
di  altri  che  stavano  con  lui  chiusi  nei  forti  di  Messina  e  non  ave- 
vano potuto  ottener  dai  Francesi  licenza  sulla  loro  parola  d'onore 
per  andare  a  vedere  le  famiglie ,  e  il  primo  per  andarsi  a  get- 
tare ai  piedi  del  Re  di  Spagna. 

Fra  quelli  il  dispaccio  nomina  i  capitani  Gian  Paolo  Maca,  Sa- 
luzzi,  Sforza,  Froti,  milanesi  ;  Giuseppe  Ruiz  e  Giuseppe  Giacomo, 
napoletani  ;  il  sergente  maggiore  D.  Carlo  de  Anghoa;  l'aiutante 
Vesera  e  l'alfiere  Bichinini. 


cxxx. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Copia  di  lettera  del  Viceré  al  Duca  di  Bourneville,  data  agli 
8  di  febbraro  1678,  riguardante  il  cambio  dei  prigionieri  di  guerra. 

Con  la  carta  di  V.  S.  I.  de  29  del  pasado  remino  todoa  los  papeles  que 
en  ella  se  citan.  y  tambien  lo  que  V.  S.  T.  me  di^e  y  Io  primero  qae  se 
ha  de  obseruar  se^un  las  oi'denes  de  S.  M.  (cuya  copia  tengo  remitido 
a  V.  S.  I.)  es  que  en  el  catige  que  oy  se  trata  no  se  han  de  incluir  en 
ninguna  manera  los  Prisloneros  de  Estado,  y  assi  V.  S.  I.  bara  muy  bien 
tener  zerrada  la  Puerta  en  este  punto,  y  reducirlle  a  que  la  confcrencia 
lea  de  lot  prisioneros  de  Guerra  hecbos  entro  los  dos  Reyes;  y  asegnro 
a  V.  8.  1.  qae  el  Proyeto  ò  Cartel  qne  ha  formado  ha  pare^ido  muy  jnsti- 


MISCELLANEA  537 


ficado  y  dispuesto  corno  de  tan  gran  Soldado,  con  que  en  el  no  ocnrre 
qne  de^ir,  solamente  reparo  en  qne  la  pretension  de  Fran^'eses  de  que 
se  haya  de  tratar  Canje  con  Megineses  y  Sigilianos  reueldes  que  han  sido 
presos  y  condenados  antes  que  entra^eq  (as  Arjnas  de  Frangia  en  Me- 
dina, parere  estrauiada,  corno  tambien  la  de  que  d^pues  de  pasado  el 
tiempo  de  la  condena  puedan  boluer  a  Mezina,  pues  parei;e  que  con  esto 
se  enajenaua  su  Magestad  del  derccho  y  titulo  de  Rey  de  Mezina,  corno 
lo  es,  y  le  tiene  de  toda  Sigilla,  Tambien  deno  degir  a  V.  S.  1.  que  cam- 
biar todos  los  presos  que  tubieremos  desde  que  Megineses  Uamaron  » 
Frangeses.  se  ha  de  entender  desde  que  entraron  las  Armas  del  Chri- 
stianisimo  en  aquella  Ciudad  pues  el  hauerlos  Uamados  se  puede  entender 
de  mucho  antes  :  Que  es  todo  quanto  se  ofrege  degir  a  V.  S.  I.  remi- 
tiendonie  a  su  gran  Juigio  y  compi  ension  la  major  y  mas  breue  dispo- 
sizion  de  concluir  este  interes  que  tanto  importa  a  todos.  Dios  etc. 


CXXXI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  18  febbraro  1678,  avvisa 
il  Viceré  di  aver  risolto  di  assolvere  il  Principe  di  Montesarchio 
dei  cai'ichi  fattigli  sul  modo  come  si  era  comportato  pel  passato 
nel  condurre  le  cose  dell'Armata  Navale;  di  averlo  reintegrato  nel 
posto  di  Generale  delle  Galere  del  Regno,  dandogli  le  opportune 
istruzioni  sul  modo  di  comportaisi  pel  futuro;  di  avergli  ordinata 
di  aspettare  a  Cadice  la  Flotta  Olandese,  per  imbarcarsi  su  quella 
ed  andare  tosto  in  Sicilia. 


CXXXII. 


(R.  S.  —  B.  2450). 

Progetto  di  cartello  pel  cambio  e  pel  trattamento  dei  prigio- 
nieri di  guerra ,  rimesso  dai  Viceré  a  S.  M.  Cattolica  il  19  feb- 
braro 1678. 


538  MISCELLANEA 


Proyetto  de  Cartel  entre  los  dos  Reyes  en  la  Ida  de  Sicilia 

Vn  Virrey  y  Capitan  General  diez  Goatra   otro   Virrey   y  Capitan 

•mil  escudos  de  Sicilia.  General  en  cauo   o  diez   mil  escu- 

dos.  10000. 

'     Vn  Gouernador   General   de   las  Centra  nn  Mariscal  de  Francia  o 

Armas  tres  mil  escudos,  tres  mil  escudos.  3000  escudos. 

Vn  Mastre  de  Campo  General  de  Contra  un  primer  Theniente  Ge- 

Hespaiia  mil  y  quinientos  escudos.  neral  de  los  exercitos  de   Francia, 

ò,  1500  escudos. 

Vn  General  de  la  Caualleria  de  Contra  un  Theniente  General  de 

Hespaiìa  mil  y  duciento  escudos,  Francia,  o,  mil  y  ducientos  escudos. 

Vn  General  de  la  Artilleria  que  Contra   un   primer  Mariscal  de 

lo  es  en  propriedad  mil  escudos.  Campo,  o,  mil  escudos. 

Vn  General  de  Vatalla  o  General  Contra  un  Mariscal  de  Campo,  o, 

de  la  Artilleria  que  lo  es  de  Titulo  ochocientos  escudos. 
y  en  sernicio  800  escudos. 

Vn  Theniente  General  de  la  Ca-  Contra  un  Mariscal  de  Batalla  si 

ualleria  si    tambien   es  General  de  bay  en  el  esercito  de  Francia,  o, 

Vatalla  corno  a  qui  arriua  y  si  no  500  escudos. 
lo  es  500  escudos. 

Vn  Comisario  General  de  la  Ca-  Contra  nn  Goronel  de  Caualleria 

nalleria,  o,  Goronel  400  escudos.  fì*ancese,  o,  400  escudos. 

Vn   Capitan    de  Caualleria    100  Contra  otro  Capitan  de  Canalle- 

escados.  ria,  o,  100  escudos. 

Vn  Theniente  Goronel  de  la  Ca-  Centra  otro  Theniente  Goronel  de 

'  nalleria  de  Hespaùa  quando  le  hanra  Canalleria,  o,  200  escudos. 
200  etcndoi. 


MI80ELLA^fEA  .539 


Vn  Sargento  Mayor  de  Caaalleria  Centra  otro  Sargento   mayor  de 

150  escudos.  Canalleria,  o,  150  escudos. 

Vn    Theniente    de   Caualleria  35  Contra  otro  primer  Theniente  de 

escudos.  Canalleria,  o,  35  escudos. 

Vn   alferez   de   cavalleria   25  e-  Contra   otra   Sota   Theniente  de 

scudos.  cavalleria,  o,  25  escudos. 

Vn  Capitan  Theniente  comò  hay  Centra  otro  Capitan    Theniente, 

en   los    Regimientos    Alemanes   50  o,  50  escudos. 
escudos. 

Vn  Sargento  de  Caualleria  10  e-  Contra   un    Mariscal   de   logi   o 

scudos.  sargento  de  Caualleria  10  escudos. 

Vn  cauo  de  squadra  6  escudos.  Contra  un  Caperai  frances,  o,  6 

escudos. 

Vn  slmple  soldado  de  Cauallo  4  Contra  otro  soldado   de  Caualle- 

escudos.  ria  4  escudos. 

Vn  Ayudante   de  Caualleria  20  Contra    otro   Oticial   frances   de 

escudos.  ygual  Puesto,  o,  20  escudos. 

Vn  Coro  nel  ò  Mastre  de  Campo  Contra  otro  Coronel   frances  de 

de  Infanteria  300  escudos.  Infanteria,  o,  300  escudos. 

Vn  Theniente  Coronel  de  Alema-  Contra  otro  Theniente  Coronel  o 

nes  0  Sargento  Mayor  al  pie   He-  Capitan  y  Sargento   mayor  Coman- 

spaiiol  o,  Italiano  80  escudos.  dante  de  un  Regimiento  frances,  o, 

80  escudos. 

Vn  Sargento  mayor  Aleman  40  Contra  un  primer  Capitan  de  un 

escudos.  Regimiento  Frances,  o,  40  escudos. 

Vn   Ayudante  de   Infanteria  de  Contra  otro  Ayudante  mayor  del 


540  HJSCBLLAMEA 


qaalqaiei-  nacion  15  escados.  exercito  Frances  de  igaal  Paesto, 

0,  15  escudos. 

Vn  Capitan  de  Infanteria  de  qual-         Centra  otro  Capitan  del  exercito 

quier  nacion  que  sea  30  escudos.  Frances,  o,  30  escados. 

Vn  Theniente  Aleman  o  Alferez         Contila  un  priraer  Theniente  de 

de  otra  Nacion  20  egcudos.  una  Compania,  o,  20  escudos. 

Vn  Alfarez  Aleman  12  escudos.  Contra   otro   Sota   Theniente,  o, 

Alferez  de  Francia,  o,  12  escudos, 

Vn  Sargento   de   una  Compania         Contra  un  Caporal   o   Sargento, 

4  escudos.  o,  4  escudos. 

Vn  Cauo  de  squadra   de  Infan-         Contra    un  Caporal   frances  o  3 

teria  tres  escudos.  escudos. 

Vn  soldado  de  Infanteria  de  qual-         Contra  otro  soldado  de  Infante- 

quier  nacion  que  sea  2  escudos.  ria  Francesa  o,  2  escudos. 

Vn   quartel   Mastre   General   de         Contra    un    Mariscal    de   logy  y 

un  Exercito  100  escu-jos.  General  del  exercito  frances  o  lOO 

escudos. 

Vn  Sargento  mayor  de  Plaza  60         Contra  otro  Sargento   mayor  de 

escados.  Plaza,  o,  60  escudos. 

Vn  Theniente  de  Mastro  de  Cam-         Contra  un  Ayudante  General  de 

pò  General  100  escudos.  los  Exercitos  de  Francia,  o,   100  e- 

•  scndos. 

Vn  Ayudante  de  Theniente  de  Ma-         Contra  un  Aydes   Ayde  General 

stro  de  Campo  General  40  escudos.  o  40  escudos. 

Vn  Ingeniero  o  su  Ayudante  que  Contra  otro   Ingeniero   o   Ayde 

no  tenga  paesto  SQperior  25  escudo6.  Ingeniero  que  tampoco   tenga  pue- 

sto  superior  a  este  o  25  escudos. 


MISCELLAHEA 


541 


Vn  Ingeniero  mayor  que  tiene  Centra  otro  ingeniero  maj'or  de 
algun  titulo  superior  corno  el  de  semejante  gradaacion  a  proporcion 
Corone!  o  Theniente  Coronei  refor-    de  estos  o  150  escudos  o  40  segun 


mados  pagara  corno  un  reformado 
la  nnidad  de  Coronei  Mastre»  de 
Campo  o  Theniente  Coronei  en  pie 
es  a  decir  150  escados  o  40  segun 
su  pnesto. 


la  calidad  de  la  graduacion. 


Todos  los   reformados   General-         Centra  otros   reformados  de  lot 
mente  que  seran   asentados   y   en    mismos  Puestos  o  la  mitad  de  offl- 
seruicio  en  los  exercitos  se  canjaran    ciales  corao  està  explicado  en  està 
centra  otros  de  su  calidad   e  paga-    etra  parte, 
ran  solamente  la  mitad  de  los  que  * 
sen  offlciales  en  pie  come  decir  vn 
Coronei ,  e,    Mastre   de   Campo  150 
escudos. 

El  Theniente  Coronei  reformado 
40  escudos. 

Vn  Capitan  de  Cauallos  reforma- 
do 50  escudos. 

Vno  de  Infanteria   15  escudos  y 
asi  de  los  demas  Puestos  inferiores. 

Vn  Theniente  General  de  la  Ar-         Centra  un  primer   Comisario  o 
tilleria  60  escudos.  segundo  Cane   de   la   Artilleria  del 

exercito  de  Francia,  o,  60  escudos. 


Vn  Theniente  General  de  la  Ar- 
tilleria de  un  egercito  de  Francia 
que  es  Theniente  del  General  de  la 
Artilleria  del  Reyno  ne  puede  ser 
igualado  que  a  un  General  de  la  Ar- 
tilleria de  los  eserciles  de  Espaàa, 
que  e«ta  a  las  ordenes  del  General 
de  la  Artilleria  proprietarie   de  las 


Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV. 


35 


542 


MISCELLANEA 


Espaiìas  o  a  lo  menos  ha  de  pagar 
corno  un  Mariscal  de  Campo  800 
escudos. 


Vn  Gentilhombre  de  la  Artilleria 
30  escudos. 


Centra  un  Gomisario  Ordenario 
o  extraordinario  del  exercito  de 
Francia  o  30  escudos. 


Vn  Condestable  o  Mastre  Cafìo- 
nero  10  escudos. 


Centra  un  Condestable  frances  o 
10  escudos. 


Todos  los  Artilleros  ordinarios         Centra  los  Artilleros  e  siruientes 

comò  los  soldados  de  Infanteria.  de  la  Artilleria  2  escudos. 

Vn   Capitan   de  Petardos  e   de         Centra  un  Cane    de  petardes  de 

Bombas  y  fuegos   de  artificio  o  de  Bombas  de  minadores   o   fuegos  de 

minadores  20  escudos.  artificio,  e,  20  escudos. 


Minadores  o  Ayudantes  de  echar 
Bombas  come  los  Artilleros  2  e- 
scudos. 


Centra  etres  iguales  a  estos  o  2 
escudos. 


Trombetas  Tambores   Cirujanos         Centra  otros  de  la  misma  calidad 

Escriuanos  y  Gente  seniejante  echos  e  remitidos  come  domesticos  e  por 

Prisoneros   de  Guerra  pagaran  un  un  mes  de  Gage  come  los  soldados 

mes  de  Gages  a  lo  mas  y  si  son  do-  de  Cauallo  a  los  de  la  Caualleria  y 

mesticos  seran  tratados  corno  tales  a  los  Infantes  come  de  Infanteria, 
y  remitidos  libres. 


Los  paisanos  echos  Prisoneros 
debajo  de  las  Armas  seran  tratados 
corno  a  los  soldados  y  librados  por 
el  mes  de  Gages  o  por  Cambio.  Lor 
demas  presos  labrando  Pastando  su 
ganado  o  en  la  mar,  o,  en  sus  bar- 
cas  Pescando  o  haciende  sus  nego- 
cios  sin  armas  y  sin  ostilidad  seran 
tratados  corno  mugeres  nirìos  o 
eriados. 


Idem. 


HISOELLANEA 


543 


Vn  Auditor  General  o  sobrein- 
tendente  de  los  exercitos  de  su  Ma- 
gestad  Gatholica  en  Sicilia  500  e- 
scudos. 


Contra  el  Intendente  General  de 
Justicia  Politica  y  biberes  del  exer- 
cito  de  Francia  o  quinientos  escudos. 


Vn  Proauditor  o  Theniente  del 
Auditor  General  de  las  Fronteras  o 
Plazas  50  escudos. 


Contra  vn  Auditor,  o,  intendente 
de  Plaza  o  de  regimiento  o  comisa- 
rio  de  intendente  General  50  escudos. 


Vn    Veedor   General  quinientos         Contra  el  Intendente  General  de 
escudos.  Francia  por  el  Politico,   o,   500  e- 

scudos. 


Los  sostitutos  de  Veedor  General 
y  Conseruador  y  todos  los  Comisa- 
rios  de  Vineres  segun  sus  gages  y 
Calidades  los  primeros  a  30  escudos 
cada  uno  y  los  menores  a  10  escudos. 


Idem. 


En  easso  qua  bengan  en  Sicilia 
tropas  de  la  Cassa  del  Rey  Chri- 
stianisimo  y  que  se  enquentren  a 
serPrisoneros  seran  tratados  segun 
su  puesto  y  gages  corno  se  ha  ajusta- 
do  por  todas  partes  a  sauer  los  sol- 
dados  del  Rey,  de  las  Guardias  se- 
gun los  demas  soldados,  sus  Cauos 
de  squadra  comò  Sargentos  empie 
subsargentos  corno  Alferez  en  Pie 
sub  Alferez  o  Sota  Thenientes  comò 
primeros  Thenientes  subprimeros 
Thenientes  comò  Capitanes  de  Ca- 
uallos. 

Los  Capitanes  de  las  Guardias 
corno  Mastres  de  Campo. 


Los  Ayde  Campos  Mayores  de 
las  Guardias  comò  Theniente  de  Ma- 
stro de  Campo  General. 


}44  Mi'sCELLAKEA 


El  Theniente  Coronel  de  las  Guar- 
dias  corno  Mariscal  de  Campo  si  no 
tiene  otro  Mayor  Puesto  y  en  tal 
casso  se  seguirà  al  Puesto  prin- 
cipal. 

El  Mastre  de  Campo  de  las  Guap- 
dias  corno  un  Mariscal  de  Francia 
tenieudo  ordinariamente  estos  dos 
pnestos  juntos. 

Vn  Capitan  de  Guardias  del  Guer- 
po  del  Rey  Christianisimo  o  Capitan 
de  su  gente  de  Armas  y  Cauallos 
ligeros  0  de  los  primeros  Principes 
de  su  Casa  comò  los  Mariscales  de 
Campo  si  no  tienen  junto  con  este 
otro  Puesto  Superior. 

Los  Tbenientes  destas  Compafìias 
Reales  comò  los  Mastres  de  Campo. 

Los  Segundos  Tbenientes  Alferes 
de  Caualleria  ò  Pedones  corno  Tbe- 
nientes Coroneles  ,  o ,  Capitanes  de 
Cauallos. 

Si  quieren  podran  entrar  en  la 
misma  conformidad  los  que  entre 
los  Offlciales  soldados  y  marineros 
sirbiendo  en  mar  basta  que  juzguen 
a  proposito  de  acer  un  ajuste  mas 
speciticado  si  lo  quieren. 

Todos  los  Prisoneros  no  se  de- 
tendran  de  una  parte  y  otra  mas 
de  un  mes  despues  de  bauer  sido 
legitimamente  repetidos. 

Mugeres,  Ninos  y  Criados  no  sa- 


uiscellànea  545 


ran  prisoneros  de  Guerra  sino  luego 
remitidos  de  una  parte  a  otra  sino 
que  se  an  cogidas  corno  espias  y 
en  tal  casso  se  les  bara  la  jasticia 
que  combiene. 


OXXXIII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Minuta  di  una  lettera  senza  data  precisa  del  Duca  di  Bourne- 
ville  al  Colonnello  Ulbin,  riguardante  il  cambia  dei  prigionieji'i  di 
guerra,  che  dovette  forse  esser  .mandata  in  copia  anche  a  S.  M. 
il  19  febbraro   1678. 

Ya  he  escrito  que  benga  aca  el  Capitan  Don  Juan  Alberto  de  Ciranda 
que  por  dicba  nos  ba  embiado  a  Rameta  y  siendo  Cauallero  Capaz  y 
que  entiende  la  lengua  con  el  comunicare  mas  particularmente  mis 
Interiores  y  los  esplicaran  a  V.  S. 

Por  los  reparos  que  ha  echo  Juni  del  Poder  de  V.  S.  y  de  la  gran- 
deza  de  su  General  y  la  suya  de  Jugni  de  ser  sostituto  directamente  del 
Mariscal  de  Biuona  es  muy  leue  estima  se  el  y  su  amo  quanto  quisiere 
6ste  no  nota  nada  al  tratado  de  Cartel  y  si  le  parece  ser  mucho,  por 
tratar  con  V.  S.  que  Deputa  otro  en  su  lugar  si  quiere ,  y  a  mi  no  im- 
porta, ò  que  el  Poder  que  tiene  directamente  que  lo  haga  dar  al  el  In- 
tendente del  exercito  de  francia  y  que  Jugni  reciua  el  suyo  del  Inten- 
dente comò  V.  S.  le  ha  reciuido  de  mi  no  le  stimare  menos  por  esso,  y 
ya  estoy  informado  que  no  tendra  el  Intendente  la  menor  parte  en  aste 
Tratado. 

Yo  no  podia  dar  mas  poder  regular  que  el  que  he  dado  ni  atribuir 
a  mi  vn  Poder  no  podia  tener  sino  por  medio  del  Cardenal  Virrey  y 
en  esto  no  es  menos  el  poder  que  he  dado  a  V.  S.  sino  mejor  y  mas 
firme. 

Bien  podia  yo  pedir  copia  del  poder  que  tiene  el  Duque  de  Birrone 
de  parte  de  su  Corte  para  este  Tratado  y  si  el  Senor  Conde  de  Loauraist 
lo  abonarà  pero  no  me  meto  en  esso  y  por  un  Gange  muy  igual  y  justo 
no  son  menester  estas  formalidades  inutile». 

Por  los  otros  puntos  ya  sane  V.  S.  su  instruccion  y  su  poder,  no  m 
trate  sino  de  Prisioneros  de  Guerra  entre  los  dos  Reyes  Todos  los  que 


546  MI8CILLANEA 


habran  tenido  comisiones  de  francia  ò  abran  sìdo  efectiuam  ente  en  el 
seruicio  y  audiencia  de  francia  no  haura  dlflcultad. 

Si  bay  otros  de  otro  genero  que  Prisioneros  de  Guerra  no  està  en 
mi  poder  de  poder  tratar  y  mucho  menos  en  el  de  V.  S.  y  de  estos  no 
deue  V.  S.  entrar  en  tratado  ninguno. 

La  Intencion  de  Mecineses  de  hauer  querido  entrar  al  Partido  de 
Francia  o  là  del  Rey  Christianisimo  a  hauer  tenido  voluntad  de  reci- 
nirles,  no  deue  nada  al  casso  solo  juzga  de  las  intenciones  nosotros  no 
podemos  reconocer  los  Mecineses  por  franceses. 

La  recomendacion  de  la  Muger  de  Aberna  es  muy  inutil  en  Mon- 
sieur  de  Jugni  ni  aun  de  su  amo  està  no  es  prisionera  de  Guerra  y 
V.  S.  no  reciua  proposicion  ninguna  en  este  casso.  El  Senor  Don  Jacome 
Aberna  ò  su  Muger  no  ignoran  otros  medios  de  recurrir  a  la  Pietad  de 
S.  Magestad  para  la  liuertad  que  puede  pedir  està  Dama. 

Y  esto  se  enlienda  desde  el  dia  que  francia  tomo  Posesion  de  Mecin^. 


CXXXIV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  6  marzo  1678,  ordina  che 
si  impediscano  con  tutti  i  mezzi  possibili  i  continui  soccorsi  che 
giungevano  dalla  Francia  a  Messina  e  specialmente  quello,  che  sì 
attendeva  allora,  di  quaranta  tartane  ed  otto  vascelli. 


CXXXV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Avendo  il  Viceré  con  lettera  del  9  gennaro  1678  risposto  al" 
Re,  che  per  stringere  Messina  per  mare  e  per  terra  ed  ottenere 
qualche  buon  successo  fosse  necessario  specialmente  V  aumento 
della  flotta,  S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  6  marzo  1678^. 
rinnova  gli  ordini  emanati  precedentemente  sul  proposito  e  forni- 
sce notizie  dei  rinforzi ,    che  giungeranno  tra  breve. 


MISOBLLANBA  547 


CXXXVI. 

(R.  S.  —  B.  27). 

Don  Carlo  Valdina  con  lettera  ,  data  a  Palermo  li  11  marzo 
1678,  supplica  il  Viceré,  tenendo  presenti  i  servigi  da  lui  resi  alla 
Corona,  a  non  voler  insistere  che  il  proprio  fratello  Principe  di 
Valdina  contribuisca  pel  real  servigio  una  somma  superiore  as- 
solutamente alle  forze  economiche  di  lui. 


Domenica  passata  fu  dal  Presidente  del  Real  Patrimonio  rimessa  al 
Prencipe  mio  fratello  una  riueritissima  lettera  di  V.  E.,  nella  quale  gli 
onlinaua  che  in  riguardo  della  necessità  in  che  al  presente  si  troua  l'Ar- 
mata Reale  di  sortire  in  mare,  douesse  depositare  nella  Tauola  di  que- 
sta Città  cinquanta  mila  scudi  per  sodisfare  le  paghe  de'  marinari  di 
essa.  Subito  il  sudetto  mio  fratello  rispose  che  attesa  la  impossibilità, 
nella  quale  si  trouaua,  di  poter  eseguire  gli  ordini  di  V.  E.,  si  degnasse 
di  riceuere  le  sue  riuerenti  scuse,  e  riconoscere  in  esse  il  desiderio  par- 
ticolare che  ha,  di  segnalarsi  nel  seruigio  di  S.  M.  in  una  offerta  che 
ha  fatto  di  leuantare  tutta  quella  gente,  che  potessero  comportare  le  sue 
debboli  forze.  In  questo  stato  hieri  si  portò  in  casa  del  sudetto  mio  fratello 
Don  Giouanni  Rizzari  con  un  seguito  di  fanteria  spagnuola  e  non  hauen- 
dolo  ritrouato  si  riportò  un'altra  uolta  di  notte  col  medesimo  seguito, 
col  quale  fece  diligentissima  inquisizione  per  tutta  la  casa,  ricercandolo 
per  ogni  parte.  Questo  modo  cosi  inaspettato  non  é  possibile  esprimere 
à- V.  E.  quanto  mi  sia  riuscito  nuouo,  non  essendo  proporzionato  alla 
occasione  della  quale  si  trattaua,  e  dando  luogo  all'otio  ,  et  alla  igno- 
ranza del  uolgo  di  formare  sinistri  concetti  e  pregiudiciali  alla  qualità 
et  attenzione  della  mia  casa,  la  quale  si  come  in  ogni  altro  tempo  cosi 
nel  presente  si  é  singolarmente  segnalata  nel  seruigio  del  Ré  nostro  si- 
gnore, come  é  palese  ad  ognuno  conoscere.  Mi  sarei  di  subito  portato  à 
piedi  di  V.  E.  per  rappresentarle  i  miei  giusti  sentimenti,  e  riportare 
dalla  somma  grandezza  e  benignità  di  V.  E.  V  adempimento  di  quanto 
potessi  desiderare;  ma  continuando  più  che  mai  nello  stato  delle  mie 
pericolose  indisposizioni,  ho  preso  ardimento  di  ricorrere  umilmente 
alla  magnanimità  di  V.  E.,  supplicandola  che  in  riguardo  della  osseguiosa 
seruitù,  che  le  ho  sempre  professata,  e  per  i  pochi  seruigi  da  me  pre- 
stati, e  da  tutti  gli  antecessori  miei  si  serua  di  riflettere  à  i  motiui  rap- 


548  MI8CBLLANKA. 


presentati  da  mio  fratello,  e  riconoscere  la  impossibilità  che  tiene  di 
poter  seruire  à  S.  M.  in  questo  particolare,  essendo  nel  resto  prontis- 
simo di  seruirla  come  deae  in  tutte  le  altre  occasioni,  come  meglio  per 
la  di  Ini  risposta  V.  E.  hauerà  inteso,  alla  quale  rimettendomi,  con  certa 
speranza  di  essere  dalla  grandezza  dell'  animo  di  V.  E.  pienamente  sol- 
leuato  dalle  presenti  angustie,  prego  Iddio  nostro  signore  guardi  l'ec- 
celleotissima  sua  Persona  come  desidera ,  et  à  V.  E.  riaerisco  humil- 
mente.  Palermo  li  li  marzo  1678. 
Di  V.  E. 

Umilissimo  seruitore 
D.  Carlo  Valdina 


OXXXVII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 


S.  M.  piglia  atto,  con  dispaccio  dato  a  Madrid  il  16  marzo  1678, 
di  quanto  il  Viceré  scrive  di  aver  fatto  per  impedire  che  giun* 
gano  a  Messina  continui  soccorsi  dalla  Calabria. 


CXXXVIII. 

(R.  S.  —  B.  2450. 

Avendo  il  Viceré  con  lettera  del  9  gennaro  1678  informato 
S.  M.  di  aver  nominato  Don  Pietro  Paolino  Tenente  di  Maestro  di 
Campo  Generale  dell'Esercito,  e  date  ricompense  pecuniare  a  va- 
rie altre  persone  per  la  fortunata  impresa  di  La  Mola,  S.  M. 
con  lettera,  data  a  Madrid  il  16  marzo  1678,  approva  l'operato 
di  lui. 


UI8CELLAN£A 


549 


CXXXIX. 

(R.  S.  —  B.  1687). 

Notamento  degli  uomini  entrati  per  la  corda,  (che  dettero  la 
scalata)  alla  Mola,  ai  quali  D.  Pietro  Paolini ,  interrogato  dal  Vi- 
ceré, propone  di  darsi  venti  onze  per  uno  e  trenta  ai  primi  dieci 
in  beni  stabili,  fra  quelli  confiscati  ai  ribelli  messinesi,  oltre  che 
per  giusta  ricompensa  ,  per  servire  di  esempio  agli  altri,  e  per 
non  perdersi  i  buoni  frutti  morali  di  quel  fatto  glorioso ,  che  già 
si  van  perdendo. 

Relazìon  de  la  gente  que  fue  nombrada  del  Sargento  mayor  Don  Fedro 
Paulino  para  escalar  por  la  cuerda  la  piata  de  la  mola  son  los  qne 
se  siguen. 


El  Capitan  de  Campana  Andrea  Rus- 
so naturai  de  taormina 
Miguel  Pirri  de  francanilla 
Blas  de  Oli  aeri  Capitan  de  la  Mola 
Tomas  Chrileison  Caao  de  la  ytala 
Domingo  faua  Cauo  Calabres 
gnsepe  botari  de  taormina 
Francisco  papa  Trombata  de  giace 
Domingo  Aluisi  Cauo  de  la  Scaleta 
Saluo  Giandino  della  Scaleta 
francisco  donato  della  Scaletta 
gorge  Laspata  della  Scaleta 
Giacomo  Mucari  della  Scaleta 
Cola  Paumi  di  francauilla 
Santo  Coglitori  di  Sauoca 
flippo  Garutì 

Vicenzo  Merto  di  francauilla 
Giacopo  Caponata  della  Scaleta 
francisco  Cauallaro  di  francauilla 
Michele  Carbone  di  francauilla 
Antonino  Mineo  di  francauilla 


Vicenzu  chisari  di  francauilla 
Aiìtoninu  Ruso  di  francauilla 
Santo  Cinturino  di  francauilla 
Vicencu  Cnrcoruto  di  taormina 
Marcu  Oliueri  della  Motta 
Matteo  di  Chiazza  della  Motta 
Maestro  Pietro  Tripulone della  Motta 
franciscn  Oliueri  della  Motta 
Gabriele  Zullo  della  Motta 
Antonino  Oliueri  della  Motta 
Antonino  Paumi  della  Mota 
Antonio  Oliueri  della  Motta 
Antonio  di  chiazza  della  iDOtta 
Giuseppe  Sardo  della  Motta 
Michele  Mineo  della  Motta 
Matheo  Restifo  della  Motta 
Giouani  Careri  della  Motta 
Antonio  Cusentino  della  Motta       ' 
Santo  oliueri  della  Motta 
Giouane  Brancato  della  Motta 
Lorenzo  Gargari  della  Motta 


550 


MISCELLANEA 


Antonio  Oliueri  della  Motta 
Domenico  Vechio  della  Motta 
Ginsepe  Valentino  della  Mola 
francesco  Cundari  Alias  Carrullo 
Andria  Parraturi  Cano  : 
Antonino  Parlatori  oondan  (sic)  fran- 

cisco, 
Giuseppe  Smiroldo 
Antonina  Cordoni 
Pascale  Ricca 
giusepe  Ricca 
francesco  di  Bartulo 
Antonino  Smiroldo 
Francisco  Christofalo 


Placida  di  Sciacca 
nicolau  Christofalo 
Antonino  Grugno 
Cesare  Bellanca 
Andrea  lo  monaco 
Antonino  lo  monaco 
todaro  Cingari 
Antonino  Pagano 
Giuseppe  Raneri 
Giandotasio  C?) 
Andrea  la  Rotta 
Antonino  Cundari 
Antonina  Pasquali 
Antoninu  Rao 


Los  Nuebe  Soldados  Espanoles   qua  faeron   Nombrados  para   entrar 
por  la  cuerda  son  los  ynclusos. 

El  Cauo  de  squadra  Saluador  perez  de  la  Compania   del  Capitan  D.  An- 
tonio Capai. 


Fedro  de  Moya 
Nofrio  nonbert 
Antonio  Gargia 
Tomas  perez 


francisco  perez 
Mateo  belgado 
lorenzo  carillo 
luis  Gargia 


Don  Petro  Paolini. 


CXL. 


(R.  S.  -  B.  27). 


Denunzia  fatta  in  Palermo  il  1»  aprile  1678  da  flrà  Maurizio- 
di  Palermo  relativa  alla  fuga  del  Principe  di  Valdina  ,  resa  pos- 
sibile dal  Provinciale  dei  Minori  Osservanti  della  Oancia. 


Eccellentissimo  Signore 

Corre  di  debito  por  essere  nassallo  fedele  di  sna  Maestà  dar  parte  a 
V.  E,  della  fuga  del  Prencipe  Valdina   da   questa   Città   di   Palermo,  Ne 


MISCELLANEA  55] 


fosse  principale  fautore  il  padre  Ferdinando  di  Palermo  Ministro  Pro- 
uinciale  dell'ordine  di  Minore  osseruanti  di  S.  Francesco  fatto  per  breve 
sorretitio,  et  ingannò  a  Sua  Santità  :  per  la  somma  famuliarità  e  stret- 
tezza, che  assieme  tengono.  Manzianno  a  propria  tauola  di  continuo  del 
Prencipe  assieme  con  il  padre  fra  Paulo  da  Palermo  assistendo  di  modo, 
che  vengono  detto  da  tutti  detti  Padri,  fra  Ferdinando  e  fra  Paulo  esser 
le  consultore  il  tutto  del  Prencipe  Valdina  :  Deue  pero  V.  E.  sapere, 
che  essendo  andato  lo  spettabile  Giudice  alla  casa  di  detto  Prencipe,  per 
tenerlo  preso,  fugito  quello  da  subito  si  portò  nel  Conuento  della  Gangia 
e  da  detti  Padri  Prouinciaii,  e  padre  Paulo  fu  nascosto  dentro  la  prima 
cella  della  Infirmarla,  che  confina  con  il  finestrone,  che  daua  ali  horto 
della  parte  della  chiesa  delli  Bianchi  doue  vi  e  un  portello  nel  pauimento, 
che  dona  nel  tambuso  del  dormitorio ,  e  quiui  rinzerrato  si  trattenne 
circa  bore  quattro,  e  fra  questo  mentre  si  procurano  li  caualli.  Essendo 
circa  tre  ore  di  notte  lo  fecero  uscire  della  Parte  del  Fumo,  che  daua 
nella  Vanella  delli  Bianchi  mettendosi  accauallo,  lo  feci  partire  in  com- 
pagnia di  altri  due  Canalieri  facendoli  fare  strata  e  scorta  per  insino 
alla  porta  delli  Greci  da  suoi  Religiosi,  e  detto  Prouinciaii  facendo  que- 
sto sindi  anno  alla  casa  di  detto  Prencipe  per  uscire  1  altro  resto  della 
robba,  argento,  e  denari,  e  si  tratende  per  tutta  lo  notte,  e  ritorno  in 
Conuento  ad  bori  otto  di  Notti.  Deue  di  più  V.  E.  sapere  che  nelli  mesi 
anti  passati  detto  padre  Proni nciale  con  detto  padre  Paulo  repose  in 
Conuento  Molti  dinari  di  detto  Prencipe  dentro  una  Cella  ,  nella  quale 
per  guardia  di  detti  dinari  facena  dormire  un' oblato,  e  per  compiaci- 
mento di  detto  Prencipe  tenendo  refugito  in  detto  Conuento  della  Gan- 
cia  du'  Mesi  in  circa  quel  messinese  patron  di  Filuca  con  il  tìglio,  che 
dicesi  auer  portato  li  dispacci  da  Messina  in  Francia  ,  del  che  si  caua 
auer  parte  per  intelligenza  detto  Padre  Prouinciale,  e  detto  padre  Paulo 
con  detto  Prencipe  tanto  più  che  li  parenti  di  detto  padre  Paulo  di  Pa- 
lermo di  casato  di  conto  essere  stati  ribelli  ;  e  del  tutto  si  ni  da  parte 
a  V.  E.  per  Magior  seruitio  di  Sua  Maestà  Catolica  che  Dio  nostro  Si- 
gnore conserui  e  a  V.  E.  dia  quella  felicità  desidera. 
Palermo  primo  Aprile  167S. 

Umilissimo  seruitore 
fra  Mauritio  da  Palermo 


552  MISCELLÀNEA 


CXLI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

In  occasione  della  riforma  generale  dell'esercito  stanziato  nel- 
l'Isola, avendo  gli  ufliciali  tedeschi  chiesto  l'indennità  di  assento,  che 
loro  era  dovuta,  S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  15  aprile  1678, 
dice  che  secondo  ha  scritto  l' Ispettore  dell'  esercito  di  Catalogna 
a  quello  di  Sicilia,  spettano  24  scudi  ai  capitani,  12  ai  tenenti, 
10  agli  Alfieri  e  8  ai  sergenti. 


.  CXLII. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

S.  M.  con  dispaccio  in  cifra,  dato  a  Madrid  il  26  maggio  1678, 
e  del  quale  si  trascrive  una  copia,  che  pare  imperfetta ,  accusa 
ricezione  della  notizia  pervenutagli  con  dispaccio  del  primo  di 
aprile  dello  stesso  anno  di  aver  le  regie  milizie  occupato  Messina 
ed  approva  i  vari  provvedimenti  emanati  pel  governo  di  essa.  In 
quanto  però  alla  promessa  fatta  dal  Duca  di  Bourneville,  Gover- 
natore Generale  delle  armi ,  dì  intercedere  presso  la  sua  Real 
Persona  perchè  siano  mantenuti  i  privilegi  della  città,  quantun- 
que non  si  tratti  che  di  una  semplice  promessa  d'intercessione, 
pure  S.  M.  confida  nello  zelo  del  Viceré  per  fare  sfumare  tale 
speranza,  e  perchè  Messina  sia  ridotta  nella  più  ferma  obbedienza 
e  nella  maggiore  quiete. 

Con  Despacho  de  primero  del  pasado  clais  quenta  de  vuestra  Uegada 
à  Mecina  donile  mis  armas  haaian  ocupado  ya  los  Castillos  y  Raluartes 
de  la  Ciudad,  y  aplicado  os  luego  al  inejor  cobro  de  esas  cossas  hauiendo 
ecbo  la  eieotion  de  juiados  y  demas  Ollgiales  en  la  forma  quo  referis 
y  buello  a  orlar  la  Diputacion  de  la  iiegociacion  frumeataria,  diciendo, 
«I  incombenieiito  que  bauia  produoido  la  oferta  que   hizo   el  Duque  de 


MISCELLANEA  553 


Bournombile  a  esos  Naturales  el  qnal  qnedauan  solicitando  desbane^er, 
y  que  de  lo  que  resultasse  assi  en  oste  particniar  corno  en  todo  lo  de- 
mas  dariais  quenta.  De  que  quedo  enterado  aprouando  os  e!  cuidado  qne 
poneis  en  essas  dependencias  en  todo  lo  que  puede  ser  de  mi  st^ruigio 
corno  tambien  hauer  echo  la  electieii  de  .lurados  y  demas  Oficiales  en 
la  forma  que  de<;is  bien  que  pudicrais  hauer  expresado  los  nombres  de 
Ics  que  haueis  elegido  hauiendo  sido  assi  mismo  aceptada  la  creacion 
de  la  Diputacion  formentaria  Y  en  quanto  al  indulto  que  el  Duque  de 
Buornombile  franqueo  a  Mecineses,  (aunque  solo  ofrecio  ser  solicitador 
para  que  se  les  mantubiesen  sus  Priuilegios)  a  sido  muy  corno  de  vue- 
stro  agierto  y  celo  al  cuidado  que  poneis  para  dosuanecerleu  estas  espe- 
ranzas  y  assi  os  encargo  mucho  este  punto,  y  la  disposicion  de  todo  lo 
que  puede  conducir  a  dejar  muy  asegurada  à  Megina  en  la  mas  tìrme 
obedieucia.  y  en  su  mayor  quietnd,  comò  lo  fio  de  vuestra  prudencia, 
y  destreza,  y  de  lo  que  se  fuere  ofrecieudo  me  dareis  quenta  y  respecto 
de  que  con  las  primeras  noticias  que  disteis  de  la  forma  en  que  se  en- 
trego  Me^'ina  y  Augusta  y  demas  Puestos  que  ocupaban  franceses  se  os 
ordeno  en  Despacho  de  29  de  pasado  (que  se  os  remitio  por  principal  y 
Duplicado)  lo  que  bereis  por  el  quedo  esperando  auisso  vuestro  de  lo 
que  resulta  de  su  eiecucion  para  poder  con  mayor  conocimiento  orde- 
naros  lo  que  tubiere  por  combeniente.  Madrid  26  de  Majo  1678. 


CXLIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  24  giugno  1678 ,  avvisa 
per  ciò  che  lo  può  riguardare  il  Viceré  ,  che  ha  dato  ordine  si 
procuri  in  Inghilterra  o  in  Francia  qualche  maestro,  il  quale  co- 
nosca il  metodo  di  fondere  cannoni  di  ferro  secondo  le  nuove  in- 
venzioni del  Principe  Rupert,  e  di  mandarlo  in  Spagna  con  buon 
premio. 

El  Bey 

Illustre  Don  Vizente  Gonzaga  Gentilhombre  de  mi  Camara  de  mi  Con- 
sejo  de  Guerra  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  et  Reyno  de  Sicilia.  Re- 


554  MISCELLANEA 


conociendose  de  quanta  vtilidad  sera  introdocir  en  la  fundicioii  de  lie- 
ryanes  la  Artilleria  de  flerro  de  la  imbentiua  del  Principe  Rouerto  :  He 
mandado  se  buelua  à  escriuir  al  Marques  de  Burgomayne  y  al  Conde 
de  Egmont  procuren  por  todos  los  medios  posibles  sacar  de  Inglaterra 
algun  Maestro  ò  lauorante  de  està  nuena  fabrica .  y  que  sea  inteligente, 
ofreciendole  buenas  conveniencias,  aduirtiendose  lo  mismo  à  Don  Manuel 
de  Lira  para  que  dandose  la  mano  con  ellos  obren  de  acuerdo  en  està 
disposicion,  y  a  este  fin  he  resuelto  tambien  ordenar  à  los  Virreys  y 
demas  Ministros  de  Italia  que  por  la  via  de  Roma  y  Sauoya  ,  ò  la  que 
hallaren  por  mas  a  proposito  procuren  sacar  de  Francia  (donde  se  tiene 
entendido  bay  assi  mismo  fundicion  de  este  genero  de  Artilleria)  algun 
Maestro  y  le  encaminen  à  Espana;  De  que  estareis  aduertido  para  soli- 
citar  por  vuestra  parte  (comò  os  lo  encargo)  la  direction  de  este  intento 
con  la  aplicacion  que  fio  de  vuestro  celo  à  mi  seruicio.  De  Madrid  a 
24  de  Junio  1678. 

yo  el  Rey. 

Bartholome  de  Leoasa, 


CXLIV. 
(R.  S.  —  B.  2450). 

R.  Dispaccio,  dato  a  Madrid  il  7  luglio  1678 ,  riguardante  le 
gravissime  risse  sorte  tra  soldati  italiani  e  spagnuoli  ed  il  prov- 
vedimento preso  di  por  fine  a  tali  scandali ,  richiamando  in  Spa- 
gna tutti  i  soldati  italiani,  che  si  trovano  in  Sicilia. 

El  Rey 

Illustre  Don  Vicente  Gonzaga  Gentilhombre  de  mi  Camara,  de  mi  Con- 
sejo  de  gnerra,  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia.  En 
carta  de  20  de  Mayo  dais  qnenta  de  la  disputa  que  se  monio  en  Angu- 
sta en  el  punto  de  las  rondas  enlre  el  Sargento  mayor  del  lercio  de 
Don  Pbelipe  Rosii  y  los  Espaùoles,  y  de  lo  demas  que  paso  en  està  in- 
cidencia,  de  qae  resultò  prender  a  qaatro  Gapitanes  del  Tercio  y  al  mi- 


MISCELLANEA  555 


smo  Mastro  de  Campo  ;  y  siendo  està  materia  grauisima  por  sus  conse- 
gaencias.  hauiendose  experimentado  siempre  que  las  ordenes  rigurosaa 
han  seruido  mas  de  aumentar  que  de  desuanecer  el  perjnycio  que  de 
ellas  resulta  a  mi  seruicio,  lia  pareeido  deciros  que  quedo  con  noticia 
de  lo  que  me  representais,  y  con  macha  conflanza  de  que  mediante  vue- 
stra  prudencia  haureis  hecho  comprender  a  los  Oflciales  Italianos  quan 
contra  toda  razon,  y  centra  sus  propias  obligaciones,  y  la  flneza  con  que 
me  siruen,  ha  side  el  pretender  vna  cosa  opuesta  a  mis  ordenes,  y  a  lo 
que  se  estila  en  todas  partes,  y  que  tambien  os  facilitara  el  ajuste  desde 
punto  la  resolucion  que  he  tornado  de  que  paaen  a  Espana  todos  los  Ita- 
lianos que  se  hallan  en  esse  Reyno.  De  Madrid  a  7  de  julio  de  1678. 


yo  el  Rey. 

Barlholome  de  Legasa. 


OXLV. 

(R.  S.  —  B.  2449). 

Avendo  appreso  fra  gli  altri  inconvenienti,  che  i  ministri  to- 
gati patrimoniali  per  loro  particolari  fini  s'incamminavano  a  ri- 
durre le  cose  del  governo  «  allo  stile  antico  »  cioè  procedevano 
con  massima  lentezza,  come  prima  della  guerra  ;  che  le  fortezze 
restavano  al  solito  sprovvedute  di  tutto;  i  pezzi  dell'artiglieria 
sparsi  a  terra  smontati  ;  S.  M.  con  dispaccio  in  cifra ,  dato  a  Ma- 
drid il  9  luglio  1678,  fa  appello  allo  zelo  del  Viceré  ed  ordina  che 
si  proceda  con  sollecitudine  nel  provvedere  al  real  servizio. 


CXLVI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  23  luglio  1678 ,  rimpro- 
vera il  Viceré  Gonzaga  di  non  averlo  informato  delle  gravi  e  pe- 


5$6  MISCELLANEA 


ricolose  risse  avvenute  in  Messina  tra  i  reparti  di  truppa  italiana 
e  quella  spagnuote,  e  gli  ordina  di  farlo  compiutamente  per  poter 
prendere  le  risoluzioni  necessarie  sul  proposito. 

EI  Rey 

Illustre  Don  Vicente  Gonzaga  Gentilhombre  de  mi  Camara  de  mi  Con- 
sejo  de  Guerra  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia  ;  El 
Marques  de  Villafiel  ha  dado  quenta  en  carta  de  4  del  passado  de  lo  qua 
ha  passado  en  Mecina  entre  Espafìoles  y  Italianos  en  el  punto  de  la  Ron- 
da, hauiendose  llegato  a  tomar  las  Armas  sobre  estas  disputas  calando 
cuerda  tocando  cajaB  y  intentando  los  Italianos  dar  la  carga  contra  la 
Ronda  Espaiiola  queriendola  degoUar  y  pasando  a  prender  al  Cauo  Espa- 
fiol  de  la  ronda  ;  y  hauiendose  hecbado  menos  no  hayais  participado  cosa 
tan  particular  os  encargo  lo  executeis  para  que  con  entero  conocimiento 
tome  yo  la  resolucion  que  mas  combenga  ;  De  Madrid  a  23  de  Julio  1678. 

Yo  el  Rey 

Bartholome  de  Legasa, 


(R.  S.  —  B.  2449). 

Con  real  dispaccio,  scritto  in  parte  in  cifra  ,  dato  a  Madrid  il 
19  di  agosto  del  1<'78,  S.  M.  avendo  saputo  che  il  Turco  aveva 
intenzione  di  invadere  l'Italia,  di  occupare  in  quell'està  il  porto  di 
Augusta,  della  qual  cosa  anche  il  Papa  aveva  avvisato  il  Cardinal 
Portocerrero,  e  che  il  mal  animo  dei  Messinesi  e  dei  Francesi  fo- 
mentava da  pertutto  invasioni,  fa  appello  alla  previgenza  ed  allo 
zelo  del  Viceré  per  tener  pronto  quanto  occorre  e  specialmente 
per  fortificare  e  tener  d'occhio  Augusta. 


XISOELLAMBA  557 

CXLVIII. 

(R.  S.  --  B.  24n0ì. 

Real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  20  agosto  1678,  relativo  al 
cambio  dei  prigionieri  di  gueri'a. 

E\  Rey 

mostre  Don  Vicente  Gouzajra  (ìentilhombre  de  mi  Gamara  de  mi  Con- 
sejo  de  Guerra  mi  Virrey  y  Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia  ;  Por 
lo  que  decis  en  Carta  de  1°  de  Julio  respondiendo  al  Informe  qne  se  os 
pidio  sobre  la  tratazion  del  Gange  General  de  los  Prisioneros  ,  qnodo 
con  noticia  del  estado  qne  tenia  està  materia  y  de  la  forma  en  que  se 
puede  enea  minar  dirigiendola  por  el  embajador  de  francia  en  Roma  ; 
en  cuja  «nposizion  os  encargo  procureis  salir  luego  de  eato  por  lo  que 
embarazara,  comunicando  os  sobre  elio  con  el  Marques  del  Carpio  a 
quien  he  mandado  participarlo  estando  Vos  aduertido  de  procurar  que 
on  primer  lugar  se  pongan  en  libertad  los  prisioneros  nuestros  que 
andan  en  las  Galoras  de  francia;  De  Madrid  A  20  de  Agosto  1678. 

Yo  et  Rey. 

Bartholcme  de  Legasti. 


CXLIX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  3  settembre  1078,  ordina 
al  Viceré  di  accordare  anche  da  parte  sua  la  libertà  ai  soldati  ed 
ai  marinari  francesi  posti  al  remo  nelle  Galere  di  Spagna. 


Areh.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  ,  36 


558  MISOKLLANBÀ 

OL. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  18  settembre  1678,  fa  noto 
di  aver  nominato  Governatore  di  Messina  D.  Diego  di  Portogallo. 

El  Rey 

mastre  Don  Vizente  Gonzaga ,  Gentilhombre  de  mi  Camara  de  mi 
Consejo  de  Estado,  mi  Virrey  y  Cappitan  General  del  Reyno  de  Sicilia; 
Caando  se  regibio  vuestra  carta  de  18  de  Julio  en  que  hageis  rela'jion 
de  los  meritos  y  partes  que  concurren  en  Ics  Maestros  de  Campo  que 
se  hallan  en  esse  Reyno  para  el  Gobierno  politico  y  Militar  de  Mecina, 
tenia  ya  dado  este  Puesto  a  Don  Diego  de  Portugal ,  de  mi  Consejo  de 
Guerra  y  Gouernador  de  Zeuta,  graduandole  de  Maestro  de  C;»mpo  Ge- 
neral de  esse  Reyno,  corno  se  os  ha  auisado.  De  Madrid  a  18  de  Sep- 
tiembre  de  1678. 

yo  el  Rey. 

Bartholome  de  Legasa. 


OLI. 

(R.  S.  -  B.  1686). 

Il  messinese  Fra  Don  Dicj^o  Brunaccini  scrive  al  (ìardiiial  Por- 
locarrero  una  lettera  data  dalla  Certosa  di  Trisnlli  nella  Campa- 
gna Romana  il  2  ottobre  1678,  nella  quale,  con  lo  stile  enfatico 
del  tempo  chiamandolo  nuovo  sole  nell'Isola  del  sole,  gli  ricorda 
che  avendolo  conosciuto  a  Guastalla,  mentre  dimorava  nella  sua 
Coi'tosa  di  Mantova  ,  nuovo  Arsenio  fra  i  Claustrali ,  gli  aveva 
sentito  manifestare  il  desiderio  di  edificare  una  Certosa  dedicata 
alla  Vergine  Immacolata,  e  gli  fa  osservare  che,  avendo  Dio  con- 


MISOELLANBA  559 


cesso  la  sospirata  pace  all'  afflitta  Italia ,  questo  è  il  tempo  di 
mandare  ad  effetto  tal  proposito,  che  sarebbe  tornato  in  aumento 
della  religione  ed  avrebbe  avuto  l'approvazione  e  l'aiuto  di  molti 
nobili  uomini  messinesi,  del  Re  e  di  Don  Giovanni,  così  devoti  alla 
Immacolata.  Suggerisce  pertanto  di  acquistare  l'abbandonato  Mo- 
nastero di  S.  Placido,  il  quale  era  stato  offerto  per  poco  prezzo. 


OLII. 

(R.  S.  —  B.  1686). 

Lotterà  del  Generale  dell'Artiglieria,  data  ad  Augusta  il  25  ot 
tobre  1678,  con  la  quale  si  mandano  al  Viceré  alcune  notizie  sui 
prigionieri  e  gli  esiliati  messinesi. 

Excelentisimo  Senor. 

Seflor 

Pongome  à  los  Pies  de  V.  E.  con  el  Rendimiento  que  Deuo  y  Doy 
parte  a  V.  E.  corno  de  los  treze  Messineses  que  hauia  aqui  è  Reinitido 
à  essa  Giudad  à  Andrea  belluso  y  diez  se  han  ydo  à  malta  hauiendo  que- 
dado  aqui  solamente  francisco  Picholo,  que  se  embarco  en  la  Armada  de 
franzia  y  es  yerno  del  Capitan  de  Armas  Don  Paulo  marino  que  à  ser- 
uido  muy  vien  à  S.  M.,  y  estefano  trayniti  quien  no  salio  de  Messina 
con  la  Armada  de  franzia  y  no  Pareze  deue  ger  yncluydo  en  la  Pena 
de  los  que  lo  liizieron.  antes  mereze  ser  vien  visto  por  sei"  hermano 
■  'el  Patire  fray  Zuan  Bautista  Capuchino  que  estaua  enei  Ibiso  en  tiempo 
que  el  enemigo  Poseya  aquella  Plaza  y  de  alli  me  daua  auisos  muy  zier- 
tos  (le  lo?  Disigli ios  del  enemigo  y  hauiendo  entrado  en  sospecha  del 
monsieur  de  Xiigue  Gouernador  de  aquella  Plaza  le  prendio  en  su  Con- 
uento  y  le  cojio  unas  cartas  ympresas  de  S.  A.  Directas  à  los  jurados  de 
Messina  que  yo  le  hauia  ynuiado  Para  que  las  hiziese  esparzer  en  ella, 
en  conformedad  de  horden  que  tube  Para  elio  del  Seiior  Cardenal  Porto 
Carrero,  y  le  ynuio  preso  à  esa  Ciudad  cuyos  Jurados  se  empenaron  en 
su  defensa  à  contemplazion  de  su  Relijion  que  consiguieron  fuesse  Qon- 


MO  VISOBLLAirBA 


flnado  en  este  monesterio  de  Capuchinos  de  Agasta  en  cnya  compania 
para  sn  Consuelo  vino  estefano  trayniti  su  hermano  que  es  el  qua  oy  se 
balla  aqui.  Clama  sobre  esto  punto  tan  justitìcado  que  pongo  en  la  no- 
ticia  de  V.  E.  a  quen  supplico  se  sima  orienarme  lo  que  Deuo  executar 
j  porque  ó  escrito  al  mastre  de  Campo  General  sobre  todo  lo  que  se  me 
ofreze  Pidiendole  de  parte  à  V.  E.  de  todo  escusso  tediar  a  V.  E.  con 
carta  tan  larga.  Guarde  Dios  la  Excelentisima  Persona  de  V.  E.  muchos 
aiÌ08  corno  Deseo  Augusta  y  Octubre  25  de  1678. 

Excelentisimo  Senor 
Beso  los  pies  de  V.  E. 

Su  mayor  criado 
Don  Gaspar   de   Borja 

Excelentisimo  Sefior  Prinze  Don  Vizente  Gonzaga  mi  Seiìor. 


OLIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  16  gennaro  1679,  rinnova 
l'ordine  antecedentemente  dato  perchè ,  col  consenso  del  Papa, 
sia  ritenuto  come  Santo  Tutelare  di  tutti  i  domini  spagnuoli  il 
Patriarca  San  Giuseppe. 

El  Rey 

Illustre  Condo  de  Santititeuati.  Virrey  Lugar  Theniente  y  Capitan  Gè 
neral  del  Royno  de  Sicilia.  Fin  18  Diciembre  proximo  passado  mande  dar. 
à  Don  Vijente  Gonzaga  Voestro  predegessor  en  esse  Cargo  el  ordon  quo 
se  sipuo  =  El  Rey  —  Illustre  Don  Vijente  Gonzaga.  Gentil  liombro  do  mi 
Camara  del  Con.sejo  do  Estiido ,  mi  Virrey  Uigar  tlienitMitc!  y  C;i|ipitaii 
General  dei  Royno  de  Sicilia;  Por  la  deuocion  que  professo  al  glorioso 
Sani*  Joseph.  He  resuclto  que  sea  declarado  Reciuido  por  Tutelar  on  to- 
do8  mis  Dominios  E[8pafiolos]  que  lograran  conlinnadas  felicidades.  por 
la  intercesion  de  tan  gran  aancto.  y  he  escrito  participandolo  a  su  San- 


iilBOSLLAKKA  5^1 


tìdad  para  que  venga  en  àproaar  este  Religioso  intento  de  que  he  que- 
rido  auisaros.  Y  os  encargo  y  mando  participeis  està  noticia.  a  los  Pre- 
lados  y  Cauiidos.  y  a  las  Ciudades  de  esse  Reyno  que  en  semejantes  casos 
se  acostuinbra  para  que  se  de  cumplimieuto  a  està  mi  rcssolujion  qne 
assi  es  mi  Voiuntad.  y  me  auisareis  del  Reeiao  de  està  órden.  y  de  su 
Execujion    De  Madrid,  a  16  de  Henero  de  1679. 


yo  el  Rey. 


Buslamanle  Secretarius. 


Etc.  Etc. 


CLIV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  30  gennaro  1679, 
annunzia  al  Viceré  la  conclusione  della  pace  col  Re  Cristianissi- 
mo, avvenuta  col  trattato  di  Nimega,  e  gli  ordina  di  pubblicarlo 
nel  Regno  e  di  eseguirlo  per  quanto  gli  spetta. 

El  Rey 

Illustre  Gonde  de  Santisteban  ,  mi  Virrey  lugar  Teniente  y  Capitan 
General  del  Reyno  de  Sicilia  ;  Ilauiendose  concluido  en  el  congreso  de 
Nimega  por  mis  Plenipotenyiarios  y  los  del  Rey  Christianissimo  la  Paz 
cntre  las  Coronas  de  Espaùa  y  frangia,  estipulaiidose  el  tratado  que  se 
ós  remite  adjunto.  que  se  publico  en  està  Corte  el  dia  18  del  corriente, 
He  resuello  auisaros  dello  para  que  le  hagais  notorio  en  esse  Reyno 
Guardandose  la  forma  que  se  hubiere  acostumbrado  en  ocasiones  se- 
mejantes, y  dando  las  ordenes  neyesarias  para  la  obserbangia  de  lo  con- 
tenido  en  dicho  Tratado  de  F'az,  por  lo  que  locare  à  esse  Reyno.  segun 
la  disposigion  de  los  Articulos  de  que  se  compone,  y  me  dareis  quenta 
del  regiuo  deste  despacbo  y  do  su  Cuniplimiento.  De  Madrid.  A  30  de 
Henero  de  1679. 

yo  el  Rey. 

Buslamanle  Seerelario. 
Etc.  Etc. 


562  MISCELLANEA 


OLV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  30  gennaio  1679,  torna 
ad  ordinare  che  gli  si  spediscano  le  copie  di  tutte  le  costituzioni, 
prammatiche,  leggi,  privilegi  e  consuetudini  varie  del  Regno  e  dei 
singoli  municipi  di  esso,  che  da  due  anni  erano  state  invano  do- 
mandate ai  Viceré. 

El  Rey 

Illustre  Conde  de  Santisteban  Pariente  Virrey  Lugar  Teniente  y  Ca- 
pitan General  del  Reyno  de  Sicilia  ;  Al  Cardenal  Portocarrero  Gover- 
nando ese  Reyno  niande  dar  el  orden  cuyo  tenor  se  signe  :=:  Don  Carlos 
Etc.  Muy  Reverendo  Etc.  Conviniendo  tener  presentes  aqui  las  Pragma- 
ticas  de  ese  Reyno,  y  hallai-me  en  conocimiento  de  ellas  para  las  ocur- 
rencias  que  se  ofrecieren  reconociendo  sus  disposiciones,  se  escrivio  al 
Marqaes  de  Castel  Rodriguo  en  carta  del .  .  .  (para  que)  Ysidoro  de  Au- 
gusto y  Velasco  embiase  por  esle  Su[premo  Consejo  de  Ita]  lia  las  que 
se  havieren  promulgado  nuovamente  y  las  que  se  [prò]  mulgassen  ea 
su  tiempo,  y  tambien  todos  los  Volumenes  de  las  passadas ,  y  que  con- 
forme se  fuessen  sacando  se  fuessen  remiliendo  prompta  y  efectivamente. 
Sobre  que  ha  respondido  el  Marquos  en  carta  de  15  de  Marzo,  havia 
dado  à  este  efecto  las  ordenes  à  los  Tribunales  por  donde  se  promulgan, 
y  porque  conviene  tengan  puntnal  execucion  ós  encargo  y  mando  las 
repitais,  y  cuydeis  se  remitan  las  Pragmaticas  en  la  forma  refenda  que 
me  servireis  en  elio;  y  sea  muy  Reverendo  Etc.  De  Tarazona  à  4  de 
janio  de  1677  =  Yo  el  Rey  =.  Bnstamante  Secretarius  =  Con  senales  del 
Conseyo  r=  Y  porque  no  haii  llegado  hasta  aera  las  referidas  Pragmaticas 
que  86  han  pedido,  y  Conviene  à  mi  Real  Cervicio  se  execute  ,  y  obser- 
ve  la  orden  mencionada  con  loda  puntualidad,  ós  encargo,  y  mando  qne 
sin  dilacion  alguna  dispongais  se  remitan  dichas  Pragmaticas  comò  osta 
ordenado  por  el  Despacho  preinserto,  y  juntamente  copias  de  liis  Con- 
stituciones,  y  Leges  Municipales  de  ese  Reyno,  que  assi  [es  nuestra]  Real 
voluntad  ;  y  sea  muy  Reverendo  en  Christo  [Padre]  Cardenal  Portocar- 
ntr»  Mi  May  Charo  y  muy  amado  Amigo  Nuestro  Senor  en  Vuestra  con- 
tinua guarda.  De  Madrid  a  17  de  Heaero  1678.  =  Yo  el  Rey  =  Bustamante 


MIBOELLANBA  563 


Secretarius  =  Con  senales  del  Consejo  =z  Y  porque  basta  aora  no  se  han 
recivido  las  Pragmaticas,  ni  Leyes  Municipales  de  ese  Reyno  He  resuelto 
que  el  Despacho  referido  se  renueve  para  Vos,  y  ordenaros  y  inandaros 
(corno  lo  hago)  cuydeis  de  su  puntual  cnmplimiento  de  forma  que  con 
la  mayor  brevedad  lleguen  a  mis  manos  los  jnstrumentos  referidos  por 
lo  que  conviene  à  mi  servicio,  y  me  dareis  quenta  del  Recivo  de  este. 
De  Madrid.  A  30  de  Menerò,  de  1679. 

yo  el  Rey. 

Bustamante  Secretarius. 
Etc.  Etc. 


OLVI. 

(R.  S.  —  B.  1688j. 

Don  Francesco  Bernardo  Barona  con  lettera ,  data  a  Messina 
il  28  febbraio  1679,  informa  fra  l'altro  il  Viceré  dell'attiva  corri- 
spondenza dei  Messinesi  rimasti  in  patria  con  gli  esuli  e  special- 
mente con  (juelli  di  Roma  e  di  Livorno,  e  suggerisce  alcuni  prov- 
vedimenti per  intercettare  le  numerosissime  lettere  mandate  la 
maggior  pai'te  per  mezzo  di  commercianti  e  su  vapori  mercantili. 


OLvn. 


(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  29  marzo  1679,  i-estitui- 
sce  al  Viceré  la  pianta  della  Cittadella  da  costruirsi  a  Messina,  e 
fa  varie  altre  osservazioni  sulle  progettate  fortificazioni  di  quella 
città. 


564  MI80ELLAN£À 


CLVIII. 

(R.  S.  —  B,  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Buon  Ritiro  il  24  aprile  1679 ,  ri- 
solve la  quistione  sorta  tra  il  Viceré  e  1'  Arcivescovo  di  Palermo 
per  un  chierico,  che,  per  espresso  desiderio  e  comando  del  primo, 
e  contro  l'espresso  divieto  del  secondo,  aveva  nel  pubblico  teatro 
preso  parte  alla  recita  di  una  commedia  musicale  di  argomento 
scandaloso,  ottenendo  dal  Viceré  in  premio  un  posto  nella  Real 
Cappella  Palatina. 

El  Rey 

Illustre  Gonde  de  Santi  steuan  Pariente,  mi  Virrey  Lugar  Theniente 
y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sigilla;  El  Ar^obispo  de  Palermo  en 
itarta  de  4  de  Henero  ;  me  ha  dado  quenta,  de  que  monido  de  su  obli- 
gagion,  y  del  desso  de  |)rocarar  euitar  Ics  escandalos,  y  inconuenientes 
que  se  podian  temer,  de  que  .se  hiciesse  vna  Gomedia  de  Musica  en  el 
Teatro  Publico  de  Palermo,  representando  cn  ella  vna  mnger  de  escan- 
dalosa Vida,  cuyas  liuiandades  tenian  en  actual  discordia,  y  peligro  <los 
Gaualleros  Hermanos,  y  de  que  vn  Mussico,  de  aquella  Iglcssia,  Glerigo 
de  menores  ordenes  Uego  a  pedirle  ligencia  para  representar  en  ella,  os 
habló  en  la  materia,  y  le  respondistei.s,  que  con  vuestra  aceliTada  tor- 
nada  a  Meglna  passarla  el  dia  seùalado  para  la  Gomedia,  y  que  dilatan- 
dose  para  vuestra  buelta,  se  podria  escussar  suauemente,  d^andole  no 
solamente  sin  duda  de  quo  no  se  violentaria  al  Glerigo  a  interuenir  pero 
con  firmes  esperangas  de  que  imjx'diriais  la  representacion  quo  dentro 
de  pocos  dias  le  embiasteis  vn  recado  con  el  Gajìitan  de  .Justicia,  soligi- 
taodo  que  diesse  ligencia  al  Mussico  para  ha^r  aa  papel,  a  que  os  re- 
spondio  la  imposiuilidad  que  (!.sto  fonia  en  vn  Prelado,  pero  con  rcndi- 
miento  a  la  Souerana  Representagion  de  Mouarcha,  confesando,  que  no 
08  podria  estorbar  la  execugion  si  conio  tal  le  ordenaseis ,  y  que  por 
mayor  atengion  fuù  en  persona  a  representarlo,  no  pudiondo  creer  de 
Vuestra  muclia  Gliristianidad,  que  pudiera  en  olla  cauer  olra  resolugion, 
en  cayo  dictamen  ae  conflrmó  con  vuestra  respuesta  que  fuó  liauer  pro- 
Vcdido  mas  de   importunagion  del   Mismo   Gapitan  De  .lusticia,  que  de 


ìflSOSLLAREA  5é5 


gusto  Vuestro  el  reeado,  sin  passar  a  ha?erle  otra  instangia  ;  Pero  que 
el  dia  siguiente  le  embiasteis  vn  criado  a  persuadirle  de  meno,  que  con- 
Qediesse  la  liyenc^ia,  hauiendo  ya  dado  orden  para  que  se  hi^iese  la  Go- 
media;  que  insinuò  al  Gentilhombre  quan  contrario  era  a  su  Ministerio 
de  Prelado  concurrir  con  positiuo  infiuxo  a  vna  obra  semejante  instando 
OS  que  le  oyeseis,  y  os  escusasteis  por  caussa  de  indisposi^ion  ;  y  que 
hauiendole  buelto  a  instar  por  el  permiso  repitió  la  imposiuilidad  moral 
de  concurrir  a  vna  cosa  Illecita  prohiuida  de  los  autores  mas  graues  de 
la  Iglesia,  y  las  prohiuiyiones  Pontiiigias,  y  Sagrados  Ganones  ,  que  ful- 
minauan  penas  a  las  personas  Eclesiasticas  que  representan  en  publico 
teatro,  y  la  expeyial  prouision  que  hauia  en  aquella  Diogesis,  y  las  ra- 
fones  que  concurrian  para  que  lo  euitascis,  Pero  aunque  os  higo  està 
representacion  obligasteis  al  clerigo  a  que  concurriesse  en  la  represen- 
tagion  ;  y  que  hauiendole  visto  el  Argobispo  el  dia  siguiente  en  la  Igle- 
sia, y  hechole  decir  priuadamente  ,  que  excusase  el  interuenir  con  los 
demas  en  los  oficios  con  animo  de  progeder  con  madura  consideragion 
en  la  caussa,  sin  passar  desde  luego  a  su  prision,  y  castigo  corno  pu- 
diera  por  la  positiua  inobediengia  demas  del  pringipal  motiuo  del  de- 
lieto por  desear  que  no  se  diese  lugar  a  los  inconuinientes  que  pueden 
resultar  en  mi  deseruigio,  y  de  la  quietud  publica  con  la  oposigion  de 
las  Jurisdigiones,  no  obstante  està  atengion  suya,  pasasteis  ha  hager  Mus- 
sico  de  Palacio  al  clerigo,  duplicandole  los  gajes  que  gogaua,  y  eximien- 
dole  de  la  jurisdigion  ordinaria  ;  y  visto  lo  que  escriue  el  Argobispo,  Ha 
parecido  que  està  materia  es  por  si  de  poco  momento,  aunque  no  el  em- 
perio  que  se  ha  hecho  sobre  ella,  pues  recono(;idas  sus  circunstangias 
se  balla  hagia  la  parte  del  Glerigo  de  menores  otdenes  que  representó 
en  la  Gomedia  no  hauer  incurrido  tan  grauemente  comò  significa  el  Ar- 
gobispo para  quererle  quitar  el  aiuto  clerical ,  y  desposeerle  de  la  en- 
trada,  y  goge  en  su  Iglesia,  y  assi  he  mandado  escriuir  al  Argobispo  en 
la  forma  que  vereis  de  la  copia  adjunta,  aprouando  su  gelo  del  seruicio 
de  Dios,  y  que  conuedià  perdono  al  Glerigo,  y  le  mantenga  en  su  aiuto, 
aduertiendole  no  buelua  a  representar.  Pero  hauiendo  Vos  reconogido  el 
celo  (aunque  escrupoloso)  del  Argobispo ,  y  asecurandole  si  esto  fuesse 
cierlo,  que  no  se  executaria  la  Gomedia  con  el  pretesto  de  vuestro  pa- 
sage  a  Megina,  se  han  reparado  pasaseis  a  hagerla  representar ,  y  asi- 
stieseis  a  ella,  y  seùalaseis  a  este  sugete  otros  gajes,  hagiendole  la  gra- 
gia  de  Mussico  de  la  Gapilla  de  Palagio  ,  comò  en  oposigion  de  lo  que 
hauia  obrado  el  Argobispo.  Yo  os  ordeno,  y  mando,  que  en  casso  que  el 
Argobispo  admita  a  este  Mussico  en  su  gragia ,  y  le  restituya  a  la  en- 
trada,  y  goge  de  lo  que  tenia  antes  en  la  Iglesia,  hagais  le  gese  la  por- 
gion  que  le  mandasteis  sefialar  en  la  Reai  Gapilla,  y  os   encargo  mucho 


566  MISCELLAlTEA 


procareis  en  adelante  correr  con  el  Ar?obispò  con  toda  amistad,  y  buo- 
na correspondencia,  por  que  no  se  falle  con  la  desunion  al  mayor  ser- 
uìqìo,  y  agrado  de  Dios,  y  mio. 

Del  Buen  Retiro  a  24  de  Abril  1679. 

yo  el  Rey. 

Busiamante  Secretarius. 
Etc.  Etc. 


OLIX. 

(R.  S.  —  B.  2440). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  10  maggio  1679,  approva 
le  disposizioni  emanate  dal  Viceré  per  fortificare  Messina  e  per  la 
tranquillità  di  quel  popolo,  fra  cui  il  disarmo,  che  era  stato  com- 
piuto già  in  70  casali,  e  la  proibizione  alle  86  confraternite  che 
esistevano  nella  città  di  riunirsi  di  notte,  dovendolo  fare  di  gior- 
no, a  porte  aperte  e  con  la  presenza  di  uno  dei  14  Assistenti  Regi, 
nuovamente  a  tal  fine  creati. 


OLX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  18  giugno  1679,  dà  gli 
ordini  necessari  perchè,  malgrado  i  disastri  prodotti  dall'  ultima 
guerra,  si  apprestino  i  15000  scudi  addossali  alla  Sicilia,  sui  50000, 
che  si  danno  al  Duca  di  Mantova  per  tener  Gasale  in  fede  e  a 
dispo-siziono  della  Spagna,  e  togliergli  ogni  pretesto  di  ceder  quella 
interessante  piazza  alla  Francia  ,  come  si  dubita ,  che  ne  abbia 
voglia. 


MIBOELLANBÀ  .  56? 


CLXI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Computo  di  ciò  che  posson  rendere  alcune  terre  del  distretto 
di  Messina ,  che  S.  M.  spedisce  al  Viceré  con  dispaccio ,  dato  a 
Madrid  il  3  luglio  1679,  per  poterne  stabilire  il  valore  e  infor- 
marne la  Giunta  dei  beni  confiscati  ai  ribelli  messinesi,  per  la  li- 
quidazione e  per  la  vendita  di  esse. 

La  Tierra  de  la  Porga  del  Gonstricto  de  Megina  que  dista  30 
millas,  en  sitio  eminente,  y  fùerte  abundante  de  seda,  vino,  y 
ageite,  y  tendrà  quinientos  fuegos,  y  se  arbitra  su  valor  en  cin- 
quenta  mill  Ducados 50000. 

La  Tierra  de  Rìmeta  en  el  Gonstricto  de  Megina  abundante  de 
seda,  y  vino  harà  basta  quatrocientos  fuegos,  y  se  arbitra  su 
valor  en  treinta  mill  Ducados 30000. 

La  Tierra,  ò  Gassai  de  Giampelieri  en  el  Districto  de  Megina 
distante  de  ella  doge  millas  abundante  de  seda  ,  y  ageite,  bara 
basta  Dugientos  fuegos,  y  se  arbitra  su  valor  veinte  mill  Ducados.    20000. 

La  Tierra  de  Pezzolo  en  el  Districto  de  Mecina  diez  millas  di- 
stante de  ella,  abundante  de  seda,  vino,  y  ageite,  harà  basta  Du- 
cientos  fuegos,  se  arbitra  su  valor  veinte  mill  Ducados       .        .    20000. 

La  Tierra  de  la  Gastania  del  Districto  de  Megina  distante  de 
ella  ocho  millas,  abundante  de  seda,  vino,  ceuada,  y  yeruas,  que 
bara  basta  tresgientos  ftiegos,  se  arbitra  su  ualor  en  treinta  y 
ginco  mill  Ducados 35000. 

La  Tierra,  ò  Gassai  del  Faro ,  distante  de  Megina  ocho  millas 
en  su  districto,  abundante  mucho  de  vino ,  seda,  y  frutas,  harà 
cien  fuegos,  y  se  arbitra  su  valor  veintemill  escudos  .        .        .    20000. 

=    173000. 


568  MISCELLANEA 


CLXII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Real  dispaccio ,  dato  a  Madrid  il  3  luglio  1679 ,  nel  quale  si 
riassume,  perchè  il  Viceré  dia  il  suo  parere ,  un  memoi'iale  od 
alcuni  documenti  in  appoggio  di  esso,  presentati  dal  canonico 
D.  Giuseppe  Castelli,  per  poter  conseguire  l'effettivo  possesso  del 
Vescovado  di  Patti,  concessogli  da  S.  M.  pei  servigi  resi  alla  Co- 
rona durante  la  guerra  di  Messina  ed  ora  ostacolatogli  presso  la 
Dateria  della  Corte  Romana  e  presso  la  Segreteria  dell'Ambascia- 
tore di  Spagna  a  Roma  per  volontà  dei  Viceré  di  Sicilia,  i  quali 
pur  ne  avevano  riconosciuto  i  meriti. 

Secondo  quanto  da  questo  lungo  scritto  si  rileva,  il  Castelli  aveva 
in  tutte  le  occasioni  provato  il  suo  zelo  pel  real  servizio  e  special- 
mente nell'anno  passato  1674  ,  quando  cominciarono  i  torbidi  di 
Messina.  Vedendo  che  la  città  veniva  meno  ai  doveri  dell'obbe- 
dienza verso  S.  M.  egli  si  ritirò  a  Savoca  accudendo  con  molta 
puntualità  all'esecuzione  degli  ordini  datigli  dai  Viceré  e  dai  Capi 
militali  ed  assistendoli  in  quella  frontiera  eoa  1500  soldati  del 
paese,  mantenuti  a  sue  spese  per  tre  anni  continuati ,  battendosi 
ogni  giorno  contro  il  nemico  in  tutte  le  scaramucce,  malgrado 
le  minacce  dei  Francesi  e  dei  Messinesi  di  decapitargli  i  fratelli. 
Nel  1676  difese  la  Scaletta  e  nell'ottobre  dello  stesso  anno  unita- 
mente al  Generale  dell'Artiglieria  procurò  di  soccorrere  La  Mola, 
meritando  grandi  lodi  dal  Viceré.  Quindi  il  giorno  antecedente  a 
quello  in  cui  fu  sorpresa  Taormina  dai  Franco -Messinesi  il  Mar- 
chese di  Castel  Rodrigo  gli  ordinò  di  abbandonare  Lentini ,  dove 
aveva  assistito  con  600  uomini  il  Generale  della  Cavalleria  De 
Bracamonte,  cho  a  lui  dovette  molti  buoni  successi,  e  di  portarsi 
a  Catania  e  quindi  alla  Scaletta  per  aiutare  il  Governatore  di 
questa  piazza.  II  giorno  dopo  sull'albeggiare  trovandosi  a  Savoca 
in  procinto  di  riprender  la  sua  marcia  giunsegli  la  notizia  della 
caduta  di  Taormina  e  (juantunque  vecchio  e  febbricitante  per  un 
accidente  sopravvenutogli,  senza  indugio,  con  tutta  la  sua  gente, 
in  compagnia  del  capitano  di  cavalleria   Don   Manuele  Monterò, 


HISOELLANBA  569 


di  Fra  Don  Antonio  Fior  e  di  altri  capi  militari  spagnuoli  si  portò 
alla  Forza  ed  a  Capo  Sant'Alessio  per  tagliare  i  passi  al  nemico, 
ciò  che  non  potendo  fare  perchè  questo  si  era  già  impadronito 
di  Taormina,  dovette  litirarsi  a  Savoca  ed  ivi  restò  di  presidio 
per  ordine  del  Marchese  di  Castel  Rodrigo,  lasciando  ai  Capi  spa- 
gnuoli nominati  cinquanta  uomini  dei  suoi  al  comando  del  nipote 
Don  Giovan  Battista  Castelli.  Intanto  la  febbre  semplice  essendosi 
mutata  in  petecchiale  lo  condusse  quasi  in  fin  di  vita:  ciò  non 
pertanto  non  tralasciò  di  chiedere  aiuti  e  un  capo  che  lo  sosti- 
tuisse, avvisando  continuamente  il  Viceré  e  gli  altri  generali  dei 
pericoli  che  sovrastavano  a  Savoca ,  ma  essendo  stato  tale  soc- 
corso ritardato,  1'  esercito  nemico  sopravenne  e  forzò  quei  citta- 
dini a  capitolare,  senza  il  consentimento  del  Castelli ,  il  quale  fu 
tratto  prigioniero  a  Messina.  Quivi  si  dette  tutto  a  congiurare  coi 
malcontenti  per  ridurla  all'antica  fedeltà  al  Re  di  Spagna,  stette 
in  continua  corrispondenza  coi  capi  militari  spagnuoli  dando  loro 
numerose  ed  utili  notizie  fra  cui  di  esser  sempre  pronto  con  300 
uomini  ad  occupare  qualche  posto  della  Città  per  facilitare  l'en- 
trata all'esercito  spagnuolo.  Ma  essendo  stato  sorpreso  un  suo  bi- 
glietto al  Tenente  di  Maestro  di  Campo  Generale  Don  Pietro  Pao- 
lini,  fu  condotto  ad  Augusta,  guardato  a  vista,  e  tenuto  pronto  per 
essere  mandato  in  Francia  insieme  a  suo  nipote,  dove  gli  si  sarebbe 
fatto  il  processo.  Per  l'arrivo  di  La  Feuillade  ed  il  ritiro  dei  Fran- 
cesi fu  salva  finalmente  la  sua  testa ,  ma  non  senza  aver  prima 
pagato  3000  scudi  di  riscatto  per  se  e  pel  nipote. 


CLXIII. 

(K.  S.  -  B.  2450). 

Essendo  stato  Don  Francesco  Martinetti  messo  in  possesso  del 
Vescovado  di  Patti,  a  cui  aspirava  per  promessa  avutane  il  ca- 
nonico D.  Giuseppe  Castelli,  questi  chiede  al  Re  in  compenso  dei 
suoi  grandi  servigi  gli  uttici  di  Barone  della  Stadera  e  della  Doana 
di  Messina  e  dì  Maestro  Giurato  di  Valdemone,  posseduti  già  il 


570  HISOBLLÀNSA 


primo  da  Don  Giuseppe  Balsamo,  Barone  di  Catafl  e  il  secondo  da 
Don  Girolamo  Grosso,  tutti  e  due  celebri  ribelli,  esuli  in  Francia. 
S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  4  luglio  1679,  chiede  quanto 
possano  rendere  tali  uffici  e  se  nulla  osta  a  che  se  ne  faccia  la 
concessione  al  Castelli. 


OLXIV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  4  luglio  1679 ,  approva 
l'elemosina  di  150  scudi  annui  accordati  alla  moglie,  alla  madre 
ed  alla  sorella  del  Marchese  di  Gallidoro ,  sui  beni  confiscati  a 
questo  ribelle,  passato  in  Francia  con  l'Armata  Francese,  perchè 
non  muoiano  di  fame  e  a  patto  che  si  chiudano  in  un  monastero 
di  Taormina. 


OLXV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  30  luglio  1679,  ripetendo 
quanto  altre  volte  ha  scritto  fin  dal  29  marzo  1077,  considerando 
che  il  miglior  mezzo  per  constìguire  la  comune  felicità,  è  quello 
di  ottenere  i  divini  favori  della  Provvidenza  con  osservarne  le 
leggi,  ordina  a  tutto  le  autorità  civili,  militai*i  ed  ecclesiastiche, 
che  curino  i  buoni  costumi ,  evitino  scandali  e  peccati,  mandino 
da  pertutto  predicatori,  amministrino  severa  giustizia,  specialmente 
proteggendo  i  deboli  e  i  miseri  contro  i  ricchi  e  i  prepotenti. 


KISOELLANBA  571 


OLXVI. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  15  agosto  1679,  ordina 
al  Viceré  ed  ai  Vescovi  di  Sicilia  di  far  eseguire  da  pertutto  messe 
solenni  e  processioni  pel  giorno  20,  nel  quale  egli  avrebbe  cele- 
brati in  Parigi  gli  sponsali  con  la  nipote  Principessa  Maria  Luisa 
d' Orleans. 


CLXVII. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  28  agosto  1679,  tra- 
smette al  Viceré  per  le  opportune  informazioni ,  il  sunto  delle 
suppliche  fatte  per  ottenere  qualche  ricompensa  onorifica  dai  fra- 
telli Stefano  e  Domenico  Montaperto  di  Girgenti ,  da  cui  si  rile- 
vano alcuni  fatti  successi  ivi  durante  la  guerra  di  Messina  e  la 
rivoluzione  del  1647. 

El  Rey, 

Illustre  Conde  de  Santistenan  Pariente,  mi  Virrey  Lugar  Theniente 
y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia.  Por  parte  de  Don  Esteuan  Mon- 
teapcrto  Baron  de  las  Salinas ,  se  ha  dado  el  memorial  qne  se  signe. 
Seùor.  Don  Esteuan  Monteaperto  Baron  de  las  Salinns  de  Plantanela  de 
Cantarela  y  Chanchana.  Dice  que  son  notorios  los  seruicios  de  sus  ante- 
<;essores,  y  vltimamente  los  de  Don  Pedro  su  Padre,  que  en  los  tumultos 
(le  Sicilia  el  aiio  de  47  con  sn  solo  valor,  redujo  a  la  Real  obedien(;ia  la 
Ciudad  de  Girgento  que  ya  hania  declinado  de  ella  pnes  las  Historias  de 
aqnellos  tiempos  estan  llenas  de  ellos,  y  el  suplicante  a  imitacion  de  ellos 
ha  procurado  soiialarse  en  todas  las  occasiones  que  se  le  han  ofi-ecido 
del  Real  seruicio  pues  hauiendo  occupado  el  Puesto  de  Senador  de  dicha 
su  Patria  dispusso  para  V.  M.  vn  donatine  de  treinta  mill  escudos  de 


S72  MISCELLANBA 


Piata,  corno  con  su  Carta  lo  represento  a  V.  M.  el  Duque  de  Alburquer- 
que  entonges  Virrey  de  dicho  Reyno  loego  en  el  tiempo  de  las  Guerras 
passadas  de  Megina  cn  que  no  ava  ido  a  seruir  en  el  exercito  por  ha- 
uerse  hallado  con  la  custodia  de  dos  bijos  ninos,  sin  Madre,  sin  embar- 
go siempre  acndio  con  los  Pretores,  y  Capitanes  de  dicha  Giudad  cn  todo 
lo  que  se  ofregia  ;  y  particolarmente  el  dia  4  de  junio,  quando  se  albo- 
rotó  la  Piene  para  matar  al  Arcobispo  fuè  de  los  primeros  que  montò  a 
caaallo  y  enuistió  de  nianera  que  antes  de  anocheger  quedó  serenada 
aquella  tempestad  que  a  uista  de  1'  Armada  de  frangia  amenagaua  la  vl- 
tima  mina  del  Reyno  luego  echando  los  malos  intencionados  algunos 
Pasquines  por  los  qualcs  amenagauan  nueuos  tumultos  el  dia  24  que  es 
el  de  san  Juan  el  Conde  Don  Pedro  Filingueri  Capitan  à  la  sagon  de 
dicha  Ciudad  no  se  valió  de  otro  Cauallero  para  aquel  dia  que  del  sup- 
plicante confiando  en  su  solo  valor  de  poder  superar  los  inconuenientes 
que  podian  sugeder,  y  andando  con  summa  vigilangia  toda  la  noche,  y 
el  referido  dia  por  todas  las  Galles  de  la  Ciudad  obraron  de  manera  que 
los  malos  intencionados  no  se  atreuieron  a  mouer;  y  porque  senor  no 
solo  no  se  han  remunerado  dichos  seruicios  si  no  ha  padecido  dos  anos 
de  injusta  persecucion  los  estrapagos  y  perjuigios  que  son  notorios,  y  a 
todas  las  nagiones  de  Europa,  en  cuya  opinion  a  quedado  muy  mal  la 
reputacion,  y  credito,  no  solo  del  personal,  si  no  de  toda  la  familia  del 
snplicante.  Suplica  a  V.  M.  se  sima  de  hagerle  las  morcedes  que  son 
proprias  de  su  Real  muniflgiengia  para  que  borre  en  la  opinion  del 
Mundo  mancha  tan  fea  por  lo  qual  pide  vn  titulo  de  Principe  sobre  su 
antigua  Baronia  de  las  Salinas,  con  la  preheminengia  de  tener  voto  en 
Parlamento,  comò  vltimamente  se  concedio  a  Don  Blasco  Aliata  Marques 
de  la  Rochela,  y  dos  hauitos  de  las  tres  ordenes  Militares ,  vno  para  el 
supplicante  y  el  otro  para  Don  Pedro  su  hijo  que  en  elio  reciuira  mer- 
ced.  Despues  se  pusso  en  mis  manos  otro  memorial  en  nombre  del  di- 
cho D.  Estenan  Monteaperto,  y  de  Don  Domingo  su  hermano,  instando 
se  tome  resolugion  en  sus  pretenssiones  corno  se  hauia  hecho  con  Don 
Cimon  Monteaperto  Baron  de  la  Carruba,  hermano  de  los  dos,  represen- 
tandome  que  por  los  mismos  motiuos  le  hige  merced  de  titulo  de  Du- 
que ;  y  ha  paregido  degiros  ((ue  con  insergion  de  el  memorial  proinserto, 
se  ha  dado  Despacio  de  la  fecha  de  este,  que  se  ha  ontregado  a  la  parte 
pidiendo  os  jn forme  sobre  lo  que  representan;  y  suplican;  Pero  en  oste 
do  officio  ho  resiielto  auisaros  que  aqui  solo  S(3  ha  tenido  notigia  de  ha- 
ner  sido  estas  partes  comprehendidas  en  la  Caussa  do  vna  conjura  con 
el  Priugipe  de  Valdina,  de  que  me  dìo  quenta  el  Virrey  Marques  de  Ca- 
stel Rodrigo,  que  fu(!roM  presos,  transferidos  a  Napoles,  y  reducidos  de 
ordon  mia  a  Sigilia,  y  dospuos  ahi,  segun  se  ha   entendido ,   dados  por 


MISOKLLAIfCA  578 

libres ,  Pero  no  hauiendose  visto  los  aatos  no  se  puede  hager  joi^io  con 
el  fundamento  qae  se  reqaiere  de  los  meritcs  de  ellos ,  ni  sobre  lo  qne 
pietendtn  los  suplicantes,  y  para  recono(;er  assi  la  forma  en  que  han 
obrado  los  Ministro»  en  està  Caussa,  si  algnno  ha  procedido  en  ella  apas- 
sionadamente,  ò  contra  reglas  de  derecho,  corno  lo  que  resaltare  en  fa- 
iior  ó  en  contra  de  los  reos,  se  estiman  negessarios  estas  noticias  a  cuyo 
efecto  OS  encarpo  y  mando  remitais  a  mi»  manos  por  via  de  este  mi 
Supprcmo  Consejo  de  Italia  copia  autentica  de  todo  el  Pro(;esso,  pues 
aunque  a  Don  Simon  de  Monteaperto  Baron  de  la  Carruba  sin  esperar 
a  esto  le  hige  merced  de  titulo  de  Dnque  fné  en  consideraQion  de  scrui- 
cios  y  meritos  particulares ,  y  de  hauer  padegido  con  espetMalidad,  vn 
tormento  riguroso  sobre  està  misma  Caussa  de  la  conjura,  y  no  deue 
hager  conse^'uengia  prerisa  para  hagen  merced  a  los  demas  hechandose 
menos  las  mas  indiuiduales  notigias  de  lo  ({ue  ha  passado  sobre  lo  mi- 
smo  en  que  fuiidan  estas  paites  la  mayor  fuerga  de  su  ragon,  si  la  tie- 
neii  para  estas  pretenssiones,  lo  qual  su  vera  aqui  por  el  Processo,  con 
ciiya  copia  aullientica  me  informareis  tamhien  con  vnestro  pai-ecer  de 
lo  que  se  os  ofreciere  en  la  materia,  a  fin  de  tornar  la  resolncion  qne 
pareciere  conueniente.  De  Madrid  a  28  de  agosto  1679. 

yo  el  Rey 

Buslamante  Secrelario. 
Etc.  Etc. 


OLXVIII. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  real  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  30  agosto  1679,  pur 
convenendo  sui  pericoli,  gli  scandali,  il  cattivo  esempio  e  le  im- 
pertinenze, che  son  da  attendersi  dal  Parlamento  prima  che  con- 
senta a  votare  poche  migliaia  di  scudi  di  donativo ,  incarica 
per  necessità  il  Viceré  di  convocarlo  e  gli  dà  alcuni  consigli  per 
ridurre  quello  a  secondarlo  nel  real  servizio. 

El  Rey 

Illustre  Cnnde  de  Santisteuan  Pariente  mi  Virrey  lugar  Theniente  y 
Capitan  General  del  Reino  de  Sicilia.  Hasse  receaido  ruestra  carta  de  2 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  »nno  XXIY.  37 


574  MISCBLLAKBA 


de  junio  proximo  passado  en  que  decis  que  en  Despacho  de  16  de  fe- 
brero  de  este  ano  os  mandò  ppoponer  à  esse  Reino  que  con  occasion  de 
mi  Real  casamiente  me  sii  uà  con  100000  escudos  para  lo  qnal  es  neces- 
sario juntar  Parlamento,  pues  sin  el  no  puede  tratarsse  nada  con  el  Reino; 
y  que  aunque  para  su  conuocacion  no  se  necesita  de  orden  partieulai' 
mia,  y  demas  de  la  vrgengia  de  este  negoyio  iusta  la  ditìcnltad  con  que 
se  cobran  las  Tandas  Regias,  por  no  querer  la  mayor  parte  d(^  lo  Ec- 
clesiasticos  contribuir  por  via  de  emprestido  sin  nueua  Dispensa  de  Su 
Santidad  de  que  se  sigue  grande  attrasso  à  la  Real  hazienda  y  por  la 
diferencia  con  que  boy  se  hallan  las  Poblagiones  desde  la  vltima  nume- 
racion  que  se  hizo  de  las  Alnias,  se  considera  necessarissimo  haceila  de 
nueuo,  y  para  vno  y  otro  es  preciso  el  Parlamento.  Pero  considerando 
que  por  lo  adelante  que  se  balla  el  verano  se  dificultaria  la  entrada  de 
los  Forasteros  en  P^ilormo  donde  bay  mutagiones,  baueis  tenido  por  mas 
acertado  esperar  mi  resolucion;  pues  yo  cstare  infornado  de  los  incon- 
uenientes  que  se  bau  corsiderado  estos  anos  bagia  la  exorbitancia  de 
mercedes  que  las  Ciudades  y  Nobleza  pedirian  en  premio  de  los  grandos 
seruicios  que  supponen  baner  ecbo  en  la  Guerra  passada.  y  oti-as  im- 
pertinengias  que  tralien  con  sigo  los  Parlamentos  Pero  corno  la  suprema 
aiuloridad  de  mi  Real  nombre  podra  vencerlos  todos  y  las  Cortes  no 
han  de  dejar  de  continuar  conio  solian,  no  dudais  quo  sere  seruido  de 
resohuTlos,  y  que  para  quando  se  celebren  dilatais  el  informarnie  de 
los  seruicios  y  premios  que  por  ellos  merecen  los  que  se  bau  serialado 
en  mi  Real  seruicio,  en  la  Guerra  passada  corno  os  lo  mandè  en  Despa- 
cho de  29  de  Marzo,  pues  se  assegura  mas  su  fìneza  con  la  espei-anza, 
que  despues  delogrado  el  premio,  siendo  cierto  quo  nunca  sera  el  que 
quieren  dar  à  ontender  tienen  meregido;  que  los  tres  sugetos  con  quieti 
se  ba  de  tratar  corno  Cauezas  de  los  Estamentos  (aunque  pudierais  eligir 
los  que  quisiereis)  son  el  Pjiiicipe  de  Boterà  el  Arzobispo  y  Prelor  de 
Palermo,  y  respecto  de  que  por  ser  forasteros  y  de  pocas  experiencias. 
Roterà  podra  ser  que  se  excuse  se  sigue  en  grado  el  Principe  de  l'iedra- 
perria  de  quien  se  valera  lambien  Boterà  en  caso  de  coiicurrir  por  ser 
muy  sa  Pariento  y  Aniigo,  y  qne  este  t'.auallero  por  sus  aùos  y  expe- 
riencias y  gran  parte  de  calidad,  tiene  aby  el  primer  seguito  y  cum- 
plira  comò  buon  Vassallo  mio;  que  el  Duque  de  Camastra  Pretor  bara 
lo  mismo  fsegan  podeis  por  abora  entender)  que  el  Arzobispo  claro  està 
que  obrara  ciegamente  lo  quo  yo  le  mandare  aunque  asta  abora  no  ba- 
ueis podido  sauer  su  dictamen  ;  y  quo  aunque  no  baueis  declarado  mi 
Rpsì  doterminacion  de  quo  este  dinero  se  applique  à  las  fortiflcai.iones 
de  esse  Reyno,  Juzgais  qoe  l'agilitara  la  materia,  y  quo  no  se  dqja  de 
ponderar  los  grande*  aprietos  del  Reyno  y  lo  atrassado  que  se  balla  con 


MISCELLANEA  575 

los  accidentes  de  la  Guerra;  Pero  que  respecto  de  que  mi  Real  Beni- 
gnidad  no  querra  lo  quo  no  quepa  en  lo  possible,  podremos  quedar  to- 
dos  bien  y  visto  lo  que  referis  Ha  parecido  deciros  que  en  la  orden  qua 
se  OS  embio  en  Despacho  de  16  de  febrero  por  via  de  este  mi  Supremo 
Consejo  de  Italia,  no  se  os  preflnio  la  cantidad  de  Cien  mill  dncados 
que  decis,  y  que  en  lo  que  tooa  a  juntar  Parlamento  se  reconoze  que 
las  Cortes  ordinariamente  dan  à  experimentar  muchos  embarajos  y  iu- 
conuenientes  y  es  el  campo  mas  libre  de  esformar  el  vassallo  su  razon, 
y  una  feria  de  prelensiones  (1)  y  quando  este  ha  de  ser  Donatino  volun- 
tario,  y  no  imposicion  y  boy  despues  de  un  accidente  tal  comò  el  de  la 
Guerra  de  Medina,  apenas  esteran  bien  teniplados  esos  humores,  à  todas 
liices  puede  ser  de  mucho  tropiezo  y  descoiiueniencia  el  juntar  Parla- 
mento, principalmente  que  siendo  en  està  occasion  y  con  este  pretexto 
del  Donatiuo  podria  bacer  exemplo  y  consej^uengia  al  Reino  de  Napoles, 
y  produrir  menos  y  maiores  cuidados,  y  para  vna  cantidad  tan  corta 
corno  la  de  cien  mill  escudos  vastan  los  niedios  suaues,  Uamando  y  ba- 
blando  Vos  à  los  Personas  de  maior  seguilo  y  ajictoridad  que  os  pare- 
ciere  y  escribiendo  à  las  Ciudades  Prelados ,  y  Varones,  y  pagando  los 
demas  offlcios  con  blaiidura  y  eii  los  terminos  que  se  os  preuino  en  la 
roferida  mi  Real  orden  de  16  de  febrero  y  que  vuestra  prudencia  y  bue- 
na  manera  os  subministrare  por  mas  adequatos  y  couuenientes  en  cuia 
conforiiiidad  os  encargo  y  mando  lo  executeis  enea  minando  y  disponiendo 
està  materia  de  suerte-  que  se  logre  el  effecto  comò  lo  flo  de  vuestra 
aeertada  direccion  y  del  celo  que  manifestais  de  mi  seroitio,  y  me  acu- 
sareis  de  lo  que  fuere  resultando  de  vuestras  diligenyias  ,  porque  hol- 
gaie  de  tenerlo  entendido.  De  Madrid  à  30  de  Agosto  1679. 

yo  el  Rey. 

Bustamante  Secrelario, 

Etc.  Etc. 


(1)  Le  parole  in  corsivo  sono  scritte  in  cifta  nell'originale. 


576  MISCXLLAKIA 

CLXIX. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  24  settembre  1679,  or- 
dina che  si  sospenda  dall'onorar  come  Santo  Tutelare  della  Mo- 
narchia il  patriarca  San  Giuseppe,  per  non  pregiudicare  i  diritti 
di  Santiago  e  dei  suoi  rappresentanti  sulla  terra. 

El  Rey 

Illustre  Conde  de  Santisteiian  Pariante,  mi  Virrey  Lugar  Theniente, 
y  Capitan  General  del  Reyno  de  Sicilia.  Despnes  de  haaer  su  Santidad 
concedido  a  mi  instancia  ol  Breue  de  que  os  embie  vn  tra.snnto  con  Real 
Despacho  de  18  de  junio  de  este  aiìo,  para  que  todos  mis  Doniinios  re- 
^iniessen,  por  Tutelar,  y  Patrono  al  Olorioso  San  Joseph,  me  representtò 
la  Iglesia  de  Santiago,  Ics  antiguos  motiuos  porqiie  mi  Monarchia  de- 
pende de  la  protecgion  de  su  Sancto  Apostol,  siendo  tantos  los  repetidos 
prodigios  con  que  muestro  Senor  la  ha  caliticado  en  todos  tiempos,  su- 
plicandome  no  permita  que  por  està  novedad  descaezca  su  Culto  en  mis 
Reynos.  Y  porque  atendiendo  a  elio.  He  resuelto  se  suspenda  el  Breue 
mencionado,  y  que  no  se  vsse  de  el  lo  tendreis  entendido  assi,  y  dareis 
por  lo  que  toca  a  esse  Reyno  las  ordenes  necessarias  a  su  cumplimiento. 
De  Madrid  a  24  de  Septiembre  1679. 

yo  el  Rey. 

Buttamante  Secretarius. 
Sto.  Etc. 


OLXX. 

(R.  S.  -  B.  2460). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  24  settembre  1679,  ordi- 
na nuovamente  la  confisca  dei  beni  dei  ribelli   messinesi  ;  che  si 


MISOBLLAHIA  577 


cessi  in  tutto  o  in  parte  dal  soccorrere  quelli  rimasti  in  fede,  e  si 
cancelli  o  si  interpetri  restrittivamente  l'indulto  concesso  per  ciò 
che  riguarda  i  beni  dei  primi,  essendo  già  troppo  l'osservarlo  per 
le  persone. 

El  Rey 

Illustre  Conde  de  Santistebaa  Pariente,  Virrey  Lugar  Teniente  y  Ga- 
piian  General  del  Rey  no  de  Sicilia;  En  primepo  de  Augusto  de  1678 
mande  dar  a  Don  Vicente  Gonzaga  Vuestro  Predecessor  en  ese  Cargo  el 
Despacho  que  se  signe  =  El  Rey  =  Illustre  Don  Vicente  Gonzaga  Eie. 
Haviendose  eoiisiderado  que  Regia  general  se  habra  de  dar  assi  en  la 
parte  de  la  aplicacion  de  los  Bienes  que  se  conflscaron  de  Mecineses, 
corno  de  ios  focorros  que  basta  aqui  desde  que  empezó  la  Guerra  se  ha- 
cian  à  algunos  Naturales  de  aquella  Giudad  à  titulo  de  haver  perdido  en 
ella  SU8  hacienda»,  y  commodidades ,  pues  oy  buelben  à  gozarUs;  He 
resuelto  sé  òs  cometa  y  à  la  .Tunta  que  tengo  senalada  sohre  està  mate- 
ria de  Bienes  contìscadps,  comò  en  [lo  tenor]  de  la  presente  òs  cometo, 
y  à  dicha  Junta  que  quedando  en  su  fuerza  y  vigor  las  onlenes  que  vl- 
timamente  òs  he  mandado  dar,  despues  de  la  recu|>eracion  de  Mecina, 
y  las  oonflscaciones  hechas,  y  à  inayor  abundamiento  condrinandolas ,  y 
deelarando  conflscados  todos  los  Bienes,  Oflcios  de  qiialquier  genero,  y 
ciilidad  que  sean.  Feudos,  fldeicommissos,  Mayorazgos.  Rentas,  y  fructos 
de  ellas  de  todos  los  Mecineses  que  se  han  ido  de  Mecina  à  Francia,  y 
à  olros  Dominios,  proveais,  y  deis  las  ordenes  que  convengan,  para  que 
se  incorporen  todos  dichos  efectos  a  mi  Real  bazienda  y  Fisco,  y  que  se 
administren,  y  cobren  con  advertencia  de  que  no  se  passe  à  enagenacion 
de  Bienes  imniuebles  de  Mecineses.  ni  à  excorporacion  de  ellos  ,  sin 
darme  quenta  distinta,  y  tener  orden  mio;  Yo  òs  encargo,  y  mando  di- 
spongais  desde  luego,  que  por  la  Junta  nouibrada,  se  baga  jnventario, 
nota,  y  deseripcion  assi  de  los  Bienes,  y  efectos,  comò  de  la  aplicacion, 
quenta,  y  razon  distinta,  y  darà  de  todo,  y  sobre  los  que  se  opusieren 
à  estas  contìscaeiones,  y  demas  pretensiones  que  se  ofrezcan  ,  me  deis 
quelita  por  esto  mi  Supremo  Cunsejo  con  vuestro  Parecer ,  y  con  ios 
votos  de  los  de  la  Junta,  sin  excorporar,  ni  passar  A  desconfìscar  nada, 
antes  de  embiaros  de  aqui  las  resolnciones  , 

Tambien  ha  parecido  advertiros  ,  que  quanto  à  los  que  se  quedaron 
en  Mecina,  e  Indulto  que  les  disteis  por  sus  personas,  y  Bienes,  havien- 
dose entendido  por  diferentes  noticias,  que  no  lue  voluntaria  la  entrega, 
si  no  à  mas  no  poder,  y  por  necesidad,  y  fuerza  de  baverlos  desempa- 


578  UISOSLLANBA 


rado  Francia,  corno  es  notorio,  y  que  hicieron  los  Mecineses  vivas  in- 
stancias  para  que  suspendiesse  el  Frances  su  abandono,  y  les  continuase 
en  su  Revelion,  sin  ha  ver  amitido  diligencia  para  elio,  no  deja  de  con- 
siderarse  que  por  la  referida  circunstancia  podrian  tenerse  por  indignos 
de  Indulto,  y  haver  si(Jo  grande  el  de  sus  Personas  solas,  y  bastante,  y 
que  liaviendo  hecho  simplemente  la  gracia  ,  aunque  de  Personas  y  Bie- 
nes,  parece  poder  darsele  la  interpretacion,  reslringiendola  à  solos  aquel- 
los  Bieues,  con  que  se  hallaban  dentro  de  Mecina ,  no  haviendose  espe- 
ciflcado  mas  ampiamente  y  que  ya  los  demas  les  estaban  conflscados,  y 
fuera  de  sus  Dominios,  y  avn  aplicados  à  otros,  y  à  diversos  efectos,  y 
enagenados,  teniendolos  perdidos  antes  por  su  Revelion  fuera  de  Mecina 
en  diferentes  partes  del  Reyno,  y  fuera  de  el. 

Y  en  quanto  à  los  socorros,  y  Rentas  dadas  à  los  Mecineses  que  se 
mantubieron  en  mi  Real  obediencia  durante  la  Guerra  sobre  Bienes  de 
los  Rebeldes,  stante,  que  aignnos  se  hayan  dado  por  haver  perdidas  sus 
haciendas,  y  commodidades  en  Mecina,  y  que  oy  buelben  poderlas  gozar 
en  ella,  y  que  à  otros  que  se  han  dado,  tambien  ay  noticias ,  que  aun- 
que hayan  merecido  en  haverse  salido,  y  no  seguido  à  los  Rebeldes,  y 
avn  servido  centra  ellos,  ha  sido  en  algunos  manosamente  dejando  parte 
de  sus  Familias,  Hermanos,  y  dependientes  en  Mecina,  y  demas  de  las 
Rentas  han  tenido  mercedes  de  Oficios,  Puestos ,  y  que  dichos  socorros, 
y  concessiones  han  sido  excessiuas,  y  dignas  de  estinguerse,  o  à  lo  me- 
nos  de  relormarse,  y  mas  concurriendo  Urgencias  publicas,  y  de  la  Mo- 
narchia, y  diferentes  obrepciones,  y  subrepcioues;  He  resuelto  ordenaros 
(comò  lo  hago)  que  con  la  .lunta  formada  para  estas  materias ,  deis  las 
ordenes  que  convengan,  para  que  por  aora  cessen  todas  las  dichas  con- 
cessiones, y  mercede»,  menos  las  vltimamente  hechas  por  mi ,  despues 
«le  la  recuperacion  de  Mecina  con  este  aditamento,  que  aquellos  que  re- 
conociereis  con  la  Junta  havor  sido  benemeritos ,  y  las  consiguieron  de 
antes  con  justos  y  legltimos  motivos  las  gocen  por  vn  ano ,  que  se  ha 
de  contar  desde  la  entrega,  y  rendicion  de  Mecina,  para  que  en  este 
tiempo  puedan  irse  reparando  de  lo  mal  parados,  que  habran  hallado  sus 
haciendas,  y  assi  mismo  ós  ordeno  que  vos  con  la  Janta  examineis  y 
hagais  reconocer  lo  mas  exactamente,  que  se  pueda  corno  os  està  man- 
dado  todas,  y  cada  vna  de  qualesquiera  mercede»  hechas  à  Mecineses  in- 
formando Ò8  de  la  verdad,  calidad,  meritos,  seruicios ,  posibilidad,  po- 
breza,  y  p«;r(lidas  de  ellas,  y  mandareis  formar,  y  me  hareis  Relacion 
distinta  con  vuestro  voto,  y  de  la  Junta  sobre  todo.  De  Madrid  a  pri- 
mero  de  Agoslo  de  1678=:  Yo  El  Rey  =:  Bustamante  Secrctarius  =  Con 
Senal  del  I)n  ine  de  Alva,  Vidit  Dm  Sanctj  Germanj,  Vidit  Torre,  Vidit 
CarriUo  Reforondarius,  Vidit  Orti/,  Cortes  Referendarius ,  Vidit  Marchio 


ItlSOKLLAKllÀ  57d 


de  Centellas  Referendarius.  Y  conviniendo  se  observe  inviolablemente 
lo  dispaesto  en  al  Despacho  preinseito  acerca  de  las  mercedes  hechas  à 
Mecineses,  y  que  les  cesseti  estos  sueldos  ;  He  resuelto  renovarle  para 
Vos,  y  encargaros,  y  niandaros  (corno  lo  hago)  cuydels  de  sa  puntual 
cumplimiento  que  jissi  procede  de  mi  Voluntad,  y  me  avisareis  del  Re- 
civo,  y  de  su  lixeeucion.  De  Madrid  a  yA  de  septiembre  de  J679. 

yù  el  Rei/. 

limila  manie  Secretarius. 
Ktc.  Etc. 


CLXXI. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madi'id  il  20  ottobre  1670 ,  dà  va- 
rie provvidpnzfi  relativamente  alle  foi-tificazioni  di  Messina  e  di 
Augusta,  ed  ordina  al  Viceré  di  proporgli  tutte  le  spese  che  sa- 
ranno credute  necessarie  a  tal  uopo  (1)  malgrado  le  strettezze 
finanziarie  della  Monai'chia,  perchè  con  tali  t'ortifìcazioni  e  spe- 
cialmente con  la  fabbrica  della  (^ittadella,  si  assicura  non  solo  il 
l)ossesso  di  Messina,  che  '\\\  ogni  guer'ra  avvenire  parteggerà  per 
il  nemico,  come  è  da  supporre  per  i  motivi  già  esposti  dallo  stesso 
Viceré,  ma  benanco  la  tranquillità  del  regno  di  Sicilia  e  di  tutta 
l'Italia,  che  si  è  veduta  così  turbata. 


(1)  Secondo  le  spese  fatte  per  le  foitiflcazioni  di  Siracusa  il  Granem- 
bergh  calcolava  che  per  la  sola  Cittadella  ,  anche  usando  la  maggiore 
economia  ,  non  sarebbero  bastati  200000  scudi  ma  che  ce  ne  volevano 
molto  di  più 


580  ltISOKLLAN£A 


OLxxn. 

(R.  &  — B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Jdraque  il  29  ottobre  1679,  ordina 
al  Viceré  Conte  di  Santo  Stefano ,  che ,  accogliendo  la  supplica 
dell'Ammiraglio  Principe  di  Montesarchio  ed  avuto  riguardo  alle 
strettezze  ed  ai  meriti  di  lui,  gli  si  paghino  gli  arretri  del  soldo 
dovutogli,  e  non  pagato  ancora  malgrado  gli  ordini  precedente- 
mente dati  al  Viceré  Gonzaga. 


OLxxin. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

Il  Maestro  di  Campo  Generale  di  Messina  con  lettera,  data  ivi 
il  31  ottobre  1679,  informa  il  Viceré  di  stare  invigilando  a  che 
fra  gli  otto  giorni  loro  accordati  consegnino  le  armi  anche  i  fa- 
miliari del  Santo  Ufficio,  e  delle  pene  inflitte  a  vari  contraventori 
al  disarmo  nel  Distretto  e  Costretto  di  Messina. 


OLXXIV. 

(R.  S.  -  B.  2450). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  al  Buon  Ritiro  il  7  dicembre  1679, 
approva  che  nella  costruzione  delia  Cittadella  di  Messina  si  im- 
pieghi quel  che  si  ricaverà  dall'affitto  del  monopolio  del  tabacco, 
di  una  parte  dei  beni  venduti  appartenenti  a  ribelli,  e  fra  questi 
320000  reali,  che  importerà  lo  stato  del  ribelle  Visconte  di  Fran- 
cavilla,  dedotto  da  tal  somma  quanto  é  necessario  pel  riscatto  dei 
beni  della  Crociata. 


UISOELLANEA  581 


CLXXV. 

(R.  S.  —  B.  2450). 

S.  M.  avendo  bisogno  di  aumentare  i  vascelli  dell'Armata  Na- 
vale, con  dispaccio,  dato  a  Buon  Ritiro  il  21  dicembre  1679,  ordina 
'al  Viceré  di  rendergli  conto  con  sollecitudine  del  numero  ,  che 
potevano  costruirsene  nel  regno  di  Sicilia  e  del  loro  costo. 


CLXXVI. 

(R.  S.  —  B.  26). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  ad  Aranjuez  il  23  aprile  1G82,  inca- 
rica il  Viceré  di  sondare  se  esistano  intelligenze  o  trattative  tra 
il  Ke  di  Francia  e  i  Siciliani,  a  proposilo  dei  disegni  sul  Regno 
attribuiti  a  questo  Sovrano,  spinto  da  alcuni  esuli  messinesi. 

El  Rey 

Illustre  Gonde  de  Santisteuan  Pariente  mi  lugar  theniente  Virrey  y 
Capitan  General  en  el  Reyno  de  Sicilia  Enteratlo  de  lo  que  contiene  el 
papel  querremitis  con  carta  de  5  <le  feltrerò  y  os  expresso  Don  Vizente 
Montano  bacia  los  disignios  del  Rey  Ghristianissimo  contra  ese  Ueyno  a 
instancia  de  Mezineses  profugos  os  encargo  procureis  por  los  medios 
que  tubieres  por  mas  seguros  sondar  si  entro  esos  Basalios  ai  alguiias 
inteligencias  con  franzeses  y  me  deis  quelita  de  lo  que  pudieren  ynqiic- 
rir  y  aberiguar  bnestras  apliyuciones  De  Aranjuez  a  23  de  Abril  de  168i?. 

yo  el  Rey. 

D.  Juan  francisco  de  Lira. 


582  MISOELLAÌTEA 


CLXXVII. 

(R   S.  —  B.  26). 

Avendo  il  Marchese  del  Carpio ,  Ambasciatore  di  Spagna  a 
Roma,  confermate  le  notizie  corse  circa  i  disegni  del  Re  di  Fran- 
cia sulla  Sicilia,  S.  M.  con  dispaccio  in  cifra,  dato  a  Madrid  il  1°  lu- 
glio 1682  ordina  al  Viceré  di  tenerlo  informato  sopra  ciò,  come  ha 
già  scritto  all'Ambasciatore. 

El  Rey 

Illustre  Geode  de  Santisteuan,  Pariente,  mi  Virrey,  y  Capitan  General 
en  el  Reyno  de  Sicilia.  Haniendo  confirmado  el  Marques  del  Carpio,  las 
noticias  qae  os  participo  el  Capitan  Don  Vizente  Montano,  sobre  inte- 
ligeiicias  de  Mecineses  profugos  coutra  ese  Reyno,  se  ordena  al  Marques 
del  Carpio,  esté  a  la  mira,  de  las  que  pudieren  ser  fundadas  acia  oste 
intento,  n'e  que  he  querido  aduertiros.  encargando  os  Io  mismo  para  que 
por  ambas  partes  me  deis  quenta.  De  Madrid  a  1"  de  Jullio  de  1682. 

I/o  el  Rey. 

D.  Juan  francisco  de  lira. 


CLXXVIII. 

(R.  S.  —  B.  26). 

S.  M.  con  dispaccio,  dato  a  Madrid  il  13  agosto  1682,  incarica 

il  Viceré  di  trovare  qualcuno  che  possa  comporre  una   risposta 

adatta  a  smentire  un  libi'o  divulj^alo  dai  Francesi  sui  loro  pretesi 

diritti  sopra  varie  parti  della  .Moimrchia  di    Spa}j;na  e  sul  Regno 
di  Sicilia  in  special  modo. 


HisOellanba  583 


El  Rey 

Illustre  Conde  de  Santisteban  Pariante  mi  Virrey  y  Capitan  General 
del  Reyno  de  Sicilia.  Sin  enbargo  de  Io  que  e  mandado  de  que  en  flan- 
des  se  scrina  respondiendo  al  libro  espargido  por  franceses  en  Roma  de 
derechos  que  suponen  tener  en  diferentes  dominios  de  està  Monarchia 
OS  encai'go  y  mando  que  por  lo  que  mira  en  ese  Reyno  a  las  preten- 
siones  de  la  frangia  busqueis  sujeto  ydoneo  que  satisfaga  a  cada  punto 
que  tocare  a  ese  terreno  para  que  juntandose  aqui  todas  las  respuestas 
de  los  hechos  y  de  la  justicia  destituia  los  presupiiestos  insussistentes 
que  vbiere  en  el  que  ;i  salido  en  Roma  por  politica  de  frangeses.  De 
Madrid  a  13  de  Agosto  de  1682. 

yo  el  Rey'. 

D.  Juan  francisco  de  lira. 


CLXIX. 

(R.  S.  -  B.  26). 

S.  M.  con  dispaccio  in  cifra,  dato  a  Madrid  il  16  ottobre  1700, 
manda  al  Viceré  un  lungo  rappoi-to  in  cifra  del  Marchese  di  Ca- 
stel d'Ossorio,  riguardante  le  genita  e  lo  macchinazioni  sediziose 
aventi  di  mira  la  Sicilia  di  un  regio  suddito  emigrato  a  Parigi, 
che  si  faceva  chiamare  Don  Giuseppe  Della  Fortuna. 


CLXXX. 

(R.  S.  -  B.  26). 

Informazioni  sul  conto  di  due  individui  uno  dei  quali  a  Messi- 
na l'altro  a  Parigi  macchinavano  imprese  sediziose  contro  il  do- 
minio spagnuolo  e  a  favor  del  francese  in  Sicilia  (11  gennaro  1705). 


584  ItlBOBLLAirBA 


Eccellentissimo  Signore, 
Signore, 

Havendomi  ordinato  V.  E.  che  hauessi  ricauato  notitia  se  un  Sacer- 
dote Calabrese  chiamato  D.  Gaietano  Antonio  Gentile,  di  Iraci,  passato 
in  questa  Città  con  pretesto  di  far  inprimere  un  libro  ha  trattato  di  sou- 
uerttere  la  gente  secretamente  a  prender  1'  armi  contro  la  Malesia  del 
fu  nostro  Rè,  che  sta  in  Gloria;  come  pure  per  altro  uiglietto  mi  inca- 
ricò di  cauare  la  qualità  indiuiduale  di  una  persona  che  con  nome  di 
D.  Giuseppe  Lafortuna  si  ritroua  in  Parigi,  decantando  che  é  di  questo 
Regno,  naturale  di  Brente  uicino  Randazzo,  della  famiglia  di  Aucillero, 
e  che  in  tempo  delli  tumulti  di  Messina  comandaua  cinquecento  soldati 
per  la  parte  di  francia,  sopra  il  che,  io  con  la  douuta  attentione  diedi 
conto  a  V.  E.  di  quelle  diligenze  che  hauea  incominciato  a  pratticaro,  et 
delle  notitie  riceuute,  in  resposta  del  che  mi  fu  imposto  di  seguitare  le 
diligenze  con  l'intelligenza  che  il  nome  si  suppone  cangiato,  e  che  il 
uero  si  giudicaua  essere,  Adriano  del  Pò.  lo  seguit:indo  la  traccia,  dalli 
informi  hauuti  per  quanto  tocca  al  riferito  I).  Gaetano  Antonio  Gentile, 
di  Iraci,  resto  inteso  che  questo  é  un  Sacerdote  di  buona  uita  e  costumi 
e  che  qui  ha  più  uolte  uenuto  per  dare  alle  stampe  una  fatiga  legale  del 
Vescouo  di  Iraci,  unzi  parmi  assai  inveresimile  che  il  Vescouo  di  Iraci 
di  nazione  Spagnola  uoglia  valersi  di  persona  seditiosa  ;  et  è  costante 
ohe  il  fine  per  il  quale  ha  passato  in  ijuesta ,  é  stato  per  imprimere 
detto  libro  mandato  seriamente  da  quello  Prelato,  con  che  deuo  credere 
che  quanto  s'  ha  esposto  fosse  opera  di  nemici  come  allo  spesso  accade; 

Per  quanto  riguarda  al  sudetto  ohe  uà  sotto  il  nome  di  Giuseppe  La 
Fortuna  della  famiglia  Aucillero  naturale  di  Bronte,  hauendo  fatto  alcune 
diligenze  in  Brontu  mi  dicono  che  da  più  tempo  che  manca  Giuseppe 
Aucillatore  tiglio  naturale  del  quondam  Francesco  il  quale  ha  andato 
uagando  fuori  Regno  campando  con  l'esercizio  di  Saltimbanco  dispensando 
uasi  (li  controueneni  et  altre  cose  simili,  anzi  tre  anni  sono  li  suoi  pa- 
renti hebberu  sue  lettere  da  Paiesi  straneri  et  deci  anni  sono,  si  caso  in 
r^labria;  questo  in  tt-mpo  della  guerra  di  Messina  fu  in  luogo  di  suo 
padre  soldato  di  piede  sernendo  al  nostro  Rè;  egli  era  un  bel  giouaue, 
alto,  grosso,  bianco  et  biondo,  e  non  pare  inprobabile  che  un  Saltani- 
banco  si  habbia  dispaciato  in  paiesi  lontani  per  |>ersona  di  qualità  e  che 
habLla  procurato  di  nendere  seruitij  in  francia  essendo  proprio  di  que- 
sti liistrioni  maggiormente  che  era  informato  delle  cose  di  Messina,  si 
pao  pure  giudicare  essere  stato  A'driauu   del  Pò  come  si  ceana  nel  vi- 


MISOELLANBA  585 


glietto  di  V.  E.  essendo  questo  {?ran  ftirbo,  il  qualri  e  Napolitano,  casato 
in  Palermo,  uà  girando  il  mondo  facendo  il  medico  et  dove  giunge  lia 
farfant(!rie  e  delitti  ingandando  a  tutti  onde  si  può  ben  credere  che  si 
uanti  di  liauer  mantenuto  tante  persone  sotto  il  suo  comando  in  seruitio 
della  Corona  di  Trancia,  perche  so  quante  buggie  et  iattanze  seminò  in 
Palermo  alcuni  anni  sono  doue  dimorò  incognito,  sotto  dinerso  nome  e 
si  pablicaua  per  gran  Caualiere  uirtuoso  o  ricco;  Signore  questo  é  quanto 
ho  possuto  raccogliere  di  notitie,  lo  quali  ho  sospeso  di  passarle  a  piedi 
di  V.  E.  per  le  cout^ienture  occorse,  le  porto  bora  solo  por  mostrare 
che  li  riueriti  ordini  di  V.  E.  non  si  trascurano  ma  si  eseguiscono  con 
la  puntualità  et  attentione  douuta.  Conserui  intanto  Iddio  longamente 
l'Eccellentissima  sua  persona  per  1' uniuersal  sollieuo.  Messina  11  Gen- 
naro 1701.  .  ■ 

Ecc.mo  Sig.re 

Di  V.  E. 

Humilissiuio  Seruitore 
D.  Antonio  Nigri. 


•••■^-^So— 


AVVERTKNZA 


-i'-ìlfri 


Il  Pt'of.  Scke^er-Boìchorst  delV  Univer^silà  di  Berlino  {che 
attende  oggi  alla  ricompilazione  dei  Regesti  del  periodo  Svevo 
facendo  notevoli  aggiunte  a  quelli  degli  Stiimpf  e  Bóhmer-Ficker) 
nel  1897  pubblicava  nelle  «  Zur  Geschichte  des  XFL  und  XIII. 
Jahrhunderts ,  Diplomatische  Forschungen  »  ww  studio  impor- 
tante: Heinrichs  VI.  und  Konstanzes  I.  Privilegien  fùr  die  Stadt 
Messina.  Ixi  twta  competenza  storico-diplom,atica  dell"  Autore  e 
il  sef^eno  giudizio  con  cui  egli  studia  e  risolve  una  delle  più 
gravi  questioni  intorno  ai  privilegi  di  Messina,  mi  hanno  in- 
dotto a  farne  una  traduzione  per  comodo  dei  lettori  siciliani 
del  nostro  periodico. 

Ora  che  le  ragioni  deli' ani  ivo  licore  fra  le  due  città  sorelle, 
Palermo  e  Messina,  son  venute  meno  perchè  fuse  nella  gran 
patria  italiana,  è  a  sperare  die,  mercè  l'influenza  benefica  della 
critica  storico-diplomatica,  giovani  volenterosi  e  capaci  sentano 
il  bisogno  di  dedicarsi  a  siffatti  studi  geniali  e  fecondi  di  risul- 
tati: ama  veramente  la  patria  chi  senza  preoccupazione  ricerca 
la  verità. 

Alt  illustre  Storico,  che  molto  gentilmente  mi  accorda)  il  per- 
messo di  tradurre  lo  studio  suo,  son  lieto  poter  qui  rendere  i  rin- 
graziamenti più  cordiali. 

C.  A.  Garufi, 


I  PRIVILEGI  DI  ARIII60  VI.  E  COSTANZA  I.  PER  LA  CITTA  DI  MESSINA 


Il  Winkelmanii  in  un  Codice  di  Privilegi  delT  Archivio  Muni- 
cipale di  Messina  trovò  un  diploma  di  Arrigo  VI.  del  28  Otto- 
bre 1194  (1),  che  s'è  creduto  egli  distinguesse  da  un  altro  che 
portava  la  medesima  data  e  che  già  Stumpf  avea  prodotto  e  di- 
chiarato falso.  Però  il  privilegio,  del  quale  il  Winkelinann  fece 
solo  menzione,  non  destò  alcun  sospetto,  e  perciò  lo  Stumpf  al 
nr.  4887  (pel  quale  avea  posto  l'usato  segno  di  dubbio)  aggiunse 
il  nr.  ^i886  senza  alcuna  osservazione.  In  verità  il  Winkelmann  in 
questo  punto  non  ha  arricchito  il  Regesto  di  Arrigo  \'I.,  com' ebbi 
io  stesso  à  persuadermi  in  Messina:  si  tratta  del  medesimo  docu- 
mento; però  è  suo  merito  l'averne  dato  una  lozione  più  sicura  di 
t|uella  ch'era  servita  di  base  alla  stampa  (2).  Il  nr.  4886»  può  es- 
sere tolto  e  rimanere  soltanto  il  nr.  4887,  eh' è  stato  ritenuto 
falso. 

Su  (questo  privilegio  0.  Hartwig  diede  il  suo  giudizio  (3)  che 
fu  accettato  dallo  Stumpf.  Dapprima  egli  non  avrebbe  anche  vo- 
luto considerare  come  autentico  il  diploma  che  Arrigo  VI.  diede 
a  Messina  l'il  Maggio  li97,   cioè  il  nr.  5064  (4),    più  tardi  però 


(1)  Forschgen.  sur  dlsch.  Gesch.,  XVIII,  479.  » 
Questo  privilc^oo   trovasi    pure  nel   God.  acquistalo  testé  dalla  Bibl.  di 

Palermo,  foglio  246.  Cf.  Starrabba,  Arch.  St.  Sic.  a.  XXIV,  pp.  290-291. 
11  B.ne  Starrabba  attende  alla  stampa  deirintero  Codice.  (Il  Trad.) 

(2)  Gallo,  Annali  della  città  di  Messitia,  II,  72,  ed.  2.* 

(3)  Das  Stadtrecht  von  Messina,  30,  nota  2. 

(4)  Per  la  storia  di  Arrigo  VI.  noto,  che  anche  i  privilegi  attribuitigli 


588  MISCELLANEA 


limitava  il  suo  giudizio  al  nr.  4887;  ma  certo  era  impossibile  di 
sostenere  con  qualche  fondamento  1'  opinione  più  favorevole,  che 
frattanto  aveva  acquistato  sul  n.  5064  (1),  perchè  allora  i  documenti 
ci  eran  noti  soltanto  per  scarse  citazioni. 

Si  sarebbe  voluto  riferire  appunto  al  n.  5064  una  conferma,  stam- 
pata per  intero,  dell'imperatrice  Gostanza  (2);  ma  la  moglie  di  Ar- 
rigo poteva  essersi  riferita  al  ii.  4887  (3). 

Onde  accertare  il  vero  contenuto  del  diploma  dell'I  1  Mag- 
gio 1197  (4)  e  nello  stesso  tempo  giudicare  l'indecisa  questione,  mi 
trattenni  in  Messina,  nell'autunno  del  1895,  piì^i  a  lungo  di  quello 
che  altri  affari  miei  avrebbero  conceduto.  Confidavo  sui  due  docu- 
menti che  sono  conservati  nelle  lastre  marmoree  del  Duomo,  su' 
quali  avevamo  idee  molto  superficiali  !  (5).  Prima  d'allora  n'era 
stata  fatta  menzione  ripetutamente;  ma  del  contenuto  avevamo  molto 
scarsa  notizia.  Ora  fu  facile  stabilire  che  le  lastre  marmoree  non 
contengono  affatto  ambedue  i  documenti  di  Arrigo,  come  è  stato 
detto  dai  più,  ma  soltanto  quello  non  stampato  del  1197  (6);  e  ad 
esso  segue  la  conferma  dell'imperatrice  del  1198. 

Non  cosi  facile,  anzi  addirittura  impossibile,  mi  fu  decifrare  le 
singole  parole.  L'iscrizione  è  collocata  a  discreta  altezza  di  fianco 
all'organo  :  inoltre  le  lettere  sono  molto  piccole;  insomma  la  mia 
debole  vista  fu  impari  alla  fatica.  Sperai  allora  nell'Archivio  e  nella 


nella  forma  in  cui  presentemente  ci  aon  noti,  sono  stati  falsificati.  Forschun- 
gen.  VI,  644. 

(1)  Dos  Stadtrecht  von  Messina,  1.  cit. 

(2)  Dal  libro  dei  Privilegi  dell'Archivio  Comunale  di  Messina  ricordato 
anche  dal  Winkblmann  :  Huillard-Bréholles,  Hist.  dipi.  Frid.  II, 
tom.  I,  5. 

(3)  Utrum  Constantia  confìrmaverit.  non  certum  habemus.  Huillard, 
1.  0.,  n.  I. 

(4)  Anticipando  la  stampa  ho  detto  qui  e  prima:  dell'I!  Maggio;  Stumf 
lo  ha  datato:  28  Aprile  (1°  Maggio). 

(5)  Persino  il  Baedeker! 

(6)  Appunto  dal  Baedeker,  poi  anche  il  Hartwiq  nelle  sue  Forschgen. 
VI,  644  «,  seguendo  lui,  il  Wattknbach,  SchriftwesenS'  odiziono,  pag.  46. 
Riferendomi  alla  prefazione  di  ijuostu  opera,  iti  cui  è  ripetuto  lo  stesso  er- 
rore, io  posso  respingere  la  responsabilità  di  lui. 


MISOELLANEA  589 


Biblioteca,  perchè  l'Archivio  conserva  un  libro  di  Privilegi  della 
Città  (come  fu  già  indicato  nelle  comunicnzioni  del  Winkelmanii  (1), 
al  quale  debbo  anche  la  notizia  che  la  biblioteca  (2)  ne  possiede 
una  copia),  dove  si  trovano  trascritti  i  nostri  diplomi.  Quello  di 
Costanza  è  riprodotto  passabilmente  bene,  non  cosi  l'altro  di  Arri- 
t^o  VI.:  in  entrambi  i  testi  mancano  la  menzione  dei  Monofj;rammi  e, 
eccetto  poche  parole,  anche  Vaciume  il  da^wm.  D'altra  parte  però  si 
ha  ooni  fondamento  per  apprezznre  la  conservazione  dei  Codici  di 
Messina  specialmente  ri^ruardo  al  privilegio  di  Arrigo;  essi,  per 
(pianto  frammentariamente,  ci  linniio  salvato  il  principio,  mentre 
nelle  lastre  marmoree  mancano  per  intero  le  prime  linee  e  delle 
nove  seguenti  restano  solo  le  ultime  pcU'ole,  dopo  comincia  un  te- 
sto ben  hlato.  Integrando  le  copie  con  l'iscrizione  avrei  facilmente 
restituito  il  leslo  (8;.  Ma  pur  nondimeno  mi  fu  assai  gradevole 
sentire  nella  Biblioteca  che  un  impiegato,  il  sig.  G.  Mandatari,  ap- 
punto curava  la  riproduzione  litografica  delle  lastre  marmoree; 
perchè  1"  iscrizione  è  antica  e  buona  (4)  e  le  copie  non  sono  né 
iu^^iche  né  buone. 

Oggi  ho  sott' occhio  l'opera  del  Mandatari  (5).  La  riprodu- 
zione» pai'e  eccellente:  è  molto  encomiabile  il  merito  del  Man- 
dahu-i  nell'avere  reso  accessibile  in  fac-simile  un'importante  di- 
ploma di  Arrigo  VI,  Ma  la  trascrizione  eh'  egli  ne  fece  non  mi 
soddisfa;  egli  non  riproduce  sempre  correttamente  la  litografia,  e 


(1)  Forschgen.y  XVllI,  479.  Neues  Archiv.,  Ili.  643.  Vedi  anche  Hiìil- 
[  Aiut-BuKHOLi.Es,  I.  e,  e  E.  Arena,  L'Archivio  Comunale  di  Messina,  24. 

(2)  Neues  Archir.,  Ili,  644.  L'antico  nr.  è  147,  il  moderno  188. 

(3)  (lume  ho  lictlo  il  suo  coriloiiuto  era  allora  inedito.  G.  Mandalari 
'llsoule  nel  suo  lavon»,  p.  8  e  sg  ,  una  serie  di  menzioni  che  ha  trovato  nel 
(!or^o  liei  tempo.  Tuttavia  yli  è  sfuggila  la  più  antica  e  più  imporlanto, 
cioè  la  conferma  di  Re  Giacomo  del  1294,  Gallo,  Annali  di  Messina,  II, 
160,  2.*  ed. 

(4)  Io  non  voglio  tentare  una  più  esatta  determinazione  di  tempo  :  mi 
pare  audio  che  abbia  poca  importanza. 

(5)  Un  privilegio  inedilo  di  Enrico  VI.,  concedente  il  portofranco  ai 
Messinesi,  e  la  conferma  di  Costanza,  con  tre  tavole  litografiche,  Messi- 
na, 1895. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  .  38 


590  MISOBLLANBA 

dove  essa  vien  meno  segue  servilmente  una  delle  copie,  invece  di 
procedere  alle  correzioni  indispensabili. 

Più  tardi  ebbi  un  altro  sussidio ,  che  non  vale  le  tavole  del 
Mandalari;  coincide  piuttosto,  salvo  alcune  piccolezze,  colle  copie 
della  Raccolta  di  Privilegi  di  cui  potei  servirmi  neirAi'chivio  di 
Messina;  deriva  anch'esso  da  un  Coclea:  Diplomaticus  Urbis  Mea- 
sanae  (1)  e  precisamente  dal  più  antico  conservato  a  Madrid.  Per 
mezzo  del  mio  collega  E.  Hùbner  ottenni  che  il  Prof.  A.  H.  Vil- 
la con  gran  cortesia  me  ne  facesse  tenere  una  accurata  colla- 
zione. 

La  ragione  per  cui  dò  una  nuova  edizione  di  quel  testo,  consi- 
ste non  solo  per  eliminare  gli  errori  della  edizione  del  Mandalari, 
ma  anche  perchè  l'opuscolo  di  lui  è  accessibile  a  ben  pochi  tede- 
schi. La  conferma  dell'imperatrice ,  riprodotta  pure  dal  Mandalaii, 
non  può  lasciarsi  da  canto. 

Le  mie  fonti  per  entr.mibi  i  privilei^i  sono:  1"  le  lastre  luiiiniu- 
ree  secondo  le  litogratìe  del  Mandalari,  2"  il  Codice  di  Madrid  (2). 
3°  le  raccolte  dell'Archivio  e  4°  della  Biblioteca  Universitaria, di 
Messina  (3j. 


«  Enrico  VI  concede  ai  Messinesi,  in  considerazione  della 
fedeltà  e  del  servizi  che  loro  specialmente  gli  han  prestalo 
nel  tempo  presente,  la  libera  esportazione  e  importazione  dal 
loro  porto)  dispone  sulla  ìwmina  e  V amministrazione  dei  giu- 
dici e  dello  stratigoto;  accorda  ai  cittadini ,  sotto  determinate 
e  speciali  condizioni,  il  diritto  di  rappresaglia;  li  prende  sotto 


(1)  il  Codea;  nel  1679,  involalo  dal  Conte  Shu  Slelano  e  tnisportutn  in 
Madri  I,  giuiigf  lino  al  1495.  Vedi  Arch.  Si.  Sic.  N.  S.  I.  317,  Cauini,  Oli 
Archivii  e  le  biblioteche  di  Spagna,  I,  119. 

(2)  Nella  Dibliulucu  deirAccailemia  Slorica;  porla  la   .scgiialuia  A.  Kì. 

(3)  Sul  3"  cf.  p.  589  n.  1,  sul  4»  p.  589  n.  )l. 

Nel  CodivM!  ucquiatulo  dalla  lìihi.  di  i'alurnio  il  privilej.rìo  dì  Coslaii/a 
trovati  a  fog.  26  a.  (Il  Trad.) 


MISCELLANEA  591 


la  sua  protezione   pel  diritto  del  mare  ;    autorizza  la  Curia 
straiigoziale  a  costringere  i  renitenti  a  testimoniare  ». 

1197  Maggio  11,  Messina. 

Ili  nomine  suncte  et  individue  Irinitatis.  Henricus  sextus  divina  fTivente 
yi-iilia  Romanorum  imperator  (a)  seoìper  augustus  et  rex  Sicilie. 

Imperialis  excfUentie  speclut  ad  gloriam,  suorum  fideliuni  munefa  di- 
iigenler  altondere  et  eorura  curas  et  devotiones  dignis  beneliciis  ampliare, 
ut  integritas  fideliiim  semper  in  melius  pullulet  et  dominantis  circumspecta 
discretio  (ò)  singulorura  utilitati  dignetur  lurgitlue  (e)  providerc  (d).  Con- 
sidenintos  igitur  lìdei  puritatern  et  devota  servitia,  que  cives  Messane,  ex- 
peili  ildelt's  nostri,  semper  et  in  presenti  tempore  maxime  nostre  studuerunt 
serenitali  (e)  fide  non  lieta  et  imruaculata  puritate  (f)  propensius  exliibere, 
eis  (le  solila  lìenignitale  concedinuif,  ut  liceat  eis  omnia  merciinonia  et  res 
ooruni  (piaslil)('t  (g)  libere  et  sine  aliqua  dacione  per  portum  nostrum 
ipsius  civitìdis  nostre  Messfnie  tam  per  mare  (juam  (h)  per  terram  ira- 
niictere  vel  extrahere.  Volumus  etiam  et  statuimus,  ut  iudices ,  quos  (^) 
ordinabinius  prò  questionibus  et  causis  examinandis  et  terminandis,  bo- 
na (j)  lide  eas,  (juanto  citius  poterunt  (k) ,  terminent  et  nihil  a  parlil)us 
rccipiant;  nostra  enim  (/)  celsitudo  eis  de  salario  providcbit-  Volumus- 
(pic,  ut  (m)  baiulatio  ipsius  civitatis  (n)  non  sit  in  gabella  de  cetero  (1), 
sed  sti.itigolus,  a  celsitudine  nostra  statutus  (2^  iuramento  (o)  astrictus  (p), 


(i)  Mandalari  cosi  a  p.  29  traduce  :  che  il  baiulo  della  città  da  quinci 
innanzi  non  imponga  altri  balzelli.  Il  senso  rai  sembra  di  essere  invece 
«  che  il  baiulo  por  l'avvenire  ritenga  l'ufficio  per  suo  stipendio,  che  tale  ulìi- 
cio  non  gli  venga  dato  più  in  appallo  ».  In  quel  caso  egli  riversava  nelle 
casse  imperiali  il  ricavo  dei  diritti,  in  questo  lo  riteneva  per  sé  raedosinio, 
soltanto  pagando  al  fisco  una  quota  prima  stabilita.  Questa  è  la  differen- 
za fra  dare  in  gabeìlam  e  in  credentiam.  Gf.  von  Kap-herr,  in  JDtsch, 
Ztìichr.  f.  Geschichtiwiss.,  V.  38. 

(2)  Come  si  vede,  anche  qui  baiulus  e  stratigotus  sono  soltanto 
qualilicazioni  diverse  del  medesimo  ullicio  :  lo  stratigotus  non  ha  pili  la 
sua  baiulatio  in  affitto.  Qualcuno  i)uò  indubitabilmente  giovarsi  del  nostro 
diplunia  come  d'un  altro  documento  per  la  sinonimia  delle  parole.  Cf.  in 
proposilo  von  Kap-herk,  op.  cit.  p.  29.  Dai  passi  ivi  raccolti  rilevo,  per 
es. ,  che  nel  1172  Gaufridus  Syracusae  stratigotus  dà  conto  de  baiu- 
lia  sua.  Alle  intUcazioni  del  Kap-herrs  se  ne  può  aggiungere  una  nuova: 


592  MISOELLAKSA 


civitatem  nostrani  pacifice  et  iuste  pertractet  et  non  nisi  rationcs  (q)  et  inni 
nostra  diligenter  exquirat.  Si  quis  nntem  civis  Mossanensis  fuerit  dirroha- 
tus  (r)  ab  aliquibus  (s),  quioumque  sint,  debet  (t)  prius  cum  literis  am- 
mirati (m)  nostri  vel  qui  loco  suo  fuprit  (1)  illos  (u)  requircre  (w),  et  si 
noluerint  hoc  emendare  (2)  et  conlingoril  oos  vel  concives  eorum  venire 
Messanara,  debet  nolifleari  prediclo  (//)  ammirato  et  ipse  (3;  capici  tan- 
tum de  rebus  ipsorum,  ut  dirrobalus  dignam  recom|iensationem  de  rebus 
amissis  optineal.  Si  vero  navis  vel  aliud  vascellum  alicuius  civis  Messane 
fractum  fuerit  in  ali<]iia  parte  regni,  nnllus  audeaf  de  rebus  fracte  navis 
aliquit  detinere,  sed  domino  suo  reslituanlnr.  Si  quis  (z)  aiileni  oorum 
in  causa  sua  lestes  aliquos  invocaverit  et  lesles  a<l  feslificandum  quod 
scinnt  (aa)  venire  noluerint,  debet  eos  curia  tacere  venire  et  sub  iuramento 
cogere,  ut  testimoniuni  perib^ant  verilatis.  Quc  liberalilatis  nostre  concessio 
ut  imperpeluum  eidcni  {bb)  civilali  firma  stabilisquf.'    pornianeal  et  nnllus 


nell'Ottobre  1225  si  trova  Guilelmus  de  Lepore  conterapoi-aueamcnt»"  stra- 
tigotus  Nuccrie  e  baiuhis  Nuccrie,  Huillard-Brkholles,  oj).  cit.,  II,  517. 
Quando  Mandai^ari  91,  dice  di  Arrigo  VI.  :  accresce  il  potere  dello  stra- 
tego a  discapito  del  bando,  potrebbe  supporsi  ch'egli  avesse  frainteso  il 
suo  lesto. 

(1)  Sotto  l'ammiraglio  slava  un  impiegato  per  i  porti  di  ciascuna  prò- 
vincia;  i  singoli  posti  avevano  poi  alla  lor  volta  un  proprio  inlejidenle.  E. 
WiNKELMANN,  De  regni  Siofili  administr.,  39. 

(2)  Naturalmente  si  potevano  costringere  i  cittadini  del  regno  con  faci- 
lità, non  già  gli  stranieri,  che  avessero  rubato  i  Messinesi  nelle  loro  terre 
o  nel  mare.  Contro  di  loro  era  direttala  legge,  e  siccome  i  predoni  o ladri 
sono  appunto  gente  di  mare,  perciò  1'  aflfere  veniva  devoluto  all'  ammira- 
glio o  al  suo  sostituto. 

(3)  Nalundmente  è  da  su[)plire:  vel  qui  loco  suo  fuerit.  «  Clie  vi  fosse 
un  ammiraglio  speciale  per  Messina ,  che  la  sua  carica  fosse  nuova  per 
Messina  »  come  alferma  Mandalari  ,  23  noi.  2,  e  9i  n.  2,  per  tali  affer- 
mazioni avri'i  bisogno  di  prove,  lìopo  Im  caduta  del  grande  Ammiraglio 
Majone,  il  quale  sicuramente  comandava  gli  ammiragli  inferiori,  io  trovo 
sempre  «ollanlo  un  nmmiraglii).  (!,oA  solto  Arrigo  VI.,  come  pure  sollo 
Kfderico  II.  Se  una  volta  c'imbattiamo  nel  1216  (in  un  [irivilegio  ad  uni> 
slrniii''ro)  ni-lla  designazione  •  amiraiio  tic  .Misin  i  >  HuihT.AKi>-Hru':uoi,i,Ks, 
I.  48.'),  ewo  a  parer  mio  imn  d'-signa  utu)  f'peoiale  ammiraglio  per  Mcssi- 
n.i,  m;i  deriva  dal  fnllo,  die  Wdlcltnus  PorcHs  nmtniratus  regni,  come  è 
chiamalo  in  IIuir<i,AKD-HRKH0LLK8  I,  489,  discen<leva  da  ima  cospicua  fa- 
miglia di  Mewina. 


MlSdKLtAKXÀ  5dd 

ei  in  aliquo  audeat  contrahire,  presens  inde  (ce)  privilegium  conseribi 
et  maiestatis  nostre  sigillo  iussimus  eommuiiiri,  statuente»  et  imperiali  pre- 
cipientes  edicto  ,  ut  nulla  persona  hunjilis  vel  alla  ,  ecclesiastica  vel  se- 
cularis  hanc  nostram  concessionem  inlringcre  audeat  {dd)  vel  aliquibus 
calum[)nii8  perturbare  presumat  (ee).  Quod  qui  tecorit  ultra  indignationem 
nostrani,  quam  {ff)  graviter  incurret.  100.  lihras  auri  purissimi  componat, 
medietatem  camere  nostre,  reliquara  passis  ii.iuriarn  persolvend-im. 

Huius  autem  rei  testes  liii  sunt  :  archiepiscopus  (1)  Ragusie  {gg),  Mar- 
coaldus  iraperialis  aule  senescalcus,  dux  Ravenne  et  marchia  Ancone, 
Gonradus  dux  Spoleti  (A/t),  Willelmus  «irussus  (2)  comes  Malte  et  (a) 
ammiratus,  comes  Bartholomeus  (3)  de  Lucy  (//) ,  Gentilis  (4)  de  Pala- 
ris  imm)  comes  Monoplelli  (n«).  Leo  ccimes  Caleni  t't  alii  quam  plures. 

Ego  Conradus  Ildempsheymensis  episcopus  et  imperialis  aule  (oo)  can- 
cellarius  (pp)  una  cum  Guallerio  ((jq)  episcopo  ti  regni  Sicilie  et  Apulie 
cancellarlo  recognovimus  (i-r). 

Signum  domini  Henrici  sexli  divina  favenle  clementia  (L.  M.)  Roma- 
norum  imperatoris  semper  augusti  et  regis  Sicilie  {ss). 

Acta  sunt  lu'c  amie  dominiee  incarnationis  1197,  i-egtmnt*'  domino  Hen- 


(1)  Sull'arci  vescovo  Bernardo  di  Ragusa,  cf.  pag.  596  n.  5. 

(2)  Guglielmo  Grasso  non  era,  come  crede  Mandalari  23  not.  2,  un 
Pisano  di  origine,  ma  un  Genovese.  Regni  Jerosolymit.  hist.  M.  G.  SS.  voi. 
XVIII,  53,  vedi  Ogerii  Panis,  Annal.  ibid.,  118.  Nel  24  Settembre  1197  egli 
è  detto,  come  in  un  documento  nostro  :  Guillelmus  Crassus  comes  Malte, 
totius  regni  admiratus.  Evidentemente  Guglielmo  eia  succeduto  nel  posto 
di  Margarito  di  Brindisi  cacciato  via;  si  chiamava  anclie  questo  Ammiraglio 
e  Conte  di  Malta.  Pirro,  Sic.  Sacr.,  11,  980.  Si  pu»)  confrontare  ancora 
la  sentenza  di  Innocenzo  HI.  su  Guglielmo.  11  ribelle  Markwald  avrebbe 
invocato  da  lui  soccorso,  a  pirata  praedo  et  raptor  a  marino  non  iam  la- 
trunculo,  sed  latrane.  Ep.  Il,  221,  ci.  BaUizio  I,  486. 

(3)  B.  de  Luci/,  Pirro,  II,  934,  B.  de  Luce.  Doc.  p.  seì'v.  alla  St.  di 
Sicilia.  I,  36,  cf.  167,  B.  de  Lucis,  Pumo,  11,  1280-81.  Egli  era  conte  di 
Paterno.  Io  non  comprendo  per  quale  motivo  il  Mandalari,  contro  la  tra- 
dizione dei  documenti,  stampi:  comes  de  Lugu.  Forse  per  poterlo  iden- 
tilicare  meglio  col  conte  di  Lugo  presso  Ravenna?  Egli  ha  fatto  ciò  in 
realtà  nella  pag.  23  n.  3  ;  intanto  a  me  mancano  le  prove  dell'  esistenza 
di  un  conte  Lugo. 

(4)  Nel  doc.  presso  Stumf  ,  Acta  712 ,  X.  510  si  legge  :  comes  Ger- 
traldus  de  Monoplello.  Ma  secondo  una  migliore  copia  del  Kehrs  ciie 
ho  sott'ocohio,  si  ha  a  leggere  :  Ge/Uilis  de  Monoplello. 


5d4  MISOELLANKA 


rico  sexto  Romanorum  imperatore  semper  augusto  et  rege  Sicilie,  anno 
regni  cius  28,  («)  imperii  vero  (i««)  7.  et  regni  Sicilie  3.  Data  Messane  per 
nianum  Alberti  imperialis  aule  proihunolarii,  11  die  mensis  Madii  15  in- 
dictionis  (1). 

(a)  inip.  secandua  et.  4  secondo  Mandalari.  [b)  discretione  4.  (e)  largi- 
flua  2. 3.  largissime  4.  {d)  perordere  3.  (e)  nostris  studuerunt  serviliis  2.  3.  4. 
if)  puntuti  2.  3.  ig)  quequa  4,  come  io  ho  osservato,  quolibet  secondo  Manda- 
lari. (h)  tam  per  mare  quam,  anche  in  I.  (t)  iiidices  quos  or,  anche  in  1. 
ij)  rminandis  bona,  anche  in  1.  (A)  potuerint  4  (l)  recipiant  ;  nostra  enini, 
anche  in  1.  (m)  in  3.  (n)  nlatio  ipaius  civitatis,  anche  in  1.  (o)  ostra  sla- 
lutua  iura,  anche  in  1.  (p)  astiictu,  3.  (q)  actet  auonn'?  rationes,  1  {');  et 
non  nisi  2.  3.  4.  (r)  dembalus  4.  (s)  ensis  fueril  dirrobatus  ab  ali,  anche 
in  1.  (0  quicumque  debel  prius  2,  quicumqiie  doni  prius  4.  (u)  admirari  (*")  3, 
admirati  4.  (v)  nostri  vel  qui  loco  suo  fuerit  il,  anche  in  1.  (x)  Con-los  requi- 
rere,  comincia  il  testo  monco  del  1  che  io  seguo  soltanto  ;  dilTeriscono  2.  3.  4.  di 
cui  mi  avvalgo  in  particolari  casi.  (y)  perdiclo  1.  {z)  qus  1.  (aa)  sciunt 
sub  iuramento  cogere  2.  3.  scirent  venire  sub  iuramento  cogere  3.  {bb)  perpe- 
tui eodem  3.  {ce)  in  2.  3.  4.  (dd)  audiat  3.  audeant  4.  {ee)  presumanl  4. 
{ff)  quamquam  1.  2.3.4.      {gg)  Ravise  4.      (hh)  ux  Spoledi  1.        (n)  manca  in  1. 

(U)  Luce  2.  3.  4.  (mm)  Gentilis  Opalàr  1.  de  Palai  3.  de  Palar,  2. 4.  {nn)  Mon- 
pleli  1.  Monporelli  2.  3.  4.  (oo)  Qui   sono  conformi  2.  3.  e  4.  lutti   monchi  e 

veramenli!  nel  modo  identico.        (pp)  Ilarius  é  trascritto.       {qq}  Gualt o,  1.  ; 

per  Troiano,  come  supplisce  Mandalari  v'era  appena  spazio.  {rr)  aie!  (ss)  egis. 
Si  legge.        (ti)  1.  27.  1.        (uu)  imperii  vero. 

i 
(*)  Nel  fac-simile  si  legge  non  n,  quindi  il   punto  interrogativo   può  togliersi. 

(Il  Trad.). 

(")  In  sitTattu  scrittura  é  facile  lo  scambio  della  r  per  t.  (Il  Trad.). 


«  Costanza  I.  conferma  ai  Messinesi^  perché  fedeli  e  devoti, 
il  'privilegio  conceduto  da  Arrigo  VI.  » 

1198  Gennajo,  Messina. 

(li  nomine  «anele  et  individue    trinitatis  (a).  Costancia   divina   lUveule 
clctn«!ncia  Iloiaanoruni    ituporutri.\   semper    augusta  et  regina   Sicilie.    Do 


(1)  He  Giacomo  dice  nella  sua  conforma:  primo   Maii  il  inditionis, 
Gallo,  1.  e,  j).  160.  Nella  sua  Pridazione  Gallo,  76 ,  dice  :  a  28  Aprile. 


MISOELLAllBA  595 


munificentia  innate  nobis  liberalitatis  accedit,  ut  ad  preces  fidelium  nostro- 
rum  r.icilem  prebeamus  adsensum  et  eorurn  muxime  peticiones  clemeutius 
admiltanius,  quorum  experta  fides  et  devotio  specialis  suttragatur  ad  me- 
ritum  et  imperialis  gralic  (b)  largitatem  ad  prosequendum  aft'eclum  sue 
devotionis  inducit.  Hinc  est  quod  nos  atleiidetitea  fervorem  devotiouia  et 
fidei,  quo  in  serviciis  nostre  magnifieenlie  iugiter  perseveraslis,  preces  et 
supplicationes  vestras,  quas  vos,  cives  Messane,  tìdrles  nostri,  magestati 
nostre  attentius  porrexistis,  videlicet  ut  per  (c)  privilegium  nostrum  con- 
firmareraus  vobis  et  civitati  nostre  Messane  ea  omnia ,  que  serenissimus 
quondam  dominus  noster  imperator  reeolende  memorie  per  suum  vol)is  et 
prediate  civitati  nostre  (d)  Messane  concessit.  de  inii:da  solii  nostri  ciemen- 
tia  admittentes,  concedimus  et  confìrmamus  vobis  et  prediate  civitati  no- 
stre Messane  omnia  ea,  que  prenotatus  serenissimus  dominus  noster  im- 
perator vobis  et  civitati  nostre  Messane  concessit,  iuxta  quod  in  eodem 
imperiali  privilegio  vobis  facto  continei>tur;  mandanles  ut  omnia  ea,  sicut 
in  privilegio  vobis  facto  continentur,  quod  inde  liabclis  (e),  vobis  et  civi- 
tati nostre  Messane  in  posterum  debeanl  observari.  Ad  huius  aiUem  con- 
cessionis  et  confìrmationis  nostre  memoriant  et  inviidabile  firmamentum 
presens  inde  privilegium  conscribi  et  sigillo  nostro  cereo  iussimus  com- 
muniri,  anno,  mense  et  indictione  subscriptis. 

Data  in  civitate  Messane,  anno  dominice  incarnalionis  1198,  mense 
Januarii  1,  indictionis,  regnante  domina  nostra  Costanlia  dei  gratia  glorio- 
sissima Romanorum  imperatrice  semper  augusta  et  legina  Sicilie  excellen- 
tissiraa,  una  cura  Frederico  Romanorum  et  Sicilie  rege,  karissimo  filio  eius, 
anno  3,  feliciter,  amen  (1). 

(a)  amen.  2.  8.  4.  (b)  imp.  nostre  larg.  1.  (e)  manca  1.  (d)  manca  1. 
(e)  habeatia  1. 

Nel  modo  come  Mandalari  ha  restabilito  i  testi,  si  dovrebbero 
senz'altro  condannare  come  falsi  i  due  docnmenti.  Egli  pubblica 
in  uno  :  Henricus  sextus  eie,  Romanorum  imperator  seciindus, 
e  nell'altro  :  Frederico  Homanorum  imperatore.  Federico  in  quel 
tempo  era  He  romano,  non  imperatore ,  ed  Arrigo  VI.  designato 
come  secondo  imperatore  l'è  un'  assurdità  di  cui  giammai  la  Can- 
celleria s'è  resa  colpevole.  Ma  qui  Mandalari  lasciossi  trarre  dalla 
cattiva  lezione    che  offre  soltanto  uno   dei  nostri  tre  Godici  ed 


(1)  Non  ho  potuto  confrontare  la  copia  che  si  trova  nel  Codice  delia  Bib.  Cora, 
di  Pai  (n  Trad.). 


596  MISCELLÀNBA 


egli  ha  completato  il  testo  in  modo  assurdo.  Quando  si  tolgono 
questi  suoi  errori,  resta  nulla  che  possa  dar  sospetto. 

Nel  documento  di  Arrigo  la  forma  della  ricognizione  non  è  cer- 
tamente la  consueta  :  Ego  Conradus  eie.  una  cum  Qualterìo  etc. 
regyii  Sicilie  et  Apulie  cancellario  recognovimus;  ma  questa  di- 
citura si  trova  pure  anche  in  due  documenti  del  1°  Maggio  1195  (1); 
l'aggiunta  et  Apulie  per  lo  meno  torna  di  nuovo  nel  2  luglio  1197  (2), 
e  pel  )-ecognovimus  si  trova  un'analogia  nel  29  Aprile  1196  (3). 

Qualcuno  può  stupirsi  un  istante  nel  leggere  fra'  testimoni  il 
nome  dell'arcivescovo  di  Ragusa.  Un  arcivescovo  slavo  in  un  do- 
cumento di  un  imperatore  romano  è  certo  un'apparizione  somma- 
mente singolare.  Ma  appunto  questa  circostanza  esclude  la  falsifi- 
cazione: il  privilegio  ,  che  quasi  si  può  dire  sconosciuto  del  2  lu- 
glio 1197,  che  Arrigo  VI.  diede  alla  città  di  Galtagirone,  offre 
inoltre  la  favorevole  analogia  colla  testimonianza  del  Dalmato  (4); 
e  ciò  che  prima  poteva  destar  sospetto  avvalora  la  fiducia  (5). 
Gli  altri  testimoni  ci  son  tutti  noti  :  i  loro  nomi  si  trovano  a  più 
riprese  in  quel  tempo  alla  corte  di  Arrigo. 

Le  note  cronologiche,  per  l'esattezza  e  per  la  foiuna  in  cui  son 
date,  non  dàn  luogo  ad  obbiezione.  Specificatamente  il  computo 
con  i  giorni  successivi  del  mese,  non  alla  maniera  romana,  corri- 
sponde all'usanza  che  si  andava  stabilendo  in  quel  tempo  (Ù)  ;  il 


(1)  Stumf,  4930.32. 

(2)  Cf.  ScHEFFER-BoiCHORST,  ZuT  Geschìchte  etc,  ;ipp.  al  doc.  di  Calta- 
j^irone,  [>.  373 ,  377  ;  Paolucci  ,  Sul  preleso  Parlamento  di  Foggia  del 
1240,  Pai.  1897,  p.  27,  o  Randazzini,  1  privilegi  di  Callaxjirone ,  Gallìi- 
giroue  1878.  (Il  Tnid.) 

(3)  Stumf,  Ada,  712,  nr.  510. 

(4)  Cf.  net.  2. 

(5)  Mi  sembra  egli  sia  stalo  un  uvvonturipre.  lUNius  Restius,  nella 
sua  Chronica  Ragusina  raccoiila  la  ragione  per  la  quale  egli  aveva  ah- 
buiitlonalo  Ragusa.  Man.  spect.  hisL  Stavor.  merid. ,  XXV,  iììì.  Da  Ar- 
rigo VI.  era  venuto  sicuro  di  fare  carriera  al  suo  servizio;  nel  1202  In- 
nocenzo Ili.  ai  lagna  perchè  egli  avea  abbandonato  i  suoi  Ragusiui ,  che 
l'avevano  giA  aspettalo  inulilmenlc  per  (|uallro  anni.  Ep.  V.  17.  Secondo 
Le  Neve  Fasti  «ce/.  Angl.  Ili,  280,  egli  avrebbe  trovato  posto  in  Inghil- 
terra come  vescovo  di  Carlisle. 

(jS)  FiCKKR,  Beitriige  xur  Urkundenlehre,  li,  365. 


MISOELLANBA  597 


più  vicino  dei  documenti  porta  la  data  del  22  Aprile  (1),  secondo 
l'odienm  abitudine  non  secondo  le  calende  di  Maggio. 

Sorpassando  agli  altri  criteri  di  questo  genere  vengo  al  conte- 
nuto. Veramente  mi  s' ofìrono  soltanto  due  frasi,  clie  posso  utiliz- 
zare direttamente  in  favore  dell'autenticità.  Arrigo  dà  il  privilegio 
ai  Messinesi  perchè  loro  si  soir»  mostrati  sempre  fedeli  e  premu- 
rosi et  hi  presenti  tempore  maxime.  Mentre  l'imperatore  soggior- 
nava nelle  vicinanze  di  Messina,  qwalcuno  gli  denunziò  una  con- 
giura, che  aveva  di  mira  la  sua  vita.  Allora  egli  fuggi  nella  città 
di  Messina,  dove  trovò  specialmente  il  fedele  Manhwald  di  Ra- 
venna e  d'Ancona  (2).  Questo  appare  anche  come  testimonio  nel 
nostro  documento  :  la  cui  data,  oso  alfermare,  precisa  la  cronologia 
della  ribellione  (3)  e  d'altro  canto  s'intende  perchè  Arrigo  abbia 
ricompensato  con  un  privilegio  la  fedeltà  e  la  premura  di  cui  Mes- 
sina avea  date  pruove  et  in  presenti  tempore  maxime. 

Allo  stesso  modo  come  questa  notizia  risponde  alla  circostanza 
del  tempo  ,  cosi  una  delle  nuove  concessioni  di  Arrigo  risponde 
perfettamente  al  progressivo  sviluppo  dei  privilegi  di  Messina;  essa 
è,  potrei  dire,  soltanto  la  naturale  tappa  alla  faticosa  via  della 
più  completa  libertà  commerciale.  Guglielmo  li.  avea  conceduto  nel 
Maggio  1100  ai  cittadini  che  per  l'avvenire  fossero  tenuti  pagare  non 
il  IO  ma  soltanto  il  8  7o  come  ancoraggio,  e  potessero  entrare  ed  uscire 
senza  alcun  pagamento  le  derrate  alimentari  (4).  Federico  II.  con- 


(1)  Cf.  iti  ScuDKFKR-BoiCHORST,  op.  cil.,  p.  249,  il  diploma  del  Tabularlo 
di  .Mon-eale  del  22  Aprii.;  1197. 

(3)  Mi  sembra,  come  tratterò  ampiurn'-iite  in  altro  luogo,  che  Toeghe, 
Heinrich,  VI,  p.  584,  in  queslo  abbia  complelumenle  sbaglialo. 

(3)  AnnaL  Marbac.  M.  G.  SS.  XVII,  167. 

(4)  Gallo,  Annali  di  Messina,  11,  37,  ed.  2.'  Nel  (locumeiito  mi  sci» 
sidlali  agli  occhi  due  ordini  di  idee.  Quantunque  pubblicato  nel  Maggio 
tl60,  pure  vi  ra:ine;i  l'iiidicazicne  nltrimenti  consueta  dell'anno  di  regno 
dell'ancor  vi  vento  Ruggiero  tiglio  del  Re^  e  poi  è  dillo  per  manus  Riccardi 
Syracusani  electi.  mentre  il  Grandi;  Ammiraglio  Maione  era  ancora  a  capo 
d'dl' Amministrazione;  cosi  anche  un  altro  diploma  del  Maggio  1160  ha  data 
per  manus  Maionis  magni  admirati.  Aprile,  Cronologia  universale  della 
Sicilia,  95.  Ma  nella  Cancelleria  siciliana  del  sec.  XII,  v'è  stata  frequente- 
mente una  rappresentanza,  e  noi  sappiamo  che  Riccardo  Siracusano,  di mo- 
raudo  sempre  nella  corte  di  Guglielmo  II.,  faceva  parte  dei  «  famiUari  ». 


598  misoellànba 


cedette  nel  1199  illimitata  libertà  di  commercio  per  tutto  il  suo 
regno  (1).  Fra'  due  privilegi  comparisce  ora,  come  anello  di  con- 
giunzione, quello  di  Arrigo  VI.:  egli  concede  ai  Messinesi  un'en- 
trata ed  uscita  libera  dal  porto,  non  solo  per  le  derrate  alimentari, 
ma  genei*almente  per  tutto;  egli  accorda  quindi  più  di  Guglielmo  IL, 
meno  di  P'ederico  II.;  la  libertà  di  commercio,  sebbene  fosse  per 
tutte  le  merci,  rimase  tuttavia  limitata  al  porto  di  Messina  (2). 
Kra  ancora  da  acquistarsi  il  d-iritto  più  largo. 

Quando  Federico  IL  conferì  il  piivilegio,  aveva  evidentemente 
davanti  quello  del  padre  suo.  Entrambi  chiamano  i  riceventi:  «  cwes 
Messane ,  expe) -ti  fìdeles  ìwslri:  poi  l'uno  dice:  concecUmus  ut 
liceat  omnia  mercimonia  et  res  eorimi  quaslibet  libere  per  por- 
Lmn  ìioslruni  Messane  tam  per  mare  quam  per  terroni  iimnit- 
tere  vel  exlrahere,  e  l'alti-o:  concedimus  ut  per  totum  regnum 
nostrum  in  mari  et  in  terra  liceat  vobis  mercimonia  et  quas- 
libet res  vestras  libere  ponere  et  extrahere.  Come  si  vede  bene 
Federico  IL,  o  piuttosto  la  reggenza,  va  più  avanti  con  piena  con- 
sapevolezza della  concessione  di  Arrigo  VI. 

Non  ho  bisogno  di  dimostrare  la  conferma  dell'imperatrice  Co- 
stanza: essa  cade  o  riman  salda  con  la  concessione  dei  di  lei  sposo. 

Ma  in  quale  relazione  sia  il  documento  di  Arrigo  deiri  1  Maggio  ri- 
spetto all'altro  ch'egli  dovrebbe  aver  conceduto  ai  Messinesi  il 
28  Ottobre  1194  ?  (^ò). 

Se  l'imperatore  il  '28  ottobre  1194  ordina  che  per  l'avvenire 
l'amministrazione  della  città  sia  lasciata  per  un  anno  nella  stessa 
mano   e   che   l' amministratore ,  si  chiamasse  bajulus  o  stratigo- 


(1)  B'óHMUR-FiCKBK ,  535;  Gallo,  II,  79,  ed.  2';  Docum.  per  sere,  alla 
Stoi\  di  Sic,  I  Ser.  XIV ,  45. 

(2)  Voranif ntft  fili  «jueslo  punto  poln^blio  tuttavia  ben  (tisputarsi  seMan- 
ilalari,  p.  IH,  abliia  stal)ilit<)  giustauKuitc  il  tosto:  liceat  eis  ùìiìnia  merci- 
monta  et  res  eorum  quoLibet  libere  eie.  Ma  1'  altro  in»,  dà  quaslibet,  « 
cosi  les.He  aiinhe  nel  1199  il  Cuncellicio.  (iì  Fedcricu  11.,  il  (jualc,  coni' io 
dico  «opra  nel  testo,  «bbc;  iridubbiauioiilr;  soU'occhio  il  diploma;  la  coaf'ornia 
di  He  Giacomo  del  1294  assicura  puro  la  Ic/.ioiie:  mercimonia  et  res  quas- 
libet Ubere  eie.  Gallo,  II,  160,  od.  2». 

(3)  Gallo,  1.  e,  72. 


MISOELLANBA  59^ 


tm  (1),  non  possa  per  il  termine  di  un  anno  essere  soppian- 
tato da  un  mnggior  offerente  :  dn  questo  fatto  io  posso  dedur- 
re soltanto ,  che  il  baiulo  o  lo  stratigoto ,  prendeva  in  appalto 
il  suo  ufficio,  e  che  lo  Stato  lo  cedeva  al  maggior  offerente.  La 
situazione  non  era  punto  gradevole  a'  cittadini;  perchè  il  capo,  il 
quale  introitava  per  sé  tutti  i  diritti,  si  aggravava  quanto  (ìoteva 
per  riguadagnare  cogl'  interessi  la  somma  di  appalto  (2).  I  citta- 
dini dovevano  sentire  la  pressione  come  doppia,  finché  l'affitto  non 
era  fissato  per  un  tempo  precisamente  determinato  e  finché  lo  Stato 
(per  una  olferla  più  alta  della  prima,  che  gli  fosse  fatta)  potesse 
surrogare  un  altro  appaltatore  anche  nello  stesso  anno.  Perchè 
Arrigo  VI.,  come  almeno  è  affermato  nel  documento  del  28  Otto- 
bre 1194,  rinunziava  al  diritto  di  cambiare  quando  e  cosi  sovente 
quanto  gli  piacesse  (ciò  è  invero  un  progresso);  ma  il  sistema  op- 
pres.sivo  dell'appalto  non  veniva  diminuito.  A  ciò  apportò  il  privi- 
legio deli' 11  Maggio  1197,  utile  mutamento:  il  sistema  dell'appalto 
cessò ,  lo  Stato  pagò  uno  stipendio  e  tutte  le  entrate  gli  fnroiio 
devolute.  Così  dal  28  Ottobre  1194  all'  li  Maggio  1197  risulta  uno 
sviluppo  genetico,  e  si  può  aver  fiducia  nel  primo  privilegio ,  che 
concedeva  ai  Messinesi  un  piccolo  vantaggio  ;  una  fiducia  com- 
pleta, perchè  il  secondo,  che  corrispondeva  pienamente  al  deside- 


(1)  V.  p.  591  nota  2. 

(2)  ...ponere  debemus  in  eadevi  civitale  Messane  baiulum  et  iudices 
annuos  tres.  Et  ipse  baiolus  habeat  baiulaiionem  ila,  quod  alius  euni 
non  possit  supplantare  plus  offerendo  nisi  prius  finita  batulatione.  Et 
simul  ipse  baiolus  et  iudices  sacramento  nobis  teneantur,  iura  nostra  et 
iustitiam  populi  fideliter  per  omnia  servare  iuxta  bnnos  usus  et  consue- 
tudines  eiusdem  civiiatis  Messane.  Et  salarium  de  fisco  nostro  reci- 
piant,  sicut  consuetudine  erat  tempore  regis  Rogerii.  Inoltre  io  osservo, 
elle  annuos  tuttavia  non  è  sollanto  ila  accordare  con  iudices;  ed  ho  rilc- 
nulo  :  finita,  baixdatione,  eoiuo  durata  di  un  anno  dell' ufficio.  Perchè  si 
doveva  anclie  prendere  in  considerazione  salarium  de  fisco  nostro  re- 
cipiant  per  i  Giudici  e  contemporanearaente  pel  Baiulo.  Ma  plus  offerendo 
dinota  pure  la  prima  oflferta  di  un  più  alto  affitto,  e  conformemente  a  ciò 
io  credo,  che  recipiant  soltanto  i  iudices  Perciò  s'accorda  anclie  la  con- 
ferma del  più  recente  diploma  :  baiulatio  ipsius  civitatis  non  sit  in  ga- 
bella de  cetero. 


600  MISCELLANEA 


rio  dei  Messinesi  agognanti  per  intero  l'abolizione  del  fisco,  senza 
dubbio  è  autentico. 

Ma  dall'altro  lato  troviamo  un  regresso!  Nell'Ottobre  del  1194 
Arrigo  VI.  avrebbe  conceduto  ai  Messinesi  la  fi-anchigia  di  porto 
per  tutto  il  Regno,  nel  Maggio  1197  avrebbe  conceduto  solo  il 
dazio  d'importaziono  ed  esportazione  da  un  porto!  Ora  se  il  pri- 
vilegio più  esteso,  che  porta  una  data  anteriore,  deve  tenersi  per 
genuino,  non  ci  rimane  che  un'ipotesi  rispetto  a  quello  più  reslrit- 
tivo  e  di  data  posteriore;  e  cioè  che  Arrigo  VI.  abbia  revocato  ciò 
che  aveva  conceduo  nel  1194,  e  per  conseguenza  i  Messinesi  aves- 
sero dovuto  contentarsi  della  concessione  delle  minori  franchigie 
fatta  nel  1197.  Il  tentativo  di  salvamento  in  sé  stesso  non  è  arri- 
schiato. Anche  Federico  II.,  come  noi  vedemmo,  estese  la  fran- 
chigia del  porto  di  Messina  a  tutto  il  suo  regno;  ma  tenne  dietro 
la  grande  revoca  di  Capua  e  Messina  :  verosimilmente  nel  sacri- 
ficio era  stato  anche  immolato  il  privilegio  del  1199  (1).  Ma  le 
decisioni  di  Capua  e  Messina  hanno  il  loro  archetipo  nel  governo 
di  Arrigo  VI.:  egli  nell'Aprile  del  1197  confermava  una  serio  di 
privilegi,  i  quali  secondo  l'editto  generale  pubblicato  nella  corte 
solenne,  gli  erano   stati    restituiti  (2).   Non   è   probabile   che   egli 


(1)  Vedi  Hartwig  ,  Das  Stadtrecht  von  Messina,  34.  Il  liiploma  di 
Federico  II.  è  sialo  conferniulo  solo  nel  1396  da  Federico  d'Aragona.  Testa, 
De  Vita  Federici  II.  regis,  251,  nientr-o  il  predecessore  di  Federico  tl'A- 
ragona  avea  già  riconosciulo  nel  1294  il  diploma  di  Arrigo  VI. 

(2}  Cf.  ScHEKi'ER-RoiCHtRST.  1.  cit.,  Die  Vorbilder  fixr  Friedridis  11. 
Constituùio  de  resignandis  privilegiis,  e  G.  A.  (Iarufi,  Alon.  e  Conii  eie. 
Arch.  St.  Sic.,  aiiuo  XXIII,  cap.  Ili,  §  3  e  doc.  4,  5.  Quando  lo  Schefi-er 
m'inviò  gentilmente  il  suo  volume  nel  Settembre  1807,  la  stampa  del  mio 
lavoro  era  già  terminata  da  due  mesi  ;  son  lieto  clie  entrambi,  contempo- 
raneamente esaminando  i  docuaìenti,  siamo  pervenuti  alle  medesime  con- 
clusioni pel  tempo  di  Arrigo  VI.  La  «litterenza  sta  solo  in  un  punto:  egli 
ritiene  che  la  Constitutiu  de  resignandis  pr/v/Ye^e'/s  sia  slata  usala  da  Ar- 
rigo VI.  soltanto  nel  H97,  mentre  a  me  risulla  dai  documenti  che  fu  in 
<luc  tempi:  nel  1194  e  nel  1197,  cioè  nelle  due  dimore  che  l' impeialore 
fece  in  Sicilia.  Da  questo  fatto,  bene  aceerlalo,  traggo  la  conseguenza  che 
nel  1197  l'intendimento  dell'imperatore  fu  di  rivedere  i  diplomi  conceduti 
da  Coslunzu  nel  tempo  della  sua  assenza,  sicché  risulta  evidente  l'anlago- 
nittniO  politico  fra  lui  e  la  moglie.  (Il  Trad.). 


MISCELLANEA  601 


li  abbia  rinnovato  tutti.  Perchè  non  deve  aver  negato  anche  ai  Mes- 
sinesi la  conferma  di  quello   del    1194?  (1), 

Sventuratamente  poco  può  animarci  la  relazione  di  Arrigo  con 
Messina  per  rispondere  afìermativamente.  Giacché  nel  Maggio  del 
1197,  come  i  lettori  già  sanno,  avendo  scoperta  una  ribellione,  s'era 
come  fuggitivo  salvato  fra'  suoi  fedeli  Messinesi.  Federico  IL  più 
tardi  ha  apprezzato  la  loro  devozione  alla  causa  di  Arrigo,  quan- 
do egli  attribuisce  loro  il  merito  decisivo,  non  solo  nell'acquisto, 
ma  anche  nel  recupero  dei  legni  (2).  E  come  poteva  quindi  Ar- 
rigo nel  Maggio  del  1197  eseguire  in  Messina,  con  grave  danno 
della  fedele  città,  la  decisione  pubblicata  nel  Marzo  o  nell'Aprile 
dello  stesso  anno,  che  tutti  i  privilegi,  i  (inali  non  fossero  stati  re- 
centemente riconosciuti,  sarebbero  stati  irriti  e  nulli  ?  No,  se  Mes- 
sina già  nel  1194  avesse  ottenuta  la  piena  libertà  di  commercio, 
sarebbe  stata  in  tali  circostanze  sicuramente  confermata  da  Arrigo 
nel  1197! 

A  ciò  s'aggiunga  che  la  libertà  di  commercio  per  l'intero  regno 
siciliano  ha  una  parte  importante  anche  nei  privilegi  di  Messina  in- 
dubitabilmente falsificati.  Federico  IL  l'aveva  infatti  conceduta,  ma  il 
trattato  di  Capua  l'abolì.  Allora  si  destò  naturalmente  il  desiderio  di 
potere  documentare  tal  diritto  come  antichissimo  o  più  volte  confer- 
mato alla  città.  Cosi  l'illimitata  libertà  di  commercio  appare  in  due 
falsificazioni,  delle  quali  l'una  porta  il  nome  del  re  Ruggiero  e  la 
data  del  15  Maggio  1129  (3),  l'altra  fu  ascritta  a  Guglielmo  il  Buono 


(1)  Rispondendo  affermativamente  a  questa  domanda,  1' obbiezione  sol- 
levata dal  Hartwig,  op.  e,  p.  31,  nota,  che  cioè  Costanza  conferrai  sol- 
tanto uno  dei  privilegi  di  suo  marito,  perderebbe  ogni  valore  dimostrativo. 

(2)  B.-F.  534. 

(3)  Il  diploma  apparve  Jiella  Miscellanea  del  Baluzio,  VI,  188  allegato 
alla  falsiticata  Bist.  liberationis  Messanae.  La  riprodusse  il  Muratori, 
SS.  VI,  620,  e  il  LiiNiG,  Cod.  dipi,  ital.,  II,  845,  II,  2515,  IV,  401,  e  poi  an- 
che Gallo,  l.  e,  e.  22.  A  dire  il  vero  il  Mandalari  è  assolutamente  convinto 
della  sua  autenticità.  Ma  la  circostanza,  che  Ruggiero  fu  coronato  il  25 
Decembre  1130,  e  non  il  15  Maggio  lt29  (come  qui  si  dice),  che  Ruggiero 
prima  del  1136  non  s'è  chiamato  dvix  Capue,  e  tale  non  si  poteva  chiamare, 
ci  autorizza  a  rigettarlo  totalmente  :  non  voglio  neanche  menzionare  le  al- 
tre incongruenze.  Degicjerei  sapere  in  che  rapporto  sta  questa  grossolana 


602  MISCELLANEA 


ed  ha  la  data   del    20   Agosto  1160  (1).   Il  documento  del  28  Ot- 
tobre 1194  s'associa  con  queste  falsificazioni  (2). 


falsificazione  colla  Cronica  Maraldi  anche  apocrifa,  in  cui  si  trova,  nien- 
temeno corae  giorno  dell'  incoronazione  di  Ruggiero,  il  15  Maggio  1129. 
Pirro,  Sic.  Sacr.  I,  Chronologia  XIV.  Rimando  per  tutt' altro  all'as- 
sennata disamina  clìe  il  Di  Meo  nell'  Appay-ato  Cronologico  agli  An- 
nali del  regno  di  Napoli ,  353 ,  359 ,  fece  nel  1785  sui  particolari  del 
diploma  e  della  Cronaca.  Del  resto  è  assodato  che  Ruggiero  diede  effet- 
tivamente un  Privilegio  ai  Messinesi  ;  più  tardi  fu  loro  tolto  e  solamente 
sotto  Guglielmo  II.  fu  riconcednto  alla  città  il  15  Novembre  1167.  Hugo 
Falcandus,  ap.  Muratori,  «SS.,  VII,  324.  [Hist.  o  Lib.  de  Reg.  Sic.  etc. 
a  cura  di  G.  B.  Siracusa,  Roma,  1897,  p.  131  (lì  Trad.)].  Probabilmente 
il  documento  autentico  sta  verso  l'apocrifo  nella  stessa  relazione  in  cui  il 
privilegio  di  Guglielmo  I.  del  Maggio  1160  sta  verso  la  falsificazione  che 
porta  anche  il  suo  nome  colla  d;ita  supposta  dell'Agosto  1160.  Vedi  nota 
seguente. 

(1)  Anche  questo  documento  è  neh'  Ilist.  lib.  Messanae,  ap.  Baluzio, 
1.  cit.,  194,  ap.  Muratori,  1.  e,  624,  e  pure  in  Lùnig,  li,  2517  e  coiranno 
1164  ib.  855;  finalmente  in  Gallo,  1.  e,  37.  Il  falsificatore  racconta  che 
Guglielmo  I.  andò  in  Messinii  e  che  là  gli  si  mostrò  l' originale  del  di- 
ploma di  Ruggiero  :  d.  d.  die  15  Maii  sub  anno  dl29  in  sollemnitate  co- 
ronationis  eiusdem;  che  poi-  gli  erano  mostrati  ancora  Romanorum  chi- 
ìografa;  e  vengono  ora  i  sorprendenti  diritti  su  Gerusalemme  ed  Accon, 
coi  quali  Gughelmo  nulla  però  avea  da  fare;  inoltre  i  cittadini  non  solo 
ottenevano  libertà  di  commercio  per  i  viveri  ma  anche  por  tulio  il  re=!to, 
secundum  dictamen  privilegii  supradicti.  Non  si  comprende  pcrcliè  i  Mes- 
sinesi .selle  anni  più  lardi,  nel  Novembre  del  1167,  offrissero  grandi  doni 
al  Cancelliere  di  Guglielmo  II.,  ut  privilegium  cis  reddi  faceret.  quod  olim 
Rogerius  rex  super  quibusdam  civitatis  immuni tatibus  factum  postea 
poenilentia  ductus  eis  abstulerat.  Hugo^  Falcandus  ,  1.  cil.  324  (ed.  Si- 
racusa, 1.  e.  131).  Secondo  il  diploma  dell'Agosto  del  1160  il  padre  di  Gu- 
glielmo II.  avrebbe  già  confermato  ai  Messinesi  e  rinnovalo  dictum  privi- 
legium in  exempìari  originali  cnntcntum ,  excdlcntis  domini  (  Rogcrii) 
palris  nostri. 

(2)  Qui  inleridu  parlari'.  ili;l  iie;^e.iU>  di'i  \W  Nuim  unii  «icl  HliHUlNG 
nel  suoi  Sizilianischen  Studien .  II.  Anche  Bi'hriiig  riliula  i  diplomi  del 
Maggio  1129  e  dell'Agosto  1160.  Egli  però  lo  pone  p.  6,  nr.  43  per  il  27  Lu- 
glio 1139,  confondendolo  nella  più  .strana  maniera  con /.-L.,  8043;  l'ultimo 
egli  lo  porta  dal  1100  al  11C4,  p.  14  nr.  147,  pag.  15  nr.  150, 


MISCELLANEA  603 


Si  trova  eziandio  una  testuale  corrispondenza  col  privilegio 
falso  del  15  Maggio  1129.  Dove  Ruggiero  avrebbe  stabilito  :  nullus 
civis  Messane  ad  stolnm  et  armaiam  quamcumque  regalem  nec 
alias  per  mare  seu  per  ierram  ire  cogatur  invitus,  praeter  ad 
hoc  opus  mimere  aut  stipendiis  sublimata s  ;  Arrigo  lo  avrebbe 
seguito  nel  28  Ottobre  1194:  nemo  edam  de  Ipsa  civitate  Messa- 
ne invitus  cogatur  ire  in  exercitum  imperialem  aut  regalem 
terra  et  mare,  exeplis  illis  qui  pheuda  tenent.  Le  parole  di  Rug- 
giero: civitates  et  loca,  quae  sunt  a  Ijcontino  usqne  ad  Factas, 
iurare  teneanlur  manutenere  honorem  Messanae  ;  Arrigo  le 
avrebbe  cosi  travolte:  loca  et  civitates,  que  sunt  a  Leontino  usque 
ad  Pactetwem  civilatem,  teneantur  iuì^erando  manuterti  liono- 
rem  Messane  (1).  Ruggiero  avrebbe  stabilito:  stratigotus  de  se 
vel  eius  arbitrio  nihil  exeqiuitiw  nullamque  capiat  mercedem 
vel  poenam;  Arrigo  vi  si  sarebbe  conformato:  stratecotus  Mes- 
sane non  prò  arbitrio  suo  mercedes  vel  poenas  accipiat  (2). 

Anche  nella  concessione  della  libertà  di  commercio  non  manca 
una  corrispondenza  nelle  espressioni. 

S'osservi  poi  che  Ruggiero  avrebbe  conceduto  il  suo  privile- 
gio a  Petro  de  Camulia,  uno  degli  inviati  di  Messina;  che  la  lista 
di  coloro  che  Arrigo  avrebbe  bandito  secondo  il  privilegio  del 
1194,  comincia:  Cataldus  de  Caynulia.  Il  primo  dei  legati  messi- 
nesi, di  cui  si  ha  notizia,  in  una  lettera  del  re  Manfredi,  indubi- 
tabilmente falsificata,  si  chiama  Gifaldus  de  Canmlia  (3);  ed  i 
conoscitori  della  storia  di  Messina  sanno  che  parte  abbia  rappre- 
sentato il  signor  Nicola  di  Camuglia,  secondo  la  Brevis  historia 
liberationis  Messanae,  una  falsificazione  notoria  (4). 


(1)  Hartwig,  p.  31  n. ,  non  ha  ragione  quando  dice  che  questa  frase 
f  si  trova  in  tutti  i  documenti  falsificali  di  Messina  •;  io  l'ho  riscontrala 
solamente  in  quelli  di  Ruggiero  e  di  Arrigo. 

(2)  Come  nel  diploma  attribuito  a  Manfredi,  in  Gallo,  1.  e.  97. 

(3)  Capasso,  Ilist.  dip.  reg.  Siciliae ,  327.  L' editore  ha  con  ragione 
segnato  come  falso  il  diploma,  così  pure  due  altri  che  [lorlano  il  nome  iH 
Manfredi.  Cf.  B.  F.,  MST),  4746,  4759. 

(4)  Cf  la.Bibliografla  in  L.  v.  Heinemann ,  Gesch.  der  Normannen 
in  Unteritalien  und  Sizilien  I,  372.  [Baluzio,  Miscel.  VI,  t74  e  seg.  ;  Mu- 
ratori, jS(S.  Uer.  Ital.  VI,  614  e  segg.;  Amari  ,  St.  dei  Mus.  di  Sic.  Ili, 


604  MISCELLÀNEA 


Per  questa  connessione  non  è  più  dunque  permesso  alcun  dub- 
bio sulle  tendenze  che  hanno  prodotto  il  documento  (iel  1194. 

Inoltre  il  falsificatore  s'è  servito  delle  Consuetudini  di  Messina. 
Due  proposizioni  di  queste  si  riscontrano  nella  sua  composizio- 
ne (1),  quantunque  non  riprodotte  testualmente. 

Dall'altra  parte  si  riscontrano  delle  concordanze  fra  il  diploma 
del  1194  e  quello  del  1197,  così  principalmente  nelle  proposizioni 
che  si  riferiscono  alla  testimonianza  obbligatoria,  1197:  Si  quis  in 
causa  sua  iestes  Invocaverit  et  iesles  ad  testifìcandum  quod  sciunf 
venire  twluerint,  debei  eos  curia  cogere,  ut  testimonium  peribeant; 
e  nel  1 1 94  :  Quicumque  in  causis  in  testimonium  vacati  fuerint, 
et  ipsi  consciverint  (2)  et  ex  eo  in  curia  testi/icari  noluerint, 
de  ceiero  cogantiir  a  curia  testimonium  exhibere.  Anche  si  con- 
frontino le  disposizioni  relative  ai  diritti  di  rappresaglia,  ([uantunque 
nel  primo  1'  esecuzione  sia  afTidata  all'  Ammiraglio  o  al  suo  so- 
stituto, nel  secondo  sia  affidata  al  Baiulo  (3). 

Che  il  Cancelliere  di  Arrigo  VI.  si  sia  servito  del  diploma  del 
1194  è  ad  escludersi  a  priori.  Fatta  astrazione  d'  ogni  nltra  cosa, 
egli  avrebbe  esercitato  la  nostra  critica  sulle  fonti ,  avrebbe  accu- 
ratamente evitato  nel  suo  nuovo  documento  tutto  ciò  che  corrisponde 
alla  l'alsificazione  fabbricata  sotto  ii  nome  di  Ruggiero,  come  anche 
quello  che  corrisponde  alle  consuetudini.  Veramente  non  potrei  an- 


56  e  seg.;  Siracusa,  in  Arch.  Si.  Sic,  N.  S.,  XV,  1890;  p.  1  e  segg.  1  tre 
famosi  cittadini  di  Messina  sono  Ansaldus  de  Pactis,  Nicolaus  Camulia 
e  lacobinus  Saccanus.  (Il  Tnid.)] 

(1)  (Ini)  di  essi  e  il  §  .'-{0;  siili' :illro  richiama  l'aUenzione  il  Hartwig, 
op.  cit,,  p.  31;  veramente  non  Io  troviamo  noi  Diritto  consuetudinario  di 
Messina  come  lo  possediamo  o;,'{?i,  anche  presso  Hartvvig,  Afessineser  Stadi- 
recht  57-74;  si  trova  percS  nc^di  Statuti  di  Trapani  che  derivano  da  quello 
di  Messinn,  La  Mantia,  Consuetudvn  delle  città  di  Sicilia.  104. 

(2)  Così  bÌ80j(na  tinturnlnuMilc  le^,'{?ore,  itou  mai  corno  il  (tAm.o:  <?on- 
senserit. 

(3)  Gallo,  I.  cit.,  12,  ha  stampato:  Accipiat  tantum  de  rebus  ipsius 
quantum  crit  predicla  sub  sncramxsrito.  Il  Manoalari,  93,  n.  2  lo  l-.a  uv 
celtRlo  «enzJi  dinicoUiL  Mi  io  trovo  che  queste  parole  non  hanno  senso; 
probabilmente  «i  da  l-'g^fore  :  accipiat  tantum  de  rebus  ipsìus,  quantum 
erit  predatum,  sub  sasimento. 


MISCELLANEA  605 


che  asserire  che  il  falsificatore  si  sia  pure  giovato  del  privilegio 
del  1197.  Può  darsi  che  si  sia  qualcuno  avvalso  di  qualche  di- 
ploma che  Arrigo  VI.  concedette  in  Messina  il  28  Ottobre  1194. 
11  luogo  ed  il  tempo  s'addicono  all'itinerario  di  Arrigo;  i  testimoni 
si  trovano  più  volle  nel  suo  seguito;  il  Protonotaro  Alberto  sole- 
va in  quel  tempo  far  la  datazione  dei  documenti  ;  la  mancanza 
d'una  ricognizione  si  deve  al  fatto  che  la  carica  di  Cancelliere  era 
vacante  dal  20  Giugno  1194(1);  il  cosidetto  protocollo  è  in  ogni 
parte  conforme  allo  stile  ufficiale. 

Insomma ,  il  falsificatore  ha  seguito  qualche  privilegio  genui- 
no che  Arrigo  VI.  concedette  in  Messina  il  28  Ottobre  1194. 
Perchè  non  potrebbe  essere  stato  conceduto  ai  Messinesi  ?  An- 
che nel  documento  del  1160,  che  dà  piena  franchigia  di  porto 
per  tutto  il  Regno ,  s' è  imitato  uno  autentico  dato  agli  stessi 
Messinesi  nel  1160.  L'affermativa  in  questo  fatto  lasciasi  pro- 
nunziare con  sicurezza ,  poiché  coli'  imitazione  (2)  è  pervenuto 
anche  fino  ai  nostri  giorni  il  medesimo  archetipo  (3).  Per  ana- 
logia si  aggiunga  che  la  falsificazione  che  porta  la  data  del 
28  Ottobre  1194  rimane  in  un  punto  —  com'è  stato  già  det- 
to—  indietro  al  documento  genuino  dell' 11  Maggio  1197,  di  mo- 
do che  dall'Ottobre  1194  a  quello  del  Maggio  1197  si  presenta 
uno  sviluppo  genetico  ;  prima  fu  conservato  l'appalto  del  più  alto 
ufficio  della  città ,  ma  doveva  essere  assegnato  al  maggiore  offe- 
rente soltanto  dopo  il  trascorrere  di  un  nnno  ;  più  tardi  fu  intro- 
dotto lo  stipendio  di  Stato  per  lo  stratigoto.  Che  così  nella  falsifi- 
cazione si  conceda  in  un  punto  meno,  che  nel  documento  autentico, 


(1)  (n*noia]mont(!  lii  slaiiipa  potrebbe  desiar  sosiiclto  in  un  [) unto,  per- 
chè la  Cnnccllcriu  ili  Arrigo  VI.  non  ha  computato  secondo  i  {,'iorni  del 
meso,  come  qui  è  accaduto,  prima  dell'Aprile  1195.  Ma.  come  il  Winkel- 
MANN  notò  noi  Forschungen  zur  dtsch.  Gesch.  XVIII,  479,  il  documento 
nel  Iiil)ro  dei  Privilegi  di  Messina  è:  5'  kal.  Novembris. 

(3)  Cioè  il  falso  di  cui  parlai  soprti  nella  pag.  20  n.  1. 

(3)  A  pag.  15  n.  4  richiamai  l'attenzione  sulle  peculiarità  del  documento. 
Il  falsificatore  lo  ha  preso  con  altre  l'orme.  Del  resto  egli  fa  menziono  espres- 
samente del  privilegio  autentico,  le  cui  concessioni  egli  vuole  ora  esten- 
dere. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  39 


606  .  MISCELLANEA 


mentre  in  pari  tempo  la  stessa  falsificazione  coli'  assoluta  libertà 
di  commercio  concede  molto  di  più,  non  si  lascia  spiegar  bene  a 
parer  mio ,  se  non  ammettendo  che  la  concessione  minore  sia 
stata  trasportata  nella^  falsificazione  da  un  privilegio  autentico, 
che  pur  troppo  è  perduto  per  noi.  Allora  dovrebbero  spettare 
al  privilegio  autentico  anche  le  summenzionate  disposizioni  circa 
la  testimonianza  obligatoria  e  il  diritto  di  rappresaglia  (1);  il  falsifi- 
catore le  avrebbe  copiate  e  la  Cancelleria  imperiale  ne  avrebbe 
tenuto  conto  nel  1197.  Sarebbe  questo  il  fondamento  delle  concor- 
danze? (2) 

Comunque  siasi — il  documento  tramandatoci  del  28  Ottobre  1194 
è  falso;  non  ultimo  scopo  della  falsificazione  fu  l'intenzione  di  dar  fon- 
damento legale  alla  piena  libertà  di  commercio;  e  in  via  accessoria 
concorsero  interessi  genealogici  (3)  —  Un  diploma  autentico  dello 
stesso  anno  e  giorno,  verosimilmente  dato  pur  anche  per  Messina, 
sarà  servito  di  modello ,  e  così  si  può  trar  partito  della  data  e 
dei  testimoni  per   le   indagini  storiche  (4),   Assolutamente  auten- 


(1)  Infatti  è  possibile  che  Arrigo  VI.  nel  1194  avrebbe  conceduto  ancora 
ai  Messinesi  una  grazia,  la  quale  era  più  utile  ad  un  momentaneo  inte- 
resse che  nel  1197  riconosce  non  esser  di  nuovo  abbisognato.  Egli  dice 
dell'Ammiraglio  Margarito  :  res  ipsius,  que  capte  fuerunt  et  expense  prò 
communi  utilitati  Messane,  de  estero  non  exigantur  nec  restiluantur. 
Noi  sappiamo  da  Ottoboni,  Annal.  Genuens.  M.  G.  SS.,  XVIII,  108,  che 
Margarito  possedeva  un  Castello  in  Messina. 

(2)  Costanza  naturalmente  non  poteva  riferirsi  al  presunto  privilegio 
del  1194,  perchè  Arrigo  VI.  nel  1197,  ripetendo  alcune  particolari  conces- 
sioni, avrebbe  dall'  altra  parte  conceduto  di  più  del  privilegio.  Io  noto 
questo  per  la  mia  ipotesi,  pel  caso  in  cui  qualcuno  voglia  rimettere  in 
campo  l'obiezione  del  Hartwig,  op.  cit.,  p.  31,  della  quale  gii'i  m'occupai 
sopra. 

(3)  Non  solo  la  menzione  di  Camuglia ,  di  cui  parlai  sopra  ,  è  prova 
di  questo  fatto;  si  deve  anche  in  generale  domandare  ciò  che  ha  da  fare 
l'enumenizione  dei  vari  banditi  col  privilegio  di  una  città. 

(4)  Altri  potrà  determinare  il  tempo  del  falso,  che  ci  ha  principal- 
mente occupalo  ,  e  anche  degli  altri.  Io  noto  soltanto  :  1.°  che  secondo 
il  Qrxgorio,  Considerazioni  sopra  la  storia  di  Sicilia.  I ,  Prove  ed  an- 
notazioni 45,  il  privilegio    t'ulsilicato  di   Ruggiero   ò   trascritto    nei    Regi- 


MISCELLÀNKA  607 


tici  sono  i  privilegi  del  il97  e  del  Gennaio  1198.  Quest'ultimo  ha 
ora  veramente  solo  il  v:ilore  di  una  conferma  ;  ma  dà  una  nuova 
prospettiva  nello  studio  dello  sviluppo  delle  città  marittime  sici- 
liane più  importanti,  ed  offre  notevoli  aggiunte  nella  storia  di  Ar- 
rigo VI. 


Schè;ffer  -Boichorst 


<o$o=- 


sili  della  Secrezia  del  1428-29  fogli" 244  [Secr.  Arch.  di  Stalo  di  Paler- 
mo, voi.  40,  f.  244.  (Il  Trad.)];  2."  che  l'assoluta  franchigia  di  porto,  di 
cui  molto  si  parla  nelle  falsificazioni  del  Maggio  1129,  dell'Agosto  1160 
e  dell'Ottobre  1194  (dopo  il  privilegio  revocalo  del  1199),  come  noi  già 
dicemmo,  fu  confermata  nell'anno  1296. 

Il  Gomm.  Vito  La  Mantia,  1  privilegi  di  Messina  (1129-1816)  Note 
Sloriche  con  documenti  inediti  (/  privilegi  dei  tempi  Normanni)  Paler- 
mo, 1897,  pubblicò  il  *  transunto  inedito  del  22  dicembre  1439,  nel  quale 
é  inserita  la  copia  del  privilegio  di  Ruggiero  del  1129  »  (con  rota  e  mo- 
nogramma), secondo  il  Regesto  Poligrafo  che  si  conserva  in  Trapani.  Il 
transunto  è  più  antico  della  copia  clie  si  conserva  nella  Secrezia,  Sezione 
diplomatica  dell'  Archivio  di  Slato.  Il  La  Mantia  (p.  3  a  12)  ha  il  merito 
di  avere  posto  in  nota  tulle  le  varianti  che  si  trovano  fra  le  edizioni  pre- 
cedenti e  quella  del  Notar  Mallono  del  1439.  Nell'anno  dopo,  il  mede- 
simo La  Mantia,  Sugli  antichi  priviligi  di  Messina  e  su  le  ultime  con- 
troversie (1741-1800)  per  titolo  di  Capitale  del  Regno.  Palermo ,  p.  IV 
e  V  nota  2,  riportò  tutte  le  varianti  che  si  riscontrano  fra  la  copia  di  Notar 
Mallono  e  l'altra  della  Secrezia  cit  (Il  Trad.). 


RICORDI 

DELLK  COLONIE  LOMBARDE  DI  SICILIA 


Del  1874  nel  II  volume  delle  Opere  di  Lionardo  Vigo  il  ver- 
nacolo di  San  Fratello,  mia  terra  natale ,  era  onorato  dei  titoli 
di  gergo,  à' ibrido,  à' inintelligibile  più  della  favella  di  Satanasso:—- 
Diamine!  dissi  tra  me  e  me:  paragonabile  alla  lingua  di  Satanasso 
la  favella,  eh'  appresi  col  latte  sulle  ginocchia  di  mia  madre  ?  Ve- 
diamo di  che  si  tratta  :  e  dato  di  piglio  alla  penna ,  cominciai  a 
scrivere  il  Discorso  intor^no  al  dialetto  di  San  Fratello,  che  usci 
fuori  in  Palermo  del  1875.  In  esso,  senza  pretenderla  a  glottologo 
né  a  fonologo,  mi  tornava  agevole  dimostrare  con  un  po'  di  pra- 
tica d'italiano  e  di  latino,  che  il  linguaggio  incomprensibile  più 
che  la  favella  di  Satana,  è  un  dialetto  rotnanzo,  come  tutti  i  dia- 
letti d'Italia,  vari  nella  forma,  identici  nella  sostanza. 

Data  mano  al  Discorso,  ne  resi  consapevole  lo  vstesso  Vigo;  il 
quale  cosi  mi  rispose  : 

Aci  10  del  1875. 

Sig.  Luigi  Vasi,  Soddisfacendo  la  di  lei  dimanda,  mi  onoro  farle 
conoscere  essere  pubblicati  dal  Loescher  in  Milano  i  Cnnli  popo- 
lari lombardi.  Ella  mi  scrive:  «  La  lettura  del  secondo  volume 
dello  opero  sue.  »  Ciò  mi  sorprende.  Come,  dove,  da  chi  V  ha  po- 
tuto avere  a  31  dicembre  1874? 

Dovendo  io  pubblicare  in  primavera  degli  sludi  sulla  parlata 
sanfratellana,  se  le  giova  e  talenta  potrò  indirmi  le  di  lei  osse?*- 


iUSOBLLAVlA  600 


vazioni  suU'istesso  argomento,  e  le  darò  col  di  lei  nome  .  .  . ,  ch'io 
non  voglio  penne  altrui. 

Div.  LioNARDO  Vigo. 

Avendo  risposto  all'illustre  scrittore,  e  dettogli,  che  non  fidasse 
in  corrispondenti  imperiti  del  dialetto  sanfratellano,  ricevetti  que- 
st'altra lettera  : 

Aei  21  del  i875. 

Riverito  Sig.  Luigi  Vasi,  Sento  quanto  mi  dice  nella  sua  del 
16.  Che  fare?  Pazienza;  la  responsabilità  non  è  mia.  A  quanti 
scrissi,  noji  risposero,  a  quanti  pregai,  fiato  perduto. 

Io  sono  stato  costretto  a  dettare  con  5  anni  di  preparazione 
una  Monografia  critica  delle  colonie  lombardo-sicule,  che  leggerò 
alla  nostra  Società  di  Storia  patria  in  aprile  in  Palermo.  In  essa 
sono  a  mare  largo;  ivi  è  la  IV  appendice  contenente  il  parallello 
delle  parlate  lombardo-sicule  con  la  veneta ,  lombarda ,  piemon- 
tese, ligure  ec.  Sarà  evulgata  quest'  anno.  Mi  dica  in  che  discor- 
diamo, e  potrò  correggermi,  e  dichiarare  di  averne  obbliga  a  lei. 

Per  minorarle  l'incomodo,  le  spedisco  un  elenco  a  stampa  ;  lo 
riempia,  lo  annoti  e  lo  restituisca,  uscirà  in  di  lei  nome.  Se  vuole 
potrà  aggiungervi  can  lettera  quanto  stimerà  convenevole. 

Mi  saluti  l'UgduIena  caramente  e  mi  creda 

P.  S.  Dovendo  nella  Monografia  ristampare  i  Canti  di  San  Fra- 
tello, può  mandarmene  l'errata-corrige. 

Bio.  LiONAEDO  Vigo. 

Mandai  l'elenco,  non  Veì^'ata,  lavoro  lungo  e  noioso ,  essendo 
le  poesie  sanfratellane,  impropriamente  chiamate  Canti,  pubblicate 
dal  Vigo,  scorrettissime  di  fo-rma  e  di  significato.  Mi  rispose: 

Aci  10  febbraio  1875. 

Pregiatissimo  Signore,  Rispondo  alla  sua  del  5  con  1'  elenco. 
Io  cado  dalle  nuvole;   mi  duol«  averla   conosciuto   troppo  tardi. 


610  hisoellanJbìa 


Riparerò  quanto  potrò  con  la  stampa  della  Monografia  delle  co- 
lonie lombardo-sicule. 

Il  Ferrare  potrà  averlo  dal  Loescher  da  Firenze, 

Appena  ricevuto  il  di  lei  lavoro ,  lo  farò  pubblico  nel  modo 
che  mi  sarà  più  agevole  e  pronto. 

Ho  sott'occhio  le  parlate:  Liguri,  Monferrine,  Lombarde,  Ve- 
nete ec,  e  non  posso  ancora  determinare  l' origine  di  S.  Fratello 
sicuramente.  Altre  ne  attendo  per  continuare  il  parallellismo,  ma 
vorrei  meco  lei  e  il  Roccella  di  Piazza.  Comunque  sia,  continuerò 
i  confronti,  e  forse  troverò  le  città  e  i  borghi  originari  di  S.  Fra- 
.tello,  Aidone  e  Piazza,  comuni,  ove  meglio  e  pieno  corrotto  si  con- 
serva il  subdialetto  nativo. 

Si  conservi  e  mi  creda 

Suo  servo  ed  amico  L.  Vigo. 

Man  mano,  che  il  mio  lavoro  andava  innanzi,  gli  errori  del 
Vigo  mi  si  rendevano  ogni  di  più  manifesti.  Prevedendo  quindi, 
che  il  valentuomo  non  lo  avrebbe  pubblicato  da  se ,  lo  pubblicai 
io  per  conto  mio ,  e  gliene  mandai  copia.  Il  mutamento  di  lin- 
guaggio, eh'  osservasi  di  leggieri  nella  seguente  risposta,  dimostra 
chiaramente,  ch'io  mal  non  mi  apposi: 

Aci  10  di  ottobre  1875. 

Sacerdote  Luigi  Vasi,  Ho  ricevuto,  non  ietto  ma  divorato  il  di 
lei  opuscolo,  e  nell'accennarlene  recezione,  mi  compiaccio  con  lei 
del  di  lei  lavoro,  ringranziandola  delle  gentilezze  di  cui  mi  è 
cortese.  Sono  certo  n'  ha  mandato  un  esemplare  all'egregio  Remi- 
gio Roccella  a  Piazza  ;  se  non  l' ha  fatto,  purghi  la  mora  ;  egli  se 
vorrà,  può  integrare  il  lavoro  di  lei,  aggiungendovi  le  osserva- 
zioni sul  linguaggio  della  di  lui  città. 

Io  non  sono  né  potrò  essere  giudice  tra  lei  e  ...  in  quanto 
alla  parte  fonetica  di  cotesta  parlata;  perchè  mi  ò  ignota.  Se  uno 
0  più  udendola  la  trascrivono  comtemporaneamente  in  modo  dif- 
ferente, non  si  può  dar  torto  a  nessuno.  É  il  caso  di  Mantegazza 
fra  i  papuas. 

Noi  siamo  pienamente  di  accordo  ,    non  ne  maravigli.  —  Io  ho 


HtSOBLLANBA  611 


studiato  superficialmente  le  colonie  lombarde  occasionalmente  ai 
Ganti  popolari  prima  e  seconda  edizione;  ma  col  massimo  impe- 
gno per  dettare  la  Monografia,  che  ho  pronta  alla  stampa  su  que- 
sto argomento,  nel  quale  m'han  tratto  pe'  capelli  e  villanamente 
il  De  Gubernatis  e  il  di  lui  Signore  M.  Amari, 

Quand'olia  la  leggerà,  troverà  annunziato  e  documentato  quanto 
ha  già  proclamato.  Io,  la  mercè  di  un  larghissimo  carteggio,  con- 
sociando filologia,"  storia  e  diplomatica,  credo  aver  assicurato  il 
vero  delle  quattro  colonizzazioni  certe.  E  avrò  il  piacere  di  gio- 
varmi dei  di  lei  studi,  rendendole  il  debito  onore. 

Ora  rileggerò  il  di  lei  prezioso  opuscolo  pacatamente,  lo  an- 
noterò a  lapis  com'  è  mia  abitudine ,  forse  ne  darò  un  giudizio 
critico  in  qualche  giornale  se  ne  avrò  il  tempo ,  e  le  manderò 
copia. 

Obbligalissimo  L.  Vigo. 

Il  giudizio  critico,  che  il  valentuomo  promette  col  forse^  uscì 
in  effetto  nel  Precursore,  giornale,  che  pubblicavasi  allora  in  Pa- 
lermo. In  esso  il  Vigo  dimenticò  tutto  quello,  che  mi  aveva  scritto 
prima  che  uscisse  alla  luce  il  Di.scorso  :  dimenticò  e  1'  offerta  di 
Dubblicare  le  mie  osservazioni,  e  la  pazienza  invocata  ,  e  la  re- 
sponsabilità non  sua,  e  il  desiderio  di  conoscere  in  che  discorda- 
vaino  per  corii'eggersi ,  e  il  chiestomi  errata-corrige ,  e  il  cader 
dalle  nuvole,  e  il  dispiacere  d'avermi  conosciuto  troppo  tardi,  e 
il  proposito  di  riparare  alla  meglio  con  la  stampa  della  Mono- 
grafia. 

Ma  questo  l'aveva  scritto  privatamente,  e  però  senza  pericolo 
di  compromettersi  co'  suoi  avversari.  Uscito  fuori  il  Discorso  ecco 
il  valentuomo  dichiararsi  incompetente,  in  fatto  di  pronunzia,  a 
portar  giudizio  tra  me  e  i  suoi  corrispondenti ,  trovarsi  meco  in 
perfetto  accordo,  tenere  pronta  alla  stampa  la  Monografia,  in  cui 
troverei  annunziato  e  documentato  quanto  era  uscito  della  mia 
penna  ;  e  se  nella  lettera  dichiara,  che  gli  sarei  servito  di  giova- 
mento, nel  Cenno  critico  trova  materia  da  censurare,  non  da 
imitare. 

Di  qui  una  Lettera  sul  dialetto  di  San  Fratello,  diretta  all'  il- 


tua  1IÌ6CBI.&AKSA 


lustre  prof.  Giuseppe  Ricca-Salerno ,  e  pubblicata  del  1876  in  Fi- 
renze dalla  Rivista  Europea.  In  essa  con  maggior  copia  d'  argo- 
menti e  di  prove  presi  a  ribadire  tutto  che  avevo  affermalo  nel 
Discorso,  confutare  partitameute  tutti  gli  errori  del  Vigo,  ed  ag- 
giungervi di  nuovo  la  provenienza  di  San  Fratello  dalla  provin- 
cia dell'Emilia  e  della  Puglia. 

Trascrivo  la  lettera,  speditami  dal  Vigo,  in  risposta  al  mio 
nuovo  lavoro  : 

Acireale  19  dicembre  1876. 

Riverito  Sig.  Vasi,  Dopo  aver  ricevuto  la  di  lei  lettera  dell'  8 
volgente  ho  richiamato  e  letto  la  di  lei  epistola  pubblicata  nella 
Rivista  Europea  e  diretta  al  Sig.  Giuseppe  Ricca-Salerno  sul  lin- 
guaggio sanfratellano.  È  inutile  eh'  io  ripeta  non  poter  essere 
giudice  di  ciò  che  non  conosco  e  non  voglio  conoscere.  —  Se  quel 
linguaggio  non  è  demoniaco,  sarà  angelico,  ma  io  lo  ignoro  e  non 
lo  comprendo. 

Attendo  con  impazienza  gli  ulteriori  di  lei  lavori  suH'  argo- 
mento e  sempre  più  ammirerò  la  di  lei  sagacia  ed  erudizione.  La 
Monografia  sulle  colonie  lombardo-sicule  è  compiuta  da  più  tem- 
po, ma  ancora  non  è  pubblicata  :  ivi  toccherò  la  tesi  suindicata, 
ed  ella  avrà  la  sua  copia.  Ma  di  nuovo  ?  Nulla.  Io  credo  che  al 
tempo  di  quelle  emigrazioni  e  dopo  divulgato  il  bando  s'imbarca- 
rono per  Sicilia  a  stormi  abitatori  di  città,  villaggi  e  campagne, 
e  avidi  di  miglior  fortuna  di  tanti  paesi  d'  unica  regione ,  e  qui 
tragittavano  portando  ciascun  il  proprio  dialetto  o  subdialetto, 
dalle  quali  miscee  derivarono  le  presenti  parlate  di  Nicosia,  Piazza, 
Aidone,  San  Fratello.  Chi  dissente  da  questa  mia  ipotesi  buon  prò' 
gli  faccia. 

L'egregio  Sig.  Remigio  Roccella  ha  dato  al  pubblico  il  vocabo- 
lario piazzesG  in  un  bel  volume  e  nient'  altro  :  se  ella  si  piacesse 
imitarlo ,  farebbe  un  bene  al  di  lei  loco  nativo,  a  Sicilia  e  agli 
studi  linguistici. 

Mi  creda  con  ogni  osservanza 

Obbligatissimo  L.  Vigo. 


MISCBLLÀiUU.  Qld 


Come  vedesi  da  questa  lettera,  il  Vigo  era  della  scuola ,  che 
divide  l'uomo  dal  letterato,  la  parola  dall'azione,  la  coscienza  pri- 
vata dalla  pubblica,  la  politica  dall'onestà.  In  principio  peccò  di 
buona  fede,  prestando  cieca  credenza  a  corrispondenti  ignoranti 
il  linguaggio  sanfratellano;  il  torto  di  lui  incomincia,  allorché  per 
non  confessare  i  suoi  ei'rori,  si  volse  a  mezzi,  eh'  ogni  uomo ,  ri- 
spettoso della  dignità  propria,  non  si  permette  di  usare. 

La  Monografia,  tante  volte  pronta  alla  stampa,  anziché  del 
1875  0  76,  uscì  fuori  del  1884,  dopo  la  morte  dell'autore.  Tanto 
procrastinare  fu  per  avventura  effetto  dei  miei  scritti ,  stampati 
e  da  stampare  ?   Parrebbe  di  sì. 


A  suggerimento  del  Dott.  Sig.  Francesco  Ugdutena ,  stampato 
ii  Dìscomo,  ne  mandai  alquanti  esemplari  all'  illustro  Michele  A- 
mari  ;  da  cui  me  n'ebbi  la  lettera  seguente  : 

Firenze  11  ottobre  1875. 

illustrissimo  Signore,  Tocca  in  vero  a  me  di  ringraziare  1'  a- 
mico  Dott.  Ugdulena  per  la  cortesia  eh'  egli  le  ha  suggerita  come 
veggo  dalla  pregiata  lettera  del  tre. 

E  più  ringrazio  lei  della  gentilissima  sua  e  del  succoso  opu- 
scolo, del  quale  mi  ha  mandato  le  copie. 

Sarà  mia  cura  di  donarne  tre  a  persone  che  ne  sapi'anno  pro- 
tittare. 

Dal  canto  mio  stretto  dalle  faccende  della  prossima  partenza 
per  Roma,  non  ho  potuto  che  percorrere  il  lavoro,  il  quale  mi 
sembra  molto  concludente. 

Cerchi  di  estendere  le  sue  ricerche  ad  altri  paesi,  e  continui 
ad  approfondire  la  quistione,  eh'  è  importante,  e  a  dar  buon  esem- 
pio ad  altri  in  Sicilia  e  fuori. 

Mi  creda  disposto  a'  suoi  comandi  e  accetti  i  miei  cordiali  saluti. 

Sue  devotissimo  M.  Amari. 
Incoraggiato  da  tale  e  tant'  uomo ,   mi  rivolsi  a   lui  per  tro- 


614  MISCELLANEA 


varmi  nel  continente  chi  volesse   pubblicare  la  Lettera  al  Ricca- 
Salerno.  Risposemi  : 

Roma  24  maggio  1876. 

Pregiatissimo  Signore,  Godo  nel  ritrar  dalla  sua  lettera  del  17, 
eh'  Ella  abbia  in  pronto  un  lavoro  sul  dialetto  di  San  Fratello  e 
che  si  disponga  a  pubblicarlo.  Il  Vigo  dirà,  come  già  fece  per  un 
certo  articolo  del  prof.  De  Gubernantis,  eh'  io  vada  procacciando 
chi  lo  combatta;  ma  mi  cale  poco  della  sua  antica  collera  e  di 
lui,  e  molto  al  contrario  mi  preme  che  progrediscano  gli  studi 
dei  dialetti  dalle  Alpi  a  Pantellaria. 

Delle  riviste  che  potrebbero  stampare  il  suo  lavoro  la  più  ac- 
concia mi  sembra  la  Rivista  Europea  diretta  dal  Prof.  De  Guber- 
natis  dell'Istituto  di  Firenze.  Indianista  e  linguista  egli  è  del  Mon- 
ferrato, ed  ha  trattata,  come  ho  detto ,  la  quistione  dei  dialetti 
lombardi  di  Sicilia,  facendo  giustizia  degli  spropositi  di  sor  Leo- 
nardo. 

Mi  dica  dunque  a  un  dipresso  la  mole  della  sua  dissertazione. 
Intanto  ne  scriverò  al  lodato  professore,  che  mi  è  amicissimo.  Ma 
faccia  presto  la  risposta,  perchè  De  Gubernatis  dee  partire  in  lu- 
glio pel  Congresso  degli  Orientalisti  a  Pietroburgo  ;  converrebbe 
ch'egli  avesse  il  suo  manoscritto  prima  di  lasciar  Firenze. 

Sogliono  le  Riviste  dare  un  certo  numero  di  estratti  all'autore, 
e  non  occorre  pagare  di  posta  per  le  stampe.  Soltanto  credo  sa- 
rebbe bene,  che  dietro  nuovo  mio  avviso.  Ella  mandasse  il  mano- 
scritto a  Firenze  sotto  fascia  raccomandato,  che  non  costa  molto. 
Gradisca  i  miei  cordiali  saluti. 

Devotissimo  M.  Amari. 
Vawlso  promessomi  mi  fu  dato  dalla  lettera  seguente  : 

Roma  1°  giugno  1870. 

Pregiatissimo  Signore,  il  Prof.  De  Gubernatis  mi  scrive  per 
l'appunto  cho  è  pi'onto  ad  in.sei'ire  il  suo  articolo  con  la  neces- 
saria riserva  del  Dirotlore  d'ogni  Rivista,  cioò  di  rinviarlo,  se  non 


MISCELLÀNEA  6l5 


gli  sembri  opportuno  —  della  quale  riserva  sono  certo  che  non 
sarà  luogo  a  servirsi. 

Ella  potrà  dunque  inviare  il  Ms.  al  detto  Profes.  Angelo  De 
Gubernatis,  Direttore  della  Rivista  Europea,  sotto  fascia  racco- 
mandato a  Firenze. 

Faccia  presto,  perchè  il  De  Gubernatis  dal  6  in  poi  sarà  occu- 
pato al  Giurì,  e  poi  dovrà  partire. 

Mi  creda  sempre 

Suo  Devotissimo  M.  Amari. 

Ad  altra  mia,  con  cui  chiedevo  l' esito  della  pratica ,  rispon- 
deva così: 

Roma  19  Luglio  1876. 

Pregiatissimo  Signore,  Rispondo  molto  tardi,  perchè  sono  an- 
dato e  venuto  tra  Roma  e  Firenze,  e  in  quest'ultima  non  ho  tro- 
vato il  De  Gubernatis. 

Avendogli  dunque  scritto,  ei  mi  risponde  aver  già  ricevuto  il 
suo  lavoro  e  disporsi  a  pubblicarlo  come  prima  avrà  un  po'  di 
posto  nella  Rivista. 

Intanto  mi  fo  un  dovere  di  significarlo,  e  con  perfetta  stima 
mi  dico 

Suo  Devotissimo  M.  Amari. 

Avendo  del  1882  pubblicato  altro  mio  lavoro  Delle  (hHgini  e 
vicende  di  San  Fratello,  in  cui,  scrivendo  senza  preconcetti,  m'ero 
trovato  in  qualche  punto  discorde  dall'  Amari ,  ne  chiesi  scuse 
allo  scrittore  insigne,  e  ne  ricevetti  la  lettera,  che  segue: 

Roma  29  maggio  1882. 

Pregiatissimo  Signore,  Ma  si  figuri  se  mi  potrebbe  far  dispia- 
cere la  correzione  d'un  errore!  Quand'anche  non  fosse  accompa- 
gnata da  quella  cortesia,  ch'io  trovo  nella  sua  lettera  e  nel  suo 
opuscolo,  o  per  dir  meglio  in  qualche  pagina  che  ne  ho  percorsa 


tic  MlSOXLtAtrBÀ 


in  fretta,  quand'anco  la  correzione  non  fosse  inzuccherata,  io  ne 
sarei  sempre  soddisfatto.  Che  altro  si  può  cercare  se  non  la  "ve- 
rità, dico  nella  Storia  come  in  ogni  scienza  ? 

Dunque  la  ringrazio-  del  suo  dono,  della  sua  lettera  e  della  sua 
gentilezza  e  amorevolezza.  Non  le  prometto  con  ciò  di  riesami- 
na^e  immediatamente  le  sue  argomentazioni ,  perchè  ho  per  le 
mani  tante  faccende  che  premono. 

Non  tarderò,  s'io  conoscerò  errore,  a  confessarlo,  e  se  mi  par- 
ranno deboli  le  ragioni  di  Lei  a  palesarglielo  schiettamente. 

In  questo  mezzo  mi  proferisco 

iSwo  Devotissimo  M.  Amari. 

Pubblicata  la  Monografia  del  Vigo,  in  cui  agli  errori  antichi 
se  n'erano  aggiunti  di  nuovi ,  tra  per  questo  e  per  l'eccitamento 
dell'Amari  ad  estendere  le  mie  ricerche  agli  altri  comuni  lom- 
bardi di  Sicilia ,  pubblicai  del  1884  le  Osservazioni  antiche  alla 
Monografia  crHtica  di  Lionardo  Vigo,  e  secondo  il  mio  solito  ne 
mandai  copia  all'  Amari.  Delle  Osservazioni  basta  il  cenno  ora 
fatto,  potendo,  chi  n'  abbia  voglia,  leggere  il  lavoro  uaìV Archivio 
Storico  Siciliano  del  1884,  da  cui  fu  pubblicato.  Giova  invece  ren- 
der nota  la  lettera,  che  me  ne  scrisse  l'Amari: 

Roma  19 84. 

Pregiatissimo  Signore,  Ho  letto  il  suo  articolo  sui  dialetti  così 
detti  lombardi  della  Sicilia,  e  la  ringrazio  della  cortesia ,  con  la 
quale  me  ne  ha  fatto  dono. 

In  vero  Ella  ha  fatto  un  esame,  che  dà  buoni  risultati,  ancor- 
ché il  metodo  non  dia  certezza  assoluta  delle  relazioni  di  un  par- 
lare con  l'altro  di  quei  comuni  (1). 

Gradisca  i  miei  cordiali  saluti. 

Suo  Devotissimo  M.  Amari. 


(1)  Od  io  m'inganno,  o  la  certezza  assoluta  non  ò  dell'argomento,  di 
cai  é  parola.  La  certezza  assoluta  può  aversi   nelle  matematiche,  nelle 


MISCELLANEA  617 


L'Amari,  anima  sdegnosa  ed  onesta  ,  come  rilevasi  da  queste 
lettere  e  da  tutti  i  suoi  scritti,  ignorava  certa  vanità  muliebre, 
certe  arti  sleali:  scriveva  come  sentiva,  e  come  scriveva,  operava, 
ed  operava  da  gentiluomo  non  solo,  ma,  ciò  che  più  monta,  da 
galantuomo.  Ricco  d'ingegno,  di  sapere,  di  dottrina  propria  ab- 
borrì  dai  saccheggi  letterari  non  meno  disonesti  che  i  guerreschi 
e  i  plebei. 


IL 


Quando  del  1875  pubblicai  il  Discorso,  era  opinione  generale 
dei  letterati,  che  le  colonie  lombarde  di  Sicilia  fossero  tutte  quante 
originarie  del  Monferrato.  Di  fatto,  scriveva  il  Vigo  :  «  In  quanto 
alla  loro  provenienza,  cioè  derivare  dall'antico  Monferrato,  non 
esistea  il  menomo  dubbio,  né  per  me,  nò  per  Tommaseo,  né  per 
Costantino  Nigra,  ne  per  P.  Emiliani  Giudici,  né  per  Giulio  Grion, 
né  per  Alessandro  D'  Ancona,  né  per  Chatinet,  né  per  Isidoro  La 
Lumia  ,  né  per  lei,  mio  illustre  amico ,  insomma  per  nessuno  di 
quanti  parlarono  di  quel  mio  libro.  » 

Io  pel  primo,  ancorché  non  letterato,  osai  nel  Discorso  oppor- 
mi al  torrente  dei  letterati,  scrivendo  :  «  A  me  sembra  più  con- 
faconte  alla  natura  dell'uomo,  e  quindi  più  conforme  alle  ragioni 
storiche,  vedere  nei  Lombardi  venuti  in  Sicilia  un'accolta  d'indi- 
vidui e  d'intere  famiglie,  pertinenti  a  tutte  le  provincie  lombardo 
d'Italia.  Siano  quali  si  vogliano  le  condizioni  civili  ed  economiche 
d'un  popolo,  vi  sono  pur  sempre  mortali  che,  o  diseredati  dalla 
fortuna,  od  agitati  da  forti  e  perpetue  passioni ,  agognano  a  mu- 
tar sede.  Ed  il  secolo  avventuriero ,  la  voce  della  Religione,  la 
speranza  di  sorte   migliore ,  e  sopratutto   le   vittorie   delle  armi 


fìsiche,  nella  storia  naturale,  ed  anco  nella  storia  civile  qaand'  é  corre- 
data da  documenti  certi  e  irrefutabili.  In  materia  di  dialetti  affini,  di  pro- 
venienze di  origini,  sia  qual  si  voglia  il  metodo,  non  si  può  altro  ottenere, 
che  la  probabilità,  o  al  [tiù  la  certezza  morale.  Io  credo  d' aver  dimo- 
strato la  prevalenza  dell'Emilia  nel  Sanfratellano,  della  Liguria  in  quello 
di  Nicosia.  La  relazione  adunque  tra  Nicosia  e  San  Fratello  é  quella 
stessa  che  passa  tra  l'Emilia  e  la  Liguria. 


618  MISCELLANEA 


normanne,  dovettero  di  concerto  chiamare  nell'isola  genti  di  tutte 
le  parti  della  terraferma:  nell'isola,  già  famosa  per  antiche  e  re- 
centi memorie,  e  capacissima,  segnatamente  dopo  le  sconfìtte  e  la 
partita  dei  Musulmani,  di  ricevere  nuovi  ospiti.  Ciò  verrebbe  mo- 
strato dalla  forma  del  dialetto,  di  cui  è  parola,  nel  quale  ti  è  dato 
vedere  un  corpo  vivente  di  lingua ,  i  cui  elementi,  nella  totalità 
loro  sostanzialmente  italiani,  arieggiano  tutti  i  dialetti  affini,  seb- 
bene possano  appartenere  più  a  questo  che  a  quello  (1).  » 

E  nella  Lettera  al  Ricca-Salerno  :  «  Circa  al  luogo,  da  cui  par- 
tirono (i  coloni  di  S.  Fratello),  a  me  sembra,  che  il  centro  prin- 
cipale sia  stato  l'Emilia  :  Piacenza,  Modena,  Reggio,  co'  luoghi  cir- 
convicini. » 

«  Altri  vocaboli  e  forme  di  rilievo  accennano  ad  una  forte  mi- 
schlanza  di  Lombardi  venuti  dal  mezzogiorno  d' Italia ,  mischiati 
verosimilmente  a  non  so  quanti  Italiani.  La  Puglia  segnatamente 
dovette  fornire  ai  conquistatori  normanni  grosso  numero  d'uomini 
per  questi  novelli  impianti.  »  Pag.  55-59. 

Ribadivo  queste  medesime  idee  nelle  Origini  e  vicende  di  San 
Fratello  :  «  Tutti  questi  nomi  di  luoghi,  di  famiglie  e  di  persone, 
offrono,  se  mal  non  mi  appongo  ,  le  tracce  del  cammino  tenuto 
da  quei  Lombardi  ed  altri  ItaJiani  della  terraferma,  che  vennero 
a  ripopolar  San  Fratello,  e  servono  ad  un'ora  a  confermare  l'o- 
pinione da  me  manifestata  altrove,  che  di  loro  la  maggior  parte 
mosse  dalle  provincie  della  Puglia  e  dell'  Emilia.  Gli  è  fuor  di 
dubbio  che  primi  a  seguire  i  Normanni  nel  conquisto  della  Sicilia 
dovettero  prestarsi  coloro,  che  stati  erano  primi  spettatori  del  va- 
lore e  della  fortuna  di  quei  venturieri.  Ond'  è  naturale  che  parte 
adescati  dalle  promesse,  parte  per  sottrarsi  dal  furore  delle  fa- 
zioni'o  dalla  tirannide  bizantina,  parte  ancora  per  ragione  di  mi- 
litari servigi,  gli  abitatori  della  Puglia  e  delle  confinanti  Provin- 
cie si  accompagnassero  in  buon  numero  coi  conquistatori  ad  ogni 
costoro  passaggio  nell'isola.  E  che  qui  poscia  gran  parte  della 
gente  condotta  fosse  rimasta  dopo  il  conquisto;  che   le  amicizie, 


(1)  Pag.  26  del  volume,  in  cui  furono  raccolti  gli  sparsi  miei  scritti, 
ristampati  in  Palermo  del  1889,  sotto  il  titolo:  Studi  slorict  e  filolo- 
gici di  Luigi  "Vasi. 


MISCELLANEA  019 


le  parentele,  la  prosperità  dell'impresa,  le  dovizie  e  gli  alletta- 
menti dell'isola,  la  forma  del  nuovo  Stato  e  l'unione  di  questo  con 
altri  Stati  della  terraferma,  il  vuoto  lasciato  da  tante  stragi  ed 
emigrazioni  di  Musulmani,  e  finalmente  il  sentimento  e  la  voce 
della  Religione,  efficacissimi  a  quei  tempi ,  avessero  alla  spiccio- 
lata e  divisamente  non  solo,  ma  a  famiglie  compatte  ed  a  torme 
chiamate  nuove  genti  dal  continente ,  puossi  argomentarlo  cosi 
dalla  natura  delle  cose,  e  dalle  passioni  eh'  agitano  perpetuamente 
il  cuore  dell'uomo,  come  dal  numero  delle  colonie  lombarde,  che 
vi  si  vedono  stanziate  dopo  il  conquisto.  Tali  furono  Aidone,  fiu- 
terà, Gapizzi,  Maniaci,  Nicosia,  Novara,  Piazza,  Randazzo,  San  Fra- 
tello, Santa  Lucia,  Sperlinga,  Vicari,  e  forse  altri  •  luoghi. 

Né  scarso  è  da  dire  il  numero  dei  loro  abitanti ,  se  un  secolo 
appena  dacché  i  conquistatori  ebbero  posto  piede  nell'isola,  si  tro- 
varono in  grado  d'offrire  venti  mila  uomini  atti  alle  armi.  Né  pa- 
recchie di  esse  avrebbero  potuto  sino  al  di  d'  oggi  conservare  il 
linguaggio  del  luogo,  donde  partirono ,  senza  un  grosso  numero 
di  madri,  dalle  quali  più  che  da  ogni  altro  lo  imparano  1  figli, 
ed  é  tramandato  alle  generazioni  avvenire.  Né ,  supposto  che  i 
nuovi  venuti  accoppiati  si  fossero  con  donne  siciliane,  avrebbero 
queste,  dimorando  pur  sempre  nell'  isola ,  disimparato  il  proprio 
per  apprendere  idioma  straniero. 

Quanto  ai  Lombardi  dell'Emilia,  vuoisi  riflettere  essere  questa 
contrada,  sovra  ogni  altra  d' Italia ,  devastata  a  quei  tempi  dalle 
inondazioni  dei  fiumi,  che  ne  rendevano  sterili  i  campi  e  mal  sano 
il  soggiorno.  Più  infeste  della  natura  la  barbarie  feudale,  la  fero- 
cia delle  fazioni ,  la  lunga  lotta  ed  immane  tra  il  sacerdozio  e 
l'impero,  spingevano  i  mortali  a  distruggersi  le  abitazioni  e  mor- 
dersi a  guisa  di  cavalli  sfrenati.  Di  che  le  emigrazioni»  lombarde 
di  quelle  parti  si  protrassero  sino  ai  tempi  di  Federico  II ,  come 
n'  è  pruova  un  diploma  del  1237,  onde  l' Imperatore ,  che  trova- 
vasi  allora  nel  campo  presso  Brescia,  a  moltitudine  di  Lombardi, 
a  lui  accorsa,  concede  di  recarsi  in  Sicilia  ad  abitare  Scopello  e 
Gorleone.  Ne  è  da  tacere  l'opinione,  che  d'  Aidone  e  di  Piazza  fa 
due  colonie  lombarde  partite  da  Piacenza;  come  non  vuoisi  o- 
mettere  il  nome  di  Furiano,  onde  va  chiamato  il  principale  fiume 
di  San  Fratello,  di  provenienza ,  siccome  ei  pare ,  dal  modanese 
Friano.  »  Pag.  93-94, 


620  KISOELLANEA 


Finalmente  nelle  Osservazioni  critiche:  «  Da  questi  calcoli, 
esatti  quanto  il  comporta  la  natura  di  questo  lavoro,  si  può  non 
senza  fondamento  dedurre,  che  alla  formazione  delle  cinque  co- 
lonie ch'ancora  esistono,  concorsero  per  metà  il  Genov osato  e  il 
Piemonte  col  Principato  di  Monaco  e  la  Contea  di  Nizza,  per  l'al- 
tra metà  le  provincie  del  Mezzogiorno  e  l'Emilia.  Quanto  a  pre- 
valenza, per  Nicosia  e  Sperlinga  appare  manifesto  il  predominio 
assoluto  delle  provincie  liguri  e  di  Cuneo  ;  per  San  Fratello,  poco 
meno  notabile,  ma  pur  sempre  chiaro,  della  provincia  di  Modena 
e  della  Terra  di  Bari,  per  Aidone,  uno  leggerissimo  e  quasi  nullo 
della  provincia  d'Alessandria  ;  per  Piazza,  od  esso  non  esiste,  o  la 
natura  della  sua  versione,  troppo  rimota  dall'originale,  non  ci 
permette  di  scorgerlo.  »  Pag.  147. 

E  riferendomi  al  solo  San  Fratello  :  «  Or  io  credo  d'aver  dimo- 
strato . . . ,  che  gli  abitanti  di  questo  provennero  per  la  massima 
parte  dall'Emilia  e  la  Puglia.  Quest'asserzione  si  fonda  sul  grosso 
numero  di  vocaboli,  frasi  e  costruzioni,  comuni  a  San  Fratello  e 
a  quelle  provincie,  il  quale  rivela  la  stess'aria  di  famiglia...; 
sull'i,  che  San  Fratello  quasi  sempre  premette  dinanzi  all'è,  pro- 
prietà quasi  esclusiva  delle  provincie  meridionali  ;  sul  suono  par- 
tecipante dell' a  e  dell' e,  frequentissimo  in  San  Fratello,  e  feno- 
meno linguistico  dice  l'Ascoli,  proprio  dell'Emilia;  sulla  mancanza 
nel  dialetto  sanfratellano  di  certe  forme  del  Piemonte  e  del  Ge- 
novesato,  come  stailo,  faito  ;  sul  nome  Furiano  imposto  al  fiume 
di  San  Fratello,  nome  ignoto  agli  antichi,  e  similissimo  al  Fiorano 
modenese  ;  sui  molti  nomi  di  luoghi  e  famiglie  comuni  a  San  Fra- 
tello e  alle  provincie  meridionali;  sulla  barbara  lotta,  che  in  San 
Fratello  ferve  da  secoli,  tra  Santa  Maria  e  San  Nicolò,  santo  molto 
venerato  iri  Puglia;  finalmente  sugli  aiuti  continui  d'uomini,  che 
la  Puglia  dovette  prestare,  e  prestò  veramente ,  allo  armi  nor- 
manne nel  conquisto  dell'isola.  »  Pag.  146-47. 

Dai  miei  scritti  adunque  emerge  evidente  di  luce  meridiana 
ed  italica  : 

1."  Io  il  pi'imo,  io  il  solo,  osai  dipartiiMni  (ialF  opinione  ge- 
nerale, che  lo  colonie  lombarde  di  Sicilia  fossero  originario  del 
Monferrato. 

2."  Io  il  primo,  io  il  solo,  scorsi  e  formai  dilToronze  tali  tra 
i  dialetti  di  esso  colonie  da  farmi  assegnar  loro  vari  e  diversi 
punti  di  partenza  nel  recarsi  in  Sicilia. 


MISCELLANEA  621 


3."  Io  il  primo,  io  il  solo,  sostenni  e  provai   la  provenienza 
di  San  Fratello  dalla  Emilia  e  dalla  Pu-rlia. 


Ma  ecco  del  1884  venir  fuori  un  opuscoletto  di  12  pagine  e 
alquante  righe,  dal  titolo:  Fonetica  dei  dialetti  gallo-italici  di  Si- 
cilia, ed  un  secondo  due  anni  dopo,  di  14  pagine,  col  titolo:  Affi- 
nità del  dialetto  di  San  Fratello  con  quelli  dell'Etnilia,  in  cui  il 
sig.  Giacomo  De  Gregorio,  autore  dei  due  opuscoli ,  annunziava 
queste  tre  scoperte  : 

1.°  «  I  tie  dialetti  di  Piazza  Armerina  (e  Aidone),  Nicosia  (e 
Sperlinga),  San  Fratello  (e  Novara) ,  appartengono  alla  famiglia 
gallo-italica,  >> 

2."  «  Essi  non  hanno  una  patria  originaria  comune,  nel  senso, 
che  si  colleghino  con  unico  gruppo  della  famiglia.» 

3."  Il  dialetto  di  San  Fratello  va  considerato  come  appar- 
teneiite  al  gruppo  emiliano,  dato  pure  che  qualche  scarso  feno- 
meno della  sua  fonetica  possa  ricondursi  ad  altra  origine.  » 

«  Il  che  tradotto  in  termini  storici  varrebbe  a  dire,  che  alla 
formazione  di  San  Fratello  fossero  concorsi  emigrati  dall'Emilia, 
e  da  altre  contrade,  ma  dall'Emilia  principalissimamente.  » 

Or  sorge  del  pari  evidente  di  luce  meridiana  ed  italica  ,  che 
queste  tre  impropriamente  dette  proposizioni  altro  non  sono  che 
una  cattiva  copia  de'  miei  scritti,  in  cui  le  scoperte  novissime 
del  De  Gregorio  si  trovano  con  barba  e  capelli  canuti. 

Nel  primo  de'  due  opuscoli  l'autore  dichiarasi  grato  fra  gli  al- 
tri «  al  professore  Luigi  Vasi  da  San  Fratello,  il  quale  va  lodato 
pel  Discorso  del  dialetto  sanfratellano  .  . . ,  pel  libro  delle  Origini 
e  vicende  di  San  Fratello  ...  e  per  altri  discorsi  letti  alla  Società 
di  Storia  patria  in  Palermo,  tra  cui  uno  del  1882  sugli  Usi  e  co- 
stumi di  San  Fratello.  »  Nel  secondo  non  una  sola  parola  di  me 
e  delle  cose  mie. 

Trovandomi  allora  in  Palermo,  ne  rimostrai  con  lettera  pri- 
vata all'autore;  il  quale,  non  degnò  di  rispondermi.  Di  qui  il 
Cenno  bibliografico,  pubblicato  dal  lodato  Archivio  del  1886. 

Per  ragioni  di  cortesia,  facile  ad  intendersi,  volli  unire  in  quello 
il  dolce  all'amaro,  e  scrivere  :   «  L'  autore  della  Fonetica  e  del- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIY.  40 


622  MISCELLANEA 


V Affinità,  giovine  di  molto  ingegno  e  di  forti  studi,  può,  senza 
vestirsi  delle  penne  altrui,  acquistarsi  nome  nella  scienza  glotto- 
logica.. .  A  tacere  delle  incoerenze  tra  le  prime  e  le  seconde  di- 
chiarazioni dell'autore,  delle  sorprese  provate ,  della  predilezione 
sua  del  dialetto  sanfratellano,  dirò  solo,  che  le  postume  e  -solenni 
scoperte,  da  lui  annunciate,  si  trovano  tutte  quante  ne'  miei  scritti, 
9  anni  prima  che  la  Fonetica,  e  10  prima  che  V  Affinità  vedesse 
la  luce.  » 

«  Circa  ai  caratteri,  sopra  cui  l'autore  fonda  la  terza  delle  sue 
proposizioni,  giova  di  porli  a  confronto  in  colonna  con  quelli  da 
me  notati  nella  Lettera  al  Ricca-Salerno.  »  E  il  ragguaglio  risultò 
tale  da  potere  scrivere  ;  «  Sicché  a  ben  considerare ,  i  caratteri 
notati  dall'  autore  si  .rinvengono ,  se  ne  eccettui  uno  o  due,  ne' 
miei  scritti.  » 

E  continuando;  «Dei  vocaboli  della  Fonetica,  addotti  ad  esem- 
pio (850  incirca)  meglio  che  la  metà  sono  parole  sanfratellane,  e 
delle  parole  sanfratellane,  più  che  la  metà  si  trovano  ne'  miei 
scritti.  L'autore  ora  le  scrive  intatte  ,  ora  le  modifica  non  bene.» 

«  Potrebbe  darsi,  scrive  egli  nell'Avvertenza,  che  le  affinità  coi 
dialetti  emiliani,  che  a  me  sembrano  palpabili ,  non  siano  saltati 
agli  occhi  di  tutti  tanto  più  che  i  vernacoli  nostri  volgarmente  si 
sogliono  chiamare  lombardi,  e  fra  essi  il  sanfratellano  per  opinione 
tutt'altro  che  volgare,  si  è  già  considerato  come  monferrino,  e 
vai  dicendo.  »  Se  fuvvi  chi  considerò  il  sanfratellano  come  mon- 
ferrino, e  non  il  sanfratellano  soltanto,  ma  tutti  indistintamente, 
fuvvi  ancora  chi  considerollo  quale  emiliano;  e  il  vai  dicendo  e 
il  tutti  parrebbero  posti  per  tacere  del  solo ,  che  avrebbe  tolto 
ogni  valore  alle  scoperte  del  chiaro  autore.  » 

Scrissi  poi  in  nota  :  «  L'autore  cita  taluni  de'  miei  scritti,  ed 
uno  perfino  che  non  vide  la  luce  :  ma  tace  delle  Osservazioni  cri- 
tiche e  della  Lettera  al  Ricca-Salerno ,  nei  quali  la  provenienza 
del  sanfratellano  dall'Emilia  è  dimostrata.  Avrei  attribuito  il  si- 
lenzio ad  ignoranza  di  questi  miei  scritti,  so  V Archivio  Storico  Si- 
ciliano, da  cui  fu  pubblicato  il  primo,  non  gli  fosse  ben  noto,  e 
la  Lettera  non  gli  fosse  stata  data  a  leggere,  allorché  mi  onorò 
d'una  sua  visita  in  San  Fratello  (1).  » 


(1)  Era  presente  in  casa  mia  a  quella  visita  l'illustre  prof.  Oiasoppe 
Ricca-Salerno. 


MISCELLANEA  623 


Per  rispondere  all'accusa  d'essersi  appropriata  e  spacciata  co- 
me sua  la  roba  altrui,  al  De  Gregorio  si  porgevano  ovvi  due  mez- 
zi, ambidue  onorevoli  :  0  dimostrare  dignitosamente  la  falsità  di 
essa  accusa;  o  dichiarare  lealmente  la  colpa  commessa.  Per  con- 
trario ei  si  appiglia  ad  un  terzo  mezzo,  punto  onorevole.  Di  fatto, 
nell'ultimo  suo  lavoro,  eh'  io  sappia,  pubblicato  nell'anno  1898  nel- 
V Archivio  citato,  sotto  il  titolo  :  Sulla  varia  origine  dei  dialetti 
Gallo-italici  di  Sicilia ,  salta  a  pie'  pari  l' accusa  d'  essersi  apro- 
priata  la  roba  altrui,  travisa  la  quistione ,  e  scrive:  «  Quando 
pubhlicammo  i  nostri  lavori,,  egli  non  seppe  fare  a  meno  di  mo- 
strarsi alquanto  geloso  del  suo  sanfratellano  ,  e  pensò  di  farci 
qualche  critica.  »  Cosi  la  pirateria,. ciò  che  mi  mosse  a  scrivere 
il  Cenno,  fu  un  sentimento  dei  più  bassi  e  volgari,  la  gelosia  di 
mestiere.  Fa  di  più;  sentenzia  cosi  di  me  e  delle  cose  mie: 

«  Sin  dal  1875,  il  sac.  Luigi  Vasi  di  San  Fratello  dava  fuori 
dei  saggi  sul  suo  dialello,  che  se  affastellano  raffronti  con  dialetti 
i  più  disparati  e  persino  colla  lingua  francese,  che  l'autore  cre- 
deva entrasse  in  egual  misura  dell'italiana  nel  sanfratellano,  ave- 
vano, se  non  altro,  il  merito  di  mettere  in  rilievo  la  diversità  tra 
questo,  il  piazzese  e  il  nicosiano.  »  Arch.,  p.  393. 

«  Dei  dialetti,  di  cui  ci  occupiamo ,  il  primo  che  pubblicasse 
qualche  saggio,  fu  Leonardo  Vigo.  Egli  però  non  si  recò  a  racco- 
gliere sui  luoghi  stessi,  ove  si  trovano ,  ma  si  fece  pervenire  a 
Catania,  città  di  sua  dimora,  delle  trascrizioni  di  poesie  vernacole. 
È  naturale  ,  che  Vigo  rimanipolasse  (1)  tali  trascrizioni . . .  Una 
buona  rimanipolazione  esse  dovettero  poi  subire  dal  De  Guher- 
natis  .  .  .  Finalmente  il  Vasi  succitato,  ricorreggeva  tali  poesie,  che 
coi'redava  dei  numerosi  e  talvolta  strani  riscontri,  che  sopra  ab- 
biamo accennato.  »  Arch.,  p.  402. 

«  Alla  Fonetica  dei  dialetti  gallo-it.  di  Sicilia  .  .  .  facemmo  se- 
guii'e  l'Affinità  del  dialetto  di  San  Fratello  con  quelli  dell'Emilia  . . . , 
che  persuase,  ed  anzi  un  pochino  fece  indispettire  il  Padre  Vasi, 
che  ei  partecipò  essergli  balenata  quell'idea  già  prima ...» 


(1)  Così  naturale,  che  rimanipolasse  che  il  Vigo  stesso  dichiara  più 
volte  nelle  sue  lettere  di  non  conoscere  il  sanfratellano,  e  d'essere  non 
sua  la  responsabilità  degli  errori. 


624  MISOELLANBA 


«  Noi  conoscevamo  di  Vasi  il  Discorso  sul  dialetto  sanfratel- 
lano  . . . ,  e  Delle  Origini  e  vicende  di  San  Fratello  . . .  che  affastel- 
lano riscontri  disparatibsimi,  e  senza  metodo  linguistico.  Ma  a  Vasi 
non  si  può  negare  conoscenza  ed  amoi-e  pel  suo  dialetto  natale. 
Però  volgendosi  egli  alle  Osservazioni  ed  aggiunte  che  alla  Fone- 
tica si  permetteva  fare  da  Milano  il  compianto  Morosi,  dichiara 
che  <r  l'errore  che  nella  Fonetica  è  l'eccezione,  nelle  Osservazioni 
è  la  regola  »  e  che  il  Morosi  «  lavora  sopra  un  fondo  quasi  sem- 
pre traditore,  onde  gli  sbagli  fonetici  son  tanti  nel  suo  lavoro, 
che  a  correggerlo  bisognerebbe  rifarlo  da  cima  a  fondo.  »  Ay^ch., 
p.  403. 

Qui  dovrei  trascrivere  qualche  strofa  d'  una  certa  ode  del  Pa- 
nni ,  che  farebbe  molto  al  proposito  ;  ma  è  troppo  ostica,  e  però 
mi  restringerò  a  dire,  che  la  lettura  del  nuovo  lavoro  del  De  Gre- 
gorio mi  richiamò  alla  memoria  la  lettura  d'una  commedia,  in 
cui  la  moglie  infedele  scalmanasi  a  dissipare  nello  sposo  tradito 
i  sospetti  della  sua  infedeltà.  E  vengo,  senz'altro  all'  esame  parti- 
colareggiato delle  censure,  appioppatemi  dal  De  Gregorio. 


III. 


Mi  passo  del  dispetto  e  della  gelosia ,  che  il  crìtico  mi  attri- 
buisce :  le  son  cose  troppo  basse  e  volgari.  L'  asserzione  poi  d'es- 
sermi balenata  l'origine  di  San  Fratello  dall'Emilia,  dopo  d'averla 
sostenuta  e  provata  in  tre  lavori  consecutivi,  che  precedettero  il 
primo  di  dieci,  il  secondo  di  quattro,  il  terzo  di  due  anni  l'Affi- 
nità, per  non  usare  parole  più  gravi,  la  dirò  non  seria. 

Quanto  al  metodo,  dal  critico  detto  non  linguistico,  se  egli  in- 
tende con  ciò,  che  il  metodo  mio  non  è  cifrato,  la  cosa  è  nota  a 
tutti;  che  non  sia  linguistico  in  modo  assoluto,  è  improprietà  di  lin- 
gua. Se  linguistico  non  fosse,  che  sarebbe  dello  scoperte  novissime 
del  critico  ?  E  lo  ste.sso  dibattersi,  eh'  ei  fa ,  per  provare  contro 
questo  e  quell'alipo  ciò  che  tant'anni  avanti  fu  dai  miei  scritti 
provato,  non  è  una  pruova  palpabile  della  bontà  del  mio  metodo  ? 
Piatto  sta,  che  il  metodo  mio  è  linguistico ,  appunto  perchè  fon- 
dasi sulle  lingue.  ^  positivo,  porche  poggia  sopra  dialetti  non  fit- 


MIBOBLLANEA  625 


tizi  e  chimerici,  ma  reali,  vivi,  parlanti.  È  oltre  di  ciò  deduttivo, 
perchè  dall'esame  minuto  e  coscienzioso  della  realità  loro,  deduco 
delle  conseguenze,  che  nessuno  finora,  compreso  il  critico ,  à  po- 
tuto non  dico  distruggere,  ma  né  tampoco  affievolire  veracemente. 
Ed  essendo  positivo  e  deduttivo,  è  per  ciò  stesso  filosofico.  Di  qui 
la  stabilità  e  coerenza  delle  mie  idee:  dal  Discorso  alla  lettera, 
da  questa  alle  Origini,  dalle  Origini  alle  Osservazioni  critiche,  ò 
propugnato  e  rincalzalo  sempre  le  stesse  e  medesime  idee ,  senza 
deviare  un  momento  a  destra  ne  a  sinistra. 

Può  dirsi  altrettanto  del  metodo  seguito  dal  critico?  Io  non 
m'intendo  dei  segni  convenzionali,  ond'  egli  infiora  i  suoi  scritti, 
la  cui  lettura, 'equivalente  pei  non  fonologi  a  40  giorni  di  febbre 
quartana,  è  uno  sfinimento  :  sarà  filosofico ,  maneggiato  da  quel 
potente  ingegno  dell'Ascoli  e  da  altri  pari  suoi  ;  non  così  trattato 
dal  critico.  In  effetto,  nella  Fonetica  il  critico  stima ^jm  cawto  l'a- 
scrivere la  rappresentanza  del  vernacolo  di  San  Fratello  al  pede- 
montano settentrionale. 

Nell'Affinità  i  caratteri  del  dialetto  di  San  Fratello  con  quelli 
dei  dialetti  emiliani  gli  sembrano  palpabili  :  li  vede  nella  maggior 
parte  dei  dialetti  dell'  Emilia,  e  in  modo  particolare  nel  mode- 
nese; li  vede  nel  dialetto  di  Fiorano  tnodenese,  ne\  parmigiano  e 
modenese;  vede  il  fenomeno  dell'afflevolimento  di  a  tonico  .  .  .  non 
solo  a  Piacenza,  come  a  Parma  e  Bologna,  ma  a  Reggio  e  Mo- 
dena, essenzialmente  emiliano;  crede  di  non  poter  esservi  riscon- 
tri più  evidenti ,  più  probàbili  tra  San  Fratello  e  i  dialetti  di 
Modena. 

Nell'ultimo  lavoro  Sulla  varia  origine  dei  dialetti  gallo-italici 
di  Sicilia  trova  per  contrario  il  sanfratellano  connesso  col  bolo- 
gnese ;  vede  una  massa  di  emigrati  bolognesi,  che  vennero  a 
stabilire  la  loro  sede ,  ove  sorse  San  Fratello  ,  e  la  possibilità , 
che  con  loro  si  fossero  mescolate  alcune  fam,iglie  di  altre  con- 
trade gallo  italiche,  come  se  n'  hanno  indizi  nel  dialetto  :  tene" 
tanti,  tucc'  tutti,  danc'  denti  sembrano  innesti  lombardi...,  il 
suffisso  di  !•  pers.  plur.  ind.  pres.  uom^a  ,  sem,bì'a  innesto  pie- 
montese. ' 

Per  tal  modo  il  critico,  se  con  Bologna  salva  la  provenienza 
emiliana,  in  tutto  il  resto  dà  di  frego  a  tutti  i  suoi  convincimenti 
anteriori.  Il  che  se  da  un  canto  non  depone  a  favore   della  prò- 


626  MISCELLANEA 


fondita  e  solidità  delle  sue  idee,  dall'altro  infonde  il  timore,  che, 
continuando  di  questo  passo,  sai-à  per  offrire  immagine  di  quella 
donna  romana,  che  annoverava  i  mariti  dai  consolati. 

Ora  un  metodo,  che  oscilla,  tentenna,  muta,  si  contradice,  dee 
contenere  molto  d'indeciso,  di  fantastico,  di  nebuloso,  d'insussi- 
stente; e  però  non  è  positivo,  non  filosofico. 

Ed  è  necessità  che  ciò  sia.  Allo  straniero,  per  giudicar  equa- 
mente un  dialetto  a  lui  ignoto,  occorrono  necessarie  due  cose: 
1°  che  si  addomestichi  con  quel  dialetto,  e  ne  colga  le  parole  dalle 
labbra  di  coloro  che  lo  parlano  bene  ;  2°  che  le  colga,  e  le  scriva 
esattamente  :  il  che  è  difl3cilissimo,  per  non  dire  impossibile ,  con- 
seguire, senza  lunga,  diligente  e  minuziosa  pratica.  I  vocaboli  po- 
chi 0  molti  presi  dai  dizionari  e  da  scritture  d'  altro  genere,  non 
ti  daranno  mai  le  genuine  fattezze  d'un  dialetto  di  difllcile  e  mu- 
tabile pronunzia.  Per  recarne  un  esempio,  dal  verbo  dare  abbia- 
mo in  San  Fratello  :  daech  do,  dei  dai,  daea  dà,  duomo  diamo, 
dam  date  a  me,  daeni  dà  a  me  tu,  dnggh  date  a  lui ,  daeggh  dà 
tu'  a  lui,  dergh  dare  a  lui ,  dasgiaja  dava ,  dasgiuoina  davamo, 
dasgiaju  davano,  docc  diedi,  doti  diede,  do.et  dato,  dasgìoss  darei, 
deì^  dare.  Quale  straniero  saprebbe  uscire  incolume  da  questa  sel- 
va selvaggia  ed  aspra  e  forte,  con  l'aiuto  soltanto  del  dizionario, 
in  cui  mancano  tanto  mutamento  di  lettere,  tanto  accrescimento 
0  diminuzione  di  sillabe,  e  quelle  tante  mezze  tinte  e  sfumature, 
sole  atte  a  darti  il  suono  genuino  della  parola  ?  E  in  tanta  va- 
rietà di  lettere,  di  sillabe,  di  suoni ,  gli  stranieri ,  senza  la  cono- 
scenza del  genio  organico  di  questo  dialetto,  non  trarrebbero  cia- 
scuno per  conto  suo  quello  che  fa  a  proposito  col  suo  sistema,  e 
tutti  insieme  poi  non  dedurrebbero  conseguenze  varie,  opposte, 
contradditorie  ? 

Altra  fonte  di  dispute  e  di  errori  è  la  varietà  di  pronunzia 
tra  gli  stessi  parlanti  il  linguaggio  medesimo,  varietà  causata  ora 
da  difetto  degli  organi  vocali,  disadatti  alla  pronunzia  di  questa 
e  quella  lettera,  ora  per  difetto  di  mente  agile  e  desta,  e  non 
bene  esercitata  nel  linguaggio  nativo,  ora  per  maggiore  o  minore 
corruzione  fonetica  secondo  l'età,  la  condizione ,  11  grado ,  la  fre- 
quenza alla  .scuola,  il  commercio  coi  forestieri,  la  vanità  puerile 
di  ammazzare  l'italiano  per  non  darsi  a  divedere  digiuni  affatto 
di  lettere.  Nell'opera  del  Papauti  :  /  parlari  italiani  in  Cer laido, 


Miscellanea  627 


sono  spesse  le  avvertenze  dei  traduttori  della  Novella  boccaccesca 
intorno  alla  varietà  di  pronunzia  tra  popolo  e  plebe ,  tra  città  e 
contado,  tra  questo  e  quel  quartiere  della  città  stessa.  Tutto  ciò 
può  costituire  testimoni  fallaci,  che  consultati  dai  fonologi,  sono 
causa  delle  conseguenze  stesse,  dette  di  sopra.  E  però  a  giudizio 
del  Bonghi  «  primario  fondamento  per  fissare  il  vocabolo  nella 
scrittura  essere  la  delicata  osservazione  del  suono  del  vocabolo 
nella  bocca  di  chi  pronunzia  bene.  " 

A  queste  difficoltà,  che  chiamo  intrinseche ,  voglionsi  aggiun- 
gere quelle  estrinseche,  cui  gli  scrittori  di  siffatte  materie  si  pro- 
cacciano da  se  medesimi.  E  prima  i  preconcetti,  pei  quali  non  il 
sistema  alle  parole  ma  queste  accomodano  al  sistema.  I  dialetti 
affini  non  sarebbero  tali,  se  molti  vocaboli  di  forma  e  suono  iden- 
tici non  avessero  in  comune,  in  mezzo  a  moltissimi  altri  di  forma 
e  suono  discordi.  Ciò  porge  il  destro  della  scelta,  pigliando  nella 
farragine  ingente  quel  tanto,  che  a  ciascuno  talenta  ,  e  sfatando 
tutto  il  rimanente:  donde  un  procedimento  diverso  e  talora  op- 
posto : 

Tu  ver  Gerusalemme,  io  verso  Egitto. 

Peggio  poi,  allorché  commesso  un  errore  s'  ostinano  a  soste- 
nerlo con  altri  errori,  e  peggio  ancora,  quando  dalla  conoscenza 
di  alquaiiti  vocaboli  traggono  conseguenze  generali,  contro  le  leggi 
della  buona  logica. 

Tali  difetti  e  lacune  costituirono  il  fondo  quasi  sempre  tradi- 
lare,  sopi'a  cui  lavorò  il  Morosi,  che  il  nostro  critico  cita  fuor 
di  luogo  per  farmi  dire  da  capo,  che  gli  errori  nel  De  Gregorio 
sono  la  eccezione,  nel  Morosi  la  regola.  Sicuramente  I  Se  non  che 
anche  pel  De  Gregorio  V  eccezione  sarebbe  stata  regola  senza 
il  saccheggio  dei  miei  scritti,  e  in  regola  si  tramuta  di  fatto  ogni 
qualvolta  non  è  soccorso  da  quelli.  E  pure  l'uno  e  l'altro  balbet- 
tarono il  sanfratellano  con  persone  san  fra  tei  la  ne,  l'uno  in  Genova 
con  certa  guardia  di  finanza,  l'altro  in  Palermo  con  un  giovine 
di  farmacia  (1),  con  l'esito,  che  pel  Morosi  s'è  visto,  pel  De  Gre- 
gorio vedremo  in  ciò,  che  segue  : 


(i)  11  De  Gregorio  scrive  in  questo  suo  nuovo  lavoro  d'essersi  recato 
a  San  Fratello  allo  scopo  di  raccogliere  dalla  bocca  dei  parlanti  un  ma- 


628 


ìiisobllanSa 


Errata 


Corrifire 


«  Avana  avena 

«  Nuyara  terreno  sterile 

«  Bdangua  lingua  . 

«  Lumaniga  domenica 

«  Ottaur  ottobre    . 

«r  Odaur  odore 

«  Giava  giova 

«  Daung  lungo 

«  Viuola  viola 

«  SuXef»-  solaio. 

«  Dinayeu  Natale  . 

«  Sara  sera     . 

«  Avana  arena 

«  Maz  mese 
«  Danc  denti 
«  San«    . 
«  jB/i«n     . 

•  jezu  asino 
«  Più 
«  Mew 
«  Tett 
«  Qatalu . 
«  Caum  . 
«  iglara  cera 


Nuhiera  terreno  sterile  e  sassoso. 

Daingua. 

Dumainiha. 

Attaur. 

Adaur. 

Giauva. 

Daungh. 

Vìjuola, 

Sulier. 

Dinaraeu. 

Saira,  sera  e  seta. 

Araina. 

Mais. 
Daino. 

Sauna  suona. 
Bltum  bitume. 

Hiesu. 

Pieu  pelo. 

Mieu  miele. 

Taev.  tale. 

Accatnlu,  accattatelo. 

Ciaum  piombo. 

Zait'a. 


teriale  sicuro  e  sufficiente  per  fondarvi  qualche  concetto,  che  avesse  ben 
maggiore  solidità  che  ìion  una  semplice  congettura  Quale  e  quanto  ma- 
teriale abbia  potuto  raccogliere  in  men  di  24  ore,  eh' ei  stette  in  San 
Fratello,  la.scio  immaginarlo  al  lettore.  Il  fatto  ò,  che  il  materiale  sicuro 
é  infarcito  di  errori,  il  sufficiente  senti  l'imperioso  bisogno  di  saccheg- 
giare i  miei  scritti,  e  prendere  il  dirizzone  verso  l'Emilia,  rinunziando 
al  Piemonte.  Ma  perché  tacere  d'aver  pagato  in  Palermo  per  settimane 
e  forse  per  me.si  il  sopradetto  giovine  di  Farmaoia  ,  benedetto  Tedesco, 
per  averlo  al  tlanco  e  consultarlo  a  suo  bell'agio? 


itISOELLANEA 


629 


Errata 

<f  Zener  genero 

«  Zinzia  . 

«  Zaimmu  gibbum 

«  Ccineu  . 

«  Cunsaul 

«  Cuma  piuma 


«  Par  pero 
«  Crara   . 


«  Ragga  . 
«  'Canta  . 
«  'Canter. 
«  Ziu  gelo 

«  Pigjai  pigliate 
«  Stomay  stomaco . 


«  Ddangua  lingua  . 


Corrigre 

Zenr. 

Zinziha. 

Zaima  gobba. 

Canaeu. 

C'unsuol  consólo  verbo. 

Ponna    penna.    Cwnm   e  piuma 

mancano  nel  dialetto  sanfra- 

tellano. 
Pair. 

Così ,  com'  è  scritto ,   non   inten- 
.  desi.  Per  grata  deve  scriversi 

gra£ra,  per  capra  craeva. 

Reggia  con  Ve  netto  come  in 
reggia. 

denta  pianta ,  col  suono  di  eie 
in  cielo. 

Cianter  piantare,  col  suono  di  eia 
in  ciancia. 

Zieu  con  la  z  dolcissima.  Ziu  si- 
gnifica il  fratello  del  padre 
o  della  madre,  od  altro  con- 
giunto, ed  à  la  z  aspra. 

Pigghiai,  col  suono  del  ghia  co- 
me nel  siciliano  pagghiaifu. 

Stamah.  Il  mutamento  della  e  in 
h,  nella  sillaba  finale,  è  fre- 
quentissimo in  San  Fratello. 
L'  h  in  tal  caso  prende  suono 
dolce  ed  aspirato,  che  muore 
in  gola  :  fuoh  fuoco,  giuoh 
giuoco,  amifi  amico,  lih  fico, 
cfiie/yih  carico  ecc. 

Daingvu.  Il  raddoppiamento  della 
d  iniziale  in  San  Fratello  non 
esiste. 


630  MISCELLANEA 


Regole,  raffronti,  esempi,  insulsi. 

Zaìv.  —  Nella  Fonetica  il  critico  spiega  «  zaiv  cibo  (nocciolo).  » 
Corressi  nel  Cenno  :  zaiv  or  significa  imbeccata,  or  ciò  che  si  con- 
tiene dentro  a  buccia  o  scorza.  Ne  cibo  dunque  ne  nocciolo  »  — 
('orre.ssi  male.  Zaiv  non  è  cibo  in  genere  ,  ma  quello  soltanto, 
che  gli  uccelli  portano  nel  becco  per  cibare  la  loro  prole  ;  e  non 
è  il  contenuto  della  buccia  o  scorza,  bensì  il  seme,  che  rotto  il 
nocciolo,  vi  si  trova  dentro.  Adoperato  altrimente  è  un  traslato. 
Il  critico  oltre  ad  ammettere  l'errore  di  spiegare  zaiv  per  cibo 
in  genere,  nel  suo  nuovo  lavoro,  copia  la  mia  inesattezza,  sop- 
primendo nocciolo,  e  mettendo  in  luogo  di  esso  :  parte  interna 
delle  fratta. 

*  Le  elisioni,  scrive  il  critico  ,  che  si  notano  nella  pronunzia 
del  bolognese  :  cvert,  vii,  vlam,  mslir,  .  .  .  (mi  come,  contn  can- 
tano, sono  pur  proprie  del  sanfratellano.  »  Ma  il  sanfratellano 
pronunzia  :  cuvert  coperto ,  avlì  avvilito ,  vilan  peggiorativo  di 
vile,  meistr  maestro,  cam  come,  chientu  cantano  ;  e  quindi  il  pa- 
ragone non  regge. 

«  Le  parole  bolognesi,  che  noi  abbiamo  inteso  proferire ,  con- 
tengono, ne  più  né  meno  Vau  di  San  Fratello,  in  cui,  ovviamente, 
non  si  vorrà  trovare  a  cosi  aperto,  come  per  esempio  è  nell'ita- 
liano carne.  »  Anche  questo  paragone  non  regge.  Per  reggere  il 
critico  avrebbe  dovuto  recare  un  esempio  del  dittongo  au  in  ita- 
liano, come  in  aurora.  Del  rimanente  Va  ài  am-oygia  orecchio, 
auzieu  uccello,  auter  altare,  aurifc  orefice  ec ,  che  in  San  P'ra- 
tello  si  pronunzia  come  l'a  di  aurora,  contradice  la  gratuita  as- 
serzione del  critico. 

«  Nel  sanfratellano  abbiamo  accanto  ad  au,  genuino,  anche  uo 
che  non  deve  fare  specie,  a  chi  pensi  alla  influenza  di  qualche 
varietà  siciliana.  »  Dov'è  la  ragione  per  chiamare  genuino  l'uno 
l'altro  no,  influenzato  l'uno,  l'altro  no?  11  .secondo  non  è  meno 
frequente  in  San  Fratello  che  il  primo  :  con  haula  gola ,  anaur 
onore,  amaur  amore,  duttaur  dottore,  dauz  dolce ,  dauv  lupo, 
procedono  pari  pas.so  :  zuorfar  zolfo,  ftiorn  forno,  pittoni  giorno, 
uors  oi'so,  ruolt  i-otto,  ruoss  l'osso,  suotla  sotto,  sluopa  stoppa  ecc. 


MISCELLANEA  631 


V  asserzione  adunque  sarebbe  gratuita,  se  non  fosse  anche  falsa. 
Nel  menzionato  Papànti  è  censurata  la  traduzione  che  va  sotto 
il  nome  del  Salviati ,  perchè  il  traduttore  scrisse  uog  e  non  og, 
come  porta  l'uso  vivente  di  Milano.  Ma  V uogg  sanfratellano 
prova,  che  il  milanese  moderno  è  storpiatura  dell'  antico ,  come 
nel  bolognese  antico  zuogh,  fuogh  giuoco,  fuoco,  e  il  giuoh,  fuoh, 
sanfratellano  trovasi  tale  somiglianza,  e  sto  per  dire  identità,  che 
sparisce  nel  bolognese  moderno  ziich  fugh.  Sarebbero  il  milanese 
e  il  bolognese  antichi  influenzati  pure  dal  siciliano?  Il  sanfratel- 
lano uo  è  dunque  genuino  del  pari;  e  l'edifizio  faticosamente  in- 
nalzato dal  critico  fa  pelo  e  corpo  e  fessure  per  ogni  parte. 

«  g  iniziale  è  riflesso  da  z  :  ziu  gelo,  zener  genero,  zinzia  gen- 
giva ,  zatmmu  gibbum  ecc.  »>  —  Questo  mutamento  conservasi 
sempre,  come  farebbe  credere  il  critico  ?  :  Giea  già,  giniraeu  ge- 
nerale, giami'  e  i  suoi  derivati  giuvnazz  giuvnott,  giuvmctin,  gio- 
vine, giovinaccio,  giovinetto,  giovinottino,  ginijeu  geniale,  gienji 
genio,  giuorn  giorno,  giuo/i  giuoco,  giaint  gente,  giurdin  giardi- 
no ecc.  non  fanno  a  pugni  con  la  regola  posta  dal  critico  ? 

«  Nicosia  ate  =  ei:  amei,  cantei,  haìxii,  fei,  stei ...  Il  sanfra- 
tellano poi  conti'asta  spiccatamente  per  suo  a  in  questo  solo  caso 
alquanto  aperto  :  dam  datemi,  pigjai  pigliata ,  catalu ,  u  salurai 
salutatelo,  mentre  di  regola  riduce  a  tonico  in  a  ed  anche  in  e.» 
Nel  Saggio  di  fonetica  siciliana  il  critico  afferma,  che  a  San  Fra- 
tello e  a  Novara  a  tonico  non  esiste  :  qui  la  un'  eccezione ,  atte- 
nuandola con  in  questo  solo  caso,  e  alquanto  aperto.  —  Fatto  sta, 
che  in  San  Fratello  non  ate  soltanto,  ma  eziandio  eie,  k  Va  non 
alquanto  aperta,  bensì  apertissima  in  tutti  i  verbi  di  1"  e  2*  coniu- 
gazione, vuoi  regolari  o  irregolari,  nella  2"  pers.  plur.  del  pres. 
ind.  e  imp.  :  mangiai  mangiate,  guardai  guardate,  anurai  onorate, 
abbaiai  ballate,  virai  vedete,  sirai  sedete,  buvai  bevete,  Mttai  bat- 
tete, dijai  leggete  ecc. 

Oltre  di  che  ogni  qualvolta  Vo  si  tramuta  in  a  semplice  o  nel 
composto  au,  Va  è  sempre  aperta  :  cam  come ,  na  no ,  ara  ora, 
adaura  allora,  apastu  apostolo,  amaur  amore,  dulaur  dolore  ecc. 

Noterò  anche  di  volo,  che  come  il  nicosiano  il  sanfratellano 
possiede  amei,  cantei,  abbaici,  fei,  stei,  ma  il  1",  2"  e  3"  esempio 
indicano  la  per.  1"  sing.  del  pass.  rem.  ind.,  il  4°  e  5"  la  pers.  2» 
sing.  del  pres.  ind.:  chi  fei?  che  fai,  cam  stei?  come  stai. 


632  msCELLAKEA 


Dire  dunque  che  Va  tonico  in  San  fratello  non  esiste,  che  esi- 
ste alquanto  aperta  nel  solo  aie,  dimostra  due  cose,  e  ciò  è,  che 
il  critico  conosce  ben  poco  del  sanfratellano,  e  che  sopra  questo 
ben  poco  fonda  delle  regole,  che  non  son  regole. 

«  Si  ha  a  Piazza  :  cusiurer,  camarer,  cavaler ,  che  a  Nicosia 
trova  riscontro  in  eru.  Il  riflesso  sanfratellano  invece  è  connesso 
con  aeri  del  moderno  bolognese  »  —  Il  sanfratellano  pronunzia: 
cusiuriet',  camarieì^  cavalier  con  1'  e  schietto,  identico  all'italiano 
cameriere,  cavaliere:  esso  dunque  non  ha  nulla  che  vedere  col 
bolognese  a^ri. 

«  Quanto  alla  speciale  coloritura  in  o  del  sanfratellano ,  che 
osserviamo  in  stodda ,  zdott,  noi,  si  tratta   di  o  alquanto   aperto 

quasi  a, —Il  cangiamento  dell' e  in  o,  frequentissimo  in  San  Fra- 
tello, à  lo  stesso  suono  che  1'  o  italiano  in  storia ,   stoppa  ecc.,  e 

però  V  0  alquanto  aperto  quasi  o  di  stodda  stella,  nott  netto,  pose 
pesce,  bancott  banchetto,  mossa  messa,  ponna  penna,  bidozza  bel- 
lezza ,  frosch  fresco ,  dogni  legna ,  guross  godessi ,  pulos  potessi 
ecc.,  in  San  Fratello  è  sconosciuto. 

«  Alla  stessa  causa  della  imitazione  esagerata  ascriviamo  inol- 
tre il  vocalizzamento  di  l  tra  vocali  (sanfratello  veu,  zieu,  fìu, 
più,  canau,  tau,  san,  sole,  sale,  meu).  » 

«  Sole  a  stento  si  potrebbe  sospettare  che  la  risoluzione  ge- 
nuina sia  quella  dell'apocope  completa  di  lo,  le  finali,  come  mu, 
cu,  e  nei  casi  olo.  » 

Non  è  l'apocope,  propriamente  detta ,  troncamento  d'  una  let- 
tera 0  d'una  sillaba  tinaie,  ma  la  contrazione  o  fognatura,  che  ri- 
duce le  finali,  le,  lo.  Ilo,  olo  in  u,  e  fa  di  sole  sau ,  sale  saeu, 
genei'ale  giniraeu,  tale  taeu,  apostolo  apastu,  figliuolo  fìgghiuou, 
magliuolo  tnagghiuou,  cappello  cappieu ,  coltello  cutieu ,  anello 
anieu,  budello  burieu  ecc.  Da  questa  regola  non  si  sottrae  mu, 
cu  in  cui  il  lo  fognato  in  u  si  sopprime  per  evitare  l'incontro  di 
due  u,  che  renderebbero  suono  brutto  e  sgradito.  Ed  è  regola 
costante,  salvo  qualcht*  l'arissima  eccezione,  che  lasciasi  intender»^ 
senza  stento  veruno  da  chi  conosce  il  genio  organico  dei  dialetto. 

«  Il  riflesso  di  e  tonico  ...  è  appunto  e  pretto   tanto  a  Piazza 

V 

che  a  Nicosia.  Piazza  :  zep  ceppo,  l^tra  lettei'a,  pes  p(!scv\  sek  socco, 
ttret  atrelto,  den  degno,  dukesa  duchesa, . .  .  r>esh  vescovo,  sen  se- 


MISC£LLAKBA  638 

gno,  dengua  lingua,  venz  vincere,  semplici  semplice.  Nicosia  :  ze- 
pii,  detra,  pesu,  secu,  danu,  venzu.  «  In  San  Fratello  «  il  riflesso 

V  V 

normale  è  ai  :  avair,  plazair  piacere,  arsaira,  trai  tre,  azai  aceto, 

V 

zara  cera,  maz  mese,  arana  arena,  avana  avena,  nair  nero,  sai 
sete,  baivr,  naiv  neve,  por  pero,  dumaniga  domenica,  cavai  ca- 
pelli, rau  egli  ddangua,  vainzr  vincere,  tainzr  tingere.  » 

Noto  in  primo  luogo,  che  tra  venti  vocaboli  sette  vanno  scritti 
diversamente.  Noto  in  secondo,  che  in  zara,  arana,  avana,  par, 
dumaniga,  vau,  ddangua,  recati  a  pruova  dal  critico,  manca  Vai 
normale,  non  essendovi  che  la  semplice  a  senza  l' i.  Noto  in  terzo 
luogo,  che  in  ddangua,  vainzr,  tainzr  manca  l' e  tonico  così  in 
sanfratellano,  come  in  italiano,  come  in  latino.  Questi  due  casi 
dimostrano,  che  se  il  critico  non  ha  idea  chiara  del  verbo  affa- 
stellare, sa  metterlo  bene  in  pratica.  Noto  in  quarto  luogo ,  che 
il  critico  a  poter  dimostrare  la  differenza  del  riflesso  di  e  tonico 
di  Piazza  e  Nicosia  dal  sanfratellano,  e  conchiudere  che  quello  al 
Piemonte,  questo  s'  appartiene  all'  Emilia ,  e  specialmente  a  Bolo- 
gna, sceglie  alquanti  vocaboli,  che  quadrano  col  suo  proposito,  e 
dimentica  i  sanfratellani:  pezz  pezzo,  zeri  certo,  mecc  mecco, 
presi  presto ,  cet  ceto ,  ben  bene ,  beu  bello ,  vecch  vecchio  ,  regn 
regno,  cunfess  confesso,  divers  diverso,  'nfern  inferno,  manted 
mantello,  trenta,  testa,  terra,  festa  e  cent 'altri,  in  cui  Ve  tonico 
è  pretto  e,  che  distruggono  senza  rimedio  il  canone  pensato  dal 
ciitico. 

Col  porre  «  in  rilievo  le  più  spiccate  divergenze  tra  il  sanfra- 
tellano da  una  pai'te,  e  il  piazzese  e  nicosiano  dall'altra»,  il  cri- 
tico si  propose  «  di  risolvere  il  problema  della  connessione  spe- 
ciale di  questi  singoli  dialetti  colle  lingue  gallo-italiche  dell'Italia 
settentrionale,  donde  derivano.  »  Ahimè  !  il  problema  avrà  un  bel- 
l'aspettare  d'essere  sciolto  da  questi  pasticci  : 

Non  tali  auiilio,  nec  defensoribus  istis 
Tempus  egei. 


Dei  vocaboli,  onde  si  compongono  le  poesie   in  vernacolo  san- 
fi'Llellano   da    me   pubblicate ,   compilai  un  dizionarietto,  conser- 


634  MISCELLANEA. 


vando  ii  numero,  il  genere,  la  persona,  il  modo,  il  tempo,  e  pre- 
mettendo il  proprio  al  senso  figurato,  o  viceversa,  secondo  i  casi. 
Il  De  Gregorio  vi  attinge  con  ambe  le  mani,  e  conservandone  la 
forma,  ne  mutila  o  cangia  il  significato,  non  so  se  per  istudio  di 
brevità ,  o  per  mostrarsi  originale  e  non  pedissequo.  Di  qui  sva- 
rioni da  prendersi  con  le  molle. 


Svarioni. 


<  Cacculi  poppe.  » 

Dizionario:  Cacculi  dicesi  specialmente  dei  globi  dell'occhio  o 
del  tuorlo  d'uovo;  per  similitudine  mammelle.  Giusta  la  monca 
definizione  del  critico  un  forestiere,  che  l'avesse  letta  ed  indi  ve- 
nuto in  San  Fratello,  sentisse  le  donne  del  volgo  imprecare:  Ti 
cascfiiesu  li  cacculi  di  ghiuogg  (ti  cadessero  i  globi  degli  occhi) 
trasecolerebbe,  che  in  San  Fratello  anche  i  maschi  avessero  pop- 
pe, e  che  le  poppe  formassei'O  parte  degli  occhi ,  caso  unico  e 
nuovo  nella  storia  naturale. 

«  Galani  bel  bello.  » 

Diz.  :  Galani  galante,  esecutore  d'  un  lavoro  senza  sforzo  di 
sorta  e  quasi  scherzando.  —  È  questo  secondo  il  significato  di  ga- 
lani nell'ottava,  in  cui  trovasi,  sotto  il  titolo  :  Il  mietitore.  I  due 
vocaboli  seguenti  ne  chiariranno  il  concetto. 

«  Giaruorn  grosso  e  tondo.  » 

Diz.  :  \}iaì^orn  grosso  a  mo'  di  coppo.  —  Deriva  dal  siciliano 
glabra,  dal  sanfratellano  gierra,  ed  è  dell'ottava,  cui  appartiene 
galani  ;  il  quale,  per  la  sua  valentia,  fa  grossi  i  manipoli  a  guisa 
di  coppi.  Secondo  la  definizione  del  ci'itico  la  conseguenza  è  que- 
sta, che  i  manipoli  in  mano  del  mietitore  non  solo  sono  grossi, 
ma  bel  hello  diventano  prodigiosamente  tondi. 

•  Lalu  pezzetto  di  pasta  di  farina,  che  serve  di  balocco  ai 
bambini.  » 

Diz.:  I/ilu  pezzo  di  pasta  di  farina  cilindrico,  grullo.  -  E  in 
nota  all'ottava  il  mietUore.a  cui  appartiene  anche  to/t*.-  pezzo  di 
pasta  di  farina  di  forma  cilindi-ica,  che  per  lo  più  sGrv((  di  tra- 
stullo ai  bambini.  Dalla  somiglianza  di  questo  vocabolo  con  Lulu, 


MISCELLANEA  635 

il  sale  dell'ironia.  »  Lulu  era  il  soprannome  del  mietitore ,  uomo 
disutillaccio  e  mezzo  scemo.  Lalu  porta  il  medesimo  significato, 
d'uomo  cioè  disutile  e  grullo.  Tutta  l'ottava  adunque  del  mieti- 
tore, che  fa  grossi  manipoli,  senza  stento  e  quasi  scherzando,  è 
un'ironia,  la  quale  rendesi  manifesta  negli  ultimi  due  versi  : 

Ana  virai  lalu.  'nficcagghi  'nta  u  fuorn, 
Daggh  'na  'nquadiera,  e  li  mangiai. 

(Dove  vedete  lalu,  ficcateli  nel  forno,) 
(Riscaldateli  un  po'  e  li  mangiate.) 

Il  critico,  non  intendendo  nulla  dell'ottava,  diede  una  defini- 
zione di  lalu,  che  contiene  tre  errori  :  tralasciò  il  vocabolo  grullo, 
eh' è  il  vero  significato  di  lalu  applicato  all'uomo;  tralasciò  l'e- 
piteto cilindrico ,  qualità  specifica  di  lalu ,  e  fece  d'ogni  pezzo  di 
pasta  un  lalu,  il  che  è  uno  sproposito  ;  tralasciò  pe?^*  lo  più  serve 
di  trastullo  ai  fanciulli ,  e  fece  di  loÀu  un  semplice  balocco  da 
bimbi,  il  che  è  falso.  Alloi'chè  la  madre  sanfratellana  per  chetare 
il  figlio  che  piange  chiedendo  pane,  gli  dice  :  Staet  mut,  cK  ara 
'mpest,  e  ti  faezz  u  lalu  (sta  zitto,  ch'ora  impasto,  e  ti  fo  il  lalu) 
il  lalu  non  sarà  fatto  certo  per  baloccare  il  bimbo,  ma  per  isfa- 
marlo. 

«  Cabub  pastrano.  « 

Diz.  :  Cabub  cappotto.  —  Apro  il  dizionario  del  Cardinali,  e  alla 
voce  pastrano  trovo  :  «  specie  di  ferraiuolo  colle  maniche  da  im- 
bracciarsi, e  con  bottoni,  occhielli ,  bavaro  e  pistagna.  »  —  Tutto 
ciò  à  che  fare  col  cabub  sanfratellano  quanto  il  cappello  coi  piedi. 
Era  il  cabub  (dico  era,  non  essendo  liù  in  uso)  un  coso  di  alba- 
gie, lungo  fin  quasi  al  calcagno,  sparato  dinanzi  per  tutta  la  lun- 
ghezza, con  due  brevi  aperture  ai  fianchi ,  una  per  ciascun  lato, 
con  cappuccio  tondo,  senza  maniche,  senza  bavaro,  senza  bottoni, 
senza  occhielli,  senza  pistagna.  Non  sapendo  trovar  di  meglio,  lo 
sinonimo  con  cappotto,  come  il  più  prossimo  all'originale. 

«  Danciraur  imbuto.  » 

Diz.:  Lanciraur  imbuto,  allorché  serve  a  far  la  salsiccia. — 
Per  imbuto  in  genere,  il  sanfratellano  à  'mbut.  Il  critico ,  come 
vodesi,  prende  il  genere  per  la  specie. 


636  MISCET.LANEA 

<f  Scharamecc  marmocchi  (=  sic.  carmusci ,  conigli  appena 
nati.  » 

Diz.  :  Scaramecc  conigli  di  fresco  nati,  figli.  —  I  figli  è  un  tra- 
slato, che  s'applica  quando  nascono  o  crescono  scarni  e  sparuti. 
Secondo  il  critico,  i  ragazzi  —  che  tale  suona  la  voce  marmocchi— 
anco  grossi  e  paffuti,  sono  uguali  al  siciliano  carmusci ,  conigli 
appena  nati. 

«  Scirbi  erbacce,  luoghi  scoscesi.  » 

Diz.  :  Scirbi  luoghi  dirupati  e  scoscesi,  ovvero  erbe  cattive  che, 
nate  in  mezzo  al  grano,  vengono  svelte.  Viene  dal  verbo  scirber, 
in  italiano  scerpare  ;  e  sta  nell'ottava,  in  cui  parlasi  male  delle 
donne,  dette  tnali  sciy^bi.  È  quindi  un  traslato.  Il  critico  anche 
qui  prende  il  genere  per  la  specie. 

«  'Nziula  upupa,  donnaccia.  » 

Diz.  :  'Nziula  upupa,  donna  di  statura  lunga,  sottile,  curva,  di 
brutto  e  lugubre  aspetto.  —  Uno  dei  tanti  pregiudizi  del  volgo 
sanfratellano  è  quello  di  credere  annunziatore  di  morte  il  canto 
notturno  dell'upupa  vicino  alla  casa,  in  cui  giace  un  ammalato. 
Di  qui  r  applicazione  di  'nziula  alla  donna  ,  quasi  fantasona  ,  di 
brutto  e  lugubre  aspetto,  descritta  di  sopra.  Il  donnaccia  adunque 
del  critico,  oltre  all'  esser  generico ,  porta  a  ben  diverso  signi- 
ficato. 

«  Pott  corregge.  »  Diz.  :  Pott  coregge.  —  É  questo  il  solo  voca- 
bolo, in  cui  il  critico  corresse  la  forma  del  dizionario  per  com- 
mettere un  grossolano  errore.  Il  vocabolo  recato  in  pratica  fu  ca- 
gione ,  che  il  Gellini  attaccasse  una  fiera  briga. 

Marabul  sornione.  ~  Spiegai  il  vocabolo  per  uomo  di  brutto  e 
lugubre  aspetto.  L'Amari  vide  nei  Marabuti  una  specie  di  frate- 
ria musulmana,  la  quale,  trattandosi  di  frateria  e  di  Musulmani, 
non  dovea  certo  presentare  aspetto  bello  ed  allegro.  San  Fratello, 
sede  un  tempo  di  Musulmani,  conserva  tuttora  col  vocabolo,  l'i- 
dea, chiamando  inarabut  un  uomo  malaticcio,  cascante,  brutto.  Il 
seì'fiione  adunque  del  critico  conviene  al  vocabolo  quanto  le  scar- 
pe al  capo.  —  Ma  di  ciò  basta. 


Ripigliando  il  (ilo  delUi  censure,  il  criticai)    trovò   a/JasteUati  i 
raffronti  con  dialetti  i  più  disparati.  Noi  dobbiamo  crederlo,  per- 


MISCELLANEA  637 


ch'egli  il  dice.  Ma  non  basta  il  dirlo,  fa  d'uopo  provarlo.  Si  provi 
dunque  il  critico  a  dimostrare,  che  i  vocaboli  furono  gittati  lì 
a  fascio,  confusamente,  senz'ordine,  senza  coerenza.  Quanto  a  raf- 
fronti con  dialetti  i  più  disparati,  egli  non  capì  la  ragione  di  quella 
disparità.  La  ragione  la  esposi,  rispondendo  al  Vigo  nella  Lettera 
al  Ricca:  «  Donde  vennero  a  San  Fratello  i  Lombardi?  Credette 
il  Vigo,  ch'io  per  rispondere  a  ciò,  abbia  scritto  nel  Discorso  le 
tavole  di  confronto  ,  tra  il  sanfratellano  e  i  dialetti  di  Milano  e 
del  Monferrato.  No,  davvero . .  .  Voi ,  o  letterati,  chiamate  gergo 
l'idioma  lombardo,  e  lo  giudicate  concordemente  originario  del 
Monferrato  :  con  esempi  alla  mano  correggerò  le  vostre  opinioni, 
fondate  sopra  pochi  vocaboli  non  umanamente  scritti.  Ecco  lo 
scopo  del  mio  Discorso.  » 

«  Le  tavole  da  me  prodotte,  osserva  il  Vigo ,  dimostrano  che 
i  tre  linguaggi  messi  a  confronto  sono  vari  fra  loro,  e  differiscono 
d'identità  ;  che  nel  sanfratellano  sono  forame  glottiche  d' ignota 
provenienza,  ne  queste  lacune  furono  riem,pite  dal  Vasi.  Non  è 
giusto  cercare  in  un  libro  qualunque  quello,  che  non  ebbe  in  pen- 
siero l'autore  di  darti  ;  e  poiché  a  me  parve  d'aver  dimostrato  il 
sanfratellano  essere  un  neolatino  come  gli  altri  parlari  della  peni- 
sola, e  trovarsi  in  esso  tanto  di  milanese  quanto  di  monferrino,  lo 
scopo  era  conseguito  e  aperto  l'adito  a  nuove  ricerche.»  Pag.  54. 

E  più  esplicitamente  nelle  Osservazioni  antiche:  «Finalmente 
nel  sanfratellano  trovasi  su  per  giù  tanto  di  monferrino  quanto 
di  milanese  :  donde  non  equa  la  sentenza,  che  le  colonie  lòmbar- 
de-sicule  vuole  in  tutto  e  per  tutto  monferrino ,  e  giusta  invece 
quella,  che  le  affermasse  derivate  da  tutta  Italia.  *  Pag.  140. 

Del  rimanente  il  giudizio  del  critico  è  soggettivo.  Rispondo 
però  al  critico  con  altri  giudizi  soggettivi  del  pari  ;  e  ciò  è,  che 
i  miei  scritti  non  parvero  quali  a  lui  né  all'  Amari  ,  né  al  Degu- 
bernatis,  né  allo  stesso  Vigo,  né  al  Pitrè,  nò  all'  autore  del  dizio- 
nario piazzese,  Remigio  Roccella ,  che  giudicò  nei  miei  scritti  lo 
svolgimento  e  l'ordine  veramente  ammirevoli,  l'assunto  propu- 
gnato per  qimnto  possibile  raggiunto,  svolte  ampiamente  le  dot- 
trine a  corredo,  lavoro,  in  cui  si  rivela  lo  studio  accurato  e  pa- 
ziente ;  nò  lìnaìmente  al  Boselli ,  che  afferma  del  contenuto  del 
ìnio  lavoro,  che  reca  un  nu^vo  ed  utile  contributo  agli  studi  fi- 
lologici, e  in  ìspecie  alla  costruzione  storica  del  dialetto. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  41 


688  MISCELLANEA 


Dirà  il  critico,  che  costoro  non  sono  fonologi.  Ebbene,  addurrò 
il  giudizio  d'un  fonologo,  per  lo  meno  quanto  lui ,  il  Morosi  ;  il 
quale  rispondeva  così  al  Dott.  Benedetto  Ricca  Salerno  per  rin- 
graziarlo d'avergli  spedito  alcuni  miei  scritti  : 

«  Io  non  so  come  ringraziarla  della  gentilezza  veramente  squi- 
sita, regalandomi  gl'importanti  lavori  pubblicati  intorno  a  cotesto 
dialetto  dall'egregio  Prof.  Vasi ...» 

«  La  prego  di  ossequiare  da  parte  mia  il  sig.  Prof.  Vasi  e  d'in- 
coraggiarlo a  compiere  i  suoi  studi  su  codeste  colonie  lombarde, 
e  voglia  dirgli  che  farebbe  opera  veramente  preziosa,  se  dedicasse 
un  po'  del  suo  tempo  a  compilare  un  Dizionario  (ch'egli  saprebbe 
fare  benissimo)  delle  voci  sanfratellane  che  non  s' incontrano,  o 
non  nella  stessa  forma,  nel  siciliano  comune.  Chi  sa  che  non  ne 
venga  qualche  lume  alla  quistione  della  origine  di  cotesta  colo- 
nia ?  Del  resto  la  è  questa  davvero  (come  il  Sig.  Prof.  Vasi  ha 
ben  veduto)  una  quistione  assai  difficile  a  risolversi.  Anche  a  me 
non  è  riuscito  di  formarmi  una  opinione  chiara  e  netta  a  tale 
proposito.  Aspetto  quindi  con  impazienza  la  pubblicazione  dell'o- 
pera, che  il  dotto  (1)  Prof.,  suo  concittadino,  promette.  » 


Al  critico  parve  stranezza  od  errore  massiccio  1'  avere  scritto 
nel  Discorso  :  «  Un  altro  elemento ,  di  cui  parimente  non  torna 
agevole  rintracciare  l'origine,  si  è  il  francese ,  che  in  copia  tro- 
vasi commisto  nel  corpo  di  questo  dialetto.  »  E  date  molteplici 
pruove  di  questo  mio  asserto,  conchiudevo  con  dire  essere  «  oltre- 
modo manifesto  non  solo  il  concorso  del  sermone  gallico  nella 
formazione  di  questo  vernacolo,  ma  un  numero  altresì  di  Fran- 
cesi uguale  quasi  ai  Lombardi  nella  formazione  di  San  Fratello.  •> 
Pag.  30-31-32. 

Or  che  fa  il  critico  ?  Toglie  il  qiuzsi  dal  mio  periodo,  e  vi  so- 
stituisce in  egual  misura.  Arch.,  p.  303. 

Parrebbe  a  primo  aspetto,  che  il  critico  giovandosi  del  tempo 
trascorso  tra  la  stampa  del  mio  e  quella  dell'  ultimo  suo  lavoro, 
a  meglio  dimostrare  la  stranezza  o  sproposito   dell'  asserto,  abbia 


(1)  Me  degno  a  ciò  né  io  né  altri  erede. 


MISCELLANEA  689 


a  bello  studio  omesso  V  avverbio  quasi.  Sono  già  93  anni ,  che  il 
Discorso  uscì  fuori  in  Palermo.  Quanti  lessero  quel  Discorso  ?  E 
tra  i  lettori  quanti  possono  ricordarsi  dei  particolari  in  esso  con- 
tenuti ? 

Giova  invoce  supporre,  che  l'abbia  fatto  per  isbadataggine  : 
giacché  il  De  Gregorio  non  può  ignorare  ,  che  dissentire  dalle 
opinioni  altrui  si  può  onestamente  ;  falsificare  gli  altrui  scritti  non 
si  può  senza  disonore,  quand'anche  il  falsificatore  vesta  panni  da 
gentiluomo,  e  scriva  secondo  il  costume  cesareo  col  Noi. 

Rispetto  alla  stranezza  poi,  non  senza  orgoglio  trovo  d' averla 
in  comune  con  un  omonimo  del  critico,  ma  infinitamente  più  ver- 
sato di  lui  nelle  cose  nostre,  e  scrittore  di  ben  altro  polso.  Ro- 
sario Gregorio.  Il  quale,  nelle  Considerazioni  sopra  la  Storia  di 
Sicilia  scrive  :  Ma  non  è  qui  da  pretermettersi  un  popolo  nuovo, 
che  passò  in  quel  tempo  la  prima  volta  in  Sicilia,  e  che  dai  paesi 
e  dalla  patria  loro  trasportarono  con  seco  abbondantemente  i  vit- 
toriosi Normanni  :  ognun  si  avvede,  che  io  qui  parlo  dei  Franchi. 
Comechè  il  Malaterra  siasi  studiato  d'ingrandire  la  famiglia  di 
Tancredi  di  Altavilla  ,  padre  di  Roberto  e  del  nostro  Ruggieri, 
nientedimeno  gli  stessi  scrittori  di  quella  nazione  e  forse  i  più 
imparziali  ci  attestano,  che  colui  non  venia  riputato  neanche  tra 
i  baroni  di  primo  ordine  nella  Normandia.  Ora  dunque  i  suoi  fi- 
gliuoli salii'ono  a  tanta  grandezza  in  Italia,  ei  naturalmente  av- 
venne, che  eccitaronsi  nel  tempo  stesso  i  lor  compatrioti  a  cer- 
carvi stanza  e  ventura,  anzi  coloro  ve  gl'invitarono  espressamente, 
e  ve  gli  allettava  ancora  la  Puglia,  la  Calabria  e  la  Sicilia,  ferti- 
lissime Provincie  e  delicate.  Egli  è  certo ,  che  la  Puglia  fu  allor 
piena  di  baroni  normanni,  di  Normanni  grandissima  copia  era  in 
Calabria,  e  memorie  indubitate  dimostrano,  che  stabilitasi  la  loro 
signoria  moltissimi  di  quella  nazione  passarono  ad  abitare  in  Si- 
cilia, anzi  coloro  che  furono  costituiti  nei  primi  ordini  dello  stato, 
erano  di  quelle  famiglie,  che  appartenevano  alla  nazione  vinci- 
trice ...» 

«  Ora  che  insieme  con  essi  passassero  allora  molte  famiglie, 
anzt  colonie  normanne  e  francesi  è  ancor  manifesto  da  alcuni  isti- 
tuti e  costumi  da  quel  tempo  innanzi  presso  noi  introdotti,  e  che 
eran  propri  di  quella  nazione.  Primieramente  il  linguaggio  della 
real  corte  in  Palermo  sotto  i  Normanni  non  era  altro  che  il  fran- 


640  MISCELLANEA 


cese  :  aggiungasi  che  ove  le  nostre  chiese  furono  dal  conte  Rug- 
gieri restituite  al  patriai'ca  di  Occidente  e  al  culto  latino,  fu  so- 
lamente introdotto  quello  delle  chiese  di  Francia,  e  non  si  vide 
per  tutte  le  chiese  siciliane  disposto  altro  ordine  di  culto  pubblico 
che  quello  prescritto  nella  liturgia  gallicana  ...» 

<(  Dee  ancora  notarsi,  che  la  più  parte  della  nazione  era  com- 
posta in  quel  tempo  dai  Saracerfi,  dai  Greci  e  da  coloro  che  sotto 
unico  vocabolo  diceansi  volgarmente  latini,  e  ciò  erano  i  naturali, 
i  Franchi  e  i  Lombardi.  Il  che  oltre  di  essere  dalle  coso  anzidette 
manifesto,  argomentasi  dal  sapere,  che  eran  qui  allora  tre  lin- 
guaggi comuni  e  volgari,  propri  delle  tre  nazioni,  e  negli  atti  e 
nei  registri  del  governo  e  nei  monumenti  pubblici  le  tre  lingue, 
greca,  latina  ed  ai'abica  erano  adoperato:  anzi  non  di  rado  sotto 
i  Normanni  osservasi  uno  stesso  monumento  in  tutte  le  tre  lingue 
scritto;  quindi  si  hanno  diplomi  trilingui,  trilingui  monete,  e  la- 
pidi ossia  iscrizioni  trilingui.  » 

Altro  complice  della  mia  stranezza  presentasi  il  Vigo  là,  dove 
scrive:  «  Il  vernacolo  sanfratellano  è  un  linguaggio  veramente 
speciale  .  .  .  ,  del  quale  avendo  tentato  indagare  la  genesi,  dopo 
avervi  riconosciuto  qualche  voce  francese  e  dell'  Alta  Italia,  nul- 
l'altro  potei  trovarvi.  » 

Altra  pruova  di  complicità  me  la  fornisce  lo  stesso  critico  nella 
persona  del  Meyer,  il  quale,  secondo  che  egli  scrive,  «  afferma 
che  non  si  conosce  esattamente  l'origine  della  colonia  di  San  Fra- 
tello, e  nota  delle  affinità  col  francese  di  sud-est,  e  col  savoiardo.  » 

Finalmente  il  quarto  complice  è  il  critico  istesso.,  allorché 
scrive  :  «  Se  il  biografo  del  conte  Ruggiero  dissimula  la  parteci- 
pazione della  schiatta  italiana  nella  conquista  dell'isola,  gli  scrit- 
tori arabi  espressamente  affermano,  che  Ruggiero  vi  fece  pren- 
dere stanza  insieme  ai  Musulmani  e  ai  Franchi ,  anche  ai  Rum, 
cioè  agl'Italiani.  »  Ora  gli  scrittori  arabi  conoscevano  più  e  me- 
glio degli  storici  avvenire  le  cose  loro  e  dell'isola  a  quei  tempi; 
e  poiché  affermano  che  insieme  ai  Musulmani  presero  stanza  in 
Sicilia  anco  i  Franchi,  senza  specificarne  il  numero,  ciò  non  per- 
melteva  al  critico  di  affermare,  senza  veruna  pruova,  che  i  Fran- 
chi, i  quali: <si  fermarono  in  Sicilia  anzi  che  molti,  furono  pochi, 
che  fì^otte  di  Normanni  di  nascita  non  passarono  in  Sicilia  per 
prendervi  stanza  fissa, . .  .  che  ve  la  presero  solo  alcuni. capi  delr 


MISOELLANEA  .  G4l 


Veser-cito .  .  .  ,  alcuni  prelati  e  ufficiali  pubblici  ;  che  non  si  eb- 
bero perciò  nell'isola  delle  vere  popolazioni  normanne  o  francesi 
nello  scorcio  del  secolo  XI;  che  finalmente  le  famiglie  venute 
alla  spicciolata,  si  estinsero  entro  un  secolo,  i  pisciati  in  una  ge- 
nerazione. Sia  lecito  al  critico  dettare  decreti  in  luogo  di  storia  : 
ma  sappia  almeno,  ch'oggidì  non  iscrivesi  storia  senza  solide  pruove, 
e  soprattutto  senza  documenti. 

Ciò  che  il  Di  Gregorio  sembra  negar  di  San  Fratello,  parrebbe 
concederlo  a  Sperlinga  e  Nicosia.  Scrive  adunque  :  «  Per  codesta 
(Sperlinga)  e  per  la  vicina  Nicosia,  taluno  poti'^ebbe  inclinare  alla 
idea,  che  prima  dei  coloni  italiani  o  accanto  ad  essi,  vi  si  fosse 
stabilito  un  nucleo  francese  o.  più  propriamente  normanno;  idea 
che  sarebbe  confortata  dal  fatto,  che  alla  strage  del  Vespro  «  sola 
Sperlinga  negavit  »,  e  dalla  tradizione  che  il  maggior  tempio  di 
Nicosia  e  la  fortezza,  in  parte  ancora  esistente ,  siano  opera  dei 
Normanni  sotto  Ruggiero.  « 

«  Comunque  si  voglia,  dato  che  a  Piazza.  Nicosia,  San  Fratello, 
siano  venute  delle  sovrapposizioni,  nei  dialetti  ora  presentati  da 
queste  località  non  dovremo  aspettam  di  trovarvi  riflessi,  tali 
quali,  singoli  dialetti  parlati  all'epoca  delle  prime  immigrazioni.  » 
Quasiché  non  basti  la  solita  corruzione  fonetica  di  tutti  i  tempi, 
di  tutti  i  luoghi,  di  tutte  1(3  lingue,  ma  sieno  necessarie  la  sovrap- 
posizioni per  ispiegare  i  riflessi  non  corrispondenti  all'antico; 
quasiché  il  sospettare  con  fondamento  senza  recar  pruove  o  in- 
duzioni almeno,  non  manchi  d'ogni  fondamento  ;  quasiché  l'unico 
esempio  storico  di  Scopello  provasse,  che  i  coloni  si  fossero  so- 
vrapposti e  non  avessero  per  contrario  formato  popolo  a  sé;  qua- 
siché non  sia  fuori  d'ogni  verosimiglianza  l'attribuire  al  nucleo 
normanno,  stabilito  in  Sperlinga,  la  separazione  di  questa  da  tutte 
le  città  e  terre  consorelle  dell'isola,  mentre  Nicosia,  paese  assai 
più  grosso,  in  cui  si  suppone  lo  stesso  nucleo  normanno,  anziché 
intendersi  con  i  suoi  connazionali,  dava  addosso  ai  Francesi,  come 
tutti  gli  altri  comuni  dell'isola. 

Ciò  che  poi  il  critico  scrive  di  Nicosia,  con  miglior  fondamento 
può  dirsi  di  San  Fratello.  Qui  la  tradizione ,  che  dà  l' appellativo 
di  francese  ad  una  delle  due  fazioni,  che  da  secoli  si  contendono 
il  primato  della  chiesa  madre  :  qui  un  castello,  che  del  1272  era 
annoverato  tra  i  castelli  regi,  i  quali,  giusta  la  energica  frase  del- 


642  MISCELLANEA 


l'Amari,  ìmfytHgliavano  l'isola  a  quei  tempi  :  qui  una  delle  dieci 
prefetture  militari  sotto  il  governo  spagnuolo,  presso  alla  quale 
convenivano  le  milizie  di  24  comuni,  compresi  Sperlinga  e  Nicosia. 


All'omissione,  di  cui  s'è  discorso,  un'altra  ne  fa  seguire  il 
critico  di  non  minore  rilievo.  Furono  17  le  ottave  in  vernacolo 
sanfratellano  pubblicate  dal  Vigo ,  oltre  a  due  mezze  ottave  e  a 
cinque  versi  di  cantilena  :  le  pubblicate  da  me ,  comprese  quelle 
del  Vigo,  47,  precedute  da  quest'avvei-tenza  :  «Parecchie  di  que- 
ste poesie  furono  pubblicata  da  Leena i*do  Vigo  nella  Raccolta  dei 
Canti  popolari  siciliani.  I  moltissimi  errori,  in  cui  egli  .t^adde,  sì 
di  forma,  sì  di  significato,  m'inducono  a  pubblicarle,  di  nuovo,  se- 
gnandole con  l'asterisco.  »  Pag.  104. 

Abbiamo  visto  di  sopra,  come  il  critico  scrive  su  questo  punto: 
«  Il  Vasi  ricorreggeva  le  poesie  pubblicate  dal  Vigo,  corredandole 
dei  numerosi  e  talvolta  strani  riscontri  accennati  di  sopra.  »  Ma 
è  romanzo  quello  ch'ei  scrive,  o  storia  ?  Scrive  egli  per  la  eletta 
dei  lettori  o  per  la  feccia  ?  per  tutti  indistintamente  o  per  quelli 
soltanto,  a  cui  non  giunsero  i  miei  scritti  ?  Leggansi  questi  nel 
volumetto  accennato  di  sopra,  e  non  si  troverà  neppur  l' ombra 
dei  numerosi  e  talvolta  strani  7'iscontri  dì  corredo  alle  poesie  : 
vi  troverà  invece  il  dizionario  anzidetto  dei  vocaboli  che  le  com- 
pongono, e  alquante  avvertenze  intorno  alla  loro  pronunzia.  Ol- 
tre di  che,  come  cattiva  giunta  a  cattiva  derrata,  ne  fa  ripubbli- 
care soltanto  le  poesie  già  pubblicate  dal  Vigo,  tacendo  delle  nuove 
da  me  pubblicate,  che  formano  quasi  il  doppio  di  quelle  del  Vigo  ! 

Tali  invenzioni,  tali  omissioni  contrastano  maledettamente  con 
un  uomo,  che  scrive: 

«  La  vera  illustrazione  scientifica  si  deve  alla  nostra  fonetica, 
la  quale  venne  a  mettere  in  rilievo,  metodicamente,  i  caratteri 
gallo-italici,  che  hanno  in  comune  i  dialetti  esti'anei  di  Sicilia,  e 
le  più  spiccate  particolarità  individuali  di  ciascuno  di  loro.  " 

«  Il  Meyer  mosti-a  di  non  aver  ben  tenuto  in  considerazione  il 
punto  già  da  noi  ritenuto ,  che  non  si  può  negligere  quando  si 
voglia  serianientr'  tentare  la  l'isoluzione  del  nostro  problema,  cioè 
che  i  vernacoli  in  iiiuola  liinmo  origini  alquanto  «Jivf^'se ,  per 
quanto  si  acitordiiio  nei  curai  ((tri  più  generali  del  tipo  settentrio- 
nale dotto  gallo  italico.  » 


HIS0£LLAN£À  643 


«  Il  Meyer  necessariamente  dovette  utilizzare  .  .  .  i  materiali 
forniti  dai  nostri  lavori ,  mentre  anteriormente  non  esistevano 
spogli  fonetici,  ne  trascrizioni  esatte .  .  .  ,  sebbene  non  citi  questa 
(Fonetica)  né  il  suo  autore.  »  Arch.,  p    405. 

«  Il  Meyer,  al  postutto,  si  basa  sopra  dei  nostri  dati,  ed  è  tanto 
sicuro  della  tesi  da  noi  pei  primi  dimostrata,  essere  il  sanfratel- 
lano  un  dialetto  gallo-italico,  che  fa  di  San  Fratello  come  il  pro- 
totipo dei  dialetti  dell'Alta  Italia,  che  rispecchi  le  fasi  primitive 
meglio  ch(!  non  i  dialetti  della  pati-ia  originaria.  » 

«  Qui  non  possiamo  fare  a  meno  di  maravigliarci,  come  in  tale 
importante  opera  il  Meyer  citi  il  nostro  lavoro  sulle  Affinità  del 
sanfratellano  coi  dialetti  dell'Emilia,  senza  citare  il  titolo  del  pre- 
cedente lavoro,  su  cui  si  basa  non  solo  egli,  ma  noi  stessi.  » 

«  Del  resto  tutti  i  romanisti  sanno  a  chi  attribuire  il  merito 
di  quella  pi'ima  illustrazione;  e  basta  a  dimostrar  ciò  la  espli- 
cita dichiarazione  del  prof.  Renier  che  a  noi  spetti  l' alta  bene- 
merenza d' illustrare  in  modo  scientifico  i  parlari  gallo-italici  di 
Sicilia.  » 

«  Meyer  L.  .  .  non  tralascia  di  notare  lo  speciale  riflesso  di 
quelle  piccole  propaggini  dei  dialetti  di  Alta  Italia,  piantate  in  Si- 
cilia, sulle  quali,  senza  le  nostre  illustrazioni  uè  egli  né  alcun  al- 
tro romanista,  avrebbe  mai  gettato  l'occhio.  »  Arch.,  p.  413. 

«  Né  occorre  insistere  sopra  questa  nostra  osservazione ,  già 
accennata,  e  usufruita,  .senza  accenno  al  nostro  nome,  dal  Meyer  L.» 
A7'ch.,  pag.  437, 

«  La  coincidenza  coli'  emiliano  ,  da  noi ,  dapprima  ,  rilevata.  » 
Arch.,  p.  422. 

Leggendo  siffatte  querimonie  nasce  spontanea  la  domanda  :  Se 
il  Meyer  si  fosse  diportato  col  De  Gregorio,  come  il  De  Gregorio 
col  Vasi,  che  non  avrebbegli  detto?  Povero  Tedesco!  gli  avrebbe 
dato  per  lo  meno  del  Vandalo.  Il  De  Gregorio  lamentasi  che  «  gl'I- 
taliani in  generale  si  mostrano  troppo  deferenti  verso  l'  opinione 
dei  Tedeschi,  anche  in  ciò  dovrebbero  essere  più  deferenti  verso 
gli  specialisti  loro  connazionali.  Le  deferenze  a  chi  ha  dritto  di 
averle ,  ed  in  ciò ,  in  cui  ha  dritto.  »  Arch.,  pag.  423.  Questo  la- 
mento in  bocca  del  De  Gregorio  somiglia  a  quello ,  che  predica 
il   digiuno    senza    osservarlo.   Il    De   Gregorio   volga   il  sermone 


1 644  HISCELLA.NEA 


a    se   stesso ,   e   dia    poi   primo   l' esempio   verso   i    suoi   conna- 
zionali. 

Si  vis  me  fiere,  dolendum  est 

Primum  ipsi  libi  :  lune  tua  me  infurlunia  laedent 
Telophe,  vel  Peleu:  male  si  ìnandala  loqueris, 
Aut  dormilabo,  aut  ridebo 


Fin  qui  i  giudizi  del  critico  su  me  e  le  cose  mie,  quanto  al 
contenuto  sono  negativi:  venghiamo  ai  positivi,  che  sono  amoì'e 
e  conoscenza  del  patrio  linguaggio ,  che  nessuno  può  negarmi. 
Circa  all'amore  rispondo,  come  risposi  al  Vigo: 

«  L'amore  verso  la  terra  natale  è  non  pur  doveroso,  ma  utile, 
ma  bello.  Però  anche  in  questo  Amicitia  usque  ad  altare:  dove- 
roso, a  patto  che  sia  giusto  estimatore  cosi  dei  pregi  come  dei 
difetti  ;  utile,  allorquando  non  è  nimico  dell'onestà  e  degli  onesti; 
bello,  se  schietto,  costante,  generoso,  magnanimo.  Se  però  fa  velo 
al  giudizio ,  e  dall'  equità  si  diparte,  ed  è  arrogante ,  superbioso, 
ciarliero,  conculcatore  dei  buoni,  piaggiatore  dei  tristi,  delle  stol- 
tezze, delle  nefandigie  delle  plebi  sì  basse  e  si  alte,  e  da  ùltimo  o 
tutto  vanisce  in  fumo  di  ambizione,  o  appuntasi  in  libidine  d'ino- 
nesti guadagni,  allora  è  l'abbietta  e  turpissima  cosa.  »  Pag.  52. 

Rispetto  alla  conoscenza  del  patrio  linguaggio ,  debbo  sapei' 
grado  al  critico,  che  non  nacqui  sordo,  nò  crebbi  idiota.  E  gli  so 
grado,  ancoi'chè  la  generosa  lode  non  mi  sia  stata  data  senza  in- 
teresse da  usuraio  :  perchè  spogliare  ferocemente  i  miei  scritti,  e 
poi  dichiararmi  imperito  della  cosa  spogliata,  sarebbe  stato  lo 
stesso,  che  dichiarare  il  fallimento  della  Fonetica,  dell'Attinità,  e 
dell'Origine:  il  che  ripugna  con  l'avvedutezza,  di  cui  il  critico  va 
fornito  a  dovizia. 


IV. 


Il  D©  Gregorio  in  quest' ultimo   suo   lavoro  fa  precedere  alla 
parte  Fonetica,  un  cenno  storico  sulla  quantità  e  qualità  delle  co- 
.Jonie  lombardo  vc'uute  in  Sicilia,  rimaneggiando  cose  trite,  o  con 
punto  logica.  Ne  tocchei'ò  qualche  capo. 


ttlSCELLANSÀ  645 


Scrivendo  di  Maniaci  esce  a  dire:  «Sembra  pur  lecito  dubi- 
tare, che  oltre  dell'abadia  sorta  nel  XII  secolo  nel  piano,  a  15  mi- 
glia a  levante  di  Troina  ...  ;  non  sia  mai  esistito  un  vero  paese 
sotto  il  suo  nome.  Lo  stesso  Amari  avverte ,  che  dai  centotrenta 
grossi  paesi  noverati  da  Edrisi ,  manca  oggidì ,  tra  gli  altri ,  Ma- 
niaci, parla  poi  sempre  di  terra,  o  campo,  o  territorio,  o  pianura 
di  Moniace  ;  una  sola  volta  lo  mette  tra  castelli  di,  montagna.  La 
nota  4' ...  se  da  un  lato  fa  credere,  che  Amari  propende  all'idea 
della  esistenza  di  un  antico  paese  detto  Maniaco  (il  che  però  egli 
chiaramente  non  afferma),  dall'altro  ci  spiega,  come  quella  loca- 
lità potè  costituire  un  centro  di  accampamento  o  di  assembra- 
mento ,  appunto  per  le  grotte  che  in  essa  esistevano.  Ad  ogni 
modo  questo  è  certo,  che  un  paese  detto  Maniace  oggi  non  esiste 
in  Sicilia.  » 

Stando  alle  parole  del  De  Gregorio ,  se  1'  Amari  avverte ,  che 
dei  centotrenta  grossi  paesi  noverali  da  Edrisi,  manca  oggidì,  tra 
gli  altri ,  Maniaci ,  dunque  Edrisi  ammise  Maniaci  come  grosso 
paese,  comechè  oggidì  manchi,  tra  gli  altri;  dunque  l'Amari,  che 
non  era  uomo  da  commettere  Io  sproposito  di  porre  in  forse  l'E- 
drisi,  riconobbe  in  Maniaci  un  grosso  paese;  dunque,  quand'egli 
attenendosi  al  linguaggio  dei  tempi ,  che  terra  ,  castello ,  dinota- 
vano paese,  chiamando  Maniaci  castello .  terra,  ammetteva  con 
ciò  solo  Maniaci  quale  gi'osso  paese.  Allorché  i  contadini ,  i  pa- 
stori, dalle  campagne  tornano  a  San  Fratello,  dicono  di  andare 
alla  terra;  allorché  soggiornano  in  paese,  dicono  di  stare  alla 
terra.  Tanto  e  così  tenace  è  in  bocca  del  popolo  il  proprio  lin- 
guaggio! il  quale  è  bene  spesso  più  logico  e  storico  della  storia 
e  logica  di  certi  scrittori. 

E  d'altra  parte  se  una  torre  presso  Maletto  e  una  frazione  del 
comune  di  Brente,  conservano  tuttora,  come  il  De  Gregorio  scri- 
ve, il  nome  di  Maniaci;  se  l'Amico  ammette  Maniaci  come  paese, 
la  cui  popolazione  esistette  sino  ai  tempi  di  Guglielmo  II,  e  fa 
menzione  di  rovine  in  quei  dintorni,  dette  il  Casaline,  rovine  esi- 
stenti ai  tempi  del  Fazello  ;  s'anco  1'  autore  della  Sicilia  in  Pro- 
spettiva annovera  Maniaci  come  paese,  che  prove  il  De  Gregorio 
adduce  per  dubitare  della  costoro  autorità  ?  il  dubbio  dell'  animo 
suo  ?  Si  capaciti  lo  scrittore,  che  un  dubbio  dell'animo  suo  è  troppo 
debole  per  ismuovere  l'autorità  degli  scrittori  anzidetti.  —  Questo 


646  lilSCBLLAkÉA 


è  certo,  che  Maniaci  oggi  non  esiste.  E  metteva  il  conto  di  affer- 
mar cosa  nota  persino  ai  tonsori  ed  ai  lippi  ?  E  il  dubitare  della 
inesistenza  di  ieri  per  la  inesistenza  di  oggi ,  non  è  l'agionar  da 
fanciulli  ? 

Ma  v'  è  di  più.  Il  passo,  che  il  De  Gregorio  trascrive  dallo 
storico  Falcando  avrebbe  dovuto  farlo  avvertito  della  qualità  del 
suo  dubbio  :  Interea  Randacini,  Vacatienses,  Capiciani,  Nicosiani, 
Maniacenses,  celaerique  Lombardi ,  offrono  a  Stefano  di  Rotrou 
20000  combattenti  per  l'eprimere  la  sollevazione  di  Ruggiere  Scavo. 
Metta  fuori  il  De  Gregorio  una  pruova  sola ,  o  almeno  un  argo- 
mento plausibile,  atto  a  dimostrare  qualmente  quei  di  Randazzo, 
Vicari,  Capizzi,  Nicosia,  ei'ano  bensì  popoli,  aventi  una  patria,  non 
così  quei  di  Maniaci.  L'euritmia  dei  vocaboli  slessi  porta  all'iden- 
tità <lel  significato,  e  non  può  escogitarsi  ragione ,  che  i  Mania- 
censes fossero  diversi  dai  Randacini,  Vicarienses,  Capiciani,  Ni- 
cosiani: se  questi  popoli,  e  abitatori  d'un  castello,  d'una  terra, 
d'una  città ,  d'  un  paese  qualsiasi,  e  popolo  e  abitatore  d'un  paese 
qual  siasi  i  Maniacenses. 

Del  resto  esiste  un  diploma,  scritto  in  greco,  e  formante  parte 
delle  pergamene  tradotte  e  pubblicate  dallo  Spata,  il  quale  tronca 
sin  dalle  radici  il  dubbio  e  la  logica  del  De  Gregorio.  Il  diploma 
è  di  Margherita,  vedova  di  Re  Ruggiero,  e  porta  la  data  del  1171. 
«  Sei  venuto  tu  messer  Pancrazio,  categumeno  del  venerabile  mo- 
nistoro  di  S.  Filippo  di  Demenna,  e  con  teco  i  monaci  della  terra 
della  nostra  dote,  e  pregando  ci  hai  chiesto  rivolgerci  al  santo 
monistero,  poiché  è  ingiuriato  dai  gestori  del  territorio  di  De- 
menna e  della  terra  di  San  Marco,  e  degli  ufflziali  di  Maniaci.  » 
E  Margherita,  annuendo,  concede,  il  diploma  «in  raflfrenamento 
di  tutti  gli  ufflziali  di  oggi  in  poi  e  dei  futuri  uftlziali ,  che  vo- 
gliono fare  a  voi  molestia  e  al  comune  popolo  della  terra  di  San 
Marco  e  della  terra  di  Maniaci.  »  Or  va,  e  giura  su  le  supposi- 
zioni, i  dubbi  e  i  convincimenti  del  De  Gregorio. 

Quanto  allo  tracce  di  lombardo  osservate  in  Bronte  dai  I)»» 
Gregorio,  l'autore  scrive,  eh'  «esse  costituiscono  un'altra  pi-ova 
irrefragabile  delle  ditferenti  epoche  delle  vario  imnìigrazioni,  e  si 
può  presumere,  che  dove  si  mostrano  meno  palesi  o  piìi  .scai'se, 
lì  ai  debba  riconoscere  una  immigrazione  più  antica.  » 

«  Codesta  congettura  logica  è  poi  convalidala  dalla  storia  . .  . , 


MISCELLAÌ7EJL  647 


le  tracce  gallo-italiche,  che  si  rinvengono  a  Bronte  possono  ben 
considerarsi  come  cimeli  preziosi  delle  più  antiche  immigrazioni, 
avvenute  solfo  la  guida  di  (ìiorgio  Maniaco  nel  1038.  »  Arcfi., 
pag.  420. 

In  tutto  ciò  è  appunto  la  logica,  che  manca.  Per  menar  buone 
le  supposizioni  dello  scrittore,  bisognerebbe  ammettere,  che  una 
colonia,  solo  perchè  stabilitasi  in  un  dato  luogo  un  mezzo  secolo 
od  anche  un  secolo  prima  che  le  suo  consorelle,  possa,  nei  casi 
ordinari,  perdere  il  proprio  linguaggio,  lasciando  soltanto  alquante 
tracce  di  sé.  San  Fratello,  Nicosia,  Sperlinga,  Piazza,  Aidone,  che 
da  otto  secoli  conservano  intero  il  linguaggio  proprio  ,  sono  una 
prova  irrefragabile  conti'o  la  irrefragabile  prova  dello  scrittore. 
E  la  logica  persuade  invece,  che  distrutto  Maniaci  dalla  guerra, 
o  dal  terremoto,  o  da  qual  siasi  altra  causa,  distruzione  attestata 
dalle  rovine  esistenti  sino  al  Fazello,  i  Maniacesi  superstiti  si  sia- 
no trasferiti  là,  dove  poi  sorse  Bronte,  e  che  ivi  poi  sopraffatti 
dai  Siciliani,  che  in  numero  assai  maggiore,  vi  si  recarono  ad 
abitare  quel  medesimo  luogo,  siano  stati  costretti  a  mutar  di  lin- 
guaggio, non  senza  lasciare  qualche  vestigio  di  sé. 

La  storia  inoltre,  da  cui  lo  scrittore  fa  convalidare  la  logica 
sua  congettura,  si  oppone  recisamente  a  convalidarla.  Essa  dice, 
che  dopo  la  disfatta  dei  Musulmani  presso  Maniaci ,  il  lombardo 
Arduino,  bistrattato  da  Maniaco,  tornò,  fremente  vendetta,  coi  Nor- 
manni nel  continente,  e  che  Maniaco,  privo  del  loro  aiuto,  pei'- 
dette  in  breve  le  fatte  conquiste.  Ora  è  illogico  il  pensare,  che 
rimasta  la  Sicilia  nuovamente  in  potere  dei  Musulmani,  i  Lom- 
bardi, partito  Maniaci  loi*o  capo,  sieno  rimasti  nell'isola  in  mezzo 
a  popolazioni  nemiche  ,  contro  cui  avevano  in  tanti  sconti'i  me- 
nato ferocemente  le  braccia,  e  contribuito  alle  loro  disfatte. 

Non  meno  strano  è  ciò  che  il  De  Gregorio  sci'ive  di  San  Fra- 
tello. «  Parecchi  luoghi,  ove  ora  esistono  tali  dialetti  o  tracce  pal- 
pabili, di  essi  ,  non  sono  nominati  dai  cronisti  come  Lombardi,  e 
principalmente  fanno  specie  Aidone  e  San  Fratello.  » 

«  Quest'ultimo  non  figura  in  nessuno  dei  ricordi  storici  antichi. 
Come  sopra  accennammo,  fu  lo  storico  Fazello  che,  narrando  gli 
avvenimenti  del  1168  pensò  di  aggiungere  il  nome  di  San  Fra- 
tello come  quello  di  Aidone  al  numero  dei  luoghi  lombardi  di  Si- 
cilia. »  Arch.,  p.  400-401. 


€48  1ÌI8CBLLAN£A 


Il  Fazello  venuto  in  San  Fratello ,  e  sentito  il  linguaggio  del 
paese,  e  la  tradizione  degli  abitanti  nel  chiamare  dumììard  il  loro 
vernacolo,  e  datin  il  siciliano,  più  logico  assai  dello  scrittore,  non 
provò  veruna  specie  della  novità,  perchè  vide  nel  caeterique  Lom- 
bardi del  Falcando  incluso  San  Fratello.  Che  poi  di  quei  tempi, 
a  cui  si  riferiscono  i  ricoì^di  stoìHci  antichi,  San  Fratello  esistes- 
se,, l'abbiamo  dall'Edrisi,  il  quale  del  1154  annoveravan  San  Fra- 
tello tra  i  comuni  dell'isola.  Se  uno  storico  del  Vespro  scrivesse, 
che  e  Palermitani  e  Messinesi,  e  Gatanesi  e  tutti  gli  altri  abita- 
tori dell'isola  diedero  concordemente  addosso  ai  Francesi,  la  nar- 
razione dovrebbe  fare  specie  allo  scrittore,  non  trovandovi  i  nomi 
de'  Girgentini,  dei  Trapanesi ,  dei  Termitani  e  di  tutta  la  lunga 
filatera  dei  comuni  di  Sicilia. 


■V. 

Nelle  Osservaziord  critiche  manifestai  il  convincimento,  che  la 
colonia  di  Nicosia  fosse  originaria  soprattutto  dalla  Liguria  ;  e  son 
convinto  ancora,  che  tutta  la  glottologia  e  fonologia  dei  dotti,  trat- 
tata ed  applicata  veracemente,  non  varrà,  non  dico  a  distruggere, 
ma.  ad  >afflevolire  la  mia  convinzione.  Chi  voglia  convincersene  al 
pari  di  me,  pigli  in  mano  il  grosso  volume  del  Papanti,  ed  abbia 
la  pazienza,  eh'  ò  avuta  io,  di  leggere,  oltre  alle  note,  le  seicento 
e  più  versioni  della  Novella  boccaccesca,  e  leggerle  per  ben  15 
volte,  e  parola  per  parola,  sillaba  per  sillaba,  lettera  per  lettera, 
durando  in  siffatto  dilettevolissimo  studio  per  lo  spazio  di  sei  mesi, 
e  impiegandovi  8,  10,  e  persino  12  ore  al  giorno  :  abbia,  dico  que- 
st'eroica pazienza,  e  gli  sto  mallevadore,  ch'ei  arriverà  alla. me- 
desima conclusione,  a  cui,  senza  verun  preconcetto,  fui  condotto  io. 

Nell'anzidette  Osservazioni  se  ne  trovano  per  disteso  le  prove 
e  le  ragioni,  che  mi  ci  indussero  :  e  con  tutto  ciò  non  so  tratte- 
nermi dal  trascriverne  qui  qualche  parte: 

NicoBia 

•Digo  donca  che  ae  tempe  do  i  Diggo. dunque  che  ao  tempo 
primo  Re  de  Cipro  dopo  a  con-    do  primo  Ho. de  Cipro,  doppo  a 


mSC£LLANEA 


649 


NicoBia 


quista  da  Terra  Santa,  faifa  da    conquista  faeta  de  Taera   Santa 
Goffredo  de  Bughion.  da  Goffredo  de  Buglion. 

Genova. 
Dopo    a   conquista    da    Tera 
Santa  feta  da  Gufreido  Buglion. 
Finalborgo. 
Dopo   a  .  conchista    da    Tera 
Santa  faita.    .    .  San  Remo. 

Primo   Re  de  Cipri  . .  .  dopo 
a  Conquista  De  a  Terra  Santa. 
Tenda. 
Succedeto  che  na  signora  da  Succedette  che  na  signora  de 

Guascogna.  Guascogna.    .    .  Marola. 

Ome  scellerae Ome  scellerai.  Tenda. 

Da  quale  cosa Da  cale  cosa.  Genova. 

Senza  arcunaconsolazion  dda-  Lamenta ndose    senza    conso- 

mentandose.  lazion    ....  Marola. 

A  recorro  no  Re A  recorre  da  o  Re. 

Id. 

Ggie  dissono  che Ghie  disso  che.  Marola. 

Tempo  perso Tempo  perso.  Spezia. 

All'autre AU'autre  .    .  Taggia. 

Da  deo  stisso        A  ee  stesso   .  Tenda. 

Da  so  nuoja Da  so  noja    .  Porto  Maurizio. 

De  pongio  a  miseria  de   ddo  De   vorrei   pounza  a  miseria 

Re.  de  stu  Re  .    .    .  P'inalborgo. 

De  chello  Re.  Monaco. 
A  miseria  .    .  Tenda. 

De  deo D'eu  .    .    .    .  Nizza. 

Te  priego Te  prego  .    .  Genova. 

Pa  'ngiuria   che   m' è   staila  DI'  ingiuria   e'  a    m'  è    staila 

faita.  faita Genova. 

Ghei  che  io  sento     ....  Quei  eh'  a  sento. 

Marola. 

Che  te  song  faite Gheteson  faite. 

Ventimiglia, 


650  MISCELLANEA 


Nicosia 


'Mparando  da  tu Imparando  da  tu. 

Id. 

A  mia A  mia   .     .     .  Tenda. 

Tardo  e  poutron Tardo  e  poltroun. 

Finalborgo. 

Da  so  corona Da  so  corona.  Porto  Maurizio. 

D'allora  'mpuoi Da  allora  in  poi. 

Id. 

«  Le  stesse  mosse,  se  m'  è  lecito  di  cosi  dire ,  lo  stesso  tono, 
lutto  quel  non  so  che  insomma,  necessario  a  farti  dire  di  tre  o 
quattro  individui:  sono  fratelli,  son  tutti  usciti  del  medesimo  cep- 
po. La  tavola  di  confronto,  che  porrò  in  calce  al  presente  lavoro, 
non  serve  che  a  confermarmi  vie  meglio  in  questa  per  me  più 
che  opinione,  certezza.  Di  176  vocaboli,  onde  la  versione  è  com- 
posta, 101  si  leggono  identici  nelle  versioni  de'  luoghi  accennati 
di  sopra,  50  sono  leggiere  varianti,  dovute,  chi  ben  considera,  al- 
l'agglomerazione in  un  punto  d'individui  e  famiglie  di  più  Provin- 
cie ;  alle  alterazioni,  cui  van  soggette  tutte  le  lingue,  e  lo  parlate 
molto  più,  nel  giro  dei  secoli;  al  contatto  col  dialetto  siciliano; 
alle  difficoltà,  che  i  traduttori  incontrano,  nel  fissar  con  la  penna 
la  parola  colta  dalle  labbra  proprie  od  altrui  ;  alla  scelta  di  que- 
sto 0  quel  vocabolo ,  o  tempo ,  o  modo ,  o  numero,  o  persona.  Le 
poche  parole,  che  restano  fuori,  si  riscontrano  meglio  con  le  ver- 
sioni delle  Provincie  meridionali:  onde  se  non  vanno  dovute  alla 
sparutissima  quantità  di  lingua,  ch'entra  nella  versione  di  novella 
non  lunga,  ovvero  alla  mancanza  di  versioni  d'  altri  comuni  del- 
l'Italia di  sopra,  possono  essere  il  portato  di  gente  emigrata  dal 
.Mezzogiorno,  e  unitasi  a  quella  assai  più  numerosa  del  setten- 
trione. » 

«  Ma  da  quale  borgo  o  terra  o  città  partì  la  colonia  ?  È  que- 
sto uno  dei  tanti  errori  del  Vigo,  credere  che  si  possa  per  sola 
virtù  della  lingua  indicare  con  precisione  il  punto  di  partenza. 
Ilo  detto  le  ragioni,  che  a  ciò  si  oppongono;  senza  dire  dell'inve- 
rosimiglianza,  che  una  grossa  colonia  parta  da  un  luogo  solo.  Il 


MISCELLANEA  651 


più  che  in  questo  e  simili  casi  può  farsi,  è  di  determinare  la 
provincia  o  le  provincie,  donde  la  colonia  si  mosse.  »  Pag.  143-44. 

Le  ragioni,  cui  sopra  ò  accennato ,  sono  le  seguenti  :  «  A  lui 
(il  Vigo)  e  a  quanti  piacque  di  seguirlo  per  la  sua  via,  nocque  la 
persuasione,  che  a  determinare  la  provenienza  delle  colonie  lom- 
bardo-sicule  bastassero  alquante  parole  staccate,  e,  per  cosi  dire, 
divelto  dal  corpo  della  favella,  di  cui  erano  parte.  Di  qui  le  liste 
di  vocaboli,  ad  imitazione  del  Leibniz,  mandate  agli  amici  per 
averle  tradotte  nei  parlari  della  terraferma,  senza  accorgersi,  che, 
per  conoscere  raffinila  delle  lingue  il  metodo,  tenuto  dal  Tedesco, 
era  buono,  per  conoscere  il  luogo  di  provenienza  di  genti  parlanti 
dialetti  d'unica  e  medesima  lingua,  il  suo  era  cattivo.  Le  parole, 
prese  separatamente,  non  provano  se  non  quando  trattasi  di  pa- 
ragonare le  varie  famiglie  delle  lingue,  o,  com'  oggi  dicesi ,  trat- 
tasi di  filologia  comparata  ;  ma  sono  insufficienti  a  provare ,  nel 
senso  voluto  dal  nostro  autore,  tra  dialetti  della  medesima  lingua. 
Di  ciò  le  ragioni  parecchie,  due  principali.  La  prima,  che  i  dia- 
letti contengono  tutti  in  generale,  e  ciascuno  in  particolare  le 
stesse  radici  a  un  dipresso  della  lingua  madre;  cotalchè  ciò,  che 
li  diversifica,  non  è  la  sostanza,  bensì  la  forma  :  la  tela  per  tutti 
è  una,  il  colorito  vario,  o  per  dirla  senza  figura  con  Grimm,  sono 
moltiplicità  sorta  per  gradi  da  una  originaria  unità. 

L'altra  ragione  si  è,  che  questa  o  quell'altra  forma  di  voca- 
bolo per  lo  più  non  è  proprietà  esclusiva  di  questo  o  quel  luogo, 
ma  di  molti  luoghi,  e  spesso  di  più  provincie,  e  talvolta  dell'in- 
tera nazione.  Onde  chi  volendo  giudicare  di  provenienza  ,  fonda 
il  giudizio  su  tali  basi,  fa  opera  bene  spesso  illusoria  e  vana.  .  .  » 

(f  Di  quanto  asserisco  fa  prova  autorevole  il  libro  del  Papanti. 
Sono  quivi  seicento  ventisette  le  versioni  della  Novella  boccacce- 
sca, e  in  tutte,  se  togli  le  poche  pertinenti  a  lingue  straniere,  si 
ripetono  su  per  giù  con  meravigliosa  costanza  i  medesimi  voca- 
boli. Tolgasi  ad  esempio  una  di  quelle  parole ,  che  più  corrono 
per  le  labbra  del  popolo,  la  parola  tempo  :  sia  qual  si  voglia  la 
forma,  ond'  è  scritta  :  taìmp,  tmnp,  lampo,  teamp,  teimp,  tein, 
lem,  teinp,  tempe,  temps,  tempu,  tene,  tenp,  lem,  tep,  tiampu, 
tiembe,  tiemp,  tiempe,  tiempo,  tiempu,  timb,  timp,  timpe,  timpo, 
ci  sarà  sempre  dato  di  scorgervi  per  entro  il  latino  tempus.  Ciò 
per  la  sostanza.  Quanto  alla  forma,  si  pigli  il  vocabolo  timp,  ch'è 


652  MISCELLANEA 


una  delle  forme  più  rilevate  della  versione  aidonese  :  essa  tro- 
vasi ripetuta  nelle  versioni  di  Matera,  Ruvo  di  Puglia,  Limosano, 
Canosa  Sannita,  Cesena,  Firenzuola  D'Arda,  Ceppo  Morelli,  Locar- 
ne, Pordenone.  Tramonti  di  Sopra ,  cioè  per  tutto  il  lungo  e  il 
largo  della  penisola.  » 

«  Adunque  non  giova  in  nulla  il  ri.scontro  della  lingua?  Giova, 
quando  i  vocaboli  son  molti  e  di  forme  particolari  e  proprie  di 
certi  luoghi  :  «  La  pruova  non  risulta  del  caso  singolo ,  osserva 
Guglielmo  Dreight,  per  quanto  luminoso,  ma  dall'  accumulamento 
dei  casi  di  somiglianza;  la  prova  consiste  in  una  somma  di  par- 
ticolari, che  isolatamente  presi,  non  provano.  »  Questo,  eh'  è  con- 
cetto astratto  diverrà  concreto  solo  che  si  prenda  ad  esame  la 
versione  di  Nicosia  e  la  si  confronti  con  le  versioni  delle  Pro- 
vincie di  Genova  e  di  Cuneo ,  del  Principato  di  Monaco  e  della 
Contea  di  Nizza.»    Pag.   141-42-43. 

Ritornando,  donde  ò  preso  le  mosse ,  vengo  alle  conclusioni, 
formulate  dall'autore  in  questo  suo  nuovo  lavoro. 

1."  «  Nessuno  dei  dialetti  di  San  Fratello,  Piazza  Armerina  e 
Nicosia  può  menomamente  ritenersi  come  monferrino.  » 

2."  «  Questi  dialetti,  pur  presentando  i  caratteri  generali  della 
famiglia  gallo-italica,  non  si  connettono  con  unica  varietà  di  que- 
sta famiglia.  Il  sanfi'atellano  si  mostra  connesso  col  bolognese,  il 
piazzese  col  piemontese,  il  nicosiano  ben  prossimo  al  piazzese;  uìa 
più  influenzato  dal  dialetto  dell'isola,  specie  in  ciò  che  riguarda 
le  alone,  che  quantitamente  (sic)  conserva.  » 

«  Queste  conclusioni  ci  sembrano  tanto  rigorose,  che  siamo  pie- 
namente convinti,  che  lo  stesso  Meyer  riconoscerà  di  dovere  ac- 
cettare. »  Arch.,  pag.  438. 

Quali  i  convincimenti  dello  scrittore  e  il  rigore  dimostrativo 
de'  suoi  scritti,  s'è  visto  nel  corso  del  presente  lavoro.  Il  tempo, 
bravo  corettore  d' uomini  e  di  coso,  dirà  presto  o  tardi  chi  de' 
due,  io  0  il  De  Gregorio,  siasi  apposto  al  vero:  se  pure  non  sarà 
l'autore  medesimo  a  darmi  ragione  mutando  di  convinzioni.  E  tro- 
verà agevole  la  via,  stuntechò  il  Piemonte,  a  cui  ascrive  il  piaz- 
zese, e  il  nicosiano  ben  prossimo  al  piazzese,  è  lungo  e  largo  ab- 
bastanza, da  lasciare  dogli  addentellati  pei*  le  conversioni. 

Per  arrivare  intanto  allo  conclusioni  anzidette  il  De  Gi-egorio 
provò  il  bisogno  di  usare  certi  espedienti,  comodissimi  a  dir  vero, 


MISCKLLANSA  ffK8 


ma  poco  corrispondenti  alla  scienza  fonetica,  di  cui  chiamasi  crea- 
tore in  Sicilia.  E  primieramente  mette  in  opera  particolarità  les- 
sicali, prestiti  dal  siciliano,  influenza  siciliana,  siciliana  infezione, 
ogni  qual  volta  le  cose  non  quadrano  co'  suoi  preconcetti.  Di 
fatto  : 

«  (Meyer)  nota  nel  sanfratellano  il  trattamento  di  /  innanzi  la- 
biale e  gutturale  ridotto  a  r,  innanzi  dentale,  vocalizzato  ...  (il 
che,  a  dir  vero,  si  spiega  coD'influenza  siciliana).  » 

«  Il  riflesso  sanfratellano  è  poi  evidentemente  influenzato  dal 
siciliano,  com'è  nei  casi  di  nò.  »  Arch.,  pag.  415. 

«  Nel  Piemonte  e  stretto,  che  combina  col  piazzese,  e  forse  col 
nicosiano,  ove  il  riflesso  eru  può  spiegarsi  per  l'influenza  del  si- 
ciliano. » 

tr  Ad  ariu  risponde  il  sanfratellano  con  er  (V  e  aperto)  .  .  . ,  il 
pinzzese  con  e  meno  largo,  che  nel  nicosiano ,  più  influenzato  al 
solito  dal  siciliano,  diviene  ent.  »  Arch.,  pag.  427. 

«  Nel  sanfratellano  abbiamo  accanto  ad  au  genuino,  anche  uo, 
che  non  deve  fare  specie,  a  chi  pensi  alla  influenza  di  qualche 
varietà  siciliana.  »  Arch.,  pag.  432. 

«  Piazza  risponde  con  un  o  chiuso  .  .  . ,  Nicosia  si  mostra  infetta 
dall'influenza  siciliana.  »  Arch.,  pag.  433. 

«  Importa  rilevare  il  fatto,  qualunque  sia  il  valore  che  ad  esso 
voglia  attribuirsi,  che  ciascuno  dei  nostri  dialetti  ha  delle  parti- 
colarità lessicali.  »  Arch.,  pag.  435. 

«  Lo  z  dei  nostri  dialetti  possiamo  spiegarcelo  col  riconoscere 
in  esso  una  speciale  trasformazione  del  z  gallo-italico,  avvenuta 
nelle  ramificazioni  in  Sicilia  sotto  la  influenza  siciliana.  » 

«  Come  non  occorre  neppure  sceverare  tutti  i  fenomeni,  che 
si  spieghino  ovviamente,  riconoscendo  in  essi  degl'imprestiti  com- 
pleti e  senza  modificazioni  dal  siciliano.  »  Arch.,  pag.  436. 

«  La  riduzione  di  t  tra  vocali,  in  r,  nel  sanfratellano.  . .  deve 
essere  avvenuta  per  l' influenza  dei  vernacoli  siciliani ,  che  can- 
giano d  iniziale  o  tra  vocali  in  r.  » 

«  Alla  stessa  causa  della  imitazione  esagerata,  ascriviamo  inol- 
tre il  vocalizzamento  di  l  tra  vocali,  avvenuto  probabilmente  per 
analogia  col  vocalizzamento  siciliano  di  al.  »  Arch.,  pag.  438. 

Il  secondo  espediente,  comodissimo  per  lo  scrittore,  ma  fecondo 
Afch.  Stor.  Sic.  N.  3.  anno  XXIV.  42 


654  MISCELLANEA 


di  errori  senza  numero,  si  è  di  racimolare  faticosamente  alquanti 
vocaboli  di  questo  e  di  quel  dialetto,  posti  a  termine  di  paragone, 
senza  badar  più  che  tanto  al  diverso  loro  significato.  Per  provare, 
che  r  e  tonico  così  a  Piazza  che  a  Nicosia  à  suono  di  pretto  e, 
adduce  vocaboli  comuni  all'una  ed  all'  altra ,  aventi  il  significato 
medesimo.  La  logica  più  elementare  avrebbe  voluto,  che  fatto  en- 
trare San  Fratello  per  terzo  termine  di  paragone,  lo  scrittore 
avesse  addotto  i  vocaboli  istessi,  che  addusse  per  Piazza  e  Nico- 
sia. Ma  ciò  avrebbe  sconcertato  i  suoi  calcoli,  perchè  al  piazzese 

zep,  letra,  pes,  seh,  stret,  den,  duhesa,  vesh,  sen,  dengua ,  v>enz, 
semplici,  il  sanfratellano  risponde  con  zopp,  dotra,  pose,  socch, 
strott,  dign,  ducosa,  viscu,  sign,  daingua,  vainzr,  si')nplc.  Che  fa 
egli  adunque  ?  Ne  pesca    alquanti    di   affatto   diverso   significato  : 

V 

avair,  plazair,  arsaira,  trai  ecc.,  per  potere  conchiudere  il  nico- 
siano  e  piazzese  essere  piemontesi,  bolognese  il  sanfratellano. 

A  ciò  voglionsi  aggiungere  due  errori  di  calcolo,  che  condu- 
cono a  scrivere  sulle  parole  segni  del  tutto  arbitrari,  mal  corri- 
spondenti alla  realità  dei  suoni  nel  pronunziarle.  L'  uno  consiste 
nel  ritenere  come  generali  certe  pronunzie  particolari,  or  larghe 
e  sguaiate,  ora  strette  e  gravi  più  del  dovere.  Da  ciò  il  confon- 
dere il  con  bolognese  col  cam  sanfratellano.  Va  del  dittongo  au 
non  avente  in  San  Fratello  suono  identico  all'adi  carne,  Vo  avere 

suono  alquanto  aperto  quasi  a ,  i\  d  iniziale  raddoppiato  :  cose 
tutte  ignote  ai  buoni  parlatori  di  San  Fratello. 

Simile  al  precedente  è  l'errore  di  ascrivere  a  differenza  di  ori- 
gine quello,  eh' è  prodotto  dalle  varietà  dei  luoghi,  dei  climi  e  di 
tant'altri  accidenti,  che  influiscono  eflìcacemente  sull'organismo  e 
temperamento  umano.  Se  sarebbe  assurdo  l'attribuire  soltanto  alla 
diversità  della  razza  anglo-sassone  dalla  latina  le  differenze  fisi- 
che, intellettuali  e  morali,  che  passano  tra  gl'Inglesi  e  gl'Italiani, 
non  è  meno  assurdo  il  vedere  tra  la  voce  alto-sonanto  dei  (lopo- 
iani  di  Napoli,  e  la  voce  bassa ,  strisciante  e  direi  chioccia  dei 
popolani  di  Palermo,  la  sola  differenza  degli  elementi ,  agglome- 
rati alla  formazione  di  queste  due  città.  Il  pretendere  adunque  di 
giudicare  dello  origini  dei  popoli  dall'apertura  più  o  meno  larga, 
più  0  mono  stretta  della  bocca,  senza  tenere  in  verun  conto  l' a- 
zione  del  luogo,  del  clima  ecc.  sugli  organi  vocali,  e  di  questi  nella 


MISOELLANBA  655 


emissione  della  voce,  e  della  pronunzia ,  dà  luogo  parimente  ad 
apprezzamenti  arbitrari,  i  quali  piuttosto  che  con  la  natura  delle 
cose,  collimano  con  la  fantasia  dello  scrittore. 

La  più  parte  degli  errori  fin  qui  discorsi  riconoscono  per  loro 
padre  il  metodo  illogico  tenuto  dallo  scrittore ,  paragonando  il 
sanfratellano  antico  col  bolognese  moderno.  E  dico  antico,  perchè 
di  San  Fratello  può  affermarsi  su  per  giù  quello,  che  Cesare  scrisse 
dei  Belgi,  i  fortissimi  dei  Galli  propter  ea  quod  a  culiu  atque  hu- 
tnanitate  provinciae  longissìme  absunt ,  minimeqvce  ad  eos  mer- 
catores  saepe  commeant,  atque  ea,  quae  ad  effeminandos  animos 
pertinent,  impoìHant.  Paese  montano  e  pastore ,  circondato  poco 
più  di  un  secolo  e  mezzo  addietro,  da  boschi,  con  punto  strade, 
punto  coltura,  poco  commercio,  pochissime  industrie,  conserva 
tra  le  colonie  lombarde  di  Sicilia  il  linguaggio  meno  guasto  dagli 
stranieri.  Di  che  il  giudizio  del  Meyer,  riferito  dal  De  Gregorio, 
essere  il  vernacolo  sanfratellano  come  il  prototipo  dei  dialetti  del- 
l' Alta  Italia ,  che  rappresenti  le  fattezze  primitive  meglio  che  i 
dialetti  della  patria  originaria,  è  senza  verun  dubbio,  conformis- 
simo  al  vero.  Il  confrontarlo  adunque,  come  fa  lo  scrittore,  col 
bolognese  moderno,  è  un'  antitesi,  che  potè  entrare  nella  mente 
di  chi  s'era  proposto,  contro  la  natura  delle  cose,  di  rendersi  sin- 
golare in  ciò  che 

Non  homines,  non  Dii,  non  concessere  columnae. 

Donde  le  regole  false,  i  raff'ronti  strani,  i  segni  fittizi,  gli  sbagli 
commessi,  la  conclusione  che  riguarda  San  Fratello. 

Questa  costò  all'autore  il  capitale  contante  di  172  vocaboli,  di 
cui  10  doppioni,  due  per  me  non  intelligibili,  tre  non  sanfratel- 
lani,  38  scritti  scorrettamente,  97  roba  di  casa  mia,  che  il  chiaro 
scrittore  si  appropria  e  porta  seco,  senza  chiederne  licenza  nean- 
che al  portinaio.  Ecco  il  materiale  sufficiente  e  sicuro  ,  raccolto 
in  San  Fratello  dalla  bocca  dei  parlanti.  Se  avrò  vita  e  tempo  e 
voglia  di  compilare  il  dizionario  del  vernacolo  sanfratellano,  ren- 
derò evidente ,  che  mal  ragionasi  d'  una  lingua  qualsiasi ,  senza 
conoscere  il  genio  organico  di  essa,  e  che  non  s'  à  diritto  di  giu- 
dicare con  162  vocaboli,  dato  anche  che  siano  tutti  scritti  corret- 
tamente, un  dialetto  d'un  10000  voci,  a  dir  poco,   da  cui  possono 


$6$  imcKr.LAVKk 


trarsi  a  diecine  vocaboli  atti  a  distruggere  certi  calcoli  ritenuti 
rigorosamente  esatti,  e  abbattere  un  edifizio  costruito  sopra  ter- 
reno mobile. 

Se  il  Meyer  sarà  per  accettare  i  modi  discorsivi  e  le  conclu- 
sioni del  De  Gregorio,  com'egli  ripromettesi ,  io  non  so  né  posso 
dirlo.  Dirò  solo,  che  se  il  buon  senso  stesse  presente  agli  scrittori, 
allorché  tengono  la  penna  in  mano,  molte  quistioni  si  evitereb- 
bero, e  molto  sciupio  di  tempo.  Col  buon  senso  un  fatto,  avvenuto 
pochi  anni  addietro,  sarebbe  bastato  a  spiegare  altro  fatto  analo- 
go, avvenuto  or  fa  otto  secoli.  Nella  spedizione  del  Garibaldi  in 
Sicilia,  seguita  a  breve  distanza  da  quella  del  Medici,  convennero 
Italiani  da  tutte  le  parti  della  penisola,  nonché  alquanti  stranieri. 
Ponghiamo,  per  ipotesi ,  che  dei  mille  del  Garibaldi  600  fossero 
del  Piemonte,  dOO  della  Lombardia  e  del  Veneto^,  100  dell'Emilia 
e  del  Genovesato  ;  150  del  centro  e  del  mezzogiorno  d'Italia,  50  di 
nazioni  straniere,  e  che  tutti  insieme,  conquistata  l'isola,  si  fossero 
qui  fermati  in  colonia:  le  conseguenze  per  rispetto  al  loro  lin- 
guaggio avvenire  sarebbero  queste:  1."  Il  linguaggio  della  colonia 
sarebbe  sostanzialmente  italico  ;  2.°  I  600  Piemontesi,  concordi  nel 
loro  dialetto,  sopraffarebbero  i  400  nei  loro  dialetti  discordi,  si 
che  il  piemontese,  con  l'andare  del  tempo,  diverrebbe  il  linguag- 
gio comune  della  colonia;  o."  Se  nel  luogo,  occupato  dai  nuovi 
venuti,  si  trovassero  pochi  indigeni,  questi  verrebbero  del  pari 
sopraffatti,  e  costretti  ad  adottare  il  linguaggio  dei  sopraggiunti; 
h."  Se  per  contrario  fossero  pochi  i  nuovi  venuti  appetto  ai  na- 
turali del  luogo,  questi  imporrebbero  a  quelli  il  loro  linguaggio; 
h."  Se  i  nuovi  venuti  fossero  tutti  senza  donne,  e  si  accoppiassero 
con  donne  siciliane,  prevarcbbe  il  dialetto  siciliano ,  perchè  dalle 
madri  a  preferenza  imparano  i  figli  la  loro  favella,  e  le  madri 
continuando  a  vivere  in  Sicilia  in  mezzo  a  popoli,  amici  e  congiunti 
siciliani,  non  ismetterebbero  il  proprio  per  lo  alieno  linguaggio; 
6."  Se  i  sopraggiunti  e  gì'  indigeni  del  luogo  si  trovassero  su  per 
giù  uguali  di  numero,  e  gli  uni  e  gli  altri  avessero  donno  proprie, 
i  loro  parlari  si  confonderebbero,  e  ne  nascerebbe  un  linguaggio 
nuovo;  7.'  In  tutti  i  casi  di  sopraffazione,  il  linguaggio  vinto  la- 
scerebbe di  sé  nel  dialetto  prevalente  tracce  più  o  mono  nume- 
rose, più  0  meno  profonde,  a  misura  del  numero  e  delle  condi- 
zioni sociali  di  coloro,  che  parlavano  i  dialetti  vinti  e  disparsi. 


ifISOELLANÉÀ  657 


Così  spiegasi  e  il  sopravvivere  del  lombardo  nelle  cinque  colo- 
nie tuttora  esistenti  in  Sicilia,  e  il  disparire  di  esso  in  comuni, 
che  furono  un  tempo  detti  lombardi,  e  la  prevalenza  dell'emiliano 
e  del  pugliese  nel  vernacolo  di  San  Fratello,  e  del  ligure  in  quello 
di  Nicosia,  e  le  tracce  lombarde,  che  sino  al  dì  d'oggi  si  osservano 
in  alquanti  comuni  della  Sicilia. 

Se  finalmente,  trascorsi  alquanti  secoli,  il  filologo  ,  indagando 
le  origini  di  siffatta  colonia,  le  assegnasse  un  borgo,  una  terra, 
una  città  sola  determinata  e  precisa  di  provenienza ,  commette- 
rebbe uno  sbaglio  enorme,  od  una  solenne  impostura. 

San  Fratello  nov.  I80X. 


Luitfj  Vasi. 


RASSEGNE  BIBLIOGRAFICHE 


Le  catacombe  di  Siracusa  in  recenti  studi  ed  illustrazioni  (1). 

Le  esplorazioni  archeologiche  che,  in  questi  ultimi  anni,  si  son 
fatte  in  Sicilia  a  cura  di  studiosi  italiani  e  stranieri,  hanno  dato 
a  luce  importanti  scoperte,  che  mostrano  la  ricchezza  straordina- 
ria del  suolo  siciliano  di  monumenti  ipogeici  cristiani,  ma  fatti  in 
modo  saltuario  e  senza  sistema  hanno  poco  giovato  alla  diffusione 
e  alla  disamina  degli  intricati  problemi  archeologici  che  hanno  po- 
sto. —  Il  prof.  De  Rossi  aveva  già  accennato  a  questa  mancanza 
e  fatto  voto  perchè  nell'interesse  dell'archeologia  cristiana  «  fosse 
metodicamente  intrapreso  lo  studio  che  ci  darà  la  desiderata  Si- 
cilia cristiana  »  —  (Bull,  archeol.  cristiano,  1877,  p.  loO.  —  Ora  il 
prof.  Fiihrer  del  r."  liceo  di  Bamberg  (Baviera),  un  dotto  archeo- 
logo, raccogliendo  il  voto  del  compianto  maestro,  ha  fatto  questo 
studio,  dopo  due  viaggi  fatti  in  Sicilia,  stipendiato  prima  dall'Im- 
periale Istituto  Germanico  di  Roma  e  poi  dal  ministero  bavarese; 
ma  per  ora  ha  dato  a  luce  le  sole  «Forschungen  »  sulle  tre  mag- 
giori catacombe  di  Siracusa  (S.  Giovanni,  Necropoli  Cassia  e  Ci- 
mitero di  S.  Maria  di  Gesù),  che  portano  un  contributo  sapiente 
allo  studio  delle  antichità  della  Sicilia  orientale. 


(i;  Dr.  Joseph  Fììhrrr,  Forschungen  zar  Sicilia  sotterranoa.  (Mit  Pla- 
nen,  Sectionen  undaiideren  Tafeln).  Aus  den  Abhandluiigen  dar  K.  bayer. 
Akademle  der  Wiss.  l.  CL.  XX.  Bd.  III.  Abth.  Munchen  1897.  Verlag  der 
K.  Akademio  (in  4°,  pp.  192). 


BÀS8E0NB   BlBLIOOSi^FIOHE  65d 


A.lle  catacombe  di  Siracusa  non  sono  mancati  solerti  esplora- 
tori, frai  quali  si  son  resi  meritevoli  di  onore  il  Cavallari,  che  fu 
l'iniziatore  degli  studi  delle  antichità  di  Sicilia,  e  1'  Orsi,  che  ha 
messo  a  nudo,  mercè  la  sua  prodigiosa  attività  e  la  sua  dottrina, 
la  vasta  miniera  epigrafica  ed  archeologica  che  quelle  catacombe 
contengono.  Ma  mancava  un  lavoro  complessivo  sulla  topografia 
e  sulla  struttura  di  questi  ipogei,  una  raccolta  delle  pitture  che 
tuttodì  vanno  scomparendo  (quella  dei  titoli  cemeterali  era  stata 
fatta),  e  più  di  tutto  uno  studio  comparativo ,  che  mirasse  a  stu- 
diare le  tre  catacombe  partitamente  e  complessivamente  per  ve- 
dere se  esistano  fi-a  loro  diversità  in  ordine  al  tempo,  alla  strut- 
tura e  al  contenuto.  Il  dott.  Fiihrer  ha  fatto  ora  tale  lavoro,  che, 
esamineremo,  per  vedere  se  risponda  al  bisogno  sentito  e  quali 
risultati  scientifici  di  rilievo  ci  dà. 

L'opera  è  divisa  in  tre  capitoli  :  il  1°  e  il  2"  mettono  sott'occhio 
in  modo  particolareggiato  la  topografia  e  l'architettura  delle  tre 
catacombe  ;  il  3"  descrive  l'interno  arredamento  dei  tre  cimiteri, 
consistente  nelle  singolarità  abchitettoniche,  nelle  pitture  decora- 
tive, negli  affreschi  di  carattere  artistico,  nelle  opere  di  plastica, 
nelle  iscrizioni  e  nelle  opere  di  pittura  minuta.  Quattordici  belle 
tavole  in  fototipia  riproducono:  la  planimetria  delle  tre  necropoli 
(tav.  1",  2*,  3')  ;  la  veduta  della  chiesa  di  S.  Giovanni  (n.  1°:  Absi- 
de della  distrutta  basilica  ;  n.  2°  :  Parte  dell'  entrata  della  navata 
centrale  della  critta  di  S.  Marciano  con  la  scala  che  conduce  giù 
dall'interno  dell'antica  basilica  di  S.  Giovanni;  n.  3":  la  parte  oc- 
cidentale della  navata  obliqua  settentrionale  della  critta  di  S.  Mar- 
ciano con  la  scala  che  conduce  giù  dalla  parte  esteriore  dell'  an- 
tica basilica  di  S.  Giovanni)  tav.  IV  ;  veduta  interna  del  cimitero 
(n.  !•  :  secondo  vestibolo  della  necropoli  di  S.  Giovanni  con  la  im- 
boccatura dell'antico  acguedotto  ;  n.  2":  galleria  principale  della 
catacomba  di  S.  Giovanni  con  l'arcosolio  isolato  di  Deodata)  e  della 
necropoli  (n.  1":  grande  sala  nella  parte  meridionale  della  parte 
settentrionale  del  secondo  corridojo  della  galleria  principale  del 
cimitero  di  S.  Giovanni  col  prospetto  del  «  Decumanus  minor  »  ; 
n.  2"  :  la  parte  nord-est  della  Rotonda  di  Antiochia  nella  metà  set- 
tentrionale della  necropoli  di  S.  Giovanni)  di  S.  Giovanni  (tav.  V, 
VI)  ;  altra  veduta  interna  del  cimitero  di  S.  Giovanni  (n.  1"  :  metà 
sud-est  della  Rotonda  delle  sette  Vergini  nella  metà  meridionale 


660  BASSEONE   BIBLIOGBàFIGHE 


della  catacomba;  n.  2°  :  metà  orientale  della  Cappella  di  Eusebio 
nella  metà  meridionale  del  cimitero)  tav.  VII  ;  veduta  interna  della 
necropoli  Cassia  (n.  1":  parte  meridionale  della  Rotonda  di  Era- 
clea nella  catacomba  F  della  necropoli  ;  n.  2"  :  la  parte  centrale 
del  corridojo  principale  della  catacomba  H  nel  cimitero  (tav.  Vili); 
le  pitture  dell'  Arcosolio  isolato  di  Deodata  (tav.  IX)  ;  affi'eschi 
della  necrepoli  Cassia;  (n.  1°:  pittura  a  fresco  suU' Arcosolio  di 
Marcia  nella  fine  della  galleria  del  corridojo  principale  della  ca- 
tacomba A;  n.  2°:  pittura  a  fresco  su  di  un  loculo  nell' apci-lura 
della  galleria  principale  della  catacomba  E  (tav.  X)  ;  figure  a  fre- 
sco della  necropoli  Cassia  (n.  1"  :  pittura  a  fresco  su  d'un  loculo 
nel  cominciamento  del  corridojo  principale  della  catacomba  E  nel 
detto  cimitero  ;  n.  2°  :  pittura  a  fresco  sull'  arcosolio  di  un  fan- 
ciullo nell'estremità  occidentale  della  catacomba  H  nella  detta  ne- 
cropoli) tav.  XI;  opere  di  plastica  nel  cimiterio  di  S.  Giovanni 
(n.  1":  sarcofago  di  Adelfio  con  quadri  a  rilievo  ricchi  di  figure; 
n.  2*  :  sarcofago  con  due  busti  rilevati  ;  n.  3°  :  facsimile  plastico 
di  un  toro  giovane  (tav.  XII);  iscrizióni  del  cimitero  di  S.  Giovanni 
e  della  necropoli  Cassia  (A  :  epitaflfio  su  tavole  di  lastra  di  pietra 
con  la  dichiarazione  dogli  anni  del  consolato;  B:  iscrizioni  a  graf- 
fito degli  arcosoli;  G:  impronte  sui  sepolcri)  tav.  XIII;  produ- 
zione del  lavoro  a  mano  e  della  pittura  minuta  (n.  1":  vasi  di 
vetro,  di  creta  ed  altri  oggetti,  massir.iamente  delle  necropoli  di 
S.  Giovanni  ;  n.  2  '  :  lucerne  di  argilla  con  rappresentazioni  di  pe- 
sci e  delfini  del  cimitero  di  S.  Giovanni  ;  n,  3,  4,  5,  6,  lucerne  col 
monogramma  di  Cristo  della  necropoli  Cassia,  e  della  catacomba 
di  S.  Giovanni;  n.  7,  8,  9  e  10:  lucerne  col  simbolo  della  croce 
specialmente  del  cimitero  di  S.  Giovanni. 

Dalla  esposizione  che  abbiam  fatta  del  contenuto  del  lavoro 
del  FiJhrer ,  si  rileva  eh'  egli  con  assai  larga  preparazione ,  for- 
nito di  un  ricco  corredo  di  cognizioni  scientifiche,  dopo  minute 
indagini  ed  una  coscienziosa  revisione  degli  studi  fatti  dagli  altri, 
sopportando  tante  fatiche  che  nocquero  alla  sua  salute,  è  riuscito 
a  darci  il  rilievo  generale  tanto  desiderato  delle  tre  catacombe 
di  Siracusa,  olfrendo  agli  studiosi  un  lavoro  completo  e  definitivo. 
Ed  in  vero  dopo  lo  studio  comparativo  delle  tre  catacombe,  era 
possibile  determinare  1'  epoca  oi'iginaria  di  esse  e  le  vicissitudini 
alle  quali  sono  andate  soggette.  Pi'ima    di  tutto    interessava  rile- 


RASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE  601 


vare  la  pianta  delle  necropoli ,  ed  il  Fiihrer  la  fa  con  mirabile 
esattezza  e  trova  dallo  esame  dei  dettagli  topografici  a  sufficienza 
evidente  l'antitesi  tra  la  necropoli  della  Vigna  Cassia  e  del  Con- 
vento di  S.  Maria  di  Gesù  da  un  lato  e  il  Cimitero  di  S.  Giovanni 
dall'alti'o  :  antitesi  che  anche  apparisce  in  piena  evidenza  dalla 
ponderata  considerazióne  delle  particolarità  architettoniche,  che 
mostrano  la  grande  diversità  che  fra  le  tre  catacombe  c'è  nella  gia- 
citura dei  sepolcri,  nelle  qualità  della  pietra  sulla  quale  sono  in- 
cavati, nel  numero  dei  lucernari,  dei  sarcofagi,  delle  tombe  po- 
vere, degli  arcosoli.  Ma  l'A.  non  si  contenta  solamente  di  ciò  per 
dimostrare  questa  antitesi  ;  egli  va  a  rovistare  1'  arredamento  in- 
terno delle  catacombe,  e  studia  le  pitture  decorative,  gli  affreschi, 
le  opere  di  plastica,  le  iscrizioni,  le*  opere  di  arte  minuta  ;  e  dal 
modo  di  chiudere  gli  arcosoli ,  dalle  incrostazioni  di  marmo,  dai 
mosaici  trae  prove  convincenti,  che  dimostrano  come  per  la  grande 
semplicità  differiscono  il  cimitero  di  S.  Maria  di  Gesù  e  la  metà 
orientale  del  complesso  delle  catacombe  della  Vigna  Cassia,  tanto 
dalla  sezione  principale  occidentale  di  questa  necropoli,  quanto  dal 
cimitero  di  S.  Giovanni.  Come  pure  nell'apprezzamento  delle  pit- 
ture decorative  e  degli  affr-eschi  di  carattere  artistico  come  dalle 
opere  di  plastica,  trova  punti  d'appoggio  pregevoli  per  l'antichità 
di  quei  sepolcri;  e- con  l'ajuto  del  materiale  epigrafico  produce  una 
serie  di  argomenti  infallibili  per  assegnare  l'epoca  originaria  dei  ci- 
miteri e  delle  loro  sezioni  principali,  come  pure  la  continuità  del  loro 
uso.  Nella  somma  totale  di  queste  circostanze,  l'A.  trova  «  eine  genii- 
gende  Grundlage  fiir  die  Anschauung,  dass  der  vestliche  Hauptab- 
schnitt  der  Nekropole  Cassia  thatsachlich  ebenso  wie  die  Orthàlfte 
dieses  katakombenkomplexes  und  das  Coemeterium  von  S.  Maria 
di  Gesù  bis  in  das  5  Jahrhundert  herab  zu  Begràbniszwecken 
verwendet  wurde,  im  Gegensatz  zu  jenen  welter  ostlich  gelegenen 
Sepulkralanlagen  aber  auch  in  seinem  Grundstock  nicht  schon  in 
der  2  HàHte  des  3  Siikulums,  sondern  est  in  Anfang  des.  4.  jahr- 
hunderts  entstanden  ist.  Dem  gegenùber  bietet  Form  und  Jnhalt 
des  epigraphischen  Materials,  welches  in  der  Nekropole  von  S.  Gio- 
vanni zu  Tage  gefòrdert  wurde,  bestimmte  Anhaltspunkte  dafiir 
der ,  (lass  einerseits  der  Ursprung  dieses  Coemeteriums  in  eine 
etwas  spiitere  Epoche  fallt,  andererseits  aber  die  Beniitzung  des- 
selben  sich  iiber  einem  weit  gròsseren  Zeitraum  erstreckte  * 
(pag.  159). 


662  RASSSGKG   BlfeLIOaRAriOHÉ 


Queste  sono  le  conclusioni  generali  alle  quali  viene  il  dotto 
archeologo  bavarese  nel  suo  insigne  lavoro  e  che  noi  abbiamo 
riassunto,  perchè  stabiliscono  in  modo  definitivo,  dopo  cosifatti 
studi  fondamentali,  che  i  cimiteri  di  Siracusa  non  sono  anteriori 
alla  fine  del  secolo  IV.  Ma  il  pregio  della  opera  sta  anche  nei  par- 
ticolari ricchissimi  di  cui  è  adorna  e  che  riguardano  i  ritrova- 
menti fatti  dall'  A.,  i  risultati  della  lettura  dei  titoli  cemeteriali, 
l'esame  delle  pitture,  degli  affreschi,  la  planimetria  delle  catacom- 
be. Noi  li  andremo  notando  per  comodo  del  lettore  e  per  mostra- 
re i  risultati  parziali  delle  esplorazioni  e  le  acute  osservazioni 
che  fa  l'A. 

1.'  La  nuova  e  bella  livellazione  delle  necropoli,  esposta  in 
quadri,  che  dei  sarcofaghi,  delle  gallerie,  dei  decumani,  delle  ca- 
tacombe ci  dà  la  distanza  del  coperchio  dal  z^opunto ,  il  livello 
del  suolo,  l'altezza  totale. 

2.°  La  descrizione  viva  ed  efficace  delle  particolarità  architet- 
toniche,  alcune  delle  quali  scoperte  dall'  Orsi  (vedi  Notizie  degli 
Scavi,  dicembre  1893,  1895  e  la  Ròmiscfie  QuartalschHft,  10  Band, 
Sahrgang  1896),  delle  pitture  decorative,  degli  affreschi,  alcuni  dei 
quali  nelle  loro  particolarità,  altri  nel  loro  insieme  erano  ignoti 
agli  studiosi  —  E  sono  degni  di  nota  :  la  vivace  descrizione  delle 
pitture  dell'arcosolio  di  Deodata,  e  la  scoperta  di  alcuni  ornamenti 
pittoreschi  sulla  parete  di  un  arcosolio  della  catacomba  di  S.  Gio- 
vanni ;  la  dimostrazione  dei  difetti  del  facsimile  delle  pitture  del- 
l'arcosolio di  Marcia  della  Vigna  Cassia,  pubblicato  dal  De  Rossi 
(Bullettino  di  archeologia  a'isliana,  serie  III,  Anno  II,  1877)  in 
base  ad  un  disegno  e  ad  un  acquerello  del  Politi;  la  scoperta  di  due 
affreschi,  ricoperti  da  terra,  rappresentanti  il  buon  Pastore  insie- 
me ad  una  orante  in  una  catacomba  nella  galleria  principale  della 
necropoli  Cassia;  il  rinvenimento  di  fi-ammenti  di  pitture  coperte 
di  terra  in  una  altra  catacomba  della  stessa  necropoli,  che  hanno 
un  valore,  perchè  formano  l' elemento  costitutivo  di  un  quatruplo 
strato  stuccato,  che  prova  il  reiterato  uso  del  relativo  loculo;  la 
scoperta  in  un'altra  catacomba  di  un  pajo  di  frammenti  di  pitture, 
che  erano  perdute  nella  terra  ammassata  :  uno  è  il  frammento  di 
una  scena  di  Giona ,  che  forma  riscontro  ad  un  altra  rapjìresen- 
tazione  di  Giona  trovata  in  un  altra  escavazione,  l'altro  certa- 
mente un  avanzo  sparuto  della    rappre.sentazione   di   una   figura 


tiÀSSEONB   BIBLIOOBAFIÒHE  66S 


che  prega  ;  e  finalmente  una  rappresentazione  figurata  eucaristica, 
ti'ovata  dall'  A.  in  una  catacomba  ,  e  eh'  è  fra  le  migliori  che  si 
sono  scoperte. 

3."  La  particolareggiata  rassegna  delle  opere  di  plastica ,  che 
si  trovano  nei  sotterranei,  ma  solamente  nella  necropoli  di  S.  Gio- 
vanni: una  circostanza  che  può  anche  avvalorare  l'argomento. che 
essa  sia  meno  antica  della  necropoli  Cassia  e  del  cimitero  di  S.  Ma- 
ria di  Gesù.  Fra  queste  opere  di  plastica,  oltre  ad  un  disco  mar- 
moreo e  una  scultura  di  carattere  decorativo,  rinvenuti  nei  «  De- 
cumani maximus  »  e  «minimus*,  si  distinguono  la  figura  di  to- 
rello in  alabastro,  già  descritta  dall'  Orsi  {Notizie  degli  scavi  del 
mese  di  dicembre  181^5,  pg.  32),  welche  aus  dem  Erde  des  4  Jahrhun- 
derts  stammen  mag,  (p.  130)  e  sulla*  cui  destinazione  l'A.,  sebbene 
ritenga  arrischiate  le  congetture,  pure  opina  «  da  indes  die  Skul- 
ptur,  welche  bei  einer  Lànge  von  12  cm.  kaum  10  cm.  in  der  Hdhe 
misst,  oflfenbar  nicht  bloss  zum  Schmuke  diente,  sondern  auch  ir- 
gend  eine  praktische  Bedeutung  haben  musste,  so  ist  es  immorhin 
denkbar.  dass  man  dieselbe  mit  jener  Art  des  Totenkultes  in  Su- 
sammenhang  bringen  darf,  welche  sich  in  Weihegiìssen  àusserte. 
Thatsàchlich  konute  man  ja  den  Holraum  der  Figur  gegehenen 
Falles  mit  Weihwasser  oder  aromatischen  Essensen  fiillen  und 
sodann  die  betreffende  Fliissigkeit  in  der  Weise,  dass  man  die  Nii- 
steròffnungen  des  Stieres  mit  den  Fingern  verschloss,  zu  irgend- 
welchen  Grabstàtten  truagen,  die  man  besprenzen  wollte;  dort  an- 
gelangt  konnto  man  die  Totenspende  ohne  weiteres  ihrer  Bestim- 
mung  zuCùhren,  indem  man  numehr  die  Nasenlocher  der  Tierge- 
stald  als  Auslauf  kanàle  beniìtze  »  (p.  130);  lo  studio  sul  sarcofago 
di  Adelfia,  che  gehòrt  durch  seine  figurenreichen  Reliefdarstellung 
zu  den  allerwichtingsten  Denkmàlern  aus  den  syrakusanischen 
katacomben,  scoperto  dal  Cavallari  nel  1872  e  sul  quale  abbiamo 
una  copiosa  letteratura.  L'A.  esamina  le  varie  congetture  che  si 
son  fatte  per  stabilire  l'epoca  originaria  del  monumento  dal  con- 
tenuto dell'epitaffio,  che  si  trova  nel  centro  di  esso  e  eh' è  il  se- 
guente: (H)  ic  Adelfia  e  (larissima)  f  (emina)  posita  conpar  Baleri 
comitis  —  e  trova  che  il  maggior  numero  degli  illustratori  del 
sarcofago  riferiscono  il  titolo  di  Comes,  eh' è  conferito  allo  sposo 
di  Adelfia,  Valerio,  alle  carica  di  un  Comes  civitatis  Syracusanae 
0  anche  Comes  comitivae  Syracusanae.  E  poiché  in  Gassiodoro  si 


664  BASSB&NE   RIBLIoaBAFIOdS 


trovano  accenni  alla  carica  di  Comes  comitivae  Syracusanae  e 
anche  alla  residenza  in  Siracusa  di  un  Comes  Valerius  o  Valoriano, 
credono  di  poter  fissare  la  cronologia  del  sarcofago  al  tempo  della 
dominazione  dei  Goti  in  Sicilia.  Ma  tale  indicazione ,  che  assegna 
il  monumento  alla  prima  metà  del  6"  secolo  dopo  Cristo,  pare  al 
Fiihrer  sia  in  contradizione  con  le  stile  di  esso;  e  lo  prova  dimo- 
strando che  sebbene  nelle  pitture  del  sarcofago  si  riscontri  ame- 
tria  nelle  proporzioni  delle  varie  parti  del  corpo  dei  personaggi, 
sebbene  manchi  l'espressione  nei  movimenti  loro,  sebbene  sia  evi- 
dente la  goffaggine  con  cui  sono  dipinti,  p.  es.  il  bastone  di  Gesù 
Cristo,  il  mazzo  di  spighe  ecc.,  pure  «  ist  eine  gewisse  Prische  der 
Autfassung  in  der  komposition  des  Ganzen  sowie  der  einzelnen 
Teite  nicht  zu  verkennen  ;  insbesondere  aber  verràt  sich  in  der 
Bildung  der  Kòpfe  und  in  der  Gestaltung  des  Gewandtheit  »  (p.  136), 
Si  è  cercato  di  soddisfare  in  diverso  modo  alle  deduzioni ,  che  si 
son  cavate  dall'esame  architettonico  del  monumento,  per  determi- 
nare la  data  di  origine  di  esso.  La  circostanza  che  il  coperchio  è 
più  corto  del  sarcofago  stesso,  che  il  marmo  con  quale  esso  è  fatto 
non  ha  lo  stesso  colore  e  la  stessa  lega  di  quello  del  coperchio 
del  sarcofago,  ha  fatto  dedurre  che  il  coperchio  sia  stato  lavo- 
rato in  seguito ,  e  che  primitivamente  fu  impiegato  per  una  se- 
conda coppia  del  sarcofago  destinato  ad  Adelfia.  Sul  proposito  il 
Fiihrer  trova  che  un'appoggio  per  una  siffatta  adozione  è  certa- 
mente dato  da  ciò:  «  dass  die  Reliefdarstellung des  Sargdekels  sich 
nicht  unwesentlich  von  den  ùbrigen  Reliefbildern  des  Sarkophoges 
unterscheiden  >;  (p.  136).  Ma  prescindendo  da  queste  differenze 
formali,  l'A.  osserva  giustamente  che  bisogna  tener  conto  delle 
diversità  che  realmente  esistono  tra  quelle  figure  che  nel  sarco- 
fago rappresentano  le  foggio  orientali ,  e  che  enumera,  per  con- 
chiudere :  «  gleichwohl  wird  alle  diese  Eigentiimlichkeiten  nur 
soviel  ausser  Zweifel  gesetzt,  dass  die  Skulpturen  des  Sargdekels 
von  einem  anderen  Kuustler  stammen  als  die  Reliefbilder  des 
Sarkophages  selber  :  hingegen  lasst  sich  die  iXichtzusammengehò- 
rigkeit  des  Sargdeckels  und  des  Sarkophages  selbst  keineswegs 
rait  absoluter  Sicherheit  erhàrton  *»  (p.  137).  Cei'tamente  se  dal 
minuto  sagace  esame  che  il  Fuhrer  fa  del  sarcofago  pare  im- 
possibile provare  la  differenza,  in  quanto  al  tempo,  dell'origine 
del  coperchio  dei  sarcofago  da  una  pai'le  e  del  sai'cofago  dall'  al- 


BA881BONK  BTRMOORAFIOHE  665 


tra,  e  inoltre  si  può  ammettere  l'origine  romana  dei  due  oggetti 
marmorei,  non  è  necessario  collocare  il  monumento  fino  al  6°  se- 
colo. E  ci  pare  giusta  e  accettabile  la  conclusione  sul  proposito 
dell'A.  e  che  trascriviamo  :  «  denn  ganz  abgesehen  davon,  dass  an 
der  Hauptstelle  des  Cassiodor  nach  den  besten  Handschriften  gar 
nicht  Valerius  sondern  Valerianus  uberliefert  ist ,  kann  es  auch 
schon  vor  der  Gotenzeit  die  Wiirde  eines  Comes  (civitatis  oder) 
comitivae  Syracusanae  gegeben  haben,  andererseits  ist  es  auch 
moglich,  dass  Comes  in  der  Aufschrift  des  Adelphie-Sarkophages 
uberhaupt  nur  als  Ehrentitel  und  nichts  als  Bezeichnung  der 
Wiirde  eines  Statthalters  aufzufassen  ist.  Unter  dieser  Vorausset- 
zung  aber  hindei't  nichts,  mit  der  Bestimmung  der  Entstehungzeit 
des  Monumentalsarges  um  midertens  100  Jahro  hinaufzugehen 
und  denselben  wenigstens  noch  der  ersten  Halfte  des  5  Jahrhun- 
derts  zuzuweisen  »  (p.  137). 

4."  Lo  studio  delle  iscrizioni  sepolcrali  —  Il  Mommsen  pubblicò 
nel  Corpus  insa'iptionum  Latinnrum  le  iscrizioni  latine  dei  ci- 
miteri scoperte  fino  all'anno  1883,  e  il  Kaibel  quelle  greche  fino 
all'anno  1893.  L'Orsi  nelle  Notizie  degli  Scavi  (an.  1899,  1891, 
1893,  1895,  1896)  ne  ha  pubblicato  un  buon  numero  da  lui 
scoperte,  le  quali  sono  state  studiate  dallo  Strazzulla  ;  ma  tuttavia 
la  compilazione  del  risultato  epigrafico  delle  catacombe  siracusane 
non  è  esaurita.  Non  mancano ,  è  vero  ,  delle  buone  osservazioni 
sulle  particolarità,  che  presentano  gli  epitaffi  relativamente  alla 
fonetica,  alla  morfologia  e  alla  sintassi ,  e  alle  circostanze  di  vita 
e  alle  nozioni  della  popolazione  antica  cristiana  di  Siracusa,  tanto 
dal  lato  religioso,  quanto  dal  lato  profano,  ma  queste  dissertazioni 
sono  state  fatte  occasionalmente  o  su  d'una  parte  di  tutto  il  mate- 
riale epigrafico.  Perciò  era  desiderata  una  trattazione  sistematica 
di  tutta  la  materia,  che  sodisfacesse  ugualmente  dal  lato  materiale 
e  dal  lato  formale,  sebbene  le  indagini  per  uno  studio  del  mate- 
riale epigrafico  non  sono  ancora  compiute,  giacche  l'accertamento 
critico-ermeneutico  del  testo  delle  iscrizioni,  ad  onta  che  l'Orsi  e 
il  Kaibel  abbiano  ben  meritato  per  i  loro  studi,  nondimeno  per 
cagione  delle  difficoltà  che  si  devono  vincere ,  non  è  completato 
in  modo  definitivo,  e  anche  un  buon  numero  dei  più  importanti 
epitaffi  non  sono  stati  riprodotti  fedelmente.  Posto  ciò,  il  Fiihrer 
fa  un  lavoro  proficuo  esaminando  tutto  il  materiale  epigrafico  e 


666  RASSEGNE    BIBLIOGRAFICHE 


specialmente  quelle  iscrizioni  la  cui  lettura  presenta  difficoltà,  pre- 
sentando i  tentativi  suoi  per  decifrarle.  E  all'uopo  ci  fornisce  una 
buona  contribuzione  per  la  ricostruzione  del  testo  di  una  copiosa 
iscrizione  metrica,  dipinta  su  d'un  arcosolio  isolato  della  necropoli 
di  S.  Giovanni,  che  l'Orsi  aveva  tentato  di  fare,  e  stabilisce  il  con- 
tenuto di  essa,  fra  tante  lagune,  e  il  nome  di  Deodata,  dividendo 
i  versi  che  nell'originale  sono  uniti  ;  presenta  poi  le  aggiunte  e 
le  correzioni  da  lui  fatte  ad  un  buon  numero  di  epitaffi  :  ad 
alcuni  di  quelli  pubblicati  dall'Orsi  ai  numeri  48,  60,  132,  212, 
235,  258,  278,  316,  357,  e  che  ci  pajono  j'agionevoli  ;  e  a  quelli 
pubblicati  dal  Kaibel  ,  correggendo  un  buon  numero  di  sviste , 
scappate  a  lui,  e  che  consistono  nella  omissione  dei  monogrammi 
e  nella  cattiva  deciferazione  dei  disegni  sgraffiti,  e  che  si  riscon- 
trano ai  n.  73,  79,  153,  157,  151,  148,  167,75,  154,  92,  198,  175,  159. 
Abbiamo  anche  a  notare  un  buon  numero  di  epitaffi  trovati  dal- 
l' A.  nei  cimiteri  e  qui  pubblicali ,  e  che  accrescono  importanza 
alla  ricchezza  epigrafica  di  quelli  ipogei. 

Le  copie  fotografiche,  che  l'A.  ha  preso  delle  antiche  iscrizioni 
cristiane,  oltre  che  gli  potranno  in  avvenire  servire  di  base  ad 
una  accurata  disamina  sulla  specialità  del  carattere  nelle  diverse 
epoche,  gli  servono  ora  per  dividere  in  categorie  l' iscrizioni  per 
cagione  della  diversità,  rispetto  alla  esecuzione  tecnica  relativa- 
mente al  materiale  sottosuolo.  Non  è  senza  importanza  il  rilievo 
dei  titoli  datati  della  catacomba  di  S.  Giovanni,  perchè  ci  fanno 
conoscere  la  diversità  rispetto  al  modo  come  sono  fatti  i  singoli 
cai'atteri  :  alcuni  sono  incisi  con  lo  scalpello,  altri  hanno  il  pri- 
mo abbozzo  delle  lettere  inciso  a  punti;  un  esemplare  più  antico 
ci  mostra  chiaramente  che  le  lettere  erano  incise  sulla  pietra  cal- 
care con  uno  strumento  simile  ad  un  coltello  e  in  modo  zotico. 
Una  iscrizione  datata  ci  offre  un  esempio  di  quei  graffili  simbo- 
lici, che  si  sono  trovati  nelle  catacombe  siracusane  in  parie  in- 
sieme agli  epitafli,  in  parte  isolati.  «  Ma  imnierhin  auch  noch  an- 
derwetige  Anzeichen  dafiir  darbieten  ,  dass  die  Anlage  dieser  Ne- 
chropolo  nicht  wohl  iiber  das  zweite  Drittel  des  4  Jahrundorts 
hinauf  geriickt  werden  kann,  wàhrend  die  Beniitzung  der.solben 
8ich  zum  allei'mindesten  bis  in  des  6  Saeculum  hinab  erstrekt  ha- 
ben  mu88  »  (p.  166).  Una  conclusione  alla  quale  il  Fiihrer  per- 
viene, dopo  un  coscienzioso  e  minuto  esame  delle  diversità  del 


RASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE  667 


materiale  epigrafico  delle  tre  catacombe  ;  diversità  che  riscontra 
nella  grafia,  nella  forma,  nel  contenuto  delle  iscrizioni  e  che  ap- 
prestano agli  studiosi  dell'epigrafia  un  notevole  materiale  sull'uso 
dei  diversi  epiteti,  dei  monogrammi,  delle  acclamazioni,  della  ti- 
tolatura,  delle  forme  verbali ,  che  notano  il  seppellimento,  la 
data  e  il  tenore  di  vita  del  morto,  ecc.  In  proposito  l'A.  non  tra- 
lascia di  notare  tutto  ciò  che  fu  da  altri  non  esattamente  rilevato 
0  erroneamente  accettato ,  avvalorando  le  sue  affermazioni  con 
esatti  richiami  scientifici  e  filologici  ;  e  crediamo  di  non  errare 
se  affermiamo  che  questo  studio  sui  titoli  cemeteriali  siracusani 
porta  un  cospicuo  contributo  alla  soluzione  degli  intricati  proble- 
mi, che  presenta  lo  studio  dell'epigrafia  cristiana. 

5."  L'inventario  delle  opere  di  pittura  minuta  è  condotto  dili- 
gentemente e  sul  materiale  già  scoperto  dall'  Orsi.  —  Notevole  la 
ff  Zusammenstellung  der  dekorativen  Clemente,  \velche  hiebei  zur 
Verwendung  gelangten,  ohne  indes  gleichzeitig  auch  die  in  den 
einzelnen  Fallen  zu  tage  tretenden  Unterschiede  in  Hinsicht  auf 
die  Art  der  Aiisfiihrung  beriicksichtigen  zu  kdnnen  »  (p.  180). 

L'opera  è  dedicata  in  Verehrung  und  Dankbarkeit  al  D.'  Paolo 
Orsi,  direttore  del  museo  archeologico  di  Siracusa  che  mise  a  di- 
sposizione del  Fiihrer  le  sue  scoperte  nelle  catacombe  ;  permetta, 
l'illustre  professore  bavarese,  ora  a  noi  di  mostrare  a  lui  la  no- 
stra Verehrung  und  Dankbarkeit  per  le  fatiche  durate  ad  illu- 
strare così  dottamente  i  monumenti  cristiani  di  Siracusa  e  di  far 
voti  che  presto  dia  a  luce  i  suoi  studi  su  gli  altri  cimiteri  cri- 
stiani della  isola  nostra. 

Noto  l(i,  XI,  '99. 

Mattia  di  Martino. 


668         *  BASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE 


P.  Kehr,  Fapslurkiinden  in  Sizilien.  Ubcr  die  Papsturkunden 
far  S.  Maria  Valle  Josapliat.  Papsturkunden  in  Malta.  BericJit 
uber  die  Forschungen  L.  Schiaparellis.  (Aus  den  Nachrichten 
der  K.  Gesellschaft  der  Wissenschaft.  zu  Góttingen,  Philolo- 
gisch-historische  Klasse,  18'J9.  Keft.  3). 

L'Illustre  Prof.  Kehr  ,  che  da  più  anni  visita  i  vari  Archivi 
pubblici  e  privati  d'Italia,  per  procedere  ad  una  nuova  edizione 
critica  delle  bolle  fino  a  Celestino  III  e  correggere  i  Regesti  di 
Jaflfè-Loewenfeld,  pubblica  ora  le  relazioni  dei  suoi  viaggi  comin- 
ciati il  13  Maggio  18U9  in  Sicilia  e  Malta,  le  quali  completano  lo 
notizie  sulle  ricerche  da  lui  intraprese  nell'Italia  Meridionale. 

Il  Kehr  non  si  limita  alle  notizie  sulle  bolle  che  formano  l'o- 
bietto speciale  dei  suoi  studi,  ma  indica  pure  tutto  ciò  che  può 
sembrare  importante  per  la  diplomatica  siciliana  specie  pel  tempo 
Svevo.  Non  mi  sembra  inopportuno,  tralasciando  gli  Archivi  pub- 
blici e  privati  di  Palermo,  Cefalù  e  Morreale ,  di  riferii*e  ciò  che 
egli  trovò  di  notevole  negli  altri  centri  della  Sicilia: 

In  Mazzara  :  il  Libro  dei  Privilegi  fatto  al  tempo  del 
vescovo  Antonio  Lombardo  nel  1578,  in  cui  si  contengono  fra  gli 
altri  due  diplomi  di  Ruggiero  I  e  II  ed  uno  di  Guglielmo  II 
del  1176; 

In  Marsala:  nell'Archivio  Comunale  il  Libro  Rosso  che 
comincia  con  un  diploma  di  re  Federico  II  di  Aragona  del  1.S18; 

In  Trapani:  nell'Archivio  Notarile  il  registro  del  1207,  che  il 
Prof.  Salinas  aveva  già  fatto  conoscere  agli  studiosi  ;  nella  Biblio- 
teca P'ardelliana  :  le  pergamene  del  Monastei-o  di  S.  Mai'ia  An- 
nunziala che  cominciano  al  scc.  XIW,  eà  \\  Regesto  Poligrafo  noto 
per  lo  studio  di  Vito  La  Mantia  ; 

In  Girgenti  :  nell'  Archivio  Capitolare  alcuni  privilegi  origi- 
nali di  Gostanza,  Federico  II,  Manfredi  e  nei  copiar!  i  diplomi 
di  Guglielmo  II,  Federico  II  del  1109,  i2hh  ,  1246  e  bolle  di  Ur- 
bano II;  nella  Biblioteca  Lucchesiana:  le  copie  dei  Mss.  Qq.  PI  45, 
Qq.  G.  1  e  Qq.  II.  15  della  Comunale  di  Palermo,  e  lo  copio  del 
XVIII  sec.  dei  Capibrevi  del  Barberi  e  del  De  Regia  Monarchia; 

Nell'Archivio  Capitolare  di  Patti  il  materiale  abbondante  per 
diplomi  dell'Imperatore  Federico  II  e  Manfredi  ;  come  in  Messina, 


RASSEGNE   BIBLIOGBAFIOHE  669 

oltre  i  copiarì  dei  Privilegi  della  città ,  nella  Biblioteca  Univer- 
sitaria :  l.»  «Monumenta  ecclesie  Messanensis  coliecta  a  D.  Ami- 
co Messanensis  ecclesie  Panormitane  canonico  »  Ms.  cartaceo  del 
sec.  XVII,  a  cui  il  protopapa  Giuseppe  Vinci  ha  aggiunto  alcuni 
documenti  ;  2.°  «  Antoninus  De  Amico,  Messanensis  ecclesie  tabu- 
larium  »  Ma.  pure  cartaceo  del  sec.  XVIII,  copia  finita  nel  19  De- 
cembre  1769  dallo  stesso  protopapa  Giuseppe  Vinci; 

In  Catania:  nell'Archivio  Capitolare,  oltre  il  pi'ivilegio  origi- 
jiale  del  conte  Ruggiero  del  1091  Aprile  26,  di  cui  diede  notizia 
il  Prof,  Salinas,  molte  bolle  e  documenti  dei  sec.  XII  e  XIII. 

Pel  Museo  Civico,  che  ha  parecchi  documenti  doU'epoca  Nor- 
manna, r  A.  completa  le  notizie  raccolte  dallo  Scheffer-Boichorst 
(Nei(es A)'chiv. ecc.XXlY ,  128),  ed  enumera  parecchi  ms.del  sec.  XVII, 
di  una  discreta  importanza,  conservati  nell'Archivio  Comunale. 

Siracusa  è  disgraziatamente  il  luogo  dove  maggiore  è  stato  lo 
sperpero  dei  documenti. 

Sulle  esplorazioni  del  Kehr  nell'Archivio  di  Valletta  in  Malta, 
dico  solo  che  esse  completano  le  notizie  date  dal  Delaville  Le 
Roulx,  e  dimostrano  che  sul  ms.  Qq.  G.  12  della  Bib.  Com.  di  Pa- 
lermo dovuto  in  massima  parte  ad  Antonino  Amico,  del  quale  mi 
servii  nella  pubblicazione  dei  documenti  inediti  dell'  Epoca  Nor- 
manna, si  può  avere  pienissima  fede  (p.  370). 


La  pubblicazione  del  Kehr  non  è  mica  importante  solo  per  le 
notizie  raccolte  con  cura  scrupolosa  sugli  Archivi  nostri,  ma  ezian- 
dio per  uno  studio  «  Sui  documenti  pontifici  di  S.  Maria  di  Valle 
Giosafatj»,  studio  veramente  notevole  per  la  storia  di  quel  Mo- 
nastero. 

È  noto  che  alla  spicciolata  la  critica  storico-diplomatica  aveva 
dichiarato  falsi  alcuni  privilegi  di  S.  Maria  di  Valle  Giosafat  ;  ma 
è  merito  di  L.  von  Heinemann  di  averne  per  il  primo  riunito  un 
buon  numero  e  dato  su  di  essi,  mercè  un  esame  puramente  storico, 
un  giudizio  severo  ma  coscienzioso.  L'Heinemann  però  non  conobbe 
tutto  il  materiale,  sicché  io,  studiando  i  soli  pririlegi  (perchè  delle 
bolle  si  sarebbe  occupato  il  Kehr),  dissi  poco  tempo  addietro,  ciò 
che  mi  permetto  ripetere  :  «  A  me  però  non  sembra  che  il  valente 
Prof.  Heinemann  abbia  dato  fondo  alla   questione   brillantemente 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  43 


670  EA8SEGNE   BrBLIOGRAriCHE 


intuita  e  posta,  ne  che  abbia  esaurito  tutte  le  ricerche  relative 
all'importante  argomento  ;  mentre  dall'altro  canto  la  critica  sto- 
rica, di  cui  egli  s'  è  avvalso,  è  certo  uno  degli  elementi  della  cri- 
tica diplomatica,  ma  non  il  solo  ».  Questo  è  su  per  giù  il  parere 
del  Kehr ,  il  quale  esamina  tutte  le  bolle  del  Monastero  da  Pa- 
squale II  ad  Alessandro  III  ;  bolle  che  fra  originali  e  copie  for- 
mano il  bel  numero  di  18  (p.  339-340).  Sicché  i  documenti  esa- 
minati da  me  e  dal  Kehr  sono  30 ,  non  compreso  il  priv.  di  Fe- 
derico II  del  Giugno  1221  (Winkelmann  ,  Acta  imperii  I,  p.  210, 
BòHMER-FiCKER,  nr.  1345);  mentre  il  Heinemann,  compreso  que- 
st'ultimo, ne  studiò  solo  15. 

Egli,  tralasciando  le  due  bolle  di  Alessandro  HI  H68  e  1169, 
(cioè  nr.  17  e  18),  divide  le  rimanenti  in  tre  gruppi.  Il  1"  gruppo 
comprende  4  originali  (J,  11,  13,  14)  di  Pasquale  II,  Eugenio  IV, 
Anastasio  IV,  Adriano  IV  ;  «  sono  conferme  di  possedimenti  ter- 
ritoriali, di  patrocinio  pontificio  e  di  una  serie  di  altri  privilegi: 
sepoltura,  acccttazioni  di  eredità,  riconoscimento  di  diritti ,  proi- 
bizioni al  vescovo  e  ai  chierici  di  Gerusalemme  di  pretendere  dal 
Monastero  per  solenne  occasione  alloggio  e  mantenimento.  »  (p.  340). 
Il  2."  è  formato  da  una  copia  e  4  originali  (8,  9,  10,  12,  15)  di 
Innocenzo  II,  Eugenio  III  e  di  Adriano  IV,  che  hanno  quasi  tutti 
il  medesimo  contenuto.  «  8ie  charakterisiren  sich  als  Schutzbriefe 
fiir  die  dem  Kloster  gehòrende  Kirche  zu  El-Leijun  (Ligionis)  und 
fiir  den  vom  Bischof  Bernard  von  Nazareth  geschenkten  Zehnten 
zu  Ta'  anuk  (Thanis),  endlich  fiir  die  Kirche  S.  Maria  Maddalena 
zu  Paterno  in  Sizilien  »  (p.  340  .  Sette  bolle  fra  originali  e  falsi- 
ficazioni d'Innocenzo  II  e  di  Adriano  IV,  formano  il  terzo  ed  ul- 
timo gruppo  (2,  3,  4,  5,  6,  7,  16).  «  Es  sind  Parallelurkurden  zu 
der  ersten  Reiche  ».  «  Ma  i  luoghi  dei  possessi  sono  aumentati  :  s'an- 
noverano esclusivamente  i  possedimenti  territoriali  del  Monastero 
in  Calabria,  Puglia  e  Sicilia.  Qui  sta  ora  il  punto  della  falsifica- 
zione. In  tutto  questo  gruppo  solo  il  nr.  3  è  originale  (Pflugk- 
Harttung,  II  310  nr.  349)  ;  il  contenuto  di  questo  originale,  ch'è 
la  bolla  d'Innocenzo  II,  corrisponde  in  tutto  alle  altre  bolle  auten- 
tiche, sicché  può  stabilirsi  come  punto  fermo  \)ov  {.Mudicare  gli 
altri  documenti  che  sono  affini  per  il  contenuto  •>. 

Mi  dispenso  dal  riportare  l'enumerazione  dei  possessi  del  Mo- 
nastero che  l'A.  fa  in  base  al  privilegio  originale  di  Innocenzo  II, 
e  Tengo  alle  conclusioni  che  ne  deduce. 


BA88EGNE   BIBLIOGRAFICHE  671 


La  bolla  di  Pasquale  II  (nr.  2)  è  in  piena  contradizione  con 
quella  orig.  d'Innocenzo.  «Essa  è  una  copia  del  sec.  XIII,  poco  riu- 
scita sul  documento  originale  del  medesimo  Pasquale  II  (n.  1)  e  scritta 
dalla  stessa  mano,  a  cui  si  avvicinano  quelli  d' Innocenzo  II  (nr. 
5  e  6).  È  la  stessa  mano  del  falsario,  che  ha  scritto  tutta  la  serie 
dei  documenti  falsi  di  S.  Maria  di  Giosafat  sugli  originali.  Il  fal- 
sificatore procedette  però  senza  troppa  scrupolosità  nella  sua  fat- 
tura, né  sembra  abbia  avuto  di  mira  una  perfetta  imilazione; 
solo  nel  protocollo  finale  tentò  dare  alle  sottoscrizioni  un  ca- 
rattere individuale,  copiandola»  dall'originale  nr.  1.  Il  documento 
verisimile  era  stato  anche  suggellato»,  pi'ecisaraente,  aggiungo 
io,  come  il  diploma  falso  di  Ruggiero  del  1144. 

È  noto  che  il  Monastero  di  S.  Maria  Maddalena  presso  Messina 
venne  in  prosperità  dopo  il  sec.  XIII.  Dopo  la  caduta  dell'Abbazia 
e  del  Convento  in  Valle  Giosafat,  esso  divenne  il  centro  di  tutta 
la  congregazione.  «Ma  mentre  nell'originale  d'Innocenzo  II del  1140 
«  ohne  hervorzutreten  in  der  Reihe  der  iibrigen  Besitzungen  steht», 
esso  nel  preteso  doc.  di  Pasquale  II  del  1113  è  posto  in  prima  li- 
nea ;  con  questo  doc.  comincia  la  lista  dei  possessi  di  S.  Maria  di 
Giosafat  del  sud -Italia.  Chi  poteva  presentire  nel  1113  ciò  che 
nessuno  sapeva  nel  1140?  (p.  343);  il  doc.  del  1113  poteva  fare 
parola  della  chiesa  di  S.  Anna  di  Galath,  conceduta  solo  nel  1124  ?» 
{Delaborde,  p.  38,  n.  13). 

Da  questo  e  da  altri  esami,  ch'io  tralascio  per  brevità,  l'A. 
deduce  i  fini  delle  falsificazioni  che  si  riscontrano  nei  primi  due 
gruppi  di  nove  documenti  «  Die  Hervorhebung  und  Bevorrech- 
tung  von  S.  Maria  Maddalena  bei  Messinia  war  das  erste  Fal- 
schungsmotiv,  das  zweite  ist  die  Schebeke  im  Galabrieschen  Meer. 
Das  dritte  ist  der  Besitz  zu  Tarent  und  das  SchifF  im  Hafen  da- 
selbst.  »  (p.  344). 

Passa  quindi  l'A.  ad  esaminare  i  nr.  4,  5,  6,  7  :  bolle  che  si 
vorrebbero  tutte  di  Innocenzo  II,  e  date  nello  stesso  giorno;  cosa 
addirittura  impossibile.  Portano  il  D  at  um  1140  Maggio  13  Viterbo, 
quando  l'originale  (nr.  3)  è  dato  il  18  Maggio  1140  da  I/derani. 
È  possibile  che  il  falsario  abbia  tratto  l'indicazione  del  luogo  dalla 
bolla  di  Eugenio  III  data  il  4  Maggio  1145  Laterani  ;  siffatta  mu- 
tazione arbitraria  del  luogo  si  riscontra  molte  altre  volte  nelle 
falsificazioni  di  questo  Tabulari©,  «  Ma  egli  poteva  trarre  solo  in 


672  RASSEGNE   BIBLIOGRAriOHl! 


inganno  i  contemporanei,  perchè  per  noi  è  molto  agevole  ricono- 
scere le  falsificazioni  a  tali  contrassegni.  Ma  v'  ha  di  più.  Di  queste 
4  falsificazioni  due  sono  pervenute  nella  medesima  scrittura  ori- 
ginale e  permettono  di  stabilire  bene  il  tempo  e  la  connessione  : 
sono  scritte  dal  medesimo  falsario  del  sec.  XIII,  cui  appartiene 
pure  il  falso  di  Pasquale  li  ».  Anche  di  queste  4  falsificazioni  il 
Kehr  prova  il  fine,  che  è  nell'interesse  del  Monastero  in  Paterno, 
come  si  detegge  dall'  elenco  lungo  dei  possessi  e  dei  loro  confini 
che  si  pretenderebbero  dipendenti.  In  conclusione  il  valente  Prof. 
di  Gottinga  ritiene,  e  a  parer  mio  con  molto  fondamento,  che 
«  nei  particolari  non  vi  sia  un  rapporto  preciso  fra  i  privilegi  falsi; 
ma  che  il  fatto  diplomaticamente  sia  di  molto  interesse,  perchè  il  me- 
desimo falsificatore  (perchè  è  una  medesima  persona)  non  dimostra 
mai  né  identità  di  mano  in  due  casi  distinti,  ne  conformità  di 
stile,  —  da  una  falsificazione  fabbricò  4  aspetti  diversi  -  -  »  p.  347, 
Non  è  escluso  però  che  queste  quattro  falsificazioni  rappresentino 
abbozzi,  quasi  esercizi  di  stile  del  falsificatore.  Il  falso  documento 
di  Adriano  IV,  (nr.  16)  può  considerarsi  come  la  perfezione  del 
genere. 

Seguono  7  doc.  pontifici  di  quel  Monastero  fra  autentici  e  falsi. 

Il  contributo  notevolissimo  dato  dal  Kehr,  alla  questione  che  ci 
ha  tanto  affaticato  in  quest'anno,  è  tale  che  ormai  la  definitiva 
soluzione  non  sembra  né  ditlicile  né  lontana.  Spero  occuparmene 
tosto   che  potrò   recarmi   in  Catania. 


G.  A.  Garufi. 


Orazio  Nerone  Longro ,    Rìcetxhe  su  i  diplomi   Normanni  della 
Chiesa  di  Troina.  Catania,  1899,  pp.  48. 

Fra'  pochi  giovani  che  con  amore  si  son  dai  oggi  alle  ricer- 
che faticose  della  diplomatica  siciliana  dei  sec.  XII  e  XIII  m' è 
lieto  annoverare  l'egi'egio  I)ott.  Nerone  Longo ,  eli' è  stato  messo 
suIIh  via  dagli  instancabili  Prof.  Vincenzo  Casagrandi  e  Remigio 
Sabadini  dell'Università  di  Catania. 

La  questione  eh'  egli  ha  preso  a  studiare  è  certamente   fra  le 


ttASSEGNB   BIBLIOGBAFIOHF  6?S 


più  gravi,  complicate  ed  oscure  che  presenti  la  storia  siciliana. 
Troiua  fu  sede  vescovile  finche  nel  1096  il  suo  vescovo,  per  con- 
cessione del  Conte  Ruggiero,  definitivamente  trasportò  la  sua  sede 
principale  in  Messina  ;  però  anche  molto  tempo  dopo  il  vescovo 
di  Messina  Cu  detto  :  Messanensis  et  Trainensis  episcopus  (1). 

Dopo  l'espugnazione  di  Taormina  (1078),  Ruggiero  fondò  una 
chiesa  in  Troina  e  l'elesse  sede  di  vescovato,  pei'chè  Messina,  per 
rnaximam  multitudinem  Messanetisiura  morti  e  fuggiti  al  tempo 
del  passaggio  di  Ruggiero  in  Sicilia  (Caruso,  Bib.  hist.  I,  178),  non 
era  ritenuta  ancora  capace  di  avere  una  sede  vescovile. 

I  doc.  della  Chiesa  di  Troina  non  ci  sono  pervenuti  in  origi- 
nali, come  anche  quelli  della  Cattedrale  di  Messina.  Alcuni  si  tro- 
vano nel  Liber  Praelatianim,  nel  Liber  Regiae  Monarchiae ,  nei 
ms.  Qq.  H.  4,  e  Qq.  H,  0  della  Bib.  Coni,  di  Pai.  ;  in  questi  mss. 
taluni  doc.  sono  trascritti  da  A.  Amico,  tali  altri  da  Schiavo  e  dai 
copisti  di  cui  si  serviva  questo  raccoglitore  indefesso. 

L'A.  divido  il  suo  studio  in  6  capitoli.  Nel  1."  (Introduzione) 
riassume  la  questione  che  fervette  per  far  risorgere  nello  scorso 
sec.  il  Vescovato  di  Troina,  ed  accenna  alle  ricerche  che  fece  in 
Troina  e  in  Palermo.  Nel  2."  dà  breve  notizia  delle  '<  Memorie 
storiche  di  F.  Conanno»  che  hanno  solo  un  mediocre  valore  per 
la  storia  delle  lotte  sostenute  da  Troina  e  Nicosia  contendentisi 
la  sede  vescovile.  Nel  3."  Cap.  tratta  «Fonti,  Copie  di  mss.  Pub- 
blicazioni »  relativi  ai  doc.  del  tempo  Normanno  che  si  riferiscono 
alla  Chiesa  di  Troina. 

Qui  m' è  uopo  mettere  in  rilievo  alcune  omissioni  ed  inesat- 
tezze. L'A.,  che  fu  in  Troina  a  ricercare  i  due  Archivi,  il  Comu- 
nale e  il  Capitolare,  poteva  invece  in  Messina  trovare  due  ms. 
nella  Biblioteca  dell'Università,  di  cui  prima  il  Winkolmann  (Neues 
Archiv  III,  642,  644)  e  poi  il  Kehr  (Nachrich.  d.  K.  Gesellschaft. 
(ler  Wissensch.  zu  Gòttingen.  Philologisch-historische  Klasse  1899. 
Heft.  3,  304)  han  dato  notizia.  1°  Monumenta  ecclesie  Messanensis 


(l)  Doc.  per  serv.  alla  SI.  di  Sic,  1»  Ser.  Tab.  voi.  I,  pp.  3,  8,  10,  li 
ecc.  Nel  doc.  della  race.  Starrabba  del  1087,  dicesi  però  • ...  eo  quod  eum, 
post  acquisitioneni  Siciliae,  translata  Sede  lìpiscopatas  a  Traina  Messa- 
nam,  primum  in  Episcopum  erexeram  ...  ». 


674  RASSEGNE  BIBLIOGRAFICHE 


collecta  a  D.  Antonino  Amico  Messanensi  ecclesie  Panormitane 
canonico,  del  sec.  XVII  ;  2.°  «  Antoninus  de  Amico ,  Messanensis 
ecclesie  tabularìum,  del  sec.  XVIII,  Copia  del  protopapa  Giuseppe 
Vinci  del  19  Decerabre  1769.  È  a  notare  che  il  Kehr  parlando  del 
ms.  più  antico  soggiunge  :einige  Urkunden  hat  loseph 
Vinci  protopapa  Graecorum  hinzugefiigt.  È  ine- 
satto affermare  che  nei  mss.  Amico  Qq.  H.  4  e  Qq.  H.  9  della  Bib. 
Com.  di  Palermo,  vi  siano  due  mani  incognite  ;  la  mano  incognita, 
come  già  disse  lo  Starrabba,  è  una  sola. 

Nel  4.*  cap.  dà  l'elenco  dei  diplomi  della  chiesa  di  Troina,  com- 
prendendo il  priv.  dell'  imperatrice  Gostanza  che  conferma  due 
concessioni  fatte  da  Goffredo  Burrello ,  dalla  data  dei  quali,  V  A. 
avrebbe  potuto  trarre  giovamento. 

Il  5.°  Gap.  tratta  i  priv.  genuini,  il  6."  i  falsi  che  sono  ripub- 
blicati in  Appendice.  Giustamente  il  N.  nota  che  il  dipi.  1082,  non 
può  ritenersi  Priv.  della  istituzione  della  Chiesa  di  Troina.  Il  bra- 
no... Do  et  concedo  supradictae  Traynensi  Ec- 
clesiae  et  Presuli  qui  modo  preest...  mentre  pri- 
ma non  fa  parola  né  del  vescovo  ne  della  Chiesa  di  Troina  ,  dà 
forte  sospetto  che  si  riferisca  ad  un  pi'iv.  precedente.  Onde  l'A. 
accetta  il  parere  dell'Amari,  che  ritenne  la  fondazione  di  quel  ve- 
scovato risalga  al  1081,  riferendo  il  passo  dell'epistola  di  Grego- 
rio VII.  «  Non  dubitet  prudentia.  »  Qui  avrei  desiderato  che  il  N. 
si  fosse  servito  dei  Regesta  Pont,  di  laffèLoewenfeld,  o  an- 
che solo  di  laffè,  e  avesse  dimostrato  come,  malgrado  costoro  as- 
segnino all'epistola  la  data  1082  (?)  (nr.  529H.  I.-L.,  3946. 1.),  si  possa 
con  molto  fondamento  far  risalire  ad  un  tempo  anteriore  quella 
di  fondazione  del  vescovato.  Nel  priv.  1082,  VI  Ind.  (Settembre  1082, 
Agosto  1083)  l'inciso  tempore  domni  Gregorii  ecc.,  vale 
a  dimostrare  che  il  pontefice  era  consapevole  dell'elezione  del  ve- 
scovo Roberto.  Ma  nell'epistola  1082  (?)  Gregorio  consente  l'elezione 
di  Roberto,  però  ammonisce  il  conte  Ruggiero  perchè  nell'avvenire 
non  elegga  alcun  vescovo  senza  l'annuenza  di  lui.  Se  nel  Settem- 
bre 1082 -Agosto  1083,  Roberto  è  vescovo  regolarmente  di  Troina 
col  consenso  di  Gregorio,  pi'ima  del  Settembre  1082  lo  fu  per  sola 
volontà  di  Ruggiero.  So  si  riflette  ;il  tt-mpo  che  potè  impit^garsi 
perchè  la  lettera  del  conto  Ruggiero  pervenisse  al  pontefice  e 
questi   rispondesse;   che  Ruggiero  chiedette   al   pontefice  il  rico- 


AASSEaìiE   BIÉLIOORAFICHE  6^5 


noscimento  dell'  elezione  eh'  egli  avea  già  fatta ,  si  ha  molta  ra- 
gione a  ritenere  che  l'elezione  dovette  aver  luogo  o  nel  1080  o 
nel  1081. 

Se  il  N.  avesse  ponderato  questi  fatti ,  e  avesse  esaminato  il 
dip.  I,  eh'  egli  a  p.  44  dà  eome  apoerifo ,  ed  è  inveee  una  tradu- 
zione dal  greeo  fatta  nel  1289,  si  sarebbe  aeeorto  ehe  nessuna  ra- 
gione dipiomatiea  e  storiea  s'oppone  a  ritenerlo  genuino.  Gli  ele- 
menti estrinseci,  a  cui  l'A.  s'appoggia  per  dimostrarlo  falso,  sono 
molto  superficiali. 

Il  N.  ritiene  falso  pure  il  priv.  che  nelle  copie  c'è  dato  coiran- 
no 1085  (?)  Febbraio,  Ind.  IV,  (p.  39,  40,  45,  4(3);  ma  confesso  che, 
quantunque  sia  scritto  dalla  mano  i  n  e  o  g  n  i  t  a  ,  le  ragioni  ad- 
dotte non  mi  convingono  (1).  Il  mulino  conceduto  nel  priv.  Sett. 
1082  -  Agosto  1083  è  lo  stesso  di  quello  di  cui  parla  il  1085  (?)  : 
H  a  m  e  t  h  i  z  può  ben  essere  la  traduzione  di  mxx^ev,  Z  e  u  e  h  o  - 
ricum  di  lapYouSéoo;  del  resto  si  hanno  esempi  numerosissimi  di 
traduzioni  latine  autentiche  dei  sec.  XIII  e  XIV  da  docum.  greci 
ed  arabi  storpiate  infamemente  nelle  date  e  nei  nomi.  (Gf.  /  doc. 
inediti  dell' Ep.  Nof^n.  in  Sic).  Circa  la  differenza  dei  villani,  10 
nel  1."  doc.  lo  nel  2.",  si  può  notare  che  nel  1."  (testo  Starrabba 
p.  2  e  originale  di  Amico)  vedesi  la  parentisi  che  giusto  comprende 
il  dece  m:  [Acharet  et]  dece  m...  e  può  supporsi  che  ol- 
tre ad  Acharet  et  mancasse  q  u  i  n  che  poteva  scriversi  con 
abbreviatura  ;  nulla  dico  sulla  lettura  di  d  e  e  e  m  che  poteva 
essere  d  e  ci  m  .  L'osservazione  relativa  al  qualificativo  e  a  s  t  r  u  m 
o  terra  non  regge  per  traduzioni  della  fine  del  sec.  XIII  o  del 
XIV  od  anche  di  Leonardo  Paté  del  XVII.  L' ind.  IV  ci  porta  al 
Febbraio  1U81  ;   sicché  potrebbero  stabilirsi  : 

1.°  1080  Decembre  (6588  a.  m.)  priv.  di   fondazione   del   ve- 
scovato di  Troina  ; 

2."  1081  Febbraio  Ind.  IV  concessione  del  mulino  e  di  15  vil- 
lani (priv.  greco)  ; 

3."  1082  Settembre  - 1083  Agosto   conferma  della  concessione 


fi)  Ad  un  primo  esame  lo  ritenni  traduzione  interpolata  del  priv. 
U»9G  Aprile;  ma  ora  sono  convinto  possa  salvarsi  dell'  imputazione  di 
falso. 


676  RASSEGNE   BIBLIOOBAFIOHE 


precedente,  scritta  in  latino  in  calce  al  priv.  greco ,  dopo  il  con- 
sentimento di  Gregorio  VII. 

Il  N.  annovera  fra  i  doc.  di  Troina  anche  il  pr,  1096  Aprile, 
che  si  riferisce  piuttosto  all'erezione  definitiva  di  Messina  a  sede 
vescovile.  A  mio  avviso  avrebbe  dovuto  piuttosto  intrattenersi 
delle  donazioni  di  Goffredo  Burelle,  confermate  dall'imperatrice 
Costanza  ed  accordarne  le  date  che  a  quel  modo  non  reggono. 

La  lettera  15  Aprile  1093,  che  l'A.  ritiene  falsa,  è  per  me  ge- 
nuina: egli  è  caduto  in  equivoco  nel  calcolare  l'indizione  e  non 
ha  pensato  che  il  passo  «  venerabilis  P.  Rogerii  olim  Traynensis 
decani  nunc  vero  Syracusani  Elepti  existenti  »  è  una  testimonianza 
preziosa,  che  ha  riscontro  nel  diploma  orig.  di  fondazione  del  Ve- 
scovato di  Siracusa.  In  questo  priv,  è  detto  :  «  Doranum  Rogerium 
traginensis  aecclesiae  decanum  communi  Consilio  tocius  episco- 
porum  Syciliae  ecc.  ». 

I  doc.  di  Malgerio  (1094)  di  Ruggiero  II  (1143)  Guglielmo  II 
(1169)  sono  falsi,  e  forse  non  avrebbero  dovuto  far  parte  dei  di- 
plomi della  Cattedrale  di  Messina,  perchè  non  scritti  dall'  Amico. 
Ma  già  il  Behring  (Sic.  St.  II)  ai  nr.  65  e  171  aveva  dichiarato 
sospetto  il  priv.  di  Ruggiero  e  falsa  la  lettera  di  Guglielmo  II. 
Convengo  col  N.  che  il  priv.  di  Ruggiero  1143  più  che  sospetto  è 
falso;  ma  avrei  preferito  avesse  fatto  un  esame  storico- diploma- 
tico ;  egli  invece  lo  credette  falso  solamente  per  la  forma  strana 
del  participio  accessitus  per   accessus. 

Contro  l'opinione  del  N.  ritengo  vera  la  lettera  di  Guglielmo  I 
del  1158.  Il  Behring  s'era  limitato  ad  annotare:  Erscheigt 
verdàchting,  mentre  nella  lettera  1169  poneva  addirittura  il 
segno  di  falsità.  Le  formule  protocollari  corrono  bene  e  il  conte- 
nuto storico  non  desta  sospetti. 

A  prova  di  quanto  affermo,  riporto  l'opinione  che  il  Huillard- 
Bréholles  e  il  Winkelmann  ebbero  sul  doc.  di  Federico  II,  che  il 
Di  Chiara  sul  ms.  Qq.  II.  9.  p.  144  pubblicò  col  Latum  Get^ma- 
niae  {aie)  1198.  Si  l'uno  (Hist.  dipi.  Frid.  II,  ser.  I,  228  notaj  che 
l'altro  (Acta  imp.  ined.  l,  98)  lo  ritennero  dell'anno  1212  e  dato 
Wormaciae,  Guarmacie;  il  1"  pose  il  segno  d'interrogazione 
che  fu  tolto  addirittura  dal  Winkelmann.  In  quel  doc.  Federico 
concede  il  canonicato  e  il  cappellanato  di  Troina  al  prete  Nicola 
de  Avenia  :  se  nel  1212  Troina  è  cappellania  regia  non  vedo  per- 


tlASSEGNE   BIBLIOGRAFICHE  6?7 


che  si  debba  rifiutare  il  doc.  di  Guglielmo  T  il58  diplomaticamente 
vero. 

L'egregio  A.  in  questo  suo  primo  studio  ha  mostrato  ingegno 
pronto  0  attitudine  a  siffatte  ricerche  ;  togliendo  le  mende,  in  una 
2*  edizione,  che  gli  auguro  di  gran  cuore,  potrà  senza  dubbio  dare 
un  pregevole  conti'ibuto  alla  storia  siciliana. 


C.  A.  Garufi. 


•■^^m^-^' 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


•^■h 


F.  Pulci.  Vita  delle  miniere  in  Si- 
cilia. Palermo,  Tipografia  del 
Gioi'nale  di  Sicilia,  1899.  In-8", 
pp.  57. 

La  vita  de'  solfatai  é  stata  ob- 
bietto  di  stadio  in  questi  ultimi  tem- 
pi per  parte  di  parecchi  illustri  e 
non  illustri,  competenti  e  non  com- 
petenti ,  poiché  ad  essa  si  é  legata 
la  quistione  economico-sociale  e  po- 
litica. 11  nostro  Autore,  che  appar- 
tiene appunto  alla  regione  delle  sol- 
fare, ch'ó  uno  studioso  appassionato 
della  storia  e  del  folklore  del  paese 
natio,  tia  voluto  recare  suH'argn- 
meuto  il  contributo  suo ,  facendoci 
conoiicere  senza  preconcetti  e  pas- 
sione qual'  é  e  come  sì  svolge  la 
vita  nelle  miniere  di  zolfo,  con  tuttn 
le  curiosità  e  particolarità  di  usi  e 
cottami  speciali. 

L»  prima  parte  del  lavoro  8i  oc- 


cupa dello  zolfo  sotto  l'aspetto  sto- 
rico ,  industriale  e  commerciale , 
riassumendo  le  più  importanti  e  si- 
cure notizie  in  proposito  ,  dandoci 
contezza  del  come  si  procede  all'e- 
scavazione  e  coltura  della  miniera 
Ano  allo  esaurimento  e  chiusura, 
come  il  minerale  si  raccoglie  e  fonde 
ed  in  che  specie  e  varietà  di  forni, 
con  tutte  le  particolarità  delle  ope- 
razioni ed  i  nomi  tecnici,  la  quan- 
tità del  prodotto  e  1'  utile  che  se  ne 
può  cavare. 

Non  meno  importante  ma  più  ge- 
niale é  la  seconda  parte,  nella  quale 
si  discorre  delle  con.iizioni  di  vita 
e  de'  costami  de'  lavoratori  delle 
miniere  (picconieri  e  carusi)  do' 
rapporti  e  contratti  tra  essi  esistenti, 
della  loro  indole;  e  qui  è  fatto  largo 
cami)o  alla  poesia  popolare  tradizio- 
nale, costante  compagna  del  lavoro 
di  questi  infelici  che  stentano  tu  più 


fiULLETTlNO    BIBLIOGRAFICO 


679 


parte  del  viver  loro  entro  le  viscere 
della  terra. 

Io  fo  voti  che  il  Pulci  ripigli  in 
mano  questo  suo  egregio  studio  e 
lo  facci  più  esteso  e  completo,  spe- 
cialmente nella  parte  prima.  La  sto- 
ria della  coltivazione  delle  miniere 
di  zolfo  in  Sicilia  non  é  sì  recente 
come  l'A.  crede,  ed  io  lio  visti  de' 
documenti  che  attestano  eh'  essa  esi- 
stesse già  non  tanto  ristretta  nel 
sec.  XVI.  Ma  occorre  che  special- 
mente su  gli  atti  notarili  e  su  le 
carte  del  regio  Archivio  si  condu- 
cano le  ricerche,  ed  allora  nuova  e 
non  poca  luce  verrà  forse  fuori  a 
chiarirci  la  storia  economico-indu- 
striale siciliana. 

S.  S.-M. 


Le  Feste  di  Santa  Rosalia  in  Pa- 
lermo e  della  Assunta  in  Messi- 
na :  versione  dal  francese,  dal- 
l' inglese ,  dal  tedesco  ,  co?i  noie 
di  Maria  Pitrè.  (  Con  illustrazio- 
ni). Palermo,  Alberto lieber;  1900. 
InS",  pp.  164,  con  tre  tavole  in- 
cise, oltre  19  illustrazioni  entro 
il  testo. 

Delle  sontuose  e  caratteristiche  l'o- 
ste di  Santa  Rosalia  in  Palermo  e  di 
quelle  dell'  Assunta  in  Messina  molti 
si  sono  occupati,  e  in  passato  ed  ai  di 
nostri,  e  variamente  ne  hanno  giu- 
dicato. Abbiano  oppur  no  esse  fatto 
il  loro  tempo,  certo  é  che  son  pas- 
sate alla  celebrità  della  storia  ;  e 
pertanto   giudichiamo   utile  ed  op- 


portuno il  divisamente  della  egregia 
signorina  Maria  Pitrè,  che  ha  voluto 
farci  conoscere  le  descrizioni  ed  i 
giudizi  che  di  esse  han  portato  gli 
scrittori  non  siciliani. 

La  signorina  Pitrè  ha  raccolto 
in  questo  volumetto  trentotto  descri- 
zioni, (venti  su  la  festa  palermitana, 
diciotto  su  la  messinese)  dovute  a 
31  scrittori ,  e  cioè  :  14  francesi, 
11  italiani ,  8  inglesi ,  un  tedesco, 
che  non  tutti  giudicano  ad  un  modo, 
né  tutto  dicono,  né  schivano  gli  er- 
rori e  le  inesattezze,  presi  singolar- 
mente ;  ma  messi  insieme,  si  com- 
pletano e  correggono  a  vicenda.  Però 
le  correzioni  ed  i  chiarimenti  mag- 
giori li  dà  la  signorina  Pitrè  in  op- 
portune note  ,  completando  così  il 
testo  che  ella  ha  con  diligenza  tra- 
dotto dagli  originali. 

Le  più  importanti  tra  queste  re- 
lazioni sono:  quella  degl'  inglesi  Bri- 
done  (1770),  Thompson  (1810),  e 
Smyth  (  1 823) de'  francesi  Houel  (1776) 
e  Saint- Non  (1785)  e  De  Gourbil- 
lon(t819  •,  degl'italiani  Carrone(i832) 
e  De  Salvo  (1834) ,  che  scrivono  quel 
che  hanno  veduto  personalmente  e 
non  quello  che  hanno  letto  in  altri 
o  sentito  dire. 

Alle  traduzioni  va  innanzi  una 
ben  fatta  prefazioncina,  che  dà  ra- 
gione del  lavoro  e  della  varia  im- 
portanza delle  diverse  relazioni.  Fac- 
ciamo le  nostre  congratulazioni  alla 
esimia  giovanetta  ,  che  con  questo 
come  con  altri  suoi  lavoretti  an- 
teriori dà  bella  prova  de'  suoi  studj 
e  del   suo  ingegno. 

S.  S.-M. 


680 


BDLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


Q-.  Boxaano.  Intorno  all'  origine 
della  denominazione  «  Due  Si- 
cilie »  ;  nuova  ricerca.  Trani, 
V.  Vecchi,  lipografo-edilore;  1899 . 
In-8»,  pp.  20. 

Nel  1897  l'  A,  aveva  potuto  sta- 
bilire che  la  denominazione  Bue  Si- 
cilie rimontava  al  quattrocento;  og- 
gi, col  nuovo  opuscolo,  dietro  eru- 
dite indagini  viene  alla  conclusione 
netta,  che  gli  elementi  costitutivi 
della  espressione  Regnum  Siciliae 
citra  et  ultra  farum  appariscono 
nella  seconda  metà  del  sec.  XII , 
eh'  essa  è  già  formata  al  principio 
del  sec.  XIII ,  entra  nell'  uso  nella 
prima  metà  di  questo  secolo,  si  dif- 
fonde e  diviene  comune  nella  se- 
conda metà,  al  tempo  degli  Angioi- 
ni ;  e  che,  «  non  dal  concetto  della 
indivisibilità  del  regno  di  Sicilia 
proclamata  da  Clemente  IV  nella 
bolla  d'investitura  a  favore  dell'An- 
gioino, ma  da  quello  dell'  unità  or- 
ganica primitiva  del  regno  siciliano, 
benché  costituito  di  parti  diverse, 
scaturì  la  distinzione  .  .  .  Essa  ebbe 
in  origine  un  significato  puramente 
geografico;  col  tempo,  quando  la 
Sicilia  si  sottrasse  al  dominio  an- 
gioino, se  ne  aggiunse  un  altro  spe- 
cialmente politico,  e  in  questo  dop- 
pio signitlcato  rimase  nel  linguag- 
gio della  Santa  Sede  e  della  Cancel- 
leria di  Napoli  come  espressione 
delle  loro  pretese  sull'isola  sicilia- 
na anche  dopo  i  fatti  del  1282  ». 

In  fine  l'egregio  A.  torna  a  di- 
mostrare, con  la  rettifica  del  noto 
passo  di   Riccardo  di   S.  Germano: 


in  utraque  Sycla  (  rettifica  che  i 
dotti  hanno  adottata  già  da  qualche 
tempo),  che  lo  sdoppiamento  del- 
l' unico  Regno  di  Sicilia  in  Due  Si- 
cilie è  posteriore,  e  non  fu  che 
«  l'effetto  di  una  più  lunga  vicenda 
di  latti  storici,  di  una  più  profonda 
elaborazione  di  concetti  giuridici  >. 

S.  S.-M. 


Francesco  G-uardione.  Gioachino 
Murai  in  Italia.  {Con  carteggi 
e  documenti  insditi).  Palermo, 
Alberto  Reber,  i899.  In-16',  pp.203. 

11  libro  raccoglie  e  riassume  con 
amorevole  cura  le  notizie  delle  azioni 
di  Gioacchino  Murat  della  sua  prima 
comparsa  in  Italia  (1801)  e  poi  dal- 
l' ingresso  solenne  come  re  di  Na- 
poli (agosto  1808)  fino  alla  miseranda 
fine  al  Pizzo  (13  ottobre  1813).  Ma 
r  A.  si  ferma  specialmente  a  consi- 
derare l'eroico  e  sfortunato  guer- 
riero per  il  suo  tentativo  di  procla- 
mai'e  la  indipendenza  d' Italia  met- 
tendosi arditiimente  a  capitanare  la 
guerra  contro  1'  Austria  ;  tentativo 
che  non  riusci,  ma  che  dovea  essere 
fecondo  per  la  futura  indipendenza 
e  libertà  che  gì'  Italiani  stessi  tena- 
cemente vollero  e  compirono. 

La  parto  nuova,  che  farà  consul- 
tare questo  volume  del  Professor 
Guardione,  ò  il  corredo  di  trentuno 
documenti  quasi  tutti  inediti  ch'egli 
vi  aggiunge,  traendoli  principalmen- 
te dall'  Archivio  di  Stato  di  Palermo. 


BULLETTINO    BIBLTOGBAFICO 


681 


Essi  interessano  assai  per  i  minati 
particolari  che  danno  su  la  campa- 
gna murattiana  in  Italia  del  1801, 
su  la  tentata  impresa  delia  invasione 
di  Sicilia,  su  lo  sbarco  al  Pizzo  e 
la  tragedia  ivi  svoltasi. 

S.  S.-M. 


Francesco  Corridore.  Per  il  sog- 
giorno del  Murai  in  Corsica.  (In 
occasione  delle  ricerche  delle  sue 
ossa).  Torino,  Carlo  Clausen,  Li- 
braio delle  LL.  MM.  il  Re  e  la 
Regina;  i899.  In-S",  pp.  9. 

È  un  modesto  contributo  alla  sto- 
ria di  Gioacchino  Murat:  la  ripro- 
duzione di  un  proclama  a  stampa, 
in  foglio  volante,  emanato  a  15  set- 
tembre 1815  a  Hastia  dal  Cavaliere 
Vevrier,  Colonnello  del  Corpo  Reale 
dell'artiglieria  in  Corsica  e  provvi- 
soriamente Comandante  della  23"  Di- 
visione. 11  Verrier,  viste  le  entusia- 
stiche accoglienze  dei  Corsi  al  .Marat 
e  r  accorrere  a  lui  de'  già  militi 
suoi  e  di  Napoleone,  teme  che  il  pro- 
fugo ex-Re  voglia  allora  tentare  un 
colpo  di  mano  su  Bastia  e  signoreg- 
giare la  Corsica;  e  pertanto  afforza 
la  città  ed  avvisa  i  Maires  ed  i  cit- 
tadini eh'  egli  tratterà  come  ribelli 
e  fuori  legge  gli  accorrenti  a  Ve- 
scovato presso  il  Principe,  ch'egli 
chiama  semplicemente  signor  Murai 
e  Genio  malefico. 

S.  S.-M. 


Monografia  del  Comune  di  Santa 
Ninfa  per  V  Arciprete  Mariano 
Acoardi.  Castelvelrano,  Lorenzo 
Sellimo  Lentini  ed.  tip.  ;  i899. 
In-S»,  pp.  44. 

È  utile  si  sappia  che  1'  A.  di  que- 
sta monografia  è  morto  di  recente 
e  ch'essa  vien  fuori  per  opera  d' un 
amico,  senza  ch'abbia  ricevuto  l'ul- 
tima revisione  né  il  completamento 
in  tutte  le  sue  parti.  Pur,  cosi  co- 
m'  è,  noi  vi  apprendiamo  in  suc- 
cinto e  su  la  scorta  di  documenti 
di  Archivio  (che  vengono  solamente 
citati),  che  Santa  Ninfa  sorse  per 
opera  di  Luigi  Arias  Giardina  nel- 
r  antico  feudo  di  Rabbinseri  ,  che 
egli  acquistò  nel  1605,  e  che  la  licen- 
za di  popolare  ella  ottenne  dal  Vice- 
ré al  1609.  Il  nome  al  Comune  venne 
dalla  Santa  clie  era  allora  Patrona 
di  Palermo  e  della  quale  l'Arias 
era  devotissimo.  Sono  con  preci- 
sione indicate  le  successioni  del  ba- 
ronale dominio,  dal  suddetto  Luigi 
Arias  Giardina  che  fu  il  primo  Mar- 
chese (1621)  fino  a  Giuseppe  Napoli 
e  Bonfiglio  di  Resultano,  ulluno  Si- 
gnore per  l'abolizione  dei  diritti  ed 
usi  feudali  in  Sicilia  (1812)  ;  e  così  le 
vicende  della  popolazione ,  che  dal 
numero  di  67'J  che  contava  al  1621 
é  venuta  man  mano  a  7451  secondo 
l'ultimo  censimento  del  1881.  Ven- 
gono per  ultimo  accennate  le  bene- 
merenze di  parecchi  cittadini  di 
Santa  Ninfa,  le  sue  condizioni  agri- 
cole, industriali,  economiche  ecc. 

S.  S.-M. 


682 


BtTLLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


Doli.  Angelo  Licitra.  Studio  su  la 
vita  e  su  le  opere  di  Giovanni- 
Battista  Odierna  Astronomo-Ma- 
tematico e  Naturalista  Ragusa- 
no. Ragusa,  Tip.  Piccitlo  e  An- 
toci,  i899.  In  8°,  j.p.  184,  col  ri- 
tratto dell'Odierna  in  fototipia. 

J^'  A.  si  propone  di  dare  nn  la- 
voro fondamentale  su  la  vita  e  le 
opere  dell'  Odierna  ,  facendolo  pre- 
cedere da  un'edizione  critica  di  tutte 
le  opere  del  grande  scienziato,  la 
più  parte  delle  quali  sono  inedite  o 
rare.  Intanto  per  ora  ci  dà,  in  que- 
sto libro,  come  un  saggio  del  lavoro 
che  va  preparando  :  il  Calaìo(/o  ero- 
nologico-bibliografico  delle  opere  del- 
l'Odierna,  così  le  stampate  come  le 
manoscritte;  un  Saggio  di  una  ras- 
negna  bibliografica  odierniana  ;  nu- 
mero Vili  Documenti  relativi  alla 
vita  di  G.  B.  0.  ;  la  Biografia  di 
questi,  oltre  ad  un'appendice  rife- 
renlesi  a  questioni  sull'argomento. 

L'A.,  eh' è  al  .^uo  primo  lavoro 
di  critica  storico  -  scientifica,  va  un 
po'  impacciato  ed  insicuro;  tuttavia 
ci  fornisce  più  completamente  che 
altri  e  con  maggior  diligenza  e  co- 
noscenza le  notizie  snlla  vita  e  su 
le  opere  deirodierna,  il  quale  se  con 
nn  po'  d'iperbole  venni;  detto  il 
Galilei  dì  Sicilia  ,  fu  senza  dubbio 
uno  scienziato  versatile,  acuto  d' in- 
gegno, dotto,  che  8'  elevò  al  disopra 
de*  contemporanei  della  sua  isola, 
specialmente  pell'astronomia.  E  co- 
me astronomo  e  come  matematico 
e  come  naturalista  il  Licitra  lo  il- 
lastra convenieutemente,  dimostran- 


do ad  evidenza  quanto  ed  in  che 
modo  ei  contribuì  al  progresso  della 
scienza;  cosa  tanto  più  degna  di  am- 
mirazione, in  quanto  che  é  a  consi- 
derare essere  1'  Odierna  restato  qua- 
si tutta  la  vita  confinato  in  minu- 
scolo Comune  e  lontano  dai  grandi 
centri,  con  scarsissimi  strumenti  e 
mezzi  di  studio. 

S.  S.-M. 


Gabriele  Buccola.  Lettura  di  Fran- 
cesco Quardìone.  Palermo,  Al- 
berto Reber  (1899).  In-I6",  pp.  24. 

Questa  commemorazione  del  Buc- 
cola, forte  intelletto  che  diede  splen- 
didi frutti  in  giovanissima  età  e  che 
avrebbe  recato  indubbiamente  altis- 
simo onore  alla  Patria,  fu  letta  dal 
Prof  Guardiono,  a  15  maggio  1898 
nella  solenne  onoranza  che  il  Co- 
mune di  Ml'zzojuso  ,  patria  del  ge- 
niale scienziato,  volle  tributargli, 
murando  una  lapide  marmorea  nella 
casa  ov' ei  nacque  ed  intitolando  a 
Lui  la  strada. 

Del  Bn.ccola  si  riassumono  con 
ammirazione  i  meriti  scientifici  e 
morali  e  si  traccia  la  breve  vita. 

S.  S.-M. 


Sul  titolo  di  Duca  di  Montalbo.  Ap- 
punti e  documenti  per  Antoni- 
no Mangro  di  Casalgerardo,  Fa- 


BULLETTINO    BTBLTOORAVIOO 


683 


lermo,  Alberto  Reber;  i899.  ln-8', 
pp.  60. 

L'A.  per  venire  alla  dimostra- 
zione che  il  titolo  (li  Duca  di  Mon- 
talbo  si  appartiene  a  Maria  Felice 
Sammartino,  come  quella  che  riu- 
nisce in  sé  «  tutte  le  qualità  essen- 
ziali volute,  per  succedere,  dal  pri- 
mo quesitore  del  titolo  suddetto  », 
esamina  in  quest'opuscolo  la  natura 
del  fidecommesso  e  chi  potea  sta- 
bilirlo ecome,  e  se  l'abolizione  della 
feudalità  e  dei  tidecommessi  in  Si- 
cilia abbia  mutate  le  condizioni  di 
trasmissibilità  dei  titoli  nobiliari. 

Con  studio  accurato  e  eoa  l'ap- 
poggio de'  documenti  il  Mango  vie- 
ne alla  conclusione  :  che  le  coadi- 
zi(<ni  di  trasmissibilità  de'  titoli  non 
sono  punto  mutate  tra  noi ,  e  però 
devfsi  ricorrere  all'  intuito  alle  an- 
tiche regole  feudali. 

S.  S.-M. 


Usi,  Credenze.,  Proverbi  e  Racconti 
popolari  di  Isnetlo  raccolti  ed 
ordinali  dal  Prof.  Sac.  Cristo- 
foro Q-risanti.  Palermo,  Alburlo 
lieber,  i899.  ln-16°,  pp.  VI,  250. 

Questo  libro  ,  abbenché  un  po' 
scucito  tra  le  varie  suo  parti  e  non 
condotto  con  un  intento  determinato 
iiettanjente,  tuttavia  riesce  a  richia- 
mare l'attenzione  degli  studiosi  del 
folklore,  dell'  etnografia  e  della  sto- 
ria economica  ed  industriale  della 


Sicilia.  È  un  contributo  assoluta- 
mente locale,  ma  necessario  e  di 
non  lieve  interesse,  perché  da'  sin- 
goli contributi  si  ottiene  poi  la  cono- 
scenza completa  degli  usi  con  le 
relative  varietà,  delle  condizioni  ci- 
vili e  morali  ed  economiche  di  tutta 
la  popolazione  dell'  Isola. 

Precipuamente  importanti  e  no- 
tevoli sono  i  capitoletti  che  danno 
conoscenza  ,  per  succinta  che  sia, 
delle  produzioni  ed  industrie  pasto- 
rizie ed  agrarie,  delle  industrie  e 
convenzioni  contadinesche,  delle  con- 
dizioni morali  e  delle  usanze  de' 
contadini  nelle  varie  vicende  della 
vita  e  liete  e  tristi;  ma,  ripeto,  son 
piccoli  contributi  locali  anche  que- 
sti ,  che  r  A.  avrebbe  potuto  illu- 
strare più  completamente  e  più  esat- 
tamente se  avesse  conosciute  altre 
pubblicazioni  sull*  argomento,  eh'  ei 
non  ha  viste.  Tuttavia  lodiamo  il  li- 
bro e  ne  auguriamo  la  diffusione, 
anche  perché  così  l'A,  eh' è  ano 
studioso  diligente,  possa  aver  l'agio 
di  tornarvi  su. 

S.  S.-M. 


Ttelazione  suW andamento  economi- 
co finanziario  ed  interno  dell'  0- 
spizio  di  Beneficenza  della  Pro- 
vincia di  Palermo ,  presentata 
dal  Doti.  Ferdinando  Lo  Oa- 
soio  Presidente  di  detto  Ospizio 
al  Consiglio  Provinciale  di  Pa- 
lermo (Seduta  del  i4  Agosto 
i899).  Palermo,  Stab.  Tip.  A. 
Giannitrapani ,    Via  Macqueda 


684 


BULLETTTNO    BIBLIOGKAFIOO 


i04.    Palazzo    Comi'ini ,    i899. 
In-*»,  pp.  30,  4. 

Questa  Relazione,  riassumendo 
sommariamente  le  più  importanti 
notizie  che  riguardano  la  vita  am- 
ministrativa ed  il  regime  interno 
dell'  Ospizio  di  Beneficenza  di  Pa- 
lermo negli  ultimi  cinque  lustri,  ci 
fornisce  insieme  per  via  indiretta 
la  storia  dell'  Ospizio ,  le  vicende 
che  questo  ha  subite  dal  suo  inizio 
ai  dì  nostri ,  le  difficoltà  di  vario 
genere  che  ha  dovuto  superare,  per 
giungere  allo  stato  di  miglior.imento 
e  di  importanza  e  stabilità  in  cui 
oggi  si  trova. 

L'A. ,  con  opportune  e  sonnate 
considerazioni  dettate  dalla  espe- 
rienza, va  esponendo  la  condizione 
dello  insegnamento  di  arti  e  me- 
stieri e  letterario  che  nell'Ospizio 
si  imparte,  i  vantaggi  economici  e 
morali  ottenuti ,  e  gli  altri  che  si 
sperano.  Tutto  ciò  (é  giusto  consta- 
tarlo) é  dovuto  alla  attivila  ,  allo 
zelo,  all'amore  costante  e  disinte- 
ressato dell'Amministrazione  del- 
l' Ospizio  ed  in  ispecial  modo  del 
Dott.  Lo  Cascio,  che  1'  opera  iniziata 
da'  suoi  predecessori  ha  saputo  de- 
gnamente continuare  e  perfezionare. 

S.  S.-M. 


O.  Romano-Oatania.  D'  un  nuono 
libro  scientifico  xopra  G .  Leo- 
pardi. Palermo,  Alberto  Reber, 
1899.  In-16»,  pp.  55. 

A  questo  volumetto   ha  dato  oc- 
cuione  il  libro  del  Sergi  :  Leopardi 


al  lume  della  Scienza,  nel  quale, 
seguendosi  la  ben  nota  teoria  am- 
brosiana che  il  genio  è  una  psicosi 
degenerativa,  si  conclude  per  la  de- 
generazione intellettuale  del  sommo 
ed  infelice  Recanatese  rimasto  fan- 
ciullo per  arresto  di  sviluppo  nel- 
r  organo  della  percezione.  Il  Roma- 
no-Catania, medico  e  letterato,  esa- 
mina e  confuta  il  libro  del  Sergi 
con  stringata  critica,  affiancata  dalla 
logica  e  sopratutto  dalla  scienza,  ed 
in  forma  garbata  e  con  argomenti 
ed  esempi  tratti  dalle  opere  dal  Leo- 
pardi stesso,  viene  a  dimostrare 
nettamente  come  in  questi  la  visio- 
ne mentale  non  era  offuscata,  e  che 
non  é  dalla  malattia  che  nascono  i 
fiori  della  salute ,  né  da  un  epilet- 
tico si  ha  la  potenza  di  dirigere  e 
concentrare  l'attenzione  e  di  espli- 
care le  nobili  ed  alte  idee. 

La  difesa  del  Leopardi  contro  le 
esagerazioni  dei  psico-antropologi  è 
fatta  con  abilità,  con  dottrina  e  con 
affetto,  e  ce  ne  rallegriamo  con  il 
collega  Dott.  Romano-Catania. 

S.  S.-M. 


Bmile  Bertaux.  franta  Maria  di 
Donna  Regina  e  l'arte  senese  a 
?!apoli  nel  secolo  XIV.  Napoli, 
R.  Stabilimento  tipografico  Fran- 
cesco Giannini  e  Figli.  MDCCC- 
XCIX.  In-4",  pp.  X,  i7\  con  XI 
tavole  in  fototipia. 

Questo  volume,  che  fa  parie  de' 
€  Documenti  per  la  storia  e  per  le 
arti  e  le  industrie  delle  Provincie 


BULLRTTINO    BIBLIOGRAFICO 


685 


napoletane»   editi  dalla  Società  na-  perti  da  lieve  intonaco,   fortnnata- 

poletana   di   Storia  patria  ,  è  vera-  mente  son  ritornati  in  luce  e  si  son 

mente   notevole   e  splendido    sotto  potuti  in  gran  parte  salvare.  Que- 

tutti  gli  aspetti.  sti  affreschi    furon   condotti   tra  il 

Con  erudizione  e  scienza  sicura  1320  ed  il  1340,   e  sono  veramente 

e  competenza  singolare,  1'  A.  studia  importanti  e  per  la  storia   civile  e 

ed  ampiamente  illustra  in  ogni  sua  per  la  storia  dell'  arte   sopratutto  : 

parte  la  chiesa    di   Santa    Maria  di  appartengono,   come  l'A.  dimostra 

Donna  Regina,  un  vero  gioiello  d'ar-  con  dottr^  :  serrat;*  critica,  ad  una 

te  che  per  poco  non  andò  vandali-  scuola  di  pittori  toscani  formati  alla 

camente  distrutto  ai  di  nostri  e  che  disciplina  senese,  che  non  ha  niente 

ora  il  Municipio  di  Napoli,  con  lo-  della  giottesca,  e  che  rappresentano 


devole  ravvedimento ,  pensa  di  tu- 
telare. 

Il  Bertaux,  su  la  indiscutibile 
base  de'  documenti,  eleva  la  storia 
dell'insigne  monumento,  dimostran- 
do come  già  fin  dal  secolo  VII  esi- 
stesse un  cenobio  di  basiliane  col 
titolo   di    San  Pietro   del   Monte  di 


la  tradizione  di  Duccio  modificata 
press'  a  poco  come  fu  da  Pietro  Lo- 
rénzetti.  11  mausoleo  di  Maria  d'Un- 
gheria entro  la  stessa  chiesa  è  opera 
pur  d'un  celebre  senese:  Tino  di 
Camaino. 

Il  volume  si  chiude  con  la  illustra- 
zione delle  opere  d'arte  del  quattro- 


Donna  Regina  ;  che  al  secolo  IX  esso  cento  e  cinquecento  che  si  trovano 

passava  all'ordine   benedettino  as-  in  S.' Maria  di  Donna  Regina  ;  scul- 

snmendo  il  nome  di  Santa  Maria  di  ture  e  statue  funerarie,  soffitta,  af- 

Donna  Regina ,   e  poi ,   intorno  al  freschi,  ecc. 


1237,  passava  ancora  all'  ordine  di 
Santa  Chiara.  Sconquassato  dal  ter- 
remoto del  1293,  esso  veniva  poco 
appresso  ricostrutto  per  opera  della 
regina  Maria  d'Ungheria  moglie  di 
Carlo  li  d'  Angiò,  e  la  fabbrica,  co- 
minciata al  1298,  non  compievasi 
che  al  1320.  Cosi ,  dentro  al  nuovo 
monastero,  sorse  la  mirabile  chiesa 
che  r  A.  ora  illustra  e  che  era  stata 
abbandonata  e  dimenticata  perché 
nel  sec.  XVII  le  monache  pensarono 
di  erigerne  una  nuova  limitrofa. 

Dell'  antica  chiesa  l' A.  fa  cono- 
scere prima  l'architettura  ;  indi  pas- 
sa a  illustrare  minutamente  i  gran- 


S.  S.-M. 


Piero  Barbèra.  Impressioni  ar- 
gentine da  un  recente  viaggio. 
Estratto  dalla  Nuova  Antologia, 
Fascicolo  i°  ottobre  1899.  Roma, 
Direzione  della  Nuova  Antologia, 
Via  S.  Vitale,  n.  7.  1899.  In  8% 
pp.  27. 

Col  modesto  titolo  di  Impressio- 
ni il  Barbèra  ci  fornisce   una  rela- 
zione succinta  ma  importantissima 
su  r  Argentina   e   su    le  condizioni 
diesi  mirabili  affreschi  che,  già  co-    degli  emigrati  italiani,  che  ivi  rap- 
are*. Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  44 


686 


BOLLETTINO    BIBLIOaBAPlOO 


presentano  la  parte  più  numerosa 
e  più  importante  fra  gli  emigranti 
di  altre  nazionalità  e  che  sorpasse- 
ranno forse,  fra  qualche  generazio- 
ne, gli  stessi  indigeni. 

L'A.  stadia  e  fa  apprezzare  le 
scuole  italiane  ivi  esistenti ,  le  in- 
dustrie, le  oflacine,  le  condizioni  ge- 
nerali e  speciali  della  colonia,  e  fa 
considerazioni  sennatissime  e  pro- 
poste degne  di  tutta  l'attenzione. 
E  poiché  oggi  disgraziatamente  la 
emigrazione  italiana  non  si  può  evi- 
tare, l'A.  incita  il  Governo  nostro 
a  intervenire  per  disciplinarla,  di- 
rigerla, tutelarla;  e  dimostra  che 
per  ragioni  di  clima  e  di  razza  e 
di  numero,  e  di  politica  sopratutto, 
la  più  razionale  corrente  emigra- 
toria e  che  merita  incoraggiamento 
è  quella  diretta  al  Piata ,  la  regio- 
ne sudamericana  cui  è  riserbato  il 
più  lieto  avvenire  ed  indubbiamente 
la  egemonia  sulle  regioni  vicine. 

Ma  i  savj  suggerimenti  del  Bar- 
bèra saranno  ascoltati  là  dove  sì 
puote  e  non  sempre  si  vuole  il  buo- 
no e  r  utile  ? 

S.  S.-M. 


Francesco  Oorridore.  La  Marina 
Militare  sarda.  (Un  secolo  fa). 
Torino,  Carlo  Clausen ,  Libraio 
delle  LL.  MM.  il  Re  e  la  Regi- 
na; i899.  In-8%  pp.  20. 

Giovano  alla  storia  della  marina 
militare  italiana  queste  brevi  no- 
tiiie  raccolte  dall'  egregio  sig.  Cor- 


ridore su  la  marina  sarda  di  un  se- 
colo fa,  che  fu  il  primo  nucleo  della 
moderna  del  Regno  subalpino  pas- 
sata poi  al  Regno  d' Italia.  Fu  in- 
stituita  precisamente  al  1799 ,  con 
due  mezze- galere  ,  un  brigantino, 
quattro  galeotte ,  quattro  gondole 
corsali  ed  uno  sciabecco.  Il  Corri- 
dore, su  documenti  inediti,  ne  fa 
conoscere  la  organizzazione,  la  pri- 
ma crociera  fatta,  il  piano  di  rifor- 
ma per  migliorarla  ed  accrescerla. 


S.  S.-M. 


Erminia  Bordiga.  Cenni  storici 
sul  Reale  Educatorio  Maria  Ade- 
laide ,  Palermo ,  Tipografia  del 
Giornale  di  Sicilia,  i899,  in  8°, 
pp.  76  oltre  l'Indice. 

Questo  lavoro  ,  compreso  in  76 
pagine,  contiene  più  di  quello  che 
il  suo  modesto  titolo  sembra  pro- 
mettere ;  imperocché  non  son  Cenni 
storici  quelli  che  ci  dà  la  esimia 
autrice,  ma  é  la  storia  completa 
dell'Educatorio  Maria  Adelaide,  sto- 
ria che  a  mio  avviso  ha  la  sua  non 
lieve  importanza;  che  la  storia  de- 
gl'  Istituti  d' istruzione  e  di  educa- 
zione che  fioriscono  in  un  paese 
rappresentano  la  civiltà  del  paese 
medesimo. 

L'Educatorio  succennato,  infatti, 
gareggia  coi  migliori  d' Italia  ;  ma 
per  arrivare  al  posto ,  cui  oggi  è 
pervenuto,  dopo  scorso  più  clie  un 
secolo,  a  quante  vicende  ha  dovuto 


BULLETTINO    BIBLIOGRAPIOO 


687 


sottostare,  quante  e  quali  contra- 
rietà ha  dovuto  superare ,  quanta 
fermezza  ,  quanto  zelo  ,  quanta  co- 
stanza han  dovuto  mostrare  coloro 
che  sono  stati  preposti  alla  direzione 
dello  stesso  ! 

E  queste  vicende  ha  voluto  nar- 
rare la  sig."  Bordiga,  che  da  ben  16 
anni  n'é  la  Direttrice.  Donna  di  cul- 
tura non  ordinaria ,  informata  a' 
principi  di  saggia  educatrice,  con- 
scia de'  doveri  inerenti  al  suo  dif- 
ficile e  delicato  ufficio,  lieta  della 
posizione  in  cui  si  trova  ,  ama  di 
amor  vivo  e  sincero  quest'isola  be- 
nedetta e  lo  Istituto  alle  cure  di  lei 
affidato.  Non  é  da  meravigliare  per- 
tanto s'  ella  spieghi  tutto  il  suo  im- 
pegno e  tutta  la  sua  influenza  per- 
ch'  esso  progredisca  sempre  più  e 
raggiunga  quello  ideale  da  lei  tanto 
vagheggiato. 

Ond'  è  che  a  questo  vivissimo 
affetto  di  lei  si  deve  il  lavoro  di 
cui  si  fa  cenno  in  questo  periodico, 
lavoro  che,  seguendo  i  suggerimenti 
del  Dott.  Pitré,  Presidente  dell'Edu- 
catorio ,  ella  intraprese  e  portò  a 
compimento,  dopo  non  poche  ricer- 
che di  documenti  eseguite  in  que- 
sto Archivio  di  Stato. 

Il  lavoro  procede  ordinato;  é  di- 
viso in  sette  capitoli,  in  ognuno  de' 
quali  come  in  un  quadro  son  deli- 
neati e  la  fondazione  (12  ottobre  1449) 
e  1'  assegnazione  fatta  all'  Istituto, 
e  l'apertura  di  esso,  le  controversie 
e  gli  ostacoli  superati ,  le  varie  ri- 
forme ,  gli  avvenimenti ,  insomma, 
che  nel  corso  di  più  che  un  secolo  vi 
si  sono  svolti,  e  nell'esporre  siffatti 


avvenimenti  o  lieti  o  tristi  non  tra- 
scura l'egregia  scrittrice  di  descri- 
vere come  e  quanto  essi  influissero 
sulla  istruzione  e  sulla  educazione 
delle  giovanetto.  Un'  Appendice  in 
fine,  ove  son  raccolti  11  documenti 
che  servono  ad  affermare  ciò  che 
sta  scritto  nel  testo,  chiude  il  pre- 
gevole volumetto. 

11  lavoro,  oltreché  ordinato,  è 
scritto  in  istile  semplice  nò  privo 
di  eleganza;  questo  talora,  secondo 
si  presenti  il  caso,  si  eleva  quando 
la  scrittrice  ha  l'opportunità  di  ma- 
nifestare i  suoi  intendimenti  edu- 
cativi e  di  morale;  e  il  cuore  di  chi 
legge  non  può  non  restar  commosso, 
alle  volte,  per  la  soavità  dell'affetto 
materno  e  per  i  nobili  sentimenti 
che  campeggiano  in  questo  per  quan- 
to modesto  altrettanto  prezioso  la- 
voro. 

G.  L. 


Paolina  Alitano  Maestra  di  gra- 
do superiore  normale.  La  vita  di 
Vittorio  Emanuele  II  narrata  alle 
giovinette  italiane.  Palermo ,  Tip. 
F.  Barra  vecchia  e  Figlio,  1899.  In-iS" 
pp.  97. 

Dott.  Antonino  Amico-Mantla. 
L'  amore  e  le  rime  di  Michelangelo 
Buonarroti.  Trapani,  Tipografia  Fra- 
telli Messina  e  C."  Successori  Mo- 
dica-Romano;  1899.  In-8",  pp.  34. 

Sull'autonomia  universitaria.  Di- 


688 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


scorso  del  Deputato  Arcoleo  pro- 
nunziato alla  Camera  dei  Deputati 
nella  tornata  del  18  marzo  1899.  Ro- 
ma, Tipografia  delia  Camera  dei 
Deputati  ;  1899.  /n-i6-,  pp.  30. 

Dalle  Folhas  caidas  di  Almeida 
Garret,  nel  1»  centenario  delia  sua 
nascita.  Versi  recati  in  italiano  dal- 
l' Editore  dei  Sonetti  completi  di 
Anthero  de  Qnental.  Edizione  di  150 
esemplari  oltre  sei  numerati  in  carta 
di  filo.  Messina;  Tipografia  del  Tra- 
duttore extra  moenia  ;  t899.  IniG", 
pp.  40.  {Traduttore  è  il  valente  poe- 
ta messinese  Tommaso  Oanniz- 
zaro). 

Studii  bio-bibliograflci  marsalesi. 
Fas.  2'  Dott.  Can.  Bartolomeo  Lom- 
bardo. P.  Salvatore Oolicchia  nella 
storia  sua  civile  e  letteraria.  Mar- 
sala, Tipografia  di  Giacomo  Marto- 
glio ,  Via  Curatolo  4-6  ;  1900.  In-S" 
picc.,  pp.  24. 

Francesco  Corridore.  11  pi  imo 
atto  politico  di  Filippo  li,  in  fasore 
del  Regno  di  Sardegna.  Cagliari, 
Tipo-Ut.  Edit.  Meloni  e  Vitelli  ;  1899. 
In-S",  pp.  XI  y.  {Nozze  ludica-Mo- 
dica). 

Storia  della  Nobiltà  di  Genova 
di  Qirolazno  P.  De  Ferrari.  Estrat- 
to dal  ■  Giornale  Araldico  • ,  Anno 
XXV  ;  n.  2,  3,  4,  5,  6,  7.  Hari  1898. 
Prenso  la  Direzione  del  Giornale 
Araldico,  Corao  Vittorio  Rma ane- 
le, 81.  /n-8»  gr.y  pp.  /V,  93. 


Gr.  Galatti.  La  rivoluzione  e 
r  assedio  di  Messina  (1674-78).  Stu- 
dio storico-critico  da  fonti  sincrone 
in  gran  parte  inedite.  Terza  edizione 
rifatta  ed  accresciuta.  Messina,  Ti- 
pografia editriceNicotra,  Via  II  San- 
ta Caterina,  12;  1899.  In-8'',pp.  IV, 
XXIV,  342. 

Raccolta  Voltiana  edita  per  cura 
della  Società  Storica  Coraense  o  del 
Comitato  Esecutivo  per  le  Onoranze 
a  Volta.  --  Q-iovanni  Gemelli  :  Ge- 
nealogia ed  Arm;t  Gentilizia  della 
Famiglia  Volta.  Com(' ,  Tipografia 
editrice  Ostinelli  di  Bertolini  Nani 
e  C.  ;  1899.  In-8°  gr. ,  con  due  ta- 
vole in  cromolitografia. 

Prof.  Francesco  Genovesi.  Pin- 
zannu  è  puvireddi.  Sunetti  nutiscia- 
ni  di  Oicciu  Ginuvisi.  (Edizione 
Numerata).  Avola,  Tip.  Eugenio  Piaz- 
za ;  1899.  /n-f6°,  pp.  10. 

Duca  di  Gualtieri.  L'evoluzione 
democratica  delle  istituzioni  ingle- 
si. 1899.  Roux  Frassati  e  C.»  Editori, 
Torino.  In-S",  pp.  340.  (Di  questo 
volume  sarà  detto  in  un  prossimo 
fascicolo). 

Francesco  Guardione.  Crona- 
che e  Storie  in  Sicilia  nei  secoli  XVI 
0  XVII  in  rapporto  alle  vicende  po- 
litiche. Palermo,  Alberto  Reber,  1899. 
ln-8*  picc,  pp.  36. 

Papstnrkunden  in  Sizilien.  Uber 
die  Papstnrkunden  fiir  S.  Maria  de 
Valle  Josaphat.  Von   P.  Kehr.  Aus 


BULLETTINO    BIBLIoaRAFICO 


den  Nachricten  der  K.  Gesellschaft 
der  Wissenschaften  zu  Góttingen, 
Philologisch-historiche  Klasse.  1899. 
Hefl  3.  In-8\  pp.  86,  oltre  la  co- 
perla  che  reca  il  titolo  surriferito 
{la  numerazione  é  quella  del  Gior- 
nale :  283-368). 

Sul  servizio  di  beneficenza  al 
Municipio  di  Palermo.  Relazione  al 
Sindaco  Comm.  M.  Amato-Pojero  Se- 
natore del  Regno  (in  occasione  del 
IV  Congresso  Nazionale  delle  Opere 
Pie  in  Torino).  Palermo ,  Stabili- 
mento Tipografico  Virzi:  1898.  In-8° 
gr.,  pp.  76.  (QuesC  accurata  Rela- 
zione è  scritta  dal  Prof.  Fran- 
oesoo  La  Colla). 

Sull'autonomia  universitaria.  Di- 
scorso del  Deputato  Lampiasi  pro- 
nunziato alla  Camera  dei  Deputati 
nella  seduta  dell'  11  marzo  1899. 
Roma,  Tipografia  della  Camera  dei 
Deputati  ;  1899.  In-i6%  pp.  24. 

Q-iuseppina  Lippert  von  Gran- 
bergr.  Sicauia.  Prima  versione  dal 
tedesco  per  Q.  Zuppone  Strani, 
con  liriche  liminari  di  Or.  Pascoli 
e  T.  Oannìzzaro.  Mrenze  Tipo- 
grafia di  G.  Barbèra.  1899.  la-ie", 
pp.  XXV IH,  i39. 

Luigi  Maria  Majorca  Mortil- 
laro,  Conte  di  Francavilla.  Venti- 
tré medaglie  borboniche  napoletane 
commemorative,  con  prefazione  di 
Luigi  Antonio  Villari.  Estratto  dal- 
la Biblioteca.  Italiana  Rivista  della 
Stampa  e  della    Coltura ,  Anno  IV, 


N.  1 1-12.  Pitigliano,  Premiato  Stabi- 
limento tipografico  della  Lente  di 
Osvaldo  Paggi  ;  1899.  In-8'  gr. , 
pp.  61 ,  oltre  a  pp.  54  innumerate 
(Appendice);  con  VII!  tavole  in  fo- 
totipia. 

Il  •  De  arenae  numero  »  di  Ar- 
chimede, versione  di  A.  Mancini. 
In-8".  pp.  io.  Estratto  dal  Pitagora, 
Anno  Y,  nn.  2,  4  e  5, 

Indice  generale  per  materie  degli 
Atti  del  Cosniglio  Provinciale  di  Pa- 
lermo dall'anno  1861  al  1897,  pre- 
ceduto da  varie  Tavole  di  notizie, 
a  cura  del  Cav.  O-iuseppe  Meli  Se- 
gretario Capo  della  Deputazione  Pro- 
vinciale. Palermo,  Stab.  tip.  A.  Gian- 
nitrapani,  Via  Macqueda  104.  Palazzo 
Comitini  :  1899.  In-4%  pp.  VI,  i62. 

Nozze  Laba te-Contestabile  XXIX 
maggio  MDCCCXCIX.  In-S"  gr.,  pp. 
75.  E  stampato  a  Trani.  Tipografia 
V.  Vecchi,  1899.  {Contiene  lo  scritto 
di  Q-.  Romano  di  cui  ci  occupiamo 
nel  presente  Bullettino;  altro  di 
Q.  Sanna  su  d'  Uno  Statuto  sun- 
tuario messinese  del  1272,  ed  un 
terzo  di  Q-.  Petragrlione  su  L' in- 
troduzione della  stampa  in  Lecce). 

Suir  autonomia  universitaria.  Di- 
scorso del  Deputato  Palizzolo  pro- 
nunziato alla  Camera  dei  Deputati 
nella  tornata  del  di  11  marzo  1899. 
Roma,  iipografia  della  Camera  dei 
Deputati;  1/1-16",  pp.  21. 

Dott.  Michele   Pinna.  L' Archi- 


é90 


«ULLBTTINO   B1BLI0ÓRA7I0Ó 


vio  del  Duomo  di  Cagliari.  Edizione  dello  Scanderbeg,  3.  I  Capitoli  con- 
dì 200  esemplari  a  spese  dell'  Auto-  cessi  da  Carlo  V  alla  città  di  Cotro- 
re.  Cagliari-Sassari,  Premiato  Stab.  na  nel  1536.  Seconda  edizione.  Mes- 
tipogratìco  E.  Dessi  :  1899.  ln-4'\  sina,  Libreria  editrice  Ant.  Trimar- 
pp.  221.  chi  ;  1899.  In-S",  pp.  40. 


La  Feudalità ,  Federico  II  svevo 
e  i  Comuni  siciliani.  Lettura  fatta 
alla  R.  Accademia  di  Scienze,  Let- 
tere ed  Arti  il  20  Giugno  1897  dal 
socio  Fedele  Pollaci  Nuccio.  E- 
stratto  dal  voi.  V  della  3"  Serie  de- 
gli Atti  della  R.  Accademia.  Palermo, 
Tipografia  F.  Barra  vecchia  e  Fi- 
glio; 1«98.  In-8'>  gr.,  pp.  39. 

Les  Portai  dans  le  Capitoulat  de 
Toulouse;  pièces  justiflcatives  pu- 
bliées  par  Emmanuel  Portai  Che- 
valier  et  Commandur  de  plusieurs 
ordrea,  Olficier  d'Académie,  Déló- 
gué  general  du  Conseil  héraldique 
de  Franco,  Correspondant  de  l' Aca- 
dómie  royaie  héraldique  italienne, 
Membre  de  la  Commission  héral- 
dique de  Sicile.  Bari,  A  la  Direction 
du  «Giornale Araldico  »;  1899.  In-S' 
gr.,  pp.  4. 

Regolamento  per  le  adunanze  del 
Consiglio  Comunale  della  città  di 
Palermo.  Approvato  con  delibera- 
zione consiliare  del  3  marzo  1899, 
visUto  dal  Prefetto  il  24  detto.  Pa- 
lermo, Stabilimento  Tipografico  Vir- 
z\  ;  1899.  In-8°,  pp.  17. 

Q.  Romano.  Bricciche  di  Storia 
Calabrese.  Serio  I.  1.  Eretici  in  Ca- 
labria nel  secolo  XIV.  2.  Un  Capi- 
tano calabrese  in  Albania  al  tempo 


...orenzo  Salazar.  Storia  della 
Famiglia  Salazar.  Estratto  dal  Gio?-- 
nale  Araldico,  N.°  il.  Bari  1898, 
Presso  la  Direzione  del  Giornale 
Araldico ,  Corso  Vittorio  Emanue- 
le, 81.  In-8^  gr..  pp.  lY.  25. 

Rosario  Salvo  di  Pietraganzili. 
L'Agricoltura  siciliana,  le  industrie 
e  il  Consorzio  Florio.  Palermo  Ti- 
pografia E.  Bondì  e  G.,1899.  In-lS", 
oblungo,  pp.  16. 

Filippo  Seves.  Tre  Novelle  po- 
polari piemontesi.  Pinerolo,  Tipo- 
grafia Sociale  ;  1898.  In-ie",  pp.  20. 
{Nozze  Campogrande- Bonino). 

G.  B.  Siragusa.  La  proprietà 
ecclesiastica  secondo  Dante.  Firenze, 
Leo  S.  Olschkl,  editore  j  1899.  ln-8^ 
gr.y  pp.  il. 

Di  un  distico  siculo-bizantino  in 
Cefalù.  Per  Vincenzo  Strazzulla. 
/n-«»,  pp.  11. 

Alfirernon  Oharles  Swinburne. 
L'Inno  dell'uomo  (mentre  a  Roma 
sedeva  il  Concilio  Ecumenico)  tra- 
duzione di  Q-.  Zuppone  -  Strani. 
Edizioni  dell'  Iride ,  Genova.  {Spe- 
zia ,  Tip.  F.  Zappa ,  1899.  In-lS''^ 
pp.  23. 


BULLETTIIfO   BlfiLIOORAFIOO 


6di 


Don  Luigi  Tosti  Abate  cassine- 
se.  Opere  postume.  Prose  e  Poesie. 
Tipografia  di  Montecassino,  1899. 
Jn-S",  pp.  343  ;  con  ritrailo  del  To- 
sti in  fololipia  e  facsimile  della  sua 
scrittura. 


In  morte  di  Cecilia  Certa  Berton, 
Vedova  Baldovino.  Ragusa,  Tip.  Pic- 
citto  e  Antoci  ;  1899.  In-S"  ablungoy 
pp.  16  (stampale  solo  nelle  pagine 
dispari).  V  A.  é  Luigri  Vitali. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

(Atti  di  Accademie,  Società  Scientifiche,  di  Storia  Patria,  etc,  etc.) 
inviate  alla  «  Società  Siciliana  di  Storia  Patria  ». 

(coni.  V.  Arch.  Stor.  Sic,  Voi.  XXDI,  p.  317  e  616). 


A)  Italiane. 

Archivio  Storico  per  le  Province  Napolitano,  pubblicato  a  cura 
della  Società  di  Storia  Patria  —  Napoli  —  Anno  XXII. 

Memorie  originali:  I  primi  anni  di  Ferdinando  d'Aragona  e  l'inva- 
sione di  Giovanni  d'Angiò,  E.  Nunziante  —  Masaniello  ed  alcuni  di  sua 
famiglia  effigiati  nei  quadri,  nelle  figure  e  nelle  stampe  del  tempo,  B. 
Copasso  —  11  giuoco  a  Napoli  durante  il  viceregno,  G.  Veci  —  L' origine 
della  denominazione  Due  Sicilie  e  un'orazione  inedita  di  L.  Valla,  G.  Ro- 
mano —  I  Liberi  Muratori  in  Napoli  nel  secolo  XVll,  M.  D'Ajala  —  No- 
tizie e  narrazioni  eatratte  dagli  Archivi  e  dalle  Biblioteche  —  Rassegna 
Bibliografica  (1). 


(1)  Si  fa  un  breve  cenno  dell'opuscolo  del  sig.  A.  Palomes  ,  intitolato  :  Dei  Re 
di  Sicilia,  Normanni,  Svevi  ed  Aragonesi,  sepolti  nella  cattedrale  di  PaU-rmo  e  di 
Monreale,  Palermo,  1896.  Inoltre  in  una  Recensione  dell'opera  di  Richakd  Stkrn- 
PBLD,  che  ha  per  titolo  :  Ludwiys  des  Heiligen  Kreuz3ug  nacte  Tunis  1210  und 
die  Politik  Karls  1.  von  Sicilien,  parlandosi  della  impresa  di  Tunisi  del  1270,  è  dello 
che  questa  impresa  é  considerata  dall'A.  come  un  compromesso,  o  una  diagonale 
(com'egli  dice)  tra  le  vedute  dell'ultimo  erede  dello  spirito  delle  Crociale  e  quelle 
del  nuovo  He  di  Sicilia,  che  ripigliava  la  politica  già  ispirala  ai  Sovrani  normanni 
e  svevi  dalla  situazion»  del  loro  regno  e  dagl'  interessi  commerciali  nel  Mediter- 
raneo e  nell'Oriente.  Ricordiamo  che  su  questa  impresa,  nella  quale  le  armi  sici- 
liane ebbero  parte  precipua,  fu  pubblicata  una  Memoria  del  prof.  S.  Romano,  nel 
Voi.  XXII,  di  questo  Periodi   ' 


gOMMABIO    DELLE   PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  693 


Monumenti  storici,  pubblicati  dalla  Società  Napolitana  di  Storia 
Patria  —  Serie  1',  Cronache. 

A  cura  di  Nunzio  Federico  Faraglia  la  Società  napoletana  di  storia 
patria,  ha  dato  alla  luce  un'edizione  critica  dei  Diurnali  detti  del  Duca 
di  Monteleone.  È  una  fonte  importante  per  la  storia  delle  provincie  me- 
ridionali, fatta  conoscere  per  la  prima  volta  da  Angelo  di  Costanzo  nel 
secolo  XVI,  e  pubblicata  poi  in  parte  dal  Muratori  sopra  un  l'aflfazzona- 
mento,  eh'  é  probabilmente  opera  del  Di  Costanzo  stesso. 

Questi  Diurnali  contengono,  a  mo'  di  diario ,  la  narrazione  dei  fatti 
avvenuti  nel  Reame  di  Napoli  dalla  chiamata  di  Carlo  d'Angiò  al  1457; 
alla  quale  seguono  brevi  Giunte  dal  1458  al  1478.  Il  corpo  principale 
della  Cronaca  si  può  dividere  in  tre  parti,  secondo  il  metodo  con  cui  é 
redatto;  la  prima  delle  quali  corre  disordinatamente  dal  1264  al  1371, 
ripete  notizie  comuni  a  tutti  gli  storici  e  non  è  priva  di  errori  ;  l'altra, 
che  va  dal  1371  al  trionfo  di  Alfonso  d'  Aragona  nel  1443,  é  la  più  im- 
portante ;  la  terza  dal  1443  giunge  al  1457 ,  e  riferisce  delle  notizie  ac- 
cozzate alla  meglio.  Il  divario  che  corre  tra  una  parte  e  l'altra  permette 
di  riconoscere  di  primo  acchito  che  questa  compilazione  non  é  opera 
di  un  solo  e  medesimo  individuo ,  ma  bensì  di  più  e  diverse  persone 
di  varie  parti  del  Reame,  di  differente  levatura  d'ingegno,  di  diversa 
condizione  sociale;  le  quali  in  parte  furono  testimoni  degli  avvenimenti 
da  loro  raccolti,  in  parte  attinsero  a  fonti  non  tutte  pervenute  fino  a 
noi.  Essa  fu  detta  del  duca  di  Monteleone ,  perchè  Angelo  di  Costanzo, 
che  primo  ne  fece  uso,  n'  ebbe  comunicazione  da  Ettore  Pignatelli,  se- 
condo duca  di  Monteleone  ;  dal  cui  esemplare  furono  tratte  moltissime 
copie,  le  quali,  raffazzonate  e  ridotte  come  vediamo  nel  Muratori,  pote- 
rono generare  in  alcuni  e  specie  nel  tedesco  Berwhardi  il  sospetto  che  i 
Diurnali  non  fossero  se  non  una  falsificazione  fatta  dal  Di  Costanzo. 

Ma  il  Faraglia  ne  rivendica  l'autenticità,  spiega  le  modificazioni  che 
vi  introdusse  lo  storico  napoletano  del  Cinquecento,  e  pubblica  nella  pri- 
mitiva lezione  quei  vari  testi  ;  ai  quali  non  è  permesso  di  mutare  nep- 
pure una  maiuscola,  di  aggiungere  una  nota,  che  non  sia  proprio  richie- 
sta dal  contenuto  del  discorso.  In  fine  del  volume  sono  tre  indici  :  delle 
persone,  delle  provincie  (sarebbe  stato  meglio  dire  geograflco) ,  e  delle 
voci  arcaiche,  dialettali  ecc.  e  di  alcune  cose  notevoli. 

G.  F. 

Archivio  Storico  Lombardo.  Giornale  della  Società  storica  lom- 
barda ~  Milano  —  Anno  XXIV.  Gennaro-Dicembre  1897. 

Memorie  :  Facino  Cane  e  le  guerre  Guelfo-Ghibelline  neir  Italia  Set- 
tentrionale (1360-1400),  Galli  Ettore  —  L'assoluzione  di  Pavia  dall'inter- 


6^4  SOMMARIO    DBtLE   PUfiBLIOA^IOlTI    PERIODICHE 

detto  di  Papa  Giovanni  XXII ,  Majocchi  Rodolfo  ■—  Il  Municipio  di  Mi- 
lano e  l'Inquisizione  di  Spagna  (1563),  Verga  Ettore  —  Lodi  e  suo  terri- 
torio nel  settecento,  secondo  le  cronache  contemporanee ,  Agnelli  Gio- 
vanna 

Varietà  :  Di  un  preteso  attentato  contro  Ludovico  il  Moro  e  Roberto 
Sanseverino,  Romano  Giacinto. 

Storia  ed  Arte  :  Un  disperso  monumento  pavese  del  1523  nella  Chiesa 
di  S.  Maria  Maggiore  di  Treviso  —  L'oratorio  di  Donato  Del  Conte  presso 
Abbiategrasso,  Il  sarcofago  Scria  di  Giovanni  Giacomo  della  Porta,  San- 
V Ambrogio  Diego. 

Necrologio  :  De  Castro  Giovanni  per  Antonio  Vismara  —  In  memoria 
dell'Abate  Luigi  Tosti  per  Marco  Magistretti  —  Atti  della  Società  storica 
lombarda  --  Bibliografia  (1). 

Archivio  della  R.  Società  Romana  di  Storia  patria  —  Roma, 
Voi.  XX  —  Anno  1897. 

L'Archivio  storico  del  comune  di  Viterbo,  P.  Savignoni  —  Della  cam- 
pagna romana,  G.  Tomassetti  —  La  principessa  Maria  Colonna-Mancini 
nelle  particolari  sue  relazioni  con  Carlo  Emanuele  II,  G.  Claretta  —  Ap- 
punti intorno  ad  alcuni  manoscritti  del  Liber  Montificalis ,  I.  Giorgi  — 
Del  sale  e  focatico  del  Comune  di  Roma  nel  medio  evo,  G.  Tomassetti— 
Per  la  storia  della  Schola  cantorum  lateranense,  E.  Monaci  —  Varietà  : 
Una  ribellione  contro  il  vicario  del  Patrimonio  Bernardo  di  Coucy, 
M.  Antonelli  —  Per  il  Tabularium  di  S.  M.  in  via  Lata  ,  E.  Monaci  — 
Atti  della  Società  —  Bibliografia  —  Notizie  —  Periodici  :  Articoli  e  docu- 
menti relativi  alla  storia  di  Roma. 

Archivio  Storico  Italiano  ,  fondato  da  G.  P.  Vieusseux  e  conti- 
nuato a  cura  della  R.  Deputazione  toscana  di  storia  patria  — 
Firenze  —  Serie  V,  Tomo  XIX  e  XX.  Anno  1897. 

Atti  della  R  Deputazione  (1896;  —  Soci  al  1  gen.  1897  :   Ordinari  23, 


(1)  Ricordati  i  seguenti  lavori  di  Autori  siciliani  :  Amico  U.  A.  Pel  3»  centena- 
rio della  morte  di  Torquato  Taaso  —Guardione  F.,  Documenti  inediti  su  due  viaggi 
in  Sicilia  del  Conte  Federico  Gonfalonieri  —  Maurici  A.,  Storia  del  Cinque  Maggio; 
Guida  allo  «tudlo  dei  •  Promessi  Sposi  •  —  Puglisi  Pico,  Il  Tasso  nella  critica  fran- 
cese (Atti  dell'  Accademia  di  scienze  e  lettere  di  Acireale)  —  Sergi  G.,  Arii  e  Ita- 
lici —  Salomone- Marino  S.,  Spigolature  storiche  siciliane.  Lavoro  questo  pubbUcato 
io  questo  Archivio,  An.  XXll,  F.  1. 


SOMMARIO    DELLE   PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  695 

Corrispondenti  italiani  61,  Corrispondenti  stranieri  7  —  Memorie  e  Do- 
cumenti :  11  Carteggio  di  Bettino  Ricasoli  (1829  al  1860),  Domenico  Za- 
nichelli —  Gli  Apostolici  e  Fra  Dolcino,  Felice  Tocco  ~  Nuovi  documenti 
dell'antica  costituzione  del  comune  di  Firenze,  P.  Santini — Antonio  Pa- 
leario  e  la  sua  famiglia  in  Colle  Val  d'Elsa,  F.  Bini — Lettere  di  Piero 
di  Cosimo  de'  Medici  a  Otto  Niccolini ,  Ginevra  Niccolini —  La  Società 
Colombaria  di  Firenze  nell'anno  accademico  1896-97,  A.  Alfani— Tre 
Orazioni  di  Lapo  da  Castiglionchio,  ambasciatore  fiorentino  a  Papa  Ur- 
bano V  e  alla  Curia  in  Avignone ,  Robert  Davidsohn  —  Di  una  nuova 
ipotesi  sulla  morte  e  sulla  sepoltura  di  Giangaleazzo  Visconti,  G.  Ro- 
mano —  Il  Conclave  di  Papa  Ganganelli  e  la  soppressione  dei  Gesuiti. 
(Da  documenti  inediti  del  R.  Archivio  di  Stato  in  Lucca) ,  Giovanni 
Sforza  —  Archivi,  Biblioteche,  Musei  —  Aneddoti  e  Varietà  —  Rassegna 
Bibliografica  (1). 

Nuovo  Archivio  Veneto   per  cura  della  R.  Deputazione  Veneta 
di  Storia  Patria  —  Venezia  —  Tomo  XIIL 

Discorso  del  Vicepresidente  Comm.  Nob.  Nicolò  Barozzi,  pronunziato 
davanti  al  feretro  del  Presidente  Comm.  Federico  Stefani  il  5  aprile  1897. — 
Marino  Fallerò.  La  congiura,  Vittorio  Lazzarini  —  Iacopo  Bertaldo  e  lo 
splendor  venetorum  civitatis  consuetudinum,  Enrico  Besta  —  Venezia  e 
lo  Scisma  durante  il  pontificato  di  Gregorio  XII  (1406-1409),  Edoardo 
Piva  —  Del  luogo  ot*e  Sordello  amò  Otta  di  Strasso,  F,  C.  Carrere— L'in- 
dirizzo dei  Veronesi  a  S.  M.  Vittorio  Emanuele ,  G.  Berchet  —  La  Cro- 
naca di  Bartolomeo  Gatari  secondo  il  codice  262  della  Nazionale  di  Pa- 
rigi, Antonio  Mendin  —  Il  Conte  Luigi  de  Mas-Latrie,  Nicolò  Barozzi  — 
Pubblicazioni  sulla  storia  medioevale  italiana,  C.  Cipolla  —  Rassegna  Bi- 
bliografica. 

Id.  Tomo  XIV. 

Beltrame  Sachia  e  la  sottomissione  al  domìnio  della  Repubblica  Ve- 


(1)  Riferendo  su  alcune  recenti  pubblicazioni  intorno  a  Pico  della  Mirandola,  il 
8ig.  F.  Ceretti  riporta  il  seguente  giudizio  dato  nella"  5tct7ta  Cattolica  di  Palermo, 
N.  70  del  1895  da  I.  Carini  :  t  Lo  scritto  di  mona.  V.  Di  Giovanni  é  da  conside- 
rarsi come  il  più  largo  e  approfondito  studio  sul  gran  Mirandolano.  » 

Vi  è  una  recensione  del  libro  pubblicato  dall'  Avv.  Giorgio  Battaglia  col  ti- 
tolo :  L'ordinamento  della  proprietà  fondiaria  in  Sicilia  sotto  i  Normanni  e  gli 
Svevi. 


696  80MMABI0    DBLLB    PUBBLICAZIONI    PEKIODIOHB 


neta,  G.  Coco  —  Notes  et  documents  d'  Histoire  d' Italie,  loi  somptuaire 
de  Treviso  en  1507,  Leon  G.  Pelissier  —  Le  animosità  storiche  di  H.  Ha- 
vrisse,  Francesco  Tarducci  —  Ancora  della  patria  di  Giovanni  Caboto, 
C.  Ballo  —  Catalogo  delle  opere  in  musica  rappresentate  nel  secolo  XVIII 
in  Venezia,  T.  Wiel  —  Di  un  assassinio  commesso  a  Torino  nel  1667  da 
uno  staflaere  dell'ambasciatore  di  Venezia,  Gaudenzio  Claretta — La  Bolla 
d'oro  di  Michele  Stefano  ,  Vittorio  Lozzarini  —  La  Commissione  Reale 
per  la  pubblicazione  dei  documenti  finanziari  della  Repubblica  di  Ve- 
nezia, C.  Cipolla  —  Rassegna  Bibliografica  —  Atti  della  R.  Deputazione 
Veneta  di  Storia  Patria  :  Relazione  del  Segretario  Guglielmo  Berchet  ; 
Discorso  del  Socio  Effet.  Filippo  Nani-Mocenico  sulla  Caduta  della  Re- 
publica  di  Venezia  —  Ufficio  di  Presidenza  ;  Soci  ordinari  N.  30  ;  Soci 
onorarli  N.  40  ;  Corrispondenti  interni  N.  40  :  Corrispondenti  esteri  N.  44. 

Atti  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  anno  CCXGIV,  iSQl,  Serie 
Quinta,  Glasse  di  Scienze  morali,  storiche,  filologiche,  voi.  V. 

Adunanza  solenne  del  5  Giugno  1897  —  Relazioni  sui  concorsi  ai  pre- 
mi :  per  la  storia  e  geografia  storica  ;  per  le  scienze  sociali  ed  economi- 
che (1);  per  la  fisica;  per  le  scienze  storiche;  per  le  scienze  fisiche  e 
chimiche  ;  per  una  scoperta  o  invenzione  nel  campo  della  biologia,  utile 
all'agricoltura  o  alla  pastorizia— Notizie  degli  scavi  eseguiti  nelle  varie 
regioni  d'Italia  nel  1897  (2). 

Periodico  della  Società    Storica   per  la   Provincia    ed  antica 
Diocesi  di  Como  —  Como  —  Voi.  X,  N.  38. 

Lettere  Ducali  Viscontee.  Voi.  Ili  (CCGCXXXVDXLVl),  E.  Molta  —  l 
Vicedomini  e  la  loro  dominazione  sulle  Valtelline,  Guglielmo  Felice  Da- 


(1)  Si  dà  giudìzio  favorevole  dei  sotto  indicati  lavori  dei  Professori  siciliani 
Vito  Cusumano  e  Ricca  Salerno,  non  giudicandoli  però  degni  di  premio. 

(2)  Si  dà  notizia  dei  seguenti,  fatti  in  Sicilia  :  Di  una  città  greca  riconosciuta  a 
Terravecchia  presso  Granmichele  ;  Necropoli  sicule  del  quarto  periodo,  riferibili 
all'età  tra  il  secolo  VII  ed  il  V  av.  Cristo  in  Licodia  Eubea;  Esplorazioni  archeo- 
logiche nell'area  dell'antica  Netum,  sul  monte  dell'Aleria  —  Grotte-miniere  e  grot- 
te-sepolcri di  età  antichissima  a  Montetabuto  e  Monteracello  presso  Ragusa  — 
DI  alcune  necropoli  secondarle  di  Siracusa  ;  Necropoli  del  Fusco  ;  Necropoli  a 
Tor  di  Conte;  Necropoli  del  colle  Temeniti;  NecropoU  presso  la  Scala  Greca. 


SOMMARIO    DELLE    PDBBLIOAZIOITI    PERIODICHE  697 

miani  —  Bibliografla  Comense  1892  (supplemento  e  1893  (1)  —  Sunto  dei 
verbali  delle  adunanze  —  Elenco  dei  Soci  —  Doni  alla  Società. 

Raccolta  Storica,  per  cura  della  Società  Storica  Comense  —  Co- 
mo —  Voi.  II,  Dispensa  6.' 

Atti  della  Visita  Pastorale  Diocesana  (1589-1593)  di  F.  Filiciano  Nin- 
guarde,  vescovo  di  Como,  ordinati  ed  annotati  dai  bslc.  doti.  Santo  Monti 
(cont.  e  fine  della  prima  parte). 

B)  Estere. 

Analecta  BoUandiana  —  Bruxelles  —  Tomus  XVI  —  An.  1897. 

Les  Actes  de  S.  Dasius,  par  Franz  Cumont—  Les  Saints  du  cimetier 
de  Commodille  —  La  Notitia  fundorum,  da  titre  des  SS.  Jean  et  Paul  a 
Rome  —  S.  Macarii ,  monasterii  Pelecetes  hegumeni ,  Acta  graeca  —  Le 
Pseudo  —  Aravatius,  par  Godefroid  Kurth  —  L'  Amphithéàtre  Flavien  et 
ses  environs  daus  les  textes  hagiographiques  —  Catalogus  codicum  ha- 
giographicorum  graecorum,  bibliothecae  Chisianae  de  Urbe  —  Les  Mé- 
nologes  grecs  —  S.  Pierre  Célestin  et  ses  premiers  biographes  —  Le 
Cursus  dans  les  documents  hagiographiques  —  Bulletin  des  publications 
hagiographiques. 

Ibid.  Tomus  XVII  —  An.  1898. 

De  martyrologio  Wolfhardi  Haserensis  —  De  magno  Legendario  Au- 
striaco—  De  Legendario  Wirdbergensi  —  Les  Vies  interpole  des  saintés 
de  Fontenelle,  A.  Legris — Hagiographia  Carmelitana  ex  codice  Vati- 
cano latino  3813:  Vita  S.  Alberti  de  Abbatibus  ordinis  Carmelitarum  (2)— 


(1)  Vi  è  ricordata  la  pubblicazione  del  prof.  G.  M.  Colomba,  Gli  studi  geogra- 
fici nel  primo  secolo  dell'Impero  Romano.  Ricerche  su  Stradone,  Mele  e  Minio. 
Parte  I :  Le  dimensioni  della  terra  abitata,  (Palermo;  Glausen,  1893). 

(2)  Nel  narrare  la  vita  di  questo  Santo  siciliano ,  che  non  si  sa  con  certezza 
se  nacque  a  Trapani,  patria  del  suo  genitore  Benedetto  Abbate,  ovvero  in  Erico, 
oggi  Monte  S.  Giuliano,  luogo  nativo  di  Giovanna,  sua  madre,  si  dice  che  la  no- 
bile e  ricca  famiglia  degli  Abbati  fosse  di  origine  fiorentina.  Del  nome  Alberto 
che  affermasi  essere  stato  suggerito  ai  genitori  dagli  Angeli,  si  dà  questa  curiosa 
etimologia  :  Albertus  dicitur  ab  Alab,  quod  est  laciea,  vel  dulcedo  et  ber,  quod  est 


698  somAHio  delle  pubblicazioni  periodiche 


La  Legende  de  S.  Anastase  de  Terni  —  Le  Cursus  dans  les  docaments 
hagiographiques  —  Le  Ménologe  de  Métaphraste  —  Le  prédicateur  Vi- 
mon  —  Bulletin  des  publications  hagiographiques. 

Bulletin  International   de    1'  Accadèmie  dea  Sciences  de  Cra- 
covie  —  Gracovie  —  Janvier  —  Decembre  1897. 

Comptes  rendus  des  séances  des  Classes  de  Philologie,  d'Histoire  et 
de  Philosophie,  des  Sciences  mathématiqnes  et  naturelles  :  La  móthode 
à  suivre  dans  l'étude  de  l' immunité  en  Pologne  —  La  structure  des  in- 
tervalles  des  vaisseaux  des  plantes  —  Recherches  sur  l'état  de  la  popu- 
lation  en  Pologne  à  la  fin  du  XVI«  siècle  —  Les  envoyés  polonais  au 
Concile  de  Costance,  (1414-1418)  —  Pierre  Skarga  S.  I.  et  la  Ruthénie  — 
La  chevalerie  polonaise  au  moyen-àge — De  declamatione  in  Lucium  Ser- 
gium  Catilinam  observationes  —  Sur  la  succession  au  tróne  de  la  Polo- 
gne aprés  la  mort  de  Casimir  le  Grand  —  Elude  sur  les  poésies  de  Ven- 
ceslas  Potoki  (1623-1696)  —  Sur  Stanislas  Tembereski  et  ses  annales 
1647-1656)  —  Scriptores  rerum  Polonicaruìn,  récemment  publié  —  Ladis- 
las  lagellon  a-t-il  étó  de  1386  à  1399  roi  ou  seulement  le  mari  de  la 
reine  ?  —  L'Università  de  Gracovie  et  le  Concile  de  Bàie. 

Ibid.  Janvier  —  Decembre  1898. 

Comptes-rendus  des  séances  des  Classes  de  Philologie,  d'Histoire  et  de 
Philosophie,  des  Sciences  mathimatiques  et  naturelles:  Byron  et  son 
siécle  —  Contributions  à  1'  histoire  des  Piast  et  de  la  Pologne  à  l'epoque 
des  Piast  —  Etudes  sur  l'art  italien  des  XV*  et  XVI  siécles:  Les  pre- 
miers  oeuvres  de  Lorenzo  Costa,  Tableau  de  ce  maitre  à  la  galerie  des 


fons,  et  ihus  quod  est  incensum,  quasi  dxdcedo  fontis  vel  dulcis  fons  et  lacteum 
thtts.  Diceai  poi  che  S.  Alberto  nacque  nel  tempo  che  regnava  in  Sicilia  Pietro 
d'Aragona.  Ma  questo  é  un  errore  ;  risultando  da  un  Alto  notarile  che  nel  1280, 
quando  ancora  in  Sicilia  regnava  Carlo  d'Angió,  S  Alberto  era  frate  carmelitano, 
ed  in  età  da  potere  fare  il  testimonio  in  un  testamento.  Anche  la  data  della  morte 
è  falsa,  dicendosi  che  mori  il  7  agosto  1288,  mentre  sulla  stessa  Agiografìa  Vati- 
cana, come  in  tutte  le  Biografie  di  S.  Alberto  si  afTerma  che  l'anno  1801,  quando 
Roberto  d'Angiò  bloccava  Messina,  Irovavasi  in  delta  città,  e  si  attribuisce  a  mi- 
racolo di  Lui  il  fatto  che  Ruggiero  de  Fior,  eludendo  la  vigilanza  dei  nemici,  sia 
riascito  a  far  entrare  nel  porlo  di  Messina  dodici  galee  cariche  di  grano.  (M.  Amari, 
Storia  del  Vespro  .Vtcì/iVino,  Cap.  XVIII\  Giosrppk  Pouzzi,  n<'i  Ricordi  Trapanesi 
•Olive  che  8.  Alberto  mori  nel  ia06. 


SOMMARIO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  699 

princes  Czartovyski,  à  Gracovie  —  Révision  de  qaelques  problèmes  con- 
cernant  la  plus  ancienne  histoire  de  la  Pologne.  I.  Les  Léchites.  II.  Piast— 
Sur  le  regime  des  biens  entre  époux  en  Pologne  —  Les  débuts  et  le 
développement  du  parlementarisme  polonais  an  XV"»  siécle  —  Sur  une 
alliance  entre  Sigismond,  Grand-Due  de  Lithuanie ,  et  Albert  li,  roi  de 
Rome  —  Une  page  de  1'  histoire  de  1'  Université  de  Gracovie  au  XV""» 
siécle  —  La  langue  et  l' orthographe  dans  les  Status  Polonais  du  XV"" 
siècle  —  De  rhetoribus  latinis  —  Analyse  philologique  de  la  lettre  du 
Czar  Dómótrius  au  pape  Glément  Vili  du  24  avril  1604. 

Journal  des  Savants  —  Paris  —  Année  1897. 

Derniers  travaux  sur  1'  histoire  de  la  langue  latine  Michel  Brèal  — 
Histoire  du  droit  anglais,  R.  Dareste  —  L' Inno  Omerico  a  Demetra,  con 
apparato  critico  scelto  e  una  introduzion  di  Vittorio  Puntoni,  H.  Weil — 
La  psychologie  des  sentiments ,  Ch.  Leveque  —  Una  sventura  postuma 
di  G.  Leopardi  —  Studio  di  critica  biografica  del  Doti  Franco  Ridella, 
Gaston  Paris  —  Qu'  appelle-t-on  puretó  de  la  langue  ?,  Michel  Bréal  — 
Manuscrits  liturgiques  du  Vatican,  L.  Delisle  —  Le  Roi  de  Rome,  E.  Val- 
lon  —  Étude  sur  les  Bucoliques  de  Virgile ,  Gaston  Boissier  —  Histoire 
de  la  langhe  francaise,  G.  Paris  —  Per  la  storia  della  novella  italiana 
nel  secolo  XVII.  Note  di  Giambattista  Marchesi,  G.  Paris  —  Les  origines 
de  la  guerre  de  Gent  Ans,  Albert  Sorel  —  Nouvelles  littóraires  (1). 

Ibid.  Année  1898. 

Geoflfroy  et  la  critique  dramatiqne  sous  le  Consulat  et  l' Empire, 
Paul  Janet  —  Vers  le  Póle ,  Emile  Blanchard  —  GEuvres  complétes  de 
Christian  Huggens,  /.  Bertrand —  La  sépulture  de  Voltaire  et  de  Rous- 
seau, Berlhelot  —  Les  fouilles  de  Olympie,  Georges  Perrot  —  Le  thóàtre 
grec,  Georges  Perrot  —  Hierarchia  catholica  medi  aevi,  Léopold  Delisle— 
Ramon  Meuéndez  Pidal,  Gaston  Paris  —  Journal  d'un  bourgeois  de  Pa- 
ris pendant  la  Terreur,  M.   Wallon  —  Les  vieux  chants  populaires  scan- 

dinaves,  Gaston  Paris La  pathologie   dans  1' histoire,  Berthelot  —  La 

jeunesse  de  Napoléon,  Albert  Sorel  —  L'antico  evangeliario  dell'archivio 
di  S.  Maria  in  Via  Lata.  In  Roma ,  a   cura  della   R.  Società  Romana  di 


(1)  Vi  è  molto  lodato  in  una  bella  recensione  il  libro  del  nostro  Socio,  Salva- 
tore Salomone-Marino,  che  ha  per  titolo:  Costumi  ed  usanze  dei  contadini  di 
Sicilia. 


700  SOMMARIO    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 


Storia  patria,  L.  Delisle  —  CEnvres  complètes  de  Bartolomeo  Borghesi, 
R.  Cagnat  —  La  Gite  de  Diea  illnstrée  d'aprés  les  indications  de  Robert 
Gagnin,  L.  Delisle  —  Il  Catalogo  della  biblioteca  di  Pomposa  pel  Sac.  G. 
Mercati,  L.  Delisle  —  Dion  de  Prousa ,  H.  Weil  —  Mémoires  originaux 
des  créateurs  de  la  photographie ,  Em.  Blanchard  —  Voltaire  avant  et 
pendant  la  guerre  de  Sept  ans ,  Albert  Sorel  —  L'influsso  del  pensiero 
latino  sopra  la  civiltà  italiana  del  medio  evo  per  Francesco  Nevati,  L. 
Delisle  —  Nouvelles  littéraires. 

Polybiblion,  Revue  Bibliographique  Universelle  —  Paris  —  Due- 
xième  sèrie,  Tomes  45,  46  —  An.  1897. 

Arlicles  de  fonds.  —  Baron  Carra  de  Vaux  :  L' Islam  à  propos  d'  un 
livre  rècent.  —  Dom  Jean-Martial  Besse:  Une  Question  d' histoire  litté- 
raire  au  XVI°  siécle.  —  René  Bittard  des  Por  les  :  Un  Conflit  entro  Louis 
XVIII  et  Ferdinand  VII,  d'aprés  des  sources  inédites.  —  Abbé  Dedouvres: 
Poléuìique.  Le  Pére  Joseph  polémiste,  Réponse  à  M.  G.  Fagniez.  —  Comte 
Baguenault  de  Puchesse  :  Catherine  de  Médicis  et  les  Conférences  de 
Nérac,  1578-1579.  —  G.  Clément-Simon  :  La  Vie  seigneuriale  sous  Louis 
Xlll.  Le  Vicomte  do  Pompadour,  lieutenant  de  Roi  en  Limousin,  et  Ma- 
rie Fabry  ,  vicomtesse  de  Pompadour.  —  Alfred  Spont  :  La  Milice  des 
Francs-Archers  (1448-1500).  —Le  R.  P.  Delattre,  S.  J.  :  Les  Derniéres 
Découvertes  aux  pays  bibliques.  —  Marius  Sepet  :  Le  Thèàtre  en  Franco 
avant  Corneille.  — Arthur  de  Ganniers:  La  Campagne  de  Russie.  De  Pa- 
ris à  Vilna  en  1812.  —  Paul  Allard  :  La  Jeunesse  de  l'empereur  Julien.— 
Geoflfroy  de  Grandmaison  :  Un  Envoyè  de  Napoléon  en  Espagne  en  1810. 
Carion-Nisas.  —  Comte  L.  Rioult  de  Nenville  :  Le  Due  de  Richelieu  et  les 
Premiéres  Aunées  de  la  Restauration. 

Mclanges.  —  Abbé  Vacaiulard  :  Les  Origines  de  la  féte  de  l;i  Goncep- 
tion  dans  le  diocèse  de  Rouen  et  en  Angleterre.  —  H.  Froidevaux  :  Les 
Dóbnts  de  l'occupation  franyaise  à  Pondichéry ,  d'aprés  des  documents 
nouveaux  ou  inédits.  —  "'  :  Les  Origines  de  la  vie  monastiquo.  —  Comte 
Baguenault  de  Puchesse  :  Le  Siége  de  Saint -Quentin  et  la  Bataille  de 
Saint-Laurent.  —  Abbé  J.-P.  Martin  :  Charles-Maurice  de  Talleyrand  et 
la  Principauló  de  Bónóvent.  —  Abbé  Vacandard:  La  Scola  du  palais  mé- 
rovingien.  —  Alfred  Spont:  La  France  dans  l'Italie  du  Nord  au  XV»  sie- 
de. —  Vicomte  de  Richemont:  Uno  Page  de  la  Correspotidance  de  l'abbé 
de  Salamon,  chargé  des  affaires  du  Saint-Siége  pendant  la  Revolution.— 
Baron  d'Avril:  Un  Ministre  de  la  Restauration,  le  baron  d'IIaussez.  — 
Tamizey  de  Larrcque:  Los  Bónédictins  de  Saint-Maur,  à  Sainl-Gorinain 
dcM  l'réa.  —  Comte  do  Lucay  :  Lo  Gouvernemont  locai  de  l'Aiigleterre.— 


SOMMARIO    DELLE   PUBBLICAZIONI   PEBIODIOHE  701 

Abbó  Vacandard  :  La  Vie  de  saint  Bernard  et  ses  critiques—  Godefroid 
Karth  :  Le  Troisiéme  Volume  de  l'histoire  des  Papes,  de  M.  Pastor.  — 
Abbó  Bernard  :  Le  Second  Procés  instruit  par  l'Inqnisition  de  Valladolid 
contre  Fr.  Luis  de  Leon.  —  Gomte  de  Puymaigre  :  La  Legende  de  Sept 
Infants  de  Lara.  ~  Abbé  Vacandard  :  Encore  un  mot  sur  la  Scola  du  pa- 
laia mérovingien.  —  J.  Viard  :  Les  Origines  de  la  guerre  de  Cent  ans  : 
Philippe  le  Bel  en  Fiandre.  —  Tamizey  de  Larroque  :  Une  Nouvelle 
Biographie  du  poéte  breton  Jean  Meschinot.  —  Jean  d'Estienne  :  Le  Con- 
grès scientiflque  de  Fribourg. — Marius  Sepet:  Leon  Qautier. 

Courriers  allemand,  anglais,  belge,  italien,  du  Nord. 

Clironique ,  Revue  des  Recueils  périodiques ,  BuUetin  bibliographi- 
que  (1),  etc.  compte  rendu  de  cent  quarante-sept  publications  historiques. 

Ibid.  Tom.  47,  48— An.  1898. 

Arlicìes  de  fonds.  —  Abbé  Vacandard  :  Saint  Ouen  avant  son  èpisco- 
pat.  —  Leon  Le  Grand  ;  Les  Maisons  -  Dieu.  Leur  Regime  intérieur  au 
moyen  àge.  —  Victor  Pierre  :  Le  Clergó  fran^ais  en  AUemagne  pendant 
la  Revolution.  —  Abbé  Vacandard  :  Les  Élections  épiscopales  sous  les 
Mérovingiens.  —  Paul  Fournier  :  Yves  de  Chartres  et  le  droit  canoni- 
que.  —  Arthur  de  Ganniers  :  Le  Maréchal  de  Luckner  et  la  première 
Campagne  de  Belgique  en  1792 ,  d'  aprés  les  documents  du  Dépòt  de  la 
Guerre.  —  Abbó  Feret  :  Le  Premier  Divorce  de  Henri  VIIL  —  Frantz 
Funck-Brentano  :  Les  Dernières  Annóes  de  la  Bastille ,  d' après  de  nou- 
veaux  documents.  —  Victor  Pierre  :  Le  Clergó  frangais  en  Savoie  et  en 
Piómont,  d'aprés  les  Souvenirs  inédits  du  chanoine  Berlioz,  1791-1794. — 
D""  V.  Emioni  :  L'Histoire  du  baptéme,  depuis  V  édit  de  Milan  jusqu'  an 
concile  In  Trullo.  —  Abbó  P.  Hébert  :  Un  Archevéque  de  Rouen  au  XII» 
siede.  Hugues  111  d'Amiens.  —  Abbé  J.  Paquier  :  L'  Université  de  Paris 
et  r  Humanisme  au  début  du  XVP  siécle.  Jerome  Alèandre.  —  Ludovic 
Sciout:  La  Revolution  à  Saint-Domingue:  Les  Commissaires  Sonthonax 
et  Polverel. 

Mélanges.  —  Arthur  de  Ganniers  :  Napoléon  inódit.  —  R.  P.  Pierling: 
Hans  Schlitte,  d'aprés  les  archives  de  Vienne.  —  Paul  Fournier  :  La  très 
ancienne  Goutume  de  Bretagne.  —  Millon  de  Montherlaut:  Le  Siége  de 
Montargis  en  1427.  •—  R.  Lavergne  :  Les  Éraigrés  au  siège  de  Maestricht 


(1)  Si  fa  menzione  con  lode  delle  seguenti  pubblicazioni  siciliane:  Nosxe  re- 
gali XXIV  ottobre  MDCCCXCVl.  Carme  di  Emanuele  Portal.  Palermo,  1896.  — 
Lotta  ed  etica,  Discorso  del  prof.  S.  F.  Fisichella,  Messina,  1897. 

Areh.  Stor.  Sic  N.  S.  anno  XXIV.  45 


702  80MMABI0    DELLE    PUBBLICAZIONI    PERIOD[0HB 

en  i793.  —  Paul  Fonrnier:  A  propos  d'une  «  Introduction  aux  études  hi- 
storiques.  »  —  Godefroid  Kurth  :  La  Bataille  de  Vouillé ,  en  507.  —  Leon 
le  Grand  :  La  Désolation  des  églises,  monastéres  et  hopitaux  en  France, 
vera  le  milieu  du  XV'  siécle,  d'aprés  l'ouvrage  du  P.  Denifle,  —Alfred 
Spont  :  La  Correspondance  de  Guillaume  Pellicier,  ambassadeur  de  Fran- 
ce à  Venise,  1539-1542.  —  Comte  de  Puymaigre:  Un  Poéte  apologiste  de 
Louis  XIII.  —  Lieutenant-colonel  de  Vienne:  La  Bataille  de  Courtray, 
d'aprés  les  comptes  de  la  ville  de  Bruges.  —  Victor  Pierre  :  La  Corre- 
spondance secréte  de  l'abbé  de  Salamon  pendant  la  Revolution.  —  Baron 
Carra  de  Vaux  :  Deux  publications  sur  le  bouddhisme.  —  E.-G.  Ledos  : 
Saint  Dominique  et  ses  nouveaux  historiens.  —  Baron  d'  Avril  :  Pensées 
d'un  homme  d'  Etat  :  C.  P.  PobédonostzeflF. 

Courriers  allemand,  anglais,  belge,  italien,  espagnol. 

Chronique.  Revue  des  Recueils  périodiques ,  BuUetin  bibliographi- 
que  (1),  etc;  compte  rendu  de  cent  trente-quatre  publications  historiques. 

Revue  Historique  —  Paris  —  Tome  68. 

Les  paroisses  rurales  dans  l'ancienne  France  P.  Imbavi  de  la  Tour— 
L'affaire  du  cardinal  Francesco  Caetani  (avril  1316),  Ch.  Y.  Langlois  — 
Le  cardinal  Ascanio  Sforza  prisonnier  des  Vénitiens  ,  1500,  L.  G.  Pelis- 
sier — Bulletin  historique:  France.  Travaux  sur  l'antiquité  romaine,  par 
C.  JuUian  —  Gomptes-rendus  critiques  —  Publications  périodiques  et  So- 
ciétés  savantes  —  Chronique  et  Bibliographie  (2). 

Ibid.  Tom.  64. 

lacques  1"  d'Écosse  fut-il  poete  ?,  I.  lusserand  —  Un  socialiste  inat- 
tendu  :   le  general  Gaffarelli   du  Falga,  A.  Lichtenberger  —  De  l' Huma- 


(1)  Mentovati  e  lodati  :  Le  fonti  di  Stradone  nella  geografia  della  Sicilia  per 
il  Dott  F.  SoLLiMA,  Messina,  1897.  —  Palermo  e  la  civiltà  in  Sicilia  por  Giorgio 
Arcolbo.  —  11  volume  XXV  della  Biblioteca  delle  Tradizioni  popolari  siciliane,  per 
cura  di  Giuseppe  Pitré  :  indovinelli ,  dubbi ,  scioglilingue  del  popolo  siciliano. 
Clausen  1887.  —  Folk-lare  Catanese  da  Arturo  Tuombatore,  Clausen,  1897.  Vi  é 
anche  il  riassunto  di  uno  sUkIìo  sulla  Sicilia  di  M.  Emmanuele  Martin  intitolalo 
Qviestion  trinacrianne,  e  si  fa  cenno  dell'opuscolo  del  sig.  Giovanni  Caroselli, 
pubblicalo  in  Palermo  da  A.  Rebcr,  1897  col  titolo:  Sitile  origini  dei  popoli  italici. 

(2)  VI  è  un  cenno  dell'opuscolo  pubblicalo  da  Giuseppe  Navanteri  col  titolo  : 
Giovanni  Meli.  RoJlfHBioni  sullo  stillo  preaetitt^  del  Regno  di  Sicilia,  1801,  intorno 
airiigrieolluru  ed  ulhi  pustorìziu,  Ragusa,  Piccitto  e  Àtilocci,  1896. 


SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PBEIODIOHE  703 


nisme  et  de  la  Réforme  en  Franco,  1512-1552,  H.  Hauser  —  Les  Conven- 
tionnels  régicides  aprés  la  Revolution,  E.  Welvert  —  Balletin  historique: 
Necrologie  da  Due  d'Aumale  —  Comptes-rendus  critiques  —  Publications 
périodiques  et  Sociétés  savantes  Chronique  et  Bibliographie  {\). 

Ibid.  Tom.  65. 

I.es  tentatives  de  Louis  XIV  pour  arriver  a  l'Empire,  H.  Yast  —  Les 
idées  poliques  de  Diderot,  H.  Sée  —  L'Astrologie  dans  le  monde  romain, 
A.  Bouché  Leclercq  —  Bulletin  historique  —  Comptes-rendus  critiques— 
Publications  périodiques  et  Sociétés  savantes  —  Chronique  et  Biblio- 
graphie. 

Ibid.  Tom.  66, 

Les  aventures  du  marquis  de  Langarie,  A.  de  Boislisle  —  Le  5»  corps 
de  l'armóe  d'Italie  en  1859,  Baron  du  Casse  —  M.  Tiers  et  la  situation 
parlementaire  en  1839  ,  G.  Monod  —  Bulletin  liistorique  :  Travaux  sur 
l'antiquitó  romaine  ;  Le  P.  Luigi  Tosti  —  Comptes-rendus  critiques  — 
Publications  périodiques  et  Sociétés  savantes  (2)  —  Chronique  et  Biblio- 
graphie (3). 

Ibid.  Tom.  67. 

Villes,  marchés  et  marchandes  au   moyen  àge,  H.  Pirenne —  Etude 


(1)  Vi  é  menzionalo  un  opuscolo  di  Luigi  Arezzo,  edito  a  Palermo  dai  Reber, 
col  titolo:  L'azione  diplomatica  del  Vaticano  sulla  questione  del  matrimonio  di 
Carlo  Stuart;  ricordando  che  in  detto  Opuscolo  sono  pubblicate  alcune  lettere, 
che  il  Cardinale  Ludovisi,  nipote  di  Gregorio  XV  indirizzò  su  questo  obbietto  al 
Nunzio  di  Madrid.  Queste  lettere  trovansi  tra  i  Manoscritti  della  Biblioteca  Co- 
munale di  Palermo,  che  le  ebbe  dalla  Biblioteca  dei  Teatini. 

(2)  Nell'enumerare  gli  articoli  pubblicati  in  questo  Periodico ,  An.  XXI,  Fase. 
3  e  4,  si  fa  lodevolmente  menzione  di  quello  del  D.r  G.  A.  Garufi  intitolato:  Ri- 
cerche sugli  usi  nuziali  in  Sicilia  nel  medio  evo,  e  di  quello  di  S.  Romano,  che 
ha  per  titolo  :  La  costruzione  della  Torre  di  Lignè  ed  i  tumulti  a  Trapani  nel 
1673,  Del  primo  dicesi  eh*  è  unamem.oria,  copiosamente  annotata  e  seguita  di  do- 
cumenti inediti;  del  secondo  si  fa  un  breve  e  fedele  riassunto. 

(3)  Vi  è  menzionata  la  pubblicazione  dei  signori  Guglielmo  Paterno  Castello 
e  Carlo  Gaoluni  intitolata  :  NeW  ottavo  Centenario  del  primo  Parlamento  Sici- 
liano, e  se  ne  dà  il  seguente  giudizio  :  Les  auteurs  se  sont  beavjCoup  plus  mis 
en  frais  pour  l'édition,  qui  est  riche,  que  pour  le  commentaire  historique,  doni 
la  pauvretè  touche  à  la  misere.  Di  questo  lavoro  e  dell'  argomento  che  tratta 
scrisse  in  questo  Periodico  nel  fase.  1'  dell'anno  XXII  R.  Starrabba. 


704  SOMMARIO    DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODIOHB 

critique  sur  les  Journées  des  5  et  6  octobre  1789,  A.  Malhiez  —  La  Vie 
de  sainte  Geneviéve  est-elle  apocryphe  ?,  Ch.  Kohlei^  —  BuUetin  histori- 
qae  —  Comptes-rendus  critiques  —  Publications  périodiques  et  Sociétés 
savantes  (1)  —  Chronique  e  Bibliographie  (2). 

Ibid.  Tom.  68. 

Les  derviers  Conventionnels,  Eug.  Yehcest  —  Rapports  de  Louis  XIV 
et  de  Mazarin,  G.  Lacour-Gayet  —  La  campagne  de  Luckner  en  Belgi- 
que  en  juin  1792,  Aì-thur  de  Ganniers  —  Bulletin  historique  Comptes- 
rendus  critiques  (Histoire  des  Roumains  de  la  Dacie  trajana  depuis  les 
origines  jusque  à  l'union  des  principautes  en  1859)  —  Bublications  pé- 
riodiques et  Sociétés  savantes  —  Chronique  et  Bibliographie  (3). 

The  Bnglish  Historical  Review  —  London  —  An.  1897. 

The  Field  of  Cannae.  By  the  Right  Hon.  Sir  Edward  Fry,  D.C.L.  — 
The  Story  of  Gycia.  By  R.  Garnett,  CB.,  LL.D.  —  The  Turks  in  the  Sixth 
Century.  By  Professor  Bury,  LitL  D.  —  Domesday  and  some  Thirteenth- 
Century  Surveys.  By  E.  Baring  —  The  Earliest  Fines.  By  J.  H.  Round- 
The  Coinage  of  the  Three  EdM'ards  —  The  Archers  at  Crecy.  By  J.  E.  Mor- 
ris—An  Unknown  Treaty  between  Edward  IV  and  Louis  XI.  By  the 
Rev.  Wentworth  Webster  —  New  Lights  on  the  Divorce  of  Henry  Vili. 
By  James  Gairdner,  LL.D.  Parts  IL,  III  —York  in  the  Sixteenth  and  Se- 
venteenth  Centuries.  By  Miss  Maud  Sellers  —  Bull  of  Paul  IV  concerning 
the  Bishopric  of  Bristol.  By  the  late  Rev.  Nicholas  Pocock  —  Venetian 
Despatches  on  the  Armada  and  its  Resnlts.  By  E.  Armstrong— The  Admiui- 
stration  of  the  Navy  from  the  Restoration  to  the  Revolution.  By  J.  R.  Tan- 
nar. Part  I.,  II.  —  William  Hedges  in  Turkey.  By  Lewis  L.  Kropf  and 
A.  E.  Stamp  —  James  Macpherson  and  the  Nairne  Papers.  By  Lieut.-Co- 


• 

(1)  Enumerandosi  gli  scritti  pubblicati  in  questo  Periodico  An.  XXII,  fase.  1-2 
a  proposito  di  quello  del  Barone  Starrabba,  che  trovasi  a  pag.  251  e  porta  per 
titolo:  Ancora  della  Commemorazione  del  IV  Centenario  di  FVancesco  Manrolico, 
dicesi  in  una  parentesi  :  Les  niss.  de  Maurolico  soni  passès  en  Frnnce,  sans  doute 
par  le  moyen  de  Colberi  du  Terron ,  intendant  de  justice ,  police  et  fìnances  en 
SicHe  au  temps  du  siège  de  Messine. 

(2)  Ricordati  :  Un  tentativo  politico  a  Palermo  nel  1195  e  Fran.  Paolo  Di  Blasi; 
Il  generale  Walmotden  contro  Gu(/lielmo  Pepe,  lavori  ambedue  di  F.  Guardione. 

(3)  Si  dik  l'annunzio  che  si  é  pubblicalo  il  IH  volume  della  Geschichte  Siciliens 
in  Alterthum  di  A.  Holm. 


SOifUARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  ?Ò5 

lonel  the  Hon.  Arthur  Parnell,  R.E.  —  The  Duke  of  Newcastle  and  the 
Election  of  1734.  By  Basii  Williams  —  Tvvo  Despatches  relative  to  the 
Battle  of  Fontenoy.  By  Lieut.-Colonel  E.  M.  Lloyd,  R.E.  —  A  Royalist  Spy 
during  the  Reign  of  Gerror.  By  J.  H.  Clapham  — The  Unstampod  Press, 
1815-1836.  By  J.  Holland  Rose  —  Andrew  Jackson  and  the  National  Bank. 
By  R.  Seymonr  Long  —  Fustel  de  Goulanges  as  an  Historian.  By  Edward 
Jenks—  Heinrich  von  Treitschke,  By  J.  W.  Headlam  —  Reviews  of  Books 
—  Correspondence  —  Notices  of  Periodicals  (1)  —  List  of  Recent  Histori- 
cal  Pnblications  (2). 

Ibid.  An.  1898. 

The  Early  History  of  Babylonia  By  Sir  Henry  H.  Howorth,  K.G.I.E., 
M.P.  —  The  Campaign  of  the  Metanrus.  By  Bernard  W.  Henderson  —  Bo- 
snia before  the  Turkish  Gonquest.  By  W.  Miller  —  Notes  on  some  Ghro- 
nological  Qnestions  connected  with  the  Persecution  of  Diocletian.  By  the 
Rev.  Professor  Gwatkin  —  The  Ghronology  of  Theophanes  in  the  Eighth 
Gentury.  By  Thomas  Hodgkin,  D.C.L.  —  Indictions  at  Rome,  726-775.  By 
E.  W.  Brooks  —  Hasting.  By  Wilbur  G.  Abbott  —  Sylvester  II  and  Ste- 
phen I  of  Hnngary.  By  Lewis  L.  Kropf — Vacarias:  a  Gorrection.  By 
Professor  Lieberinann,  LL.D.  —  The  Forged  Bull  to  St.  Augnstine's,  Gan- 
terbury.  By  J.  H.  Round— A n  Unpnblished  '  Revoca tio  '  by  Henry  IL 
By  J.  A.  Herbert  —  The  Mohammadan  Galendar.  By  Lewis  L.  Kropf  and 
Stanley  Lane-Poole  —  The  Revenue  of  Henry  111.  By  J.  H.  Round  —  The 
Parlement  of  Paris.  By  Professor  Prothero,  Litt.  D.  —  Decrees  of  the  Ge- 
neral Ghapters  of  the  Friars  Minor,  1260-1282.  By  A.  G.  Little  —  Bishop 


(1)  Del  volume  XXI  del  nostro  Archivio  Storico  sono  mentovate  le  seguenti 
pubblicazioni  :  V.  SirazzuUa,  Dei  recenti  scavi  eseguiti  nei  cimiteri  cristiani  della 
Sicilia—  L.  Natoli,  Paolo  Gaggio  prosatore  siciliano  del  sccoto  XVT.  C.  A.  Garufi, 
Ricerche  sugli  usi  nuziali  nel  medio  evo  in  Sicilia  —  <S.  Salomone- Marino,  Spigo- 
lature storiche  siciliane  del  secolo  XVI  —  <S.  Romano,  La  costruzione  della  Torre 
di  Ligné  ed  i  tumulti  a  Trapani  nel  1673. 

(2)  Sono  annunziate  le  seguenti  pubblicazioni  storiche  di  autori  sicihani  o  ri- 
guardanti la  Sicilia  :  G.  Tropea,  Le  conoscenze  geografiche  della  Sicilia  nelle  fonti 
letterarie  del  sesto  e  quinto  secolo  a.  C,  Messina  —  F.  Racioppi,  La  formazione 
storica  degli  Stali,  Palermo,  tip.  Santi  Andò  —  /.  Carini,  Gli  archivi  e  le  biblio- 
teche di  Spagna  in  rapporto  alla  storia  d'Italia  in  generale  e  di  Sicilia  in  partico- 
lare, Palermo,  tip.  •  Lo  Statuto  »  ~G.  Longo,  La  rivoluzione  in  Catania  nel  1644-1648, 
narrata  da  un'antica  cronaca,  Catania,  tip.  Pansini  —  E.  Mauceri,  Siracusa  nel 
secolo  decimoquinto,  Siracusa,  tip.  del  Tamburo. 


^06 


S0HVAB10   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE 


de  Quadra's  Letter  and  the  Death  of  Amy  Robsart.  By  James  Gairdner, 
LL.D.  —  Prices  at  Woodstock  in  1604.  By  Miss  Ellen  A.  McArthur  —  An 
Assessment  of  Wages  for  the  County  of  Norfolk  in  1610.  By  J.  C.  Tingey. 

—  Star  Chamber  Proceedings  against  the  Earl  of  SufFoIk  and  others,  1619. 
By  A.  P.  Perceval  Keep  —  The  Cossacks  in  the  Early  Seventeenth  Gen- 
tury.  By  H.  Havelock  —  The  Journal  of  Prince  Rupert's  Marches,  5  Sep- 
tember  1642  to  4  Jnly  1646.  By  G.  H.  Firth  —  Thurloe  and  the  Post  Of- 
fice. By  G.  H.  Firth  —  The  Administration  of  the  Navy  from  the  Resto- 
ration  to  the  Revolution.  By  J,  R.  Tanner.  Part.  IL,  continued  —  Corre- 
spondence  of  Richard  Gromwell.  By  Mrs.  R.  Bum.  —  John  de  Roberthon 
and  the  Robethon  Papers.  By  J.  F.  Ghance  —  Corrections  to  James  Mac- 
pherson's  '  Originai  Papers.  '  By  J.  F.  Ghance  —  British  Converts  to  Ga- 
tholicism  in  Paris,  1702-1789.  By  J.  G.  Alger  —  A  Jacobite  Letter,  1749. 
By  Robert  S.  Rait  —  The  British  Golony  in  Paris,  1792-1793.  By  J.  G.  Alger 

—  An  Unpublished  Letter  on  the  Action  at  Valeggio ,  30  May  1796.  By 
J.  Holland  Rose  —  Nelson  and  the  Neapolitan  Republicans.  By  F.  P.  Ba- 
dham  —  The  Lost  and  the  New  Letters  of  Napoleon.  By  J.  B.  Rye  —  Re- 
views  of  Books  —  Correspondence  —  Notices  of  Periodicals  (1)  —  List  of 
Recent  Historical  Publications  (2). 

Salvatore  Romano. 


«--«-Vtli^S^feSi*— . 


(1)  Del  nostro  Archivio  Storico,  Anno  XXII  è  aiinunziata  la  pubblicazione,  men- 
tovandosi i  seguenti  lavori  che  trovasi  in  esso  :  Della  Cronaca  arabo-sicula  e  dei 
due  testi  greci  delle  Biblioteche  Vaticana  e  Parigina ,  pubblicazione  di  G.  Gozza- 
Luzi,  per  G.  La  Corte  —  La  giurisdizione  annonaria  Municipale  nei  secoli  XIII 
e  XIV  per  C.  A.  Garufi  —  Spigolature  storiche  siciliane  del  secolo  XIX  per  5.  Sa- 
lomone-Marino —  Aci  nella  carestia  del  1671-1672  e  durante  la  ribelliono  di  Mes- 
sina e  la  guerra  Ira  Francesi  e  Spagnuoli  nel  1674-1679  per  V.  Raciti  /2omeo— Spi- 
golature di  un  archivista  per  M.  Di  Martino  —  Il  Castello  e  la  Chiesa  di  S.  Fi- 
lippo a  Mare  Dolce  in  Palermo  per  V.  Di  Giovanni  ~  Aneddoti  Siciliani  per 
/.  Carini. 

(2)  Vi  é  l'annunzio  dei  aeguenli  libri  relativi  alla  Sicilia:  Falcando  Ugo,  La 
Hlatoria  o  liber  de  regno  Siciliae,  Nuova  edizione  a  cura  di  G.  B.  Siragusa  —  Le 
chiese  bizantine  nel  territorio  di  Siracusa,  per  P.  Orsi. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


GOMITATO  DEL  VII  CONGRESSO  STORICO  ITALIANO 


Il  VII  Congresso  Stòrico  Italiano ,  in  conformità  al  voto  una- 
nime del  precedente,  sarà  tenuto  qui  in  Palermo ,  ed  il  Consiglio 
Direttivo  di  questa  Società,  avendo  il  dovere  di  preparare  quanto 
valga  ad  assicurarne  la  convocazione  e  la  riuscita ,  ha  già  nomi- 
nato un  Comitato  Ordinatore.  Esso  ha  stabilito  che  il  Congresso 
si  riunisca  nella  settimana  seguente  alla  Pasqua  di  quest'anno,  a 
cominciare  dal  18  aprile,  e  che  tenga  le  sue  adunanze  nella  grande 
sala,  teste  costruita  nel  locale  della  Società  a  S.  Domenico,  ed  in- 
titolata Sala  Luigi  di  Maggio.  Ha  poi  con  varie  Circolari  invitato 
le  Deputazioni  e  Società  di  Storia  Patria,  e  le  Commissioni  aral- 
diche ed  archeologiche  italiane  a  nominare  dei  Delegati  ;  a  pro- 
porre temi  d'importanza  storica  ed  archeologica  da  trattarsi  nel 
Congresso;  ad  indicare,  perchè  siano  invitati,  tutti  quei  cultori  di 
studi  storici  che  desiderano  prender  parte  al  Congresso. 

Il  Consiglio  Direttivo  della  Società  ed  il  Comitato  Ordinatore 
del  Congresso  desiderano  vivamente  che  i  Soci  effettivi  ed  onorari, 
che  non  risiedono  in  Palermo  ma  in  in'altra  città  dell'Isola  o  al- 
trove, si  trovino  in  questa  città  nei  giorni  del  Congresso ,  e  che 
vi  assistano,  come  ne  hanno  diritto  a  norma  dell'  articolo  12  del 
Regolamento. 


708  ATtl   DELLA    SOCIETÀ 


SEDUTA  DEL  DI  9  LUGLIO  1899. 

Presidenza  del  Prof.  Mons.  Vincenzo  Di  Giovanni, 
•  Vìce-PreHdente. 

La  Società  si  riunisce  nella  sua  sede,  ed  essendo  legale  il  nu- 
mero dei  soci  presenti,  il  Presidente  apre  la  seduta.  Si  rimanda 
alla  prossima  adunanza  la  lettura  del  verbale  della  riunione  del 
di  11  giugno.  Dal  Segretario  Generale  sono  presentati  alcuni  libri 
pervenuti  in  dono ,  e  se  ne  leggono  i  titoli.  Si  passa  quindi  alla 
votazione  di  nuovi  soci ,  e  ad  unanimità  sono  eletti  i  signori  : 
Prof.  Giuseppe  Paolucci,  Prof.  Cosimo  Corso,  Avv.  Giuseppe  Anelli, 
Ing.  Francesco  Cambria. 

Il  Socio  Gan.  Giuseppe  Beccaria,  avuta  la  parola  dal  Presidente, 
legge  la  continuazione  del  suo  lavoro  intoj;"no  ai  Capitoli  di  Gir- 
genti.  Terminata  la  quale  lettura,  la  seduta  è  sciolta. 

E  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  STRAORDINARIA  DEL  DI  16  LUGLIO  1899. 

Presidenza  del  Prof.  Mons.  Vincenzo  Di  Giovanni, 
Vice- Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  propria  sede  con  l' intervento  di 
sessantacinque  soci.  Si  legge  e  si  approva  il  verbale  della  pre- 
cedente seduta. 

Indi  il  Segretario  Generale  riferisce  che  il  Senatore  Andrea 
Ouarneri  si  è  dimesso  da  Presidente  con  una  lettera,  nella  quale 
dice  che  i  molteplici  suoi  affari  e  la  sua  avanzata  età  non  gli 
permettono  di  adempire  gli  obblighi  di  tal  carica.  Aggiunge  che 
le  molte  pratiche ,  fatte  dal  Consiglio  Direttivo  e  dalla  Società, 
per  mezzo  di  apposite  Commissioni,  a  fine  d' indurre  il  Senatore 
Ouarneri  a  ritirare  le  date  dimissioni,  sono   riuscite  infruttuose. 


ATtl   DELLA    SOCIEtX  709 


L'assemblea,  dopo  lunga  discussione,  delibera  di  accettare  le  di- 
missioni del  Senatore  Guarneri,  e  passare  tosto  alla  elezione  del 
nuovo  Presidente. 

Fatta  la  votazione,  risulta  eletto  a  maggioranza  il  socio  Duca 
di  Verdura. 

Alle  ore  14,30  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 


Il  Segretario  Generale 
B."  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DI  13  AGOSTO  1899. 

Presidenza  del  Buca  di  Ver'dura,  Senatore  del  Regno, 
Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  sua  sede,  ed  essendo  presenti  23 
soci  il  Presidente  apre  la  seduta  ed  invita  il  Segretario  Generale 
a  leggere  il  verbale  della  seduta  precedente ,  che ,  dopo  qualche 
osservazione,  viene  approvato. 

Si  passa  indi  alla  elezione  a  soci  dei  candidati  :  signori  Gaetano 
Ferrara  Gandolfo,  Francesco  D'Ondes  e  Conte  Pignone  Del  Garretto, 
e  fatta  la  votazione  sono  tutti  e  tre  ammessi. 

Il  Segretario  Generale  presenta  alquanti  libri  pervenuti  in 
dono  dai  soci  Guarneri  e  Travali.  Annunzia  poscia  la  morte  del  socio 
Benedetto  Civiletti,  insigne  scultore ,  proponendo  un  voto  di  con- 
doglianza alla  famiglia.  La  Società  unanimemente  accoglie  tale 
proposta. 

Il  Presidente  Duca  di  Verdura  ringrazia  la  Società,  che  lo  no- 
minò Presidente;  ed  aggiunge  che,  quantunque  avanzato  negli  anni, 
metterà  tutte  le  sue  forze  e  tutto  il  suo  buon  volere  per  far  pro- 
sperare la  nostra  Istituzione. 

Il  prof.  A.  Salinas,  ottenuta  la  parola ,  dice  che  1'  Assemblea 
nell'atto  stesso  che  dà  il  saluto  al  novello  Presidente,  non  può  non 
rivolgere  il  suo  pensiero  all' ex  -  Presidente,  Senatore  Guarneri, 
memore  di  quanto  Egli  ha  fatto  in  prò  della  Società.  La  So- 
cietà, con  voto  unanime,  esprime  al  Senatore  Guarneri  la  pro- 
pria gratitudine. 


tlÓ  ATTI   DELLA    SOOIETÌ 


Il  Presidente  invita  il  socio  prof.  Salvatore  Romano  a  leggere 
un  suo  lavoro,  intitolato:  Una  Santa  Palermitana  venerata  dai 
Maomettani  in  Tunisi;  e,  finita  questa  lettura,  scioglie  la  seduta. 

Il  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  STRAORDINARIA  DEL  DI  6  SETTEMBRE  1899. 

Presidenza  del  Duca  di  Verdura,  Senatore  del  Regno, 
Presidente. 

Si  apre  la  seduta  alle  ore  13,  essendo  presenti  trentasette  soci, 
e  moltissimi  Signori  e  Signore,  non  appartenenti  alla  Società, 
intervenuti  per  ascoltare  la  conferenza  annunziata  nell'ordine  del 
giorno.  Letto  ed  approvato  il  verbale  della  precedente  adunanza, 
il  Segretario  Generale  presenta  alquanti  libri  pervenuti  in  dono. 
Indi,  dovendosi  passare  alla  elezione  di  nuovi  soci,  lo  stesso  Se- 
gretario Generale  riferisce  che  trovasi  in  Palermo  S.  E.  il  D.""  Onofrio 
Abbate  Pascià,  venuto  per  rivedere  i  parenti  e  fare  una  escur- 
sione in  Sicilia  e  studiarne  le  antichità,  e  ch'egli  ha  espresso  il  desi- 
derio di  leggere  in  questo  Sodalizio  un  suo  lavoro  intitolato  :  La 
Sicilia  e  l'Egitto  nei  loro  antichi  rapporti  (Nuove  ricerche).  Ma 
essendogli  stato  detto  che  le  letture  alla  Società  possono  farsi  sol- 
tanto dai  Membri  di  Essa,  Egli  ha  chiesto  di  esser  fatto  socio;  ed  il 
Consiglio  Direttivo,  a'  termini  dello  Statuto,  ben  volentieri  lo  ha  am- 
messo candidato.  Il  Segretario  Generale  crede  utile  di  aggiungere 
(ignorandolo  forse  alcuni)  che  il  D.'  Onofrio  Abbate  è  Palermitano, 
ma  è  stato  assente  dalla  città  nativa  55  anni;  che  da  giovanetto 
si  diede  agli  studi  egittoloci  e  che  al  1840  pubblicò  un  primo  la- 
voro su  di  Un  Idoletto  egizio  nelle  Effemeridi  scientifiche  e  let- 
terarie per  la  Sicilia,  dirette  allora  da  Ferdinando  Malvica;  che  al 
1843  stampò  nella  Poligrafia  Empedocle  una  illustrazione  di  un  basso 
rilievo  di  Beni-Assan,  lavoro  che  dedicò  a  Luigi  I"  re  di  Baviera; 
che,  studiando  medicina,  attese  con  ispecialità  alla  ottalmiatria  se- 
guendo la  pratica  dell'insigne  oculista  D/  Socrate  Polara.  Il  suo 
ingegno,  i  suoi  sludi  e  la  pratica   medica   oculistica  lo  posero  in 


ATTI   DELLA    SOCIKxi  911 


chiara  luce,  e  gli  procurarono  un'eminente  posizione  presso  il  Ke- 
dive  di  Egitto.  Il  soggetto  che  Egli  intende  trattare  nella  confe- 
renza di  oggi  non  è  che  la  continuazione  degli  studi  di  egittologia, 
da  lui  iniziati  sin  dalla  sua  giovinezza.  Questo  è  1'  uomo  che  il 
Consiglio  Direttivo  propone  come  socio,  resta  alla  Società  di  con- 
fermare siffatta  proposta. 

Dopo  di  avere  il  Segretario  Generale  ciò  detto ,  il  Presidente 
invita  i  soci  alla  votazione,  la  quale  essendo  stata  unanime  pel  sì, 
l'assemblea  applaudisce. 

Il  Presidente  allora  dà  la  parola  a  S.  E.  il  D.'  Abbate.  Egli  ringrazia 
da  prima  la  Società  di  averlo  nominato  socio,  e  poscia  intraprende  la 
lettura  del  suo  lavoro.  Esordisce,  facendo  cenno  dell'antica  civiltà 
mediterranea;  che  dice  essere  uno  dei  problemi  che  maggiormente 
preoccupano  gli  archeologi,  e  gli  etnologi  moderni.  L'oratore,  fon- 
dando la  sua  opinione  su  quella  dell'  egittologo  inglese  Flinders 
Petrie,  nega  che  noi  siamo  debitori  all'  Oriente  di  tutte  le  nostre 
arti ,  essendovi  nei  ricordi  egiziani  quelli  di  una  grande  confede- 
razione, che  abbattè  varie  volte  1'  Egitto:  costituita  dalla  Grecia, 
dall'Asia  Minore,  dall'Italia  e  dalla  Libia  collegate  insieme.  Di  que- 
sta grande  confederazione  ebbero ,  nello  svolgimento  di  arti  e  di 
prodezze,  una  gran  parte,  e  non  minima  di  contatto  con  l'Egitto, 
i  nostri  remotissimi  padri,  i  Siculi,  i  quali  erano  della  stessa  unica 
stirpe  che,  con  varii  nomi,  con  varie  forme  di  civiltà,  con  varia 
lingua  dominò  in  tempi  antichissimi  il  Mediterraneo.  Ed  a  questo 
punto  il  Dott.  Abbate  s'intrattiene  a  parlare  dei  primi  periodi  Si- 
cano-Siculi,  e  della  vigoria  d'animo,  delle  aspirazioni  e  della  bal- 
danza di  opere  e  di  fatti  di  queste  genti. 

Passa  quindi  più  direttamente  a  ragionare  dei  rapporti  tra  la 
Sicilia  e  l'Egitto,  argomento  della  conferenza ,  e  ricorda  che  al 
tempo  del  Faraone  Meneftah  varii  popoli  stranieri  attaccarono  la 
sacra  terra  di  Osiride.  Tra  i  popoli,  appartenenti  alle  regioni  del 
mare,  i  quali  fecero  delle  incursioni  allora  in  Egitto  ,  sono  com- 
presi e  nominati  segnatamente  i  Sahalas,  ossia  i  Siculi.  Era  bel- 
licosa non  solo,  ma  valorosissima  questa  gente  Sicula.  I  monu- 
menti egizii  ce  ne  danno  la  più  alta  e  solenne  testimonianza. 
Ed  in  vero ,  i  più  splendidi  e  grandiosi  monumenti  eretti  dai 
Faraoni  sono  quelli  di  Meneftah  I  ;  ed  è  rimarchevole  che  questo 
principe  non  abbia,  scelto  e  preferito   per  celebrare  le  sue  vitto- 


712  ATTI   DELLA    SOCIKTÀ 


rie  altra  località,  se  non  quella  di  Karnak,  ove  si  trovavano  come 
riassunte  le  glorie  di-  Ramses  II  (Sesostri).  È  sulla  superfìcie  del 
gran  muro  che  si  eleva  tra  il  quarto  e  il  sesto  pilone  di  questo 
stragrande  insieme  di  superbi  monumenti  a  Karnak  che  Meneftah 
fece  scolpire  i  suoi  riportati  trionfi  su  i  Libii  (i  Rebu)  assistiti 
dalle  nazioni  europee  —  pelagi,  gente  del  mare  —  nazioni  che  fi- 
guravano per  la  prima  volta  in  ostile  contatto  con  gli  Egiziani. 
La  confederazione  libica,  comandata  dal  re  dei  Libii  Marmaiu,  fi- 
glio di  Deid,  comprendeva  tra  le  nazioni  europee,  e  specialmente 
mediterranee,  gli  Achei,  gli  Etruschi,  i  Sardi  e  i  Siculi.  Oltre  a  ciò, 
a  Karnak  un'iscrizione  nel  tempio  di  Medinel- Habu-ci  parla  di 
queste  confederazioni,  unite  dai  capi  dei  Libii ,  citando  espressa- 
mente gli  Etruschi,  i  Sardi,  i  Siculi. 

L'iscrizione  del  monumento  grandioso  di  Karnak,  che  riferisce 
questa  guerra  tra  Libii  e  Siculi  con  gli  Egiziani,  è  stata  parzial- 
mente copiata  da  Brugsch,  interamente  dal  Diimichen  ed  analiz- 
zata dal  De  Rougé. 

La  definizione  speciale  dei  Siculi  vi  si  legge  nel  nome  Saha- 
lesa  (1),  e  questo  antico  nome  geroglifico- fonetico  è  identificato  al 
Siculus  dei  latini  e  al  SexeXo;  dei  greci. 

Come  rilevasi  dai  monumenti,  i  Siculi,  guerreggiando  accanto 
ai  Libii,  portano  il  caschetto  speciale  con  due  corna  laterali,  senza 
però  della  palla  in  cima  all'  elmo,  eh'  era  segno  degli  altri  con- 
federati. 

Rimarchevolissime  sono  le  navi  proprie,  sulle  quali  guerreg- 
giavano i  Siculi.  L'arme  adottata  dagli  altri  confiderati  era  una 
daga  a  due  tagli  e  uno  scudo;  ma  i  Siculi  portavano  una  lunga 
spada  e  una  picca  o  lancia  (2). 

Questi  rapporti  tra  i  Siculi  e  1'  Egitto  rimontano  ad  epoca 
antichissima.  Rapporti  più  recenti  trova  il  Dott.  Abbate  nei  culti 
egiziani  adottati  in  Sicilia.  E  sebbene,  egli  dice,  dai  Fenici  abbiano 
potuto  essere  importate  costumanze  semitiche  o  camitiche,  a  me 
pare  che  le  testimonianze  di  monete  siracusane,  messinesi  e  cata- 
nesi,  che  offrono  l'impronta  religiosa  egiziana ,   debbano   rappor- 


(1)  Vedi  il  geroglifico  nel  foglio  annesso. 

(2)  Vedi  (Igura  nel  foglio  annesso. 


ATTI   DELLA.    SOCIETX  713 


tarsi  ad  epoche  posteriori,  ed  abbiano  potuto  avere  origine  da  rap- 
porti diretti,  forse  anche  ai  tempi  di  Gerone  II. 

Dell'epoca  musulmana  in  Sicilia ,  il  Dott.  Abbate  riferisce  un 
fatto  di  eccezionale  coincidenza  nei  rapporti  tra  la  Sicilia  e  l'Egitto. 

É  strano,  ei  dice,  ed  è  un  fatto  di  considerevole  combinazione 
storica,  che  la  più  grande,  la  più  gloriosa,  la  prima  Moschea  ce- 
lebrata da  tutto  il  mondo  islamo  dottrinale  ElAzfiar,  fondata  con- 
temporaneamente al  tracciato  e  alla  fondazione  del  Gran  Cairo, 
sia  stata  opera  di  un  Siciliano,  che  la  eresse  e  la  completò.  È  stra- 
nissimo altresì  che  nessuno  degli  scrittori  arabi  abbia  fatto  men- 
zione di  questa  particolarità,  e  che  il  solo  Maquizi  ce  ne  dia  una 
chiara  e  precisa  testimonianza.  Gli  storici  tutti  parlano  bensì  della 
fondazione  del  Cairo  e  della  Moschea,  ma  sono  muti  assolutamente 
sulla  grande  iscrizione,  che  riportava  l'evento  auspicato  e  geniale. 

Nasce  il  sospetto,  che  questo  silenzio  sull'  autore  della  grande 
Moschea  metropolitana,  sia  stato  appositamente  serbato  per  pre- 
giudizio nazionale  e  religioso,  rilevandosi  dalla  iscrizione  che  fu 
il  siciliano  Gohar.  Potrebbe  dirsi  altresì  che  fosse  stata  distrutta 
negli  ultimi  tempi  dopo  Moez,  perchè  invisa  al  rito  dei  Fatimiti. 
Certo  si  è,  che  non  se  ne  è  potuta  rinvenire  la  benché  minima 
traccia. 

Nella  metà  del  IV  secolo  dell'egira  cominciò  la  decadenza  della 
dinastia  acchidita,  che  regnava  allora  sull'Egitto.  Il  Califo  fatimita 
d'El-Magreb,  El-Moez-li-Din-Allah,  giudicando  il  momento  propizio 
per  fare  la  conquista  dell'Egitto,  inviò  un'armata  sotto  il  comando 
di  Gohar,  il  Siciliano. 

In  quel  torno ,  delle  dissenzioni  politiche  e  delle  rivalità  reli- 
giose di  rito ,  mettevano  alle  prese  i  Fatimiti  d'  El-Magreb,  e  gli 
Abassidi  di  Bagdad.  Il  Califo  Moez  con  la  determinazione  d'impa- 
dronirsi dell'Egitto,  voleva  assicurarsene  il  tiionfo ,  e  riunire  in- 
tanto nel  suo  pugno  1'  autorità  di  tutto  l' Islam.  Fu  dunque  per 
realizzare  questi  progetti  che  ingiunse  a  Gohar,  che,  appena  con- 
quistato l'Egitto,  avesse  a  costruire  una  nuova  città  che  sarebbe 
la  capitale  dei  califi  fatimiti  e  hi  metropoli  del  culto  musulmano. 
Gohar,  confoi'mandosi  alle  istruzioni  del  suo  signore,  fondò  Cahira, 
e  nella  parte  orientale  di  essa,  presso  il  muro  di  cinta,  fece  elevare 
la  celebre  Moschea,  conosciuta  prima  sotto  il  nome  di  Moschea 
di  Cairo,  poi  quale  Università  ed  emporio  di  dottrina  islamica 
El-Azhar. 


714  ATTI    DELLA    SOOIEtX 


Gohar  fece  scolpire  in  giro,  esternamente  alla  cupola  che  so- 
vrasta la  prima  galleria  a  diritta  del  Mihrab  e  del  Minbm\  l'i- 
scrizione seguente,  conservata  da  Maqrizi  : 

«Costrutta  per  ordine  di  Abdullah  Abu  Tamim  Moàd  l'Imam 
«  El-Moez  li  Din- Allah,  comandante  dei  credenti— che  le  benedizioni 
«  di  Dio  siano  su  lui,  su  i  suoi  padri  e  su  i  suoi  figli  più  vene- 
«  rabili  —  per  le  cure  del  suo  servo  Gohar,  lo  scrittore,  origina- 
«  rio  della  Sicilia,  l'anno  360.  » 

Degli  storici,  alcuni  chiamano  Gohar  ii  celebre  generale  ;  altri 
soltanto  il  segretario  del  Calila  Muez  ;  ed  altri  il  greco  :  voce  ge- 
neralmente applicata  a  tutte  le  popolazioni  mediterranee.  Ma  il 
Siciliano  emerge  con  non  dubbie  lettere,  concordando  perfettamente 
con  la  storia  del  Califa,  di  cui  Gohar  fu  un  liberto. 

Concludendo  la  sua  conferenza,  il  Dott.  Abbate  dice  così  : 

«  Avrei  potuto,  o  Signori,  cennarvi  che  altri  fatti  di  tal  genere 
sonosi  svolti  dopo  quelle  lontane  epoche;  come,  tra  tanti,  il  fatto 
stranissimo  di  un  Siciliano  che,  buttato  dalla  tempesta  tra  le  sirti 
della  Cirenaica,  e  recatosi  da  quelle  sabbie  all'Oasi  di  Siwah  (l'an- 
tico Oasi  di  Ammone)  abbracciato  l'islamismo,  si  ebbe  onori  e 
venerazione  fatidica  in  tutta  quella  regione  del  deserto. 

Avrei  potuto  cennarvi  altre  fortuite  relazioni  tra  la  Sicilia  e 
l'Egitto  ;  ma  sconfinerei  dallo  stretto  campo  prefissomi ,  e  il  mio 
compito  era  solo  di  segnalarvi  con  rapido  sguardo  le  più  antiche 
e  remote,  che  possono  interessare  la  nostra  storia.  » 

L'oratore  è  vivamente  applaudito,  ed  il  Presidente,  lo  ringrazia 
e  scioglie  la  seduta. 


Il  Segretaì'ìo  Gemicale 
I).'  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DI  8  OTTOBRE  1890. 

P/rsidenzn  rfcl  Duca  di   Verdura,  Senatore  del  h'cr/no, 
I^'esidente. 

La  sala  è  gremita  di  soci  e  di  numeroso  |)\iM»li('(>.  iulci-vcnulo 
pei*  assislcrt'  alla  scdiila. 


M..-- 


tMlk-J|^*«Mf  il^ 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  715 


Occupa  il  posto  della  Presidenza  S.  E.  il  Gav.  Francesco  Grispi, 
Presidente  onorario  della  Società.  Il  Presidente,  Senatore  Duca  di 
Verdura,  siede  alla  destra  di  lui. 

Aperta  la  seduta,  il  Presidente  nel  salutare  il  Gav.  Crispi  che 
ha  voluto  assistere  alla  presente  riunione,  fa  cenno  delle  bene- 
merenze di  lui  inverso  la  Società  di  Storia  Patria.  Le  parole  del 
Presidente  ottengono  l'adesione  e  l'applauso  della  adunanza. 

Indi  il  Segretario  Generale  legge  il  verbale  della  seduta  pre- 
cedente, che  resta  approvato,  e  presenta  alquanti  libri  pervenuti 
in  dono  da  soci  o  dai  propri  autori. 

Dovendosi  in  seguito  passare  alla  elezione  di  nuovi  soci,  su 
proposta  del  prof.  Sansone,  tale  operazione  si  rimanda  alla  ven- 
tura riunione. 

Il  Presidente  allora  invita  li  socio  can.  Beccaria  a  dar  lettura 
del  suo  lavoro  indicato  nell'ordine  del  giorno. 

Salita  la  tribuna ,  1'  oratore  dà  un  saluto  al  Presidente  ono- 
rario, rammentando  che  il  Gav.  Grispi  nelle  ultime  due  volte  ch'è 
intervenuto  alle  sedute  della  Società,  ha  dovuto  sentire  a  parlare  di 
due  umanisti  siciliani;  la  prima  volta  al  1895,  quando  si  celebrò  la 
festa  centennaria  di  Antonio  Veneziano,  la  seconda  oggi,  in  cui  è 
dato  all'oratore  di  parlare  di  Vincenzo  Golocasio,  altro  valoroso 
umanista. 

Dopo  di  che,  il  Beccaria  legge  alcuni  brani  del  suo  lavoro,  re- 
lativi alla  vita  e  a  talune  opere  del  detto  Golocasio,  e  viene  alla 
fine  applaudito.  Il  Presidente  scioglie  quindi  la  seduta. 

Il  Segretario  Generale 
DJ  GiUDEPPE  Lodi. 


SEDUTA  DEL  DI  19  NOVEMBRE  1899. 

Presidenza  del  Duca  di  Verdura,  Senatore  del  Regno, 
Presidente. 

Aperta  la  seduta,  il  Segretario  Generale  legge  il  verbale  della 
seduta  precedente  ch'è  approvato.  Gomunica  poi  taluni  doni  di  li- 
bri fatti  dal  Presidente  Duca  di  Verdura,  dal  socio  senatore  Guar- 


716  ATTI   DRLLA   SOOIBTÀ 


neri,  dal  tedesco  prof.  Kher  e  da  altri  soci  ;  e  cennando  al  dono 
del  Duca,  fa  notare  come  la  raccolta  completa  degli  opuscoli  di 
Autori  siciliani  in  29  volumi  è  oramai  divenuta  rara  e  perciò  più 
pregevole,  e  che  le  Tavole  fotografiche  rappresentanti  i  putti  del 
nostro  celebre  Serpotta  sono  uno  splendido  regalo  da  lui  ora 
fatto  alla  Società,  Lo  stesso  Segretario  Generale  infine  presenta 
una  medaglia  simile  a  quella  fatta  coniare  per  l'ottantesimo  anni- 
versario di  Francesco  Grispi,  nostro  Presidente  onorario,  donata 
dal  Gomitato  per  le  onoranze  al  detto  Gav.  Grispi;  facendo  osser- 
vare che  di  tali  medaglie  furono  di  proposito  coniate  in  argento 
soltanto  tre:  una  per  la  nostra  Società,  una  pel  Museo  nazionale 
ed  una  terza  pel  Municipio. 

Dopo  di  ciò  si  passa  alla  elezione  di  nuovi  soci,  e  vengono  alla 
unanimità  eletti  1  signori: 

Prof.  Valentino  Labate,  Prof.  Nicolò  Marino,  Gav.  Giuseppe  La 
Rocca,  Gav.  Giovanni  Mule  Bertelo,  Prof.  Domenico  De  Fonzo  e 
sig.  F.  Ghalandon. 

Terminata  la  votazione,  il  Presidente  invita  il  socio  can.  Di 
Bartolo  a  dar  lettura  del  suo  lavoro  intitolato  :  Su  taluni  fram- 
menti inediti  di  una  magistratura  abolita.  Un  tal  lavoro  viene  ac- 
colto con  gradimento  dagli  uditori,  e  l'autore  in  fin  di  seduta  con- 
segna al  Segretario  Generale  i  documenti  originali,  che  ne  diedero 
origine,  per  conservarsi  tra  i  manoscritti  della  biblioteca  sociale. 
La  seduta  ha  termine  alle  ore  d5  e  */^. 

Il  Segretatno  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


ADUNANZA  DELLA  SOGIETÀ  DEL  GIORNO  10  DIGEMBRE  1899. 
Presiede  il  socio  can.  Beccaria,  Direttore  della  i*  classe. 

Aperta  la  seduta,  il  Segretario  Generale  legge  il  verbale  della 
precedente  che  resta  approvato. 

Indi  comunica  l'adesione  a  soci  de'  signori  Ghalandon,  Marino, 
Labate  e  Mule  Bortolo. 

Poscia  presenta  la  nota  di  tre  candidati  per  essere  eletti  soci. 


ATTI   DELLA    SOCIETX  717 


Dessi  sono  :  Il  Prof.  Francesco  Ricciardi,  Preside  del  nostro  Isti- 
tuto Tecnico,  il  Prof.  Pietro  Barcellona  e  il  Prof.  Giuseppe  Damia- 
ni Almeydi^.  Fatta  la  votazione,  riescono  tutti  e  tre  eletti. 

Lo  stesso  Segretario  Generale  poi  dà  notizia  di  alcuni  libri 
pervenuti  in  dono  alla  Società  ,  tra  i  quali  due  del  benemerito 
Senatore  Guarneri  ;  e  di  tali  libri  egli  legge  i  titoli. 

Il  socio  prof.  Romano  jiggiunge,  il  dono  di  una  pubblicazione, 
fatta  dalla  Società  geografica  italiana,  di  cui  egli  è  membro,  che  ha 
per  titolo  :  Sfere  terrestri  e  celesti  di  Autore  Italiano  oppure  fatte 
0  conset'vate  in  Italia,  ed  accenna  a  quanto  in  essa  riferiscesi  alla 
Sicilia,  promettendo  farne  una  recensione  nell'  Archivio  Storico 
Siciliano. 

A  tutti  i  generosi  donatori  <i  è  dal  Seeretario  Generale  rivolta 
a  nome  della  Società  una  parola  di  ringraziamento. 

Dopo  di  che,  il  Segretario  Generale  crede  suo  dovere  far  co- 
noscere alla  Società  che  il  Vice-Presidente  signor  Principe  di  Fi- 
talia,  pria  di  assentarsi  da  Palermo  nel  Luglio  passato,  fece  perve- 
nire alla  Segreteria  una  sue  lettera,  nella  quale  tornava  a  dare  le 
dimissioni  della  sua  carica;  il  che  altra  volta  aveva  fatto.  Il  Con- 
siglio Direttivo,  credette  opportuno  di  non  prendere  alcuna  delibe- 
razione sul  proposito  sino  al  di  lui  ritorno  in  Palermo.  Ora  però 
ch'è  tornato,  il  Consiglio  crede  opportuno,  che  si  nomini  una  Com- 
missione apposita  per  recarsi  dal  detto  Principe ,  e  pregarlo  di 
desistere  dalle  date  dimissioni.  S'interpella  perciò  la  Società  se  con- 
sente alla  proposta  del  Consiglio  Direttivo,  e  nel  caso  affermativo 
di  scegliere  tra  i  soci  coloro  che  debbono  far  parte  di  tale  Commis- 
sione. Parlano  sul  proposito  l'avv.  Pace  e  il  piof.  Pitrè ,  e  final- 
mente si  delibera  in  conformità  alla  proposta  del  Consiglio  Diret- 
tivo. La  Commissione  viene  composta  di  cinque  membri:  tre  ap- 
partenenti al  Consiglio  Direttivo,  che  sono  il  Barone  Starrabba, 
il  D.'  Pitrè  e  il  can.  Beccaria,  e  due  Soci  cioè  il  Prof.  Sampolo 
e  l'avv.  Pace. 

Non  essendovi  altre  comunicazioni  a  fare ,  il  Presidente  dà  la 
parola  al  socio,  Dott.  Giuseppe  Pitrè,  che  legge  uno  studio  Sulle 
feste  patronali  in  Sicilia ,  basato  sopra  la  conoscenza  di  cento- 
cinquanta di  esse. 

Ietto  dell'antico  costume  dei  popoli  di  mettersi  sotto  la  prote- 
zione di  una  divinità,  entra  nelle  vicende  del  patronato  dei  Santi 

Areh.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  46 


718  ATTI    DELLA    SOCIETX 


in  Sicilia.  Ogni  Santo  patrono  ha  la  una  leggenda,  per  lo  più  lo- 
cale. Le  leggende  possono  divirsi  per  gruppi,  ed  ogni  gruppo  co- 
stituisce un  tipo  speciale.  Importante  sopra  tutti  è  quello  che  si 
riferisce  alla  lotta  dei  Normanni  contro  i  Saraceni  in  varie  con- 
trade dell'isola.  Il  culto  reso  dal  popolo  siciliano  ai  Santi  patroni 
spesso  supera  quello  che  si  deve  a  Dio.  Le  feste  dalla  chiesa  si 
portan  fuori,  e  diventano  chiassose  e  strepitose.  La  stagione  di  esse 
è  la  estate,  principiando  però  dalla  primavera  e  finendo  ai  primi 
dell'autunno. 

Tra  gli  spettacoli  più  notevoli  sono  da  ricordarsi  quelli  che 
commemorano  combattimenti  arabo-normanni,  le  sacre  rappresen- 
tazioni mute,  ossia  le  dimostranze,  i  ca7^ri  tìHonfali,  i  presenti,  i 
dlii  e  via  discorrendo. 

Dalla  rassegna  di  si  fatti  spettacoli  l'autore  è  tratto  ad  accen- 
nare ad  alcune  linee  etnografiche  siciliane,  che  si  traducono  nelle 
penitenze  e  nelle  gare  religiose  nella  provincia  di  Siracusa;  ed  in 
molte  altre  usanze ,  credenze ,  superstizioni  e  reminiscenze  del 
paganesimo. 

Nella  conclusione,  l'autore  rileva  quanto  profitto  possano  ca- 
vare, anche  dalle  feste  patronali ,  i  folkloristi ,  i  sociologi  e  i  fi- 
losofi. 

Finita  la  lettura,  ch'è  vivamente  applaudita  dai  molti  soci  pre- 
senti, il  Presidente  scioglie  la  seduta. 


E  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi. 


SEDUTA  STRAORDINARIA  DEL  DÌ  17  DICEMBRE  1899. 

Presidenza  del  L'iica  di  Verdura,  Senatore  del  Regno, 
Presidente. 

Sono  presenti  ii.  /»')  socii ,  ed  essendo    legalo   il    numero  degli 
Inlerveiiuti.i!  rrosidenU;  di(;hiara  aperta  la  seduta  alle  ore  14  V*- 


ATTI   DELLA    800IBTÀ.  719 


Il  Segretario  Generale  dà  lettura   del   processo   verbale  della  se- 
duta precedente,  che  viene  approvato. 

Il   Presidente  dà  la   parola  al  Vice    Segretario,  avv.   Falcone, 
per    riferire    intorno    al    bilancio    presuntivo    del    1900 ,   il    cui 
progetto  è  stato  già   discusso    ed  approvato   dal   Consiglio  Diret- 
tivo. Il  Relatore  comincia    dal    far  rilevare   che  il   bilancio   del- 
l' esercizio  1900  ascende  in  complesso  a  L.  13662,80,   vai   quanto 
dire,  presenta   una  differenza  in   meno  di  L.  7224,20    su   quello 
dell'  esercizio    precedente ,  che  ascendeva  a   L.   20887.   La   diffe- 
renza ,  comunque   sensibile ,  si  spiega   subito  ,   considerando   che 
alla  parte  straordinaria  dell'  esercizio  1899,   era  allogata  la  bella 
resta  di  cassa  a  31  dicembre   1898  di  L.  5800    (quesf  anno  se  ne 
prevedono  solo  L.  1000),  e  dipendente  nella  sua  più  grande  parte 
dalle  largizioni  straordinarie  accordate  dei  ministri   Rudinì  e  Go- 
dronchi,  quando,  or  sono  pochi  anni,  eglino  sedettero  nei  Consigli 
della  Corona  ;  e  che  in  esso  ancora,  alla  parte   ordinaria  ed  alla 
straordinaria  facevasi  una  previsione  di  L.  2000  per  sussidii  dal- 
l'autorità municipale,  tra  cui  quello  in  occasione  del  VII  Congresso 
Storico  Italiano  :  queste  sole  due  cifre  infatti  portano  la  non  lieve 
differenza  di  L.  6800.  Le  altre  poche  centinaia  di  lire  che  ci  vo- 
gliono a  raggiungere  le  L.  7224,20,  dipendono   da   variazione   in 
più  od  in  meno  alle  allogazioni  nei  varii  articoli,  che  riguardano 
le  entrate  per  contributi  di  enti  morali,  per  abbonamenti  al  Pe- 
riodico ed  ai   Documenti ,  per  vendita  delle  nostre  pubblicazioni; 
e  tra  queste  partite  con  un  senso   di   doloroso    rincrescimento  si 
nota  il  vedere  venir   meno  i  contributi  di  socii  e  di  enti  morali, 
i  quali  pur  troppo  mancano,  e  da  qualche  anno,  al  pagamento  delle 
azioni  sottoscritte.  Salvo  un  esame   più   particolareggiato  e  com- 
pleto dei  residui  attivi  del  consuntivo  189'J ,  che  valga  meglio  ad 
acclarare  la  posizione  di  ciascuno,  parve  opportuno  e  prudente  al 
Consiglio  Direttivo  limitare  a  900  il  numero  delle  azioni  da  parte 
dei  socii,  con  una  riduzione  di  100  da  quelle  che  erano  nel  1899; 
ed  accertare,  per  le  debite  annotazioni  ai  rispettivi  articoli,  con 
serio  e  ponderato  giudizio   quali  fossero   gli   enti  su  cui  fare  as- 
seguamento  sicuro  per  il  pagamento  sia  delle   contribuzioni,  che 
delle  associazioni ,  in  previsione  anche  alle  pubblicazioni  che  po- 
tranno essere  fatte  nel  corso  del  1900.  Anche  la  previsione  per  la 
vendila  dei  volumi   pubblicati  è  stata   ridotta  :   del   resto   è  stata 


^20  ATTI    DELLA    SOOIExl 


sollecitudine  primissima  del  Consiglio  quella  di  far  rispondere  le 
previsioni  alla  realtà ,  in  quanto  se  ciò  deve  esser  pensiero  co- 
stante di  qualunque  amministrazione,  lo  è  con  più  forte  ragione 
di  un  istituto,  come  il  nostro,  il  quale  dai  contributi  dei  consociati 
trae  principalmente  le  sue  risorse.  Così  è  pertanto  che  il  preven- 
tivo in  esame  non  tiene  conto  di  alcun  sussidio  da  parte  del  Mu- 
nicipio di  Palermo,  dal  quale  del  resto  nulla  si  riscosse,  né  ci  sarà 
modo  di  riscuotere,  delle  L.  2000  iscritte  per  sussidii  del  1899 ,  e 
dal  quale  è  abbastanza  nota  la  condizione  economico-finanziaria, 
per  poter  con  sicuro  fondamento  asserire  che  sarebbe  stato  affatto 
fallace,  e  sarebbe  pretta  illusione  fare  pur  ricordo  di  tale  entrata. 
E  conviene  ad  ogni  modo  augurare,  osserva  il  Relatore,  che,  quale 
che  possa  essere  questa  condizione  economico-finanziaria,  l'Ammi- 
nistrazione municipale  si  farà  un  dovere  di  corrispondere  sempre 
le  100  azioni  sottoscritte  :  che  ciò  consente  la  legge,  e  richiede 
la  dignità  di  essa ,  il  decoro  della  città  ,  la  tradizione  ininter- 
rotta ed  onorata  che  il  Municipio  Palermitano  vanta  verso  tutto 
ciò  che  giova  a  mantenere  ed  accrescere  la  cultura  letteraria 
e  scientifica  del  paese.  Di  sussidii  o  largizioni  eventuali  che 
dir  si  vogliano ,  pertanto  abbiamo  conservato  solo  quello  che 
ci  vien  largito  dalla  benemerita  Gassa  di  Risparmio,  e  del  man- 
tenimento di  esso  ci  dà  ragione  a  sperare  la  costanza  con  la 
quale  ogni  anno  ci  viene  corrisposto,  onde  è  che  per  noi  rap- 
presenta una  vera  e  propria  entrata  ordinaria.  Se  adunque  alle 
L.  6800  tra  resta  di  cassa  e  sussidii  e  alle  L.  500  importare  delle 
100  azioni  dei  sodi,  di  cui  si  è  discorso ,  voi  aggiungete  altre 
L.  320,  che  sono  quelle  che  ci  vengono  meno  o  da  contributi  di 
enti  morali  o  da  abbonamenti  alle  pubblicazioni  o  da  vendita  di 
volumi  delle  pubblicazioni  stesse,  se,  cioè,  da  un  totale  di  L.  7620 — 
che  a  tanto  ammontano  le  variazioni  in  meno  del  1900  sul  1899— 
si  deducono  le  L.  395,80,  cui  ascendono  le  poche  variazioni  in  più, 
dipendenti  sovratutto  da  un  migliore  accertamento  di  partite  at- 
tive, conservando  le  allogazioni  già  fatte  dal  Consiglio  Direttivo, 
giusta  le  ragioni  sommariamente  esposte ,  si  perviene  alla  diffe- 
renza difflnitiva  fin  da  principio  notata  che  è  di  L.  7224,20.  Per- 
tanto le  L.  13662,80,  ammontare  deirattività  ordinaria  e  straordi- 
naria, sono  cosi  costituite: 


ATTI   DELLA   SOOI^tI  721 


Contribuzioni  sociali L.  7635  — 

Rendita  sui  fondi  pubblici ,  100  — 

Associazioni  al  Periodico  ed  ai  Documenti   .        .      »  207,80 

Introiti  eventuali »  1600  — 

Fondo  di  cassa  e  residui  attivi  degli  esercizii  prece- 
denti            »  4120  — 


Sono  le  L.  13662,80 


Nella  parte  passiva  poi,  segue  a  dire  il  Relatore,  oltre  ad  eco- 
nomie nelle  spese  di  amministrazione  ed  ad  altre  minori  previ- 
sioni, di  cui  si  dà  conto  nelle  variazioni  ai  singoli  articoli,  abbia- 
mo sopratutto  spese  di  qualche  importanza  che  vengono  meno. 
Tali  le  L.  3000  corrisposte  al  Rutelli,  giusta  la  deliberazione  con- 
siliare 9  novembre  1898,  le  L.  2500  allogate  per  arredamento  dei 
locali,  a  quale  scopo  si  è  fatta  la  pi'evisione  di  cui  si  dirà  in  se- 
guito, e  le  L.  8000  per  far  fronte  i^Ue  spese  occasionali  al  Con- 
gresso (le  quali  dovranno  realizzarsi  nel  1900,  imputandosi  sul 
fondo  del  bilancio  precedente  a  ciò  impegnato)  ;  ed  è  cosi  che  si 
raggiungono  L.  10224i,20  in  meno  delle  previsioni  della  spesa  or- 
dinaria e  straordinaria  del  1900  sul  1899,  da  cui  deducendo  L.  3000 
di  maggiore  spesa,  consegue  la  cennatadifferenza  ultima  diL.  7224,20, 
onde  la  spesa  difflnitiva  di  L.  18662,80  che  pareggia  con  l'entrata. 
Le  L.  8000  di  maggiore  spesa  vanno  imputate  per  L.  1000  alle 
spese  di  pubblicazioni  (art.  16),  per  L.  1500  alle  spese  di  arreda- 
mento dei  locali  sociali  (art.  31),  e  per  L.  500  alla  maggior  som- 
ma occorrente  per  completare  la  2»  rata,  dilazionata,  dovuta  al  si- 
gnor Rutelli  per  i  lavori  forniti.  Non  si  è  tralasciato  poi  anche 
quest'anno  di  allogare  un  fondo  in  corrispondenza  alle  possibili 
cancellazioni  di  residui  attivi  (art.  34),  ed  il  fondo  di  riserva  (ar- 
ticolo 85)  servirà,  insieme  alle  imprevedute  della  parte  ordinaria, 
di  seguito  a  deliberazione  del  Consiglio  Direttivo,  ad  impinguare 
i  varii  articoli  di  spese  ed  a  far  fronte  ad  altre,  occasional- 
mente al  VII  Congresso  Storico  Italiano,  per  le  quali,  come  si  è 
detto,  rimane  impegnata  la  somma  allogata  allo  art.  86  del  bilan- 
cio del  precedente  esercizio.  Riassumendo  pertanto  le  L.  13662,80 
della  passività  sono  così  costituite  : 


722  ATTI    DELLA    SOCIETX 


Pubblicazioni L.  5100  — 

Acquisto  e  rilegatura  di  libri »  200  — 

Imposte  e  ritenute »  355  — 

Spese  di  amministrazione »  1430  — 

»        manutenzione  stabile  e  arredamento  locali  »  2000  — 

Imprevedute *  457, 80 

2.*  rata  dilazionata  Rutelli *  3500  — 

Fondo  per   far   fronte   alle   cancellazioni   di   residui 

attivi *  300  — 

Fondo  di  riserva *  320  — 


Sono  le  L.  13662,80 


Compiuta  così  la  esposizione  fatta  dal  Relatore,  e  ritenendosi 
non  essere  il  caso  di  una  discussione  generale,  si  passa  alla  discus- 
sione degli  articoli,  di  cui  si  dà  lettura,  e  che  vengono  mano  mano 
approvati,  giusta  gli  stanziamenti  fatti  dal  Consiglio  Direttivo.  Da 
ultimo  si  vota  l'intero  progetto  di  bilancio  presuntivo  per  l'eser- 
cizio 1900,  che  in  complesso  ammonta  a  L.  13662,80.  Detto  bilan- 
cio resta  allegato  al  presente  processo  verbale,  segnato  di  let- 
tera A. 

Di  seguito  il  Segretario  Generale  presenta  il  conto  consuntivo 
dell'esercizio  1898,  domandando  che  siano  nominati  i  revisori  che 
ne  riferiscano,  per  l'approvazione,  alla  Società.  L'  assemblea  deli- 
bera che  il  detto  conto  sia  esaminato  dagli  stessi  revisori  del  con- 
suntivo 1897,  i  socii  signori  Martinez  e  Serio. 

Lo  stesso  Segretario  Generale,  riferendosi  alle  precedenti  co- 
municazioni al  riguardo,  informa  l'assemblea  dell'insistente  rifiuto 
del  signor  Principe  di  Fitalia  a  recedere  dalle  rassegnate  dimis- 
sioni da  Vice  Presidente. 

Legge  pertanto  la  lettera  dallo  stesso  Principe  inviata  alla 
Commissione,  che  da  lui  si  era  recata  a  presentare  il  voto  dell'as- 
semblea. 

Non  rimane  quindi  che  accettare  le  dimissioni  e  passare  alla 
uomìua  del  Vice  Presidente,  ed  anche,  nella  seduta  odierna,  do- 
vrà procedersi  alla  nomina  di  due  consiglieri,  in  sostituzione  dei 
signori  Saloinoin;  Marino  o  Trnvali,  usccditi  (lall'iidlcio,  e  non  l'io* 


ATTI   DELT-A    SOCIETX  72^ 


liggibili  ai  sensi  delle  disposizioni  dello  Statuto.  Accettate  le  pro- 
poste del  Segretario  Generale,  si  procede  alla  votazione,  e  prima 
a  quella  per  la  nomina  del  Vice  Presidente.  Assistono  da  scruta- 
tori i  socii  Mango  e  Siciliano  Luigi. 

Raccolte  le  schede  per  appello  nominale  e  fattasene  la  lettura, 
si  ottiene  il  seguente  risultato:  Presenti  45;  astenuti  2;  votanti 
43  ;  maggioranza  22. 

Dott.  Giuseppe  Pitrè        voti  36 
Principe  di  Scalea  »      7 

Il  Presidente  proclama  eletto  V^ce  Presidente  il  dott.  Giuseppe 
Pitrè. 

Con  lo  stesso  metodo  si  procede  allo  spoglio  delle  schede  per 
la  votazione  dei  due  Consiglieri  ;  e  si  ha  il  risultato  che  segue: 
Presenti  45;  astenuti  2;  votanti  43;  maggioranza  22. 

Prof.  Giuseppe  Patricolo  voti  33 

Dott.  Ferdinando  Lionti  »  19 

Prof.  Luigi  Sampolo  »  17 

Francesco  Varvaro  Pojero  »  10 

Dott.  Carlo  Alberto  Garufi  »  2 

Prof.  Giuseppe  Cosentino  »  1 
Voti  dispersi  numero  3. 

È  proclamato  eletto  il  prof.  Giuseppe  Patricolo  e  non  essendosi 
da  nessuno  degli  altri  tutti  raggiunta  la  maggioranza  assoluta,  si 
procede  ad  altra  votazione,  la  quale  dà  il  risultato  seguente:  Pre- 
senti 42;  astenuti  2;  votanti  40;  maggioranza  21. 

Dott.  Ferdinando  Lionti  voti  17 

Prof.  Luigi  Sampolo  »  i2 

Francesco  Varvaro  Pojero  »  9 

Dott.  Carlo   Alberto   Garufi  »  1 
Schede  bianche  num.  1. 

Non  essendosi  anco  in  questa  seconda  votazione  raggiunta 
da  alcuno  la  maggioranza  assoluta,  il  Presidente   dichiara  che  si 


724  ATTI    DELLA    SOCIETÀ. 


dovrà  procedere  alla  votazione  di  ballottaggio  tra  i  signori  Lionti 
e  Sampolo,  che  ottennero  il  maggiore  numero  di  voti.  Raccolte  le 
schede  e  fattone  lo  spoglio,  si  ha  il  risultato  seguente,  cioè:  Pre- 
senti 41;  astenuti  2;  votanti  39;  maggioranza  20. 

Prof.  Luigi  Sampolo  voti  21 

Dott.  Ferdinando  Lionti         »     17 
Schede  bianche  num.  1. 

Vien  proclamato  eletto  il  prof.  Luigi  Sampolo.  E  però,  giusta 
lo  Statuto,  i  signori  professori  Patricolo  e  Sampolo  faranno  parte 
del  Consiglio  Direttivo  per  il  triennio  dal  1°  gennaio  1900  al  31 
dicembre  1902. 

Non  essendovi  altri  affari  da  trattare,  alle  ore  15  ^/^ ,  il  Pre- 
sidente dichiara  sciolta  la  seduta. 

Il  SegretaìHo  Generale 
DJ  Giuseppe  Lodi 


^<r<^6y3^l^'?--«y»o 


Allegato  A. 


SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


BILANCIO    PRESUNTIVO 

per  ranno  1900. 


Areh.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXIV.  47 


726 


ATTI   DELLA    SOCIEtX 


Numero 


OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 


PARTE  PRIMA  —  ATTIVITÀ 


Sta 


1899 


per  articolo 


per  capit 


TITOLO  I. 


Rendita  ordinaria 


Oontribuzioiii  sociali. 

Sodi  —  Per   N.  900  azioni   alla  ragione  di  L.   5  per   ogni 
azione L- 

Ministeri  —  Ministero  della  Pubblica  Istruzio- 
ne   .        .        .  per  N.  400  azioni    L.    2000,  — 
Ministero  di  Agricoltura, 
Industria  e  Commercio  „       5      ,  ,        25,  — 


N.  405  azioni    L.    2025, 


Proumcee~Provincia  di  Palermo  per  N.  20  azioni       L.     100,— 
,  Catania     ,     ,   20      ,  ^     loo,  _ 


N. 

40 

L. 

200,  - 

Municipio  di  Palermo  per 

N.lOO 

azioni 

L. 

500,  - 

1 

» 

Messina 

» 

10 

a 

50,- 

s,   ' 

• 

Castrogio- 

.o 

vanni           , 

r) 

4 

» 

20,  - 

2     \ 

a 

, 

Marsala          „ 

» 

4 

• 

20,  — 

:^ 

» 

Monte  S.  Giu- 

liano 

K 

4 

n 

20,  — 

t 

Noto 

II 

4 

x 

20,  - 

A  riportarsi  N.  126  azioni      L.     630,  — 
A  riportarsi  L. 


5,000 


2,000 


200 


7,200 


ATTI   DELLA    SOCIEtX 


727 


1900 


iriicolo      per  capitolo 


00 


?5 


DO 


VARIAZIONI 


in  più 


25 


in  meno 


iOO 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


I,a  variazione  in  meno  per  essere  stato  de- 
terminato a  900  il  numero  delle  azioni  da  ri- 
scnotere  nel  1900. 


La  variazione  in  più  dipende  dall' essersi 
tenuto  conto  di  numero  5  azioni  che  corri- 
sponde il  Ministero  di  Agricoltura,  Industria 
e  Commercio. 


i5 


25 


500 


728 


ATTI    DELLA    SOOIEtX 


Numero 

OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 

o 

"o 

1899 

'E. 

s 

5 

< 

"S 

per  articolo 

per  e 

Riporto  L. 

7,200 

- 

— 

Riporto  N.  12^1  azioni      L.     630,  — 

•~     (      Municipio  di  Parco          ,       4      ,             ^       20,  — 

•2     J              X         Nicosia              ,        4      ,             „       20,  — 

3     1              «         Acireale            ,       4      ,             ,       20,  — 

5 

^      V              ,         Alcamo              ,       2      ,             ^       io,  — 

7G5 

— 

N.  140                   L.     700,  — 

Biblioteche  ed  altri  Enti—  Direzione  fieli'  Archi- 

vio di  Sfato  .li  Venezia  perN.      4  azioni       !..       20.  — 

/      Fardelliana  di  Tra- 

[          pani       •        •        .      .     „      4       „             „       20.  — 

§     1      Comunale  di  Vicenza      ,     ,      4      „             ,       20,  — 

■|      )      Nazionale  di  Napoli      ,     „      4      „             ^       20,  — 

3      j      di  Brera  di  Milano  .    .     „      4      ,             ,       20,  — 

(5     1      Universitaria  di  Mes- 

f          Sina        •        •        .     „     .      4      ,             „       20,  — 

\      Comunale  di  Verona     ,     „     2      „             „       io,  — 

Gabinetto  di  Lettura   di   Mes- 

sina        ,     ,      4      „             ^        20,  - 

Direzione  Generale  per  la  con- 

! 

servazione    dei   monumenti 

i 
1 

della  Sicilia  ....,„     4      ^                    20   — 

Circolo  Bellini  di  Palermo     .     ,     .     4                          9n 

Nuovo  Casino  di  Palermo      .     „     ,     4      ,            ,       20    — 

170 

— 

N.    42                 L.     210,    - 

Totale  Capitolo  I.  L. 

8,135 

8,1 

n 

6 

Rendita  Bui  fondi  pubblici. 

Direzione  Generale  del  Debito  Pubblico  del  Regno  d'IUdia  per 
la  RendiU  acquistata  con  gli  avanzi  di  cassa,  giusta  il  Certi- 

ficato al  latore  di  N.  154,883  .' L. 

100 

— 

1( 

A  riportarsi  L. 

8,2Ì 

ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


729 


1900 


per  capitolo 


7,635 


100 


7,735 


VARIAZIONI 


in  più 


25 


40 


65 


in  meno 


500 


565 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


La  variazione  in  meno  per  essersi  cancel- 
late le  quote  assunte  dai  Municipii  di  Girgen- 
ti,  Salaparuta  e  Siracusa. 


L'  aumento  é  dovuto  a  numero  otto  azioni 
sottoscritte  dal  Circolo  Bellini  e  dal  Nuovo 
Casino. 


730 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 


o 

■«-> 


in 


IV 


9 
10 
11 


OGGETTO  DEGLI  STANZIAMEiNTI 


Riporto  L 


Associazioni  al  Periodico  ed  ai  Documenti. 


Ministero  dell'Interno 

,  della  Guerra     . 

Camera  dei  Deputati. 
Biblioteca  Palatina  di  Parma 
Archivio  di  Stato  di  Palermo 


Biblioteca  Labronica  di  Livorno 
;,  Comunale  di  Caltanissetta 

„  ,  ,   Castelvetrano 

Archivio  di  Stato  di  Firenze   . 
,  ,        „    Napoli     . 

Siracusa  prof.  Giovanni  Battista 

E.  D'Oleire  libraio  Triibues  Strasburgo 


5     ZL. 

g  a  rt    » 


=  -3)  " 


a  z^ 
s  o  ^ 

<o 

a. 


<D 


25, 
25, 
25, 
25, 
25, 


L.   125, 


•-  o 
la  o 


12,  — 
12,  — 
12,  - 
12,  — 
12,  — 
12,  - 
10,  80 

L.     82,  80 


Totale  Capitolo  III.  L. 


Introiti  eventuali. 


Vendita  eventuale  del  Periodico  VArchivio  Storico  Siciliano 
e  dei  Docui/tenti L. 

Interessi  sulle  somme  depositate  nella  Cassa  di  Risparmio  Vit- 
torio Emanuele , 

Contribazioni  e  largizioni  eventuali , 

Totale  Capitolo  IV.  L. 


Totale  Rendita  Ordinaria.  L. 


1899 


per  articolo 


per  ca 


8,23! 


]80 


72 


252 


1200 

100 
1500 

2,800 


252 


2.800 


11,287 


ATTI    DELLA    SOCIEtX 


781 


ento 


1900 


per  articolo 


125 


82 


207 


1000 

100 
500 

1,600 


80 


80 


per  capitolo 


7,735      — 


207 


80 


1,600 


VARIAZIONI 


in  più 


65  — 


m  meno 


565 


55 


10 


80 


200 


1000 


9,542 


80 


75 


80 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


La  variazione  in  nieno  per  essere  stata  di- 
sdetta l'associazione  dal  Ministero  degli  Affari 
Esteri  e  per  l'importo  presanto  delle  pubblica- 
zioni che  si  faranno  nell'anno  1900. 


La  variazione  dipende  da 
nuovi  abbonamenti]  cioè: 
E.  d'Oleire  libraio  Trubues  Strasburgo  L,  10,80 
Siracusa  Prof.  Giovanni  Battista   .        „  12,— 


abbonamenti  venuti  meno: 
Archivio  di  Stato  di  Strasburgo 


L.  22,80 
,  12 - 


Restano  L.  10,80 


La  variazione  in  meno  in  corrispondenza 
alla  vendita  che  si  presume  possa  farsi  nel 
1900. 

La  variazione  in  meno  perchè  si  prevede  sol- 
tanto la  largizione  della  Gassa  di  Risparmio. 


1,820 


782 


AtTI   DELLA    SOCIETÀ 


Numero 

OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 

St£ 

o 

5 

1 

.2 

< 

1899 

per  articolo 

per  capii 

V 

12 

13 
14 

a 

TITOLO  II. 
Rendita  Straordinaria. 

5,800 

1,754 

1,040 
1,000 

— 

ì 
9,600 

Fondo  di  Cassa   e  Residui   attivi   desìi  Esercizi  prece- 
denti. 

Fondo  di  Cassa  a  31  dicembre  1899       .        .        .        .      L. 

Residui    attivi   per    contribuzioni    ordinarie    a    31    dicem- 
bre 1899 

Municipio  di   Palermo   per  resto  di  prezzo  di   carta  forni- 
tagli        .- 

Municipio  di  Palermo  per  sussidio  straordinario 

Totale  Capitolo  V.  L. 

9,600 

- 

Totale  Rendita  Strac 

)rdinaria 

.  L. 

9,600 

1 

ATTI   DELLA    SOCIETX 


1S^ 


VARIAZIONI 


1900 


Tticolo 


dO 


Vd 


0 


per  capitolo 


4,120 


4,120 


Iti  più 


46 
274 


320      — 


111  meno 


4,800 


1.000 


5,800 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


Le  variazioni  in  tutti  o  tre  ^^li  articoli,  in 
relazione  ai  risaltati  approssimativi  dell'Eser- 
cizio 1899,  e  salvo  esatto  e  reyrolare  accerta- 
mento nella  redazione  del  conto  consuntivo. 


Non  jii  prevede  alcun  sussidii 


^34 


ATTI   DELLA    SOCIETX 


Numero 


o 

o 

o 

o 

o 

A 

h 

ó 

< 

VI 


VII 


vili 


IX. 


15 


16 

17 


18 


19 
20 


21 
22 
23 
24 


OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 


PARTE  SECONDA  —  PASSIVITÀ 


TITOLO  I. 


Spesa  Ordinaria. 


Pubblicazioni. 

Fondo  per  la  provvista  di  carta  da  impiegarsi  per  la  pub- 
blicazione del  Periodico  V Archivio  Storico  Siciliano,  Docu- 
menti ed  altro L. 

Fondo  per  la  stampa  del  suddetto  Periodico  e  Documenti        „ 

Fondo  per  le  spese  d'inscrizioni  ed  altro,  spettanti  a  lavori 

di  monumenti  artistici „ 

Totale  Capitolo  VI .       .      L. 
Acquisti  e  rilegature  di  libri. 

Fondo  per  acquisto  e  rilegatura  di  libri  per  uso  della  Biblio- 
teca della  Società , 

Totale  Capitolo  VII  .      L. 
Imposte  e  ritenute. 

Ritenuta  sulle  L.  2,000  di  assegno  del  Ministero  della  Pub- 
blica Istruzione  (art,  2  Attività) 

Tassa  di  Ricchezza  mobile  sulla  Rendita  del  Debito  Pubblico 
(art.  6  Attività) 

Totale  Capitolo  Vili  L. 

Spese  d'Amministrazione. 

Assegno  al  Ragioniere L, 

Id.  all'Aasistente  alla  Segreteria  ,  .  .  ,  , 
Id,       al  Barandiere , 

Indennità  d'esazione  al  6  «/o  dovuta  sullo  contribuzioni  che 
li  riscootoDo  in  Palermo , 

A  riportarsi  L. 


1899 


per  articolo 


1,500 

2,000 

600 
4,100 


200 


200 


335 

20 

355 


200 
160 
200 

300 

860 


ATtl   ttELLA    SOCtEtX 


?35 


VARIAZIONI 


1900 


per  capitolo 


in  più 


1000 


5,100 


200 


in  meno 


355 


5,655 


1000 


30 
30 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


L*  aumento  per  le  pubblicazioni  in  corso 
di  stampa  e  per  le  altre  che  si  ritiene  possa- 
no farsi  durante  1'  anno. 


La  variazione  in  meno  in  relazione  alla 
previsione  all'  art.  1°  della  Parte  Attiva. 


•f36 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Numero 


o 

o 

o 

o 

o 

p< 

«J 

co 

O 

< 

25 

27 

28 


29 


XI 


:;o 

31 


32 


OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 


Riporto  L. 

Indennità  fissa  per  la  distribuzione  del  Periodico  agli  Asso- 
ciati in  Palermo  e  per  la  spedizione  fuori  Palermo    .        , 

Fondo  per  marche  da  bollo  e  carta  bollata      .        .        ,        , 

Fondo  per  generi  di  scrittoio  e  stampe  per  uso  dell'Ammi- 
nistrazione  , 

Fondo  per  spese  postali  e  telegrafiche     .        .        .       .        , 

Totale  Capitolo  IX    .      L. 

Manutenzione  ed  arredamento  dei  locali. 

Gabella  dell'  acqua  che  l'.efluisce   nei   locali  della  Società  .  L. 

Appaltatore  signor  Nicolò  Rutelli  per  la  seconda  rata  delle 
L.  14,000,  per  resto  di  prezzo  dei  lavori  di  adattamento 
della  Grande  Aula  per  uso  di  Biblioteca  della  Società,  e  degli 
altri  locali,  dilazionate  pagarsi  in  quattro  anni  dal  1899 
al  1902        . „ 

Manutenzione  dei  locali  della  Società        .        .        .        .        , 
Arredamento  dei  locali  della  Società        .        .        .        .        - 


Totale  Capitolo  X  L. 


Imprevedute. 


Fondo  per  le  spese  imprevedute,   casuali  ed  altro,  iieU'  in- 
teresse della  Società , 


1899 


per  articolo 


50 
100 

400 
250 


per  ca 


4,66i 


1.060 


85 

3,500 
800 

4,385 


1,G6 


587 


Totale  Spesa  Ordinaria         L. 


4,:^ 

58 
11,28 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


737 


1 

VARIAZIONI 

p:      1900 

RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 

•  articolo 

1 

per  capitolo 

in  più 

in  meno 

1 
i  830 

— 

5,655 

- 

1000 

— 

30 

— 

50 

1  100 

- 

^yjO 

— 

~ 

— 

150 
50 

— 

Le  variazioni  in  meno  agli  articoli  27  e  28 
in  relazione  ai  risultati  presumibilmente  ac- 
certati dal  Consuntivo  dell'anno  1899. 

,430 
• 

~ 

1,43-.' 

— 

73 

20 

— 

il 

80 

La  variazione  in  meno  in  dipendenza  del 
nuovo  contratto  con  l'Amministrazione  del- 
l' acqua  di  Scillato. 

A>6 

■SO 

3,500 
373 

20 

Questa  spesa  si  é  iscritta  all'art.  33  della 
Parte  Passiva  straordinaria  per  più  propria 
competenza. 

,500 

— 

1,500 

— 

— 

— 

1,000 

— 

2,000 

— 

457 

80 

457 

80 

80 

_ 

129 

20 

20 

9,542 

2,500 

— 

4,244 

738 


ATTI    DELLA    SOCfETA 


Numero 


6 


XIII 


OGGETTO  DEGLI  STANZIAMENTI 


TITOLO  II. 


Spesa  Straordinaria. 


XII  Fabbriche. 

33  Appaltatore  signor  Nicolò  Rutelli  a  compimento  di  L.  31,000, 
stante  L.  27,500  pagategli  a  tutto  l'Esercizio  1899.  Sono  per 
i  lavori  di  adattamento  del  nuovo  Salone  e  luoghi  annessi 
ai  termini  della  convenzione  firmata  il  13  novembre  1898  L. 


Fondo  per  arredamento  dei  locali  della   Società      .        .        , 

Totale  Capitolo  XII.      L. 
VII  Congresso  Storico  Italiano  : 

Fondo  per  le  spese  occasionali  al  VII  Congresso  Storico  Ital."", 
Fondi  speciali. 

34  Fondo  in  corrispondenza  alle  possibili   depennazioni  di  resi- 
dui attivi 

35  Fondo  di  riserva 


Stj 


Totale  Capitolo  XIII  .      L. 
Totale  Spesa  straordinaria  L. 


1899 


per  articolo 

3,000 
2,500 

~ 

5,500 

— 

3,000 

— 

500 
600 

— 

1,100 

— 

per  capii 


r),500 

3,000 


1,100 
9,600 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


739 


VARIAZIONI 


1900 


ti  00  lo 


per  capitolo 


in  più 


in  meno 


500 


3,500 


620 


4,120 


500 


2,500 


3,000 


200 
280 


5,980     - 


RAGIONI  DELLE  VARIAZIONI 


La  spesa  di  L.  3,500,  giusta  la  convenzione, 
era  stata  prevista  all'  art.  31  della  Parte  Pas- 
siva ordinaria  nel  precedente  bilancio  1899, 
ed  ora  si  è  iscritta  in  questo  articolo  per 
più  propria  competenza. 

Previsto  in  minor  cifra  all'  art.  31  della 
Parte  Passiva  ordinaria  per  più  propria  com- 
petenza. 


Vedi  osservazione  al  seguente  art.  35. 


Il  di  contro  fondo  é  in  corrispettivo  alle 
disponibilità  delle  entrate  straordinarie,  e 
salvo  sempre  la  riscossione  intera  delle  Li- 
re 1,800  di  residui  (art.  13  Attività).  Si  alloga 
in  questo  articolo  la  somma  di  Lire  320,  che 
dovrà,  insieme  alle  Imprevedute  della  parte 
ordinaria,  essere  erogata  all'occorrenza,  di  se- 
guito a  deliberazione  del  Consiglio  Direttivo, 
sia  per  impinguare  i  vari  articoli  di  spese,  sia 
per  far  fronte  alle  altre  spese,  occasionalmente 
al  Vii  Congresso  Storico  italiano,  per  le  quali 
rimane  impegnata  la  somma  residuale  allogata 
all'art.  36  del  Bilancio  dello  scorso  Esercizio. 


740 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Riepilogo 


Attività 


Ordinaria 
Straordinaria 


Totale  Attività  L. 


Passi  vitM 


Ordinaria 
Straordinaria 


Totale  Passività  L. 


STANZIAMENTO 

VARIAZIONI 

1899 

1900 

in  più 

in  meno 

1 1 ,287 
9,6C«) 

9,542 
4,120 

80 

75 

320 

80 

1,820 
5,800 

— 

20,887      — 

13,662 

80 

395 

80 

7,620 

— 

11,287      - 

d,cm  \  — 

9,542 
4,120 

80 

2,500 
500 

— 

4,244 
5,980 

20 

! 

20,887  1  — 

13,6r,2 

80 

3,000 

— 

10,224 

20 

Palermo,  dicembre  1899. 


Il  Ragioniere 
Salvatore  Sanfllippo 


Il  Relatore 
Giuseppe  Falcone,  Vice  Segretario. 


INDICE 

DELLE  MATERIE  CONTENUTE  IN  QUESTO  VOLUME 


Elenco  degli  ufQciali  e  soci  della  Società  per  l'anno  1899 .       .  Pag.    Ili 
MEMORIE  ORIGINALI 


La  Via  M.  —  Le  cosi  dette  «  Colonie  lombarde  »  di  Sicilia.  Studj  sto- 
rici e  filologici »      1 

Di  Giovanni  Mj  V.  —  Appendice  alla  Topografia  antica  di  Palermo 
dal  sec.  X  al  XV  —  Da  un  volume  di  antichissimi  documenti  e- 
semplati  dalli  pergameni »  381 

Strazzulla  Sag.  Dott.  V.  —  Storia  ed  archeologia  di  Trotilon ,  Xi- 
pbonia  ed  altri  siti  presso  Augusta  di  Sicilia.       ...»  397 

MISCELLANEA 

Di  Martino  M.  —  Una  spedizione  in  Noto  nel  1647  ...»  36 
Chiaramonte  S.— La  rivoluzione  e  la  guerra  Messinese  del  1674-8  »  51-498 
Paolucci  G.  —  Rosolino  Pilo — Memorie  e  documenti  dal  1857  a  1860  »  210 
Starrabba  R.  — Di  un  codice  delle  consuetudini  e  dei  privilegi  della 

Città  di  Messina »  285 

La  Corte  G,  —  Iato  e  latina.  Ricerche  di  topografia  storica  .  »  310 
Garufi  C.  a.  —  I  privilegi  di  Arrigo  VI  e  Costanza  I  per  la  Città  di 

Messina »  587 

Vasi  L.  —  Ricerche  delle  Colonie  lombarde  di  Sicilia        .        .        »  008 


742  INDIOK 


RASSEGNE  BIBLIOGRAFIOHE 

Garufi  C.  a.  —  Dott.  Giuseppe  La  Mantia  —  Dei  reali  Archivi  di  Si- 
cilia. Memoria  inedita  del  Can.  Rosario  Gregorio  .        .        .  Pag.  330 

Garufi  C.  A.  —  Sac.  Dott.  Vincenzo  Strazzulla  —  Indagini  archeolo- 
giche sulle  rappresentanze  del  «  Signum  Ghristi  ».        .        .        «331 

Garufi  C.  A.  —  Giustino  Fortunato  —  Santa  Maria  di  Perno  .        »  336 

Garufi  C.  A.  —  Giustino  Fortunato  —  Rionero  medievale,  con  26  do- 
cumenti inediti »  338 

Di  Martino  M.  —  Le  catacombe  di  Siracusa  in  recenti  studi  ed  il- 
lustrazioni     »  658 

Garufi  C.  A.  —  P.  Kher,  Rapsturkunden  in  Sizilien.  ìjber  die  Papstur- 
kunden  fiir  S.  Maria  Valle  Josaphat.  Rapsturkunden  in  Malta.  Be- 
richt  iiber  die  Forschungen  L.  Schiaparellis  ecc.  ...»  668 

Garufi  C.  A.  —  Orazio  Nerone  Longo,  Ricerche  su  i  diplomi  Nor- 
manni della  Chiesa  di  Troina »  672 

Bullettino  bibliografico »    339-678 

Sommario  delle  pubblicazioni  periodiche      .....>  692 

Atti  della  Società 358-707 


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